15.2.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 48/38


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Dopo la crisi: un nuovo sistema finanziario per il mercato interno» (parere d'iniziativa)

2011/C 48/08

Relatore: IOZIA

Correlatore: BURANI

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 18 febbraio 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Dopo la crisi: un nuovo sistema finanziario per il mercato interno.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 luglio 2010.

Alla sua 465a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 settembre 2010 (seduta del 16 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 160 voti favorevoli, 8 voti contrari e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) con questo parere d'iniziativa si propone di indicare alcune possibili riforme del sistema finanziario europeo: come dovrebbe essere regolamentato, come dovrebbe funzionare meglio, per ridurre i rischi sistemici. La crisi ancora può riprendere vigore ed intensità, se non si porrà un argine alla speculazione selvaggia e se i governi non daranno quelle risposte attese ormai da troppo tempo.

1.2   Dopo la crisi quale sistema finanziario per il mercato interno? BCE/SEBC, banche commerciali, di investimento, istituzioni finanziarie mutue e cooperative, etiche, assicurazioni, fondi pensione, fondi di investimento, private equity, hedge fund, società di rating; produttori, distributori e venditori di prodotti finanziari e titoli; borse, mercati non regolamentati; regolatori, autorità di vigilanza, agenzie di rating di credito: questi gli attori principali del sistema finanziario che saranno chiamati a modificare i loro comportamenti, ad adeguarsi ad una normativa più stringente, ad adeguare la propria organizzazione ai nuovi compiti che saranno loro assegnati.

1.3   Non tutti gli attori del mercato debbono essere considerati in modo generalizzato responsabili. Fortunatamente alcuni settori importanti, come alcuni importanti gruppi transnazionali non sono stati direttamente coinvolti dalla crisi, perché le loro attività erano ben lontane dal grande casinò della finanza. Assicurazioni, banche cooperative e popolari, casse di risparmio, ma anche primarie banche commerciali europee e globali, non hanno dovuto rettificare i loro conti a causa delle perdite finanziarie, né chiedere aiuti ai propri governi.

1.4   «Motivo della crisi è la miseria morale», il CESE condivide questa sintesi di Tomáš Baťa del 1932, purtroppo registrando che nulla è cambiato! Lavoratori e pensionati, imprese, cittadini, organizzazioni della società civile, consumatori ed utenti sono tutti fortemente interessati a poter contare su un sistema finanziario efficiente e sicuro, a costi ragionevoli, cui affidare i propri risparmi con fiducia, cui rivolgersi per sostenere un'iniziativa economica, cui guardare come un indispensabile strumento di crescita economica e di presidio di importanti funzioni sociali quali le pensioni, le assicurazioni contro le malattie e gli infortuni, i danni. La gravissima crisi finanziaria ha messo in pericolo tutto questo, attraverso una generalizzata perdita di fiducia.

1.5   Occorre ricostruire un capitale di fiducia verso le istituzioni finanziarie, ma anche verso le istituzioni politiche e le autorità regolatrici e di vigilanza, che non hanno saputo e potuto evitare questa catastrofe che è costata fino ad ora 2300 miliardi di euro secondo le stime più recenti dell'FMI.

1.6   L'opinione pubblica è stata scossa profondamente. La crisi di liquidità conseguente alla crisi finanziaria ha investito l'economia reale che ha subito un contraccolpo enorme: la disoccupazione è arrivata ad oltre il 10 %, con punte del 22 % in Lettonia e del 19 % in Spagna, con un totale di oltre 23 milioni di disoccupati a dicembre. Cifra che è destinata ancora a salire. Tutti i bilanci pubblici hanno registrato deficit enormi, che dovranno essere ripianati con manovre di rientro, che certamente non aiuteranno la crescita, ma agiranno da freno ad una ripresa che già si preannunciava fredda, cioè senza effetti positivi sull'occupazione.

1.7   Il CESE nel corso di questi anni ha elaborato una serie di pareri proponendo alcune riflessioni, spesso ignorate, che avrebbero certamente aiutato, se ascoltate, ad evitare o quanto meno a ridimensionare gli effetti devastanti della crisi.

