7.6.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 166/35


Parere del Comitato delle regioni sul tema «Quinta relazione sulla coesione»

2011/C 166/07

IL COMITATO DELLE REGIONI

si compiace del fatto che la futura politica di coesione potrà interessare tutte le regioni europee, indipendentemente dal loro livello di sviluppo, e appoggia la creazione di una nuova categoria intermedia di regioni, fondata sul principio della parità di trattamento tra le stesse;

auspica che per l'attuazione e la valutazione della politica di coesione si possano utilizzare indicatori complementari al PIL, per rispecchiare più fedelmente il livello di sviluppo di ciascuna regione;

ribadisce l'auspicio che il Fondo sociale europeo continui a far parte dei fondi strutturali nel quadro della politica di coesione e ritiene che la sua attuazione dovrà essere territorializzata;

auspica che l'obiettivo della cooperazione territoriale sia rafforzato, in particolare sul piano finanziario, e raccomanda che la ripartizione delle dotazioni per i diversi programmi avvenga a livello dell'UE e non più a livello nazionale;

appoggia il principio generale di un'articolazione tra la politica di coesione e gli obiettivi della strategia Europa 2020, ma ricorda che essa non deve essere esclusivamente al servizio di detta strategia, in considerazione dei suoi obiettivi propri sanciti dal Trattato;

auspica che l'obiettivo della coesione territoriale si traduca nell'individuazione di un asse territoriale prioritario all'interno del «menù» dell'UE, integrando le tematiche legate alla strategia Europa 2020;

sostiene l'elaborazione di un quadro strategico comune, e propone che i «contratti di partnership per lo sviluppo e gli investimenti» associno gli enti territoriali di ciascuno Stato membro, conformemente ai principi della governance multilivello;

si oppone alle disposizioni in materia di condizionalità macroeconomica cosiddetta «esterna» e alla proposta di istituire una «riserva di efficacia»; accetta la necessità di introdurre nuove forme di condizionalità finanziaria che sarebbero legate ai risultati, purché i criteri adottati siano generali, equi, proporzionali e fondati sul principio della parità di trattamento.

Relatore

:

Michel DELEBARRE (FR/PSE), sindaco di Dunkerque

Testo di riferimento

:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti - Conclusioni della Quinta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale: il futuro della politica di coesione

COM(2010) 642 definitivo

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

accoglie con favore la pubblicazione della Quinta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale, che costituisce una buona base di discussione sugli orientamenti riguardanti la politica di coesione dopo il 2013;

2.

riconosce l'importante analisi realizzata dalla Commissione europea in questa prima relazione sulla coesione pubblicata dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, in particolare per quanto riguarda il riconoscimento della coesione territoriale tra gli obiettivi chiave dell'Unione. Si rammarica tuttavia che la relazione si fondi essenzialmente su statistiche risalenti a prima della crisi finanziaria, economica e sociale che l'Unione europea deve affrontare dal 2008; esige quindi che il prossimo periodo di programmazione si basi su dati statistici posteriori alla crisi e invita il Consiglio e gli Stati membri a compiere ogni sforzo possibile, sul piano politico e amministrativo, per raggiungere questo obiettivo. Questa situazione rende inoltre ancor più necessaria l'utilizzazione di altri indicatori complementari e più aggiornati per diagnosticare lo stato reale dello sviluppo delle regioni. La crescita del PIL, infatti, non è di per sé sufficiente a rispecchiare l'impatto effettivo della crisi. Il Comitato delle regioni si è già pronunciato, a questo proposito, nel parere Misurare il progresso non solo con il PIL. In esso si propongono due indicatori onnicomprensivi disponibili sul breve periodo, ossia l'indice ambientale globale e l'indagine sociale armonizzata a livello regionale;

3.

si rallegra dei progressi della politica di coesione, che ha consentito di creare crescita e posti di lavoro, di accrescere il capitale umano, di agevolare la costruzione di infrastrutture essenziali per il territorio e di migliorare la protezione dell'ambiente; pone l'accento sul fatto che la politica di coesione viene altresì riconosciuta per il suo effetto leva sulla competitività e l'innovazione, in particolare grazie alla sua capacità di mobilitare il potenziale del settore privato;

4.

constata che, nonostante i progressi realizzati dalla politica di coesione in materia di riduzione delle disuguaglianze, permangono gravi squilibri tra regioni europee e in seno alle regioni stesse, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo delle infrastrutture, il reddito, la qualità dei servizi pubblici e la loro accessibilità. Tali squilibri sono accentuati in particolare dal diverso impatto che ha avuto la crisi economica e finanziaria e dalle sfide sempre più impegnative poste da fenomeni quali la globalizzazione, la disoccupazione (soprattutto quella giovanile), l'invecchiamento demografico, i cambiamenti climatici e la dipendenza energetica;

5.

insiste pertanto sulla necessità che la politica di coesione disponga di risorse commisurate agli obiettivi perseguiti, rafforzando le azioni a livello nazionale, regionale e locale, per consentire un reale riequilibrio economico, sociale e territoriale tra le regioni europee;

6.

ricorda che il valore aggiunto europeo della politica di coesione si fonda prima di tutto sul suo approccio:

solidale, attraverso il sostegno allo sviluppo equilibrato a livello dell'Unione,

strategico, attraverso l'identificazione di obiettivi chiave rispondenti alle esigenze dei territori e dei loro abitanti,

integrato sulla base di una sinergia tra le politiche settoriali in un determinato territorio,

trasversale alle diverse politiche aventi un impatto sul territorio,

territoriale, sulla base di una diagnosi territoriale che metta in risalto i punti forti e deboli di ciascuna regione,

pluriennale, attraverso la definizione di obiettivi a breve, medio e lungo termine,

di partenariato, che associ i livelli europeo, nazionale, regionale e locale, nonché gli attori socioeconomici del territorio, all'elaborazione e all'attuazione dei programmi operativi;

7.

ricorda che, grazie a questo approccio specifico, la politica di coesione permette, più di qualsiasi altra politica dell'UE, di rendere l'integrazione europea visibile al livello degli enti regionali e locali e dei cittadini, apportando risposte adattate e coordinate alle loro necessità.

