17.2.2011 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 51/20 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Le relazioni transatlantiche e la promozione internazionale del modello sociale europeo» (parere d'iniziativa)
2011/C 51/04
Relatrice: BATUT
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 luglio 2009, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:
Le relazioni transatlantiche e la promozione internazionale del modello sociale europeo.
La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 settembre 2010.
In vista del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea ha deciso di votare il parere in occasione della sessione plenaria di ottobre e ha nominato BATUT relatrice generale, conformemente all'articolo 20 del Regolamento interno.
Alla sua 466a sessione plenaria, del 21 ottobre 2010, il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 110 voti favorevoli, 34 voti contrari e 16 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si colloca nel quadro dell'integrazione progressiva del libero mercato euroatlantico, auspica un approfondimento delle relazioni tra Europa ed America e pone soprattutto l'accento sul piano sociale per anticipare le conseguenze di quest'integrazione economica transatlantica, una volta che essa sarà completata, in modo che le due società, americana ed europea, ne beneficino nella stessa misura risultando insieme più competitive, in particolare nei confronti delle economie emergenti.
1.2 Considerando che le realtà economiche e sociali che fanno capo al concetto di «modello sociale europeo» (MSE) rappresentano un sistema unico al mondo che sta alla base di uno sviluppo prospero (1) e, nell'attuale contesto mondiale, funge da potente ammortizzatore per le popolazioni colpite dalla crisi, il CESE ricorda che i firmatari del Trattato di Lisbona hanno scelto di garantire la promozione di tale modello e auspica che, nell'ambito del dialogo transatlantico, venga sviluppata la legittimità:
1) |
dell'identità europea; |
2) |
dei valori e della cultura dell'Europa, compresa la protezione ambientale; |
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del CESE che tramite i suoi membri rappresenta la società civile organizzata dell'Unione europea. |
1.3 I sistemi di protezione sociale collettiva, i servizi pubblici e il dialogo sociale formano insieme il «modello sociale europeo». Il CESE invita tutte le istituzioni dell'UE non solo a rappresentare, ma anche a promuovere in qualunque circostanza e soprattutto nel dialogo transatlantico questo modello con il quale i cittadini europei si identificano.
1.3.1 Se la dimensione sociale nel suo complesso figurasse tra le priorità dell'UE gli europei potrebbero del resto partecipare, avendo a disposizione gli strumenti per farlo, ai fori di dialogo già esistenti, sia nell'ambito del CET che nel quadro del DTL (2).
1.3.2 Affinché i valori sociali dell'Unione siano meglio conosciuti negli Stati Uniti e si realizzi gradualmente, grazie a una migliore comprensione tra le due sponde dell'Atlantico, la convergenza nel progresso dei loro interessi sociali, nonché per una maggiore comprensione sociale, il CESE auspica che l'UE fornisca informazioni sull'MSE alla società civile americana. Il CET e il DTL potrebbero in questo caso servire da tramite. Secondo il CESE la «promozione» dell'MSE (3) non può prescindere dall'acquisizione da parte dell'UE di una maggiore visibilità negli Stati Uniti.
1.4 Il CESE raccomanda che la zona euroatlantica si doti, oltre che di nuove regolamentazioni finanziarie, anche di norme comuni sulle agenzie di rating e di nuove regole di concorrenza che tengano maggiormente conto degli interessi dei cittadini. Il CESE si aspetta che l'UE adotti posizioni forti, tali da garantire la qualità di vita dei cittadini, e che il dialogo transatlantico si ponga all'ascolto delle società civili sulle due sponde dell'Atlantico.
1.5 Occorre valorizzare il dialogo delle organizzazioni della società civile, ma anche il dialogo nel mondo del lavoro, sia all'interno che nel quadro delle relazioni industriali, a cominciare dagli organi euroamericani esistenti. La Commissione europea potrebbe favorire tale dialogo, e ha già aumentato il sostegno finanziario dedicatogli da 600 000 a 800 000 euro per il biennio 2011-2012. Il CESE sarebbe disponibile ad occuparsi, insieme a suoi omologhi americani, dell'organizzazione di un consiglio euroamericano della società civile. Tra le due società civili occorre trovare un modo per dare la parola ai lavoratori dipendenti e sviluppare l'informazione-consultazione, soprattutto in questo periodo di crisi che segue il crac finanziario del 2008. Il CESE ritiene che più dialogo civile e sociale, e una maggiore trasparenza, avrebbero potuto evitare questa crisi, che dura ormai da tre anni.
1.5.1 Tra gli obiettivi del dialogo transatlantico devono figurare l'apprendimento reciproco e quello di contribuire concretamente alla promozione dei diritti umani, politici e civili, ma anche economici e sociali. I diritti economici e sociali dei cittadini dovrebbero essere presentati dall'UE quali elementi costitutivi delle sue posizioni nel quadro del dialogo transatlantico.
