27.7.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 175/14


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il mercato interno dei servizi — Esigenze per il mercato del lavoro e per la protezione dei consumatori

(2007/C 175/05)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 29 settembre 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'art. 29, par. 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema: Il mercato interno dei servizi — Esigenze per il mercato del lavoro e per la protezione dei consumatori.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 maggio 2007, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice ALLEWELDT.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 30 maggio 2007, nel corso della 436a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 110 voti favorevoli, 2 voti contrari e 2 astensioni.

1.   Obiettivo

1.1

La direttiva riguardante i servizi nel mercato interno (1) è intesa a promuovere la competitività, la crescita e l'occupazione conformemente alla strategia di Lisbona. Essa ha anche provocato un ampio dibattito su come possa configurarsi la libertà di prestazione dei servizi. Un punto critico a tale proposito è stato, e continua ad essere, il suo impatto sui mercati nazionali del lavoro, sulle condizioni sociali e sulle esigenze di protezione dei consumatori. A suo tempo, nel parere del febbraio 2005 (2) il CESE si era espresso in maniera esaustiva sulla proposta della Commissione in materia, ed è per questo motivo che il presente parere non intende esaminare la direttiva in quanto testo giuridico, bensì valutare gli effetti sull'occupazione e sugli interessi dei consumatori che è lecito attendersi dalla prevista realizzazione del mercato interno dei servizi.

1.2

La libera prestazione dei servizi è una delle quattro libertà del mercato interno sancite dal Trattato sull'UE ed è da tempo una realtà politica. La strategia perseguita dalla Commissione, come emerge dalla direttiva europea in materia, è pertanto quella di sopprimere ogni limitazione alla libera fornitura dei servizi. Di conseguenza, le questioni relative al mercato del lavoro o alla protezione dei consumatori non vengono prese direttamente in esame. Tuttavia, la necessità di realizzare maggiormente la libera prestazione dei servizi nella pratica rende più evidenti e tangibili le differenze nei diversi sistemi nazionali. Al tempo stesso, le disposizioni a livello europeo sulla protezione degli interessi dei lavoratori e dei consumatori sono relativamente poco numerose, dato che in questo campo predominano le disposizioni nazionali di natura giuridica, sociale e occupazionale, spesso ben diverse le une dalle altre. Per di più la direttiva sui servizi prevede che si applichino, parallelamente o parzialmente, talune disposizioni nazionali dei paesi di origine o di prestazione, la cui efficacia dovrà essere dimostrata dalla futura pratica.

1.3

La stabilità sociale e la fiducia dei consumatori sono fattori essenziali dell'integrazione europea nonché un presupposto per portare al successo il mercato interno dei servizi. Una grave lacuna del dibattito in merito alla direttiva europea sui servizi sta nell'assenza di analisi approfondite circa l'impatto sulle condizioni sociali dei vari paesi, sull'occupazione e sugli interessi dei consumatori. La mancanza di una base statistica che quantifichi la prestazione dei servizi e il libero stabilimento dei prestatori di servizi a livello transfrontaliero è stata uno degli aspetti criticati dal CESE (3). Dati affidabili non esistono nemmeno sui cambiamenti strutturali prevedibili nei mercati del lavoro degli Stati membri. Quello che esiste sono, da un lato, poche valutazioni d'impatto molto generiche e, dall'altro, analisi di singoli casi, spesso di carattere illegale o semi-legale, due tipi di strumenti che non bastano a garantire una valutazione oggettiva di tali ripercussioni.

1.4

La realizzazione del mercato interno dei servizi è un elemento importante della strategia di Lisbona. Le potenzialità di crescita in questo settore rappresentano un grande stimolo alla creazione di ulteriori posti di lavoro. La maggiore concorrenza conseguita grazie alla liberalizzazione del mercato dei servizi produrrà effetti positivi, in quanto permetterà di ampliare la gamma dei servizi offerti e di ridurre i prezzi. Al tempo stesso è tuttavia opportuno migliorare costantemente la protezione sociale dei lavoratori e garantire un livello adeguato di protezione dei consumatori. Lo stesso vale per gli standard di qualità e di sicurezza, compresi quelli ambientali, in vigore negli Stati membri. Gli effetti sull'occupazione varieranno a seconda dei settori e degli Stati membri. Un fattore determinante in tale contesto sono le ripercussioni sulle piccole e medie imprese.

