25.6.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 162/72


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Eventuali effetti positivi o negativi dei maggiori vincoli ambientali ed energetici sulla competitività dell'industria europea

(2008/C 162/14)

La presidenza slovena, in data 20 settembre 2007, ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo di elaborare un parere esplorativo sul tema:

Eventuali effetti positivi o negativi dei maggiori vincoli ambientali ed energetici sulla competitività dell'industria europea.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 gennaio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore WOLF.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 febbraio 2008, nel corso della 442a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 128 voti favorevoli e 1 astensione.

Indice:

1.

Sintesi e conclusioni

2.

Punto di partenza e osservazioni generali

3.

Osservazioni specifiche, analisi e conclusioni

4.

Osservazioni particolari e raccomandazioni

1.   Sintesi e conclusioni

1.1

Nel presente parere il Comitato tratta il tema della politica energetica e dei cambiamenti climatici ed esamina in quali circostanze sorgono vantaggi o svantaggi per la competitività dell'UE se si riducono nettamente i consumi energetici e le emissioni di gas a effetto serra. In questo contesto è prestata particolare attenzione soprattutto agli aspetti economici.

1.2

Data la dipendenza reciproca tra la competitività, il potenziale economico, i posti di lavoro e il benessere sociale dei cittadini, la questione trattata è di grande rilevanza anche per il futuro sociale dell'Europa.

1.3

Il Comitato arriva alla conclusione che le sfide da affrontare in questo contesto rappresentano un'opportunità per innescare in Europa un'ondata di innovazioni e di investimenti, rafforzando così l'economia e la competitività (globale) dell'industria europea. Se si riesce a far questo, i vantaggi supereranno gli svantaggi anche per quanto riguarda la situazione occupazionale e il rafforzamento del modello sociale europeo.

1.4

Una premessa decisiva a tal fine è che vengano messe in atto misure adeguate di politica energetica, economica e di ricerca, che si applichino i principi giusti e si eviti un eccesso di regolamentazioni. In caso contrario vi è motivo di temere che gli svantaggi prevalgano — consumi troppo elevati, energia troppo cara, perdita della competitività dell'economia, delocalizzazione, messa a rischio del modello sociale europeo — e determinino degli sviluppi negativi. Disporre di energia a un prezzo sostenibile è la linfa vitale irrinunciabile delle società industriali e dei servizi moderni con tutte le loro conquiste sociali e culturali. Il costo dell'energia non deve pertanto essere ulteriormente aumentato, al di là di quanto risulta inevitabile per ragioni di tutela del clima e di diminuzione delle risorse, con altri provvedimenti statali.

1.5

Di conseguenza il filo conduttore di tutti gli obiettivi e gli strumenti in materia di politica energetica deve essere il livello più alto possibile di redditività; solo in questo caso si potranno minimizzare i costi per l'intera economia e gli oneri sociali per i cittadini. Per quanto riguarda la tutela del clima, il parametro per la misura di tale redditività è rappresentato dai costi sostenuti per evitare un determinato volume di emissioni (ad esempio di CO2). Per quanto riguarda invece i consumi energetici, ovvero la sicurezza degli approvvigionamenti, il parametro migliore è l'efficienza energetica (restando inteso che occorre definire correttamente tali grandezze). Gli strumenti europei in materia di politica energetica e climatica dovrebbero pertanto essere centrati su misure di efficienza energetica convenienti economicamente e sull'impiego di tecnologie energetiche economicamente convenienti e sostenibili.

1.6

Il filo conduttore delle misure politiche comunitarie dovrebbe essere una politica climatica ed energetica capace di favorire un approccio cooperativo, con partenariati fra il settore pubblico e quello privato, un approccio che permetta di sfruttare e collegare al meglio i punti di forza in materia economica, geografica e di risorse dei singoli Stati membri. Così ad esempio le tecniche per lo sfruttamento delle energie rinnovabili in Europa andrebbero applicate là dove esistono le condizioni più idonee a tal fine, soprattutto climatiche, e anche le forme di trasmissione più adatte, e non dove esse ottengono le sovvenzioni più alte. Si dovrebbero inoltre mettere a punto anche misure di cooperazione globale per lo sviluppo e l'impiego di tecniche di risparmio energetico e tecniche volte a evitare le emissioni di gas a effetto serra.

1.7

Nonostante l'urgenza dei problemi climatici, il ritmo dei cambiamenti e aggiustamenti necessari in materia di approvvigionamento e di consumi energetici non deve sopravanzare la capacità di adattamento dell'economia e della società. Criteri di valutazione di tale capacità sono: i cicli di ammortamento, i tempi necessari per formare le persone, le tappe di sviluppo delle tecnologie innovative e soprattutto gli adeguamenti socialmente sostenibili, le misure di formazione e altri cambiamenti sociali. La ricerca e lo sviluppo devono apportare un importante contributo in questo campo.

1.8

In nome di un approccio bottom-up si dovrebbero rendere possibili e promuovere le iniziative autonome di tutti gli attori e la pluralità, la diversificazione e la flessibilità delle tecniche e dei processi economici; infatti, solo dalla pluralità e dalla concorrenza dei diversi approcci, innovazioni e processi nasce la solidità necessaria per far fronte alle crisi isolate ed emergono di volta in volta le tecniche più efficienti. Da ciò consegue che abbiamo bisogno anche di un ampio mix energetico che non escluda troppo prematuramente nessuna tecnica che si dimostri ragionevole (1).