1.5.2 Il CESE ritiene che il dialogo Europa-Stati Uniti troverebbe arricchimento grazie ad una riflessione su questioni sociali fondamentali per la coesione delle società delle due sponde, ad esempio l'istruzione iniziale e quella permanente - di competenza non solo nazionale, ma anche «federale» - così necessarie per l'economia di servizi fondata sulla conoscenza di entrambe le società. In primo luogo, sarebbe opportuno, ai fini della creazione di posti di lavoro e dell'innalzamento del tenore di vita degli europei, assegnare un posto prioritario nell'agenda politica alla questione degli investimenti produttivi e dell'innovazione, ambito nel quale gli Stati Uniti hanno sviluppato una capacità di creazione e promozione molto più avanzata rispetto all'Europa.
1.5.3 Il CESE ritiene che indicatori stabiliti congiuntamente consentirebbero di valutare e confrontare le situazioni sociali e lavorative dei due partecipanti al DTL.
1.6 Il CESE ritiene che l'immigrazione sia una questione importante per le democrazie e auspica che essa venga affrontata nell'ambito del dialogo sociale transatlantico, con il possibile coinvolgimento del Forum europeo dell'integrazione (FEI).
1.7 Il CESE ritiene che il dialogo transatlantico possa accelerare l'opera di sensibilizzazione ai fini di una maggiore sostenibilità e in difesa dell'ambiente, e che in questo contesto le due società civili e i consumatori abbiano un ruolo da svolgere.
1.8 Il CESE vuole essere innovativo, integrando in modo istituzionale i rappresentanti della società civile organizzata nel dialogo transatlantico. A suo avviso, in tale dialogo all'UE manca una dimensione veramente «europea» sul piano sociale. Il CESE raccomanda di prendere in considerazione la dimensione sociale in tutte le fasi dei dialoghi transatlantici.
1.9 Tramite l'adozione di un programma di cooperazione e l'istituzione del CET (4), le due parti si sono impegnate ad accelerare l'attuazione di una vera integrazione «per realizzare entro il 2015 un mercato transatlantico unificato» (5). Gli ostacoli, soprattutto di ordine legislativo, sono numerosi, ma l'obiettivo è fissato e il CESE intende giocare d'anticipo per assicurarsi che le scelte storiche che hanno forgiato il modello sociale dell'Europa (6) non risultino vanificate. Le società europea e americana, i cui valori di riferimento sono tra loro simili, non sono poi così «integrabili» dal punto di vista sociale. Se gli europei riconoscono la necessità di adattare alcuni aspetti del loro modello per tener conto della crisi economica in corso, è per salvaguardarne meglio i principi sul lungo periodo.
2. Integrazione economica
2.1 Gli Stati Uniti sono il motore del complesso economico nordamericano creato dall'accordo nordamericano di libero scambio (NAFTA). Gli Stati membri dell'UE e gli Stati Uniti insieme producono il 60 % del PIL mondiale, assicurano il 40 % del commercio mondiale e il 62 % degli investimenti diretti. In un modo o nell'altro, 7 milioni di posti di lavoro dipendono dalle relazioni transatlantiche.
2.2 In uno studio (7) pubblicato prima che UE e Stati Uniti entrassero entrambi in recessione, l'OCSE aveva calcolato che l'integrazione totale delle due economie potrebbe produrre una crescita individuale del 3 %, assegnando loro una posizione di leadership su quasi tutti gli altri paesi della Terra.
2.3 Il CESE ritiene che la crisi potrebbe trasformare le relazioni euroamericane e che sia urgente promuovere, nel quadro del CET e del DTL, un dibattito sui modelli tra le parti sociali. La crisi potrebbe ritardare l'integrazione e darci il tempo di riflettere insieme su temi come l'utilità delle istituzioni di dialogo, poco presenti negli Stati Uniti, o la questione dell'immigrazione, cui entrambi i blocchi devono far fronte sia sul piano sociale che su quello occupazionale, e che rappresenta un rimedio lenitivo all'invecchiamento demografico (in quanto riserva di manodopera).
2.4 È opinione generale che tra il piano di rilancio dell'Unione europea e quello degli Stati Uniti non si possa fare un confronto, ma che le loro conseguenze nei rispettivi contesti siano state le stesse: hanno fatto aumentare i deficit pubblici, rafforzato l'azione dei governi e reso più pressante la domanda di controlli e di riorientamento della redistribuzione della ricchezza. Queste differenze e convergenze potrebbero alimentare il DTL, come pure il dialogo dell'organo consultivo bilaterale che dovrebbe essere istituito.
