9.8.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 204/9


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione europea — Un'Europa dei risultati — applicazione del diritto comunitario

COM(2007) 502 def.

(2008/C 204/02)

La Commissione, in data 5 settembre 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione europea — Un'Europa dei risultati — applicazione del diritto comunitario

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 febbraio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore RETUREAU.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 12 marzo 2008, nel corso della 443a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 59 voti favorevoli e 2 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

Nella comunicazione del 5 settembre 2007 intitolata Un'Europa dei risultatiapplicazione del diritto comunitario (COM(2007) 502 def.) la Commissione segnala che, su oltre 9.000 atti normativi, 2.000 sono direttive, ciascuna delle quali necessita da 40 a 300 misure di recepimento e che, considerato il numero elevato di cittadini europei in grado di far valere diritti derivanti dalla legislazione comunitaria, occorre — nel perseguire l'obiettivo «legiferare meglio» — prestare particolare attenzione all'applicazione del diritto, individuando i motivi delle persistenti difficoltà di applicazione del diritto e di controllo di tale applicazione.

Propone quindi di migliorare l'approccio attuale in materia di applicazione del diritto comunitario e del relativo controllo.

1.2

La Commissione ha individuato quattro possibili direttrici per una migliore applicazione del diritto:

a)

prevenzione: valutazioni d'impatto migliori, analisi dei rischi incluse nelle proposte della Commissione, inserimento sistematico di una tavola di concordanza in tutte le proposte, formazione delle autorità nazionali in diritto comunitario;

b)

risposta efficace ed appropriata: miglioramento dello scambio di informazioni non solo con le imprese e i cittadini ma anche con le autorità nazionali — un obiettivo per la cui realizzazione è particolarmente importante il ricorso generalizzato alle «riunioni pacchetto»;

c)

perfezionamento dei metodi di lavoro: designazione di un punto di contatto centrale in ciascuno Stato membro con il compito di fare da tramite tra l'autorità nazionale competente e la Commissione, miglioramento della gestione dei procedimenti per infrazione grazie soprattutto alla definizione di priorità;

d)

rafforzamento del dialogo e della trasparenza: miglioramento del dialogo interistituzionale e diffusione di informazioni generali sui risultati della «nuova impostazione» adottata.

1.3

Il Comitato condivide la volontà della Commissione di potenziare gli strumenti utili per garantire una migliore applicazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri.

A tale proposito desidera formulare le seguenti osservazioni.

2.   Individuazione del problema

2.1

La maggior parte dei problemi di cattiva applicazione e attuazione del diritto comunitario è dovuta al mancato recepimento delle direttive. Il recepimento può essere definito come l'operazione con cui uno Stato membro destinatario di una direttiva adotta tutte le misure necessarie per un'efficace integrazione di quest'ultima nell'ordinamento giuridico interno mediante gli opportuni strumenti normativi.

2.2

Il recepimento esige che lo Stato membro assolva due obblighi:

da un lato, l'integrazione nel diritto interno dell'intero contenuto normativo della direttiva,

dall'altro, l'abrogazione o la modifica di tutte le preesistenti norme di diritto interno non conformi alla direttiva.

2.3

Lo stesso vale per l'integrazione nel diritto interno delle decisioni-quadro di cui all'articolo 34 del Trattato sull'Unione europea (TUE), che — al pari delle direttive di cui all'articolo 249 del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) — «sono vincolanti per gli Stati membri quanto al risultato da ottenere, salva restando la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma e ai mezzi».

2.4

Anche il recepimento delle decisioni-quadro può dare origine a difficoltà: tuttavia, a differenza della procedura per inadempienza prevista agli articoli 226 e 228 del TCE, il TUE non prevede un analogo meccanismo di controllo su iniziativa della Commissione in caso di mancato o non corretto recepimento — il che, ovviamente, non rende meno vincolante per gli Stati membri l'obbligo di recepire le direttive-quadro.

2.5

È giocoforza constatare che per gli Stati membri l'adattamento dei processi di elaborazione delle norme di recepimento continua ad essere fonte di difficoltà: infatti, malgrado le apparenze, tali norme comportano complessi vincoli giuridici e pongono talvolta in seria difficoltà le tradizioni legistiche nazionali.