Verso una nuova architettura della politica di coesione

Una politica di coesione per tutte le regioni, adeguata al loro livello di sviluppo

8.

si compiace del fatto che la Quinta relazione sulla coesione confermi che la futura politica di coesione potrà interessare tutte le regioni europee, indipendentemente dal loro livello di sviluppo. Sottolinea, a questo proposito, che i fondi strutturali dovranno essere concentrati prioritariamente nelle regioni europee meno sviluppate, apportando nel contempo un sostegno indispensabile alle altre regioni, al fine di incoraggiarle a intraprendere la strada della competitività, dell'occupazione, dell'inclusione sociale e dello sviluppo sostenibile, al fine di promuovere lo sviluppo armonioso dell'insieme dell'Unione;

9.

ritiene che si debba prendere in considerazione la creazione di una nuova categoria intermedia per le regioni con un PIL compreso tra il 75 % e il 90 % del PIL medio dell'UE. Tale sistema è inteso a limitare l'effetto soglia osservato al livello del 75 % del PIL medio europeo (attuale soglia di ammissibilità tra gli obiettivi di convergenza e di competitività), e a garantire parità di trattamento tra queste regioni. Si tratta di tenere conto al tempo stesso delle difficoltà delle regioni che, a partire dal 2013, usciranno per la prima volta dall'obiettivo convergenza, ma anche di quelle che, pur essendo state ammissibili ai finanziamenti dell'obiettivo competitività nell'attuale periodo di programmazione, sono ancora alle prese con difficoltà socioeconomiche strutturali che ostacolano l'attuazione degli obiettivi della strategia Europa 2020 e che soffrono di disparità regionali interne. La creazione di questa categoria non dovrà penalizzare le regioni che attualmente beneficiano dei finanziamenti dell'obiettivo convergenza o di quello competitività oppure che si trovino in una situazione di phasing in e phasing out;

10.

ribadisce il suo auspicio che vengano presi in considerazione indicatori complementari al PIL, in particolare per l'attuazione e la valutazione dei programmi, al fine di rispecchiare più fedelmente il livello di sviluppo e i problemi specifici di coesione sociale e territoriale di ciascuna regione (disuguaglianze infraregionali, variazioni dei redditi, tasso di disoccupazione, accessibilità ai servizi di interesse generale (SIG) e interoperabilità dei mezzi di trasporto, qualità dell'ambiente, benessere sociale, livello di istruzione, ecc.). La revisione intermedia del periodo di programmazione (5+5) deve rappresentare l'occasione per prendere in considerazione tali nuovi indicatori complementari al PIL. Chiede pertanto alla Commissione europea di elaborare un elenco di indicatori di sviluppo territoriali, sociali e ambientali applicabili a livello infraregionale, sulla base del lavoro svolto in quest'ambito da Eurostat, da ORATE (1) e dall'OCSE.

Il rafforzamento di un approccio integrato

11.

è favorevole a un approccio integrato in materia di politica di coesione al fine di favorire la complementarità dei fondi (Fondo di coesione, FESR, FSE, FEASR e FEP) e di facilitarne l'attuazione attraverso un approccio integrato; il Comitato raccomanda di definire chiaramente gli ambiti di intervento dei singoli fondi e le modalità di collegamento con le azioni realizzate a titolo di altri fondi UE - destinati ad esempio ai trasporti o all'ambiente - sia a livello strategico che operativo. Inoltre, è necessario definire orientamenti chiari a livello europeo e creare strutture di coordinamento a livello nazionale e infranazionale;

12.

chiede maggiori informazioni in merito alle modalità di attuazione del Fondo sociale europeo (FSE), è dell'avviso che quest'ultimo dovrebbe ormai entrare a far parte dei fondi strutturali nel quadro della politica di coesione e auspica una più stretta cooperazione tra il FSE e il FESR. A questo proposito, incoraggia il ricorso ai finanziamenti incrociati e la creazione di programmi operativi che attingono a più fondi (FESR e FSE);

13.

ritiene che, se il FSE deve contribuire al conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 e della strategia europea per l'occupazione, la sua attuazione dovrà essere territorializzata e rientrare pienamente nel quadro della politica di coesione, sulla base delle necessità individuate a livello territoriale (2). Si rallegra del fatto che le conclusioni della presidenza belga in seguito alla riunione informale (3) dei ministri responsabili della politica di coesione raccomandino di «rafforzare la dimensione regionale del FSE, e di conseguenza la sua visibilità» e la sua integrazione con le strategie socioeconomiche regionali;

14.

auspica che la visibilità dei progetti finanziati attraverso il FSE sia migliorata mediante un'attuazione maggiormente territorializzata, fondata sui bisogni locali più pratici e concreti, in modo da conferire ai progetti la massima efficacia possibile, integrando le attività già realizzate in materia di comunicazione e di sensibilizzazione e finanziate nell'ambito dell'assistenza tecnica ai livelli europeo, nazionale e regionale;

15.

raccomanda che la ripartizione tra FESR e FSE sia determinata da una percentuale definita a livello nazionale, per garantire dotazioni FSE adeguate alle sfide nel campo della coesione economica e sociale negli Stati membri e nelle regioni interessati. Il Comitato delle regioni propone che, all'interno dei margini così fissati, gli Stati membri provvedano alla ripartizione dei fondi strutturali (FESR e FSE) a livello nazionale, in collaborazione con gli enti regionali e locali;

16.

è dell'avviso che in futuro la flessibilità tra il FESR e il FSE debba essere incoraggiata e semplificata, più in particolare tramite il nuovo quadro strategico comune e soprattutto nell'ambito degli approcci allo sviluppo locale e nel quadro dei piani integrati delle città e degli enti locali (4). Invita inoltre la Commissione europea a prendere in considerazione, nelle future proposte legislative, la possibilità di introdurre un sistema analogo tra il FESR e il FSE, per garantire un approccio più integrato al livello dei territori rurali.