2.4.1 Le conseguenze della crisi sono oggetto di discussioni ad alto livello (ai vertici UE/USA), insieme a tutta una serie di altri argomenti, nel quadro dei dialoghi in corso fra la Commissione e i suoi interlocutori dell'amministrazione statunitense e delle relative agenzie in materia di finanza, economia e mercati interni. La società civile in Europa risente della mancanza di regolamentazione sulle pratiche adottate dagli istituti finanziari e dalle agenzie di rating (8), così come della loro mancanza di trasparenza. Inoltre, il cittadino paga di tasca propria i piani di rilancio e, nonostante uno degli obiettivi del Trattato sia «promuovere il progresso economico e sociale» dei popoli europei, si vede ridurre la protezione sociale, giudicata troppo costosa. Sono stati i sistemi finanziari a fallire e a provocare gravi danni all'economia reale. Hanno aggiunto nuove difficoltà a quelle che già affliggevano i sistemi sociali per effetto della mancanza di crescita e di occupazione. Il CESE, consapevole del fatto che il protezionismo non è sinonimo di occupazione, è favorevole agli scambi commerciali e agli investimenti senza ostacoli, purché non siano trascurati i diritti sociali. Tuttavia, il ripristino della fiducia, cui va attribuita un'elevata priorità, deve avvenire attraverso regolamentazioni nuove e intelligenti dei mercati finanziari. Il CESE considera inoltre prioritaria, nell'ambito del dialogo transatlantico, la promozione della dimensione sociale nell'economia e nel commercio. Il Comitato spera che i rappresentanti dell'UE in sede di dialogo transatlantico, nella loro veste di rappresentanti dei cittadini, continuino a garantire la promozione dell'MSE nelle questioni economiche e commerciali. La Commissione da parte sua agisce nel rispetto del Trattato e garantisce l'attuazione delle sue disposizioni.
2.4.2 Il CESE ritiene utile rafforzare i legami economici tra le due sponde dell'Atlantico e instaurare la solidarietà economica tra Stati membri dell'Unione. Pensa infatti che questi due elementi favorirebbero il ritorno della crescita e dello sviluppo economico, di pari passo con lo sviluppo della dimensione sociale europea. Gli europei avrebbero così di che discutere in sede di dialogo tra le organizzazioni della società civile.
2.5 Il progetto d'integrazione del mercato transatlantico (9) è poco noto ai cittadini: l'esperienza dell'integrazione nordamericana nel quadro del NAFTA aveva riservato solo un'attenzione marginale alle dimensioni sociale ed ambientale, senza cercare di promuovere l'impiego né da una parte né dall'altra. Una conclusione s'impone: l'ambiente negli USA, in Canada e in Messico si è degradato, i salari sono precipitati, i posti di lavoro prendono la strada della Cina. L'integrazione europea dal canto suo ha prodotto ricchezza (aumento del PIL), pur avendo chiuso miniere e cantieri navali, perduto l'industria metallurgica e tessile e ristrutturato settori interi come la pesca, l'agricoltura, l'automobile: fin dal mercato comune, tuttavia, erano previsti dei sistemi di compensazione. Il CESE auspica di riuscire a prevedere le conseguenze ambientali (ad es. per quanto riguarda gli OGM) e sociali dell'integrazione in corso e di poter intavolare un dialogo in proposito. Alcune di queste conseguenze sono già sotto gli occhi di tutti: posti di lavoro nel cinema, protezione dei dati personali in ambito SWIFT.
3. I possibili effetti dell'integrazione transatlantica
3.1 Le strutture economiche e commerciali dell'UE e degli Stati Uniti sono piuttosto simili. Come primo effetto dell'integrazione si potrebbe verificare un intensificarsi della concorrenza più in termini di quantità, qualità e diversificazione dei prodotti che non di costi. Il tasso di cambio del dollaro consente agli Stati Uniti di recuperare competitività nelle esportazioni. Negli Stati Uniti i tassi d'interesse sono inferiori e la Riserva federale (FED) si mostra più reattiva rispetto alla Banca centrale europea (BCE). In assenza di un cambiamento radicale, la zona euro non avrebbe al momento la capacità di reazione necessaria per svilupparsi in un vasto mercato transatlantico.
3.2 L'integrazione potrebbe gravare sui costi e sulle condizioni di lavoro, accrescere la precarietà, tanto più probabile in un mercato del lavoro reso flessibile, con una maggiore moderazione salariale e delocalizzazioni frequenti, in una strategia di disinflazione competitiva. L'Europa teme l'effetto di queste pressioni al ribasso sulle proprie norme in materia sociale, di salute e di ambiente, oltre che sul livello di occupazione e sul tenore di vita, mentre l'integrazione dovrebbe apportare un beneficio ad entrambe le parti. Tra le soluzioni figurano l'aumento delle prestazioni economiche e della produttività, ma una parte di quelli che hanno perso il lavoro non lo ritroverà. Gli Stati membri - che, nel dopoguerra, avevano fondato la loro ricostruzione su un forte consenso socioeconomico interno - soffrono già delle tensioni derivanti dalle differenze dei loro sistemi rispettivi, rese sempre più drammaticamente evidenti, dal maggio 2010, dalla speculazione contro la moneta comune.
3.3 Di fronte all'accresciuta frammentazione dei processi produttivi (10), potrebbero essere i paesi emergenti a trarre maggior vantaggio dall'integrazione transatlantica, che accentuerebbe la concorrenza tra le due maggiori economie della zona OCSE. Il CESE ritiene che questo sia uno dei temi da discutere in via prioritaria nei dialoghi transatlantici.
