52007PC0513

Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di perossisolfati (persolfati) originari degli Stati Uniti d’America, della Repubblica popolare cinese e di Taiwan /* COM/2007/0513 def. */


[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

Bruxelles, 11.9.2007

COM(2007) 513 definitivo

Proposta di

REGOLAMENTO DEL CONSIGLIO

che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di perossisolfati (persolfati) originari degli Stati Uniti d’America, della Repubblica popolare cinese e di Taiwan

(presentata dalla Commissione)

RELAZIONE

Contesto della proposta |

Motivazione e obiettivi della proposta La presente proposta riguarda l’applicazione del regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea, modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2117/2005 del Consiglio, del 21 dicembre 2005 (nel seguito “il regolamento di base”), nel procedimento relativo alle importazioni di persolfati originari degli Stati Uniti d’America, della Repubblica popolare cinese e di Taiwan. |

Contesto generale La presente proposta è presentata nel quadro dell’attuazione del regolamento di base ed è il risultato di un’inchiesta svolta in conformità dei requisiti sostanziali e procedurali di cui al regolamento di base. |

Disposizioni vigenti nel settore della proposta Regolamento (CE) n. 390/2007 della Commissione che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di perossisolfati (persolfati) originari degli Stati Uniti d’America, della Repubblica popolare cinese e di Taiwan. |

Coerenza con altri obiettivi e politiche dell’Unione Non pertinente. |

CONSULTAZIONE DELLE PARTI INTERESSATE E VALUTAZIONE DELL’IMPATTO |

Consultazione |

In conformità alle disposizioni del regolamento di base, le parti interessate coinvolte nel procedimento hanno già avuto la possibilità di difendere i propri interessi nel corso dell’inchiesta. |

Ricorso al parere di esperti |

Non è stato necessario consultare esperti esterni. |

Valutazione dell’impatto La presente proposta è il risultato dell’attuazione del regolamento di base. Il regolamento di base non prevede una valutazione generale dell’impatto, ma contiene un elenco esauriente delle condizioni che devono essere valutate. |

ELEMENTI GIURIDICI DELLA PROPOSTA |

Sintesi delle misure proposte Il 13 luglio 2006, la Commissione ha aperto un’inchiesta antidumping relativa alle importazioni nella Comunità di perossisolfati (persolfati) originari degli Stati Uniti d’America, della Repubblica popolare cinese e di Taiwan. Con il regolamento (CE) n. 390/2007, dell’11 aprile 2007, la Commissione ha istituito dazi antidumping provvisori su tali importazioni. L’allegata proposta di regolamento del Consiglio si basa sulle conclusioni definitive in materia di dumping, pregiudizio, nesso di causalità e interesse della Comunità, le quali hanno confermato le conclusioni provvisorie introducendo nel contempo alcune modifiche al calcolo dei margini di dumping e di pregiudizio. Si propone pertanto che il Consiglio adotti l’allegata proposta di regolamento, da pubblicare sulla Gazzetta ufficiale entro il 12 ottobre 2007. |

Base giuridica Regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea, modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2117/2005 del Consiglio, del 21 dicembre 2005. |

Principio di sussidiarietà La proposta è di competenza esclusiva della Comunità. Pertanto, il principio di sussidiarietà non si applica. |

Principio di proporzionalità La proposta è conforme al principio di proporzionalità per i motivi seguenti. |

Il tipo di intervento è descritto nel già citato regolamento di base e non consente l’adozione di decisioni a livello nazionale. |

Non sono necessarie indicazioni su come ridurre e rendere commisurato all’obiettivo della proposta l’onere finanziario e amministrativo a carico della Comunità, dei governi nazionali, degli enti locali e regionali, degli operatori economici e dei cittadini. |

Scelta dello strumento |

Strumento proposto: regolamento. |

Altri mezzi non sarebbero adeguati per i motivi seguenti. Il regolamento di base sopra indicato non prevede altre opzioni. |

INCIDENZA SUL BILANCIO |

Nessuna. |

Proposta di

REGOLAMENTO DEL CONSIGLIO

che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di perossisolfati (persolfati) originari degli Stati Uniti d’America, della Repubblica popolare cinese e di Taiwan

IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea[1] (“il regolamento di base”), in particolare l’articolo 9,

vista la proposta presentata dalla Commissione dopo aver sentito il comitato consultivo,

considerando quanto segue:

A. MISURE PROVVISORIE

(1) Con il regolamento (CE) n. 390/2007[2] (“il regolamento provvisorio”) la Commissione ha istituito un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di perossisolfati (persolfati), attualmente classificabili ai codici NC 2833 40 00 ed ex 2842 90 80, originari degli Stati Uniti d’America (“USA”), della Repubblica popolare cinese (“RPC”) e di Taiwan.

(2) Come indicato al considerando (12) del regolamento provvisorio, l’inchiesta relativa al dumping e al pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1° luglio 2005 e il 30 giugno 2006 (“periodo dell’inchiesta” o “PI”). Per quanto riguarda l’analisi delle tendenze pertinenti per la valutazione del pregiudizio, la Commissione ha analizzato i dati relativi al periodo compreso tra il 1° gennaio 2003 e la fine del periodo dell’inchiesta (“periodo in esame”).

B. FASE SUCCESSIVA DELLA PROCEDURA

(3) Dopo l’istituzione dei dazi antidumping provvisori sulle importazioni di persolfati originari degli USA, dell’RPC e di Taiwan, alcune parti interessate hanno formulato osservazioni per iscritto. Le parti che ne hanno fatto richiesta hanno anche avuto l’opportunità di essere sentite. La Commissione ha continuato a raccogliere e verificare tutte le informazioni ritenute necessarie ai fini delle conclusioni definitive.

(4) Tutte le parti sono state informate dei fatti e delle considerazioni principali in base ai quali si intendeva raccomandare l’istituzione di un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di persolfati originari degli USA, dell’RPC e di Taiwan e la riscossione definitiva degli importi depositati a titolo di dazi provvisori. È stato inoltre fissato un termine entro il quale le parti potevano presentare le proprie osservazioni dopo aver ricevuto le informazioni in questione.

(5) La Commissione ha approfondito l’inchiesta per quanto riguarda gli aspetti legati all’interesse comunitario e ha effettuato un’analisi dei dati forniti con le risposte al questionario da un utilizzatore nella Comunità dopo l’istituzione delle misure provvisorie antidumping.

(6) È stata effettuata un’ulteriore visita di verifica presso la sede della seguente società:

- Antec International Ltd., Sudbury, UK – utilizzatore nella Comunità.

(7) Le osservazioni comunicate oralmente e per iscritto dalle parti sono state esaminate e, ove ritenuto opportuno, le conclusioni sono state modificate di conseguenza.

C. PRODOTTO IN ESAME E PRODOTTO SIMILE

1. Prodotto in esame

(8) Si ricorda che, come indicato al considerando (14) del regolamento provvisorio, il prodotto in esame è costituito dai quattro tipi principali di prodotti che seguono: persolfato di ammonio (NH4)2S2O8 (APS), persolfato di sodio (Na2S2O8) (SPS/NPS), persolfato di potassio (K2S2O8) (PPS/KPS) e monopersolfato di potassio (2KHSO5 * KHSO4 * K2SO4) (KMPS).

(9) Un produttore esportatore negli USA ha ribadito la richiesta di escludere il KMPS dall’inchiesta, sostenendo che il KMPS ha caratteristiche chimiche differenti ed è utilizzato in applicazioni differenti rispetto agli altri tre tipi di prodotti. Tale produttore esportatore afferma che l’intercambiabilità di tutti i tipi di prodotti è limitata ad alcune applicazioni di nicchia. Pertanto, solo una quantità molto ridotta delle sue esportazioni di KMPS verso la Comunità sarebbe utilizzata nelle tipiche applicazioni dei tre tipi di prodotti rimanenti. In appoggio alle proprie dichiarazioni, il produttore esportatore ha riaffermato che il KMPS è sempre venduto a prezzi più alti, il che dimostrerebbe che è destinato a clienti diversi per applicazioni diverse da quelle dei tre tipi di prodotti rimanenti.

(10) Lo stesso produttore esportatore ha fatto riferimento al regolamento (CE) n. 2961/95 del Consiglio che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di perossisolfati (persolfati) originari dell’RPC[3]. Poiché il prodotto interessato dall’inchiesta non comprende il KMPS, egli afferma che i risultati provvisori dell’inchiesta attuale sarebbero in contraddizione coi risultati dell’inchiesta precedente. In particolare, i criteri elencati al considerando (7) del regolamento (CE) n. 2961/95 e atti a determinare il prodotto in esame non si applicherebbero al KMPS, il che dimostrerebbe trattarsi di un prodotto diverso. Il produttore esportatore fa inoltre riferimento a un’inchiesta antidumping condotta dalle autorità statunitensi relativa ai persolfati, ma non al KMPS[4].

(11) Dopo la comunicazione delle conclusioni provvisorie, lo stesso produttore esportatore ha anche affermato che il KMPS è trattato in modo differente dagli altri tipi ai fini del trasporto, nonché dalla direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’immissione sul mercato dei biocidi (la “direttiva biocidi”)[5]. Questo diverso trattamento indicherebbe che si parla di prodotti diversi.

(12) Infine, il produttore esportatore ha affermato che il solo criterio comune esistente fra il KMPS e gli altri tre tipi di prodotti sarebbe che si tratta di “forti ossidanti”, una definizione ampia che si applica a molti altri prodotti chimici come il perossido d’idrogeno e l’ipoclorito di sodio, anch’essi utilizzati come agenti ossidanti. Pertanto, il KMPS dovrebbe essere escluso dalla definizione del prodotto in esame, oppure occorrerebbe inserirvi altri agenti ossidanti.

(13) Per quanto attiene alle presunte differenze nelle caratteristiche chimiche, il produttore esportatore non ha presentato informazioni o prove di tipo nuovo ma si è limitato a ripetere gli argomenti già avanzati prima dell’istituzione delle misure provvisorie. Si sottolinea che il considerando (17) del regolamento provvisorio riconosce che ogni tipo, compreso il KMPS, ha una formula chimica diversa. Tuttavia, malgrado tali differenze, tutti i tipi hanno una struttura comune (SO3-O2), nonché proprietà fisiche e chimiche simili o comparabili. Ad esempio, tutti i tipi hanno un aspetto comparabile (sale bianco, cristallino), una densità apparente analoga e un contenuto comparabile di ossigeno attivo. Tutti i tipi sono stati definiti come sali di ossiacidi di zolfo allo stato di ossidazione n. VI, che misura il grado di ossidazione di un atomo in una sostanza. Si è pertanto concluso che tutti i tipi di prodotto hanno caratteristiche chimiche simili. Nessuna delle informazioni presentate dal produttore esportatore in questione è stata in grado di modificare queste conclusioni.

(14) Le caratteristiche suddette risultano essere tipiche dei persolfati, e differenziano questi ultimi dagli altri prodotti. In particolare, l’inchiesta ha rilevato che il perossido d’idrogeno è un liquido incolore con una formula chimica differente da quella dei persolfati (H2O2). Esso non contiene zolfo e il suo contenuto ossidante attivo è circa 10 volte maggiore di quello del prodotto in esame. Inoltre, il perossido d’idrogeno ha impieghi diversi da quelli dei persolfati. Analogamente, l’ipoclorito di sodio ha una struttura chimica differente da quella del prodotto in esame (NA+OCl-) e non contiene ossigeno, legami dell’ossigeno o zolfo. L’NA+OCl- è un composto solido, ma in genere si trova in commercio sotto forma di soluzione acquosa. Poiché non contiene affatto ossigeno attivo, è usato nei candeggianti a base di cloro. Se ne è concluso che i prodotti suddetti hanno proprietà e applicazioni diverse e non sono paragonabili ai persolfati. L’argomento per cui la definizione del prodotto sarebbe troppo ampia quindi è stato respinto.