Una cooperazione territoriale rafforzata

17.

si compiace del riferimento alla cooperazione territoriale, che conserverebbe la sua attuale articolazione in tre parti, ma si rammarica del fatto che esso non sia più dettagliato. A tal proposito, auspica che questo obiettivo sia rafforzato attraverso:

un aumento della dotazione finanziaria a esso destinata,

regole specifiche più appropriate ai programmi di cooperazione territoriale, mediante un incremento dell'assistenza tecnica a livello locale, una semplificazione delle regole di audit e di controllo, una forfettizzazione dei costi indiretti applicabile e adeguata, la definizione di regole di ammissibilità delle spese UE, ecc.,

proposte volte a migliorare la governance di tali programmi;

18.

raccomanda che la ripartizione delle dotazioni finanziarie per i programmi di cooperazione territoriale avvenga a livello dell'UE e non più a livello nazionale. I beneficiari di questi programmi devono giustificare in modo più chiaro i risultati e il valore aggiunto generato attraverso i progetti di cooperazione territoriale nelle regioni grazie al trasferimento di buone pratiche e di know-how. Il Comitato intende privilegiare un approccio strategico e integrato al livello degli spazi di cooperazione, evitando qualsiasi considerazione nazionale in termini di ritorno finanziario;

19.

chiede alla Commissione di prevedere, nelle future proposte legislative, misure che consentano al FSE di intervenire nel quadro dei programmi di cooperazione territoriale al fine di finanziare azioni nel proprio ambito di intervento;

20.

sottolinea la necessità di una reale complementarità tra i tre obiettivi della politica di coesione. L'intervento UE ai livelli transfrontaliero, transnazionale e interregionale deve poter essere complementare all'azione portata avanti nell'ambito dei programmi regionali realizzati nel quadro degli obiettivi «convergenza» e «competitività regionale e occupazione». Potrebbe essere incoraggiata l'individuazione di assi o misure dedicati alla cooperazione territoriale nei programmi regionali, in particolare per consentire il finanziamento di progetti strutturanti a livello transfrontaliero o transnazionale. Parallelamente, si dovrebbe puntare a un migliore coordinamento tra le tre componenti dell'obiettivo «cooperazione territoriale»;

21.

sottolinea l'esigenza di articolare meglio i programmi di cooperazione territoriale con strategie territoriali elaborate sulla base di una volontà comune degli attori presenti sul territorio (5). Ritiene, a questo proposito, che i programmi transnazionali possano contribuire a sostenere le strategie macroregionali e le strategie marittime integrate attualmente emergenti. Analogamente, i programmi transfrontalieri potranno apportare il loro sostegno alle strategie euroregionali ed eurometropolitane attualmente in fase di attuazione. Il Comitato chiede pertanto di rivedere sensibilmente al rialzo il criterio dei 150 km di distanza utilizzato nella classificazione delle isole come regioni di frontiera;

22.

invita la Commissione europea ad agevolare la creazione di nuovi partenariati territoriali semplificando e migliorando le modalità di gestione dei programmi di cooperazione interregionale. Una migliore cooperazione interregionale non soltanto garantisce l'adozione di un approccio coordinato per affrontare i problemi comuni, ma riconosce anche che le soluzioni innovative non sono delimitate dai confini territoriali esistenti;

23.

ricorda che il gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT)  (6) rimane uno strumento prezioso per facilitare la cooperazione, in particolare quella transfrontaliera. Ritiene che nella futura programmazione il regolamento sui GECT dovrà essere semplificato e adeguato sulla scorta delle esperienze acquisite nel periodo in corso. Dette semplificazioni potranno riguardare, in particolare, le regole che disciplinano il personale e il regime fiscale dei GECT, nonché la riduzione dei tempi richiesti per le attuali procedure. Incoraggia peraltro la concessione più sistematica di sovvenzioni globali ai GECT, al fine di renderli direttamente responsabili della gestione dei fondi strutturali;

24.

chiede alla Commissione europea di migliorare l'attuale livello di cooperazione alle frontiere esterne. Occorre in particolare semplificare le procedure e rafforzare le sinergie tra gli interventi del FESR, da un lato, e quelli dello Strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI) e del Fondo europeo di sviluppo (FES), dall'altro;

25.

mette in rilievo l'importanza fondamentale della cooperazione territoriale per le regioni ultraperiferiche, la cui posizione geografica alle frontiere esterne più remote dell'UE fa della questione una vera e propria necessità. Chiede di attuare il Piano d'azione Grande vicinato per conseguire un migliore inserimento di queste regioni nei rispettivi contesti geografici.

Priorità strategiche adeguate alle specificità regionali

Verso una maggiore flessibilità nell'articolazione con la strategia Europa 2020

26.

sottolinea che, accanto alle altre azioni finanziate dall'Unione europea, la politica di coesione può e deve continuare a svolgere un ruolo decisivo, sia per consentire la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva prevista dalla strategia Europa 2020, sia per sostenere uno sviluppo armonioso dell'Unione attraverso l'espansione del potenziale endogeno di tutte le regioni e la riduzione degli squilibri tra i territori europei, come stabilito all'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

27.

appoggia il principio generale di un'articolazione tra la politica di coesione e gli obiettivi della strategia Europa 2020 e le iniziative faro di quest'ultima, al fine di registrare dei passi in avanti in direzione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Ritiene tuttavia che nel corso del periodo 2007-2013 siano già stati realizzati importanti progressi in quest'ambito, che vanno valutati prima di dare il via a una maggiore concentrazione delle risorse;

28.

ricorda a questo proposito che la politica di coesione non deve essere esclusivamente al servizio della strategia Europa 2020 e dei programmi nazionali di riforma, in considerazione dei suoi obiettivi propri sanciti dal Trattato, ossia la riduzione delle disparità economiche, sociali e territoriali tra le regioni dell'Unione europea. La politica di coesione deve quindi partire dalla situazione, dalle esigenze e dal potenziale di sviluppo dei vari territori;

29.

sostiene il principio generale di un «menù» UE, che elencherebbe ampie priorità tematiche e si sostituirebbe alla logica attuale di destinazione specifica (earmarking) dei fondi strutturali a categorie di spesa definite in modo restrittivo. Si oppone, tuttavia, a un'eccessiva limitazione del numero di queste priorità da scegliere al livello dei nuovi contratti nazionali di partnership per lo sviluppo e gli investimenti e dei programmi operativi, per lasciare agli enti regionali e locali un sufficiente margine di manovra nell'applicazione a livello territoriale degli obiettivi della strategia Europa 2020;