4. Le modalità d'integrazione
4.1 La creazione di un blocco euroatlantico non può effettuarsi all'insaputa delle popolazioni interessate. L'UE potrebbe fare esercizio di democrazia e valorizzare il dialogo civile e il dialogo tra i soggetti del mondo del lavoro sia al suo interno che negli organi euroamericani creati a questo scopo. La Commissione europea potrebbe favorire tale dialogo dedicandogli risorse ancor maggiori rispetto a quelle che ha appena aumentato (11); il CESE sarebbe disponibile ad occuparsi, insieme ai suoi omologhi americani, della strutturazione di un consiglio euroamericano della società civile.
4.2 Il CESE ritiene che l'integrazione transatlantica debba, in applicazione del Trattato di Lisbona, essere sottoposta ad una consultazione pubblica. In assenza di una posizione chiara da parte delle istituzioni riguardo alla decisione di promuovere il modello sociale europeo a livello internazionale, l'integrazione euroatlantica comporta il rischio di demolire il «patto sociale» europeo e i cittadini devono pertanto essere consultati.
4.3 Il CESE auspica che nell'ambito del dialogo transatlantico venga sviluppata la legittimità:
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dell'identità europea; |
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dei valori e della cultura dell'Europa, compresa la protezione ambientale; |
3) |
del CESE che tramite i suoi membri rappresenta la società civile organizzata dell'Unione europea. |
5. Regolamentazioni bancarie
5.1 L'economia globalizzata ha bisogno di riforme urgenti. Il CESE deplora che la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali proceda così lentamente, a scapito della concorrenza leale e del mantenimento dei grandi equilibri sociali.
5.2 Insieme, occorre definire con urgenza norme comuni sulle agenzie di rating per evitare che la loro azione abbia conseguenze negative (12): agenzie che attribuivano una buona votazione alle banche che si sono rese responsabili della crisi e che, oggi, stigmatizzano gli Stati a causa del debito e dei deficit prodotti dai piani di salvataggio di queste stesse banche, debito e deficit posti a carico dei cittadini. L'azione delle banche e delle agenzie di rating sono due punti che la società civile dell'UE e quella degli USA potrebbero discutere nel quadro del dialogo transatlantico.
6. Libertà e diritti dell'uomo
6.1 Ammessi in quanto principi, la libertà e i diritti dell'uomo non sono rispettati dalle due parti nella stessa maniera: la libertà di circolazione, ad esempio, non trova un trattamento uniforme in tutti gli Stati dell'UE e dell'America. Le questioni relative ai visti, ai passaporti e ai controlli di sicurezza dovrebbero orientarsi verso una maggiore armonizzazione secondo un modello definito congiuntamente.
6.2 L'esempio di SWIFT (13) è illuminante: nella sua risoluzione legislativa dell'11 febbraio 2010 (14), il Parlamento europeo si era opposto al rinnovo di un accordo relativo al trattamento e al trasferimento di dati finanziari dell'UE verso gli Stati Uniti operati dalla società SWIFT. L'oggetto del contendere era se dare o no un accesso diretto ai server europei per i fini di sorveglianza del terrorismo. Le nuove competenze del PE hanno permesso a tale istituzione di mettere in discussione questo trasferimento in blocco verso gli USA di dati riservati riguardanti i movimenti bancari degli europei, che comporta di fatto la rinuncia a diverse garanzie e tutele contenute nei vari ordinamenti nazionali degli Stati membri e nel diritto dell'UE. Gli eurodeputati hanno auspicato che l'Unione precisasse la sua visione del mercato transatlantico in materia di tutela dei diritti: hanno preferito orientarsi verso un sistema caratterizzato da più Europa, da un ruolo nuovo per Europol e dalla necessità di un diritto al risarcimento per i cittadini. Anche se oggi le garanzie sono incomplete, l'accordo firmato l'8 luglio 2010 potrà essere riveduto ogni anno, come auspicato dal commissario BARNIER, secondo cui il mercato interno dovrebbe essere al servizio di un progetto di società, definito collettivamente dalle istituzioni europee (15). È appunto quello che il CESE auspica anche nel presente parere, vale a dire che l'Unione affermi la propria concezione del mercato transatlantico e promuova l'MSE nel rispetto del grande vicino americano.
6.3 Il diritto alla vita, la bioetica, i settori in cui l'UE presenta posizioni progressiste vanno protetti e mantenuti, secondo un'intesa comune, al di fuori degli accordi commerciali.
6.4 Il CESE auspica che il partenariato transatlantico contribuisca al rispetto dei diritti dell'uomo, siano essi politici e civili, ma anche economici e sociali. Gli Stati Uniti hanno alle spalle un passato secolare di lotta in difesa dei diritti civili e politici, che l'UE ha integrato con lo sviluppo dei diritti economici e sociali. L'interesse dei due continenti risiede nella volontà politica di fare beneficiare tutti i loro cittadini e residenti dell'intera gamma di diritti e di possibilità di ciascuna entità.