(15) Per quanto riguarda l’affermazione secondo cui il KMPS avrebbe utilizzi finali notevolmente differenti rispetto agli altri tre tipi di prodotti, si è trattato principalmente di una ripetizione degli argomenti presentati prima dell’istituzione delle misure provvisorie. Il produttore esportatore ha affermato in particolare che il KMPS sarebbe ampiamente utilizzato per la pulizia e la disinfezione delle piscine, mentre altri persolfati non potrebbero essere utilizzati in quanto irritanti per la pelle. Si è però rilevato che non solo il KMPS, ma anche altri tipi di persolfati possono essere utilizzati secondo la norma europea pertinente per il trattamento delle acque destinate al consumo umano[6]. Si è anche rilevato che, siano essi irritanti o meno per la pelle, anche altri tipi di persolfati vengono utilizzati per pulizia e disinfezione. L’argomento quindi è stato respinto.

(16) Il produttore esportatore di cui sopra ha anche sostenuto che il KMPS non potrebbe essere utilizzato nei processi di polimerizzazione, che sono il principale ambito di applicazione degli altri tipi di persolfati. Tuttavia, l’inchiesta ha rilevato che il KMPS potrebbe usato nei processi di polimerizzazione, per cui anche quest’argomento è stato respinto. Infine, come indicato al considerando (17) del regolamento provvisorio, malgrado gli utilizzi finali parzialmente differenti vi sono applicazioni coincidenti come il trattamento dei metalli (microincisione e decapaggio) e la trasformazione in pasta di legno di carta resistente all’acqua. Si è pertanto concluso che tutti i tipi di prodotti hanno applicazioni largamente coincidenti, senza linee divisorie chiare.

(17) Come indicato al precedente considerando (9), il produttore esportatore interessato ha argomentato che, pur essendovi una certa coincidenza delle applicazioni, questa non riguarda una parte sostanziale delle sue vendite all’esportazione e dovrebbe pertanto essere considerata non significativa. Al riguardo va osservato che non si è potuto determinare il consumo preciso di ogni tipo di prodotto in un’applicazione specifica durante il periodo dell’inchiesta, a causa della scarsa collaborazione degli utilizzatori coinvolti e dell’assenza di dati appropriati per determinare tale elemento. Il produttore esportatore interessato non ha presentato prove decisive sotto questo punto di vista, ma soltanto stime non suffragate da dati concreti. Inoltre, alla presente inchiesta hanno collaborato in tutto due utilizzatori, che rappresentano solo una piccola parte del consumo totale (7%). In ogni caso si è ritenuto irrilevante stabilire in che misura esatta un certo tipo di prodotto sia utilizzato per un’applicazione specifica in un determinato periodo di tempo: se un certo tipo di prodotto possa essere utilizzato per un’applicazione specifica è un elemento che va determinato in base alle sue caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche. Gli utilizzatori possono impiegare un certo tipo di prodotto in un determinato periodo, ma possono anche passare facilmente da un tipo di prodotto all’altro per la stessa applicazione. L’argomento quindi è stato respinto.

(18) Per quanto attiene ai diversi livelli di prezzo dei vari tipi di prodotti, come è già indicato al considerando (17) del regolamento provvisorio si considera che le differenze di prezzo fra i tipi di prodotti non giustificano di per sé la conclusione per cui un certo tipo di prodotto dovrebbe essere considerato come un prodotto differente. È sì vero che i prezzi alla vendita del KMPS sono più elevati rispetti a quelli degli altri tipi di persolfati, ma vi sono differenze di prezzo anche fra gli altri tre tipi di prodotti. Va poi osservato che queste differenze si osservano in tutti i paesi produttori, compresa la Comunità. I diversi livelli di prezzo si spiegano in gran parte col fatto che il numero di produttori di KMPS a livello mondiale è limitato (ve ne sono nella Comunità, negli USA e, in una certa misura, in Cina), e non sono necessariamente un riflesso dei costi di produzione. Di conseguenza, e viste le conclusioni sopra riportate per cui non vi sono linee divisorie chiare tra le diverse applicazioni dei vari tipi di prodotti, anche quest’argomentazione è stata respinta.

(19) In merito alla diversità di trattamento fra il KMPS e gli altri tre tipi di prodotti per quanto riguarda l’imballaggio per il trasporto, nonché in merito alla direttiva biocidi, va osservato che si tratta di nuovi argomenti, forniti dopo l’istituzione delle misure provvisorie e quindi oltre i termini previsti. In ogni caso, l’inchiesta ha mostrato che i principi d’imballaggio per tutti i tipi sono in sostanza gli stessi, anche se in base a classificazioni distinte. Si è anche ritenuto che i principi d’imballaggio in quanto tali non rappresentino un criterio decisivo per determinare se i diversi tipi di prodotti siano in realtà un prodotto unico. Come indicato più sopra, i criteri principali per definire un prodotto oggetto di un’inchiesta antidumping sono le sue caratteristiche chimiche, tecniche e fisiche fondamentali, nonché i suoi utilizzi finali.

(20) Per quanto riguarda la direttiva biocidi, va osservato che la differenza di trattamento risiede nel fatto che l’industria comunitaria ha iniziato le procedure di registrazione previste da tale direttiva per il KMPS, ma non per gli altri tre tipi di prodotti. Le procedure di registrazione per tali tipi di prodotti non erano ancora state avviate per considerazioni che, malgrado quanto afferma il produttore esportatore interessato, non sono legate alle loro caratteristiche chimiche e ai loro utilizzi finali. Per cui, mentre per il KMPS i costi di registrazione sono stati divisi fra i due produttori principali (uno nella Comunità e l’altro negli USA), le procedure di registrazione sono da considerarsi molto onerose in termini di tempo e di costi e potrebbero essere esperite in modo più snello nel più ampio contesto del nuovo regolamento europeo sulle sostanze chimiche (REACH), entrato in vigore il 1° giugno 2007[7]. Il diverso trattamento ai sensi della direttiva biocidi pertanto non può essere considerato indicazione di una diversità dei tipi di prodotti sulla base delle loro proprietà chimiche e/o delle loro applicazioni. La questione è quindi stata considerata irrilevante per la definizione del prodotto in esame e la relativa argomentazione del produttore esportatore è stata respinta.

(21) Per quanto riguarda le conclusioni relative al prodotto in esame nelle inchieste di cui al considerando (10), va osservato che il KMPS non è espressamente escluso in nessuna di tali inchieste, vale a dire che non vi sono conclusioni secondo cui il KMPS e gli altri tre tipi di prodotti avrebbero caratteristiche chimiche e utilizzi finali differenti e non dovrebbero pertanto essere considerate un unico prodotto. Il KMPS non è stato inserito nelle denunce (o nelle petizioni, a seconda dei casi) di cui sopra perché non è stato esportato durante il periodo di quell’inchiesta (Comunità) o perché l’industria nazionale denunciante (USA) non produceva KMPS in quel periodo.

(22) Si osserva in particolare che i criteri di cui al considerando (7) del regolamento (CE) n. 2961/95 (che impone misure definitive sulle importazioni di perossidosolfati originari dell’RPC) non mirano a stabilire una differenza tra il KMPS da una parte e gli altri tre tipi di prodotti dall’altra, ma piuttosto a definire le principali caratteristiche che accomunano i tre tipi che costituiscono il prodotto in esame nel quadro dell’inchiesta. Essi sono pertanto calibrati su quei tre tipi di prodotti e non sono esaustivi. Le conclusioni principali peraltro si possono applicare anche al KMPS, cioè che le caratteristiche essenziali (anione persolfato) e gli utilizzi previsti (iniziatore e agente ossidante) sono gli stessi, che sono in una certa misura intercambiabili e che le differenze di prezzo risultano irrilevanti. Per quanto concerne l’ultimo criterio, l’importanza dell’industria a valle nel processo di produzione, il produttore esportatore ha affermato che il KMPS costituisce un’elevata percentuale dei costi di produzione dei suoi utilizzatori. Al riguardo, nel corso dell’inchiesta (considerando (112)-(120)) si è stabilito che, anche se il KMPS rappresenta una parte più elevata del costo, l’impatto sulla redditività per gli utilizzatori è trascurabile. In ogni caso, si è ritenuto che ciò non dovrebbe impedire alle istituzioni comunitarie di considerare il KMPS in quanto prodotto in esame, in ragione della conclusione sopra indicata per cui tutti i tipi di prodotti sono intercambiabili.

(23) Infine, si osserva che nessuna delle parti interessate, in particolare nessuno dei produttori esportatori cinesi di KMPS, ha contestato la definizione del prodotto nel quadro del presente procedimento o ha obiettato a inserire il KMPS nella definizione del prodotto che fa oggetto della presente inchiesta.

(24) Per questi motivi, sono confermate le conclusioni provvisorie di cui al considerando (17) del regolamento provvisorio secondo cui tutti e quattro i tipi devono essere considerati come facenti parte di un unico prodotto ai fini del procedimento in questione.

2. Prodotto simile

(25) In assenza di osservazioni relative al prodotto simile, si confermano i considerando (18) e (19) del regolamento provvisorio.

D. DUMPING

(26) In assenza di osservazioni relative alla metodologia generale, si confermano i considerando da (20) a (39) del regolamento provvisorio.

1. USA

(27) Dopo la comunicazione delle conclusioni provvisorie, un produttore esportatore ha affermato che la deduzione operata in base all’articolo 2, paragrafo 10, punto i) di cui al considerando (47) del regolamento provvisorio ha dato luogo a una doppia contabilizzazione dei profitti ottenuti dall’operatore commerciale a lui collegato in Svizzera. Il produttore esportatore non ha però provato la propria affermazione e dalla verifica effettuata non risulta alcuna doppia contabilizzazione.

(28) In assenza di ulteriori osservazioni relative alla determinazione del dumping per quanto riguarda gli USA, si confermano i considerando da (40) a (50) del regolamento provvisorio.

2. Cina

(29) I due produttori esportatori che non hanno ottenuto il TEM hanno contestato le conclusioni della Commissione. Essi però non hanno presentato argomenti di tipo nuovo, per cui le conclusioni riguardanti il TEM formulate nel regolamento provvisorio per quei due produttori esportatori rimangono immutate.

(30) Uno di loro ha poi affermato che, se la decisione di rifiutargli il TEM fosse mantenuta, dovrebbe però almeno essergli riconosciuto il trattamento individuale (“TI”). Tale produttore esportatore però non è stato in grado di dimostrare che le sue decisioni in materia di politica commerciale sono adottate in risposta a tendenze del mercato e senza ingerenze di rilievo da parte dello Stato, come spiegato al considerando (56) del regolamento provvisorio. Per le stesse ragioni non può essere escluso, anche in assenza di prove del contrario da parte dell’interessato, che le ingerenze da parte dello Stato consentano di eludere le misure in caso di concessione al produttore esportatore di un’aliquota di dazio individuale. Si ritiene pertanto che il TI dovrebbe essere rifiutato, in conformità dell’articolo 9, paragrafo 5 del regolamento di base.

(31) Secondo il considerando (53) del regolamento provvisorio, per uno dei tre produttori esportatori che hanno ottenuto il TEM è necessario un ulteriore esame delle informazioni arrivate tardivamente e non studiate pienamente in quella fase. Le informazioni allora ricevute, nonché quelle pervenute dopo la pubblicazione del regolamento provvisorio, sono state esaminate, ed è stata effettuata una visita di verifica presso il produttore esportatore, per controllarne la validità. Dalle informazioni portate alla luce durante le ultime fasi dell’inchiesta sono risultate modifiche significative alla situazione di fatto sulla base della quale si era proceduto a valutare i criteri 1 e 2.