30.

ritiene inopportuno che la Commissione europea renda obbligatorie alcune di queste priorità, che dovranno invece essere definite a livello regionale, sulla base di un'analisi che metta in risalto i punti di forza e di debolezza del territorio. Analogamente, non considera opportuno imporre una concentrazione di tutti i fondi strutturali sulle sole priorità tematiche che le regioni dovranno scegliere dal «menù» UE. Questa disposizione sarebbe contraria al principio stesso dell'approccio integrato, il quale presuppone che una strategia di sviluppo si fondi su un investimento in diversi settori;

31.

chiede pertanto alla Commissione europea che l'elenco delle priorità tematiche eventualmente introdotto dalla futura regolamentazione in materia di politica di coesione non sia troppo restrittivo, non solo per tenere conto della diversità territoriale, economica e sociale di ciascuna regione, ma anche per andare al di là degli obiettivi della strategia Europa 2020 negli ambiti della coesione sociale e territoriale.

Verso una reale considerazione dell'obiettivo della coesione territoriale

32.

approva il principio di una maggiore flessibilità nell'organizzazione dei programmi operativi, al fine di poter intervenire a diversi livelli territoriali (infraregionale, regionale, pluriregionale e macroregionale), in funzione delle caratteristiche specifiche dei territori o degli spazi funzionali quali bacini fluviali, zone di montagna, arcipelaghi, ecc. Tali interventi dovranno tuttavia essere basati su una volontà comune degli attori del territorio, e in particolare degli enti regionali e locali, di associarsi per realizzare un vero progetto territoriale, senza per questo rimettere in discussione l'importanza del livello regionale;

33.

auspica che l'obiettivo della coesione territoriale si traduca in una nuova struttura della politica di coesione, tramite l'individuazione di un asse territoriale prioritario all'interno del «menù» dell'UE, integrando le tematiche legate alla strategia Europa 2020, affinché la coesione territoriale possa assicurare un assetto del territorio equilibrato volto a promuovere l'interdipendenza tra le regioni e la coerenza generale delle politiche. Appoggia inoltre la proposta della Commissione europea di tenere in debito conto le regioni caratterizzate da specificità territoriali  (7);

34.

sottolinea che le regioni ultraperiferiche (RUP) dovrebbero continuare ad essere oggetto di un'attenzione particolare in considerazione dello status specifico a esse attribuito dall'articolo 349 del TFUE. Ricorda la necessità di prevedere disposizioni finanziarie per queste regioni, volte a compensare gli handicap rappresentati da fattori quali la grande distanza, l'insularità, una superficie ridotta, una topografia e un clima difficili, nonché la dipendenza economica da pochi prodotti. Detta compensazione appare indispensabile per agevolare l'accesso delle RUP al mercato interno a condizioni di parità con le altre regioni europee;

35.

approva una maggiore considerazione della dimensione urbana nell'ambito della politica di coesione, attraverso un più ampio coinvolgimento delle città e degli agglomerati urbani lungo l'intero processo di elaborazione della politica di coesione, dai programmi nazionali di riforma ai contratti di partnership per lo sviluppo e gli investimenti e fino ai programmi operativi. A questo proposito, auspica che la dimensione urbana trovi adeguata considerazione nei programmi operativi, e ribadisce il suo pieno sostegno ad un approccio di sviluppo urbano integrato. Ricorda infatti che le zone urbane sono caratterizzate molto spesso da importanti disparità economiche, sociali e territoriali, alle quali vanno date risposte adeguate. Questo approccio di sviluppo urbano integrato dovrà fondarsi sui lavori realizzati nel quadro della Carta di Lipsia e volti a sottoporre a prova il nuovo sistema di riferimento comune per la città europea sostenibile. Le città vanno considerate anche come poli di crescita e sviluppo per l'insieme della loro regione;

36.

sostiene la proposta della Commissione europea volta a conferire ai rappresentanti regionali e/o locali un ruolo più incisivo nell'elaborazione e nell'attuazione delle strategie di sviluppo urbano nel quadro dei programmi operativi. La partecipazione e la responsabilizzazione degli enti regionali e locali dipenderanno necessariamente da un'attribuzione più sistematica di sovvenzioni globali destinate alle città, agli agglomerati e alle regioni interessati. Il Comitato delle regioni è favorevole al mantenimento della dimensione urbana nel quadro della politica europea di coesione. Le città possono costituire importanti motori di crescita e di innovazione. Inoltre, l'intensificarsi dei rapporti zone urbane-zone rurali può favorire in modo particolare la coesione economica, sociale e territoriale dell'UE e contribuire nel contempo all'attuazione della strategia Europa 2020. Per assolvere tale funzione, anche in futuro sarà necessario adottare misure per la stabilizzazione sociale ed economica e lo sviluppo sostenibile delle città e delle zone urbane sfavorite. Tali misure dovrebbero essere previste e attuate nel quadro dei programmi operativi regionali;

37.

si rammarica dell'assenza di un riferimento alla dimensione rurale, quando, secondo le definizioni in vigore, i territori rurali e periurbani costituiscono oltre l'80 % del territorio dell'Unione europea. Chiede alla Commissione europea di dedicare un'attenzione particolare al legame tra i diversi tipi di comuni, ossia le zone urbane (città piccole e grandi) e le zone rurali, che costituisce un elemento essenziale di una politica integrata di sviluppo regionale. Auspica peraltro che la dimensione rurale rientri a pieno titolo nel quadro della futura politica di coesione e che sia possibile trovare una migliore articolazione e una maggiore sinergia tra gli interventi del FESR, del FSE e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), sia tramite il quadro strategico comune che a livello di programmi operativi. Propone inoltre di trasformare l'attuale programma Urbact in un programma denominato Rurbact (8), che consentirebbe di promuovere lo scambio di buone pratiche e la costituzione di reti riguardanti problematiche urbane e rurali, e l'articolazione da stabilire tra le due dimensioni;