1.9

Nel definire gli obiettivi, le disposizioni normative e gli strumenti della politica energetica si dovrebbe tenere conto dei limiti di ciò che è tecnicamente possibile ed evitare in ogni modo le regolamentazioni eccessive e le sovrapposizioni, che comportano delle contraddizioni. Esse determinano una distorsione nell'allocazione delle risorse e portano quindi ad aumenti dei costi, inutili e dannosi per la prosperità e la competitività. Allo stesso tempo questi obiettivi e strumenti devono essere credibili nel tempo, poiché in base ad essi vengono effettuati investimenti costosi e si determineranno nuovi sviluppi, che solo se sfruttati per un periodo sufficientemente lungo creeranno benefici economici e quindi anche posti di lavoro e prosperità.

1.10

Ove possibile, alle regolamentazioni dettagliate si dovrebbero preferire sempre gli incentivi economici, come ad esempio un'assegnazione dei diritti di emissione definita in modo razionale. Costi energetici sostenibili continuano ad essere il presupposto della competitività a livello mondiale e anche dei servizi sociali di base e della formazione di capitale dell'industria europea necessaria per i nuovi investimenti e per sostenere le spese di R&S.

1.11

Occorrono inoltre una ricerca e uno sviluppo vasti e nettamente potenziati in materia di tecniche energetiche rispettose del clima e capaci di risparmiare risorse, unitamente alla formazione degli ingegneri, dei ricercatori e dei tecnici necessari per attuarle. I procedimenti innovativi per lo sfruttamento delle energie rinnovabili, che sono ancora lontani da una redditività accettabile, dovrebbero essere adeguatamente sviluppati, ma non introdotti prematuramente sul mercato grazie a sovvenzioni elevate (o a prezzi imposti). Questi fondi si dovrebbero invece investire in programmi potenziati per la ricerca e lo sviluppo di tecniche energetiche sostenibili e capaci di evitare le emissioni di CO2 fino a quando queste ultime non siano pronte per il mercato. Tutte le misure dovrebbero pertanto essere centrate sullo sviluppo innovativo e l'impiego efficiente di tecnologie energetiche a basso consumo di energia, rispettose del clima e competitive.

1.12

Occorre tuttavia tenere presente che bisogna definire obiettivi climatici globali e vincolanti per tutti i maggiori paesi emittenti, al fine di creare regole del gioco uguali per tutti a livello mondiale. Solo così si potrà evitare che i costi energetici più elevati dell'UE determinino una distorsione pregiudizievole della concorrenza mondiale, cominciando con la progressiva delocalizzazione delle industrie ad intenso consumo energetico, peraltro senza che ciò abbia alcun effetto positivo sulla protezione del clima (carbon leakage). Il CESE appoggia l'impegno di tutti gli attori europei nel perseguire questo obiettivo (ad es. la Conferenza di Bali). Finché esso non sarà raggiunto si deve evitare di imporre oneri che conducono a una distorsione della concorrenza per le industrie ad alto consumo energetico, perché senza di esse l'Europa non si manterrà competitiva nel lungo periodo.

2.   Punto di partenza e osservazioni generali

2.1

L'importanza dell'energia. Lo sviluppo e l'uso intensivo di processi industriali, macchinari e mezzi di trasporto che consumano energia ha contribuito in misura decisiva al raggiungimento del nostro tenore di vita attuale: l'energia ha liberato le persone dal peso della fatica fisica, moltiplicato la loro produttività, fornito luce e calore, rivoluzionato le rese agricole, consentito livelli di mobilità e comunicazione senza precedenti. L'energia è diventata la linfa vitale delle moderne economie sociali e il presupposto di tutti i servizi fondamentali.

2.2

Problematica. In base alla maggior parte delle previsioni, di qui al 2060, il fabbisogno energetico mondiale — a causa della crescita demografica e del fabbisogno legato allo sviluppo di molti paesi — raddoppierà (o addirittura triplicherà). Notoriamente questo processo trova ostacoli in due preoccupanti sviluppi che richiedono un'azione politica globale per far fronte a gravi conflitti e crisi economiche: l'esaurimento delle risorse e la protezione dell'ambiente. Sebbene in questo contesto il contributo antropico al cambiamento climatico («gas a effetto serra», specialmente CO2, metano e protossido di azoto) costituisca il problema ambientale principale, occorre tener conto anche delle ripercussioni che tutte le misure proposte possono avere sulla biodiversità, sulla salute e sulla gestione sostenibile delle risorse e dei rifiuti.

2.3

Consiglio europeo. Le conclusioni del Consiglio europeo di primavera del 2007 evidenziano le seguenti priorità in materia di politica energetica:

aumentare la sicurezza dell'approvvigionamento,

tutelare la competitività delle economie europee e l'accesso all'energia a prezzi sostenibili,

promuovere la compatibilità ambientale e la lotta contro i cambiamenti climatici.

2.3.1

Il Comitato ha elaborato alcuni importanti pareri su questo tema che sono elencati nell'allegato (2).

2.4

Richiesta della presidenza slovena. Il ministro dell'Economia sloveno A. VIZJAK ha informato per iscritto il Comitato che tra le priorità della presidenza slovena nel campo della politica industriale figura l'obiettivo di promuovere un'economia europea il più efficiente possibile sotto il profilo energetico e con emissioni di gas a effetto serra quanto più possibile basse. A tal fine è particolarmente importante offrire incentivi per l'innovazione e per l'uso di tecnologie e prodotti compatibili con l'ambiente. Il relativo piano d'azione per una politica industriale sostenibile è in corso di elaborazione e sarà esaminato durante il Consiglio europeo di primavera del 2008. In questo contesto il Comitato è stato invitato ad esprimere il suo parere in merito agli eventuali effetti positivi o negativi dei maggiori vincoli ambientali ed energetici sulla competitività dell'industria europea.