1.8   Il CESE chiede alle istituzioni europee di accelerare il processo di riforma. Trascorso circa un anno e mezzo dalla presentazione delle conclusioni della commissione de Larosière, il processo decisionale europeo non è ancora entrato nella fase conclusiva. I governi, purtroppo, hanno indebolito il disegno di riforma, escludendo, ad esempio, la possibilità d'intervento di un'authority europea su istituzioni finanziarie transnazionali.

1.8.1   Il CESE prende atto con favore della comunicazione della Commissione sulle iniziative legislative che saranno prese per rafforzare la regolazione e la trasparenza del mercato finanziario. Tali proposte, intervenute durante la redazione del presente parere, vanno nella direzione auspicata. Potenziare la vigilanza sulle agenzie di rating del credito, aprire il dibattito sulla governance societaria sono gli aspetti più importanti. Le relazioni sui compensi agli amministratori e sulle politiche retributive compendiano il pacchetto. Entro sei-nove mesi la Commissione si è impegnata a presentare ulteriori proposte per migliorare il funzionamento dei mercati dei derivati, misure adeguate sulle vendite allo scoperto e sui CDS e miglioramenti alla direttiva sui mercati degli strumenti finanziari (MiFID).

1.8.2   Il CESE attende con molto interesse le altre iniziative preannunciate nel campo della responsabilità: la revisione della direttiva relativa ai regimi di garanzia dei depositi e della direttiva relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori. La direttiva sugli abusi di mercato e quella sui requisiti patrimoniali (CRD IV) saranno sottoposte a modifica; mentre è in preparazione una nuova proposta sui prodotti di investimento al dettaglio preassemblati (PRIP). Per diminuire l'arbitraggio regolamentare, la Commissione emanerà una comunicazione sulle sanzioni nei servizi finanziari.

1.9   Il CESE ritiene che occorra lavorare più intensamente per preparare il sistema finanziario del dopo crisi, che dovrà essere trasparente, socialmente ed eticamente responsabile, meglio controllato e innovativo e che dovrà avere una crescita equilibrata, compatibile con il resto del sistema economico, orientata alla creazione di valore nel medio e lungo periodo, una crescita sostenibile.

1.10   Alcuni milioni di persone lavorano nel mondo della finanza. La larghissima maggioranza è fatta di persone per bene, che lavorano con professionalità e che meritano il rispetto di tutti. Una piccola minoranza di irresponsabili e di senza scrupoli ha messo a repentaglio la reputazione di un'intera categoria di lavoratrici e di lavoratori.

1.11   Il CESE raccomanda maggiore trasparenza in particolare nella identificazione dei rischi. I mercati OTC non dovrebbero essere aperti a scambi bilaterali, ma funzionare esclusivamente con controparte centrale, che monitorando il livello di rischio complessivo può limitare l'accesso alle transazioni per quelle parti eccessivamente esposte. Gli scambi dovrebbero avvenire su un'unica piattaforma, o al massimo su un insieme definito di piattaforme, migliorando così la trasparenza dei mercati.

1.12   La responsabilità sociale d'impresa, nel settore finanziario dovrebbe essere declinata in tutte le attività e in ogni comportamento Sono stati privilegiati volumi di vendite piuttosto che idonei consigli di investimento. Il ritorno ad un'etica professionale alta, una esplicita condanna delle associazioni di categoria che dovrebbero indurre a comportamenti corretti, attraverso un'opera di prevenzione e sanzionare quelle imprese giudicate colpevoli di episodi di malafede, di truffe, di comportamenti penalmente perseguibili.

1.13   Una governance più aperta e democratica delle authority nazionali ed europee, che includa gli stakeholder nelle attività regolatorie e di vigilanza. Lavoratori, imprese, consumatori ed utenti dovrebbero avere un ruolo riconosciuto nella governance d'impresa. Il CESE raccomanda un maggior coinvolgimento della società civile nella consultazione e nella valutazione d'impatto. Recenti decisioni della Commissione in merito alla scelta di gruppi di esperti continuano a privilegiare esclusivamente l'industria, senza coinvolgere adeguatamente consumatori e lavoratori. Il CESE non si stanca di continuare a raccomandare una rappresentanza bilanciata della società civile nell'ambito dei gruppi di esperti e dei comitati organizzati dalla Commissione.

