[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE | Bruxelles, 22.2.2008 COM(2008) 109 definitivo COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO sulle misure di modifica del sistema IVA per combattere la frode {SEC(2008) 249} INDICE 1. Contesto 3 2. Scopo della presente comunicazione 4 3. La tassazione delle operazioni intracomunitarie nello Stato membro di partenza 4 3.1. Risultati dell’analisi della Commissione 5 3.2. Conclusioni sulla tassazione delle operazioni intracomunitarie 7 4. L’inversione contabile 7 4.1. Risultati dell’analisi della Commissione 7 4.2. Coerenza con il vigente sistema IVA 9 4.3. Conclusioni sull’inversione contabile 10 5. Possibilità di realizzare un progetto pilota di durata limitata in uno Stato membro interessato 10 5.1. Risultati dell’analisi della Commissione 10 5.2. Conclusioni sul progetto pilota 12 COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO sulle misure di modifica del sistema IVA per combattere la frode 1. CONTESTO Il Consiglio ECOFIN del 5 giugno 2007 ha chiesto alla Commissione di esaminare due misure “di più ampia portata” per combattere la frode dell’IVA: - l’assoggettamento delle operazioni intracomunitarie a imposizione, e - la possibilità di ricorrere, su base facoltativa, ad un meccanismo di inversione contabile generale (procedura di inversione contabile generale). Inoltre, il Consiglio ha chiesto espressamente alla Commissione di analizzare la possibilità di realizzare in uno Stato membro interessato un progetto pilota sulla procedura di inversione contabile di durata limitata. Nella riunione del 4 dicembre 2007 il Consiglio ha invitato la Commissione a presentare le sue conclusioni sui lavori relativi alle predette misure di più ampia portata affinché possano essere esaminate nel primo trimestre 2008. La presente comunicazione viene trasmessa dalla Commissione in risposta a detta richiesta del Consiglio. Per quanto riguarda l’assoggettamento delle operazioni intracomunitarie a imposizione, il Consiglio ha chiesto alla Commissione di analizzare in un primo tempo la possibilità di tassare dette operazioni nello Stato membro di partenza, concentrando l’esame sui seguenti aspetti: - le ripercussioni generali di una procedura di compensazione sul bilancio degli Stati membri e in particolare sugli Stati membri principalmente “importatori” e sugli Stati membri principalmente “esportatori”; - la valutazione sommaria dei costi addizionali che l’introduzione di una tassazione delle operazioni intracomunitarie comporterebbe per i contribuenti e le amministrazioni finanziarie; - il rischio di nuove forme di frode e capacità di combattere le forme di frode tradizionali; - la ripartizione delle responsabilità e dei rischi tra lo Stato membro di partenza, nel quale l’imposta è pagata, e lo Stato membro di arrivo, nel quale l’imposta è dedotta; - gli aspetti della tassazione delle operazioni intracomunitarie legati alla concorrenza in relazione con le regolamentazioni fiscali nazionali e rispetto al sistema in vigore. Per quanto riguarda il concetto di procedura di inversione contabile generale, il Consiglio ha chiesto alla Commissione di analizzare i seguenti aspetti: - le ripercussioni sugli Stati membri che non applicano la procedura di inversione contabile, in particolare in termini di bilancio, anche per quanto riguarda la competitività delle loro imprese; - la coerenza e l’armonizzazione della normativa in materia di IVA nell’UE; - i costi dell’attuazione di una procedura di inversione contabile per i soggetti passivi e le amministrazioni; - lo spostamento della frode in altri Stati membri che non applicano una procedura di inversione contabile; - il rischio di nuove forme di frode; - la possibilità di realizzare un progetto pilota di durata limitata in uno Stato membro interessato. 