38.

incoraggia pertanto a identificare in seno ai programmi operativi un asse territoriale che permetta di finanziare progetti che rientrino nelle iniziative territoriali infraregionali. Il nuovo approccio allo sviluppo locale deve diventare il quadro strategico olistico per lo sviluppo subregionale di tutte le zone interessate, non importa se urbane, rurali o urbano-rurali, e deve essere integrato nei programmi regionali;

39.

deplora il fatto che la Quinta relazione sulla coesione non metta sufficientemente in risalto una tendenza all'aggravamento di talune disparità infraregionali. Dette disparità sono caratterizzate da fenomeni quali la segregazione spaziale, che dà luogo a talune forme di ghettizzazione, e il costante declino di alcune zone isolate. La rappresentazione chiara di queste disparità infraregionali, con l'aiuto di opportuni dati statistici, e l'adozione di misure volte a ridurle, consentirebbero di tenere meglio conto dell'obiettivo della coesione territoriale al livello locale, purché la gestione avvenga al livello regionale;

40.

sostiene la necessità di dedicare maggiore attenzione alle iniziative di sviluppo locale, che andranno incoraggiate attraverso un più sistematico cofinanziamento europeo. Eventualmente, parte di un programma operativo dovrebbe essere destinata a iniziative di sviluppo locale (ad es. partenariati, ecc.). Può trattarsi di inviti a presentare progetti regionali o pluriregionali (9) volti a incoraggiare un insieme di soggetti pubblici (rappresentanti eletti degli enti locali o rappresentanti di istituzioni pubbliche, ecc.) e privati (imprese, camere di commercio, imprese sociali, cooperative, associazioni, ecc.) a elaborare e attuare una strategia di sviluppo locale fondata su un approccio integrato (10). Le iniziative di sviluppo locale possono contribuire in modo rilevante allo sviluppo istituzionale a livello degli enti locali, i quali vanno sostenuti finanziariamente anche attraverso programmi di assistenza tecnica;

41.

ritiene che l'obiettivo della coesione territoriale si applichi a tutte le politiche dell'UE e che a tal fine sia necessario, da un lato, trovare una maggiore coerenza tra le politiche settoriali e la politica di coesione, e, dall'altro, tenere in debito conto, al momento della loro elaborazione, l'impatto territoriale di tutte le politiche dell'UE. In questo contesto, deplora il fatto che la Commissione europea non abbia ancora dato seguito alla sua richiesta di presentare un Libro bianco sulla coesione territoriale (11);

42.

si rammarica dell'assenza di un riferimento ai servizi di interesse generale nella Quinta relazione sulla coesione, quando il legame intrinseco tra i compiti propri dei SIG e la coesione territoriale è esplicitamente riconosciuto all'articolo 14 del TFUE e nel protocollo 26 allegato al Trattato di Lisbona. Reitera pertanto la sua richiesta di sottoporre a valutazioni ex ante ed ex post l'impatto territoriale delle politiche dell'UE sui SIG.

Attuazione della politica di coesione

Approccio strategico

43.

sostiene l'elaborazione di un quadro strategico comune, che includerebbe il Fondo di coesione, il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e il Fondo europeo per la pesca, auspicando però che esso sia definito congiuntamente dal Consiglio e dal Parlamento europeo, in partenariato con il Comitato delle regioni. Detto quadro strategico comune dovrà provvedere a definire con precisione i rispettivi ambiti di intervento e, quindi, il ruolo e i collegamenti tra questi fondi europei nelle regioni dell'Unione, nonché quelli con gli altri fondi UE aventi una chiara dimensione territoriale e una stretta relazione con i fondi strutturali, come i meccanismi per il finanziamento delle reti transeuropee oppure, fra gli altri, i futuri eventuali fondi per l'ambiente e per l'adattamento ai cambiamenti climatici;

44.

ritiene che le strategie macroregionali esistenti possano fungere da «quadri di riferimento strategico su scala macroregionale». Le strategie regionali definite nel quadro dei programmi operativi (basati sui tre obiettivi della politica di coesione) potranno ispirarsi agli assi prioritari delle suddette strategie macroregionali;

45.

chiede alla Commissione europea maggiori informazioni sul contenuto e sulle modalità relative ai «contratti di partnership per lo sviluppo e gli investimenti» che saranno negoziati tra la Commissione e gli Stati membri. Insiste sull'esigenza di mettere in pratica i principi di partenariato e della governance multilivello e propone quindi che gli enti regionali e locali, che sono direttamente implicati nei programmi operativi previsti da detti contratti, debbano partecipare a pieno titolo all'elaborazione, alla negoziazione e all'attuazione dei contratti stessi. Tali enti, infatti, devono prendere parte, nell'ambito delle decisioni adottate nel quadro del contratto nazionale, alla scelta delle priorità tematiche e alla definizione degli impegni finanziari da applicare ai programmi operativi cui partecipano;

46.

propone che tanto i «contratti di partnership per lo sviluppo e gli investimenti», quanto i «patti territoriali» per l'attuazione della strategia Europa 2020 introducano, per ciascuno Stato membro, un sistema di governance multilivello che associ i diversi livelli territoriali (europeo, nazionale, regionale e locale) nel quadro di un partenariato rafforzato con gli enti regionali e locali. Chiede che gli enti regionali e locali (in quanto cofinanziatori e/o cogestori di servizi pubblici) siano firmatari di tali patti territoriali (12), e partecipino pienamente alla loro elaborazione, negoziazione, attuazione e monitoraggio. Esattamente come il quadro strategico comune, i patti territoriali dovranno comprendere il Fondo di coesione, il FESR, il FSE, il FEASR e il FEP e garantire la coerenza con i programmi nazionali di riforma, agevolandone l'attuazione sul territorio;

47.

si rallegra del fatto che, analogamente a quanto avviene nel periodo in corso, si preveda la realizzazione di programmi operativi come strumento principale di attuazione della politica di coesione. Ricorda, a questo proposito, che la Commissione europea dovrà garantire la piena partecipazione degli enti regionali e locali all'elaborazione, alla negoziazione e all'attuazione di detti programmi;

48.