(32) Per quanto riguarda il primo criterio, è risultato che il produttore esportatore aveva celato alcune informazioni essenziali relative ai propri dirigenti e proprietari del momento, nonché ai relativi ruoli nella società prima che fosse privatizzata. Quest’omissione volontaria fa nascere dubbi su tutte le altre informazioni presentate in merito alla privatizzazione. Inoltre, la società non ha saputo spiegare convincentemente su che base abbia ricevuto due prestiti a tasso d’interesse ridotto da parte di una banca controllata dallo Stato, elemento questo che fa pensare a ingerenze statali. I suddetti prestiti non erano inizialmente stati considerati dall’inchiesta, in quanto concessi dopo la fine del PI, ma è chiaro che hanno avuto un effetto sull’attuale situazione della società e si è ritenuto opportuno, in conformità della giurisprudenza invalsa, tenerne conto. Per questi motivi, che si basano sulle informazioni che non potevano essere ragionevolmente note ai servizi della Commissione al momento dell’inchiesta iniziale sul TEM, non è più possibile escludere ingerenze da parte dello Stato nella gestione della società, e quest’ultima non ha provato il contrario.

(33) Per quanto concerne il secondo criterio si è rilevato che, nei conti del produttore esportatore, i costi finanziari sono stati sottostimati, in violazione delle norme generali di contabilità per competenza, in particolare del principio contabile internazionale (IAS) n. 23. Va osservato che una dichiarazione inaccurata dei prestiti ottenuti dalla società nella richiesta di TEM ha ostacolato in modo considerevole l’esame iniziale di questo punto, e che la discrepanza risultante non poteva essere ragionevolmente nota ai servizi della Commissione durante le fasi iniziali del procedimento.

(34) Per questi motivi, si è concluso che la richiesta di TEM presentata dal produttore esportatore dovrebbe essere rifiutata. L’interessato è stato informato e ha avuto la possibilità di presentare osservazioni in merito. Di conseguenza, il margine di dumping per tutti i produttori esportatori che non hanno ottenuto il TEM è stato ricalcolato, in base alla stessa metodologia già descritta ai considerando (96) e (97) del regolamento provvisorio.

(35) Infine, un produttore esportatore che ha ottenuto il TEM ha presentato due richieste relative al calcolo del suo valore normale e dei prezzi all’esportazione, richieste ritenute insufficienti a giustificare una modifica. Una richiesta ulteriore del produttore esportatore relativa all’imputazione di alcune spese logistiche sostenute dall’importatore collegato sul giro d’affari complessivo della società anziché sul fatturato del prodotto in esame, con la giustificazione per cui tali spese sarebbero dovute a una ristrutturazione generale avvenuta nella società durante il PI, è stata considerata sufficientemente motivata e quindi accolta. Si è comunque dovuto ricalcolare il margine di dumping del produttore esportatore in seguito alle correzioni effettuate dall’importatore collegato nella Comunità all’elenco delle transazioni fornito a sostegno dei prezzi di rivendita dei persolfati all’interno della Comunità.

(36) Per questi motivi, i margini di dumping, espressi in percentuale del prezzo all’importazione CIF franco frontiera comunitaria, dazio non corrisposto, sono i seguenti:

Società | Margine di dumping definitivo |

ABC Chemicals (Shanghai) Co., Ltd. | de minimis |

Degussa-AJ (Shanghai) Initiators Co., Ltd. | 24,5 % |

Tutte le altre società | 96,0 % |

(37) In assenza di ulteriori osservazioni relative alla determinazione del dumping per quanto riguarda l’RPC, si confermano le altre disposizioni dei considerando da (51) a (97) del regolamento provvisorio.

3. Taiwan

(38) Dopo la comunicazione delle conclusioni provvisorie, il produttore esportatore che ha collaborato all’inchiesta ha ripresentato due richieste di aggiustamento dello stadio commerciale e delle commissioni, come indicato rispettivamente ai considerando (101) e (102) del regolamento provvisorio. Tuttavia, le spiegazioni presentate da tale produttore esportatore, non sostanzialmente differenti da quelle ricevute all’inizio del procedimento, non sono state considerate convincenti. In particolare, il produttore esportatore non ha fornito una risposta ad alcuni argomenti che hanno motivato la decisione di respingere le sue richieste, come risulta dal regolamento provvisorio, e ha contraddetto in parte le affermazioni precedenti rese in occasione della visita di verifica effettuata nei suoi locali.

(39) In assenza di ulteriori osservazioni relative alla determinazione del dumping per quanto riguarda Taiwan, si confermano i considerando da (98) a (105) del regolamento provvisorio.

E. PREGIUDIZIO

1. Produzione comunitaria e industria comunitaria

(40) Un produttore esportatore degli USA ha ribadito che il produttore comunitario che importa il prodotto in esame dalla sua società collegata in Cina dovrebbe essere escluso dalla definizione di industria comunitaria. Secondo lui, il fatto che la produzione sia affidata a un paese terzo interessato da un’inchiesta antidumping sarebbe di per sé sufficiente a concludere che il produttore interessato è al riparo dagli effetti delle importazioni oggetto di dumping. Il produttore esportatore ha affermato anche che il produttore interessato ha avuto un comportamento diverso da un produttore comunitario non collegato, il che sarebbe dimostrato in particolare dalla sua attività di investimento in Cina.

(41) Si ritiene che il fatto che un produttore comunitario abbia affidato la produzione all’esterno non sia di per sé una ragione sufficiente per escludere tale produttore dalla definizione di industria comunitaria: andrebbe anzitutto esaminato se il produttore comunitario interessato fosse al riparo dagli effetti delle importazioni oggetto di dumping. Al riguardo, come indicato ai considerando (106) e (151) del regolamento provvisorio, si è trovato che le quantità importate dalla società collegata nell’RPC erano modeste e fatte soltanto per mantenere i clienti globali. Tali importazioni costituiscono meno del 7% delle vendite complessive del suddetto produttore sul mercato comunitario, il che indica che il produttore è concentrato sulla produzione nella Comunità e che le importazioni rappresentano soprattutto un atto di autodifesa. Per quanto riguarda gli investimenti del produttore comunitario in Cina, il produttore esportatore denunciante non ha spiegato come questi investimenti avrebbero riparato il produttore comunitario dagli effetti delle importazioni oggetto di dumping. Tali argomentazioni quindi sono state respinte.

(42) Lo stesso produttore esportatore ha affermato che uno dei criteri principali per concludere che il produttore comunitario in questione fa parte dell’industria comunitaria sarebbe che i prezzi di rivendita sul mercato comunitario sono più elevati rispetto ai prezzi di importazione dall’RPC. Il produttore esportatore argomenta che i prezzi di rivendita dovrebbero essere confrontati al prezzo medio d’importazione da tutti i paesi interessati, e non solo dall’RPC.

(43) Tuttavia, il livello dei prezzi di rivendita è solo uno degli elementi che sono stati considerati (cfr. considerando (106) del regolamento provvisorio). Il prezzo di rivendita indica che il produttore comunitario non ha venduto a un prezzo inferiore rispetto ai suoi concorrenti cinesi, il che avrebbe danneggiato l’industria comunitaria.

(44) In assenza di ulteriori osservazioni relative alla produzione e all’industria comunitarie, si conferma il considerando (106) del regolamento provvisorio.

2. Consumo nella Comunità

(45) Un produttore esportatore degli USA ha affermato che le sue vendite all’esportazione verso l’utilizzatore collegato nella Comunità dovrebbero essere escluse dalla determinazione del consumo totale nella Comunità, dal momento che tali vendite non sono state effettuate verso il “mercato libero”.

(46) Il consumo è definito come l’insieme di tutte le importazioni nella Comunità da tutte le fonti e di tutte le vendite del prodotto in esame effettuate dall’industria comunitaria sul mercato comunitario. Il fatto che le importazioni avvengano verso società collegate nella Comunità è irrilevante e non impedisce a tali vendite di essere considerate nel calcolo del consumo comunitario complessivo. La richiesta in questo senso del produttore esportatore è stata quindi respinta.

(47) In assenza di ulteriori osservazioni relative al consumo comunitario, si confermano le conclusioni di cui ai considerando (107), (108) e (109) del regolamento provvisorio.

3. Valutazione cumulativa degli effetti delle importazioni in esame

(48) I due esportatori statunitensi hanno affermato che, ai fini della valutazione del pregiudizio subito dall’industria comunitaria, le importazioni di persolfati originari degli USA dovrebbero essere scorporate dal cumulo. Entrambi i produttori esportatori hanno argomentato che i prezzi delle importazioni dagli USA sono più elevati e mostrano un andamento diverso rispetto ai prezzi delle importazioni dall’RPC e da Taiwan. Ciò indicherebbe che il prodotto esportato dagli USA è stato venduto in condizioni di mercato differenti. Uno dei produttori esportatori ha anche affermato che le sue vendite all’utilizzatore collegato nella Comunità dovrebbero essere considerate separatamente in quanto sarebbero effettuate in condizioni di mercato differenti e avrebbero un andamento diverso. Il produttore esportatore ha quindi affermato che il volume delle importazioni dagli USA ai clienti non collegati non è aumentato, se non in misura non significativa. Entrambi i produttori esportatori hanno chiesto che siano resi noti i prezzi delle importazioni per paese interessato.

(49) Per quanto riguarda i prezzi, come già indicato al considerando (112) del regolamento provvisorio, è stato accertato che durante il periodo in esame i prezzi all’esportazione praticati da RPC, Taiwan e USA hanno avuto un andamento simile (decrescente) e che sono risultati significativamente inferiori ai prezzi comunitari. Va osservato che le conclusioni provvisorie sono basate sui dati effettivi e verificati delle esportazioni, forniti dai produttori esportatori che collaborano all’inchiesta. Tali dati sono stati considerati la fonte d’informazione più affidabile a disposizione. Il prezzo medio all’importazione segnalato dai produttori esportatori quindi è stato respinto.

(50) Per ciascun paese interessato sono stati stabiliti i seguenti prezzi medi delle importazioni. La tabella qui sotto indica che i prezzi delle importazioni da tutti i paesi interessati hanno un andamento analogo, vale a dire decrescente.

Tabella 1: Prezzi medi delle importazioni per paese interessato

Prezzi unitari (EUR/t) | 2003 | 2004 | 2005 | PI |

USA €/t | 1.289 | 1.250 | 1.108 | 1.131 |

Valore indicizzato USA | 100 | 97 | 86 | 88 |

Taiwan €/t | 633 | 583 | 565 | 590 |

Valore indicizzato Taiwan | 100 | 92 | 89 | 93 |

RPC €/t | 719 | 688 | 649 | 684 |

Valore indicizzato RPC | 100 | 96 | 90 | 95 |

Totale dei paesi interessati (€/t) | 902 | 812 | 759 | 784 |

Totale dei paesi interessati (Valore indicizzato) | 100 | 90 | 84 | 87 |

(51) Per quanto riguarda i volumi delle importazioni, si confermano le conclusioni del considerando (111) del regolamento provvisorio, cioè che il volume delle esportazioni dagli USA risulta significativo ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4 del regolamento di base, e che il suo andamento è in crescita. Le esportazioni dagli USA sono state oggetto di un dumping significativo e di una considerevole sottoquotazione. Tutti i tipi di prodotti sono stati esportati dagli USA dai due produttori esportatori che hanno collaborato all’inchiesta e metà delle esportazioni di KMPS sono state effettuate verso clienti non collegati. Se ne conclude pertanto che il prodotto esportato dagli USA è stato venduto attraverso gli stessi canali di vendita e allo stesso tipi di clienti della Comunità rispetto al prodotto fabbricato e venduto dall’industria comunitaria sul mercato comunitario e al prodotto importato dagli altri paesi interessati.

(52) Tuttavia, anche se le vendite di KMPS del produttore esportatore interessato effettuate verso l’utilizzatore collegato nella Comunità fossero escluse dall’analisi, ciò non cambierebbe il quadro generale. Le quote di mercato dagli USA sarebbero comunque oltre la soglia de minimis e mostrerebbero un andamento in crescita. Analogamente, i prezzi delle importazioni mostrerebbero ancora un andamento discendente.

(53) Per questi motivi, la richiesta dei due produttori esportatori di scorporare dal cumulo le importazioni dagli USA nel valutare il notevole pregiudizio sofferto dall’industria comunitaria non è giustificata e pertanto non è stata accolta.