2. SCOPO DELLA PRESENTE COMUNICAZIONE Tenuto conto del periodo di tempo relativamente limitato a disposizione della Commissione, i risultati dell’analisi si basano principalmente su studi specifici effettuati da una società di consulenza, il cui valore rimane limitato, sulle risposte ai questionari inviati alle amministrazioni finanziarie, sui contributi delle imprese e sull’analisi dei funzionari della Commissione. Molti elementi richiederebbero un’analisi più approfondita, ma i primi risultati ottenuti consentono già di formulare al Consiglio dei Ministri un certo numero di domande fondamentali necessarie alla Commissione per orientare eventuali ulteriori lavori. Un’analisi più dettagliata è contenuta nel documento di lavoro dei servizi della Commissione allegato alla presente comunicazione. Sulla base di detta analisi, la presente comunicazione illustra le diverse opzioni di modifica del vigente sistema IVA, riprendendo gli aspetti sottolineati dal Consiglio, e formula le domande di ordine politico alle quali la Commissione attende una risposta dal Consiglio. Ulteriori lavori sulle misure di modifica del sistema IVA per combattere la frode fiscale potranno essere utilmente realizzati soltanto se verranno dati orientamenti chiari e concisi in risposta alle predette domande e se le amministrazioni finanziarie forniranno ulteriori e adeguati contributi. 3. LA TASSAZIONE DELLE OPERAZIONI INTRACOMUNITARIE NELLO STATO MEMBRO DI PARTENZA In materia di IVA la Commissione ha sostenuto sin dal 1987 il principio dell’origine come l’unico mezzo per la creazione di un vero mercato interno. La proposta del 1987 e la proposta formulata nel 1995 avevano come base l’armonizzazione delle aliquote IVA o almeno un loro ravvicinamento molto stretto, per evitare distorsioni della concorrenza. Tuttavia, gli Stati membri non erano pronti all’epoca, né lo sono ora, a rinunciare alla loro sovranità in materia di fissazione del livello delle aliquote IVA. Pertanto, nell’ideare il sistema di tassazione delle operazioni intracomunitarie, la Commissione ha creato un sistema che non richiede un grado di armonizzazione elevato. Di conseguenza, il concetto di tassazione delle operazioni intracomunitarie si basa sul principio secondo il quale le aliquote IVA nazionali continueranno ad applicarsi esattamente come avvenuto finora; il solo cambiamento consisterà nel sostituire l’esenzione delle operazioni intracomunitarie con un’aliquota del 15%. Se lo Stato membro di arrivo delle merci applica un’aliquota superiore al 15%, l’IVA aggiuntiva spetterà a quest’ultimo; se lo Stato membro di arrivo delle merci applica un’aliquota inferiore al 15% (alcuni Stati membri applicano una o più aliquote IVA ridotte o un’aliquota zero), lo Stato membro dell’acquirente accorderà un credito al soggetto passivo che effettua l’acquisto intracomunitario. Allo stesso modo, lo Stato membro di arrivo potrà riscuotere l’IVA derivante da un’eventuale limitazione applicabile al diritto dell’acquirente alla detrazione dell’IVA a monte. Si eviteranno in tal modo le distorsioni della concorrenza che potrebbero essere generate dalla diversità delle aliquote IVA nazionali. 3.1. Risultati dell’analisi della Commissione La tassazione delle operazioni intracomunitarie sembra offrire una soluzione adeguata ai problemi causati dalla frode carosello intracomunitaria. Tuttavia, non consentirebbe in nessun modo di combattere altre forme di frode . In realtà, l’assoggettamento a imposizione delle operazioni intracomunitarie potrebbe aprire la strada al ricorso nel quadro di dette operazioni ad altri meccanismi di frode esistenti. Allo stato attuale delle cose è tuttavia impossibile misurare il prevedibile esito complessivo di un passaggio alla tassazione delle operazioni intracomunitarie nello Stato membro di partenza. Inoltre, occorre tener conto di tutti gli aspetti legati alla concorrenza . Sebbene da un lato non ci sia ragione di ritenere che la differenza tra un’aliquota comune del 15% e le aliquote attualmente applicate dagli Stati membri avrebbe un’incidenza significativa, dall’altro, tuttavia, suscitano preoccupazione gli eventuali effetti sul flusso di cassa. Infatti, dato che le operazioni intracomunitarie equivalgono attualmente a 2 400 miliardi di euro all’anno, l’importo dell’IVA che dovrebbe essere finanziato dalle imprese ammonterebbe a 360 miliardi di euro, il che potrebbe avere diversi effetti sul flusso di cassa, effetti estremamente difficili da quantificare, poiché dipendono da circostanze di fatto, quali la relazione tra le imprese fornitrici e le imprese acquirenti e la relazione tra i soggetti passivi e le rispettive amministrazioni finanziarie. È impossibile generalizzare le circostanze individuali, e per giungere ad una conclusione attendibile sarebbe necessaria una modellizzazione dettagliata. È chiaro tuttavia che la tassazione delle operazioni intracomunitarie svantaggerebbe