2.5

Competitività, forza economica e benessere sociale. I documenti più recenti della commissione consultiva per le trasformazioni industriali (3) e anche del Comitato (4) (ad es. 58 concrete measures to ensure the success of the Lisbon strategy — misure concrete per assicurare il successo della strategia di Lisbona) hanno evidenziato lo stretto legame che esiste tra la competitività, il potenziale economico e la flessibilità necessaria per garantire i servizi sociali di base. Il presente parere si concentra quindi sugli aspetti economici (5) del tema oggetto della richiesta.

2.6

Paesi industrializzati. I paesi industrializzati sviluppati hanno senz'altro degli obblighi particolari, innanzitutto perché la loro quota di emissioni di gas a effetto serra è più elevata e in secondo luogo perché svolgono ancora un ruolo d'avanguardia nello sviluppo delle nuove tecnologie. Queste ultime vanno dal risparmio energetico, l'aumento dell'efficienza energetica e l'utilizzo di fonti di energia a emissioni zero (o a bassa emissione) (6), allo sviluppo di processi e tecniche adatte. Si tratta, distinguendo tra necessità, aspirazioni e realtà economica, di individuare la scelta giusta e perseguirla con realismo e determinazione.

2.7

Costi  (7). Attualmente, però, l'uso di forme di energia che rispettano maggiormente il clima significa, per il singolo consumatore e per i processi industriali, nella grande maggioranza dei casi (8), costi più elevati. Ne sono un esempio l'energia eolica e solare (9) (nella sola Germania, ad es., sono stati spesi 4 miliardi di euro nel 2007 per sovvenzionare l'uso delle energie rinnovabili (10)) o le centrali a carbone con sistemi di cattura e stoccaggio di CO2 (CCS), ancora in fase sperimentale. Tecnologie complesse dal costo più elevato sono necessarie anche per le pompe di calore o i veicoli che consumano carburanti con emissioni basse o addirittura nulle di CO2.

2.8

Rischi. Nella misura in cui questi costi considerevoli non comportano una riduzione altrettanto considerevole dell'uso delle risorse e finché le economie concorrenti extraeuropee non dovranno sopportare costi simili, la competitività europea ne risulterà penalizzata. «L'Europa può essere esemplare nella lotta contro i cambiamenti climatici, ma non può accettare una concorrenza sleale da parte di quei paesi che non impongono nessun vincolo ambientale alle loro imprese» (11). In Europa i costi del personale (salari, prestazioni sociali) sono molto più elevati rispetto a quelli delle economie emergenti, come la Cina o l'India, e pesano quindi fortemente sulla competitività europea; pertanto ogni ulteriore aumento unilaterale dei costi di produzione legato agli obiettivi di protezione del clima risulta ancora più oneroso e pericoloso.

2.9

Opportunità. Se la stragrande maggioranza dei paesi extraeuropei quali ad esempio la Cina, l'India e gli Stati Uniti adottasse simili misure di tutela del clima, vi sarebbe però addirittura l'opportunità di esportare le tecniche energetiche rispettose dell'ambiente sviluppate in Europa, dando così un contributo utile non solo all'economia europea, ma anche alla riduzione globale dei consumi e delle emissioni di CO2. La storia dell'economia mostra del resto che i periodi di crisi sono spesso seguiti da una più forte apertura verso le innovazioni e dallo sviluppo e dall'uso di nuove tecnologie, che, a lungo termine, rilanciano la crescita e la ripresa economica (finora però anche i consumi energetici!). Tutte le misure adottate in Europa dovrebbero pertanto essere incentrate sullo sviluppo innovativo e sull'uso efficiente di tecnologie energetiche che consentano di risparmiare energia, senza effetti sul clima e competitive, mentre si dovrebbero intensificare gli sforzi di politica estera per raggiungere accordi globali adeguati — i risultati della Conferenza di Bali indicano che, quanto meno, si continua a trattare (cfr. punto 2.11).

2.10

Problemi. Se però questi sforzi non produrranno risultati, sorgeranno grossi problemi. Innanzitutto interi rami dell'industria, i cui costi di produzione dipendono in maniera determinante dai costi dell'energia e del CO2, non saranno più competitivi sui mercati mondiali e cesseranno la loro produzione in Europa, sopprimendo i relativi posti di lavoro, per trasferirla in quei paesi che hanno costi energetici più contenuti e nessun costo per le emissioni di CO2. Del resto questo processo è già in corso in determinati comparti, come quelli dell'alluminio e del cemento (12). È evidente che la Commissione, grazie a una «valutazione d'impatto» (13), è perfettamente consapevole del problema; il Comitato ritiene tuttavia che vada trovata rapidamente una soluzione valida se si vogliono evitare ulteriori danni all'economia nel suo complesso. Oltre alla delocalizzazione delle industrie in attività, il problema principale sarà infatti che in futuro il flusso di capitali internazionale dirigerà i propri investimenti in nuovi impianti verso le regioni con bassi costi in campo energetico e di CO2 e non più verso l'Europa.

2.10.1

Delocalizzazione e carbon leakage . Questa delocalizzazione comporta inoltre una riduzione delle emissioni di CO2 nell'UE, ma a livello globale la quantità di CO2 immessa nell'atmosfera rimarrà esattamente la stessa o addirittura aumenterà; infatti, se la produzione delocalizzata utilizzerà tecniche più a buon mercato di quelle impiegate già ora o che saranno in futuro applicate in Europa, probabilmente ci sarà addirittura un aumento globale del volume dei gas a effetto serra (ad eccezione della produzione idroelettrica in paesi come la Norvegia), cui si deve aggiungere l'aumento delle emissioni di CO2 dovute ai trasporti.

