Documento di lavoro della Commissione - Documento di accompagnamento della Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE Sintesi della valutazione d'impatto {COM(2007) 249 definitivo} {SEC(2007) 596} {SEC(2007) 603} /* SEC/2007/0604 def. */
[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE | Bruxelles, 16.5.2007 SEC(2007) 604 DOCUMENTO DI LAVORO DELLA COMMISSIONE Documento di accompagnamento della Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO che introduce sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE Sintesi della valutazione d'impatto {COM(2007) 249 definitivo}{SEC(2007) 596}{SEC(2007) 603} 1. Introduzione L'immigrazione clandestina nell'Unione europea è incoraggiata dalla possibilità di trovare lavoro. Il presente documento è una sintesi di una relazione sulla valutazione d'impatto che esamina le possibilità d'azione per ridurre questo fattore di richiamo dell'immigrazione clandestina intervenendo sul lavoro dei cittadini di paesi terzi in posizione irregolare nell'UE. La relazione si basa su consultazioni con gli Stati membri e altre parti interessate. I dati provengono da consultazioni, da studi di casi specifici e da documentazione specializzata. La raccolta dei dati e gran parte delle consultazioni sono state realizzate nell'ambito di uno studio esterno ordinato dalla Commissione. Lo studio e la relazione sono stati redatti tenendo conto degli apporti di un gruppo direttivo interservizi creato dalla Direzione generale "Giustizia, libertà e sicurezza". Definizione del problema Ambito del problema Diversi sono i fattori che possono spingere una persona a lasciare il proprio paese e ad emigrare clandestinamente verso un altro Stato. La decisione di emigrare è basata su fattori come la disoccupazione, livelli salariali costantemente bassi, catastrofi naturali o disastri ecologici, ed è alimentata da fattori di richiamo come la possibilità di trovare un lavoro in nero meglio retribuito, la stabilità politica, il rispetto dello Stato di diritto e un'effettiva tutela dei diritti dell'uomo. Uno strumento imperniato sulla riduzione di tali fattori di richiamo non eliminerà, in sé, il problema dell'immigrazione clandestina, ma fa parte di quell'approccio globale adottato dall'UE per ridurre il problema, e che rientra a sua volta nell'impegno dell'UE per lo sviluppo di una politica globale in materia di migrazione. La proposta legislativa riguarda l'impiego di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare nell'UE, cioè di coloro che sono entrati clandestinamente come di coloro che, dopo un ingresso regolare, sono rimasti anche con il permesso di soggiorno scaduto. La proposta non riguarda l'impiego di cittadini di paesi terzi soggiornanti legalmente in uno Stato membro che però non hanno il diritto di lavorare o hanno un diritto limitato, e le cui restrizioni sono state violate (gli studenti, ad esempio, i ricercatori, i turisti e i familiari in situazione regolare di cittadini di paesi terzi che non hanno il diritto di lavorare o che possono farlo solo un determinato numero di ore alla settimana). Benché, per ridurre in maniera significativa il fattore di richiamo del lavoro, sia importante affrontare anche tali situazioni, la base giuridica della proposta (l'articolo 63, paragrafo 3, lettera b) del trattato CE) non permetterebbe di adottare provvedimenti anche per questa seconda categoria di cittadini di paesi terzi. Il seguito della presente sintesi si riferisce solo a cittadini di paesi terzi in posizione irregolare. Le opzioni proposte non riguardano i cittadini UE-10 e quelli bulgari e rumeni che, ai sensi delle disposizioni transitorie, hanno diritti di lavoro limitati in alcuni Stati membri. Ampiezza del problema Determinare l'ampiezza del problema è difficile. La prima difficoltà è calcolare il numero di clandestini e il lavoro sommerso; inoltre, quando esistono dati o stime, è spesso difficile stabilire se includono anche cittadini UE soggetti a restrizioni lavorative ai sensi di norme transitorie, nel qual caso è difficile isolare le cifre relative ai cittadini di paesi terzi. È chiaro comunque che il numero di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE è alto ed è aumentato negli ultimi anni. La maggior parte delle stime disponibili riguardano il periodo anteriore al 2004 e all'adesione dei paesi UE-10, e classificano i cittadini di tali paesi, così come quelli bulgari e rumeni, come cittadini di paesi terzi. Ciò rende difficile avere un quadro generale. Le stime del numero complessivo di immigrati illegali nell'UE vanno da 2-3 milioni ( Global Migration Perspectives 2005) a 4,5 milioni (OIM 2000), a 7-8 milioni (Nazioni Unite, Trends in Total Migrant Stock: The 2003 Revision ). Secondo stime, il numero di immigrati illegali nell'UE aumenta annualmente di 500.000 ( Wiener Zeitung 2005) e 350.000 unità ( Global Migration Perspectives 2005). Tuttavia, le stime per paese disponibili per 21 Stati membri sembrano indicare cumulativamente un afflusso annuo di immigrati clandestini nell'UE compreso fra le 893.000 e le 923.300 persone. Benché non siano disponibili cifre affidabili, è ragionevole supporre che un numero significativo di immigrati clandestini lasci il territorio dell'UE volontariamente, venga regolarizzato oppure venga rimpatriato nel paese d'origine. Il flusso netto di immigrati clandestini è quindi inferiore all'afflusso complessivo. Alcuni Stati membri hanno intrapreso programmi di regolarizzazione su vasta scala, che riducendo (almeno inizialmente) il numero dei cittadini di paesi terzi in posizione irregolare. Gli effetti a medio-lungo termine di queste iniziative non sono però chiari, poiché questi programmi possono a loro volta costituire a un fattore di richiamo per l'immigrazione clandestina. Natura del problema Una motivazione forte che spinge i cittadini di paesi terzi a venire nell'UE è l'idea di poter essere retribuiti meglio che nel proprio Stato. In realtà il lavoro offerto consiste principalmente in attività sottopagate nel quadro dell'economia sommersa. I bassi salari e le cattive condizioni di lavoro che tali cittadini in posizione irregolare sono obbligati ad accettare ne fanno una categoria molto ricercata. L'assunzione di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente non toglie lavoro ai cittadini degli Stati membri. Sembra invece che interi settori dipendano già dagli immigrati clandestini, che accettano mansioni che i locali rifiuterebbero di svolgere per un salario che mantenga la competitività internazionale del settore in questione (come l'orticoltura). In termini di effetti sui mercati dei prodotti/servizi, il ricorso al lavoro sommerso è particolarmente corrente in certi settori, ma non limitato ai cittadini dei paesi terzi. In termini puramente economici gli effetti sui mercati dei prodotti/servizi possono essere positivi, poiché gli immigrati irregolari, come lavoratori, possono apportare considerevoli vantaggi ai paesi ospitanti: i bassi salari riducono i costi dei beni e dei servizi rendendo le imprese e a volte interi settori più competitivi. L'edilizia, l'agricoltura e l'orticoltura, i lavori domestici, i servizi di pulizia, di catering e altri servizi alberghieri sono regolarmente citati come i settori più inclini al ricorso al lavoro sommerso in generale, e a quello degli immigrati irregolari in particolare. Ciò rispecchia in parte la natura del lavoro richiesto in questi settori (stagionale e flessibile). Quanto agli effetti sulla competitività e sul mercato interno, nei paesi in cui l'economia sommersa è meno presente l'assunzione di immigrati irregolari crea, in certi settori, concorrenza sleale. In altri paesi, il ricorso al lavoro sommerso in generale, e anche agli immigrati clandestini, è così diffuso che tutte le imprese dei settori interessati si sono adattate alla situazione ripiegando a loro volta sul lavoro illegale o reagendo con altri mezzi alla concorrenza sleale. Gli immigrati illegali apportano un contributo positivo, in termini economici, non solo agli Stati ospitanti ma anche ai paesi d'origine. I paesi di provenienza degli immigrati traggono grandi vantaggi dalla fuoriuscita di manodopera, poiché ciò allieva la disoccupazione, promuove la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e produce flussi di rimesse. Per molti paesi, la dipendenza dalle rimesse degli emigrati è aumentata nel corso degli anni. Questi vantaggi hanno tuttavia anche grandi costi, ad esempio il mancato pagamento dei contributi di previdenza sociale, lo sfruttamento e la distorsione del mercato del lavoro a causa dei bassi stipendi e delle cattive condizioni lavorative. Provvedimenti esistenti a livello nazionale contro i datori di lavoro Sui 27 Stati membri dell'UE, almeno 26 già prevedono sanzioni e misure preventive nei confronti dei datori di lavoro. La legislazione di 19 Stati membri prevede sanzioni penali. Il divario, tuttavia, è grande non solo in termini di contenuti, ma anche di combinazione dei provvedimenti attuati. In molti Stati membri, inoltre, il numero di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare che lavorano è alto nonostante le sanzioni. Molte parti interessate sottolineano l'importanza dell'applicazione delle sanzioni ai fini di uno strumento efficace. Nell'applicare le politiche sul lavoro sommerso gli Stati membri devono affrontare una serie di sfide: - mancanza di coordinamento e di cooperazione fra gli attori responsabili della lotta al lavoro illegale; - assenza di contesti normativi che regolino tale coordinamento e cooperazione; - insufficienza delle risorse umane e finanziarie stanziate per gli organi incaricati dell'applicazione delle norme; - ostacoli alle operazioni sul campo; - mancanza di informazioni per effettuare controlli efficaci; - mancanza di dati per valutare i risultati delle ispezioni; - cooperazione internazionale insufficiente. Un altro problema è anche la grande varietà dei provvedimenti nazionali esistenti, che ostacola la creazione di condizioni uniformi per tutti i datori di lavoro nell'Unione europea e non veicola il messaggio che la lotta contro l'impiego di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare è un obiettivo comune dell'UE. Obiettivi L'obiettivo generale è: - contribuire a ridurre l'immigrazione illegale. Gli obiettivi specifici sono: - ridurre le assunzioni di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare; - creare condizioni uniformi per i datori di lavoro dell'UE; - contribuire a diminuire lo sfruttamento dei cittadini di paesi terzi in posizione irregolare. Benché l'ultimo di questi obiettivi specifici non rientri nel campo d'applicazione della base giuridica pertinente, cioè l'articolo 63, paragrafo 3, lettera b) del trattato CE, è opportuno includerlo per valutare le varie opzioni, vista la frequenza con cui si riscontrano condizioni di sfruttamento in questo settore. OPZIONI L'opzione della regolarizzazione dei cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente è stata respinta in una fase precoce, poiché mancano dati sulle prassi correnti e sugli effetti delle misure di regolarizzazione. La regolarizzazione, inoltre, è ritenuta da molti un fattore di richiamo dell'immigrazione clandestina, e quindi inutile ai fini dei lavori in oggetto. Opzione 1 – Status quo Opzione 2 – Armonizzazione delle sanzioni contro i datori di lavoro dell'UE che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente, con obbligo di applicazione per gli Stati membri Questa alternativa, che richiede un'azione di regolamentazione a livello dell'Unione europea, prevede sanzioni armonizzate nell'UE contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente. La violazione sarebbe assumere un cittadino di un paese terzo in posizione irregolare. L'opzione prevede inoltre l'introduzione di sanzioni pecuniarie e d'altro tipo (come l'esclusione da appalti pubblici e sovvenzioni) e, per i casi gravi, l'irrogazione di sanzioni penali. Data l'importanza dell'applicazione delle norme, gli Stati membri verrebbero obbligati ad effettuare dei controlli su una percentuale delle imprese registrate sul loro territorio. Opzione 3 – Armonizzazione delle misure preventive: obbligo comune per i datori di lavoro dell'UE di fare una copia della documentazione necessaria (permesso di soggiorno) e di informare gli organi nazionali competenti Questa alternativa richiederebbe un'azione legislativa a livello UE per introdurre misure comuni che impediscano le assunzioni di immigrati irregolari. I datori di lavoro dovrebbero chiedere agli interessati i documenti attestanti il diritto di soggiorno, dovrebbero copiarli e trasmetterli alle autorità nazionali competenti. Il datore di lavoro sarebbe obbligato a conservarne una copia e a garantirne la sicurezza e la riservatezza. L'autorità nazionale competente sarebbe responsabile di controllare i documenti (per rilevare ad esempio un'eventuale falsificazione) e lo status dell'immigrato e, nel caso in cui l'interessato non possa essere assunto legalmente, dovrebbe informare il datore di lavoro. Questi non sarebbe tenuto ad aspettare la reazione dell'autorità prima di assumere un nuovo lavoratore, ma sarebbe obbligato al licenziamento in caso di risposta negativa. I datori di lavoro che non presentano la copia della documentazione all'autorità competente non sarebbero necessariamente passibili di sanzioni. I datori di lavoro che possono dimostrare di avere effettuato le verifiche richieste non sarebbero passibili di sanzioni se risultasse successivamente che il lavoratore assunto è in posizione irregolare. Opzione 4 – Armonizzazione delle sanzioni contro i datori di lavoro e misure preventive Questa alternativa, di natura regolamentare in quanto comporterebbe un'azione legislativa a livello UE, consiste in una combinazione delle opzioni 2 e 3 di cui sopra. Opzione 5 – Campagna di sensibilizzazione nell'UE Questa soluzione, di natura non regolamentare, consisterebbe nel sensibilizzare i datori di lavoro sui loro obblighi di legge e sulle conseguenze negative del lavoro illegale. Potrebbero essere coinvolte le parti sociali e altri attori rilevanti. Opzione 6 – Individuazione e scambio di buone prassi Questa opzione prevede che siano individuate e scambiate, fra gli Stati membri, le buone prassi e le informazioni su diversi aspetti (ad esempio sistemi di applicazione delle norme, mezzi legislativi, identificazione e arresto dei trafficanti, ecc.), in una forma strutturata come ad esempio l'apprendimento fra pari, con l'assistenza della Commissione per quanto riguarda l'emanazione di orientamenti, l'individuazione di punti di contatto nazionali e l'organizzazione di riunioni. RAFFRONTO DELLE OPZIONI TABELLA – VALUTAZIONE DELLE opzioni - raffronto Obiettivo da realizzare – problema affrontato | Opzioni (Effetti previsti valutati su una scala da –a √√√√√) | Ridurre l'immigrazione clandestina nell'UE | √ | √√ | √√ | √√√ | 0 | √√ | Creare condizioni uniformi per i datori di lavoro | 0 oppure – | √√√ | √√√ | √√√√ | 0 | √ | Contribuire a ridurre lo sfruttamento dei cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente | 0 oppure – | 0 oppure - | 0 | 0 oppure - | 0 | √√ | Elaborare norme comuni che possano essere rispettate e applicate nella pratica | 0 | √ | √√ | √√ | 0 | √ | Completare e rafforzare l'acquis esistente (e futuro) | N/A | √√ | √√ | √√√ | √ | √√√ | Ridurre la tratta degli esseri umani, la criminalità organizzata e il traffico illecito | 0 oppure – | 0 oppure – | 0 oppure – | – | 0 | √√ | Diritti fondamentali | Protezione dei dati personali (art. 8) | 0 | 0 | – | – | 0 | 0 | Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale (art. 47) | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | Non discriminazione (art. 21) | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 oppure √ | Principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene (art. 49) | 0 | √ | √ | √ | 0 | 0 oppure √ | Costi legati allo status quo + Costi superiori allo status quo; 0 Costi invariati; – Costi inferiori allo status quo | 0 | + | + | + | + | + | L'opzione da privilegiare è una combinazione delle seguenti: - opzione 4 : armonizzazione delle sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi in posizione irregolare, con obbligo di applicazione per gli Stati membri, e misure preventive armonizzate: obbligo comune per i datori di lavoro dell'UE di fare una copia della documentazione pertinente e di informare gli organi nazionali competenti; - opzione 6 : individuazione e scambio di buone prassi fra gli Stati membri. Principali vantaggi dell'opzione da privilegiare: - effetti positivi sulla riduzione del lavoro illegale dei cittadini dei paesi terzi;. - l'esistenza di sanzioni e di misure d'esecuzione di un livello minimo in tutta l'UE ne rafforzerebbe l'effetto deterrente; - rapidi progressi verso l'instaurazione di condizioni uniformi per le imprese di tutta l'UE; - le misure preventive imporrebbero l'obbligo comune, ma "leggero", di chiedere la documentazione ai lavoratori potenziali e di conservarla, ma l'onere di verificare l'autenticità di questi documenti incomberebbe alle autorità competenti. Ciò consentirebbe ai datori di lavoro di procedere in buona fede all'assunzione dei lavoratori che abbiano fornito una documentazione risultante conforme ai requisiti; - l'obbligo per gli Stati membri di ispezionare il 10% delle società registrate, come previsto dalla proposta legislativa, migliorerebbe l'applicazione delle norme e farebbe chiaramente comprendere ai datori di lavoro che il rischio di essere scoperti in caso di violazione è reale o maggiore; - l'individuazione e lo scambio di buone prassi con riguardo all'applicazione delle norme (opzione 6) contribuirebbe a rafforzare questi aspetti; - verrebbe inviato ai paesi terzi e ai potenziali immigrati clandestini il messaggio chiaro che i problemi vengono affrontati e i rischi per chi emigra clandestinamente sono maggiori. Un tale segnale proveniente dall'UE avrebbe un valore diverso e più forte dello stesso messaggio lanciato a livello nazionale; - per quanto riguarda i diritti fondamentali, ci si può aspettare in maniera generale una diminuzione dello sfruttamento grazie allo scambio di buone prassi in materia di protezione delle vittime e alla condivisione di informazioni sul modo di attenuare le conseguenze negative per chi collabora con le autorità di contrasto. Sono probabili anche effetti positivi sui principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene, poiché la classificazione come reato delle violazioni gravi sarebbe stabilita a livello europeo. Principale svantaggi dell'opzione da privilegiare: - il lavoro illegale dei cittadini di paesi terzi non verrebbe eliminato. L'efficacia a tale riguardo dipende ampiamente dall'applicazione delle norme, che è responsabilità degli Stati membri. Nonostante l'obbligo di applicazione e lo scambio di buone prassi, l'efficacia delle ispezioni dipenderebbe sempre dagli Stati membri; - in termini puramente economici, i settori sensibili (principalmente edilizia, agricoltura, lavori domestici/pulizia, catering e altri servizi alberghieri) potrebbero subire conseguenze negative; - sanzioni più severe nei confronti dei datori di lavoro potrebbero avere conseguenze negative sui cittadini di paesi terzi in posizione irregolare (rischio di maggiore sfruttamento poiché tali lavoratori potrebbero essere spinti ancora di più nell'illegalità e potrebbero ritrovarsi in una posizione negoziale più debole). Tuttavia, queste eventuali conseguenze verrebbero controbilanciate dall'effetto deterrente delle sanzioni penali proposte in caso di condizioni lavorative di particolare sfruttamento; - per quanto riguarda i diritti fondamentali, sono possibili conseguenze negative sulla protezione dei dati personali. La misura in cui ciò potrebbe accadere dipende dai provvedimenti che adottateranno i datori di lavoro e le autorità per tutelare la riservatezza delle informazioni.