3.   Elementi essenziali dell'obbligo di recepimento e difficoltà incontrate dagli Stati membri

3.1

Spetta unicamente agli Stati membri scegliere la forma da dare al recepimento delle direttive, nonché stabilire, sotto il controllo del giudice nazionale — che è il giudice naturale in materia di diritto comunitario — gli strumenti atti a garantire l'efficacia della direttiva nel diritto interno. In proposito va sottolineato l'obbligo della Commissione di garantire, in quanto custode dei Trattati, la corretta applicazione del diritto comunitario e il buon funzionamento del mercato unico, avvalendosi, se del caso, degli strumenti di reazione graduale di cui dispone a tal fine nei confronti degli Stati membri (parere motivato; ricorso alla Corte di giustizia per ottenere una sentenza di condanna e, in caso di mancata conformità, l'irrogazione di una sanzione pecuniaria). Infine, il recepimento tardivo, scorretto o incompleto di una direttiva non impedisce ai cittadini interessati di farne valere in giudizio la prevalenza sul diritto interno, in virtù del principio del primato del diritto comunitario.

3.2

Un corretto recepimento presuppone quindi l'adozione di norme nazionali che siano provviste di carattere vincolante e che formino oggetto di una pubblicazione ufficiale (1), tanto è vero che la Corte di giustizia censura il recepimento sotto forma di un mero rinvio generico al diritto comunitario (2).

3.3

È possibile che l'esistenza di principi generali di diritto costituzionale o amministrativo renda superfluo il recepimento mediante l'adozione di provvedimenti legislativi o regolamentari ad hoc, ma in questo caso bisogna che tali principi garantiscano la piena applicazione della direttiva da parte dell'amministrazione nazionale.

3.4

Il recepimento di una direttiva deve essere quanto più fedele possibile. Le direttive di armonizzazione delle normative nazionali devono essere recepite nel modo più letterale possibile, al fine di garantire un'interpretazione e un'applicazione uniformi del diritto comunitario (3).

3.5

Sebbene teoricamente questo sembri non comportare alcuna difficoltà, nella pratica accade che nozioni autonome proprie del diritto comunitario (4) non trovino un equivalente nella terminologia giuridica dello Stato membro, o ancora che tali nozioni non consentano alcun richiamo al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del loro senso e della loro portata (5).

3.6

La direttiva può altresì contenere un articolo in forza del quale le disposizioni nazionali di recepimento devono includere un riferimento alla direttiva stessa o essere corredate di un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione. L'inosservanza di questa clausola, detta «di interconnessione», è sanzionata dalla Corte, che rifiuta di prendere in considerazione l'eccezione sollevata dagli Stati membri che affermano che il loro diritto interno è già conforme alla direttiva (6).

3.7

La difficoltà di recepire correttamente le direttive è anche dovuta alla loro variabilità in termini di forza normativa. Le disposizioni contenute nelle direttive, infatti, si possono distinguere in due categorie principali:

disposizioni «facoltative», che si limitano a enunciare obiettivi di carattere generale, lasciando agli Stati membri un margine di manovra abbastanza ampio nella scelta delle misure nazionali di recepimento,

disposizioni «prescrittive/incondizionate», che impongono agli Stati membri un obbligo di conformità delle misure nazionali di recepimento alle disposizioni della direttiva: ad esempio, le definizioni, le disposizioni prescrittive/incondizionate che impongono precisi obblighi agli Stati membri, gli allegati delle direttive in cui figurino elenchi o tabelle riguardanti sostanze, oggetti o prodotti oppure modelli di formulari applicabili a tutti gli Stati membri dell'Unione europea.

3.8

Nel caso delle «disposizioni facoltative», la valutazione della completezza, conformità ed effettività del recepimento non si basa sulla formulazione delle misure nazionali di recepimento bensì sul contenuto di queste ultime, le quali devono consentire di realizzare gli obiettivi stabiliti dalla direttiva.

3.9

Nel caso invece delle disposizioni «prescrittive/incondizionate», la valutazione della Commissione e della Corte riguarda piuttosto l'identità tra la formulazione delle misure nazionali di recepimento e quella delle disposizioni della direttiva.

3.10

Alcuni Stati membri, tuttavia, incontrano gravi difficoltà a redigere in modo soddisfacente le norme di recepimento delle disposizioni «prescrittive/incondizionate», difficoltà che si possono così riassumere: «ai fini di una chiara formulazione del diritto, l'emanazione di nuove disposizioni deve essere accompagnata da una sistematica» pulizia «dei testi da eventuali disposizioni ridondanti o, peggio ancora, contraddittorie. È quindi necessario trovare il giusto equilibrio tra una trascrizione troppo vicina all'originale e una revisione troppo estesa delle disposizioni in questione e questo può essere una fonte di difficoltà» (7).