1.14   Una governance delle imprese per le quali i requisiti di onorabilità e di trasparenza si estendano dagli amministratori agli azionisti, il cui capitale ad oggi è considerato per definizione di origine lecita, quando esempi clamorosi hanno dimostrato che non sempre è così.

1.15   Il ruolo dei manager è diventato esorbitante, come alcuni dei loro compensi stratosferici, che sono stati mantenuti perfino dopo le nazionalizzazioni intervenute per salvare alcuni istituti dal fallimento. Una seria politica di contenimento di bonus, da distribuire eventualmente solo in presenza di risultati stabili nel medio termine e migliori della media di sistema; incentivazioni al personale legate a vendite responsabili, non a campagne per prodotti bancari non basate sul dovuto rispetto per i bisogni dei consumatori, incentivazioni dirette alla valorizzazione della qualità del capitale umano in termini di contributo professionale, di soddisfazione della clientela, di migliore professionalità.

1.16   Il CESE raccomanda l'adozione di serie ed efficaci misure da parte delle autorità nazionali di vigilanza, che non sembrano molto convinte della opportunità di un'azione che non è solo moralizzatrice, ma che tende a preservare per il futuro il profilo di rischio, esplicito od occulto. Molte operazioni ad altissimo rischio, assunte per moltiplicare profitti e bonus, si sarebbero potute evitare.

1.17   Il CESE chiede che sia eliminato dalla legislazione europea il riferimento al rating per quanto riguarda la classificazione degli investimenti e la conseguente copertura nei fondi rischi, adottata con i principi di Basilea II e chiede che le autorità nazionali rivedano la politica di investimento.

1.18   La classificazione del debito sovrano degli Stati membri, dovrebbe essere fatta esclusivamente attraverso una nuova agenzia indipendente europea. Gli annunci di downgrading del debito sovrano di un paese, come recentemente nel caso della Grecia e di altri paesi europei in difficoltà, hanno causato serie difficoltà sui mercati, incitando la speculazione ad attaccare vistosamente le emissioni, amplificando la percezione di una crisi grave.

1.19   Gli aiuti concessi alla Grecia serviranno a mettere al riparo il sistema finanziario internazionale che ha sottoscritto per centinaia di miliardi di euro il debito greco, fidandosi anche della più importante banca d'affari del mondo, che ha nascosto importanti finanziamenti che non sono apparsi sui conti ufficiali di Atene. Solo le banche francesi (76,45 miliardi) e quelle tedesche (38,57) assommano prestiti per 115 miliardi: ancora una volta i contribuenti europei saranno chiamati a pagare per i comportamenti illegali. Il pesantissimo conto economico e sociale che i cittadini greci dovranno sostenere è enorme.

1.20   Il CESE ritiene opportuno approfondire il tema della tassazione di alcune attività finanziarie, in particolar modo quelle a carattere eminentemente speculativo. Un parere sull'argomento è stato recentemente adottato.

1.21   Il CESE raccomanda la messa a punto di sistemi integrati di gestione della crisi, che prevedano criteri efficaci di pre-allarme, di prevenzione e di uscita dalla crisi. È necessario sviluppare meccanismi affidabili di reciproca responsabilità tra le autorità degli Stati membri, soprattutto per quello che riguarda i grandi gruppi europei: in Europa centrale e dell'Est, ad esempio, i mercati finanziari sono quasi esclusivamente nelle mani di assicurazioni e banche dell'Ovest.

2.   Introduzione

2.1   «Motivo della crisi è la miseria morale

Punto di svolta della crisi economica? Io non credo in punti di svolta spontanei. Quello che noi siamo abituati a chiamare la crisi economica è solo un nome diverso per la miseria etica.

Miseria morale è la causa, la crisi economica è solo la conseguenza. Ci sono molte persone nel nostro paese che pensano che sia possibile salvarci dal declino economico con il denaro. Io temo le conseguenze di questo errore. Nel caso in cui ci troviamo ora, non abbiamo bisogno di colpi di scena brillanti o di combinazioni.

Abbiamo bisogno di un atteggiamento morale nei confronti delle persone, del lavoro e della proprietà pubblica.