7. Diritti sociali
7.1 Il CESE ha già rilevato che la componente «sociale» del dialogo transatlantico è scarsamente sviluppata (16). I diritti sociali sembrano compresi tra i diritti «fondamentali», ma nell'accezione effettiva di diritti «civili e politici».
7.2 Il CESE ritiene che non basti ricordare periodicamente che gli Stati Uniti e l'UE condividono gli stessi valori e che, oltre all'economia, essi hanno in comune la difesa della libertà, della democrazia e dei diritti dell'uomo. L'Unione dovrebbe sempre ricordare, nella sua azione esterna, che gli altri diritti «fondamentali», che sono i diritti sociali, sono elementi costitutivi delle sue posizioni. I suoi testi fondamentali contemplano una «clausola sociale orizzontale» che prevede si tenga conto, nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche, delle «esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un'adeguata protezione sociale, la lotta contro l'esclusione sociale e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana» (17).
7.3 Sono infatti lo «Stato sociale», i sistemi sociali e il rispetto dei diritti sociali, intrinseci ai diritti dell'uomo, che caratterizzano l'Europa agli occhi degli altri continenti.
L'MSE, che riunisce protezione delle libertà pubbliche, meccanismi dell'economia sociale di mercato e volontà di intervento dei poteri pubblici, poggia su tre pilastri: i sistemi di protezione sociale collettiva, i servizi pubblici e il dialogo sociale. Esso riassume in un certo senso il «modello di vita europeo». Il CESE si rammarica che questo modello non venga promosso in quanto tale dall'UE. Tutti questi aspetti figurano nel Trattato di Lisbona. Il modello europeo dev'essere valorizzato in termini politici secondo l'approccio Europa = benessere per tutti, non da ultimo nei negoziati transatlantici. Il CESE ritiene che l'UE dovrebbe chiedere che gli elementi caratterizzanti di questo Stato sociale assumano una posizione centrale nel dialogo euroatlantico, poiché non farlo danneggerebbe i cittadini, l'identità e la diversità dell'Europa.
8. Sistemi di protezione sociale
8.1 Gli europei hanno accettato un certo livello di ridistribuzione delle ricchezze nazionali da parte dei sistemi di protezione sociale collettiva degli Stati membri, la quale è minacciata dall'intensificarsi della globalizzazione degli scambi. Non difendendo il modello sociale europeo, l'UE rischia di permetterne lo smantellamento. Quando un orario di lavoro limitato consente di trascorrere più tempo in famiglia, questo pilastro sociale dell'Europa, quando sono previsti lunghi congedi di maternità e parentali per un migliore sviluppo dei bambini, quando le cure più onerose sono garantite e gli anziani non autosufficienti vengono aiutati è la società nel suo complesso a trarne vantaggio: non sono dei regali dello Stato, perché gli ingenti esborsi che vengono evitati in quel momento sono stati ripartiti nel corso degli anni sotto forma di contributi e/o imposte pagate dai beneficiari.
8.2 Oggigiorno le relazioni transatlantiche in materia sociale non sono paritarie. Gli Stati Uniti sono una federazione di Stati in cui manca uno Stato sociale (a livello federale o statale), ma dove è in corso una riflessione su eventuali cambiamenti di ordine sociale da apportare (legge federale sull'assicurazione malattia). All'interno dell'UE ciascuno Stato membro dispone di uno Stato sociale, che non esiste invece ancora per i tre pilastri a livello «federale». Quest'ultimo raccomanda obiettivi di convergenza tramite il metodo aperto di coordinamento. Il CESE ritiene che questo divario tra UE e Stati Uniti non debba essere livellato a scapito del modello sociale europeo. Ci si chiede quanto tempo potranno resistere i diritti degli Stati membri nel quadro dell'integrazione transatlantica se manca un'azione comune dell'Unione e la volontà politica di promuovere il modello europeo, in particolare in questo periodo di crisi.
8.3 Il CESE ritiene che il dialogo sociale transatlantico - di cui auspica fortemente la nascita - dovrebbe porre la sfida «apertura/sicurezza» al centro degli sviluppi in corso. Si tratta pur sempre del benessere di 300 milioni di cittadini da una parte e di 500 milioni dall'altra.
8.4 I sistemi sociali in Europa spesso rappresentano l'equivalente dei bilanci statali. Il 16 % del PIL americano serve a coprire le spese sanitarie: si tratta di una cifra importante, ma che garantisce ai cittadini americani una copertura inferiore a quella degli europei, ottenuta per giunta a costi più bassi (media dei paesi OCSE: 8,9 % del PIL). La loro massa fa funzionare l'economia reale e costituisce un ammortizzatore essenziale in tempi di crisi per lo Stato e per i cittadini, tranne nei casi in cui il sistema previdenziale sia individuale e si basi su fondi finanziari privati soggetti all'imprevedibilità dei mercati. Il CESE ritiene che le autorità responsabili delle decisioni dovrebbero impedire che la totale apertura alla concorrenza all'interno di una vasta zona economica euroamericana integrata riduca il livello di protezione dei cittadini. A questo proposito il CESE non può che rallegrarsi per il successo ottenuto dall'attuale presidenza americana al fine di istituire un nuovo sistema di assicurazione sanitaria negli Stati Uniti.