4.   Metodi di recepimento a cui ricorrono gli Stati membri

4.1

La tecnica redazionale da scegliere per le misure di recepimento è diversa a seconda che si tratti di recepire «disposizioni facoltative» o «disposizioni prescrittive/incondizionate»:

nel caso delle «disposizioni prescrittive/incondizionate», il metodo di recepimento al quale gli Stati membri ricorrono in misura sempre maggiore sembra essere quello della «mera trascrizione» del testo della direttiva. Ciò in quanto il recepimento di questo tipo di disposizioni non lascia alcun margine di manovra agli Stati membri, cosicché l'attenzione della Commissione e della Corte è rivolta anzitutto alla coincidenza, quando non addirittura all'identità, tra la formulazione delle misure di recepimento e quella delle norme incondizionate della direttiva. Tuttavia, la Corte non si è mai spinta fino a statuire che l'obbligo di fedele recepimento delle direttive implichi necessariamente quello di procedere a una mera trascrizione.

La Commissione è piuttosto favorevole al metodo della «mera trascrizione», pur verificando con particolare attenzione che le definizioni contenute nella direttiva vengano riprodotte fedelmente nel testo di recepimento, onde evitare qualsiasi discrepanza semantica o concettuale che possa nuocere sia all'applicazione uniforme del diritto comunitario negli Stati membri che alla sua efficacia.

Il controllo del recepimento delle «disposizioni facoltative» appare invece più problematico. Ricordiamo infatti che si tratta dell'ipotesi in cui, conformemente alla lettera dell'articolo 249 CE, la direttiva si limita a fissare obiettivi generali, lasciando agli Stati membri la scelta discrezionale della forma e dei mezzi con cui conseguirli. La valutazione della completezza e della fedeltà del recepimento deve allora riguardare il contenuto — e non la stessa formulazione — delle misure di diritto interno. La Corte statuisce quindi che il controllo delle misure di recepimento deve privilegiare un approccio pragmatico, modulato caso per caso in funzione degli obiettivi della direttiva e del settore che essa disciplina, il che può disorientare la Commissione (8).

4.2

Infine, gli Stati membri possono anche adottare il metodo del «recepimento mediante riferimento» nel caso di disposizioni di carattere tecnico, quali ad esempio gli allegati di una direttiva in cui figurino elenchi di oggetti o modelli di formulari, oppure siano oggetto di frequenti modifiche.

4.3

Paesi Bassi, Slovacchia, Austria, Finlandia ed Estonia ricorrono al recepimento mediante riferimento nel caso di allegati tecnici di direttive che vengono spesso modificate dalle direttive adottate con la procedura di comitato.

4.4

Non è difficile constatare che l'operazione di recepimento è meno semplice di quanto sembri, in ragione del contenuto normativo variabile delle direttive — una diversità che comporta procedure di recepimento diverse nei vari Stati membri.

4.5

Così, ad esempio, il Regno Unito ricorre per l'adozione delle leggi di recepimento, a una procedura accelerata detta negative declaration, che prevede che il governo depositi in parlamento il testo della legge di recepimento — frutto di una concertazione interministeriale -, il quale non viene discusso se non su espressa richiesta.

4.6

Il Belgio ricorre a una procedura d'urgenza, applicabile a qualsiasi legge, qualora l'avvicinarsi della scadenza del termine per la trasposizione della direttiva imponga l'adozione in tempi rapidi di una legge di recepimento.

4.7

L'ordinamento di altri Stati membri — tra cui Germania, Austria e Finlandia — non prevede invece una simile procedura legislativa accelerata per l'adozione delle leggi di recepimento.

4.8

In Francia non esiste un trattamento normativo differenziato — cioè con procedura legislativa semplificata o con provvedimento regolamentare — a seconda del rilievo delle direttive che occorre recepire.

5.   Quali soluzioni raccomandare per un più efficace recepimento delle direttive?

Il punto cruciale è stabilire come elaborare a livello comunitario normative più semplici da recepire e dotate della coerenza concettuale e della relativa stabilità indispensabili per l'attività delle imprese e la vita dei cittadini.