ancora di più le PMI, le quali sono già in posizione di svantaggio nel mercato interno per quanto riguarda il prefinanziamento. I costi addizionali per i contribuenti dipendono in gran parte dagli obblighi di dichiarazione, giudicati necessari sia per la tassazione delle operazioni intracomunitarie che per il sistema di compensazione, di essenziale importanza. La Commissione ritiene che una dichiarazione ricapitolativa mensile del fornitore e dell’acquirente possa bastare a tale scopo. A questo proposito, i costi generati sono principalmente i tipici costi una tantum dovuti al cambiamento, poco significativi nel lungo periodo. La modifica relativa alla riduzione del periodo coperto dalla dichiarazione ricapitolativa è in ogni caso già prevista nel sistema in vigore – la Commissione presenterà tra breve le pertinenti proposte in risposta all’invito formulato dal Consiglio ECOFIN del giugno 2007 – e l’estensione dell’obbligo di dichiarazione ai soggetti passivi che acquistano beni dovrebbe generare solo costi limitati. Sembra piuttosto difficile stimare con esattezza i costi a carico delle amministrazioni finanziarie . Le risposte degli Stati membri al questionario non hanno fornito molte indicazioni in proposito. Per gli Stati membri l’aspetto più importante da esaminare sono probabilmente le modalità di funzionamento del sistema di compensazione . Diversamente dalla posizione adottata nel 1996, la Commissione preferirebbe una compensazione microeconomica bilaterale basata sulle dichiarazioni ricapitolative. Questa opzione lascerebbe agli Stati membri un margine di manovra per definire, nel quadro di orientamenti comuni che devono ancora essere elaborati, le esatte modalità di funzionamento del sistema. Le informazioni sulle dichiarazioni ricapitolative, utili anche ai fini della compensazione, dovrebbero essere basate sulle fatture emesse e ricevute, dato che le vigenti disposizioni in materia di fatti generatori dell’obbligo fiscale associati alle operazioni intracomunitarie non sarebbero sufficienti per assicurare che la dichiarazione del fornitore, il pagamento dell’imposta, le dichiarazioni ricapitolative del fornitore e dell’acquirente e la detrazione da parte dell’acquirente avvengano nello stesso periodo. A fini di uniformità, le stesse disposizioni dovrebbero essere applicate anche alle operazioni nazionali. Tutti gli Stati membri parteciperebbero al sistema di compensazione: essi dovrebbero o versare ad altri Stati membri o ricevere da altri Stati membri in funzione del relativo saldo commerciale. In linea di principio, tutti gli Stati membri dovrebbero sia versare che ricevere. Secondo le statistiche della bilancia commerciale complessiva, 16 Stati membri sarebbero “ricevitori netti” mentre gli altri 11 Stati membri sarebbero “debitori netti”. Per i 16 Stati membri, l’importo totale dell’eccedenza degli acquisti in rapporto alle forniture è stato dell’ordine di 200 miliardi di euro nel 2006. In caso di applicazione di un’aliquota IVA del 15% questi Stati membri dovrebbero ricevere dagli altri Stati membri entrate fiscali pari a 30 miliardi di euro . Ciò va considerato alla luce del fatto che, per la maggioranza degli Stati membri, il valore delle operazioni intracomunitarie rappresenta tra il 10% e il 20% delle operazioni totali , per cui gli Stati membri potrebbero, in ogni caso, ancora contare sull’80-90% del totale della rispettiva IVA, dovuta dai loro soggetti passivi. In questa fase, conformemente alla volontà del Consiglio, la Commissione non ha analizzato i complessi dettagli del funzionamento del sistema di compensazione. Tuttavia, è chiaro che, per evitare disavanzi di bilancio, occorrerebbe che il primo pagamento venga effettuato tra gli Stati membri subito dopo il mese di riferimento e che la liquidazione “finale” del saldo avvenga ad intervalli adeguati di sei e dodici mesi. In questa fase è soprattutto importante comprendere le responsabilità tra Stati membri. Uno Stato membro sarebbe sempre obbligato al versamento dell’IVA indicata nella dichiarazione ricapitolativa del fornitore allo Stato membro dell’acquirente anche qualora il soggetto passivo che effettua la fornitura non abbia pagato l’imposta al fisco. Lo Stato membro dell’acquirente controllerebbe i suoi soggetti passivi secondo le normali procedure per assicurarsi che non abbiano detratto un importo dell’IVA superiore al dovuto sulle operazioni intracomunitarie. L’applicazione di questi principi incoraggerebbe ogni Stato membro a riscuotere e a controllare correttamente l’IVA. Tuttavia, qualora permangano differenze che non possano essere chiarite, si propone che entrambi gli Stati membri sopportino equamente ogni eventuale perdita affinché entrambi siano incitati ad effettuare controlli adeguati. 