(54) Un importatore ha affermato che le importazioni dal suo fornitore di Taiwan sono calate se si considera un periodo più lungo rispetto a quello in esame nel quadro dell’inchiesta. Tale importatore non ha però presentato dati per sostenere le sue affermazioni, né ha indicato a quale intervallo di tempo facesse riferimento. Inoltre, è prassi consolidata delle istituzioni comunitarie considerare un intervallo di tempo che comprende il periodo dell’inchiesta e i tre o quattro anni precedenti per l’analisi dell’andamento, il che si può considerare un periodo ragionevole, e non c’è motivo reale per discostarsi da tale prassi. Va anche osservato che, come indicato al considerando (114) del regolamento provvisorio (tabella 2), le importazioni da Taiwan sono aumentate di quasi il 20% durante il periodo in esame, il che si è concretizzato anche in un leggero aumento della quota di mercato (cfr. considerando (115)) nel corso del periodo in esame. L’importatore non ha indicato altre ragioni in base a cui Taiwan dovrebbe essere staccata dagli altri paesi interessati, né l’inchiesta ha messo in luce tali ragioni. La richiesta dell’importatore a questo proposito è quindi stata respinta.

(55) In assenza di altre osservazioni al riguardo, si confermano le conclusioni di cui ai considerando da (110) a (113) del regolamento provvisorio.

4. Importazioni nella Comunità dai paesi interessati, quote di mercato e prezzi

(56) Viste le conclusioni dei considerando da (31) a (34), le vendite all’esportazione del produttore esportatore cinese che risultano soggette a dumping sono state incluse nell’analisi del volume delle importazioni, della quota di mercato e dei prezzi riguardanti l’RPC, per cui le cifre di cui alle tabelle da 2 a 4 (considerando da (114) a (116) del regolamento provvisorio) sono state adattate come segue:

Tabella 3: Importazioni dai paesi interessati

Importazioni (in tonnellate) | 2003 | 2004 | 2005 | PI |

RPC | 4 275 | 7 294 | 7 316 | 8 708 |

Valore indicizzato | 100 | 171 | 171 | 204 |

Taiwan | 2 080 | 2 760 | 2 700 | 2 480 |

Valore indicizzato | 100 | 133 | 130 | 119 |

USA | 3 484 | 3 499 | 3 818 | 3 878 |

Valore indicizzato | 100 | 100 | 110 | 111 |

Totale dei paesi interessati | 9 839 | 13 552 | 13 834 | 15 065 |

Valore indicizzato | 100 | 138 | 141 | 153 |

(57) Le importazioni dai paesi interessati sono cresciute del 53% tra il 2003 e il PI: nel 2003 ammontavano a 9 839 tonnellate e nel PI sono arrivate a 15 065. L’aumento delle importazioni è stato particolarmente marcato tra il 2003 e il 2004, con un incremento del 38%.

Tabella 4: Quota di mercato detenuta dai paesi interessati

Quote di mercato | 2003 | 2004 | 2005 | PI |

RPC | 11,0 % | 17,4 % | 18,0 % | 20,9 % |

Taiwan | 5,3 % | 6,6 % | 6,6 % | 5,9 % |

USA | 9,0 % | 8,3 % | 9,4 % | 9,3 % |

Totale dei paesi interessati | 25,3 % | 32,3 % | 33,9 % | 36,1 % |

(58) La quota di mercato detenuta dai paesi interessati è cresciuta, fra il 2003 e il PI, dal 25,3% al 36,1%, cioè di 10,8 punti percentuali. L’aumento è stato particolarmente marcato fra il 2003 e il 2004, con un incremento di 7 punti percentuali.

Tabella 5: Prezzi delle importazioni interessate

Prezzi unitari (EUR/t) | 2003 | 2004 | 2005 | PI |

Totale dei paesi interessati | 902 | 812 | 759 | 784 |

Valore indicizzato | 100 | 90 | 84 | 87 |

(59) Dal 2003 al PI, i prezzi delle importazioni dai paesi interessati sono calati del 13%. Essi sono infatti scesi da quota € 902/t del 2003 a € 784/t del PI.

(60) In assenza di altre osservazioni al riguardo, si confermano le conclusioni di cui ai considerando da (114) a (119) del regolamento provvisorio.

5. Situazione dell’industria comunitaria

(61) I due produttori esportatori negli USA hanno affermato che l’industria comunitaria ha realizzato margini di profitto “ragionevoli” durante il PI, e che comunque non ha registrato perdite, per cui non si può concludere che abbia subito un notevole pregiudizio durante il PI. Uno di loro ha anche dichiarato che gli elevati margini di profitto conseguiti nel 2003 sarebbero un’indicazione del fatto che l’industria comunitaria non ha subito un notevole pregiudizio.

(62) A norma dell’articolo 3, paragrafo 5 del regolamento di base, l’incidenza delle importazioni oggetto di dumping deve comprendere una valutazione di tutti i fattori e indicatori economici pertinenti in rapporto con la situazione dell’industria comunitaria. Al riguardo, nessuno dei fattori di per sé può dare un’indicazione decisiva. L’analisi della situazione dell’industria comunitaria pertanto non si limita alla redditività di quest’ultima, ma deve tener conto di tutti i fattori elencati nel suddetto articolo. Inoltre, come indicato al considerando (131) del regolamento provvisorio, la redditività è scesa sensibilmente durante il periodo in esame, per la precisione dell’80%, il che ha determinato un notevole deterioramento della situazione finanziaria dell’industria comunitaria. In questo contesto si è ritenuto irrilevante se l’industria comunitaria abbia subito o meno delle perdite durante il PI. Va anche osservato che il margine di profitto che l’industria comunitaria può ragionevolmente aspettarsi di conseguire in mancanza di importazioni oggetto di dumping è definito al considerando (169) del regolamento provvisorio e confermato sotto al considerando (154) nella misura del 12%, vale a dire molto di più rispetto al margine di profitto realizzato durante il PI.

(63) Riguardo all’affermazione per cui gli elevati margini di profitto realizzati nel 2003 sarebbero un’indicazione del fatto che l’industria comunitaria non ha subito un notevole pregiudizio, va osservato che, anche senza considerare i margini di profitto realizzati quell’anno, la tendenza sarebbe comunque chiaramente negativa. Infatti, tra il 2004 e il PI i profitti sono scesi di quasi il 60%, il che non modifica le conclusioni generali per cui l’industria comunitaria ha subito un notevole pregiudizio durante il PI.

(64) Un produttore esportatore degli USA ha argomentato che la redditività dell’industria comunitaria potrebbe essere scesa a causa di uno storno di attività immateriali dell’ordine di 830 milioni di euro collegato con l’acquisizione di Laporte nel 2005. Va però osservato che la tendenza al ribasso della redditività di cui al regolamento provvisorio è stata costante nel periodo in esame, e non limitata a un anno specifico. Inoltre, l’inchiesta ha rilevato che il costo dell’acquisizione di Laporte è stato sostenuto dalla società di partecipazione finanziaria, non da Degussa Initiators. Questo fattore pertanto non ha avuto alcuna incidenza sull’andamento della redditività, come mostra il regolamento provvisorio.

(65) Infine, uno dei produttori esportatori statunitensi ha affermato che l’analisi del pregiudizio è basata sulle aspettative erronee dell’industria comunitaria di ottenere margini di profitto oltre la media di tale industria. A questo proposito va subito risposto che, come risulta evidente dai considerando da (120) a (139) del regolamento provvisorio, l’analisi del pregiudizio si è basata sugli sviluppi di tutti gli indicatori di pregiudizio nel corso del periodo in esame, e dunque sulla situazione effettiva dell’industria comunitaria in tale periodo, il che ha reso un’immagine obiettiva e basata su dati reali e verificati. In altre parole, le aspettative comunitarie in quanto tali non hanno fatto da base per l’analisi del pregiudizio e l’argomento è respinto.

(66) Un utilizzatore ha argomentato che non ci sarebbe stata alcuna flessione dei prezzi sul mercato comunitario, ma non ha presentato elementi a sostegno di tale opinione. Poiché le informazioni verificate presentate dai produttori esportatori interessati e dall’industria comunitaria mostrano chiaramente una tendenza verso il basso nei prezzi medi di vendita nel periodo in esame, l’argomento è respinto.

(67) In assenza di ulteriori osservazioni relative alla situazione dell’industria comunitaria, si confermano i considerando da (120) a (139) del regolamento provvisorio.

F. NESSO DI CAUSALITÀ

1. Effetti delle importazioni oggetto di dumping

(68) In assenza di osservazioni riguardo agli effetti delle importazioni oggetto di dumping, si confermano le conclusioni di cui ai considerando da (141) a (143) del regolamento provvisorio.

2. Effetti di altri fattori

Importazioni originarie di altri paesi terzi (esclusi RPC, USA e Taiwan)

(69) Entrambi i produttori esportatori degli USA hanno affermato che le importazioni da altri paesi, in particolare dalla Turchia, potrebbero avere causato un pregiudizio all’industria comunitaria, in particolare a causa dei prezzi che praticano, i quali sarebbero inferiori a quelli statunitensi. In particolare, essi hanno affermato che tali importazioni sarebbero state effettuate in quantità significative e a prezzi di dumping, dunque notevolmente più bassi di quelli dell’industria comunitaria. Entrambi i produttori esportatori hanno affermato che le importazioni dalla Turchia hanno causato un pregiudizio all’industria comunitaria nella stessa misura di quelle dagli USA, se non di più.

(70) Anzitutto, va osservato che la Turchia non è stata inserita nella denuncia perché i denuncianti non hanno trovato indicazioni di un dumping pregiudizievole praticato dalla Turchia. Al momento dell’apertura di questo procedimento, la Commissione non disponeva di alcuna prova che contraddicesse l’affermazione dei denuncianti. In secondo luogo, il fatto che i prezzi all’esportazione praticati dalla Turchia possano apparire più bassi di quelli degli USA in base ai prezzi medi che risultano dalle statistiche commerciali di Eurostat può essere dovuto al fatto che il mix di prodotti esportati dai due paesi è differente. In base alle informazioni disponibili risulta che le esportazioni statunitensi sono costituite in gran parte da KMPS, mentre non vi sono indicazioni che le esportazioni turche verso la Comunità presentassero, né nella fase iniziale né durante l’inchiesta, un mix di prodotti di questo tipo. Pertanto, dalle differenze nei prezzi medi indicati da Eurostat non è possibile trarre alcuna conclusione significativa. Infine, va ricordato che neanche i produttori esportatori interessati hanno fornito prove in questa direzione.

(71) Nell’analizzare la situazione dell’industria comunitaria, gli effetti delle importazioni oggetto di dumping da tutti e tre i paesi esportatori interessati sono stati valutati cumulativamente per le ragioni di cui ai precedenti considerando da (48) a (55). Si è pertanto ritenuto inappropriato basare l’analisi relativa al nesso di causalità su ciascun paese in modo separato. Tuttavia, anche considerando separatamente le importazioni statunitensi, l’andamento delle importazioni dagli USA e dalla Turchia è differente. Mentre i volumi delle importazioni dalla Turchia sono calati sensibilmente durante il periodo in esame (del 42%), il volume delle importazioni e la quota di mercato degli USA sono aumentati. Per quanto riguarda i prezzi, il produttore esportatore non ha presentato prove di dumping dalla Turchia, né queste risultano da altre fonti. Analogamente, per quanto riguarda la sottoquotazione, dagli elementi a disposizione risulta che il mix di prodotti esportato dalla Turchia è differente rispetto a quello degli USA: in particolare, in Turchia non si produce KMPS. Confrontando i prezzi medi degli USA, escluse le esportazioni di KMPS, e i prezzi medi delle esportazioni dalla Turchia, si è rilevato che i prezzi turchi sono più elevati di quelli statunitensi.

(72) In considerazione di quanto precede, si confermano le conclusioni di cui ai considerando da (144) a (148) del regolamento provvisorio.

Importazioni dell’industria comunitaria

(73) È stato ribadito da diverse parti interessate che le importazioni di un produttore comunitario del prodotto interessato dalla società collegata in Cina erano oggetto di dumping e sottoquotate rispetto ai prezzi di vendita dell’industria comunitaria, col risultato di una flessione dei prezzi sul mercato comunitario. L’eventuale pregiudizio sarebbe conseguenza di tali importazioni e dunque autoinflitto.