Mai più sostegno per le bancarotte, mai più debiti, mai più gettare via i valori per niente, mai più sfruttamento dei lavoratori; avremmo meglio dovuto fare altre cose per risollevarci dopo la povertà del periodo di guerra e rendere il lavoro e il risparmio più efficace, desiderabile e più onesto, piuttosto che darci alla pigrizia e allo spreco. Hai ragione, è necessario superare la crisi di fiducia, tuttavia non la sconfiggeremo con mezzi tecnici, finanziari o di credito. La fiducia è un fatto personale e può essere ristabilita solo attraverso un comportamento morale e l'esempio personale». Tomáš Baťa 1932.

2.2   Nulla è cambiato

2.2.1   La citazione, inusuale nei pareri del Comitato, serve ad introdurre il tema molto più di una dotta e ripetuta analisi della crisi, degli errori della politica, dei controllori, delle società di rating, della finanza ed anche degli investitori e degli azionisti. Sono stati spesi fiumi di inchiostro: è sufficiente dire che le misure attuate, in corso di esame o progettate in materia di vigilanza macro e microprudenziale sono sostanzialmente valide e razionali, ma ancora manca un collegamento organico e strutturale fra vigilanza del mercato (banche, assicurazioni, mercati finanziari) e controllo dei sistemi di pagamento; questi ultimi possono fornire preziosi segnali - se debitamente interpretati - di défaillance individuali o di minacce sistemiche. Occorre che le autorità prendano in esame l'opportunità di dotarsi di questo sistema di controlli incrociati.

2.2.2   A differenza del passato, la società civile non intende lasciare il dibattito sul futuro del sistema finanziario agli specialisti, ai tecnici e ai politici, ma intende partecipare attivamente alla costruzione di un sistema finanziario sostenibile, visto che inesorabilmente le conseguenze delle scelte ricadono su lavoratori, imprese e cittadini. Il denaro pubblico impegnato nei salvataggi delle banche più esposte, prima, e nel necessario ossigeno all'economia, strangolata da una crisi di liquidità senza precedenti, dopo, è andato ad incrementare i deficit e i debiti pubblici, che dovranno essere risanati con ulteriori manovre correttive che scaricheranno di nuovo sui cittadini oneri e tasse, di cui non si sentiva certamente il bisogno.

2.2.3   Il sistema finanziario dopo la crisi non dovrà e non potrà essere più quello che si è andato a formare nel corso degli ultimi 20 anni. Rinunciando a percentuali di crescita che una politica di breve termine ha fatto esplodere.

2.2.4   Una redditività molto elevata, infatti, ha spinto le imprese più motivate ad iniziare una fase di concentrazione considerata impensabile fino a pochi anni fa.

2.2.5   Queste concentrazioni sono state facilitate dalla liberalizzazione, dalla privatizzazione in molti paesi, ma soprattutto dall'impulso derivante dalle direttive sul mercato unico, che hanno cancellato non solo i confini territoriali, ma anche quelli che separavano le diverse categorie specialistiche: banche commerciali, investment bank, società finanziarie, società di borsa, depositari di titoli, gestori di sistemi di pagamento, assicurazioni, ecc.

2.2.6   I conglomerati finanziari che si sono costituiti sono caratterizzati da una forte eterogeneità, da una complessità di articolazioni, incroci azionari, golden share (per le banche ex pubbliche in particolare) rendendo estremamente difficile, se non impossibile, una vigilanza globale sulle strutture. Solo ora, dopo la bufera che ha sconvolto i mercati, ci si rende conto della necessità di dotarsi di forme di vigilanza transnazionale. I processi decisionali, però, avanzano troppo lentamente. Le potenti organizzazioni finanziarie cercano di limitare l'azione regolatrice delle autorità, riuscendo a convincere alcuni governi europei a sostenere le loro ragioni. La relazione de Larosière, le conseguenti direttive, la revisione degli accordi di Basilea II e la modifica degli IASB stanno procedendo con grande fatica e molte delle promesse di cambiamento sembra si stiano perdendo per strada.

2.3   La redditività

2.3.1   Redditività e crescita

2.3.1.1   Un'elevata redditività è da sempre considerata un indice di salute di un'impresa. È anche un elemento che ne sostiene la crescita dimensionale attraverso il reinvestimento dei profitti. Un'impresa con il cui ROE è il 10 % reinvestendo tutti i suoi profitti può crescere del 10 % all'anno, se mantiene costante il suo rapporto tra debiti e mezzi propri: se cresce più velocemente significa che aumenta il peso del debito oppure che fa ricorso a nuovi apporti di capitale proprio.