2.10.2

Intensità energetica dell'economia. Se questo si verificasse, l'economia europea avrebbe perso importanti produzioni industriali e posti di lavoro, senza aver minimamente contribuito alla protezione del clima. Contemporaneamente, essendosi trasferite altrove le industrie ad alto consumo energetico, l'Europa avrebbe riportato un (apparente) successo temporaneo nella corsa all'efficienza energetica dell'economia  (14), cioè nella cosiddetta intensità energetica (rapporto fra i consumi di energia e il prodotto interno lordo).

2.10.3

Settore dei servizi. Anche il settore dei servizi, che rappresenta una gran parte del potenziale economico dell'Europa, può prosperare a lungo termine solo se l'industria europea rimane competitiva ed è pertanto penalizzato, nel confronto a livello internazionale, dai costi eccessivamente elevati dell'energia.

2.11

Accordi globali. Accordi globali, vincolanti ed equilibrati volti a ridurre le emissioni dei gas a effetto serra devono dunque costituire l'obiettivo prioritario di tutti gli sforzi internazionali in questo campo e non solo nell'interesse della protezione climatica (nel quale, infatti, si registreranno risultati tangibili solo se anche i grandi paesi emittenti di CO2 quali la Cina, l'India e gli Stati Uniti adottano le misure di protezione del clima). Il Comitato accoglie quindi con favore tutti gli sforzi in questo senso della Comunità, degli Stati membri e delle organizzazioni quali il G8, l'ONU, l'Unesco, l'OCSE, l'AIE, ecc., come per esempio l'appena conclusasi Conferenza di Bali.

3.   Osservazioni specifiche, analisi e conclusioni

3.1

Politica energetica e di protezione del clima. Per essere efficace la politica energetica e di protezione del clima deve portare a una diminuzione significativa dei consumi energetici e delle emissioni dei gas a effetto serra, preparare la società e i suoi attori determinanti (per es. architetti, investitori, imprenditori, insegnanti, studenti, cittadini, consumatori, ecc. poiché si tratta di una questione che interessa tutti, da un capo all'altro della catena) ai cambiamenti necessari, configurando però questo processo di adeguamento in modo tale da non compromettere la competitività globale dell'economia europea, vale a dire mantenendo l'equilibrio tra gli obiettivi del punto 2.3. Da tutto ciò derivano sfide e opportunità.

3.2

La sfida. L'aumento della domanda di energia a livello mondiale e la politica europea dell'energia e della protezione del clima degli ultimi anni hanno portato a un forte rincaro dell'energia e dei prodotti derivati. Per perseguire con la stessa intensità i tre obiettivi del punto 2.3 e riuscire anche ad accumulare a tal fine le risorse economiche necessarie per investire in futuro nelle tecnologie innovative, l'economia europea dovrebbe disporre di rifornimenti energetici ai prezzi più vantaggiosi possibili, nonostante l'aumento della domanda mondiale e nel rispetto della necessaria protezione del clima. I costi dell'energia non devono pertanto essere ulteriormente aumentati a causa di provvedimenti statali al di là di quelli strettamente necessari in ragione dei cambiamenti climatici e della scarsità di risorse.

In riferimento alle singole misure necessarie a tal fine e al loro impatto è possibile che si verifichino conflitti d'interesse fra fornitori e consumatori di energia.

3.3

Incentivi e scambio delle quote di emissione. A questo proposito vi sarà bisogno di adeguati incentivi economici affinché, nel quadro dei cicli di investimento, si impieghino tecniche efficienti di sfruttamento energetico, anche se i loro costi di investimento risultassero eventualmente maggiori. Se tali investimenti non vengono fatti nonostante la loro convenienza economica, si devono analizzare ed eliminare i fattori che li ostacolano. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, gli investimenti in efficienza energetica (cfr. punto 4.1) permettono di ridurre al minimo i costi sostenuti per evitare le emissioni di CO2. Teoricamente lo scambio di emissioni (emissions trading) potrebbe essere uno di questi strumenti di mercato. Occorre però migliorarne sensibilmente le attuali modalità di applicazione (cfr. punto 4.3) al fine di evitare un determinato volume di emissioni di CO2 con i costi più bassi possibile. La sovrapposizione con altri strumenti di sostegno alle energie rinnovabili e incentivi non corretti nel quadro dell'assegnazione delle quote (in particolare l'assenza di una correlazione tra le quote assegnate e la produzione effettiva, cosa che rende lo scambio delle quote anche un premio per la cessazione della produzione) si sono tradotti in profitti inattesi (windfall profits) che hanno determinato un aumento dell'energia elettrica dell'ordine di alcuni miliardi di euro. La messa all'asta completa delle quote proposta dalla Commissione condurrebbe solo a ulteriori aumenti.

3.4

Opportunità reali. Se nei prossimi 15-25 anni si riusciranno a concentrare tutti i numerosi investimenti di sostituzione o i nuovi investimenti necessari in questo arco di tempo su tecnologie redditizie, in grado di far risparmiare energia e di ridurre le emissioni, allora la protezione del clima potrà avere un impatto positivo sulla competitività dell'industria europea e, nonostante l'aumento del prezzo dell'energia, offrire un'opportunità di una maggiore prosperità generale.