3.2. Conclusioni sulla tassazione delle operazioni intracomunitarie L’analisi che la Commissione è stata in grado di realizzare entro il termine fissato dal Consiglio ha rivelato che un sistema di tassazione delle operazioni intracomunitarie presenta una serie di elementi positivi. Essa ha anche messo in evidenza alcune riserve, ma nessuna tale da giustificarne l’esclusione. Tuttavia, secondo la Commissione, prima di effettuare un’ulteriore analisi del sistema, occorrerebbe chiarire una questione essenziale. La difficoltà principale sul piano politico è quella della dipendenza delle entrate fiscali dei singoli Stati membri dai trasferimenti di altri Stati membri. Dato che l’impatto di tale misura potrebbe equivalere al 10% del gettito complessivo dell’IVA, per un volume complessivo di circa 30 miliardi di euro a livello UE, logicamente la questione che si pone è sapere se gli Stati membri sono disposti ad accettare una tale dipendenza . In caso di risposta affermativa , la Commissione è pronta a fornire informazioni più dettagliate sul funzionamento concreto del sistema di compensazione e a finalizzare le analisi necessarie sull’organizzazione precisa del sistema di tassazione. È chiaro che questi lavori richiederebbero un ulteriore contributo delle amministrazioni finanziarie. In caso di risposta negativa , ogni sistema che implichi un meccanismo di compensazione sarebbe escluso. In questo caso, la tassazione a destinazione delle operazioni intracomunitarie sarebbe l’unica possibilità e la Commissione attende istruzioni dal Consiglio se proseguirne o no l’analisi. Tuttavia, alla Commissione preme sottolineare che una tale soluzione richiederebbe la realizzazione di un reale sistema a sportello unico – a cui il Consiglio e il Parlamento europeo sono in ogni caso favorevoli – e permetterebbe la tassazione all’aliquota adeguata nello Stato membro di acquisto, senza bisogno di un’aliquota comune del 15% per le operazioni intracomunitarie. Inoltre, i costi sarebbero minori sia per i soggetti passivi che per le amministrazioni finanziarie. Questi sono, secondo la Commissione, gli elementi per i quali sono necessari ulteriori orientamenti del Consiglio per determinare se la tassazione delle operazioni intracomunitarie rimanga l’opzione da prendere in considerazione. 4. L’INVERSIONE CONTABILE 4.1. Risultati dell’analisi della Commissione La Commissione ritiene che l’introduzione di una procedura di inversione contabile generale ridurrebbe sensibilmente la frode carosello intracomunitaria, nonché altre forme di frode connesse con le detrazioni. Tuttavia, essa teme che la procedura di inversione contabile possa incidere negativamente sulle entrate degli Stati membri a causa di nuove forme di frode. Per combattere le nuove forme di frode – in particolare i consumi non soggetti a tassazione e l’uso improprio della partita IVA – sarebbero necessarie misure di accompagnamento che complicherebbero il sistema e creerebbero nuovi oneri a carico delle imprese e delle amministrazioni finanziarie. In primo luogo, sarebbe necessario applicare una soglia per limitare il rischio dei consumi finali non soggetti a tassazione. Una tale soglia potrebbe determinare gravi complicazioni, in quanto richiederebbe distinzioni che attualmente non vengono fatte e che non corrispondono ad alcuna realtà commerciale. Inoltre, per l’applicazione pratica sarebbero necessarie diverse nuove definizioni, che coprano tutte le diverse situazioni possibili. In secondo luogo, dato che il sistema si baserebbe sulla distinzione tra i soggetti passivi che possono effettuare acquisti nell’ambito del sistema di inversione contabile e tutti gli altri soggetti, nuove responsabilità graverebbero sui soggetti passivi che devono procedere ad una tale individuazione. Le amministrazioni finanziarie dovrebbero elaborare e proporre gli strumenti necessari per consentire alle imprese di affrontare queste sfide e per dare loro la certezza del diritto di cui hanno