appoggia il ricorso alla stesura di relazioni annuali di esecuzione, che consentiranno di rendere conto del raggiungimento degli obiettivi lungo l'intero periodo di programmazione, come del resto avviene oggi. Non considera utile, invece, l'introduzione di un nuovo requisito di valutazione in corso di esecuzione dei programmi, dopo che l'erogazione di un determinato importo a titolo dei fondi è stata certificata alla Commissione;

49.

appoggia la proposta della Commissione europea volta a organizzare dibattiti politici periodici nelle diverse sedi competenti delle istituzioni europee. A questo proposito rimane a disposizione della Commissione per l'organizzazione di dibattiti con i propri membri in occasione delle sessioni plenarie o delle riunioni della commissione COTER;

50.

concorda con la Commissione europea sulla necessità che i ministri responsabili per la Politica di coesione si riuniscano periodicamente nell'ambito di una formazione ufficiale del Consiglio  (13) al fine di aggiornarsi sullo stato di avanzamento della programmazione e di valutare i progressi realizzati rispetto agli obiettivi stabiliti.

Partenariati e governance

51.

ritiene che il successo della strategia Europa 2020 dipenderà da un'attuazione capace di associare i diversi soggetti interessati a livello europeo, nazionale, regionale e locale attraverso un sistema di governance multilivello. Ricorda, a questo proposito, la necessità di introdurre patti territoriali che coinvolgano più direttamente gli enti regionali e locali;

52.

ricorda l'importanza di criteri più rigorosi e più precisi per l'applicazione del principio di partenariato con gli enti regionali e locali nell'elaborazione, nella negoziazione e nell'attuazione degli obiettivi strategici sia europei che nazionali, nonché dei programmi operativi. Si compiace del fatto che le valutazioni svolte dalla Commissione mettano in risalto come il coinvolgimento degli enti regionali e locali, e dei soggetti socioeconomici del territorio, costituisca un fattore decisivo per il successo della politica di coesione.

Rendimento, condizionalità, incentivi e sanzioni

53.

incoraggia vivamente gli enti regionali e locali a garantire il massimo rendimento della loro capacità amministrativa e istituzionale nonché a sviluppare le risorse finanziarie e umane necessarie per gestire la complessità dei progetti finanziati dall'UE, principalmente in termini di oneri amministrativi e burocratici; sottolinea l'esigenza di assicurare livelli appropriati di finanziamento per consentire agli enti regionali e locali di partecipare in modo adeguato ai principali progetti finanziati tramite i fondi strutturali;

54.

si oppone fermamente alle disposizioni in materia di condizionalità macroeconomica cosiddetta «esterna», ossia alla non erogazione di fondi strutturali disponibili per regioni e città a causa di errori e carenze dei rispettivi governi nazionali o al mancato rispetto del Patto di stabilità e di crescita da parte di tali governi. L'applicazione di sanzioni o di incentivi finanziari legati al Patto di stabilità e di crescita, destinati a garantire il rispetto delle condizioni macroeconomiche, rischia di penalizzare essenzialmente gli enti regionali e locali, che invece non sono responsabili del mancato rispetto degli obblighi che incombono agli Stati membri in questa materia (14);

55.

sostiene la creazione di una condizionalità (interna) intesa a migliorare l'efficacia della politica di coesione. Questo tipo di condizionalità dovrebbe essere strettamente connessa alle priorità tematiche della politica di coesione, senza cercare di instaurare dei collegamenti con riforme strutturali più ampie in qualche misura collegate al funzionamento di tale politica. Essa dovrebbe essere incentrata sulle condizioni strutturali e istituzionali necessarie a garantire che i fondi di coesione vengano utilizzati nel modo migliore. Dovrebbe essere semplice, attuabile, proporzionale e verificata ex ante;

56.

appoggia il mantenimento del cofinanziamento europeo, che garantisce la partecipazione e la responsabilizzazione dei soggetti locali. Analogamente a quanto avviene nel periodo in corso, i tassi di cofinanziamento europeo dovranno essere differenziati per obiettivo in funzione del livello di sviluppo di ciascuna regione. È invece contrario a qualsiasi riduzione dei tassi di cofinanziamento, che non devono fungere da variabili di aggiustamento in caso di restrizioni di bilancio in seguito all'accordo interistituzionale sulle prossime prospettive finanziarie. Nutre peraltro qualche perplessità sulle modulazioni dei tassi di cofinanziamento proposte dalla Commissione in funzione del valore aggiunto europeo, dei tipi di azione e dei beneficiari. Tali modulazioni rischiano di dare luogo a complessità suscettibili di generare irregolarità e di complicare ulteriormente i compiti delle autorità di gestione. Ricorda infine che i tassi di cofinanziamento applicabili per asse devono essere stabiliti nell'ambito di ciascun programma operativo, al fine di essere adeguati agli obiettivi prioritari selezionati;

57.

si oppone alla proposta di istituire una «riserva di efficacia» basata sugli obiettivi della strategia Europa 2020, riserva per la quale appare difficile definire criteri di attribuzione oggettivi. Detta «riserva di efficacia» rischia di beneficiare le regioni con i risultati migliori senza prendere in considerazione gli sforzi fatti da talune regioni che non dispongono necessariamente di condizioni favorevoli da un punto di vista territoriale, economico o sociale e senza tenere conto della natura di alcune soluzioni, in particolare di quelle integrate complesse, che richiedono una preparazione a lungo termine. La «riserva di efficacia» potrebbe spingere gli Stati membri a definire obiettivi poco ambiziosi. Ritiene peraltro che la creazione di una tale riserva, che avvenga a livello europeo o nazionale, non costituisca la garanzia di una maggiore efficacia degli investimenti. Sarebbe invece disposto a sostenere la creazione di una riserva di flessibilità basata non su criteri di efficacia ma piuttosto sugli stanziamenti disimpegnati automaticamente nel corso del periodo di programmazione, e che punterebbe:

a finanziare iniziative sperimentali in materia di crescita intelligente, sostenibile o inclusiva, oppure

a far intervenire i fondi strutturali in una situazione di crisi economica, sociale o ambientale, congiuntamente al Fondo di adeguamento alla globalizzazione e al Fondo di solidarietà dell'Unione europea;