3.5

Presupposti e raccomandazioni. Di seguito si discuteranno quindi alcuni presupposti necessari per tradurre nella pratica queste opportunità e si formuleranno le relative raccomandazioni. Un presupposto decisivo è che si mettano in atto le misure adeguate di politica energetica, di politica economica e di politica di ricerca, che si applichino i principi corretti e si evitino le regolamentazioni eccessive. Gli strumenti politici devono stimolare e rendere possibili le soluzioni economiche più redditizie; gli obiettivi quantitativi non devono prevedere un ritmo di cambiamento superiore a quello che un'economia sana può sopportare. I parametri di valutazione di questo ritmo sono i cicli di ammortamento, i tempi necessari per formare le persone, la tappe di sviluppo delle nuove tecnologie e soprattutto gli adeguamenti socialmente sostenibili, le misure di formazione e le altre trasformazioni sociali. La ricerca e lo sviluppo devono apportare un importante contributo in questo campo.

3.6

Un approccio ampio: pluralità, diversificazione, flessibilità e reciprocità. Secondo il principio di un approccio bottom-up si dovrebbero rendere possibili e promuovere le iniziative autonome di tutti gli attori e la pluralità, la diversificazione e la flessibilità delle tecniche e dei processi economici, senza per questo privilegiare un campo particolare. Solo grazie a un approccio ampio e alla concorrenza tra diverse opzioni, innovazioni e processi differenti si genera la solidità per superare crisi puntuali e si individuano i metodi e le tecniche particolarmente efficienti di volta in volta e la loro combinazione ottimale. Da ciò consegue che abbiamo bisogno anche di un mix energetico ampio che non escluda troppo prematuramente nessuna tecnica che si dimostri ragionevole (15). Per garantire il nostro approvvigionamento energetico occorre creare un'idonea compenetrazione fra produttori, fornitori e consumatori lungo tutta la catena di rifornimento, dal punto di trivellazione fino al cliente. Per realizzare ciò abbiamo bisogno di relazioni economiche reciproche, ovvero di condizioni sicure sia per gli investimenti di capitale straniero nell'UE che per gli investimenti dell'UE nei paesi fornitori.

3.7

Misure di politica europea e cooperazione globale. La politica climatica ed energetica europea dovrebbe favorire un approccio cooperativo, con partenariati fra il settore pubblico e quello privato, un approccio nel cui ambito si sfruttino e si colleghino al meglio i rispettivi punti di forza economici, geografici e quelli in materia di risorse dei vari Stati membri. Ad esempio nel territorio europeo le tecniche per lo sfruttamento delle energie rinnovabili si dovrebbero impiegare là dove esistono le migliori condizioni, soprattutto climatiche, e anche le forme di trasmissione più adatte e non dove esse ricevono il sostegno più forte a livello nazionale. Si dovrebbero inoltre mettere a punto anche misure di cooperazione globale per lo sviluppo e l'impiego di tecniche per il risparmio energetico e per evitare le emissioni di gas a effetto serra.

3.8

Obiettivi quantitativi che sono in contraddizione tra loro  (16) e si sovrappongono. Se si riesce ad aumentare al massimo possibile la redditività si minimizzano i costi per l'economia e gli oneri sociali per i cittadini.

Obiettivi energetici e di protezione del clima che si sovrappongono creano però un sistema eccessivamente dettagliato e soluzioni non redditizie e sono pertanto da evitare, come illustrano gli esempi seguenti:

l'obiettivo generale dell'UE in materia di protezione del clima, ovvero, conformemente alla decisione del Consiglio del marzo 2007, la riduzione del 20 % delle emissioni di CO2 nel periodo tra il 1990 e il 2020, comporterà una perdita di PIL (17) (secondo la stima della Commissione europea del 23.1.2008) compresa tra i 480 e i 560 miliardi di euro (GWS/Prognos) (18) nel periodo 2013-2020; ciò va accettato e deve costituire il punto di riferimento per le azioni future.

La fissazione di un obiettivo supplementare consistente in una quota ambiziosa del 20 % di energie rinnovabili nel mix energetico fa tuttavia aumentare ulteriormente questi costi, poiché i costi per evitare le emissioni di CO2 associati alle energie rinnovabili sono molto più elevati di quelli delle altre misure di riduzione di tali emissioni.

Emergono inoltre ulteriori svantaggi e complicazioni nel momento in cui anche l'efficienza energetica dell'intera economia (cfr. punto 2.10.2) è considerata un obiettivo supplementare quantificato esplicitamente (20 %). Il modo più semplice per raggiungere questo obiettivo, infatti, è delocalizzare l'industria oppure, basandosi sulla definizione standard dell'efficienza energetica (19), passare dal mix energetico di energia nucleare e carbone a quello (nettamente più caro) di gas ed energie rinnovabili. Questi effetti collaterali indesiderati mostrano che l'efficienza energetica dell'industria non dovrebbe essere un obiettivo in sé, ma un mezzo, seppure importantissimo, per raggiungere in modo duraturo i tre grandi obiettivi citati al punto 2.3.

Pertanto, il Comitato raccomanda che tutte le misure di protezione del clima siano innanzitutto valutate in relazione al loro impatto sul PIL in modo accurato e obiettivo affinché, nel quadro dell'indispensabile riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, si salvaguardi la competitività dell'industria europea e si consegua un'allocazione ottimale delle risorse.

3.8.1

Studi. Alcuni studi (20) fanno pensare che:

un obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 per l'UE di poco inferiore al 20 % (21) sia economicamente immaginabile se la politica e la società riusciranno a realizzare coerentemente le misure più efficaci sotto il profilo dei costi (studio McKinsey bottom-up, in cui vengono esattamente precisate le misure necessarie e possibili); esistono invero anche studi che presentano come economicamente realizzabili obiettivi di riduzione più elevati; tuttavia, questi ultimi, in quanto studi top-down non spiegano veramente come ciò possa avvenire.