2.3.1.2   Ne consegue che le imprese più redditizie hanno maggiori possibilità di crescita e sviluppo.

2.3.2   Redditività e rischio

2.3.2.1   Spesso per migliorare la redditività si devono sopportare maggiori rischi: a tale proposito si sostiene che ciò che conta è la redditività aggiustata per il rischio. Solo l'aumento della redditività aggiustata per il rischio configura una reale creazione di nuovo valore (per gli azionisti, sia inteso, non necessariamente per gli altri stakeholder).

2.3.2.2   Chi è arbitro di questo giudizio di redditività corretta per il rischio? Il mercato finanziario, ovviamente.

2.3.2.3   Cosa ci ha insegnato al riguardo la crisi? Che sebbene sia migliorata la capacità di interpretare e stimare molti rischi, il mercato non è sempre in grado di quantificarli correttamente.

2.3.2.4   Ne consegue che certi modelli di redditività e sviluppo, sia delle imprese che delle intere economie, sembravano vincenti semplicemente perché non se ne stimavano correttamente i rischi.

2.3.2.5   La più importante lezione che ci deve insegnare la crisi è che non saremo mai capaci di stimare correttamente tutti i rischi.

2.3.3   I driver della redditività

2.3.3.1   I due principali driver di redditività, non solo per le imprese finanziarie sono:

il miglioramento dell'efficienza, reso possibile dalle economie di scala (crescita dimensionale) ed economie di scopo (crescita dell'ampiezza di offerta dei prodotti e servizi),

l'innovazione: offrire prodotti e servizi nuovi su cui i margini di profitto, grazie a una concorrenza meno ampia, sono maggiori.

2.3.3.2   Per questi motivi, «grande è bello» e «l'innovazione finanziaria è un bene» sono stati per lungo tempo gli slogan di molti attori del mercato finanziario. Il fatto è che sono stati sottostimati i rischi collegati a questi fattori. Richiamiamoli:

2.3.3.3   Dimensione - economie di scala: il rischio principale è il rischio sistemico del «too big to fail».

2.3.3.4   Ampiezza dell'offerta - economie di scopo: il rischio principale è sempre di natura sistemica, ma potrebbe essere riassunto da questa affermazione: «too interconnected to fail».

2.3.3.5   Innovazione finanziaria: innovazione finanziaria significa introdurre nuovi prodotti/servizi per gestire nuovi rischi o per gestire in modo nuovo rischi noti. Se fossero attività banali, le avrebbero già fatte altri. I rischi che ciò comporta sono spesso stimati con notevoli approssimazioni.

2.4   I rischi male stimati dell'innovazione finanziaria sono all'origine della crisi finanziaria. Ma l'innovazione è essenziale per conseguire una redditività elevata, troppo elevata alla luce dei tassi di crescita delle economie sviluppate. Bisogna andare alla causa del problema, piuttosto che agli effetti: dobbiamo accettare tassi di redditività e crescita più ridotti dei numeri a 2 cifre a cui si riteneva non solo legittimo, ma anche doveroso, aspirare. Questo perché per definizione è molto probabile che una redditività molto elevata, in un'economia che non può più crescere come 50 anni fa, comporti rischi che non possono essere trascurati. Se non diremo che in un'economia sviluppata non ha senso ed è insano aspirare ad avere dai propri investimenti ritorni a due cifre continueremo ad alimentare i semi che ci hanno portato a un passo dal collasso del sistema.

2.5   Il business delle banche e degli intermediari finanziari

Il sistema finanziario intermedia attività monetarie e finanziarie e rischi. L'intermediazione di rischi è condotta soprattutto con i contratti derivati, in larga parte OTC. La politica monetaria può influenzare direttamente l'intermediazione monetaria e finanziaria, ma ha le armi spuntate verso i derivati. I derivati infatti impiegano ammontari minimi di liquidità.