1.5

Il presente parere d'iniziativa mira a mettere maggiormente in risalto le conseguenze dell'attuale strategia del mercato interno dei servizi sui mercati del lavoro, sulle condizioni occupazionali e sulla protezione dei consumatori in modo da offrire un utile contributo pratico alle categorie interessate e alle istituzioni europee. Questi aspetti non sono stati discussi a fondo nelle due audizioni già organizzate dal CESE sul mercato interno dei servizi (4).

1.5.1

Dopo aver stabilito cosa si intende, dal punto di vista del diritto europeo, per «libera prestazione dei servizi» (concetto che copre qualsiasi prestazione tra due soggetti economici nei rispettivi Stati membri) (5), è opportuno tener presente alcuni aspetti essenziali:

le informazioni sulle incidenze quantitative a livello occupazionale, per settore e per paese, e sui cambiamenti che derivano dal trasferimento, dalla delocalizzazione o dall'importazione di taluni servizi,

le nuove sfide in termini di condizioni occupazionali, dovute al fatto che all'intensificarsi della prestazione di servizi a livello transfrontaliero farà riscontro un rapido incremento della mobilità dei lavoratori distaccati,

gli interessi dei consumatori e il modo in cui vengono presi in considerazione nella strategia del mercato interno dei servizi,

il ruolo importante delle piccole e medie imprese (PMI) in quanto principali creatrici di posti di lavoro.

1.6

Il parere va considerato, da una parte, come un'introduzione all'argomento e d'altra parte anche come un contributo alla relazione definitiva della Commissione europea sulla revisione del mercato interno (6) e ai dibattiti all'interno dell'IMAC (7). Il parere si basa sui dati attualmente a disposizione nonché sulle esperienze pratiche e sulle aspettative di esperti e di soggetti coinvolti, le quali sono state raccolte durante un'audizione svoltasi a Vienna nell'aprile 2006 e grazie alle oltre 150 risposte a un questionario diffuso nell'autunno dello stesso anno che era stato rivolto a quasi 6 000 esperti provenienti da ambienti economici e sindacali, da diversi gruppi di interesse, da ambienti scientifici e ministeri. Il parere non ha la pretesa di essere uno studio scientifico, né può sostituirlo. Piuttosto, da un lato, vuole fornire degli spunti per risolvere determinati problemi e per far fronte a sviluppi futuri, che saranno ulteriormente approfonditi in uno studio a lungo termine dell'Osservatorio del mercato unico (OMU) del CESE e, dall'altro, intende offrire alle istituzioni europee e ad altri organi anche stimoli ed idee per le loro decisioni politiche e le loro analisi più specifiche.

2.   La dinamica del settore dei servizi nell'UE

2.1

La Commissione europea spiega di aver messo a punto la sua strategia del mercato interno a causa del debole sviluppo degli scambi transfrontalieri di servizi nell'UE. Un mercato interno dei servizi più dinamico dovrebbe comportare al tempo stesso impulsi positivi per l'occupazione e riflessi favorevoli per i consumatori e le imprese. Ma come farsi concretamente un'idea di questa dinamica mediante rilevazioni?

2.2

Un problema non ancora risolto è la rilevazione statistica del settore dei servizi a livello transfrontaliero. Fino ad oggi Eurostat e gli istituti nazionali di statistica hanno utilizzato la cosiddetta «statistica dei flussi di pagamento», in base alla quale un servizio è esportato o importato solo se dà luogo ad una corrispondente procedura di pagamento transfrontaliera. Se, da un lato, il settore dei servizi è caratterizzato da una intensa cooperazione, dal trasferimento di conoscenze e dallo scambio di prestazioni, dall'altro presenta un volume notevole di operazioni in compensazione tra diversi stabilimenti di un'impresa, tra partner di una stessa rete o anche tra unità economiche giuridicamente indipendenti nei rispettivi paesi le quali operano sulla base di una cooperazione di lunga durata. In queste strutture a rete, il rispettivo partner calcola sì il tempo messo a disposizione, nonché il trasferimento di conoscenze e lo scambio di servizi realizzati nel proprio paese come una prestazione fornita al cliente, ma questa non dà luogo ad alcun pagamento transfrontaliero.