8.4.1
8.4.1.1 L'obiettivo UE di una convergenza sociale verso l'alto associata a un principio di conservazione dei diritti sociali conquistati suscita l'approvazione dei cittadini e va quindi mantenuto. Le donne europee non accetterebbero mai, ad esempio, una riduzione del loro congedo di maternità, che negli Stati Uniti è molto breve e a volte non retribuito.
8.4.1.2 Il CESE ritiene che il dialogo Europa-Stati Uniti troverebbe arricchimento grazie ad una riflessione su queste questioni fondamentali per la coesione tra le società delle due sponde dell'Atlantico. La società americana si è fortemente divisa riguardo alla proposta di un'assicurazione sanitaria regolamentata e socializzata, finanziata dalle tasse e soggetta al controllo dei rappresentanti eletti. A giudizio del CESE mancano forse in questo caso informazioni sul modello europeo che, senza essere centralizzato a livello di continente, offre garanzie solidali e collettive a tutti, compresi i cittadini non residenti, tramite regimi di copertura sanitaria universale che contribuiscono al PIL. Il CESE auspica che l'UE garantisca alla società civile americana questo tipo di informazione, di cui potrebbe farsi tramite il dialogo tra le organizzazioni della società civile.
8.4.2
8.4.2.1 Come nel caso delle altre componenti dei sistemi di protezione sociale, esistono delle differenze tra i regimi pensionistici dei diversi Stati membri dell'UE, con ripercussioni significative sull'economia generale. A tale proposito, i rappresentanti della società civile dovrebbero essere ascoltati nell'ambito del dialogo euroamericano, in quanto degli accordi commerciali volti ad integrare le due comunità potrebbero ripercuotersi sul tenore di vita dei cittadini.
8.4.3
8.4.3.1 Gli Stati membri dell'UE dispongono tutti di sistemi pubblici di indennizzo della disoccupazione. L'integrazione euroamericana comporta il rischio globale, per motivi di competitività, di produrre una maggiore flessibilità non accompagnata da una maggiore sicurezza. Gli europei possono temere, al pari degli americani, un peggioramento della loro situazione (18). La vita dei lavoratori statunitensi è peggiorata dal 1970. Con la crisi, la precarietà aumenta su entrambe le sponde dell'Atlantico, e così il numero dei lavoratori poveri (working poor). Di fronte a una crisi economica di portata storica, da entrambe le sponde dell'Atlantico si teme che un aumento della flessibilità comporti un peggioramento della situazione. Il CESE è del parere che la flessicurezza possa talvolta giovare ai lavoratori, quando la sicurezza promessa viene effettivamente assicurata, ma che niente possa sostituire un impiego stabile che dia accesso a una retribuzione e a una pensione decenti. L’Unione europea ha una tradizione di dialogo sociale che sa tenere conto degli interessi rispettivi dei partecipanti. Essa dispone di testi in materia e di istituzioni. Tale dialogo sociale presuppone l'esistenza di organizzazioni datoriali e sindacali rappresentative e combattive per condurre i negoziati.
9. Servizi pubblici (19)
9.1 Istruzione
9.1.1 Le università degli Stati Uniti, tutte a pagamento, sono riconosciute come le migliori al mondo e sono molto ricercate dagli europei sia per effettuarvi gli studi che per insegnarvi. Gli americani, al pari dei loro omologhi europei, ritengono che il futuro dell'occupazione sia più facilmente aperto ai lavoratori adeguatamente formati e altamente qualificati:
«Questi si troveranno nella posizione migliore per ottenere posti di lavoro ben remunerati, alimentando così la prosperità americana.
Il numero di posti di lavoro che richiedono un titolo di studi superiori dovrebbe aumentare molto più rapidamente rispetto a quello dei posti per lavoratori meno qualificati; la crescita maggiore dovrebbe essere registrata dai posti che richiedono un diploma universitario o professionale post secondario.»
[Gabinetto del Presidente degli Stati Uniti - Consiglio dei consulenti economici (CEA), Jobs of the Future].
9.1.2 La formazione è un ponte proteso verso il futuro. Nell'UE, dove l'insegnamento in genere è gratuito, i tagli ai servizi pubblici e l'adozione di politiche di bilancio nazionali più stringenti hanno condotto a un incremento delle disparità in termini di opportunità offerte. Con la strategia di Lisbona l'UE consiglia agli Stati membri di adeguare, prima, le università (ciclo di studi superiori) e, poi, eventualmente i licei (ciclo di studi secondari) alle esigenze delle imprese.
9.1.3 Il CESE è dell'avviso che l'istruzione aperta a tutti, la parità tra i sessi che ne deriva e la possibilità di conciliare vita familiare e professionale dovrebbero essere in grado di offrire ai cittadini opportunità a 360 gradi. Potrebbero altresì essere al centro di scambi e di un dialogo tra le società che si affacciano sulle due sponde, al pari dell'istruzione permanente e delle relative modalità di finanziamento, in modo tale che l'economia dei servizi fondata sulla conoscenza vada a beneficio di entrambe le società, trovando allo stesso tempo il modo per tener conto di quanti non possono accedervi.