2.6   Il rischio dei derivati: ovvero i rischi della gestione dei rischi

I derivati sono stati il principale strumento d'innovazione finanziaria. Il mercato OTC è stato l'arena del risk sharing dove i rischi originariamente assunti da un unico attore venivano trasferiti e frazionati in innumerevoli transazioni. In teoria ciò dovrebbe portare a un frazionamento e quindi a un depotenziamento delle originali caratteristiche destabilizzanti dei rischi. Ma si è trascurato che le innumerevoli interconnessioni che queste transazioni comportano introducono un rischio controparte difficilmente controllabile, di fatto facendo perdere il senso del rischio globale, e un fenomeno del tipo «too interconnected to fail».

2.7   Un percorso verso un sistema finanziario più stabile

È sbagliato affermare che l'innovazione finanziaria, poiché ha contribuito a creare i presupposti per la crisi, debba essere vista con connotati negativi. Non si può però pensare che quello che è accaduto sia semplicemente un incidente di percorso: mostra invece che il sistema, così come è stato, non è accettabile.

Un'architettura integrata di controllo dei rischi deve muoversi lungo tre dimensioni: strumenti, mercati e istituzioni.

2.7.1   Gli strumenti

Piuttosto che proibire la creazione di nuovi strumenti, bisognerebbe applicare una sorta di meccanismo di registrazione che stabilisca a chi possono essere offerti. Gli strumenti non registrati possono essere usati solo da operatori qualificati. Si dovrebbe applicare il principio dei medicinali: alcuni possono essere venduti quasi liberamente, altri dietro la presentazione di una ricetta, altri solo in strutture particolari.

2.7.2   Le istituzioni

La tradizionale supervisione microprudenziale che dovrebbe controllare la stabilità stand-alone di un intermediario è insufficiente. Per costruire un quadro macroprudenziale si deve tenere conto di due importanti esternalità:

l'interconnessione. Le istituzioni finanziarie hanno esposizioni comuni che ampliano le conseguenze negative dei rischi. Qui ci rifacciamo ai due problemi «too big to fail» e «too interconnected to fail»,

la prociclicità. Il sistema finanziario dovrebbe gestire i rischi del sistema reale. In realtà accade spesso che le dinamiche dell'uno rinforzino quelle dell'altro, con la conseguenza che boom e crisi sono esasperati, invece che attenuati.

2.7.2.1   Attraverso il cosiddetto «shadow banking system» si sono perseguiti non solo scopi legittimi di maggiore flessibilità, ma anche scopi elusivi rispetto alle regole prudenziali. I soggetti regolati, come le banche, lo hanno usato per il cosiddetto «arbitraggio prudenziale», in altre parole per aumentare la leva finanziaria a dispetto di quanto richiesto funzionalmente dalla normativa. Questo sistema deve essere inquadrato nel perimetro regolamentare. Le banche non devono potere usare questo sistema per eludere gli obblighi patrimoniali.

2.7.3   I mercati

La crisi ha mostrato inequivocabilmente che i mercati finanziari non hanno una autonoma capacità di autocorreggersi, raggiungendo nuove condizioni di equilibrio, in tutte le situazioni. La possibilità che si passi abbastanza rapidamente dall'abbondanza di transazioni all'illiquidità è pertanto un'evenienza possibile.

2.7.3.1   Quando le transazioni avvengono bilateralmente, come negli OTC, il fallimento di un'istituzione può rapidamente contagiare molte controparti, con conseguente rischio sistemico. Per limitare i rischi sistemici dei mercati è necessario che gli scambi con controparte centrale si sostituiscano agli scambi bilaterali: inoltre gli scambi dovrebbero avvenire o sulla stessa piattaforma, o su un insieme definito di piattaforme, per assicurare una maggiore trasparenza. È verosimile che queste condizioni implichino una maggiore standardizzazione dei contratti scambiati: questo non è un effetto collaterale indesiderato, ma una conseguenza positiva che migliorerà la trasparenza dei mercati.