(74) Le importazioni dell’industria comunitaria dalla società collegata nell’RPC rappresentano solo una piccola parte del consumo comunitario (meno del 4%) e meno dell’8% delle vendite del produttore comunitario in questione, e sono state fatte soltanto per mantenere il contatto coi clienti globali che altrimenti avrebbero acquistato il prodotto in esame a prezzi oggetto di dumping dai fornitori cinesi. Nessuna delle parti interessate sopra indicate ha presentato prove o spiegato come queste quantità relativamente ridotte (in confronto alle importazioni oggetto di dumping effettuate a clienti non collegati nella Comunità) potrebbero essere state il fattore principale della flessione dei prezzi sul mercato comunitario, per cui tale argomento è stato respinto.

Investimenti dell’industria comunitaria nell’RPC

(75) Uno dei produttori esportatori statunitensi ha affermato che l’andamento in calo delle attività d’investimento dell’industria comunitaria di cui alla tabella 8 del regolamento provvisorio sarebbe dovuto a un aumento degli investimenti di uno dei produttori comunitari nella società collegata nell’RPC, e non alle importazioni oggetto di dumping.

(76) Va osservato che la capacità produttiva inutilizzata dell’industria comunitaria era alta durante il periodo dell’inchiesta, avendo raggiunto quasi il 30%. In queste circostanze, e tenendo conto del fatto che le importazioni oggetto di dumping sono cresciute significativamente durante il periodo in esame e hanno rilevato parte delle quote di mercato dell’industria comunitaria, quest’ultima ha ritenuto irragionevole investire in un aumento della capacità produttiva sul mercato comunitario. Tuttavia, come indicato al considerando (129) del regolamento provvisorio, sono stati fatti investimenti per mantenere le capacità produttive esistenti. Data la situazione delle importazioni oggetto di dumping, si è ritenuto che questa decisione fosse quella economicamente ragionevole. Si è pertanto concluso che il calo degli investimenti sul mercato comunitario non è legato alle attività d’investimento del produttore interessato sul mercato cinese, e non indica che il pregiudizio subito sarebbe stato autoinflitto. L’argomento quindi è stato respinto.

Altre attività dell’industria comunitaria nell’RPC

(77) Un importatore non collegato ha dichiarato che la produzione, la capacità produttiva e l’utilizzo sono calati a causa del rapporto di uno dei produttori comunitari con uno dei produttori esportatori dell’RPC. Tale importatore ha argomentato che il produttore cinese collegato servirebbe il mercato sud-asiatico col persolfato di prezzo inferiore prodotto dalla società collegata nell’RPC e pertanto il produttore comunitario avrebbe ridotto sensibilmente le proprie esportazioni in tale zona, da cui il calo del volume produttivo nella Comunità.

(78) Va osservato che gli andamenti di volume produttivo, capacità e utilizzo della capacità illustrati al considerando (120) del regolamento provvisorio (tabella 5) sono collegati al volume produttivo per i prodotti venduti nella Comunità. Il presunto calo delle esportazioni di uno dei produttori comunitari non ha pertanto avuto alcun effetto e l’argomento dell’importatore è respinto.

Efficienza dell’industria comunitaria

(79) Uno dei produttori esportatori statunitensi ha affermato che l’aumento dei costi di produzione come causa plausibile del pregiudizio subito dall’industria comunitaria non è stato considerato dal regolamento provvisorio.

(80) L’obiezione è stata respinta. Il motivo dell’aumento del costo unitario per l’industria comunitaria è stabilito al considerando (125) del regolamento provvisorio ed è il risultato del calo del volume produttivo dovuto alle importazioni oggetto di dumping a capacità stabile. Pertanto, i costi generali sono stati attribuiti ai volumi produttivi inferiori, il che ha accresciuto i costi unitari. Poiché vi è un legame diretto con le importazioni oggetto di dumping, l’argomento del produttore esportatore è respinto.

Livelli di redditività dell’industria comunitaria nel 2003

(81) Lo stesso produttore esportatore statunitense ha anche affermato che le ragioni per gli elevati livelli di redditività del 2003 dovrebbero essere analizzati più in profondità e considerati nell’analisi delle cause.

(82) Il produttore esportatore non ha fornito spiegazioni o prove sul modo in cui i livelli di profitto del 2003 potrebbero avere interrotto il legame causale tra le importazioni oggetto di dumping e il pregiudizio subito dall’industria comunitaria. Se i margini di profitto realizzati nel 2003 indichino che l’industria comunitaria non ha subito un notevole pregiudizio durante il PI è discusso al considerando (63).

Costo della fusione di uno dei produttori comunitari

(83) L’altro produttore esportatore degli USA ha affermato che l’aumento dei costi e il risultante calo di redditività dell’industria comunitaria durante il PI sarebbero dovuti all’acquisizione di una società da parte di uno dei produttori comunitari, col conseguente storno di attività immateriali dalla contabilità.

(84) Tuttavia, la tendenza al ribasso della redditività di cui alla tabella 9 del considerando (130) del regolamento provvisorio è stata costante, e non limitata a un anno specifico durante il periodo in esame. Inoltre, l’inchiesta ha rilevato che il costo dell’acquisizione non è stato sostenuto dal produttore comunitario, ma dalla sua società di partecipazione finanziaria. L’argomento quindi è stato respinto.

Comportamento anticoncorrenziale dell’industria comunitaria

(85) Un utilizzatore ha argomentato che i produttori cinesi collegati all’industria comunitaria hanno offerto il prodotto in esame sul mercato comunitario a livelli largamente al di sopra dei prezzi di mercato, mentre gli stessi produttori erano in grado di offrire il prodotto a prezzi ben più bassi su ogni altro mercato, e anche al di sotto dei livelli di prezzo dei loro concorrenti su tali mercati terzi. Tale utilizzatore ha affermato che i produttori interessati avrebbero dovuto sapere che tali offerte di prezzo sarebbero state inaccettabili per qualunque potenziale cliente e ha proseguito asserendo che l’industria comunitaria, grazie ai suoi collegamenti con tali produttori, si sarebbe astenuta intenzionalmente dal vendere il prodotto a certi clienti nella Comunità, per cui il calo del volume delle vendite e della quota di mercato nella Comunità sarebbe dovuto a questo comportamento anticoncorrenziale piuttosto che a importazioni oggetto di dumping.

(86) Si è rilevato che solo uno dei produttori sopra menzionati esportava il prodotto in esame nella Comunità durante il PI. Gli argomenti relativi all’altro produttore sono quindi stati considerati irrilevanti e respinti.

(87) Per quanto riguarda il produttore nell’RPC, esso ha effettivamente esportato il prodotto in esame durante il PI (cfr. anche il precedente considerando (74)). Si è però rilevato che le decisioni commerciali sono state adottate in modo completamente indipendente dal produttore comunitario interessato e, in particolare, la strategia relativa ai prezzi sul mercato comunitario non era stata concordata. L’utilizzatore interessato non ha presentato prove a sostegno della sua affermazione per cui l’industria comunitaria dovrebbe essere considerata responsabile delle decisioni commerciali del suo produttore esportatore collegato nell’RPC. Per questo, sulla base delle informazioni disponibili, l’argomento è stato respinto.

(88) Va anche osservato che le prove relative ai prezzi presentate da questo utilizzatore sono di scarsa importanza e non possono essere verificate, dal momento che sono state presentate oltre i termini previsti e in una fase molto avanzata del procedimento. In ogni caso, le offerte di prezzo indicate erano offerte precedenti alla negoziazione e dunque non definitive. Esse inoltre non riguardavano il PI, e il prezzo di vendita medio effettivamente verificato dell’industria comunitaria era ben al di sotto dei livelli indicati nelle offerte. Va anche sottolineato che, come da considerando da (117) a (119) del regolamento provvisorio, i livelli medi di sottoquotazione sono risultati significativi. Le importazioni oggetto di dumping hanno causato una flessione dei prezzi sul mercato comunitario e, in queste circostanze, il “prezzo di mercato” è determinato in condizioni sleali e non può necessariamente essere usato come termine di paragone. In ogni caso, questo aspetto non è rilevante perché il dumping è definito all’articolo 1, paragrafo 2 del regolamento di base, il quale non fa riferimenti a un prezzo “ragionevole” o “di mercato”.

(89) Per quanto attiene ai livelli di prezzi di questo produttore esportatore verso i mercati terzi, le prove presentate sono di scarsa importanza e non hanno potuto essere verificate. Inoltre, i prezzi in questione non sono collegati alla situazione del mercato comunitario, e dunque non pertinenti nell’analisi del nesso di causalità. Non vi sono comunque prove o informazioni riguardanti le diverse condizioni di questi mercati. In base alle prove presentate si è ritenuto che non sia possibile trarre conclusioni significative per quanto riguarda la comparabilità dei prezzi praticati sui diversi mercati. Analogamente, le condizioni di produzione e formazione dei prezzi nell’RPC, paese in cui ha sede la società collegata a uno dei produttori comunitari, non possono necessariamente essere confrontate a quelle del mercato comunitario, il che può giustificare la differenza nei livelli di prezzo. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(90) Da parte sua, uno dei produttori esportatori degli USA ha affermato che l’industria comunitaria è responsabile della flessione dei prezzi sul mercato europeo, dal momento che ha perseguito una politica di sottoquotazione dei prezzi nei confronti dei propri concorrenti sul mercato interno. Il produttore esportatore ha sostenuto questo argomento illustrando diversi casi in cui ha dovuto abbassare i suoi prezzi per adeguarsi al livello dell’offerta dell’industria comunitaria.

(91) Le prove presentate sono state considerate di scarsa importanza, e inadatte a trarre conclusioni generali. Come mostrano i precedenti considerando (85) a (89), sono stati forniti altri esempi della situazione opposta. Le informazioni disponibili mostrano che vi è un elevato grado di concorrenza sul mercato comunitario, ma non permettono di concludere che l’industria comunitaria starebbe spingendo i prezzi verso il basso sul mercato comunitario, per cui l’argomentazione è stata respinta.

Situazione del mercato mondiale

(92) Un importatore ha affermato che il declino delle vendite dell’industria comunitaria sarebbe dovuto alla situazione del mercato mondiale, che vede una centralizzazione delle strategie d’acquisto da parte dei clienti internazionali. Detto importatore non ha però spiegato come questo cambiamento di strategia possa avere avuto un effetto sul consumo dell’industria comunitaria e sul nesso causale fra le importazioni oggetto di dumping e il notevole pregiudizio subito, per cui l’argomento è stato respinto.

Aumento dei costi di produzione dell’industria comunitaria

(93) Un produttore esportatore cinese ha affermato che si sarebbe dovuto considerare se l’aumento dei costi per l’industria comunitaria possa avere causato il notevole pregiudizio da questa subito.

(94) L’andamento del costo unitario nel periodo in esame non è elencato all’articolo 3, paragrafo 5 del regolamento di base, per cui non è menzionato sistematicamente al momento di valutare la situazione dell’industria comunitaria. Tuttavia, nel quadro dell’analisi del notevole pregiudizio, i prezzi di vendita e la redditività sono trattati in modo sistematico, il che comporta che è considerato anche il costo di produzione. In ogni caso, come indicato al considerando (125) del regolamento provvisorio, i costi unitari sono stati considerati nelle conclusioni provvisorie.

(95) Infatti, il considerando (125) del regolamento provvisorio spiega che i costi unitari dell’industria comunitaria sono aumentati del 5% a causa di un calo del volume produttivo in presenza di capacità stabili. Il volume produttivo è calato in ragione del declino del volume delle vendite e della quota di mercato, a sua volto dovuto alla pressione sui prezzi da parte delle importazioni oggetto di dumping. Si è quindi concluso che l’effetto dell’aumento dei costi di produzione dell’industria comunitaria sull’andamento negativo di quest’ultima è stato limitato, sempre che vi sia stato davvero.

Conclusioni relative al nesso di causalità

(96) In conclusione, si conferma che il notevole pregiudizio subito dall’industria comunitaria, caratterizzato come indica il considerando (137) del regolamento provvisorio da una tendenza al ribasso di tutti gli indicatori di pregiudizio, è stato causato dalle importazioni oggetto di dumping di cui qui si tratta. L’effetto sull’andamento negativo dell’industria comunitaria ascrivibile alle importazioni non soggette a dumping e provenienti da altri paesi terzi, in particolare la Turchia, agli investimenti dell’industria comunitaria e alle altre attività nell’RPC, al costo dell’acquisizione di una società terza, all’aumento dei costi unitari, alla presunta inefficienza e al presunto comportamento anticoncorrenziale dell’industria comunitaria e alla situazione del mercato mondiale è stato limitato, sempre che vi sia stato davvero.

(97) Alla luce dell’analisi che precede, nella quale gli effetti di tutti i fattori noti sull’industria comunitaria sono stati debitamente distinti dagli effetti pregiudizievoli delle importazioni oggetto di dumping, si conferma che questi altri fattori non sono di per sé sufficienti a invalidare la conclusione che il pregiudizio accertato dev’essere attribuito alle importazioni oggetto di dumping.

(98) Per questi motivi si conclude che le importazioni di persolfati soggette a dumping dall’RPC, dagli USA e da Taiwan hanno causato un notevole pregiudizio ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 6 del regolamento di base.

(99) In assenza di altre osservazioni in merito, si confermano le conclusioni di cui ai considerando da (140) a (153) del regolamento provvisorio.

G. INTERESSE DELLA COMUNITÀ

1. Interesse dell’industria comunitaria

(100) Uno degli utilizzatori che non hanno compilato il questionario ma hanno presentato osservazioni in seguito alla comunicazione delle conclusioni provvisorie ha affermato che l’industria comunitaria si sta riprendendo dall’effetto delle importazioni oggetto di dumping e che i prezzi dei persolfati nella Comunità sono aumentati dopo il PI e prima dell’istituzione delle misure provvisorie, per cui non ci sarebbe bisogno di imporre misure antidumping per migliorarne la situazione.

(101) Tale utilizzatore ha anche contestato le conclusioni del considerando (158) del regolamento provvisorio secondo cui l’istituzione dei dazi antidumping consentirebbe fra l’altro all’industria comunitaria di riconquistare delle quote di mercato ottenendo così maggiori economie di scala. L’obiezione è che, secondo i risultati dell’analisi delle sue quote di mercato, l’industria comunitaria è uno dei protagonisti del settore all’interno e all’esterno della Comunità, per cui non esisterebbero ulteriori margini per realizzare economie di scala degne di nota. Lo stesso utilizzatore ha contestato l’intenzione dell’industria comunitaria di investire nei propri impianti produttivi ubicati nella Comunità e ha definito speculative le conclusioni in merito di cui al considerando (158) del regolamento provvisorio.

(102) Esso ha anche affermato che i dazi antidumping non avrebbero l’effetto di ristabilire una concorrenza leale, come afferma invece il considerando (158) del regolamento provvisorio: piuttosto, le misure antidumping rafforzerebbero la posizione già dominante dell’industria comunitaria, diminuendo la concorrenza sul mercato comunitario.

(103) Quanto all’argomento secondo cui l’industria comunitaria si starebbe già riprendendo va osservato che le informazioni presentate dall’utente al riguardo sono di scarsa importanza e riguardano sviluppi intervenuti dopo il PI. Esse non hanno potuto essere verificate, in quanto presentate in un fase molto avanzata dell’inchiesta, vale a dire dopo l’istituzione delle misure provvisorie. Pertanto, le prove presentate sono state considerate insufficienti. Va osservato che i movimenti del mercato e in particolare gli aumenti di prezzo durante un’inchiesta antidumping non sono nulla di eccezionale: come indicato più sotto al considerando (126), gli aumenti di prezzo sul mercato comunitario sono un effetto atteso del dazio antidumping. Inoltre, il presunto aumento dei prezzi potrebbe anche avere altre ragioni, come un aumento dei costi, e non va considerato di per sé un motivo per non imporre misure definitive qualora sussistano le condizioni di cui al regolamento di base. L’argomento quindi è stato respinto.

(104) Analogamente, per quanto riguarda la capacità dell’industria comunitaria di realizzare economie di scala, le prove presentate sono state ritenute insufficienti. Si ricorda che è stato stabilito, sulla base dei dati verificati sottoposti dall’industria comunitaria nella risposta al questionario, che il volume produttivo è calato in presenza di capacità produttive stabili e che, di conseguenza, sono aumentati i costi unitari. Pertanto, aumentare il volume produttivo crea il margine per economie di scala, almeno al fine di raggiungere il livello di costo unitario precedente le importazioni oggetto di dumping. La quota di mercato dell’industria comunitaria all’interno e all’esterno della Comunità è stata ritenuta un elemento irrilevante in questo contesto.

(105) In merito alle affermazioni per cui l’industria comunitaria non investirebbe nei propri impianti produttivi ubicati nella Comunità anche se la sua situazione finanziaria è migliorata, l’utilizzatore ha affermato che si può ricavare questa conclusione dal comportamento dell’industria stessa in seguito all’istituzione dei dazi antidumping definitivi sulle importazioni di perossidosolfati originari dell’RPC nel 1995 per mezzo del sopra citato regolamento (CE) n. 2961/95 (cfr. precedente considerando (10)). Secondo l’utilizzatore l’industria comunitaria non ha investito nei propri impianti produttivi neanche dopo il varo delle misure antidumping, altrimenti non avrebbe subito alcun pregiudizio durante il PI.

(106) In proposito va notato che l’utilizzatore in questione non ha presentato alcuna prova a sostegno di queste affermazioni. In particolare, non ha presentato informazioni che indicherebbero una mancanza di investimenti dopo l’istituzione dei dazi antidumping definitivi nel 1995, o un collegamento fra questa presunta mancanza d’investimenti e il pregiudizio subito durante il PI dell’inchiesta attuale. D’altra parte, come sottolineato nel regolamento provvisorio ai considerando da (140) a (153) e come confermato dai precedenti considerando da (68) a (99), il notevole pregiudizio subito dall’industria comunitaria è stato causato proprio dalle importazioni oggetto di dumping provenienti dai paesi in questione. Viste in particolare le conclusioni di cui ai precedenti considerando (75) e (70), non è irragionevole presumere che l’industria comunitaria è impegnata nei confronti del mercato comunitario e che continuerà a investire se la situazione del mercato stesso lo consentirà. Nessuno degli argomenti avanzati ha potuto invalidare queste conclusioni, per cui le argomentazioni in materia sono state respinte.

(107) Infine, per quanto riguarda la situazione concorrenziale del mercato comunitario, le misure antidumping in genere ristabiliscono un’equa parità di condizioni tra le vendite dell’industria comunitaria sul mercato comunitario e le importazioni provenienti dai paesi interessati, poiché le misure compensano i dumping praticati. Relativamente alla presunta posizione dominante dell’industria comunitaria, come indicato più sotto ai considerando (124) e (130), non ci sono indicazioni di una violazione dell’articolo 82 del trattato CE, per cui si è concluso che la concorrenza all’interno della Comunità è leale. L’argomentazione dell’utilizzatore in questione quindi è stata respinta.

(108) In assenza di altre osservazioni al riguardo, si confermano le conclusioni di cui ai considerando da (157) a (160) del regolamento provvisorio.

2. Interesse degli importatori indipendenti

(109) Dopo la comunicazione delle conclusioni provvisorie, un importatore che ha collaborato all’inchiesta ha affermato che, contrariamente a quanto conclude il considerando (163) del regolamento provvisorio, i dazi antidumping avrebbero un effetto significativo sulla sua redditività complessiva, col rischio di una chiusura della società.

(110) Tuttavia, detto importatore non ha presentato elementi che potrebbero rovesciare le conclusioni provvisorie, le quali risultano quindi confermate.

(111) In assenza di altre osservazioni al riguardo, si confermano i considerando da (161) a (164) del regolamento provvisorio.

3. Interesse degli utilizzatori

(112) Come indicato al precedente considerando (6), dopo l’istituzione delle misure provvisorie la Commissione ha invitato l’utilizzatore collegato di uno dei produttori esportatori negli USA a rispondere a un questionario. Nonostante fino a quel momento tale utilizzatore non avesse collaborato all’inchiesta si è ritenuto opportuno agire in questo modo per via del presunto notevole impatto del dazio antidumping sulla redditività di tale utilizzatore. Tale impatto era infatti stato definito significativo.

(113) L’utilizzatore in questione ha acquistato KMPS dal suo fornitore collegato negli USA e ha prodotto disinfettanti utilizzati dagli agricoltori per proteggere le loro aziende agricole dai virus, ad es. dall’influenza aviaria.

(114) La verifica delle informazioni presentate dall’utilizzatore di cui sopra ha rivelato che la società ha realizzato elevati margini di profitto sul mercato comunitario. Anche se è stato argomentato che il KMPS rappresentava una parte sostanziale dei costi di produzione dell’utilizzatore, l’impatto massimo sulla redditività della società è risultato insignificante, pari cioè allo 0,2%. Dato l’elevato margine di profitto realizzato dalla società in questione, si è concluso che l’aumento minimo dei costi abbia potuto essere assorbito con facilità. Data la mancanza di concorrenza di rilievo sul mercato comunitario per quanto riguarda questo prodotto, si ritiene anche che l’aumento dei costi possa facilmente essere ripercosso sui clienti della società.

(115) L’utilizzatore ha anche affermato che, pur avendo realizzato elevati margini di profitto sul mercato comunitario, egli vende però il prodotto anche mediante i mercati di altri paesi terzi. A fini di contabilità, la redditività di tutte queste operazioni è raggruppata eliminando i prezzi di trasferimento, e i margini di profitto complessivi risultano negativi. Tuttavia, nell’analisi attuale possono essere considerati solo i dati relativi al prodotto in esame e al mercato comunitario. Inoltre, le informazioni sui prezzi di vendita e i costi per tutti i mercati dei paesi terzi e i particolari del raggruppamento a fini contabili non erano disponibili e non hanno potuto essere verificati. L’argomento quindi è stato respinto.

(116) L’altro utilizzatore che ha collaborato all’inchiesta ha affermato di essere uno dei maggiori utilizzatori del tipo di persolfato APS nella Comunità e di rappresentare circa il 3,5% del consumo comunitario totale. Egli argomenta che qualunque aumento dei suoi costi, anche limitato, avrebbe un impatto significativo sulla sua situazione finanziaria complessiva. Anche se l’utilizzatore ritiene che l’impatto del dazio antidumping sia pari allo 0,2%, egli afferma che, poiché utilizza grandi quantità del prodotto in esame, nell’analisi dell’interesse comunitario sarebbe più appropriato considerare l’importo totale assoluto dei dazi da pagare.

(117) L’utilizzatore produce leganti a base di lattice che rivende all’industria della carta patinata, nonché prodotti per il trattamento dell’acqua. Egli afferma di non aver potuto ripercuotere gli aumenti dei costi sui clienti, perché deve competere con le importazioni a basso prezzo dall’Asia e che l’industria della carta sta attraversando grosse difficoltà e subendo una riduzione, in gran parte a causa dei mezzi elettronici. Pertanto, la richiesta di leganti a base di lattice sarebbe in calo. L’utilizzatore ha affermato che il suo margine di profitto era già molto basso e vicino allo zero.

(118) Egli non ha risposto al questionario, ma ha fornito alcune informazioni sulle sue vendite e la sua redditività. Da queste informazioni risulta che l’impatto massimo sulla redditività dell’utilizzatore per quanto riguarda il settore delle sue attività che utilizza il prodotto in esame è soltanto dello 0,03%. Si è ritenuto che questo minimo impatto non possa essere considerato abbastanza significativo da causare, come invece è stato asserito, una delocalizzazione o una cancellazione di posti di lavoro in questa specifica industria a valle.

(119) Pertanto, nessuna delle informazioni fornite dall’utilizzatore per quanto riguarda gli aspetti legati all’interesse comunitario è risultata confermata dall’inchiesta. Si ritiene comunque che la conseguenza dei dazi antidumping sia in genere un aumento dei livelli di prezzo nella Comunità; inoltre non vi sono indicazioni del fatto che le importazioni del prodotto a valle da paesi terzi abbiano causato un calo significativo dei prezzi per gli utilizzatori della Comunità, né l’utilizzatore interessato ha presentato alcuna prova in questo senso. L’argomento quindi è stato respinto.

(120) Infine, come l’utilizzatore stesso ha ammesso, l’industria della carta attraversa problemi non collegati ai dazi antidumping, per cui non è sicuro che tali dazi abbiano un impatto di qualunque genere, data la parte trascurabile che rappresentano nei costi per gli utilizzatori, e che non siano altri fattori, come il restringersi del mercato della carta, a causare il declino di quest’industria. Si è pertanto ritenuto che l’istituzione dei dazi antidumping non presenta un effetto negativo significativo sull’industria a valle.

(121) Sono quindi confermati i considerando da (165) a (166) del regolamento provvisorio.

4. Penuria di rifornimenti

(122) L’altro utilizzatore comunitario ha affermato che l’industria della Comunità non sarebbe in grado di soddisfare la domanda interna, per una mancanza di capacità sufficienti. Egli ha anche argomentato che le altre fonti di approvvigionamento, come la Turchia e il Giappone, non rappresentano alternative reali, dal momento che il volume produttivo di questi paesi è troppo ridotto in proporzione a quello dell’RPC e che, nel caso del Giappone, la produzione è destinata quasi esclusivamente al mercato nazionale.

(123) Tale utilizzatore non ha presentato alcun elemento di prova a sostegno di questa tesi. Inoltre, in base ai dati reali e verificati, la capacità produttiva della Comunità risulta praticamente uguale alla domanda del mercato comunitario. Va anche osservato che i dazi antidumping non mirano a far cessare le importazioni da paesi terzi verso il mercato comunitario, ma solo a ristabilire condizioni di parità. L’argomento quindi è stato respinto.

5. Posizione dominante dell’industria comunitaria

(124) I due produttori esportatori degli USA e uno degli utilizzatori hanno espresso preoccupazioni quanto alla possibilità che l’istituzione dei dazi antidumping definitivi rafforzi la posizione già dominante dell’industria comunitaria, in quanto metterebbe al riparo i due produttori comunitari da una concorrenza reale.

(125) L’utilizzatore ha affermato che il fatto che dopo l’adozione del regolamento provvisorio i prezzi siano stati aumentati da parte dei fornitori non soggetti a dazio antidumping mostrerebbe l’effetto di distorsione delle misure e che tale aumento sarebbe dovuto soltanto all’istituzione dei dazi antidumping, e non si giustificherebbe altrimenti.

(126) In questo contesto va considerato che l’effetto atteso da un dazio antidumping è quello di far salire il livello dei prezzi sul mercato comunitario, così da compensare l’industria comunitaria per la pressione sui prezzi dovuta alle importazioni oggetto di dumping. Va aggiunto che le importazioni non soggette a dumping sono in concorrenza con quelle che lo sono e potrebbero essere colpite dalla stessa pressione sui prezzi. Per questo, non è inusuale che un produttore esportatore con un margine di dumping minimo aumenti i propri prezzi in seguito all’istituzione di un dazio antidumping. Questo comportamento non rivela necessariamente una distorsione del mercato, per cui le argomentazioni in questo senso sono respinte.

(127) L’utilizzatore ha anche dichiarato che esisterebbero stretti legami fra i due produttori comunitari: entrambi avrebbero gli stessi siti produttivi, e uno fornirebbe all’altro l’energia necessaria per il processo di produzione. È stato inoltre affermato da diverse parti interessate che i due produttori comunitari avrebbero l’abitudine di controllare i prezzi sul mercato comunitario mediante pratiche anticoncorrenziali.

(128) L’inchiesta non ha tuttavia confermato tali affermazioni. Essa non ha fatto emergere alcun elemento che indicherebbe un comportamento anticoncorrenziale da parte dell’industria comunitaria, vale a dire un abuso della presunta posizione dominante. Per quanto attiene ai presunti legami fra i due produttori comunitari, l’inchiesta ha dimostrato che le decisioni commerciali sono state adottate in modo indipendente fra loro e che le strutture gestionali sono completamente separate. Si è anche ritenuto che l’industria comunitaria non abbia realizzato profitti anormalmente elevati, ma che anzi abbia subito un notevole deterioramento della propria redditività. Va sottolineato che, come indicato ai considerando da (85) a (91), sul mercato comunitario vi sono diversi fornitori di persolfato in concorrenza fra loro e che si tengono continue trattative sui prezzi coi clienti.

(129) Inoltre, come già indicato al precedente considerando (107), le misure antidumping dovrebbero ristabilire condizioni di parità tra le vendite dell’industria comunitaria sul mercato comunitario e le importazioni che fanno il loro ingresso su tale mercato. L’obiettivo dei dazi è infatti unicamente quello di innalzare i prezzi all’importazione a un livello tale da consentire all’industria comunitaria di realizzare un profitto normale. Va poi osservato che, malgrado la possibilità di approvvigionarsi presso altre fonti, come la Turchia, il Giappone e l’India, vi è anche un produttore esportatore dell’RPC il cui dumping è stato ritenuto minimo, per cui le sue importazioni potranno entrare nel mercato comunitario senza che debba essere corrisposto alcun dazio antidumping.

(130) Per questi motivi, le affermazioni in merito delle parti interessate sono state respinte.

6. Delocalizzazione dell’industria a valle

(131) Un produttore esportatore degli USA e i due utilizzatori che hanno collaborato hanno dichiarato che l’istituzione dei dazi antidumping accelererebbe la dislocazione dell’industria a valle.

(132) Per quanto riguarda l’esportatore statunitense, esso ha affermato che il tipo di prodotto KMPS corrisponde a una quota elevata dei costi di produzione dell’industria a valle, per cui un dazio antidumping avrebbe un impatto significativo sulla redditività di tale industria.

(133) Uno degli utilizzatori ha affermato che il numero di dipendenti dell’industria a valle è sensibilmente più elevato rispetto a quello dell’industria comunitaria dei persolfati, cioè che è in gioco un numero molto più elevato di posti di lavoro.

(134) Come indicato ai precedenti considerando da (112) a (121), l’impatto delle misure antidumping sui costi produttivi dell’industria a valle è ritenuto trascurabile. Ciò è vero per tutti i tipi di prodotti, compreso il KMPS. Pertanto, non è possibile concludere che i dazi antidumping porterebbero ad affidare la produzione dell’industria a valle ai paesi terzi. Va anche osservato che il numero dei posti di lavoro dell’industria a valle non è confrontabile in modo diretto al numero dei posti di lavoro dell’industria comunitaria dei persolfati. Ad esempio, l’utilizzatore interessato non ha presentato alcuna indicazione o prova quanto al numero di posti nell’industria a valle direttamente legati al prodotto in esame e quindi potenzialmente colpiti dall’istituzione dei dazi antidumping.

(135) Pertanto, queste argomentazioni sono respinte.

7. Dazi antidumping istituiti nel 1995

(136) Uno degli utilizzatori ha argomentato che il pregiudizio notevole subito dall’industria comunitaria nel corso del PI indicherebbe che le misure antidumping istituite sui perossidosolfati nel 1995 sono risultate inefficaci, per cui non sarebbe nell’interesse della Comunità istituire nuove misure antidumping su una categoria di prodotti analoga, dato che anche queste risulterebbero probabilmente inefficaci. In particolare, non sarebbe nell’interesse della Comunità imporre misure che non sarebbero positive per l’industria comunitaria e sarebbero dannose per l’industria a valle.

(137) Anzitutto va detto che le misure antidumping definitive cui ci si riferisce sono terminate nel 2002[8] in seguito al ritiro della richiesta di un riesame in previsione della scadenza da parte dell’industria comunitaria, in conformità dell’articolo 11, paragrafo 2 del regolamento di base. Si è infatti ritenuto che la continuazione dell’inchiesta non fosse nell’interesse comunitario. Poiché l’industria comunitaria non era interessata a far andare avanti l’inchiesta, si può ragionevolmente ritenere che non vi fosse una situazione di pregiudizio, e che dunque le misure adottate siano state efficaci.

(138) In secondo luogo, durante l’inchiesta attuale si è rilevato che il pregiudizio notevole subito dall’industria comunitaria è stato causato dalle importazioni oggetto di dumping effettuate dopo la conclusione del procedimento di cui sopra. Si è quindi concluso che le affermazioni degli utilizzatori riguardo all’efficacia delle misure antidumping fossero erronee e andassero respinte.

(139) Inoltre, come indicato ai considerando da (157) a (160) del regolamento provvisorio e confermato dall’inchiesta attuale, l’istituzione delle misure antidumping definitive è nell’interesse dell’industria comunitaria, che dovrebbe trarne un beneficio e migliorare la propria posizione finanziaria. D’altronde, come si è detto, l’impatto delle misure antidumping sugli utilizzatori e gli importatori sarà probabilmente trascurabile.

(140) Tali argomentazioni quindi sono state respinte.

8. Catena dell’approvvigionamento del prodotto a valle

(141) Uno dei produttori esportatori degli USA ha affermato che, poiché il produttore collegato nella Comunità cesserà probabilmente la propria produzione sul territorio comunitario, la fornitura del disinfettante utilizzato nei casi di influenza aviaria non potrebbe più essere garantita in modo sufficiente. Poiché il prodotto dovrebbe essere reperito al di fuori della Comunità, ciò rallenterebbe la catena dell’approvvigionamento, compromettendo la capacità della Comunità di rispondere a un eventuale manifestarsi della malattia.

(142) Al riguardo è fatto riferimento alle conclusioni dei precedenti considerando da (112) a (120), i quali mostrano che l’impatto finanziario dei dazi antidumping dovrebbe essere molto basso e che, pertanto, non è molto probabile che l’industria a valle sposterebbe i propri siti produttivi in risposta al dazio antidumping, ma piuttosto che questo potrebbe accadere in caso di risultati commerciali negativi per un periodo prolungato.

(143) Si è anche rilevato che il disinfettante prodotto da quella società non è il solo utilizzato a fini di disinfezione e che pertanto, anche qualora questa ne interrompesse la produzione sul territorio comunitario, sarebbero largamente disponibili anche altri prodotti.

(144) Le affermazioni al riguardo sono pertanto state respinte.

9. Conclusione sull’interesse della Comunità

(145) Alla luce di quanto esposto, sono confermate le conclusioni di cui al considerando (167) del regolamento provvisorio, vale a dire che non vi sono ragioni stringenti di interesse comunitario in base alle quali l’istituzione di misure antidumping non sarebbe nell’interesse della Comunità.

H. MISURE ANTIDUMPING DEFINITIVE

1. Livello necessario per eliminare il pregiudizio

(146) Diverse parti interessate hanno contestato la conclusione provvisoria per cui il 12% sarebbe il margine di profitto al lordo delle imposte che potrebbe essere ragionevolmente realizzato da un’azienda di questo tipo operante nel settore in condizioni normali di concorrenza.

(147) Un produttore esportatore degli USA ha dichiarato che il persolfato è un prodotto chimico di base e che le istituzioni comunitarie seguono la prassi consolidata di considerare il 5-8% un livello appropriato per determinare il livello necessario per eliminare il pregiudizio. Lo stesso ha anche dichiarato che, nell’inchiesta precedente relativa a un prodotto simile, il margine di profitto considerato a tal fine era stato del 5%, e che per motivi di coerenza tale margine dovrebbe essere utilizzato anche nel quadro della presente inchiesta.

(148) Lo stesso produttore esportatore ha anche affermato che un margine di profitto del 12% non si raggiunge in condizioni normali di concorrenza, ed è quindi eccessivo e non dovrebbe essere considerato. Il produttore esportatore in questione ha sostenuto il proprio parere fornendo dati pubblici complessivi sulla redditività di uno dei produttori comunitari, pari al 5,1%.

(149) La conclusione sarebbe che dovrebbe essere considerato il margine di profitto necessario per garantire un futuro all’industria comunitaria o il margine di profitto corrispondente a un ritorno ragionevole del capitale impiegato.

(150) Anzitutto va risposto che i criteri menzionati al precedente considerando (149) sono irrilevanti per determinare il livello necessario per eliminare il pregiudizio. Le istituzioni comunitarie devono basare le proprie constatazioni su una valutazione relativa al livello del margine di profitto che l’industria comunitaria potrebbe ragionevolmente aspettarsi di ottenere grazie alle vendite del prodotto simile sul mercato comunitario in assenza delle importazioni oggetto di dumping. Al riguardo, viene normalmente considerato che il margine di profitto all’inizio del periodo in esame sia pari al margine di profitto realizzato in assenza delle importazioni oggetto di dumping. Va osservato che, malgrado le affermazioni di uno dei produttori esportatori statunitensi, non c’è alcuna prassi delle istituzioni comunitarie consistente nell’utilizzare lo stesso livello di redditività per le industrie simili. I margini di profitto utilizzati per determinare il livello di prezzo non pregiudizievole per l’industria comunitaria sono stabiliti in base ai dati reali e verificati raccolti durante ciascuna inchiesta, e come tali sono specifici per ciascun caso.

(151) Per le ragioni sopra indicate si rifiuta di utilizzare il margine di profitto complessivo di uno dei produttori comunitari, in quanto non riguarda il prodotto in esame, il mercato comunitario o l’intera industria comunitaria.

(152) Per quanto riguarda l’inchiesta preliminare antidumping relativa a un prodotto simile cui è fatto riferimento, si osserva che il tipo di prodotto KMPS non rientrava in tale inchiesta, il che può avere avuto un effetto sulla valutazione della redditività complessiva dell’industria comunitaria.

(153) Infine, relativamente al presunto comportamento anticoncorrenziale dell’industria comunitaria, si fa notare che, come indicato ai precedenti considerando da (124) a (130), tali affermazioni non sono state confermate dall’inchiesta attuale, per cui le argomentazioni in questo senso sono respinte.

(154) Si conclude quindi che la redditività del 12% è appropriata e può essere utilizzata per le conclusioni definitive. In assenza di altre osservazioni relative al livello necessario per eliminare il pregiudizio, si confermano i considerando da (168) a (171) del regolamento provvisorio.

2. Forma e livello dei dazi

(155) Alla luce di quanto precede e in conformità dell’articolo 9, paragrafo 4 del regolamento di base, è opportuno istituire un dazio antidumping definitivo al livello sufficiente per eliminare il pregiudizio causato dalle importazioni senza superare il margine di dumping accertato.

(156) Sulla scorta di quanto precede, le aliquote del dazio antidumping definitivo sono le seguenti:

Paese | Società | Dazio antidumping |

Stati Uniti d’America | E.I. DuPont De Nemours | 10,6 % |

FMC Corporation | 39,0 % |

Tutte le altre società | 39,0 % |

Repubblica Popolare Cinese | ABC Chemicals (Shanghai) Co., Ltd. | 0 % |

Degussa-AJ (Shanghai) Initiators Co., Ltd. | 24,5 % |

Tutte le altre società | 71,8 % |

Taiwan | San Yuan Chemical Co., Ltd. | 22,6 % |

Tutte le altre società | 22,6 % |

(157) Le aliquote del dazio antidumping indicate nel presente regolamento applicabili a titolo individuale ad alcune società sono state stabilite in base alle conclusioni della presente inchiesta. Esse rispecchiano pertanto la situazione constatata durante l’inchiesta per le società interessate. Tali aliquote del dazio (diversamente dal dazio unico per l’intero paese, applicabile a “tutte le altre società”) sono quindi esclusivamente applicabili alle importazioni di prodotti originari dei paesi interessati e fabbricati dalle società, cioè dalle specifiche persone giuridiche, delle quali viene fatta menzione. Le importazioni di prodotti fabbricati da qualsiasi altra società la cui ragione sociale e il cui indirizzo non vengano espressamente menzionati nel dispositivo del presente regolamento, comprese le persone giuridiche collegate a quelle espressamente citate, non possono beneficiare di tali aliquote e sono soggette all’aliquota del dazio applicabile a “tutte le altre società”.

(158) Le eventuali richieste di applicazione di tali aliquote individuali del dazio antidumping (ad es. in seguito ad un cambiamento della ragione sociale della società o alla creazione di nuove entità produttive o di vendita) devono essere inoltrate senza indugio alla Commissione[9] complete di tutte le informazioni pertinenti, in particolare l’indicazione degli eventuali mutamenti nelle attività della società riguardanti la produzione, le vendite sul mercato interno e le vendite all’esportazione collegati ad es. al cambiamento della ragione sociale o ai cambiamenti a livello di entità produttive o di vendita. Se del caso, si modificherà il regolamento aggiornando l’elenco delle società che beneficiano di aliquote individuali del dazio.

(159) Per garantire una corretta applicazione del dazio antidumping, il livello del dazio residuo dovrebbe essere applicato non soltanto agli esportatori che non hanno collaborato all’inchiesta, ma anche alle società che non hanno esportato verso la Comunità durante il PI. Tuttavia, queste ultime società, se soddisfano le condizioni di cui all’articolo 11, paragrafo 4, secondo comma del regolamento di base, sono invitate a presentare una richiesta di riesame ai sensi di tale articolo affinché la loro situazione sia esaminata individualmente.

3. Riscossione definitiva dei dazi provvisori e monitoraggio speciale

(160) In considerazione dell’entità dei margini di dumping accertati e del livello di pregiudizio causato all’industria comunitaria, si ritiene necessario che gli importi depositati a titolo del dazio antidumping provvisorio istituito dal regolamento provvisorio, cioè dal regolamento (CE) n. 390/2007, siano definitivamente riscossi sino all’aliquota dei dazi definitivi istituiti. Qualora i dazi definitivi siano inferiori a quelli provvisori, gli importi depositati in via provvisoria sono svincolati nella parte eccedente l’aliquota del dazio antidumping definitivo. Qualora i dazi definitivi risultino superiori ai dazi provvisori, vengono definitivamente riscossi solo gli importi depositati a titolo dei dazi provvisori.

(161) Al fine di minimizzare i rischi di elusione collegati alla grande differenza tra le aliquote del dazio, si ritiene necessario nella fattispecie adottare misure speciali per garantire la corretta applicazione dei dazi antidumping. Tali misure speciali, applicabili unicamente alle società per le quali è istituita un’aliquota di dazio individuale, comprendono la presentazione alle autorità doganali degli Stati membri di una fattura commerciale valida, conforme ai requisiti indicati in allegato al presente regolamento. Le importazioni non accompagnate da una fattura di questo tipo saranno soggette al dazio antidumping residuo applicabile a tutti gli altri esportatori.

(162) Si ricorda che, qualora le esportazioni delle società soggette ad aliquote di dazio individuali più basse aumentino notevolmente in volume dopo l’istituzione delle misure antidumping, questo aumento di volume potrebbe essere considerato come un cambiamento della configurazione degli scambi dovuto all’istituzione di misure conformemente all’articolo 13, paragrafo 1 del regolamento di base. In tali circostanze, e in presenza delle necessarie condizioni, può essere avviata un’inchiesta antielusione. L’inchiesta esaminerà tra l’altro la necessità di sopprimere le aliquote di dazio individuali e di istituire di conseguenza un dazio su scala nazionale,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

1. È istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di perossisolfati (“persolfati”), compreso il perossimonosolfato solfato di potassio, classificati ai codici NC 2833 40 00 ed ex 2842 90 80 (codice TARIC 2842 90 80 20) e originari degli Stati Uniti d’America, della Repubblica popolare cinese e di Taiwan.

2. Le aliquote del dazio antidumping definitivo, applicabili al prezzo netto franco frontiera comunitaria, dazio non corrisposto, sui prodotti fabbricati dalle società elencate in appresso sono le seguenti:

Paese | Società | Dazio antidumping | Codice addizionale TARIC |

Stati Uniti d’America | E.I. DuPont De Nemours, Wilmington, Delaware | 10,6 % | A818 |

FMC Corporation, Tonawanda, New York | 39,0 % | A819 |

Tutte le altre società | 39,0 % | A999 |

Repubblica Popolare Cinese | ABC Chemicals (Shanghai) Co., Ltd., Shanghai | 0 % | A820 |

Degussa-AJ (Shanghai) Initiators Co., Ltd., Shanghai | 24,5 % | A821 |

Tutte le altre società | 71,8 % | A999 |

Taiwan | San Yuan Chemical Co., Ltd., Chiayi | 22,6 % | A823 |

Tutte le altre società | 22,6 % | A999 |

3. L’applicazione di dazi individuali specifici per le società citate al paragrafo 2 è subordinata alla presentazione alle autorità doganali dello Stato membro di una fattura commerciale valida, conforme ai requisiti indicati nell’allegato. In mancanza di tale fattura, si applica l’aliquota del dazio applicabile a tutte le altre società.

4. Salvo diversa disposizione, si applicano le norme vigenti in materia di dazi doganali.

Articolo 2

Occorre riscuotere in modo definitivo gli importi depositati a titolo dei dazi antidumping provvisori di cui al regolamento (CE) n. 390/2007 della Commissione sulle importazioni di perossisolfati (“persolfati”), compreso il perossimonosolfato solfato di potassio, classificati ai codici NC 2833 40 00 ed ex 2842 90 80 (codice TARIC 2842 90 80 20) e originari degli Stati Uniti d’America, della Repubblica popolare cinese e di Taiwan. Gli importi depositati sono svincolati nella parte eccedente l’aliquota del dazio antidumping definitivo. Qualora i dazi definitivi risultino superiori ai dazi provvisori, vengono definitivamente riscossi solo gli importi depositati a titolo dei dazi provvisori.

Articolo 3

Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell ’ Unione europea .

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il

Per il Consiglio

Il Presidente

ALLEGATO

La fattura commerciale valida di cui all’articolo 1, paragrafo 3, del presente regolamento deve comprendere una dichiarazione firmata da un responsabile della società, formulata secondo il seguente modello:

1. nominativo e qualifica del responsabile della società che ha rilasciato la fattura commerciale;

2. la seguente dichiarazione: “Il sottoscritto certifica che il quantitativo di [volume] di perossisolfati venduto per l’esportazione nella Comunità europea e coperto dalla presente fattura è stato fabbricato da [nome e sede sociale] [codice addizionale TARIC] in [paese]. Il sottoscritto dichiara inoltre che le informazioni contenute nella presente fattura sono complete ed esatte”.

Data e firma

[1] GU L 56 del 06.03.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2117/2005 (GU L 340 del 23.12.2005, pag. 17).

[2] GU L 97 del 12.04.2007, pag. 6.

[3] GU L 308 del 21.12.1995, pag. 61.

[4] United States International Trade Commission, Persulfates from China, Investigation No. 731-TA-479 (Review); Determination and view of the Commission (USITC Publication n. 3555, ottobre 2002).

[5] GU L 123 del 24.4.1998, pag. 1.

[6] EN 12678 e 12926.

[7] Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU L 396 del 30.12.2006, pag. 1).

Direttiva 2006/121/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, che modifica la direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose per adattarla al regolamento (CE) n. 1907/2006 concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) e che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche (GU L 396 del 30.12.2006, pag. 850).

[8] Regolamento (CE) n. 695/2002 del Consiglio, del 22 aprile 2002, che chiude il procedimento antid[9]5WXYwxyzš º » Ä Å Ý Þ ß þÿ

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Zxyz®¯È¬­®ÏÐÑÒð)*+,;MNiØöEFÈÉÌäåæ …umping relativo alle importazioni di perossidosolfati originari della Repubblica popolare cinese (GU L 109 del 25.4.2002, pag. 1).

[10] Commissione europea, Direzione Generale del Commercio, Direzione H, Ufficio J-79 4/23, B-1049 Bruxelles, Belgio.