2.3

Ne consegue, secondo il Comitato, che il settore dei servizi comporta un volume di scambi molto superiore, e quindi un'incidenza sul mercato interno, ben maggiore di quanto non emerga dalle attuali statistiche ufficiali. Il CESE è quindi fermamente convinto che l'Unione europea dovrebbe commissionare un'analisi, fondata su criteri scientifici, che evidenzi le modalità della cooperazione dei singoli comparti del settore dei servizi degli Stati membri dell'UE con imprese situate in altri paesi. Partendo da detta analisi ed estrapolando i dati, si dovrebbe predisporre un quadro chiaro del volume reale del mercato dei servizi dell'Unione europea per l'avvenire. Questo lavoro sarà corroborato dagli sforzi intrapresi dagli istituti di statistica europei, volti a predisporre indici dei prezzi per tutti i servizi e ad introdurli in ciascun paese.

2.4

Un esempio che illustra la situazione è il seguente: in base ai dati attuali, la Commissione ritiene che il settore dei servizi produca il 56 % del PIL dell'UE e rappresenti il 70 % dei posti di lavoro complessivi, ma solo il 20 % del volume degli scambi all'interno dell'UE. Essa giudica inoltre che l'aumento della produttività nel settore dei servizi dell'UE sia nettamente inferiore a quello degli Stati Uniti (8).

2.5

Questa debolezza non è avvertibile sul mercato mondiale, dove l'UE è la maggiore potenza per quanto riguarda lo scambio di servizi, con una netta tendenza all'incremento. Nel 2003 la quota europea era del 26 % mentre quella degli USA era di poco superiore al 20 %. Anche la quota complessiva di due partner commerciali in pieno sviluppo come l'India e la Cina, nonostante il loro grande dinamismo, finora non supera il 5 %. Tra il 1997 e il 2003, la quota dell'UE è aumentata dell'1,8 %, un risultato che la colloca in posizione avanzata anche sotto questo aspetto.

2.6

Si osserva che i punti deboli riguardano soprattutto gli scambi intracomunitari. Ma nemmeno questa conclusione è necessariamente suffragata dalle cifre. Tra il 2000 e il 2003 gli scambi di servizi sono aumentati del 10,8 % a livello intracomunitario, ma solo del 6,4 % con i partner extracomunitari. Il dinamismo del mercato interno risulta pertanto ancor più evidente se si considera che nel 2003 si è avuto nel complesso un rallentamento dell'economia, senza dimenticare la diminuzione del prezzo dei servizi.

2.7

Il CESE invita la Commissione a studiare più a fondo l'impatto del proseguimento nella realizzazione del mercato interno dei servizi. Al riguardo potrebbe essere utile effettuare una cosiddetta analisi SWOT (Strengths, Weaknesses, Opportunities and Threats, ovvero punti di forza e di debolezza, opportunità e rischi).

3.   L'impatto sull'occupazione di un mercato interno dei servizi più efficiente

3.1

Le stime relative all'impatto sull'occupazione sono legate alle previsioni sulla crescita. Una delle prime analisi sull'impatto della direttiva europea in materia di servizi risale all'ottobre 2004 ed è stata effettuata dall'Ufficio olandese per l'analisi delle politiche economiche (9). Essa si basa sulla tesi consueta dell'OCSE secondo cui ogni deregolamentazione favorisce la crescita e quindi l'aumento dei posti di lavoro. È interessante notare che secondo questo studio non sono le regolamentazioni in quanto tali a costituire un ostacolo quanto piuttosto la loro eterogeneità. Gli autori prevedono che la direttiva sui servizi potrebbe far aumentare gli scambi in questo settore tra il 15 e il 30 % e la quota degli investimenti diretti esteri nel settore del commercio tra il 20 e il 35 %.