3.   La governance

3.1   Se è difficile controllare i mercati, ancora più difficile è controllare la governance: se in apparenza il controllo appartiene a chi detiene la maggioranza, effettiva o attraverso patti, in pratica le differenti legislazioni, alcune più permissive di altre, permettono la creazione di entità finanziarie di non chiara origine. Oltre ad un generale problema di trasparenza, entra in gioco un complesso argomento: quello della penetrazione nel mondo della finanza di poteri occulti o della criminalità finanziaria. La materia comprende i fondi sovrani o sotto controllo pubblico, il riciclaggio, l'evasione fiscale, i paradisi fiscali; in altri termini, la presenza - non necessariamente maggioritaria - di interessi «opachi». Il problema non riguarda soltanto i grandi gruppi; si estende, fors'anche in misura maggiore, alla moltitudine di imprese finanziarie e di fondi d'investimento, non necessariamente di grandi dimensioni. Le direttive prevedono regole per l'ammissione di persone negli organi direttivi e di azioni nelle trattazioni di borsa, ma tacciono sulla natura ed origine di capitali, implicitamente ammettendo che essa sia riconosciuta come lecita. Non si tratta qui di introdurre nuove regole, ma di istituire collegamenti operativi fra le autorità investigative e quelle di vigilanza.

3.2   Il tallone d'Achille dei grandi gruppi, spesso è proprio una governance debole e costruita a loro uso e consumo dai manager, diventati i veri dominus dell'impresa. La diluizione del capitale dovuta alle progressive integrazioni tra attori del mercato, ha determinato un progressivo indebolimento degli azionisti di riferimento, in alcuni casi al punto di non poter sostenere un'OPA ostile. Grandi gruppi a livello internazionale sono stati prima acquisiti e poi spolpati dai concorrenti, con conseguenze molto negative per l'economia reale e per i lavoratori.

3.3   «… un avvenire relativamente prossimo troverà la società organizzata in un sistema del tutto diverso di istituti fondamentali, economici, sociali e politici, e nella quale saranno affatto diverse anche le principali credenze sociali, o ideologie. Nella nuova struttura sociale un diverso gruppo o classe - i manager - sarà la classe dominante o dirigente» (James Burnham, The Managerial Revolution: What is Happening in the World. New York: John Day Co., 1941).

3.4   Il potere politico, piuttosto succube dei grandi manager bancari, ha assecondato questa trasformazione. Neanche nelle recenti, forzose, acquisizioni di banche da parte di alcuni Stati, ha avuto la capacità di rimettere un po' di ordine nei rapporti tra manager ed azionisti. La clamorosa sconfitta del Presidente Obama contro i vertici AIG, che hanno incassato 165 milioni di dollari, prelevandoli direttamente dai 170 miliardi messi a disposizione dal Tesoro americano, dà la misura del potere smisurato, in questo caso sfacciato ed arrogante, dei manager. Negli Stati Uniti, le grandi banche si sono rimesse in piedi grazie ai 787 miliardi di stimulus pagati dal contribuente. Poi hanno ricoperto i loro manager di bonus (49,5 miliardi solo tra Goldman Sachs, JpMorganChase e Morgan Stanley). E ora sempre grazie ai magici bonus risparmiano proprio sulle tasse: visto che i compensi sono detraibili, tutto il sistema (calcola la Robert Willens LLC) risparmierà qualcosa come 80 miliardi. In Europa le cifre sono più modeste, ma RboS ha distribuito 1,3 miliardi di sterline. Nulla cambia!

3.5   Occorre un serio ripensamento dei meccanismi di governance, ridistribuendo il potere aziendale tra azionisti e manager e riconducendo ognuno nel suo proprio alveo.

3.6   La partecipazione degli stakeholder alla governance, una democrazia economica più avanzata, possono contribuire a riequilibrare il potere e a orientare dal brevissimo termine al lungo termine le strategie di impresa, con un evidente vantaggio per l'economia tutta.

3.7   Profitti duraturi e stabili, una gestione accorta dei rischi, una politica prudenziale degli investimenti dovrebbe caratterizzare il nuovo indirizzo del sistema finanziario, dopo la stagione spensierata dei tassi di crescita a due cifre.

4.   Il credito: fattore di sviluppo e funzione sociale

4.1   Il ruolo insostituibile del sistema finanziario per convogliare risorse verso attività produttive ha una evidente e positiva ricaduta sociale. Il lavoro, la ricchezza generata dalle imprese, anche grazie al sostegno ricevuto dalle banche, ridistribuiscono benessere, servizi alla collettività. La condivisione del rischio da parte delle assicurazioni produce stabilità e tranquillità all'attività economica.

4.2   La funzione sociale non deve essere, però, confusa con la valutazione «sociale» del rischio. La banca è un'azienda come qualsiasi altra, e deve rispondere dei fondi che le sono affidati: una banca che finanzi un'azienda sulla via del fallimento si espone ad azioni penali, e nel caso di privati verrà accusata di averli spinti al sovraindebitamento.

