31.3.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 77/43


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili

COM(2008) 19 def. — 2008/0016 (COD)

(2009/C 77/12)

Il Consiglio, in data 3 marzo 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 175, paragrafo 1, e dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 16 luglio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore RIBBE.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 17 settembre 2008, nel corso della 447a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 105 voti favorevoli, 38 voti contrari e 10 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE ha accolto favorevolmente i piani per il clima 2007 del Consiglio europeo, che saranno attuati anche attraverso la direttiva all'esame.

1.2

Il Comitato approva espressamente l'affermazione della Commissione secondo cui l'auspicato sviluppo delle energie rinnovabili (in appresso abbreviate «ER») non è solo opportuno dal punto di vista della politica climatica ma ha/può avere altresì un chiaro impatto positivo sull'approvvigionamento energetico, sulle possibilità di sviluppo a livello regionale e locale, sullo sviluppo rurale, sul potenziale di esportazione, sulla coesione sociale e sulla creazione di posti di lavoro specialmente per quanto riguarda le piccole e medie imprese e i produttori indipendenti di elettricità.

1.3

Pertanto, il CESE approva la proposta di direttiva e l'obiettivo di una quota del 20 % di energie rinnovabili. In tali energie esso ravvisa non solo un contributo alla protezione del clima, ma anche un giusto obiettivo strategico di politica energetica, che porterà a una maggiore autosufficienza energetica e quindi a una maggiore sicurezza di approvvigionamento.

1.4

L'obiettivo del «20 % di CO2 in meno entro il 2020», che andrà realizzato mediante altre direttive (1), e quello del «20 % di energia finale prodotta a partire da fonti rinnovabili» su cui verte il presente parere sono strettamente correlati e si integrano a vicenda. Vanno però considerati indipendentemente l'uno dall'altro, tanto più che alcune delle ER non hanno sempre necessariamente effetti decisamente positivi sul clima (cfr. il punto 6 relativo agli agrocarburanti).

1.5

Dato che l'adeguamento del nostro sistema energetico, ritenuto necessario, comporterà costi di investimento elevati, è opportuno garantire agli Stati membri un alto grado di flessibilità in modo che possano agire sempre nei casi in cui, con il minimo costo, si può ottenere il massimo vantaggio in termini di protezione climatica e creazione di posti di lavoro.

1.6

Il CESE precisa di essere decisamente favorevole allo sviluppo delle ER e di essere consapevole del fatto che, per raggiungere gli ambiziosi obiettivi del Consiglio (riduzione delle emissioni di CO2 del 60-80 % e maggiore autosufficienza energetica), a medio e lungo termine sarà necessaria una quota molto più elevata di quella del 20 % prevista per il 2020.

1.7

Il Comitato osserva che la scelta strategica di sostituire in parte il gasolio per autotrazione o la benzina con agrocarburanti costituisce inoltre una delle misure meno efficaci e più costose per la prevenzione dei cambiamenti climatici, e comporta un'allocazione estremamente erronea delle risorse. Il Comitato non comprende perché proprio le misure più dispendiose debbano essere anche quelle che ricevono il massimo sostegno politico, tanto più che una lunga serie di domande di natura non solo economica, ma anche ecologica e sociale rimane senza alcuna risposta (cfr. punto 6). Respinge pertanto l'obiettivo specifico del 10 % per gli agrocarburanti.

1.8

Il Comitato approva l'iniziativa dell'UE di introdurre criteri di sostenibilità per gli agrocarburanti. Tuttavia, i criteri ecologici formulati nella proposta non sono abbastanza ambiziosi e le questioni sociali vengono totalmente ignorate. Su questo aspetto, dunque, la proposta di direttiva si rivela totalmente inadeguata (2).

2.   Introduzione

2.1

La proposta definisce gli obiettivi vincolanti di sviluppo delle ER. Per il 2020 sono programmati una quota complessiva di energie rinnovabili del 20 % sul consumo energetico finale nell'UE e un obiettivo minimo obbligatorio del 10 % per la quota di biocarburanti (3) nei trasporti, che ogni Stato membro dovrà conseguire (4).

2.2

Per realizzare l'obiettivo europeo del 20 % andranno attuati gli obiettivi nazionali obbligatori che figurano nell'allegato I, parte A. Nel quadro di appositi piani di azione nazionali, gli Stati membri dovranno stabilire obiettivi per la quota di energia da fonti rinnovabili nel settore dei trasporti/degli agrocarburanti, dell'elettricità e del riscaldamento e raffreddamento, e le misure da adottare per raggiungere detti obiettivi.

2.3

La proposta in esame si basa sulle decisioni del Consiglio europeo di primavera del 2007. Essa viene motivata con l'argomento che l'impiego di energie rinnovabili permette di contrastare il cambiamento climatico. Nella proposta, però, si afferma anche che «il settore delle energie rinnovabili si contraddistingue per la sua capacità di […] utilizzare le fonti energetiche locali e decentrate e di stimolare le imprese ad alta tecnologia di livello mondiale».

2.4

A giudizio della Commissione «le fonti energetiche rinnovabili sono in gran parte fonti interne, non dipendono dalla disponibilità futura di fonti energetiche convenzionali e la loro natura per lo più decentralizzata diminuisce la vulnerabilità delle nostre economie alla volatilità dell'approvvigionamento energetico». Quindi la Commissione vede nella sicurezza di approvvigionamento un ulteriore, importante argomento a favore delle energie rinnovabili, accanto alla prevenzione del cambiamento climatico e al progresso dell'innovazione e dell'economia.

2.5

La Commissione afferma quanto segue: «lo sviluppo del mercato delle fonti energetiche rinnovabili e delle relative tecnologie ha altresì un chiaro impatto positivo sull'approvvigionamento energetico, sulle possibilità di sviluppo a livello regionale e locale, sullo sviluppo rurale, sul potenziale di esportazione, sulla coesione sociale e sulla creazione di posti di lavoro specialmente per quanto riguarda le piccole e medie imprese e i produttori indipendenti di elettricità».

2.6

Il documento non si limita a definire gli obiettivi quantitativi di cui sopra, ma disciplina tra l'altro anche:

il metodo di calcolo della quota di energia da fonti rinnovabili (articolo 5), comprese le importazioni,

la garanzia di origine (articoli da 6 a 10),

l'accesso alla rete elettrica (articolo 14),

i criteri di sostenibilità ambientale degli agrocarburanti e i loro effetti sul clima (articolo 15 e segg.),

i regimi nazionali di sostegno, nell'ottica di prevenire le distorsioni della concorrenza.

2.7

Una volta approvata, la nuova direttiva abrogherà la direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, che fissa l'attuale obiettivo di portare al 21 % entro il 2010 la quota di elettricità da fonti rinnovabili sul consumo totale di elettricità, e la direttiva 2003/30/CE sulla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti, che stabilisce che la quota di tali carburanti dovrà raggiungere il 5,75 % entro il 2010.

3.   Osservazioni generali sugli obiettivi principali e sugli obiettivi di protezione climatica fissati dalla direttiva

3.1

Nel 2007, il Consiglio europeo ha ribadito «che gli impegni in materia di riduzione delle emissioni assolute sono la spina dorsale di un mercato globale del carbonio. I paesi sviluppati dovrebbero mantenere un ruolo guida impegnandosi a ridurre collettivamente le loro emissioni di gas ad effetto serra dell'ordine del 30 % entro il 2020 rispetto al 1990, anche nella prospettiva di ridurre collettivamente le emissioni del 60 %-80 % entro il 2050 rispetto al 1990».

3.2

La proposta di direttiva in oggetto è un elemento dell'attuazione di detto proposito. Il CESE ha accolto con compiacimento le decisioni del Consiglio europeo in materia di cambiamento climatico e ha sottolineato che il risparmio e l'efficienza energetica devono avere la massima priorità. Non esistono alternative ad un forte sviluppo delle ER, opportuno non solo sul piano della protezione climatica ma anche in vista della prevedibile penuria di combustibili fossili a medio e lungo termine. Il rapido aumento dei prezzi registrato attualmente per le energie fossili contribuirà a far sì che molte ER raggiungano più rapidamente la convenienza economica.

3.3

Il Comitato apprezza esplicitamente che nella relazione la Commissione, invece di limitarsi a considerare gli aspetti legati al clima, annetta grande importanza anche alle questioni attinenti alla sicurezza di approvvigionamento e all'occupazione. Sottolinea infatti in più occasioni l'importanza che le strutture decentrate di approvvigionamento possono avere, ad esempio, per la forza dell'economia regionale e per le aree rurali (punti 2.4 e 2.5). Pur condividendo pienamente questa concezione, il Comitato considera indispensabile differenziare in misura ben maggiore le varie strategie dell'UE proprio sotto tali aspetti.

3.4

Il CESE condivide l'opinione della Commissione secondo cui un ruolo di leader nell'ambito dello sviluppo e dell'applicazione delle ER avrà effetti positivi per l'Europa non solo sotto il profilo della politica climatica ma anche perché potrebbe in futuro procurare al sistema produttivo europeo vantaggi concorrenziali. La proposta di direttiva è un chiaro segnale di politica energetica, ambientale e industriale che, in vista degli imminenti negoziati mondiali sul clima, viene lanciato anche a tutta la comunità internazionale.

3.5

La cosiddetta «ripartizione degli oneri», vale a dire i contributi nazionali all'obiettivo europeo di riduzione complessiva del CO2 del 20 %, è fissata nella Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2020 (COM(2008) 17 def.) e nella Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario di scambio delle quote di emissione dei gas a effetto serra (COM(2008) 16 def.).

3.6

Il CESE giudica l'obiettivo di una quota di energie rinnovabili pari al 20 % entro il 2020 politicamente e strategicamente opportuno nonché tecnicamente ed economicamente realizzabile. Si delinea quindi il passaggio a una politica energetica «post-fossile». Il Comitato ritiene che anche gli specifici obiettivi nazionali siano attuabili, tanto più che agli Stati membri verranno sicuramente offerte possibilità flessibili (acquisto supplementare, partecipazione a progetti ecc.). È ovvio che l'adeguamento del sistema energetico avrà necessariamente un costo e non potrà essere realizzato senza mutamenti strutturali. Occorre investire non solo negli impianti di generazione elettrica da fonti rinnovabili, ma anche nelle tecnologie e nelle capacità di stoccaggio dell'energia per compensare le variazioni della produzione dovute all'insufficienza della forza del vento o dell'insolazione, nonché nell'espansione delle linee di trasmissione dell'energia tra Stati membri dell'UE. Se si mette l'accento esclusivamente sulla generazione di energia, non si otterranno i risultati voluti.

3.7

La Germania, ad esempio, promuove la produzione di energia da fonti rinnovabili attraverso una legge concernente l'alimentazione delle reti di energia. La quota di elettricità prodotta in maniera ecologica è attualmente del 15 % mentre i costi aggiuntivi, sostenuti dagli utenti mediante tariffe di alimentazione più elevate, ammontano a circa 3,5 miliardi di euro l'anno. Questo però non tiene conto dei vantaggi economici sotto forma di nuovi posti di lavoro, danni ambientali evitati e aumento del gettito fiscale.

3.8

Per contenere al massimo i costi di realizzazione degli obiettivi, la direttiva prevede che gli obiettivi specifici nazionali possano essere conseguiti anche sostenendo misure per lo sviluppo delle ER in altri paesi. È anche possibile importare elettricità da fonti rinnovabili con garanzia di origine. Il CESE reputa che in linea di principio si tratti di una lodevole iniziativa. Tuttavia è anche d'accordo con gli Stati membri che chiedono che questo commercio sia soggetto ad autorizzazione preliminare per poter evitare che la promozione di energia da fonti rinnovabili finanziata da un paese (5) venga usata per conseguire un risparmio di costi in un altro Stato.

4.   Limitazione della flessibilità nello sviluppo delle ER

4.1

Il CESE ritiene corretta l'impostazione scelta dalla Commissione: definire un obiettivo comune per i tre settori in cui le energie rinnovabili svolgeranno un ruolo importante, cioè: elettricità, riscaldamento e raffreddamento, trasporti, e non tre obiettivi separati. Questa impostazione lascia gli Stati membri liberi di scegliere come dosare gli interventi nei tre settori per raggiungere i rispettivi obiettivi nazionali previsti.

4.2

Tale tendenza alla flessibilità risulta tuttavia sensibilmente compromessa dall'introduzione di un apposito obiettivo vincolante per un'unica parte di uno dei tre settori: la sostituzione del gasolio e della benzina nei trasporti.

5.   Il ruolo specifico degli agrocarburanti nella proposta di direttiva

5.1

La Commissione assegna un ruolo particolare anche agli agrocarburanti.

5.2

Numerosi studi recenti su questo argomento indicano che la biomassa, a differenza dell'energia solare, costituisce una risorsa limitata e che quindi il suo uso condurrà necessariamente a situazioni di concorrenza, nell'uso dei suoli, con le produzioni alimentari o con la tutela della biodiversità. L'intensità di tale concorrenza futura è ancora oggetto di dibattito. Pertanto, prima che la politica formuli indirizzi in materia, occorre procedere ad un'attenta valutazione strategica su quale forma di energia rinnovabile sia la più adeguata in un determinato campo di applicazione. In tale contesto si dovranno effettuare valutazioni di impatto molto attente.

5.3

Nel novembre 2007 il comitato scientifico del ministero federale tedesco dell'Agricoltura ha pubblicato una raccomandazione sull'uso energetico della biomassa, in cui osserva che a lungo termine saranno l'energia solare e quella eolica ad assumere il ruolo principale tra le fonti rinnovabili, anche grazie a un potenziale sensibilmente maggiore a quello della biomassa. Il documento menziona tre argomenti a sostegno di questa tesi:

a)

lo sfruttamento dell'energia solare può avvenire su superfici che non sono in concorrenza con la produzione di biomassa per uso alimentare; inoltre il rendimento energetico per unità di superficie è molto maggiore per il solare che per le bioenergie;

b)

data la carenza globale di superfici coltivabili, con l'aumento dei prezzi del petrolio aumentano anche i prezzi delle bioenergie e di conseguenza anche i prezzi agricoli in generale. Ciò comporta un rincaro delle materie prime per le centrali di produzione delle bioenergie, mentre nel caso dell'energia solare l'aumento dei prezzi di petrolio, carbone e gas comporta un aumento della redditività;

c)

data la scarsità di terreni coltivabili, per accrescere nettamente la superficie destinata alle bioenergie bisogna iniziare a sfruttare superfici sinora incolte (dissodamento di aree verdi, deforestazione) o rendere più intensiva l'attività agricola. Così facendo, tuttavia, si accrescono le emissioni di CO2 e di N2O, quindi il risultato finale dell'estensione delle aree destinate alla produzione di bioenergie può addirittura essere controproducente per la prevenzione dei cambiamenti climatici.

5.4

Dato che le risorse naturali sono limitate e che il passaggio a strutture di approvvigionamento energetico nuove, basate su fonti rinnovabili e quanto più possibile decentrate richiede investimenti relativamente cospicui, è opportuno osservare in modo particolare il principio secondo cui le limitate risorse disponibili devono essere concentrate sulle strategie più efficienti per la prevenzione dei cambiamenti climatici.

5.5

Si constata invece che a livello comunitario alcune tra le produzioni bioenergetiche ben individuate e talvolta sovvenzionate dallo Stato, più precisamente gli agrocarburanti e la produzione di biogas dal mais, comportano elevati costi di contenimento delle emissioni di CO2  (6), che vanno da 150 a oltre 300 euro per tonnellata di CO2.

5.6

Esistono tuttavia produzioni di bioenergie, ad es. la produzione di biogas dal letame (meglio ancora in combinazione con un impianto di cogenerazione calore/energia), la produzione combinata di elettricità e di calore da legno sminuzzato (proveniente dai residui della silvicoltura o dalle colture silvicole a ciclo breve) e l'aggiunta di legno sminuzzato al combustibile in centrali elettriche di grandi dimensioni, per le quali i costi di contenimento si limitano a 50 euro per tonnellata di CO2  (7).

5.7

Anche il Centro comune di ricerca della Commissione europea è giunto alla conclusione che, in termini di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra per ettaro, è molto più efficiente usare la biomassa per generare elettricità che convertirla in agrocarburanti liquidi (8). I moderni impianti di combustione a biomassa sono quasi altrettanto efficienti di quelli che bruciano combustibili fossili: 1 megajoule (MJ) di biomassa sostituisce circa 0,95 MJ di energia di origine fossile. La conversione della biomassa in carburante liquido per autotrazione ha invece un rendimento energetico che generalmente non supera il 30-40 %. Vale a dire che, nel caso dell'impiego nei trasporti, 1 MJ di biomassa sostituisce appena da 0,35 a 0,45 MJ di petrolio greggio.

5.8

La produzione di agrocarburanti comporta una riduzione delle emissioni di CO2 di circa 3 tonnellate per ettaro, mentre le altre produzioni bioenergetiche descritte al punto 5.6 consentono una riduzione di oltre 12 tonnellate per ettaro.

5.9

In considerazione degli aspetti sin qui menzionati, il Comitato si chiede perché la Commissione voglia espressamente stabilire l'obiettivo di una quota del 10 % per gli agrocarburanti. A questo proposito ricorda che il Consiglio europeo di primavera ha affermato che tale obiettivo dev'essere realizzato in maniera efficace sotto il profilo dei costi e rispettando tre condizioni:

che la produzione sia sostenibile,

che gli agrocarburanti di seconda generazione vengano resi disponibili sul mercato, e

che la direttiva 98/70/CE, relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel, venga modificata.

5.10

Per quanto riguarda la sostenibilità di tale produzione sussistono più dubbi che certezze (cfr. anche il capitolo 8) e gli agrocarburanti di seconda generazione non sono ancora disponibili. Non sono quindi soddisfatte almeno due delle tre condizioni indicate dal Consiglio europeo, ma ciò non impedisce alla Commissione di indicare un obiettivo del 10 %.

5.11

La Commissione, per motivare tale scelta, asserisce che quello dei trasporti è il settore dell'economia che registra l'aumento più rapido delle emissioni di gas a effetto serra e che la produzione di agrocarburanti «è attualmente più costosa di altre forme di energie rinnovabili, il che implica che senza una prescrizione specifica non vi sarebbe un loro sviluppo».

5.12

Il CESE non può concordare con questa motivazione.

5.12.1

È indubbio che le emissioni di gas ad effetto serra generate dai trasporti siano fuori controllo, Tuttavia introdurre limiti di emissione più restrittivi e sostituire con agrocarburanti il 10 % del carburante diesel e della benzina non risolverà il problema; anzi non basterà nemmeno a compensare l'aumento delle emissioni del settore trasporti previsto per i prossimi anni.

5.12.2

Il CESE ha più volte indicato come si possa limitare questo problema: applicando politiche di prevenzione del traffico, nonché orientando la scelta tra i vari modi di trasporto in favore di quelli a basso impatto sul clima, quali la ferrovia, i trasporti pubblici locali e le vie navigabili.

5.12.3

Il CESE ritiene che, sul piano tecnico, il futuro del trasporto automobilistico privato non stia nei motori a combustione ma in quelli elettrici alimentati con elettricità prodotta a partire da fonti rinnovabili. L'istituto di ricerca svizzero EMPA (9) ha calcolato che, per far percorrere a un'automobile tipo VW Golf la distanza di 10 000 km, occorre il prodotto annuo di una coltivazione di colza della superficie di 2 062 m2. Utilizzando invece cellule solari si potrebbe produrre la stessa quantità di energia in un anno con una superficie di 37 m2, pari a circa un sessantesimo di quella del campo di colza.

5.12.4

La scelta strategica di sostituire i carburanti convenzionali con agrocarburanti costituisce anche una delle misure di prevenzione del cambiamento climatico meno efficaci e più costose, e comporta un'allocazione estremamente erronea delle risorse. Il Comitato non comprende perché proprio le misure più dispendiose debbano essere anche quelle che ricevono il massimo sostegno politico, tanto più che una lunga serie di domande di natura non solo economica, ma anche ecologica e sociale rimane senza alcuna risposta.

5.12.5

Di conseguenza il Comitato non può condividere l'affermazione della Commissione secondo cui «il maggiore ricorso ai biocarburanti per autotrazione è uno degli strumenti più efficaci» per fare fronte alle sfide in campo.

5.13

Se si pensa che la Commissione si ripropone di autorizzare gli agrocarburanti a condizione che garantiscano una riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra pari almeno al 35 % rispetto ai carburanti fossili, ne risulta che la prevista quota del 10 % comporterà una riduzione delle emissioni del traffico motorizzato, a parità di volume di traffico, pari solo al 3,5 %. Dato che il traffico contribuisce per circa un quarto all'effetto serra complessivo, si può parlare di un potenziale complessivo di riduzione delle emissioni pari all'1 % delle emissioni di gas a effetto serra. Si tratta di un valore del tutto sproporzionato allo sforzo finanziario e ai pericoli connessi.

5.14

Se anche si pensasse che gli agrocarburanti per il settore dei trasporti costituiscano un'utilizzazione ottimale della biomassa, bisognerebbe puntare anche qui all'efficienza assoluta. L'Allegato VII della proposta in esame fa però chiaramente capire che convertire la biomassa in etere o in etanolo non costituisce l'approccio giusto. Infatti qualsiasi trasformazione molecolare (industriale) comporta un impiego, e quindi una perdita, di energia. Sarebbe più appropriato utilizzare direttamente la biomassa prodotta, senza assoggettarla a una trasformazione chimica industriale.

5.15

La cosa è tecnicamente possibile, come mostrano alcuni produttori di trattori che offrono ormai motori alimentati esclusivamente con oli vegetali.

5.16

Il menzionato Allegato VII mostra che le maggiori riduzioni delle emissioni si possono realizzare appunto con la suddetta tecnologia: rispetto ai carburanti fossili l'olio di colza puro consente una riduzione standard delle emissioni pari al 55 %, mentre l'agrodiesel da semi di colza comporta una riduzione di appena il 36 % e l'etanolo da cereali addirittura dello 0 %. Il CESE non capisce quindi perché la Commissione non riconosca esplicitamente l'opportunità di tale metodo, tanto più che esso è il più adatto a far nascere quanto prima strutture decentrate di approvvigionamento energetico, e dunque anche posti di lavoro nell'agricoltura e nelle aree rurali.

5.17

Il CESE ritiene per esempio che sarebbe una buona strategia l'uso — nell'agricoltura stessa oppure negli automezzi comunali o nelle imbarcazioni — di oli vegetali ottenuti in coltivazioni miste ecocompatibili (10). In tal modo gli agricoltori potrebbero essere direttamente coinvolti nello sviluppo di circuiti energetici regionali traendone un profitto diretto. Nel quadro della strategia basata sugli agrocarburanti invece, i produttori agricoli diventerebbero solo produttori di materie prime quanto meno costose possibile per l'industria degli oli minerali, sempre che vengano utilizzate materie prime di produzione europea.

6.   Osservazioni sul tema della sicurezza di approvvigionamento

6.1

La Commissione presume che una gran parte della biomassa richiesta per gli agrocarburanti verrà prodotta al di fuori dell'UE, in regioni più favorite sotto il profilo climatico. Sostituendo le importazioni di petrolio con importazioni di biomassa, però, non si riduce la dipendenza dalle esportazioni ma ci si limita a diversificarla.

6.2

La nuova politica energetica dell'UE non può perseguire seriamente l'obiettivo di sostituire una dipendenza con un'altra.

6.3

Occorrerebbe semmai impostare la nuova strategia di ER principalmente sulle fonti energetiche realmente decentrate, disponibili a livello locale o regionale. In tal modo le bioenergie possono e devono avere un ruolo da svolgere, anche se non quello previsto nella strategia relativa agli agrocarburanti.

7.   Occupazione

7.1

Secondo la Commissione «le energie rinnovabili sono una valida alternativa alle energie convenzionali e vengono fornite tramite le stesse infrastrutture e gli stessi sistemi logistici». Il Comitato considera tale affermazione gravemente fuorviante: le ER provenienti da strutture decentrate a volte si differenziano diametralmente dalle energie «convenzionali» provenienti da grandi strutture centralizzate.

7.2

Una strategia degli agrocarburanti basata su prodotti d'importazione miscelati al carburante diesel e alla benzina si avvale delle strutture «tradizionali», cioè centralizzate, delle compagnie petrolifere globali. Tale strategia consolida le strutture centralizzate di produzione e di distribuzione dell'industria petrolifera, favorendone decisamente gli interessi, ma difficilmente creando nuovi posti di lavoro in Europa (11).

7.3

Puntando invece su soluzioni caratterizzate da maggiore efficienza energetica, come l'uso di legno sminuzzato per generare calore o elettricità, il ricorso a oli vegetali puri di produzione locale, la fornitura di biogas a veicoli o distretti privi di una rete di distribuzione del gas naturale o ancora le tecnologie solari decentrate ecc., si creerebbero nuove possibilità di produzione e di distribuzione, che possono essere organizzate a livello regionale e hanno un forte potenziale occupazionale.

7.4

Con gli impianti solari termici e quelli fotovoltaici decentrati i consumatori (di energia) producono da soli gran parte del loro fabbisogno, il che dimostra anche che un approvvigionamento basato sulle energie rinnovabili è strutturato in maniera sostanzialmente diversa rispetto all'attuale sistema di approvvigionamento.

7.5

Anche altre misure, come quelle volte ad accrescere l'efficienza e il risparmio, possono creare centinaia di migliaia di posti di lavoro in piccole e medie imprese già nella fase di costruzione. Si pensi per esempio all'isolamento di immobili, all'installazione di impianti solari o eolici e alla costruzione di impianti per l'estrazione di biogas. I responsabili politici devono fare in modo che proprio questi potenziali si realizzino. La strategia sugli agrocarburanti prevista dalla direttiva non costituisce la soluzione più efficiente.

7.6

Ciò significa che bisogna assolutamente valutare bene e distinguere con maggiore attenzione le varie fonti rinnovabili anche ai fini delle ricadute occupazionali. Le energie rinnovabili possono davvero promuovere e sostenere le strutture economiche regionali, ma possono anche contribuire a consolidare le grandi strutture centralizzate.

7.7

Ciò vale d'altronde anche per i paesi dove si coltiva la biomassa per gli agrocarburanti. In un documento del marzo 2008 sulla posizione della politica di aiuto allo sviluppo nei confronti degli agrocarburanti, il ministero tedesco competente per gli aiuti allo sviluppo giunge alla conclusione che, ai fini del progresso economico, ecologico e sociale dei paesi in via di sviluppo, una produzione su vasta scala di biomassa destinata all'esportazione, in risposta alla domanda accresciuta dei paesi industrializzati, è altamente rischiosa e non crea posti di lavoro. Nello stesso documento si valuta invece favorevolmente il ricorso alla biomassa, compresa quella prodotta in piccole aziende agricole, ai fini dell'approvvigionamento energetico decentrato.

8.   Osservazioni sui criteri di sostenibilità

8.1

Il CESE si compiace che la Commissione preveda di introdurre criteri di sostenibilità anche per la produzione di agrocarburanti, giudicandolo un importante passo in avanti. Al tempo stesso reputa assolutamente insufficiente la proposta presentata.

8.2

La stessa Commissione sottolinea ripetutamente l'importanza di equilibrare, nell'ambito di una politica di sostenibilità, il pilastro economico, quello ecologico e quello sociale. Tuttavia, questa mancanza totale di considerazione delle questioni sociali nei criteri citati induce già il Comitato a ritenere che la proposta di direttiva in esame non costituisca l'attuazione di una strategia ben ponderata per la sostenibilità o di criteri sostenibili in materia di agrocarburanti, anzi, sotto questo profilo il documento deve essere rielaborato a fondo.

8.3

A causa di modifiche indirette nella destinazione dei terreni, il CESE ritiene pertanto importante che vengano definiti criteri ecologici e sociali efficaci non solo per gli agrocarburanti, ma per tutte le importazioni agricole, compresi i mangimi.

8.4

È un'illusione anche ritenere che stabilendo una data di riferimento (nella fattispecie gennaio 2008) per lo status ambientale di aree quali le foreste primarie o le torbiere se ne possa prevenire la conversione in coltivazioni dedicate alla produzione di agrocarburanti. A tal fine sarebbero necessari un catasto e un sistema di amministrazione e di controllo efficienti ma, come l'esperienza ha mostrato, la maggior parte dei paesi emergenti e in via di sviluppo non ne dispongono.

8.5

Il CESE considera insufficienti i criteri per il mantenimento della biodiversità e la prevenzione dell'uso di terreni con un elevato stock di carbonio, di cui all'articolo 15, paragrafi 3 e 4, della proposta di direttiva. I terreni rilevanti per preservare la biodiversità sono molto più numerosi di quelli citati al paragrafo 3, dalla lettera a) alla lettera c). Lo stesso vale per il paragrafo 4, lettere a) e b) per quanto concerne le riserve di carbonio.

8.6

Nella parte B dell'Allegato VII la Commissione presenta una «stima dei valori tipici e standard dei futuri biocarburanti non presenti sul mercato al gennaio 2008 o presenti in quantità trascurabili». Il CESE ritiene che si dovrebbero prendere a riferimento non già valori stimati, ma solo valori documentabili.

Bruxelles, 17 settembre 2008.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Cfr. il punto 3.5.

(2)  Il CESE ha già sottolineato la necessità di criteri di sostenibilità economica e ambientale per gli agrocarburanti nel parere in merito alla relazione sui progressi compiuti nell'uso dei biocarburanti (TEN/286 — CESE 1449/2007, GU C 44 del 16.2.2008, pag. 34) e nel parere Riduzione delle emissioni di gas a effetto serra — trasporti stradali (NAT/354 — CESE 1454/2007).

(3)  Nella proposta di direttiva viene usato ufficialmente il termine «biocarburanti». Il Comitato ha segnalato in numerosi pareri i problemi ecologici causati da questi «bio»carburanti e, dato che il prefisso «bio» induce a pensare che si tratti di prodotti ineccepibili sotto il profilo ecologico (si pensi all'agricoltura «bio»logica), nel proprio parere preferisce usare il termine neutro «agrocarburanti».

(4)  Nella direttiva all'esame «viene proposto che ogni Stato membro consegua una quota del 10 % di energie rinnovabili (principalmente biocarburanti) nel settore dei trasporti entro il 2020».

(5)  O dai suoi consumatori.

(6)  Il concetto di costo di contenimento delle emissioni di CO2 si estende anche agli altri gas a effetto serra, misurati in termini di equivalente CO2.

(7)  Fonte: Nutzung von Biomasse zur Energiegewinnung — Empfehlungen an die Politik (Energia dalla biomassa — Raccomandazioni per i responsabili politici) a cura del comitato consultivo per le politiche agricole presso il ministero tedesco dell'Alimentazione, agricoltura e protezione dei consumatori, novembre 2007.

(8)  Centro comune di ricerca della Commissione europea: Biofuels in the European Context: Facts, Uncertainties and Recommendations, 2008,

http://ec.europa.eu/dgs/jrc/downloads/jrc_biofuels_report.pdf (disponibile solo in inglese).

(9)  L'EMPA è un istituto di ricerca sulla scienza e la tecnologia dei materiali; fa parte del Politecnico federale di Zurigo. Fonte: R. Zah, H. Böni, M. Gauch, R. Hischier, M. Lehmann, P. Wäger (Dipartimento Tecnologia e società dell'EMPA, San Gallo): «Ökobilanz von Energieprodukten: Ökologische Bewertung von Biotreibstoffen. Schlussbericht» (Ecobilancio dei prodotti energetici: valutazione ecologica dei biocarburanti. Relazione finale), aprile 2007. Relazione commissionata dall'Ufficio federale elvetico dell'energia, dall'Ufficio federale dell'ambiente e dall'Ufficio federale dell'agricoltura, e consultabile al seguente indirizzo:

http://www.news-service.admin.ch/NSBSubscriber/message/attachments/8514.pdf

(10)  Cfr. anche il parere sul tema Le fonti energetiche rinnovabili (TEN/211 — CESE 1502/2005 del 15 dicembre 2005, relatrice: SIRKEINEN), punto 3.3.1.

(11)  Cfr. in proposito il già menzionato studio del Centro comune di ricerca della Commissione europea: Biofuels in the European Context: Facts, Uncertainties and Recommendations, 2008,

http://ec.europa.eu/dgs/jrc/downloads/jrc_biofuels_report.pdf (disponibile solo in inglese).