Il costo di un'ulteriore riduzione di un punto percentuale delle emissioni di CO2 aumenterà però drasticamente (perdite cumulate di PIL tra i 480 e i 560 miliardi di euro, cfr. punto 3.8); così ad esempio una riduzione delle emissioni del 20 % esige già il passaggio costoso del mix energetico dal carbone al gas e alle energie rinnovabili.

La fissazione inoltre di un obiettivo supplementare, che consiste nell'innalzare al 20 % la percentuale di energie rinnovabili nel mix energetico, comporterà spese pari a molti miliardi di euro, trattandosi di un obiettivo raggiungibile solo sovvenzionando fortemente l'uso di tecnologie che, almeno allo stato attuale della tecnica, non sono redditizie.

3.8.2

Equilibrio fra gli obiettivi del punto 2.3. Nel rispetto dell'equilibrio necessario fra i tre obiettivi in materia di politica energetica e ambientale enunciati al punto 2.3, gli strumenti politici dovrebbero mirare, attraverso l'attuazione di misure di riduzione delle emissioni di CO2 economicamente interessanti, a conseguire effettivamente risultati realistici senza causare danni all'economia. Se, tuttavia, si pretende in più una riorganizzazione del mix energetico — costosa perché prematura dato lo stato della tecnica — a favore di una quota di energie rinnovabili troppo elevata e, in aggiunta, in vista di un obiettivo di efficienza energetica dell'intera economia eccessivamente vincolante, da un lato si avrà un'allocazione distorta delle risorse (22) e, dall'altro, sorgerà il rischio che la domanda di tecnologie particolarmente efficaci per la protezione ambientale non possa più essere soddisfatta con la produzione europea. Secondo uno studio della Commissione europea (23), ad esempio, un prezzo delle emissioni di CO2 oscillante fra i 20 e i 25 euro a tonnellata avrebbe già ripercussioni considerevoli sulla competitività di molti comparti dell'industria.

3.9   Ricerca e sviluppo, formazione

3.9.1

Rafforzare la ricerca e sviluppo (R&S) lungo l'intera catena energetica è il prerequisito per favorire l'evoluzione tecnologica indispensabile per proporre nuove alternative, ridurre i costi e ottenere una maggiore efficienza nello sfruttamento e nella promozione delle risorse, nella trasformazione dell'energia, nel suo stoccaggio fino al momento della sua utilizzazione nell'industria, nei trasporti e da parte dei consumatori privati. Come richiesto più volte dal Comitato, si dovrebbero aumentare significativamente i fondi destinati alla R&S, che dovrebbero profittare anche di una riduzione delle elevate sovvenzioni concesse a tecnologie non ancora in grado di stare autonomamente nel mercato.

3.9.2

In questo contesto, gli aiuti statali concessi alla ricerca energetica si dovrebbero concentrare sulla ricerca di base, la cui importanza è fondamentale (catalisi, biotecnologie bianche/verdi, ricerca di nuovi materiali, fusione nucleare, eliminazione degli attinidi), mentre gli operatori economici, incluse le PMI, dovrebbero finanziare la R&S applicata. Bisogna inoltre formare adeguatamente tutto il personale necessario, dai tecnici e ingegneri ai ricercatori, e informare tutti coloro che sono interessati indirettamente all'energia, anche come consumatori.

4.   Osservazioni particolari e raccomandazioni

4.1   L'efficienza energetica: un'opzione no regret

L'efficienza energetica aumenta la sicurezza degli approvvigionamenti, riduce l'impatto ambientale e stabilizza il prezzo dell'energia.

Aumentando l'efficienza energetica si potranno risparmiare, a livello mondiale, di qui al 2030, circa 6 Gt (miliardi di tonnellate) di CO2  (24) in costi negativi.

Essa è l'elemento chiave per integrare Stati extraeuropei in un accordo globale per la protezione del clima.

Per la sua ottimizzazione si devono risolvere i conflitti di obiettivi di ordine giuridico relativi al diritto di locazione e al tasso di riciclaggio.

Per misurare l'efficienza energetica di ogni Stato bisogna basarsi sull'uso dei beni da parte del consumatore finale e non esclusivamente sul consumo di energia in relazione al PIL.

Per i prodotti che consumano energia, nel caso di conflitti di obiettivi si dovrebbe centrare l'attenzione sulla fase dell'utilizzazione.

L'efficienza energetica dovrebbe essere promossa soprattutto nei settori dove sono possibili elevati risparmi, soprattutto nell'edilizia e nelle centrali elettriche.

I cicli di investimento e il periodo di ammortamento sono gli elementi che determinano la redditività dell'efficienza energetica.

Essi devono svolgere un ruolo decisivo anche per le energie rinnovabili (cfr. il punto sulle energie rinnovabili).

Gli impianti industriali che soddisfano i parametri di valutazione dell'efficienza energetica non devono essere assoggettati a costi supplementari imposti da determinati strumenti politici, come lo scambio delle quote di emissioni (ad es. la messa all'asta delle quote).

Il potenziale globale dell'efficienza energetica dovrebbe essere individuato settore per settore (25).

4.2   Le energie rinnovabili

4.2.1

Le energie rinnovabili contribuiscono all'approvvigionamento sostenibile (maggiore sicurezza degli approvvigionamenti, produzione di energia con poche o senza emissioni di CO2). A lungo termine devono riuscire a sussistere senza aiuti e diventare così nettamente più efficienti.

4.2.2

In futuro la promozione e lo sviluppo delle energie rinnovabili dovrebbero pertanto tenere presenti i seguenti aspetti, con l'obiettivo di ottimizzare la redditività degli aiuti concessi.