4.3   L'unico criterio valido per concedere credito è quello di una severa, obiettiva e responsabile valutazione del rischio unita, questo sì, ad un apprezzamento dei fini sociali dei fondi messi a disposizione: c'è differenza nella scelta fra chi chiede fondi per incrementare la produzione o per evitare licenziamenti e chi vorrebbe trasferire le proprie attività all'estero. Questi sono criteri universali che valgono in tutte le banche, grandi o piccole, società per azioni o cooperative o casse di risparmio; anche per quelle che esercitano funzioni dichiarate «sociali», come il microcredito, il credito etico o socialmente responsabile.

5.   Quale sistema finanziario dopo la crisi?

5.1   Tomáš Baťa quasi 80 anni fa indicava la strada giusta: un forte ritorno all'etica professionale; la riscoperta di valori e di principi che si sono molto indeboliti nel tempo; l'accettazione da parte degli investitori di tassi di profitto più sobri, ma più stabili, con una politica di lungo termine; la separazione delle attività a carattere meramente speculativo, che devono essere separate dal resto delle attività finanziarie e meglio regolamentate.

5.2   Un sistema finanziario trasparente, che dia un'informazione sufficiente a far comprendere il rischio connesso alle operazioni che vengono proposte: dalle carte revolving (a grandissimi emittenti recentemente è stato vietato di continuare a vendere i loro prodotti in violazione alle leggi antiusura e antiriciclaggio!), ai prodotti finanziari semplici, a quelli più complessi.

5.3   Un sistema finanziario socialmente responsabile. La ricerca del profitto a breve ha spinto molte imprese finanziarie a privilegiare la quantità, i volumi di vendita, rispetto alla qualità del servizio reso al cliente. Molte persone si sono fatte influenzare da proposte di acquisto di prodotti finanziari che si sono dimostrati assolutamente inidonee a soddisfare i bisogni dei risparmiatori. In questi casi si sono verificate vendite contro consigli, buon senso e norme deontologiche di base piuttosto che vendite dopo consigli sensati. Per ottenere risultati maggiori queste vendite sono state spinte da pressioni commerciali quotidiane, pressanti, in cambio di premi e bonus, ma anche di azioni paragonabili al mobbing per coloro che non riuscivano a raggiungere i risultati richiesti, sempre più importanti. Anche per il sistema finanziario dovrebbe valere il principio stabilito dalla legge in materia di frode in commercio e vizi nascosti.

5.4   Un sistema finanziario eticamente responsabile. Le associazioni di categoria dovrebbero adottare iniziative per prevenire fenomeni patologici ed assumere la responsabilità di sanzionare esemplarmente quelle imprese che sono state giudicate colpevoli di episodi di malafede, di truffe, di comportamenti penalmente perseguibili; queste prese di posizione sono finora mancate.

5.5   Un sistema finanziario meglio regolato e controllato. Gli attori del sistema finanziario stanno moltiplicandosi, mentre si riducono le capacità delle autorità di vigilanza di seguire capillarmente le evoluzioni del mercato e di quelle legislative di dare un ordine e tenere alla larga soggetti inappropriati se non organizzazioni criminali. Uno sforzo di razionalizzazione, pulizia ed ordine si impone. La finanza, che pure deve seguire i modelli gestionali più avanzati, non è propriamente un'industria come tutte le altre. Maneggia un capitale specifico che è la fiducia dei risparmiatori e dei clienti, indispensabile alla sua attività. Bastava una tripla A data ad un titolo per far sentire il risparmiatore assolutamente tranquillo. La realtà ha dimostrato che i meccanismi di certezza sono ben lungi dall'essere raggiunti.

5.6   Un sistema finanziario innovativo. La ricerca di nuovi strumenti finanziari, volti a servire meglio le esigenze del mercato deve continuare ad essere il motore dell'economia. Ridurre le leve finanziarie, moltiplicare le opportunità di protezione dai rischi, accontentandosi del giusto ritorno è un modo giusto di declinare: il ritorno al futuro. Due passi indietro dall'avventurismo, tre passi in avanti per un futuro di sviluppo sostenibile.

Bruxelles, 16 settembre 2010

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI