3.2.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 27/152


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Come conciliare la dimensione nazionale e la dimensione europea nella comunicazione sull'Europa

(2009/C 27/30)

La presidenza francese del Consiglio dell'Unione europea, con lettera del 25 ottobre 2007, ha deciso di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema:

Come conciliare la dimensione nazionale e la dimensione europea nella comunicazione sull'Europa.

Il Comitato economico e sociale europeo, conformemente all'articolo 20 del proprio Regolamento interno, ha designato Béatrice OUIN come relatrice generale.

Il presente parere tiene inoltre conto delle idee espresse nella comunicazione Debate Europe: Valorizzare l'esperienza del Piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito, adottata dalla Commissione il 2 aprile 2008 (1).

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 10 luglio 2008, nel corso della 446a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 115 voti favorevoli e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

Il CESE raccomanda quanto segue:

1.1

esprimere l'originalità della costruzione europea, i suoi valori e il suo progetto con parole semplici, comprensibili anche ai bambini.

1.2

A livello europeo, produrre per l'educazione civica europea una base comune di conoscenze, elaborata a partire da quanto viene insegnato attualmente negli Stati membri, destinata agli alunni delle scuole e disponibile nelle 22 lingue ufficiali dell'Unione. Tale base comune potrà essere approvata dal Parlamento europeo. Oltre a venire inserita nei programmi scolastici, essa consentirà anche di impartire una formazione prioritaria a opinion leader come insegnanti, rappresentanti politici e giornalisti. L'organizzazione di detta formazione è materia di competenza nazionale.

1.3

Tutte le istituzioni dovranno contribuire ad elaborare e diffondere una politica di comunicazione comune. Le proposte in tal senso contenute nel summenzionato documento Debate Europe sono incoraggianti, ma devono spingersi oltre. Detta comunicazione dovrà evitare l'eurocratese in uso a Bruxelles e dovrà consentire ai cittadini europei di discutere i temi sociali di attualità.

1.4

La politica comune di comunicazione deve essere veicolata in primo luogo dai rappresentanti politici a capo delle istituzioni europee e dai membri dei governi nazionali chiamati a decidere nell'ambito delle varie formazioni del Consiglio dei ministri europeo e che godono di notorietà e visibilità nei rispettivi paesi. Per rivolgersi, da Bruxelles, ai 495 milioni di cittadini europei, sarà necessario elaborare una comunicazione destinata agli opinion leader dei diversi paesi (rappresentanti della società civile, rappresentanti politici locali, giornalisti e insegnanti), fornendo loro, per esempio, una sintesi breve e comprensibile delle riunioni del Consiglio europeo.

1.5

A livello nazionale, questi membri della società civile e rappresentanti politici locali dovranno essere i promotori della democrazia partecipativa europea; insieme essi dovranno raccogliere i punti di vista e le opinioni dei cittadini sui progetti europei. I rappresentanti politici locali si trovano nella posizione ideale per occupare le pagine della stampa locale, che è la più letta: se loro parlano d'Europa, la stampa amplificherà il loro messaggio. Tutti i detentori di un mandato europeo dovrebbero una volta l'anno rendere conto della propria attività a chi ha conferito loro il mandato. Si dovrebbe istituire a livello locale un registro di specialisti con esperienza europea, che potrebbero intervenire in scuole, associazioni, assemblee ecc.

1.6

A livello europeo, si dovrebbero mettere a disposizione degli opinion leader (rappresentanti politici locali, giornalisti, insegnanti, membri dei consigli economici e sociali nazionali e altri rappresentanti della società civile) basi di dati aggiornate e analisi comparative delle realtà dei diversi Stati membri dell'Unione nei vari settori. Tali informazioni potranno essere tra l'altro convogliate verso i numerosi media di cui dispone la società civile.

1.7

A livello nazionale, occorre favorire incontri e scambi diretti tra i cittadini sotto forma di gemellaggi, eventi sportivi, presenza di rappresentanti di un altro Stato membro in tutti i corsi di formazione caratterizzati da una dimensione europea: a questo fine, si dovrà prevedere un accesso semplice e decentralizzato a un sistema di finanziamento delle spese di trasferta (Fondo europeo per la comunicazione) a complemento dei programmi di mobilità già esistenti.

1.8

Il Comitato raccomanda di utilizzare meglio le risorse esistenti, e in particolare, di sfruttare al massimo i documenti già tradotti, che troppo spesso vengono utilizzati esclusivamente come documenti di lavoro dai membri delle istituzioni, e promuovere il multilinguismo quale condizione necessaria per la comunicazione tra i cittadini europei (2).

1.9

Il Comitato raccomanda di proporre agli Stati membri di istituire un ministero degli Affari europei a pieno titolo. L'estero inizia infatti oramai alle frontiere dell'Unione, e dunque gli affari europei rientrano nell'ambito della politica interna e non in quello degli affari esteri. Lo stesso vale per le organizzazioni e i media.

1.10

A livello nazionale, occorre da un lato approfittare dello svolgimento di eventi di vario tipo (competizioni sportive europee e internazionali, elezioni del Parlamento europeo, Giornata dell'Europa, anniversari come quello della caduta del muro di Berlino) e dall'altro organizzare incontri specificatamente per parlare di Europa, sempre facendo uso dei simboli europei, e cioè l'inno e la bandiera.

2.   Motivazione

2.1   Come conciliare la dimensione nazionale e la dimensione europea nella comunicazione sull'Europa

2.1.1

A seguito dell'esito negativo dei referendum tenutisi in Francia e nei Paesi Bassi sul progetto di Trattato costituzionale, si è sviluppato un consenso generale sulla necessità di migliorare la comunicazione sull'Europa. Il risultato del referendum tenutosi in Irlanda dimostra che tale volontà non si è ancora tradotta in azioni efficaci a livello nazionale ed europeo.

2.1.2

La Commissione ha prodotto numerosi testi che sono già stati discussi e il Comitato economico e sociale europeo ha fornito in materia eccellenti pareri, che non è necessario parafrasare in questa sede. Quello in merito al Libro bianco su una politica europea di comunicazione (CESE 972/2006 (3)) afferma che «le autorità pubbliche nazionali, la società civile e le istituzioni dell'Unione europea devono collaborare per consolidare il posto dell'Europa nella sfera pubblica». L'obiettivo del presente documento non è quello di presentare nuove proposte, ma di organizzare quelle già formulate, raccomandando di distinguere tra le competenze dei poteri pubblici nazionali, quelle della società civile e quelle delle istituzioni dell'Unione, nonché di definire le azioni prioritarie.

2.2   Comunicare l'Europa: un compito complesso

2.2.1

La comunicazione sull'Europa è necessariamente complessa; il progetto della costruzione europea ha sempre trovato oppositori: chi vorrebbe meno Europa e chi ne vorrebbe di più, o chi auspica un avanzamento più rapido. Comunicare l'Europa in maniera equilibrata e comprensibile rappresenta dunque una vera e propria sfida. Non si tratta di «vendere» l'Europa, ma di permettere ai cittadini di vivere nello spazio europeo e di partecipare consapevolmente alle scelte strategiche sul futuro dell'Unione.

2.2.2

Comunicare l'Europa vuol dire da un lato far comprendere una realtà politica unica nella storia dell'umanità e dall'altro proporre un progetto. Occorre trovare un equilibrio tra la comunicazione del progetto — che spetta ai responsabili politici — e la necessaria informazione su quanto prodotto dalle istituzioni, attività che compete a ciascuna istituzione e che si rivolge al rispettivo pubblico interessato.

2.2.3

È necessario rivedere il progetto iniziale. Spiegare che «l'Europa vuole dire pace» a generazioni che non hanno vissuto il secondo dopoguerra e che hanno iniziato a interessarsi a quanto succede nel mondo quando cadevano le bombe su Sarajevo non è credibile. Le generazioni nate dopo gli anni '70 hanno la sensazione che l'Europa sia stata loro imposta e che essa non sia stata in grado né di impedire una guerra davanti alla loro porta, né di offrire protezione contro quelli che vengono da molte parti considerati come gli eccessi della globalizzazione. Esse non percepiscono che i diritti e le libertà di cui godono sono il risultato della dinamica europea.

2.2.4

Può risultare più motivante spiegare che «Europa vuol dire ampliare gli orizzonti» mediante l'abolizione delle frontiere, mostrare concretamente come, passo dopo passo, si eliminano gli ostacoli alla comprensione reciproca, al dialogo, alla circolazione, al commercio, al lavoro, al trasferimento in un altro Stato, dimostrare che l'Europa amplia la gamma delle possibilità offrendo agli europei un terreno di vita più vasto e un'apertura alle altre culture. Anche spiegare che l'Europa permette, mediante il raffronto tra i diversi sistemi, di sviluppare il meglio prodotto da ciascuno può servire a dimostrare concretamente l'utilità dell'UE.

2.2.5

Occorre infine dire che solo insieme si può lottare contro il cambiamento climatico, proteggere l'ambiente, garantire la sicurezza alimentare, i diritti dei consumatori ecc. Proprio come gli Stati, infatti, anche l'Europa ha bisogno di concetti semplici. È facile far comprendere a un bambino che le strade e le ferrovie sono necessarie per spostarsi, che tutti devono imparare a leggere per poter capire il mondo, che è necessario punire le persone che nuocciono agli altri e alla collettività e che servizi indispensabili a tutti, come la gestione del territorio, l'istruzione e la giustizia, sono forniti dallo Stato, al quale spetta inoltre il compito di tutelare la salute, la sicurezza e la solidarietà. È invece meno facile spiegare l'Europa, la sua necessità e la sua utilità, dato che si tratta di una costruzione recente, che alcuni cittadini faticano ancora a comprendere. Può risultare invece semplice da spiegare ai bambini e ai loro genitori che, grazie alla realizzazione di uno spazio di vita più ampio, si diventa più forti e creativi, poiché si è più numerosi.

2.2.6

L'euro, benché non riguardi tutti gli Stati dell'Unione, sembra un successo che potrebbe essere maggiormente valorizzato, sia come simbolo dell'abolizione delle frontiere, sia come veicolo di un senso di appartenenza all'Europa, nonché come mezzo per essere più forti insieme.

2.2.7

L'identificazione con l'Europa avviene anche tramite figure emblematiche e simboli forti, noti a tutti, come la bandiera europea.

3.   Osservazioni generali

3.1   Comunicazione politica e comunicazione istituzionale

3.1.1

Va sottolineato che ciascuna delle istituzioni europee, com'è legittimo, impiega diversi strumenti per spiegare ciò che fa: servizi di comunicazione composti da funzionari qualificati, siti Internet, pubblicazioni e video. Un cittadino che visiti le sedi delle istituzioni europee torna a casa carico di documentazione: questo non garantisce però che egli abbia compreso il loro funzionamento e il loro impatto sulla sua vita quotidiana. In certi casi, anzi, tutti questi documenti rischiano di produrre piuttosto un senso di complessità, se non addirittura di confusione. Non bisogna comunicare di più, ma meglio. Non sono i mezzi che mancano, ma occorre utilizzarli in maniera differente. Il problema non è la cattiva qualità degli strumenti di comunicazione bensì la loro insufficiente coerenza e capacità di durare nel tempo. Gli opuscoli che vengono distribuiti non sono ben mirati, né in termini di contenuti, né in relazione alle persone e istituzioni a cui si rivolgono. Inoltre il loro numero è decisamente eccessivo.

3.1.2

La crisi di fiducia nella capacità dell'Unione europea di comunicare efficacemente con i cittadini impone una svolta nella cultura stessa degli sforzi di comunicazione della UE. Attualmente tali sforzi sono, nel migliore dei casi, inadeguati a raggiungere le persone che non conoscono affatto l'Unione europea (ovvero la maggioranza dei suoi cittadini) e, nel peggiore, possono risultare persino controproducenti, a causa della mancanza di una riflessione comune tra le istituzioni europee e gli Stati membri in materia di strategie di informazione.

3.1.3

Gli importi complessivamente destinati alla comunicazione istituzionale sono cospicui e potrebbero essere utilizzati meglio per comunicare le diverse politiche. Sarebbe interessante conoscere il bilancio stanziato per la comunicazione da ciascuna istituzione europea e dagli Stati membri, e sapere chi ne è responsabile.

3.1.4

Molti concordano nell'affermare che la comunicazione sull'Europa è soltanto un mezzo al servizio di un progetto e che la comunicazione non può essere valida se il progetto non è valido. Tuttavia, il problema non è soltanto la qualità del progetto, ma anche il fatto che non esistono strumenti per promuovere il progetto stesso, se non all'interno delle diverse istituzioni. Il progetto europeo deve essere veicolato, innanzitutto, dai responsabili politici di massimo livello: il Presidente di turno dell'Unione (o, in futuro, il Presidente previsto dal Trattato di Lisbona), i capi di Stato e di governo e il Presidente della Commissione. I ministri che partecipano ai Consigli UE sono i più adatti a spiegare nei rispettivi paesi le decisioni adottate collettivamente.

3.1.5

La comunicazione sulle istituzioni è per lo più limpida, poiché è essenzialmente volta a rendere note le loro attività. Per contro, la comunicazione sul progetto europeo è sempre per sua natura soggetta ad essere criticata. Fattori quali la carenza di mezzi specifici, le critiche provenienti da ogni lato, e le caratteristiche dei responsabili politici, la cui notorietà spesso non va oltre i confini del paese e la cui principale preoccupazione è l'immagine di cui godono a livello nazionale (dal quale traggono legittimazione), contribuiscono a indebolire la comunicazione politica europea fino quasi a spegnerne la voce.

3.1.6

Se invece le istituzioni comunitarie e quelle nazionali cureranno insieme la comunicazione politica e quella istituzionale, esse saranno in grado di attuare la nuova politica di comunicazione comune: si tratta d'altronde di una sfida per l'Unione del XXI secolo, la cui diversità nell'unità la contrappone alle entità più omogenee sviluppatesi in altre parti del mondo. Oggi più che mai risulta attuale la battuta di Henry Kissinger, secondo cui «l'Europa non ha un numero di telefono».

3.1.7

Bisogna elaborare una politica comune di comunicazione in grado di unire le istituzioni della UE e gli Stati membri mediante una serie di principi fondamentali in materia di strategia europea di comunicazione e d'informazione. Tale politica sosterrebbe i diversi sforzi compiuti dalle organizzazioni governative e non governative al fine di accrescere la consapevolezza europea a livello locale in ciascun paese.

3.1.8

Questa politica costituirebbe inoltre un valido strumento per garantire che il coro delle istituzioni comunitarie «canti la stessa canzone». Una situazione in cui le diverse istituzioni sono di fatto in competizione tra loro è a dir poco ridicola. Pur avendo, ovviamente, esigenze e criteri diversi in materia di informazione le istituzioni perseguono sostanzialmente un obiettivo comune, che sembra però essere stato sopraffatto dalla spasmodica ricerca dell'autogiustificazione e dalla difesa narcisistica della propria identità.

3.1.9

È ormai tempo che l'Unione europea investa in quella che è indubbiamente una delle sfide più importanti che dovrà affrontare nel corso del prossimo decennio: dare ai cittadini un vero senso di appartenenza a un'impresa unica al mondo e degna di essere perseguita.

3.2   Comunicazione mirata

3.2.1

Anche utilizzando Internet è impossibile comunicare l'Europa, da Bruxelles, a 495 milioni di cittadini.

3.2.2

La comunicazione istituzionale dovrà essere mirata; essa dovrà rivolgersi non già al grande pubblico ma alle persone che, a monte, sono qualificate per intervenire sui progetti perché si tratta del loro settore di competenza e che, a valle, possono servirsi dei testi adottati per applicarli e/o farli conoscere agli interessati. Tali intermediari sono i più idonei a illustrare i risultati presenti e passati della costruzione europea. Sotto tale profilo, il CESE è senza dubbio un intermediario adatto, dal momento che riunisce rappresentanti di tutte le componenti della società.

3.2.3

Prima di pubblicare un documento, sia esso cartaceo o elettronico, è necessario tenere conto dei suoi destinatari, poiché a seconda del target si utilizzano un linguaggio e delle immagini diverse. Troppe pubblicazioni non sembrano di fatto raggiungere i destinatari perché nella forma si rivolgono al grande pubblico mentre nella sostanza sono destinate a un target specializzato.

3.2.4

È necessario rivolgersi a un pubblico di intermediari specializzati per settore di competenza. Sotto tale profilo, l'iniziativa del CESE di realizzare una newsletter elettronica e-bridge, adatta a ciascun membro e rivolta ai suoi intermediari, può rappresentare un modello di buona pratica. Altrettanto vale per il progetto del Parlamento europeo inteso a creare una rete che riunisce i parlamentari europei e quelli degli Stati membri. Tali rappresentanti infatti, nel loro insieme, sono in grado di raggiungere un numero elevato di opinion leader influenti in ciascuno Stato membro.

3.2.5

Occorre mirare l'informazione specificamente ai rappresentanti politici, ai membri dei consigli economici e sociali nazionali, ai giornalisti e agli insegnanti, chiedendosi di volta in volta di che cosa essi abbiano bisogno per diffondere efficacemente la nozione di Europa e le realizzazioni dell'Unione. Bisogna partire dalle loro esigenze, anziché dalla necessità delle istituzioni di far conoscere le loro attività.

3.2.6

Inoltre, è importante incontrare gli opinion leader nel loro territorio. L'importanza dei «media sociali» sta crescendo e ogni forma di comunicazione deve utilizzare i media più consoni.

3.3   Il ruolo dei rappresentanti politici nella democrazia partecipativa

3.3.1

La comunicazione politica sul progetto europeo deve raggiungere i 495 milioni di cittadini europei, illustrando quello che l'Europa ha fatto, sta facendo e intende fare, le ragioni per cui l'Europa è un vantaggio, che tipo di aiuti l'Europa fornisce e perché. Tale comunicazione è di competenza degli Stati, e in particolare dei ministri che partecipano al Consiglio dei ministri dell'Unione e che sono quindi i più informati sulle decisioni di quest'ultimo, nonché dei leader politici e dei membri della società civile, che oltre a essere in grado di parlare ai cittadini nella loro lingua, sono sufficientemente vicini e conosciuti per essere ascoltati. Anche se il bilancio collettivo dell'Europa è lo stesso per tutti gli europei, la spiegazione del motivo per cui essa rappresenta un vantaggio per i cittadini e i loro paesi non può essere la stessa per i bulgari, gli estoni o gli svedesi.

3.3.2

La comunicazione sul progetto europeo deve essere partecipativa e tenere conto delle esigenze, delle aspettative e delle opinioni dei cittadini. Ciò richiede che i responsabili siano capaci di ascoltare. Tale consultazione non può essere fatta da Bruxelles o da Strasburgo. I gruppi di cittadini possono fornire il polso dell'opinione pubblica, ma non possono, da soli, dare a tutti i cittadini la sensazione di essere ascoltati.

3.3.3

I rappresentanti politici locali, legittimati dalla democrazia rappresentativa e vicini ai loro elettori, sono sicuramente più adatti degli istituti demoscopici per chiedere ai cittadini la loro opinione sui progetti europei. Analogamente, gli attori della società civile devono chiedere ai loro elettori un parere sulle questioni trattate a livello europeo che rientrano nel loro settore di competenza. Se i rappresentanti politici parlano dell'Europa, la stampa darà eco alle loro dichiarazioni. L'Europa dovrebbe così occupare un ampio spazio nei media (stampa e radio locali) e nei blog dei rappresentanti politici.

3.3.4

I rappresentanti degli Stati membri, i ministri, i parlamentari europei, i membri del CESE e del Comitato delle regioni, le parti sociali, i delegati delle ONG o i funzionari nazionali dei comitati di programma dovrebbero riferire ogni anno in merito alle loro esperienze a Bruxelles ai loro elettori o ai gruppi che rappresentano (relazione annuale e riunione sul campo). Per costruire l'Europa non basta agire nelle sue sedi istituzionali: tutti coloro che contribuiscono all'impresa hanno un ruolo da svolgere per spiegare nel loro paese quanto viene deciso a Bruxelles. L'iniziativa Si torna a scuola (Back to school) dev'essere proseguita.

3.4   Un'educazione civica europea comune

3.4.1

A livello europeo, è necessario predisporre una base comune, destinata agli alunni delle scuole e quindi scritta in un linguaggio accessibile a tutti, di conoscenze sulla storia della costruzione dell'Europa, il suo funzionamento, i suoi valori e il suo progetto. Sarebbe importante che tale base comune fosse la stessa per tutti i giovani europei, e che venisse approvata dal Parlamento europeo. Questa base di conoscenze destinata ad essere insegnata ai bambini potrebbe essere utilizzata anche per i rappresentanti politici locali, che sono l'espressione dei poteri pubblici più vicina ai cittadini. Essa dovrebbe essere contenuta in un documento di facile comprensione e includere la bandiera europea, una cartina dell'Europa nonché una «carta del cittadino europeo»: questa dovrà a sua volta contenere due sezioni, una dedicata al significato del progetto europeo e alla storia e ai valori europei ed un'altra riguardante le politiche europee e la loro incidenza sulla vita quotidiana dei cittadini (abolizione delle frontiere, euro, fondi strutturali, programmi di mobilità, carta dei diritti fondamentali, ecc.). Tale documento, destinato ad esprimere l'unità che rende intelligibile la diversità, dovrebbe essere pubblicato nelle 22 lingue dell'Unione. Esso dovrebbe essere consegnato a ogni cittadino europeo insieme al passaporto.

3.4.2

L'educazione all'Europa costituisce la prima sfida da cogliere. Tutti gli Stati dovranno impegnarsi a introdurre tale base comune di conoscenze a tutti i livelli possibili: programmi scolastici, manuali di educazione civica, ma anche formazione sulle questioni europee per gli insegnanti, i funzionari, i giornalisti, gli attori della società civile, i rappresentanti politici e tutti coloro che a Bruxelles sono impegnati nell'ambito dei numerosi gruppi di consultazione, di coordinamento e di decisione. L'educazione all'Europa potrebbe essere inserita anche nei programmi di formazione professionale continua dei lavoratori dipendenti.

3.4.3

Per verificare l'effettiva acquisizione di dette conoscenze, sarebbe opportuno porre quesiti relativi all'Europa nel corso degli esami finali dei vari cicli scolastici, nei concorsi per gli insegnanti e il pubblico impiego e nelle scuole di giornalismo. Si dovrebbe inoltre creare una rete che riunisca i docenti impegnati nella diffusione della conoscenza sull'Europa.

3.4.4

La base comune di conoscenze riguarda anche i valori che l'Unione europea ha adottato e che, nel loro insieme, la distinguono dalle altre zone del mondo:

il rispetto della dignità umana, che si esprime attraverso l'abolizione della pena di morte e l'applicazione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, il rispetto della vita privata e la solidarietà tra le generazioni,

il rispetto della diversità culturale, intesa non come fattore di divisione tra le diverse comunità, ma quale diritto individuale; in tale contesto, il razzismo, l'antisemitismo e l'omofobia sono oggetto di sanzioni penali,

la tutela dei diritti sociali, del dialogo sociale e della parità di opportunità attraverso la Carta dei diritti fondamentali,

lo «Stato di diritto transnazionale». Nell'Unione europea, lo Stato di diritto ha sostituito la legge del più forte, sia nell'ambito degli Stati-nazione che nell'Unione nel suo complesso. Ogni cittadino europeo può far valere i propri diritti al di là dei confini del suo paese d'origine e ciò vale sia per il diritto nazionale che per il diritto comunitario,

uno spazio di solidarietà transnazionale, regionale, generazionale e sociale, che si esprime attraverso i vari fondi europei.

3.5   Fornire informazioni sull'Europa

3.5.1

Gli intermediari svolgono già un ruolo di primo piano per quanto concerne l'informazione e la sensibilizzazione delle diverse componenti della società. Sarebbe necessario dotarli di strumenti adeguati che consentano loro di svolgere un ruolo ancor più incisivo.

3.5.2

Gli organi di informazione delle organizzazioni della società civile — organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, mutue, federazioni degli agricoltori e ONG — costituiscono un intermediario particolarmente efficace. Tali media potrebbero fornire informazioni sui progetti europei nei rispettivi settori di competenza e promuovere i confronti tra i vari paesi descrivendo ciò che viene fatto in ciascuno di essi su ogni tema trattato. Tali confronti alimentano infatti il dibattito a livello nazionale sulle riforme necessarie.

3.5.3

L'Unione potrebbe rendere disponibili le proprie banche dati in tutte le lingue, affinché possano essere consultate da questo tipo di stampa, che è molto vicina ai cittadini ma è povera di mezzi.

3.6   Agevolare gli incontri e gli scambi

3.6.1

Come è stato dimostrato dai programmi di scambio come Erasmus, i contatti diretti tra europei sono il mezzo migliore per costruire un senso di appartenenza all'Europa. I viaggi di studio e di lavoro, nonché i gemellaggi tra i comuni europei, gli istituti scolastici, le case di riposo, le associazioni sociali e umanitarie ecc., sono ottimi strumenti di comprensione reciproca. Tuttavia, è possibile adottare altre misure, come ad esempio decidere di invitare un rappresentante di un altro Stato membro in tutti i corsi di formazione organizzati dai sindacati, dalle associazioni dei datori di lavoro o da altri tipi di associazioni. Analogamente, tutti i consigli comunali potrebbero ospitare, almeno una volta l'anno, un rappresentante politico locale di un altro paese europeo. Istituendo un servizio civile europeo si potrebbe permettere ai giovani volontari di acquisire un'esperienza professionale in un altro paese europeo.

3.6.2

I gemellaggi tra consigli comunali dei giovani, tra università della terza età e tra gruppi musicali, nonché le competizioni sportive, rappresentano altrettante occasioni di incontro e di conoscenza reciproca. Eliminando l'ostacolo delle spese di viaggio, tali incontri sarebbero naturalmente più frequenti.

3.6.3

Per moltiplicare gli incontri tematici tra cittadini degli Stati membri sono necessarie risorse per finanziare le spese di viaggio sostenute dagli invitati provenienti da altri paesi europei. L'iniziativa Golden Star della DG Istruzione e cultura, volta a favorire gli incontri tra comitati di gemellaggio e iniziative locali, va nella giusta direzione. Per ottenere un risultato efficace, sarebbe sufficiente, visto che si tratta di una spesa relativamente modesta, un sistema semplice e decentralizzato. Si potrebbe cioè fare confluire i risparmi derivanti dalla riduzione del numero di pubblicazioni in un fondo comune, volto ad agevolare la partecipazione degli omologhi europei alle attività dei sindacati, delle associazioni di enti locali, delle federazioni industriali, dei comitati di gemellaggio ecc. Al fine di incoraggiare la partecipazione sul campo, tali fondi potrebbero coprire esclusivamente le spese di viaggio e potrebbero essere distribuiti in modo molto semplice e rapido dagli intermediari locali, quali le antenne della rete Europe Direct o Case dell'Europa. In merito all'assegnazione dei fondi verrebbero consultati gli attori locali dell'Europa, attraverso un annuario — da creare — di tutti gli attori sul campo investiti di un mandato negli organismi di coordinamento e di decisione a Bruxelles o altrove (comitati d'impresa europei, scambi universitari ecc.).

3.6.4

Si potrebbe lanciare l'idea che ogni cittadino europeo dovrebbe poter disporre dei mezzi necessari per permettergli di recarsi, una volta nella vita, a Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo per visitare le istituzioni comunitarie e comprendere meglio il funzionamento dell'Europa.

3.6.5

Sarebbe opportuno che, conformemente a quanto previsto dalla comunicazione della Commissione relativa al Piano D Debate Europe, i progetti di comunicazione cofinanziati dalle istituzioni includano una sezione dedicata alle iniziative transfrontaliere.

3.7   Un migliore utilizzo delle risorse esistenti

3.7.1

I pareri forniti dal CESE, in quanto sintesi universalmente accessibile dei progetti di testi normativi (nel caso delle consultazioni) o espressione delle preoccupazioni dei cittadina (nel caso dei parere di iniziativa), sono importanti non solo per l'utilità del loro contenuto, ma anche per il fatto che lo stesso testo viene tradotto in tutte le lingue dell'Unione, e ciò potrebbe costituire una base comune di riflessione.

3.7.2

Sarà necessario creare un «mezzo di comunicazione europeo», che consenta di sapere ciò che avviene nelle altre nazioni. Abolire le frontiere significa anche conoscere, per esempio, il metodo per lo smaltimento dei rifiuti utilizzato in Estonia o il sistema di riscaldamento impiegato a Barcellona, sapere quanti giorni di congedo di maternità hanno a disposizione le irlandesi o come vengono determinati i salari in Romania. Sapere che le sfide locali sono le stesse anche in regioni molto distanti dalla nostra e conoscere le soluzioni adottate dagli altri aiuterà tutti a sentirsi membri della stessa Europa.

3.7.3

I media audiovisivi transnazionali, come per esempio Euronews, svolgono un ruolo fondamentale nel fornire immagini e reportage. Sarebbe opportuno che la copertura degli affari europei sia esplicitamente inclusa tra gli obblighi del servizio pubblico nel settore degli audiovisivi a livello nazionale; inoltre bisognerebbe creare un servizio audiovisivo pubblico europeo.

3.7.4

Si potrebbe inoltre utilizzare maggiormente l'Eurovisione per dare rilievo a determinati eventi e per rendere l'Europa familiare ai cittadini, ad esempio diffondendo gli auguri del Presidente della Commissione in tutte le lingue, o mandando in onda competizioni sportive europee e altro ancora.