9.2 Accordo generale sugli scambi di servizi (GATS)
9.2.1 Sono stati i cittadini dell'UE a battersi per salvare la loro industria cinematografica e per salvaguardare la specificità della cultura europea di fronte ai pericoli derivanti dalla liberalizzazione mondiale dei servizi. La difesa dell'identità europea presuppone un rafforzamento del dialogo tra le culture per conservare la ricchezza che nasce dalla diversità: numerosi sono gli aspetti collegati, come l'occupazione, la tutela del patrimonio, lo sviluppo dell'innovazione e della creatività.
9.2.2 La cultura non è solo una merce. A giudizio del CESE essa dovrebbe trovare spazio nel dialogo transatlantico delle organizzazioni della società civile.
9.3 Il caso specifico dell'immigrazione e dell'integrazione
9.3.1 Le due società, entrambe interessate dal fenomeno dell'invecchiamento, devono gestire i rispettivi flussi migratori. La sfida consiste nel conciliare l'invecchiamento con il bisogno di manodopera, individuando un limite di tolleranza per la coesione sociale. Questo dipende dalle politiche d'integrazione, che vanno viste a lungo termine, in un'ottica globale e bidirezionale immigrati-società d'accoglienza. Le pressioni interne ed esterne sono forti. Il CESE ritiene che la questione dell'immigrazione sia importante per le democrazie e auspica che essa diventi oggetto del dialogo sociale transatlantico, con il possibile coinvolgimento del FEI su questo tema.
10. Dialogo sociale
10.1 Il dialogo sociale rappresenta uno dei punti sui quali le due società si discostano maggiormente. Il dialogo sociale che si è imposto nella storia europea ha acquisito valore di cultura; esso invece manca ai cittadini americani, che non dispongono così degli strumenti per essere ascoltati. Tra le due società occorre trovare canali diversi per dare la parola ai lavoratori dipendenti e sviluppare l'informazione-consultazione, soprattutto in questo periodo di crisi dopo il crac finanziario del 2008. Il CESE ritiene necessario stabilire norme comuni per valutare e confrontare le situazioni sociali e lavorative dei due blocchi, in particolare l'orario di lavoro e i benefici sociali, allo scopo di disporre di una visione chiara della competitività di ciascuno, fintanto che la globalizzazione degli scambi continuerà ad utilizzare i salari come variabile d'aggiustamento.
10.2 Nella sua risoluzione del 2009 il Parlamento europeo prevedeva un coordinamento delle attività politiche con il Congresso americano e uno stretto ravvicinamento tra le banche centrali USA e UE. Le convenzioni dell'OIL non sono state però ratificate dagli Stati Uniti. Uno studio (20) mette in rilievo l'esistenza di un mercato del lavoro americano in cui le protezioni fondamentali, come il diritto ad un salario minimo, alla retribuzione delle ore di lavoro straordinario, alla pausa pranzo, ad indennità in caso d'incidente o a condizioni di lavoro migliori non sono riconosciute a numerose categorie di lavoratori dipendenti.
10.3 Il CESE ritiene che, nel quadro del dialogo sociale transatlantico, la parte attualmente dedicata all'ascolto dei rappresentanti della società civile - e in particolare dei lavoratori - sia troppo esigua.
11. Ambiente
11.1 Una politica americana impegnata a favore dell'ambiente avrebbe ripercussioni sulle scelte in materia di bilancio e sull'occupazione. Il CESE ritiene che il dialogo transatlantico possa accelerare la sensibilizzazione in termini di maggiore sostenibilità e che in questo caso la società civile e i consumatori abbiano un ruolo da svolgere per rendere più verde l'economia.
11.2 L'UE e gli Stati Uniti dovrebbero - insieme - poter inventare nuove industrie in risposta al bisogno di energie rinnovabili. California e Portogallo hanno operato le medesime scelte sull'importanza da attribuire all'energia solare e a quella eolica. Il CESE ritiene che sarebbe disastroso per il futuro delle due potenze avere delle idee innovative per poi ricorrere alle tecnologie cinesi (ad es. nel caso del fotovoltaico).
12. Sul piano istituzionale
12.1 Il precedente parere del CESE sulle relazioni transatlantiche individuava diversi scenari possibili per il DTL e il CET.
12.2 Il CESE vorrebbe essere innovativo e integrare in modo istituzionale i rappresentanti della società civile in un dialogo transatlantico delle organizzazioni della società civile. In qualunque dialogo, relazione, studio o accordo realizzato nel quadro delle relazioni transatlantiche dovrebbe figurare un capitolo sulle ripercussioni sociali delle misure previste, al di là della sola creazione di nuova occupazione. Gli Stati membri non hanno ancora dotato l'Unione di una politica sociale integrata, nonostante l'Europa nella pratica disponga di un autentico modello comune, il che le permetterebbe di far valere il proprio punto di vista nel dialogo con gli Stati Uniti. Essa deve promuovere l'MSE, accentuando la propria visibilità negli Stati Uniti.