Va anticipata la scelta dello strumento normativo di recepimento, predisponendo fin dall'avvio del dibattito sul progetto di direttiva una tavola di concordanza accurata e continuamente aggiornata, sull'esempio del Regno Unito.

Occorre accelerare il processo di recepimento fin dalla pubblicazione della direttiva nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, affidando il coordinamento interno a un punto di contatto nazionale che — come proposto nella comunicazione della Commissione — disporrebbe a tal fine di una banca dati specifica ed eventualmente persino di un meccanismo di allerta in grado di attivarsi pochi mesi prima della scadenza del termine per il recepimento. Belgio, Ungheria e Paesi Bassi si sono già dotati di un sistema di questo tipo.

Si deve privilegiare il metodo di recepimento mediante «mera trascrizione» nel caso di disposizioni precise e incondizionate o di definizioni.

Bisogna ammettere il recepimento mediante rinvio specifico alle disposizioni prescrittive/incondizionate della direttiva, quali gli elenchi o le tabelle riguardanti sostanze, oggetti o prodotti contemplati dalla direttiva stessa, oppure i modelli di formulari o di certificati figuranti negli allegati. Il rinvio deve necessariamente essere specifico, poiché la Corte di giustizia ha statuito che un testo di diritto interno che operi un mero rinvio generico alla direttiva non può costituire una valida normativa di recepimento (9). Paesi Bassi, Slovacchia, Austria, Finlandia ed Estonia fanno ricorso a questo metodo per il recepimento degli allegati tecnici delle direttive.

Occorre adattare le procedure di recepimento nei singoli Stati membri in funzione della portata della direttiva in questione ricorrendo a procedure accelerate, senza tuttavia trascurare le consultazioni interne obbligatorie legate all'adozione di testi normativi.

6.   Conclusioni

6.1

Se l'obiettivo di migliorare l'applicazione del diritto comunitario, secondo l'esortazione della Commissione, appare ispirato al buon senso, la sua realizzazione dipende in larga misura dagli Stati membri, i quali, come si può constatare, devono far fronte a problemi più complessi di quanto non sembri a un primo, superficiale esame.

6.2

Gli Stati membri non dovrebbero servirsi del processo di recepimento delle direttive come pretesto per una revisione di parti delle rispettive normative nazionali su cui il diritto comunitario non ha alcuna incidenza diretta (cosiddetto gold plating), né per livellare verso il basso determinate disposizioni dei rispettivi diritti interni in modo tale da ridurre diritti dei cittadini o delle imprese (downgrading), attribuendo in seguito a «Bruxelles» la responsabilità delle modifiche apportate.

6.3

Gli Stati membri dovrebbero ricorrere in modo più sistematico alla possibilità offerta dal diritto primario/dai Trattati di recepire le direttive — in particolare quelle in materia sociale ed economica — mediante una negoziazione collettiva; in funzione delle materie, le organizzazioni della società civile andrebbero consultate, nel corso del processo di preparazione del recepimento (10), sulle modifiche o aggiunte da apportare al diritto interno. Tali procedure di negoziato e di consultazione servirebbero a promuovere e agevolare, grazie al sostegno della società civile, la successiva applicazione del diritto comunitario. Infatti, la consultazione della società civile prima dell'adozione delle misure interne di recepimento rende più consapevole il processo decisionale consentendo all'amministrazione nazionale di raccogliere i pareri delle parti sociali, degli esperti e dei rappresentanti degli operatori del settore cui dette misure si applicheranno. Essa ha un chiaro valore informativo consentendo agli attori coinvolti di conoscere meglio il contenuto delle future riforme. Così, segnatamente nel Regno Unito, in Danimarca, in Finlandia e in Svezia, le amministrazioni pubbliche consultano le parti sociali e i rispettivi organismi consultivi inviando loro il progetto delle misure di recepimento accompagnato da un questionario dettagliato sul testo del progetto.

6.4

Sarebbe opportuno tenere maggiormente conto dell'ordinamento costituzionale interno di un cospicuo numero di Stati membri (Stati federali, con decentramento regionale o con altre modalità di trasferimento di competenze sovrane a un livello substatale), prevedendo talvolta una proroga del termine per il recepimento delle disposizioni comunitarie che incidono soprattutto sui poteri delegati ad enti locali o regionali (politica regionale, regioni ultraperiferiche e insulari, ecc.).