58.

riconosce la necessità di introdurre nuove forme di condizionalità finanziaria (cosiddette «interne»), che sarebbero legate ai risultati, pur considerando indispensabile, per garantire un'attuazione coerente del sistema di condizionalità strutturale, definire dei criteri generali, equi, proporzionali e fondati sul principio della parità di trattamento, in base ai quali si possa stabilire chiaramente se una determinata condizione sia soddisfatta. Gli obiettivi quantitativi devono servire agli orientamenti strategici della programmazione senza generare costi aggiuntivi sproporzionati. Definiti attraverso un numero limitato di indicatori di attuazione e di risultato, essi consentono di misurare i progressi compiuti rispetto alla situazione di partenza e il conseguimento degli obiettivi prescelti per attuare gli assi prioritari. Non devono quindi essere oggetto di sanzioni se i risultati previsti non vengono pienamente raggiunti. Come hanno ricordato i ministri responsabili per la Politica di coesione, riuniti a Liegi il 22 e 23 novembre 2010, attualmente sono già in vigore importanti condizionalità, che hanno dato prova della loro efficacia. Si tratta, in particolare, della regola del disimpegno automatico, delle regole che disciplinano la chiusura, dell'approvazione dei sistemi di controllo e di audit, dei principi di addizionalità e di cofinanziamento, ecc. Dette condizionalità interne potranno quindi essere mantenute e migliorate;

59.

ricorda che le contropartite apportate dagli enti regionali e locali nel rispetto del principio di cofinanziamento danno al Comitato delle regioni il pieno diritto di partecipare - a fianco degli Stati membri e del Parlamento europeo - al dialogo costruttivo auspicato dalla Commissione europea al fine di approfondire le diverse modalità di condizionalità previste dalla Quinta relazione sulla coesione, nel quadro di una task force sulla condizionalità.

Valutazione e risultati previsti

60.

appoggia la proposta della Commissione europea di orientarsi maggiormente sui risultati, attraverso obiettivi e indicatori di risultato chiari e misurabili, stabiliti a monte in funzione degli obiettivi specifici di ciascuna regione, ma segnala il rischio che la Commissione valuti i risultati unicamente in funzione dei progressi compiuti nell'attuazione degli obiettivi della strategia Europa 2020. A questo proposito, ricorda che il periodo di programmazione 2007-2013 ha già costituito un passo avanti in materia attraverso l'introduzione di valutazioni ex ante, in itinere ed ex post, delle quali si dovrà fare un bilancio prima di impegnarsi ulteriormente in questa direzione;

61.

auspica il ricorso a un numero limitato di indicatori comuni, collegati agli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale e a quelli della strategia Europa 2020, per consentire alla Commissione europea di svolgere una valutazione globale e continua sull'intero periodo di programmazione. La maggior parte degli indicatori dovrà tuttavia essere stabilita a livello regionale, in funzione delle specificità territoriali di ciascuna regione e degli assi prioritari prescelti, e dovrà rispecchiare la necessità di una soluzione proposta per lo sviluppo del territorio.

Strumenti di ingegneria finanziaria

62.

sostiene il ricorso agli strumenti di ingegneria finanziaria per incrementare l'effetto leva dei fondi UE. Deplora tuttavia il fatto che la Commissione applichi delle restrizioni tematiche nello stabilire il diritto a beneficiare degli aiuti, e ritiene indispensabile lasciar decidere agli Stati membri a quale livello (nazionale, regionale) gli strumenti finanziari siano applicati in maniera più efficace. L'utilizzazione di detti strumenti dovrà tuttavia essere semplificata ed esplicitata, al fine di:

facilitare la partecipazione della Banca europea per gli investimenti (BEI) e di altre istituzioni bancarie pertinenti ai livelli nazionale, regionale o locale,

incoraggiare gli enti territoriali a mobilitare maggiormente tali strumenti e a garantirne l'attuazione,

soddisfare le esigenze di tutte le regioni, grandi e piccole, dato che gli strumenti esistenti sono concepiti soltanto per azioni su grande scala;

63.

nutre qualche perplessità sulla proposta della Commissione europea volta a incanalare il sostegno finanziario alle imprese principalmente attraverso gli strumenti di ingegneria finanziaria, riservando le sovvenzioni al cofinanziamento di programmi di aiuto mirati sull'innovazione, sulla protezione dell'ambiente, ecc. L'aiuto alle imprese nel quadro della politica di coesione non può avvenire esclusivamente per mezzo dell'ingegneria finanziaria, che non fa venir meno la necessità di sovvenzioni, dal momento che non tutte le attività possono essere finanziate con prestiti. La crisi ha dimostrato che in tempi di recessione gli strumenti fondati sul mercato non sono operativi. Del resto, non tutti gli enti sono in grado di gestire progetti finanziati da prestiti. Spetta agli enti regionali e locali determinare il tipo di aiuto più adeguato, in funzione del tessuto economico e imprenditoriale di ciascuna regione e in collegamento con la politica della concorrenza e con gli aiuti a finalità regionale.

Semplificazione

64.

si oppone a qualsiasi modifica sostanziale dell'attuale sistema di gestione dei fondi strutturali proposta dalla Commissione europea nel quadro della rifusione del regolamento finanziario. Invita pertanto la Commissione a mantenere l'attuale sistema, che comincia a dare i suoi frutti sul piano della diminuzione dei tassi di errore e irregolarità; si tratterà quindi di apportare i necessari miglioramenti e semplificazioni;

65.

sottolinea che l'efficacia e il miglioramento dei risultati della politica di coesione presuppongono che si trovi un equilibrio tra la semplicità e l'efficacia delle procedure e della gestione finanziaria al fine di accrescere l'applicabilità e la trasparenza della politica di coesione. Il riconoscimento delle piene competenze delle regioni nella gestione e nel controllo dei programmi operativi regionali farebbe parte di questi elementi di equilibrio. Il Comitato delle regioni dovrebbe inoltre poter proporre delle soluzioni al fine di semplificare maggiormente le regole di attuazione dei fondi da parte delle autorità di gestione e quelle per l'ottenimento dei finanziamenti da parte dei beneficiari. Invita inoltre la Commissione ad approfondire la riflessione sulla semplificazione, in particolare al fine di poter ridurre i tempi per il rimborso dei beneficiari;