Bruxelles, 21 ottobre 2010
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Staffan NILSSON
(1) Come dimostra l'aumento del PIL degli Stati membri dalla creazione dell'UE in poi; cfr. anche la nota 6.
(2) CET/TEC: Consiglio economico transatlantico; DTL: dialogo transatlantico sul lavoro (dialogo delle organizzazioni sindacali).
(3) GU C 309 del 16.12.2006, pagg. 119-125.
(4) Accordo siglato alla Casa Bianca da G. W. Bush, A. Merkel e J. M. Barroso.
(5) Risoluzione del PE Stato delle relazioni transatlantiche all'indomani delle elezioni negli Stati Uniti, 26 marzo 2009, GU C 117E del 6.5.2010, pag. 198.
(6) Sul modello sociale europeo si rimanda a: Preambolo del Trattato di Lisbona «Confermando il proprio attaccamento ai diritti sociali fondamentali quali definiti nella Carta sociale europea firmata a Torino il 18 ottobre 1961 e nella Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989…»; cfr. anche TUE, articoli 3, 6 e 32; TFUE, articolo 9 e Titolo X; Trattato di Lisbona - Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, articoli 28, 34, 35 e 36.
(7) OCSE, dipartimento Affari economici, Les bénéfices de la libéralisation des marchés de produits et de la réduction des barrières aux échanges et aux investissements internationaux: le cas des États-Unis et de l'Union européenne (I vantaggi della liberalizzazione dei mercati dei prodotti e della riduzione delle barriere agli scambi e agli investimenti internazionali: il caso degli Stati Uniti e dell'Unione europea), 2005.
(8) Sezione 1, GU C 277 del 17.11.2009, pagg. 117-124.
(9) Questo progetto, presentato congiuntamente dai commissari Leon Brittan (Commercio estero), Martin Bangemann (Industria e telecomunicazioni) e Mario Monti (Mercato interno) nel marzo 1998, riguardava le relazioni UE-USA e proponeva: 1) una zona di libero scambio per i servizi, 2) l'eliminazione delle barriere tecniche al commercio, tramite in particolare accordi di mutuo riconoscimento, 3) la liberalizzazione degli appalti pubblici, della proprietà intellettuale e degli investimenti e 4) eventualmente la soppressione progressiva dei dazi doganali sui prodotti industriali entro il 2010 (termine spostato poi al 2015).
(10) Prosegue la deindustrializzazione, in Europa come negli Stati Uniti, dove nel settore manifatturiero l'occupazione si è ridotta del 30 % nel corso del decennio in esame; la partecipazione degli USA agli scambi mondiali è passata dal 13 % (un decennio fa) al 9 %; intanto i paesi dell'UE seguitano a delocalizzare la produzione. Riguardo alla durata dell'orario di lavoro, si rimanda allo studio condotto da Rones & al., 1997, citato in: Revue Internationale de l'IRES, n. 54-01.2001.
(11) Nel 2009 la direzione generale RELEX della Commissione europea ha lanciato un invito a presentare proposte (per un ammontare di 800 000 euro) di progetti della società civile che incoraggino il dialogo UE-USA.
(12) GU C 277 del 17.11.2009, pagg. 117-124.
(13) SWIFT: Society for Worldwide Interbank Financial Communications, società americana di diritto belga che gestisce gli scambi internazionali di dati finanziari relativi a più di 200 paesi.
(14) PE (05305/1/2010REV1-C7-0004/2010-2009/0190(NLE). Accordo SWIFT II, PE 8.7.2010 (11222/1/2010/REV1 e COR1-C7-0158/2010-0178-(NLE)).
(15) Dibattito organizzato in data 17 marzo 2010 da Euractiv.fr con la rappresentanza permanente della Commissione a Parigi e il sostegno del DTCC, Depositary Trust and Clearing Corporation, in Questions d'Europe n. 165 del 6 aprile 2010, Fondazione Robert Schuman.
(16) GU C 228 del 22.9.2009, pagg. 32-39.
(17) TFUE, articolo 9.
(18) Middle Class in America.
(19) GU C 128 del 18.5.2010, pagg. 97-102.
(20) A cura di Annette Bernhardt, dottorato, codirettrice politica del National Employment Law Project (NELP - progetto di legge sull'occupazione).
ALLEGATO
al Parere del Comitato economico e sociale europeo
Il seguente emendamento è stato respinto nel corso del dibattito, ma ha ottenuto più di un quarto dei voti espressi.
Punto 1.4
Modificare come segue:
Il CESE raccomanda che la zona euroatlantica si doti, oltre che di nuove regolamentazioni finanziarie, anche di norme comuni sulle agenzie di rating e di nuove regole di concorrenza che tengano maggiormente conto . Il CESE .
Esito della votazione
Voti favorevoli |
: |
66 |
Voti contrari |
: |
76 |
Astensioni |
: |
21 |