6.5

I parlamenti nazionali e i parlamenti o le assemblee regionali (ad esempio in Scozia, in Belgio o nei Länder tedeschi) sono particolarmente coinvolti e responsabili in caso di recepimento di norme di diritto comunitario rientranti nelle materie in cui dispongono di competenza decisionale o consultiva. Le commissioni o i comitati che essi istituiscono a tale scopo dovrebbero procedere ad audizioni di esperti e rappresentanti dei settori interessati della società civile e disporre di poteri specifici per programmare il vaglio delle proposte di misure di recepimento, in modo da evitare che le «urgenze» legislative interne determinino il rinvio dell'esame di tali proposte oltre il termine stabilito. Per contro, nel caso in cui si accumuli ritardo in relazione a un certo numero di proposte di misure di recepimento sulle quali non vi sia un disaccordo sostanziale tra i partiti politici, si potrebbero adottare provvedimenti d'urgenza (delega legislativa all'esecutivo) per ridurre drasticamente l'arretrato delle direttive non recepite entro i termini.

6.6

Alcuni Stati membri hanno già istituito meccanismi intesi ad accelerare le procedure di adozione delle norme di recepimento; altri hanno messo a punto tecniche volte a migliorare la qualità del recepimento, mentre qualche altro Stato è soltanto alla fase iniziale e deve ancora adattarsi. I ministeri e i parlamenti dei singoli paesi potrebbero, ad esempio, istituire al loro interno un ufficio studi sul recepimento, incaricato di dirigere/orientare i lavori di recepimento. Per gli Stati membri questa è un'opportunità di modernizzare l'azione pubblica e non una costrizione imposta loro dalle istituzioni comunitarie, prima fra tutte la Commissione. In altre parole, è necessario che ciascuno si assuma pienamente il ruolo e le responsabilità che gli competono nella costruzione europea (11).

Bruxelles, 12 marzo 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Pour une meilleure insertion des normes communautaires dans le droit national (Per un migliore recepimento delle norme comunitarie nel diritto nazionale), studio adottato dall'adunanza generale del Consiglio di Stato francese in data 22 febbraio 2007, Documentation française, Parigi, 2007.

(2)  Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE), sentenza del 20 marzo 1997 nella causa C 96/95, Commissione/Germania, Racc. 1997, pag. I-1653.

(3)  (relatore: VAN IERSEL), GU C 24 del 31.1.2006.

(4)  Cfr. ad esempio: CGCE, sentenza del 26 giugno 2003 nella causa C 233/2000, Commissione/Francia, Racc. 2003, pag. I-6625.

(5)  CGCE, sentenza del 19 settembre 2000 nella causa C 287/98, Granducato del Lussemburgo/Linster, Racc. 2000, pag. I-6917.

(6)  Giurisprudenza costante della CGCE: cfr. le sentenze del 23 maggio 1985 nella causa 29/84, Commissione/Repubblica federale di Germania, Racc. 1985 pag. 1661; dell'8 luglio 1987 nella causa 262/85, Commissione/Repubblica italiana, Racc. 1987 pag. 3073; del 10 maggio 2001 nella causa C-144/99, Commissione/Regno dei Paesi Bassi, Racc. 2001 pag. I-3541.

(7)  Contributo del Consiglio di Stato francese al XIX convegno dell'Associazione dei Consigli di Stato e delle giurisdizioni superiori amministrative dell'Unione europea (L'Aia, 14-15 giugno 2004).

(8)  CGCE, sentenza del 15 giugno 2006 nella causa C 459/04, Commissione/Svezia, con cui la Corte ha rigettato un ricorso in carenza proposto dalla Commissione, secondo il quale la Svezia non avrebbe adempiuto gli obblighi impostile dalla direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. In tale occasione, infatti, la Corte ha statuito che tale direttiva andava considerata una «direttiva quadro», che, in quanto tale, non prescriveva un'armonizzazione completa della normativa degli Stati membri in materia di ambiente di lavoro.

(9)  CGCE, sentenza del 20 marzo 1997 nella causa C 96/95, Commissione/Germania, Racc. 1997, pag. I-1653, cit.

(10)  (relatore: RETUREAU) e (relatore: VAN IERSEL), entrambi nella GU C 24 del 31.1.2006.

(11)  È, a grandi linee, la conclusione dello studio del Consiglio di Stato francese Pour une meilleure insertion des normes communautaires dans le droit national, cit.