Le sovvenzioni dovrebbero mirare a raggiungere la migliore redditività possibile.

Si dovrebbero sviluppare i mercati guida soprattutto mediante condizioni quadro adeguate, e non ai danni delle industrie esistenti che hanno dato prova delle loro capacità, ma compatibilmente con esse.

Gli strumenti di sostegno dovrebbero favorire le aree del territorio dell'UE che si rivelino di volta in volta le più adatte. Si dovrebbe usare la biomassa a fini energetici nei luoghi in cui essa viene prodotta (costi di trasporto).

Le tecnologie per l'uso delle energie rinnovabili, ancora lontane da una buona redditività, dovrebbero essere sviluppate con gli strumenti della R&S e non imponendone l'uso generalizzato e prematuro attraverso ingenti finanziamenti pubblici.

La promozione dell'efficienza energetica dovrebbe essere combinata in modo razionale con quella delle energie rinnovabili: le misure di efficienza energetica devono essere realizzate per prime allo scopo di promuovere, in un secondo momento, l'uso delle energie rinnovabili. Ad esempio: la direttiva sul riscaldamento con le energie rinnovabili, in via di elaborazione, dovrebbe prevedere il finanziamento di fonti di calore provenienti da energie rinnovabili solo per gli edifici già isolati termicamente.

4.3   Ulteriori raccomandazioni d'azione

Prima di individuare gli obiettivi per il futuro se ne dovrebbero analizzare le possibilità di realizzazione e le conseguenze economiche e sociali. Gli obiettivi andrebbero poi definiti sulla base di un accordo a livello europeo o, meglio ancora, globale.

Gli strumenti politici dovrebbero raggiungere gli effetti di indirizzo auspicati (stimolo agli investimenti in misure economicamente convenienti, sviluppo di nuovi mercati) evitando quelli indesiderati (delocalizzazione degli investimenti, costi elevati per l'economia e i consumatori).

Gli strumenti politici dovrebbero essere impostati in modo più coerente di quanto verificatosi finora sull'efficienza in materia di protezione del clima, sull'efficienza energetica e del capitale, sempre sulla base di valori quantificabili. Il miglior criterio di valutazione a tal fine sono i costi sostenuti per evitare le emissioni di CO2.

L'UE dovrebbe semplificare l'attuale mix di strumenti eccessivamente vincolante (scambio di emissioni, promozione delle energie rinnovabili, promozione della cogenerazione di energia elettrica e termica, imposte energetiche, un quadro normativo con molteplici direttive specifiche). In questo contesto si dovrebbero eliminare i conflitti tra i diversi obiettivi; le misure economicamente redditizie devono essere attuate per prime (questo significa che nella maggior parte dei casi bisogna dare la precedenza alle misure in materia d'efficienza energetica rispetto a quelle relative allo sviluppo delle energie rinnovabili).

Si dovrebbe modificare il sistema dello scambio delle quote di emissioni al fine di promuovere l'efficienza energetica ed evitare la cessazione di attività produttive. Per consentire alle imprese di disporre del capitale necessario per investire nelle misure di efficienza energetica, non si dovrebbero assegnare le quote attraverso aste, bensì sulla base di un'analisi comparativa dell'efficienza in associazione con la quantità effettivamente prodotta. Ai fini degli auspicati effetti di indirizzo (aumento dell'efficienza energetica) il sistema di scambio delle quote conseguirebbe allora gli stessi risultati di un'asta completa, ma eviterebbe le ripercussioni negative (come la cristallizzazione degli aumenti non necessari del prezzo dell'elettricità, i windfall profits e la penalizzazione delle industrie ad alto consumo energetico). La sovrapposizione con altri strumenti per la promozione delle energie rinnovabili e incentivi non corretti per l'assegnazione delle quote andrebbero evitati e si dovrebbe invece tenere conto del rapporto tra le quote assegnate e la produzione effettiva (in modo che lo scambio delle quote non equivalga a un premio per la cessazione della produzione). In alcuni settori le aste implicherebbero un aumento del 10 % dei costi di produzione netti e impedirebbero così gli auspicati aumenti salariali.

La promozione dell'efficienza energetica dovrebbe essere armonizzata al livello dell'UE, allo scopo di installare gli impianti eolici e fotovoltaici nei luoghi più adatti. Una vasta promozione delle energie rinnovabili, finalizzate alla produzione di calore, di elettricità e di carburanti, non dovrebbe basarsi sulle esigenze regionali, ma dovrebbe tenere conto di volta di volta delle condizioni climatiche (e di trasmissione) migliori.

L'energia in quanto fattore di produzione dovrebbe essere esentata in larga misura da tutti i costi supplementari — costi addizionali rispetto a quelli che sorgono già al livello dei fornitori di energia e che determinano il prezzo di vendita dell'energia sul mercato — indotti dalle politiche energetiche e climatiche nazionali (scambio di emissioni, promozione delle energie rinnovabili, promozione della cogenerazione di energia elettrica e termica, tassazione dei prodotti energetici) per non compromettere la competitività dell'UE a livello internazionale ed evitare le delocalizzazioni. Solo delle industrie economicamente sane saranno in grado di attuare gli indispensabili miglioramenti dell'efficienza, sviluppare nuove tecnologie e raccogliere il capitale necessario.