bisogno per decidere se applicare il sistema IVA normale o l’inversione contabile. Non bisogna tralasciare il fatto che in sostanza tutti i soggetti passivi si troverebbero probabilmente ad applicare i due sistemi in parallelo, con notevoli complicazioni. Inoltre, il sistema porterebbe ad un aumento del numero di domande di rimborso da parte dei soggetti passivi che non sarebbero più in grado di detrarre l’imposta a monte sui piccoli acquisti, dato che loro operazioni a valle non verrebbero tassate nell’ambito del sistema di inversione contabile. Visto che gli Stati membri destinano già una parte sproporzionata delle loro risorse alla verifica delle domande di rimborso, è probabile che essi debbano aumentare le risorse umane disponibili per assicurare il mantenimento del livello attuale di controllo sui soggetti le cui dichiarazioni evidenziano un debito. Ciò può avere effetti diretti sull’efficacia dell’IVA come fonte di entrate per gli Stati membri. In terzo luogo, per rimediare alla scomparsa dei pagamenti frazionati, occorrerebbe introdurre l’ obbligo della dichiarazione compensativa che permetta una verifica incrociata delle informazioni provenienti dai fornitori e dagli acquirenti. Quest’obbligo dovrebbe essere ulteriormente affinato al fine di assicurare l’uniformità delle dichiarazioni per evitare incongruenze nei dati. Non è ancora del tutto chiaro quali costi supplementari le imprese dovrebbero sostenere con un tale sistema. L’obbligo di dichiarazione comporterebbe alcuni significativi costi iniziali una tantum, nonché alcuni costi correnti. La corretta applicazione della soglia rappresenterebbe l’elemento del meccanismo di inversione contabile di gran lunga più costoso per le imprese. Da un recente studio realizzato dall’Istituto austriaco per la ricerca sulle PMI per conto della camera di commercio di Vienna emerge che i costi una tantum per le PMI varierebbero tra 12 750 EUR e 20 000 EUR, mentre i costi correnti annui oscillerebbero tra i 6 000 EUR e i 9 300 EUR. Secondo un precedente studio tedesco, i costi complessivi per i soggetti passivi tedeschi sarebbero compresi tra 1,6 e 2 miliardi di euro nell’anno di introduzione della procedura di inversione contabile e tra 100 milioni di euro e 200 milioni di euro per i costi correnti annui. Il costo per le amministrazioni finanziarie dipenderebbe in gran parte dalle misure di controllo da esse messe in atto. Se da un lato si avrebbero aumenti delle entrate, grazie alla forte riduzione della frode legata alle detrazioni IVA, dall’altro controlli specifici sarebbero inevitabili in altri settori. Infatti, nel quadro del sistema di inversione contabile, la maggior parte dell’IVA verrebbe pagata dai fornitori finali nella catena di produzione che, in molti paesi, possono essere più piccoli e meno affidabili delle poche grandi imprese che pagano attualmente un’ampia quota dell’IVA nella maggior parte degli Stati membri. È chiaro che il controllo del commercio al dettaglio, per la natura stessa del settore, richiede maggiori risorse, in particolare se tutti i dettaglianti ricevono forniture non soggette a tassazione. L’introduzione di nuovi obblighi specifici di dichiarazione a carico di tutte le imprese economiche richiederebbe anche nuove forme di gestione del rischio per gestire il nuovo, vasto flusso di informazioni. L’individuazione dei soggetti passivi sarebbe ancora più importante che nell’ambito del sistema vigente e richiederebbe sforzi e risorse supplementari. Infine, occorre mantenere il controllo generale su tutte le imprese, non soltanto su quelle che pagano l’IVA, per evitare il dirottamento dei beni e dei servizi verso l’ economia sommersa . Nelle risposte date al questionario la maggior parte degli Stati membri non è stata in grado di dare indicazioni sull’entità dei costi che le amministrazioni dovrebbero sostenere. Le risposte degli Stati membri contenevano poche indicazioni concrete sui potenziali effetti sugli altri Stati membri dell’applicazione di un sistema di inversione contabile. Dalle risposte emerge tuttavia che un rigoroso sistema di controllo viene giudicato necessario per proteggere gli altri Stati membri dagli effetti negativi che il sistema di inversione contabile potrebbe potenzialmente creare. Si ritiene necessario migliorare la cooperazione amministrativa per fare fronte a questa nuova situazione. Ci sono pochi elementi che indicano uno spostamento della frode in altri Stati membri a causa dell’introduzione di specifiche misure antifrode. Tuttavia, dato che in passato queste misure erano tradizionalmente settoriali, si teme che una misura più generale, quale l’inversione contabile, possa avere conseguenze diverse. 4.2. Coerenza con il vigente sistema IVA La Commissione ritiene che una tale modifica fondamentale del sistema IVA a seguito dell’introduzione, su base facoltativa, della procedura di inversione contabile generale avrebbe ripercussioni considerevoli sulla coerenza e sull’armonizzazione del sistema IVA dell’UE e sulle sue possibilità di sviluppo futuro. Al momento l’elaborazione e lo sviluppo della normativa UE avviene sulla base di un quadro comune. Una Comunità europea con due sistemi IVA fondamentalmente diversi dovrebbe tener conto di entrambi i sistemi in sede di elaborazione e di esame della normativa. Sarebbe estremamente difficile sviluppare ulteriormente un tale duplice sistema per adeguarlo all’evoluzione del mercato interno. Questo vale in particolare per le due serie di obblighi completamente diversi. Un tale sistema squilibrato comprometterebbe seriamente la futura armonizzazione dell’IVA, dato che l’interesse degli Stati membri ad introdurre miglioramenti varierebbe in funzione del sistema applicato. È pertanto importante essere coscienti del fatto che l’applicazione, su base facoltativa, dell’inversione contabile rappresenterebbe un allontanamento dall’attuale livello di armonizzazione di cui beneficiano le imprese che operano nel mercato unico. Le complicazioni supplementari che un sistema facoltativo di inversione contabile determinerebbe per le imprese sarebbero in contrasto con gli obiettivi della Comunità in materia di crescita e di occupazione, i quali dipendono dalla riduzione degli obblighi a carico delle imprese. In particolare, un tale sistema sarebbe contrario alla strategia in materia di IVA perseguita finora, mirante a semplificare ulteriormente il funzionamento dell’IVA nel mercato unico, riducendo gli oneri e gli obblighi a carico delle imprese e garantendo loro la certezza del diritto. 4.3. Conclusioni sull’inversione contabile Un sistema di inversione contabile generale sarebbe chiaramente un concetto nuovo che potrebbe avere conseguenze sia positive che negative. Indipendentemente dal giudizio finale sul sistema, il concetto di inversione contabile facoltativa pone tuttavia un problema serio, in quanto l’inversione contabile sarebbe un sistema fondamentalmente diverso rispetto al sistema attualmente in vigore. Renderebbe necessaria la definizione di un secondo sistema a livello UE e avrebbe, pertanto, conseguenze negative sul funzionamento del mercato interno, oltre a comprometterebbe l’armonizzazione del sistema IVA e le sue possibilità di sviluppo futuro. Inoltre, il carattere facoltativo del sistema di inversione contabile generale viene considerato un fattore di costo per le imprese e uno dei principali fattori di rischio di nuove forme di frode nell’UE. Pertanto, secondo la Commissione, il sistema di inversione contabile generale dovrebbe essere introdotto su base obbligatoria in tutta l’UE o abbandonato. 5. POSSIBILITÀ DI REALIZZARE UN PROGETTO PILOTA DI DURATA LIMITATA IN UNO STATO MEMBRO INTERESSATO 5.1. Risultati dell’analisi della Commissione Tenuto conto dell’analisi che precede, la Commissione non è ancora convinta che il modello di inversione contabile generale sia lo strumento per rendere il sistema IVA più immune dalla frode. Essa ne riconosce gli ovvi effetti dissuasivi sulla frode carosello intracomunitaria, ma è preoccupata degli altri effetti di un tale cambiamento. Tuttavia, alla Commissione preme sottolineare che l’analisi condotta sull’inversione contabile è stata un esercizio per lo più ipotetico, data l’assenza di esperienze concrete da cui trarre possibili insegnamenti. Le analisi effettuate finora non consentono di prendere una decisione finale, in particolare a causa della mancanza di prove empiriche: nessun paese al mondo applica attualmente un tale sistema. Dato che ogni ulteriore analisi, a causa del suo carattere ipotetico, presenterebbe in ogni caso lo stesso problema, la Commissione ritiene che solo un progetto pilota realizzato in uno Stato membro potrebbe fornire una risposta più concreta ai punti specificati dal