3.2

Nella primavera del 2005 l'Istituto «Copenhagen Economics» ha pubblicato, su incarico della Commissione, uno studio (10) che conteneva osservazioni esplicite circa l'impatto occupazionale del settore considerato. Un eventuale aumento dei consumi pari allo 0,6 % del PIL dell'UE comporterebbe un incremento netto di circa 600 000 posti di lavoro per tutti i 25 Stati membri. Si prevedono anche un aumento della produttività e un incremento medio dei salari dello 0,4 %.

3.3

Le conclusioni dello studio del Copenhagen Economics sono state oggetto di accesi dibattiti, soprattutto perché partono da un ragionamento impostato esclusivamente in funzione dell'offerta e degli effetti causati da un aumento della domanda in presenza di un calo dei prezzi conseguente ad una deregolamentazione generalizzata. Non tengono conto di nessun fattore capace di ostacolare l'aumento della domanda, ad esempio una diminuzione del potere d'acquisto o una modifica nel comportamento dei consumatori. È stata peraltro contestata anche la scelta dei settori. Altre valutazioni circa l'impatto sull'occupazione semplicemente non esistono, oppure si basano sullo studio del Copenhagen Economics e giungono dunque alle stesse conclusioni (11). Occorre prestare maggiore attenzione all'impatto della ricerca e dell'innovazione, dei migliori livelli di qualificazione e dell'impiego delle tecnologie di comunicazione per una maggiore efficienza del mercato dei servizi.

3.4

I 600 000 posti di lavoro supplementari previsti sono certamente un fatto positivo ma costituiscono dopotutto un risultato modesto se si tiene conto delle elevate aspettative (12). Molto più importante è però il fatto che tale aumento può variare notevolmente a seconda dei settori, dei paesi e delle diverse categorie di lavoratori, ma finora non disponiamo di alcun tipo d'informazione al riguardo. Con l'aiuto dell'Osservatorio del mercato unico e sulla base della presente iniziativa il CESE intende fare maggior luce su queste modifiche strutturali riguardanti il mercato del lavoro.

3.5

Il questionario del CESE ha messo in risalto l'elevato interesse per questi dati. Il 90 % degli intervistati giudica insufficiente l'informazione disponibile circa le incidenze sull'occupazione di un mercato interno dei servizi. Le domande del Comitato vertevano innanzi tutto sui settori soggetti a una perdita o a un aumento particolarmente sensibili di posti di lavoro. Il 60 % degli intervistati conta su effetti occupazionali positivi in generale o per determinati comparti. I settori più citati sono quelli relativi alla consulenza aziendale o giuridica; seguono il commercio, l'artigianato/le PMI, i trasporti, la sanità, l'agricoltura e la silvicoltura, i servizi industriali, l'istruzione, il turismo, i servizi di assistenza alle persone, la gestione delle costruzioni e degli immobili. Alla domanda se ci si attenda una perdita di posti di lavoro, il 44 % degli intervistati ha risposto di sì. Tra i settori interessati a questo fenomeno figura al primo posto l'industria, seguita da: servizi pubblici, gestione delle costruzioni e degli immobili, agricoltura e silvicoltura, servizi alle imprese, l'alimentazione e altri generi di consumo, servizi di assistenza alle persone, commercio all'ingrosso e al dettaglio, turismo e industria tessile.

3.6

La domanda circa l'utilità di questo processo fa emergere una serie di interessanti contrapposizioni. Si può prevedere che sarà indispensabile adeguarsi al mercato e che risulteranno perdenti tutti coloro che non riusciranno ad adattarsi al nuovo contesto liberalizzato e al mercato transfrontaliero. Il lavoro qualificato offrirà maggiori opportunità di quello non qualificato, e i lavoratori giovani, specializzati e flessibili in termini di mobilità avranno maggiori possibilità rispetto a quelli più anziani e meno flessibili. I posti di lavoro caratterizzati da elevati standard sociali risultano perdenti rispetto ai posti di lavoro non tutelati o al lavoro autonomo, due realtà che in futuro avranno una maggiore influenza. Ne risentiranno anche la qualità rispetto ai prezzi, gli elevati standard di accesso ad una professione e i paesi caratterizzati da costi sociali elevati. Si ritiene che i nuovi Stati membri ricaveranno più vantaggi, mentre i vecchi Stati membri ne ricaveranno meno. Le piccole imprese e quelle a carattere locale saranno confrontate alle pressioni di grandi gruppi internazionali. Per quanto concerne i consumatori, la situazione resta più incerta.