66.

incoraggia la Commissione europea a ricorrere a metodi semplificati di rimborso dei beneficiari attraverso una forfettizzazione dei costi sia per il FESR che per il FSE. Esorta gli Stati membri a sostenere gli enti regionali e locali per consentire un'attuazione rapida di queste disposizioni, che contribuiranno peraltro a concentrare maggiormente la programmazione sui risultati attesi;

67.

sarebbe favorevole a una revisione delle procedure relative ai programmi di cooperazione territoriale intesa a stabilire regole comuni a tutti i programmi, in modo tale che ai partner possano applicarsi procedure di audit accettate a livello nazionale, eliminando così la necessità per i partner capofila di dover verificare audit provenienti dagli altri Stati membri;

68.

mette in guardia la Commissione europea riguardo alla sua proposta di introduzione di dichiarazioni di affidabilità contrattate tra le autorità di gestione e la Corte dei conti. Tale proposta non deve comportare ulteriori oneri per gli enti regionali e locali per quanto riguarda le regole di controllo e di audit, né una deresponsabilizzazione della Commissione europea nel suo ruolo di interpretazione e di sostegno in quest'ambito;

69.

sottolinea la necessità che le attività di controllo finanziario e di audit siano chiaramente basate sul rispetto del quadro regolamentare e risultino proporzionate; si oppone al processo di «regolamentazione strisciante» che «incoraggia» le autorità di gestione a intraprendere certi programmi di valutazione quando ciò non rientra tra gli obblighi previsti e in cui gli elenchi di controllo standard usati dalle unità di audit e forniti dal comitato di coordinamento dei fondi (CCOF) contengono elementi che non sono contemplati nei regolamenti UE né corrispondono ad un obbligo stabilito dalla normativa nazionale;

70.

si compiace della proposta della Commissione europea volta a escludere il primo anno di programmazione dalla regola del disimpegno automatico, e auspica che le spese di questo primo anno debbano essere giustificate solo al termine del programma operativo. Tale disposizione consentirà di porre rimedio ai ritardi accumulati nella fase iniziale del periodo stesso. La Commissione e gli Stati membri dovranno tuttavia assicurarsi che l'adozione dei programmi operativi sia effettiva nella fase più precoce possibile, al fine di ridurre i rischi di ritardo all'inizio del periodo di programmazione;

71.

deplora che la Commissione europea non proponga alcuna semplificazione riguardante i progetti generatori di entrate, per i quali la complessità del metodo di calcolo appare controproducente e scoraggia i potenziali promotori di progetti. Incoraggia inoltre la Commissione a semplificare e accelerare il sistema di approvazione dei grandi progetti;

72.

appoggia l'armonizzazione delle regole in materia di ammissibilità delle spese tra gli ambiti d'azione, gli strumenti e i mezzi, tramite disposizioni dettagliate contenute nel quadro strategico comune e misure giuridiche di attuazione direttamente derivanti da tale quadro, al fine di semplificare le procedure di attuazione e di ridurre al minimo i rischi di irregolarità. Sarà tuttavia opportuno assicurarsi che gli enti regionali e locali partecipino pienamente alla definizione delle suddette regole al fianco degli Stati membri, per garantire un'interpretazione comune corretta e una applicazione adeguata delle norme UE a livello nazionale e regionale.

Bruxelles, 1o aprile 2011

La presidente del Comitato delle regioni

Mercedes BRESSO


(1)  Osservatorio in rete dell'assetto del territorio europeo (ORATE/ESPON).

(2)  Cfr. il parere Il futuro del Fondo sociale europeo dopo il 2013 - CdR 370/2010 (relatrice: Catiuscia MARINI, IT/PSE).

(3)  Riunione ministeriale informale svoltasi a Liegi il 22 e 23 novembre 2010.

(4)  Cfr. l'articolo 8 del regolamento (CE) n. 1080/2006 sullo sviluppo urbano sostenibile.

(5)  Cfr. il parere d'iniziativa del CdR Una strategia per l'area del Mare del Nord e della Manica - CdR 99/2010 fin (relatore: Hermann KUHN, DE/PSE).

(6)  Cfr. il parere d'iniziativa Nuove prospettive per la revisione del regolamento GECT - CdR 100/2010 fin (relatore: Alberto NÚÑEZ FEIJÓO, ES/PPE).

(7)  Cfr. l'articolo 174 del TFUE: un'attenzione particolare sarà rivolta «alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna».

(8)  Il programma Rurbact si fonderebbe su un'evoluzione e un rafforzamento del programma Urbact sulla scorta dell'esperienza della rete Ruract al fine di dedicare maggiore attenzione al legame tra le dimensioni urbana e rurale.

(9)  Cfr. per esempio come si è tenuto conto della coesione territoriale nell'approccio integrato della programmazione dei fondi strutturali in Italia nel periodo 2000-2006. Questi progetti territoriali integrati riguardano 7 regioni NUTS 2 con un'attuazione a livello infraregionale.

(10)  Cfr. l'esempio dei Gruppi di azione locale nel quadro del programma Leader+.

(11)  Cfr. il parere del Comitato delle regioni Libro verde sulla coesione territoriale (relatore: Jean-Yves LE DRIAN, FR/PSE), CdR 274/2008 fin.

(12)  Gli enti regionali e locali firmatari vanno individuati al livello di ciascuno Stato membro in funzione della ripartizione delle competenze infranazionali.

(13)  Potrà trattarsi di una formazione specifica per la politica di coesione, oppure di sessioni del Consiglio Affari generali a essa dedicate e cui partecipino i ministri competenti.

(14)  Cfr. il parere del CdR Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche, del 1o dicembre 2010, relatore Konstantinos TATSIS (EL/PPE) CdR 224/2010 fin, e la risoluzione del CdR sulle priorità per il 2011 adottata il 2 dicembre 2010, CdR 361/2010 fin (in particolare il punto 10).