Consiglio. Occorre tuttavia sottolineare che l’obiettivo del progetto pilota sarebbe di testare l’introduzione di un sistema di inversione contabile generale obbligatorio , perché non si può, per ragioni legate al mercato interno e a causa dell’abolizione di fatto del regime comune IVA, permettere che soltanto alcuni Stati membri introducano una tale modifica del sistema IVA. Il progetto pilota dovrebbe essere organizzato in modo da offrire tutte le possibilità di migliorare le conoscenze sul funzionamento dell’inversione contabile, senza esporre a rischi eccessivi né lo Stato membro partecipante al progetto pilota né gli altri Stati membri. A tale riguardo, è importante che lo Stato membro partecipante al progetto pilota sia uno Stato con un’economia sufficientemente grande, in modo da essere rappresentativa, ma non al punto da incidere sugli scambi intracomunitari. Per definizione un progetto pilota viene realizzato per un certo periodo di tempo. Questo periodo dovrebbe essere sufficientemente lungo per permettere di ottenere i risultati necessari e per evitare costi sproporzionati a carico dei soggetti passivi per il passaggio al sistema di inversione contabile e gli eventuali costi per il ritorno al sistema IVA classico. Il progetto pilota dovrebbe pertanto mostrare: - in che misura l’inversione contabile riesca realmente a limitare e a ridurre la frode esistente. Questo aspetto dovrebbe essere valutato sia in termini di riduzione complessiva della differenza tra IVA teorica e IVA effettivamente riscossa dovuta alla frode che in rapporto alle forme di frode che vengono ridotte; - in che misura le nuove forme di frode rappresentino un pericolo reale e quali siano le misure più idonee per farvi fronte. Occorrerebbe procedere ad una valutazione continua dell’evoluzione delle varie forme di frode e delle misure di controllo attuate per limitarle. Chiaramente sarebbero escluse le misure che già nel sistema vigente si sono rivelate promettenti nella lotta alla frode; - i costi che dovrebbero sostenere le imprese e le amministrazioni finanziarie per l’introduzione e il funzionamento del sistema e se detti costi siano proporzionati ai benefici che ne trae il fisco. È chiaro che un tale esercizio dovrebbe prevedere un sistema di controllo che garantisca la trasparenza di tutta l’operazione e che fornisca informazioni su eventuali effetti negativi per altri Stati membri. Per assicurare una rappresentanza equilibrata di tutte le parti interessate, si propone di creare un gruppo di pilotaggio composto da rappresentanti del paese partecipante al progetto pilota, della Commissione e almeno degli Stati membri confinanti. La Commissione ritiene che il progetto pilota debba avere una durata di almeno cinque anni, dato che in ogni caso i dati statistici per misurarne gli effetti sarebbero disponibili soltanto dopo tre anni. Potrebbe essere previsto un periodo ancora più lungo, poiché gli autori delle frodi potrebbero esitare a sviluppare nuovi meccanismi di frode, qualora sapessero che il progetto pilota è destinato a durare soltanto per un periodo di tempo molto limitato. La Commissione è pronta a definire, in collaborazione con tutte le delegazioni del gruppo di lavoro n. 1, le modalità di applicazione dell’inversione contabile generale per un periodo di prova. Sulla base di questi lavori, la Commissione potrebbe successivamente presentare la relativa proposta legislativa. 5.2. Conclusioni sul progetto pilota L’inversione contabile è un concetto che non può e non deve essere escluso allo stato attuale delle cose, poiché presenta molti incontestati vantaggi. Tuttavia, si tratta di un sistema così diverso rispetto all’attuale che non potrà mai essere introdotto su base facoltativa senza compromettere l’obiettivo del regolare funzionamento del mercato interno. Poiché una decisione sulla sua introduzione è prematura in mancanza di prove empiriche relative a tale sistema il Consiglio è invitato a : - esaminare se debba essere previsto un progetto pilota per stabilire se l’inversione contabile sia una risposta adeguata per combattere la frode dell’IVA e - confermare, qualora il progetto pilota venga previsto, se la Commissione debba procedere ai lavori preparatori per permettere ad un paese disposto a partecipare di lanciare un progetto pilota sulla base delle condizioni enunciate nella presente comunicazione.