3.7

L'avvenire delle piccole e medie imprese si è rivelato un punto di particolare importanza. È stato chiesto se un maggiore scambio di servizi a livello transfrontaliero favorirà un aumento dell'occupazione o se le pressioni al livello dei prezzi e della concorrenza determineranno l'eliminazione di piccole e medie imprese, e quindi una riduzione dei posti di lavoro. I due terzi degli intervistati (66 %) si aspettano opportunità positive a livello occupazionale. Al tempo stesso, però, il 55 % degli intervistati teme anche gli effetti di una concorrenza che porterà all'eliminazione di imprese. Per la grande maggioranza (69 %) degli intervistati la liberalizzazione del mercato interno dei servizi non ha comunque alcun impatto di rilievo sullo sviluppo delle PMI, sviluppo che dipende in misura maggiore da altri fattori. Conclusione: si prevedono in prevalenza dei benefici, che nel complesso potrebbero tuttavia avere ripercussioni di scarsa entità. Si prevede ad ogni modo che la qualificazione dei lavoratori, la capacità d'innovazione e la qualità dei servizi diventino i fattori decisivi di successo o di sopravvivenza. Si rafforza inoltre la pressione o meglio l'esigenza di una maggiore armonizzazione (titoli di studio e qualificazioni professionali, modalità di gestione, prezzi e salari, oneri sociali, fiscalità delle imprese, adeguamento agli standard UE e internazionali in generale). Ci si aspetta inoltre un peggioramento per quanto concerne gli standard sociali e la protezione di consumatori e ambiente. In caso di conquista dei mercati da parte di grandi operatori, si teme che possano essere sacrificate le specificità locali e culturali.

3.8

L'84 % degli intervistati è infine convinto che in futuro i lavoratori autonomi avranno maggiori possibilità di operare a livello transfrontaliero.

4.   Nuove sfide in termini di condizioni di lavoro e di occupazione

4.1

Nella quasi totalità dei casi i servizi transfrontalieri sono legati alla mobilità dei lavoratori. La limitata armonizzazione delle condizioni in vigore nell'UE determina l'esistenza di disposizioni sociali diverse nell'ambito dello stesso mercato (nazionale) del lavoro o all'interno di una stessa impresa. La direttiva europea sui lavoratori distaccati prevede condizioni essenziali minime per la parità di trattamento rispetto ai lavoratori locali. Inoltre, le questioni attinenti al diritto sociale e del lavoro sono state essenzialmente escluse dalla direttiva in materia di servizi. Ciò non toglie però che un mercato transfrontaliero dei servizi in pieno sviluppo avrà comunque un suo impatto al riguardo. Nonostante la direttiva sui lavoratori distaccati, nell'ambito dei contratti collettivi permane una serie di disposizioni non armonizzate. L'esclusione del diritto del lavoro dalla direttiva europea sui servizi implica che non è stato sancito alcun «principio del luogo di lavoro» per i lavoratori. Le formule giuridiche scelte sono state vivamente contestate e non sono necessariamente da considerarsi chiare e univoche. Non resta che aspettare il futuro recepimento nell'ordinamento giuridico nazionale. Infine, supponendo che il mercato interno dei servizi venga effettivamente portato a termine con successo, la frequenza e verosimilmente anche la durata sempre crescenti dei distacchi dei lavoratori gli conferiranno una nuova dimensione.

4.2

Il presente parere d'iniziativa non può né deve essere la sede per il dibattito sull'attuazione della direttiva concernente i lavoratori distaccati. La domanda principale è piuttosto un'altra: quali nuovi problemi possono sorgere e cosa può inasprire i problemi già esistenti, visto che in futuro, nell'ambito della prestazione dei servizi, i lavoratori di diversi Stati membri si troveranno a lavorare più spesso e a volte per un periodo più lungo nello stesso posto di lavoro ma a condizioni talvolta diverse? In che modo questo potrebbe rappresentare delle opportunità, se si tengono presenti le previsioni dello studio del Copenhagen Economics circa un aumento dei salari? Non si vuole certo attribuire agli operatori del mercato e ai responsabili politici l'intenzione di operare un dumping sociale, ma è opportuno dare un quadro realistico della situazione esistente in materia.

4.3

L'82 % degli intervistati ritiene che l'aumento dei servizi transfrontalieri, e quindi dell'attività di lavoratori distaccati in un altro Stato, comporterà anche una modifica delle condizioni occupazionali nel proprio paese. Il 20 % si attende un miglioramento delle condizioni di lavoro mentre il 17 % ne prevede un peggioramento. Solo il 7 % crede che i posti di lavoro saranno più sicuri. Per il 56 % è scontato che aumenteranno i rapporti di lavoro flessibili e i contratti a termine.

4.4

Questo aspetto della flessibilizzazione riemerge anche nelle risposte alla domanda successiva. Sono in tanti ad attendersi una riduzione degli organici in pianta stabile a favore del lavoro part-time, del lavoro a contratto e di un'intensificarsi del lavoro «parasubordinato». Vengono precisati anche gli effetti positivi previsti: formazione linguistica, nuovi approcci e nuovi impulsi positivi alla qualificazione, aumento dei salari e maggiore offerta di lavoro. Prevalgono tuttavia le preoccupazioni: una maggiore concorrenza, condizioni di lavoro peggiori, orari di lavoro più flessibili e più lunghi, aumento dei conflitti sociali e delle pratiche illegali, diminuzione dei salari. A questo si aggiungono nuovi oneri per i regimi di previdenza sociale. In futuro i lavoratori che hanno maggiori difficoltà di spostamento, e in particolare le donne, incontreranno maggiori problemi, e le strutture familiari risentiranno dell'aumento della mobilità. Per quanto concerne l'impatto che la futura liberalizzazione del mercato interno dei servizi produrrà sull'evoluzione dei salari, il 50 % degli intervistati ne prevede una diminuzione, il 43 % un aumento, mentre il 7 % non prevede alcun effetto o sottolinea che questo dipenderà dal settore interessato.

4.5

Il 48 % degli intervistati ritiene che la direttiva sui lavoratori distaccati sia sufficiente a garantire la protezione sociale, mentre il 52 % è di parere contrario. In caso risultino necessarie nuove disposizioni, la maggioranza degli intervistati (65 %) preferisce un approccio comunitario, un terzo ritiene che i problemi possano essere meglio risolti a livello nazionale, mentre il 2 % giudica necessari entrambi gli approcci. Alla domanda «Quali sono i principali problemi da affrontare?» è stato così risposto: al primo posto la mancanza di armonizzazione in campo sociale (compreso l'accesso all'esercizio di professioni e attività specifiche) e le disparità che questo comporta. Segue, per alcuni, la richiesta di ampliare la direttiva sui lavoratori distaccati in termini sia di contenuto sia di settori contemplati. L'inadeguata applicazione delle disposizioni in materia di lavoratori distaccati, l'insicurezza giuridica e l'aumento delle pratiche illegali, e infine le lacune in sede di controllo e di sanzioni applicabili sono considerati anch'essi problemi di grande importanza. A questo si aggiungono le difficoltà in settori quali la tutela della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro, i regimi di previdenza sociale e la lotta alle tipologie di lavoro «parasubordinato». Sono inoltre oggetto di critiche l'eccesso di burocrazia, il permanere di ostacoli a livello nazionale e la tendenza alla compartimentazione nazionale. Infine, anche un'inadeguata presa in considerazione delle differenze linguistiche e culturali potrebbe essere fonte di problemi.

4.6

Che ripercussioni ci si possono aspettare nelle imprese se, nell'ambito di contratti di servizi, lavoratori di altri Stati membri svolgono la loro attività a condizioni parzialmente diverse rispetto ai lavoratori nazionali? Il 6 % degli intervistati non prevede particolari ripercussioni mentre il 23 % ritiene che sia ancora troppo presto per dare una valutazione precisa. Il 24 % prevede un aumento delle disparità nelle condizioni di lavoro all'interno delle imprese, il 34 % ritiene che sarà più difficile rispettare le disposizioni di carattere sociale e lavorativo, mentre il 13 % è convinto che le disposizioni nazionali in materia di partecipazione dei lavoratori non coprano pienamente i lavoratori distaccati. Nelle ulteriori osservazioni in merito a questa domanda gli intervistati hanno evidenziato nuovi aspetti. Emergerebbero nuove difficoltà sotto il profilo salariale e sociale, vuoi perché lo stesso lavoro verrebbe retribuito in maniera diversa vuoi perché diminuirebbero le prestazioni sociali volontarie da parte delle imprese. Altrettanto spesso gli intervistati esprimono la fiducia che la conoscenza delle «migliori pratiche» possa offrire l'opportunità di migliorare le condizioni e la qualità del lavoro. In questo senso, occorre che il dialogo sociale nelle imprese venga condotto in maniera più «intelligente». Gli ostacoli alla comunicazione potrebbero peggiorare la qualità del lavoro in generale e del lavoro di gruppo in particolare, nonché minare nell'insieme la solidarietà tra il personale. In taluni casi i singoli lavoratori potrebbero avere maggiori difficoltà per accertare e far valere i propri diritti. Disparità troppo evidenti potrebbero anche ostacolare il successo delle imprese (conflitti, carichi amministrativi, qualità del lavoro) e il rispetto delle disposizioni legislative potrebbe comportare vincoli eccessivi e un aumento degli abusi. Infine, il fatto di agevolare la libera prestazione dei servizi viene visto come un modo per risolvere il problema della scarsità di personale qualificato.

4.7

È difficile riassumere le risposte relative agli esempi pratici, perché la loro utilità per una migliore comprensione consiste proprio nel loro contenuto specifico. Pertanto, ci limitiamo a citare alcuni esempi concreti che illustrano problemi non ancora menzionati. In proposito si segnalano norme e procedure poco chiare in caso d'infortunio sul lavoro, particolari problemi concernenti il distacco all'interno della stessa impresa, la trasformazione dei contratti di lavoro, l'applicazione di contratti collettivi di altri paesi e infine problemi circa il trattamento riservato ai lavoratori migranti.

5.   Gli interessi dei consumatori nel mercato interno dei servizi

5.1

Il mercato interno dei servizi deve arrecare benefici anche ai consumatori. È una questione di disponibilità (prezzo, accesso, offerta), di qualità, di trasparenza (informazione, fiducia), e di certezza giuridica (responsabilità, protezione dei consumatori). È lecito chiedersi se, oggi come oggi, questi aspetti vengano adeguatamente presi in considerazione. Le proposte relative al completamento del mercato interno dei servizi presenteranno vantaggi al riguardo, oppure si possono prevedere problemi per i consumatori? Il terzo obiettivo del questionario sta nell'evidenziare esperienze pratiche nell'ambito dei servizi transfrontalieri dal punto di vista dei consumatori.

5.2

È impossibile valutare in maniera precisa la direttiva europea sui servizi dal punto di vista della protezione dei consumatori. Nell'audizione organizzata dal CESE nell'aprile 2006 alcuni hanno denunciato il fatto che nel complesso la protezione dei consumatori sia stata fortemente trascurata. Ma vi sono state anche valutazioni positive, soprattutto per quanto concerne i miglioramenti dal lato dell'offerta. Nell'insieme, le questioni relative alla protezione dei consumatori non sono evidenziate a sufficienza e molto probabilmente saranno affrontate solo quando verrà esaminato l'impatto della direttiva a livello nazionale. La fiducia dei consumatori riveste nondimeno una grande importanza per il successo del mercato interno europeo dei servizi.