Nel quadro degli accordi internazionali occorre concentrare l'attenzione su obiettivi quantitativi relativi (efficienza energetica, emissione di gas a effetto serra/PIL), affinché i paesi con un alto potenziale di crescita (e che quindi presentano anche un forte incremento dei gas a effetto serra) siano incentivati a partecipare a tali accordi. Gli incentivi dovrebbero esistere soprattutto per il trasferimento delle tecnologie; tale ad esempio è l'obiettivo del Forum AP 6 (26), formato da sei paesi dell'area asiatico-pacifica, per permettere un rapido trasferimento di tecnologie efficienti verso le regioni che devono recuperare terreno in questo campo.

Bruxelles, 13 febbraio 2008

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Nel rispetto delle decisioni dei singoli Stati membri in materia di energia nucleare.

(2)  Cfr. i pareri elaborati su questo tema dal Comitato negli ultimi 4 anni, elencati nell'allegato.

(3)  Parere d'iniziativa della commissione consultiva per le trasformazioni industriali sul tema Impatto delle norme ambientalieuropee sulle trasformazioni industriali, CESE 1709/2007, relatori PEZZINI e NOVICKI.

(4)  CESE 2007-09, introduzione di SEPI.

(5)  Alcuni aspetti sociali, anch'essi pertinenti al tema del presente parere, saranno oggetto di un parere d'iniziativa sul tema Le ripercussioni sociali degli sviluppi in atto nel settore dell'energia e dei trasporti.

(6)  Anche in questo caso le attese sono state ridimensionate, come di recente per l'uso dei biocarburanti, cfr. TEN/286.

(7)  Cfr. la stima dei costi del pacchetto UE sul clima presentata dalla Commissione europea il 23 gennaio 2008: 0,45 % del prodotto interno lordo, corrispondente a 60 miliardi di euro all'anno ovvero a circa 3 euro a persona alla settimana (più di 600 euro all'anno per una famiglia di 4 persone).

(8)  Fanno eccezione l'energia idroelettrica e quella nucleare.

(9)  Le tecniche di stoccaggio necessarie per aumentare l'offerta avrebbero come conseguenza un ulteriore, drastico aumento dei costi.

(10)  Inclusi i posti di lavoro creati in tale contesto.

(11)  Dal discorso del Presidente francese Nicolas SARKOZY al Parlamento europeo, Strasburgo, 13 novembre 2007.

(12)  Cfr. CCMI/040, Lo sviluppo dell'industria del cemento europea.

(13)  Commission eyes end to free pollution credits (La Commissione prevede di porre fine ai certificati di emissione gratuiti (NdT), EurActiv, 10.1.2008, http://www.euractiv.com/en/climate-change/commission-eyes-free-pollution-credits/article-169434

(14)  Almeno fino a quando non si manifesti una recessione generalizzata dell'economia.

(15)  Nel rispetto delle decisioni dei singoli Stati membri in materia di energia nucleare.

(16)  Un mezzo particolarmente efficace per ridurre le emissioni di CO2 potrebbe essere la tecnologia, attualmente in fase di sviluppo, per la cattura e lo stoccaggio di CO2 (CCS). Applicando questa procedura però l'efficienza energetica di un impianto diminuisce. Riduzione delle emissioni di CO2 ed efficienza energetica risultano quindi in questo caso due obiettivi in contrasto tra loro. Considerando che disponiamo ancora di importanti riserve di carbon fossile si potrebbe tuttavia accettare questa riduzione momentanea dell'efficienza energetica. In tal caso non si dovrebbe però fare di quest'ultima un obiettivo quantitativo supplementare.

(17)  Discorso tenuto il 23 gennaio 2008 dal Presidente della Commissione Barroso

(18)  Studio GWS/Prognos, ottobre 2007 (in Auftrag des deutschen Bundesministeriums für Wirtschaft (BMWi)).

(19)  Ciò dipende dalla definizione di efficienza energetica, intesa come rapporto tra i CPE (consumi primari di energia) e il PIL. Per i produttori di elettricità i consumi primari di energia sono a loro volta calcolati con il cosiddetto metodo del grado di efficienza, secondo il quale l'efficienza energetica risulta ad esempio triplicata se una centrale nucleare viene sostituita da energia eolica o solare senza che per questo si riducano i consumi anche di un solo KWh. Anche sostituendo una centrale nucleare con il metano, l'efficienza energetica aumenta, sebbene in questo caso vi siano addirittura emissioni di CO2.

(20)  McKinsey, Curva relativa alla riduzione dei costi relativi alle emissioni di CO2 in Germania, settembre 2007; EEFA (Energy Environment Forecast Analysis), studio sulle industrie ad alto consumo energetico, settembre 2007.

(21)  Più precisamente, per la Germania, 26 %, da cui estrapolando si arriva al 15 %-20 % per l'UE nel suo complesso.

(22)  Come si è già verificato per le misure politiche a breve termine attuate, a livello nazionale, nel quadro dei piani quinquennali relativi alla fissazione delle percentuali di energie rinnovabili e delle quote di emissione di CO2.

(23)  La fonte sarà indicata in seguito.

(24)  Cfr. la curva di McKinsey.

(25)  Conformemente all'approccio dell'IEA.

(26)  Asia-Pacific Partnership on Clean Development and Climate è un nuovo Forum per potenziare lo sviluppo e l'impiego delle tecnologie energetiche pulite. Ne fanno parte l'Australia, il Canada, la Cina, l'India, il Giappone, la Corea e gli Stati Uniti. Il fine perseguito è quello di soddisfare, in cooperazione con gli attori dell'economia, gli obiettivi climatici ed energetici secondo modalità che consentano allo stesso tempo di portare avanti lo sviluppo economico sostenibile e lottare contro la povertà. Investimenti, commercio e trasferimento delle tecnologie sono gli elementi principali su cui si concentra il Forum AP 6.