3.8   L'Europa non è l'estero

3.8.1

Troppi governi dell'Unione affidano gli affari europei al ministero degli Affari esteri; troppi media includono le informazioni sull'Europa nella rubrica «esteri»; in troppe organizzazioni, le questioni europee sono trattate dal servizio internazionale. Eppure, le direttive europee alimentano il lavoro dei parlamenti nazionali e riguardano tutti i settori della società: non si tratta dunque di affari «esteri», ma di affari «interni». Le questioni europee si riflettono ormai in tutti le politiche interne degli Stati membri. Occorrerebbe istituire dei ministeri degli Affari europei a pieno titolo, dotati di propri servizi di analisi, di previsione, di comunicazione e di sostegno della società civile.

3.8.2

Analogamente, ogniqualvolta in un paese si affronta una questione, si deve tener conto della sua dimensione europea e del modo in cui essa è trattata negli altri Stati membri.

3.8.3

L'estero incomincia ai confini dell'Unione, non alle frontiere degli Stati membri. L'attrazione che il «modello europeo» esercita sui paesi esterni all'Unione ci consente di comprendere l'importanza della costruzione europea, che si tratti della costruzione di un grande mercato o del modello democratico transnazionale per gestire la diversità.

3.8.4

Occorre organizzare seminari d'informazione per i quadri dirigenti degli altri continenti, volti a illustrare il processo di costruzione e il funzionamento dell'Unione, al fine di migliorarne l'immagine sia all'esterno che all'interno dell'Europa e di portare i valori europei nel resto del mondo.

3.9   Organizzazione di eventi

3.9.1

Tutti gli operatori della comunicazione sanno che, per far parlare di sé, è necessario da un lato creare delle manifestazioni e, dall'altro, avvalersi, per comunicare, anche degli eventi già programmati. Per esempio, in occasione degli eventi sportivi internazionali, non sarebbe opportuno issare insieme la bandiera europea e quella nazionale al momento della premiazione dei vincitori? Perché non affiancare la bandiera europea a quella nazionale sulle divise degli atleti? Perché non contare le medaglie europee alle Olimpiadi?

3.9.2

Le elezioni europee e l'anniversario della caduta del muro di Berlino sono altri eventi da non perdere. Inoltre, la Giornata dell'Europa, celebrata il 9 maggio, dovrebbe divenire un giorno festivo ufficiale, eventualmente in sostituzione di un altro. Bisogna inoltre far uscire le manifestazioni europee dall'isolamento di Bruxelles e approfittare delle feste nazionali dando loro una dimensione europea.

4.   Sintesi delle precedenti raccomandazioni del Comitato

4.1

Il Comitato desidera ricordare le precedenti raccomandazioni che ha rivolto alla Commissione in materia di comunicazione, e segnatamente quelle contenute nei documenti seguenti: allegato al suo parere dell'ottobre 2005 sul tema Il periodo di riflessione: la struttura, gli argomenti e il quadro per una valutazione del dibattito sull'Unione europea (CESE 1249/2005 (4)), parere del dicembre 2005 in merito alla comunicazione della Commissione Il contributo della Commissione al periodo di riflessione e oltre: Un Piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito (CESE 1499/2005 (5)), parere del luglio 2006 in merito al Libro bianco su una politica europea di comunicazione (CESE 972/2006 (6)) e parere adottato nell'aprile 2008 in merito alla Comunicazione della Commissione — Insieme per comunicare l'Europa (CESE 774/2008).

Bruxelles, 10 luglio 2008.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  COM(2008) 158 def. del 2 aprile 2008.

(2)  Parere del CESE, del 26 ottobre 2006, in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Un nuovo quadro strategico per il multilinguismo (relatrice: LE NOUAIL MARLIÉRE, GU C 324 del 30.12.2006); parere esplorativo sul tema Il multilinguismo, esaminato a luglio 2008 (relatrice LE NOUAIL MARLIERE); proposte del gruppo guidato da Amin MAALOUF.

(3)  GU C 309 del 16.12.2006, pagg. 115-119.

(4)  GU C 28 del 3.2.2006, pagg. 42-46.

(5)  GU C 65 del 17.3.2006, pagg. 92-93.

(6)  GU C 309 del 16.12.2006, pagg. 115-119.