5.3

Il questionario dovrebbe servire a classificare i criteri di un mercato interno dei servizi favorevole ai consumatori, testé elencati al punto 5.1 (disponibilità, qualità, trasparenza e certezza giuridica), secondo due punti di vista: da un lato l'importanza che detti criteri rivestono dal punto di vista personale dell'intervistato e dall'altro la misura in cui essi vengono favoriti dalla direttiva europea sui servizi. Mentre dal punto di vista personale si attribuisce grande importanza alla qualità e alla certezza giuridica (primo e secondo posto), si ritiene che la direttiva europea sui servizi promuova anzitutto la disponibilità lasciando la certezza giuridica all'ultimo posto. Solo il 23 % degli intervistati si dichiara soddisfatto della situazione attuale, mentre il 77 % giudica necessari dei miglioramenti.

5.4

Nonostante la direttiva europea sui servizi non metta sostanzialmente in discussione la validità delle disposizioni di tutela dei consumatori nel paese di prestazione dei servizi, il dibattito ha fatto emergere più volte il timore che la situazione non sia del tutto perfetta. Alla domanda se in futuro le norme di protezione dei consumatori potrebbero essere minacciate, il 52 % degli intervistati ha risposto di sì, lamentando il più delle volte peggioramenti nell'applicazione concreta delle norme giuridiche, specie in materia di reclami e di richieste di risarcimento. Ciò concorda con le risposte ad un'altra domanda, in cui il 76 % degli intervistati ha segnalato problemi in materia di responsabilità e di esecuzione amministrativa. Il 51 % degli intervistati teme una diminuzione generale del livello di protezione dei consumatori. Si considerano minacciati soprattutto gli standard nazionali elevati (vale a dire al di sopra delle norme minime UE), e anche le disposizioni amministrative concernenti l'esercizio di un'attività, che interessano da vicino i consumatori poiché in futuro saranno disciplinate in base al principio del paese di origine, ad esempio per la protezione nei casi di vantaggio indebito e per le condizioni da soddisfare nelle richieste di risarcimento. Alcuni temono un indebolimento delle condizioni relative alle garanzie e un calo nella qualità dei servizi. Infine, molti temono una perdita dei diritti d'informazione, riguardanti ad esempio i prodotti (rischi per l'ambiente, responsabilità, trasparenza generale), l'indicazione dei prezzi, i fornitori (integrità dei fornitori, livello di qualificazione, dovuta copertura assicurativa), le prestazioni di garanzia, la responsabilità, ecc.

5.5

Una domanda specifica riguarda le informazioni che è opportuno, o addirittura indispensabile, fornire ai consumatori per quanto concerne l'offerta di servizi transfrontalieri. Al primo posto troviamo le indicazioni sulle garanzie giuridiche, il risarcimento dei danni e i diritti di reclamo. Seguono l'identità dei fornitori e il loro luogo d'origine, la trasparenza dei prezzi e dati precisi sulla qualità del servizio nonché sulla sicurezza del prodotto e la garanzia. Visibilmente preoccupati dal dibattito relativo al principio del paese d'origine, molti chiedono che venga precisato quale legislazione sarà applicabile e quali autorità di controllo o di reclamo saranno competenti in materia.

5.6

Solo il 25 % degli intervistati vanta esperienze con gli Eurosportelli o una cooperazione a livello europeo in materia di protezione dei consumatori. Il loro giudizio è il più delle volte positivo, anche se vengono citate lacune in alcuni settori, quali la collaborazione transfrontaliera per ottenere l'applicazione delle norme o il contatto con gli interlocutori nazionali competenti in materia. Si sono levate anche critiche contro procedure troppo burocratiche e onerose e contro una cooperazione in materia di tutela dei consumatori considerata nell'insieme troppo debole e poco efficace, soprattutto nei casi complicati. Nel complesso, emerge l'impressione che le informazioni concernenti sia gli Eurosportelli sia le possibilità di cooperazione non vengano ampiamente diffuse.

5.7

Per garantire una migliore qualità dei servizi la direttiva europea in materia propone di introdurre standard e certificazioni volontarie. Il 54 % degli intervistati giudica molto positivamente questa proposta, che lascia invece perplesso il rimanente 46 %. I sostenitori della proposta ritengono gli standard volontari di qualità uno strumento efficace che si deve affermare sul mercato e nei confronti dei clienti. I critici sono invece unanimi nel sostenere che l'osservanza di questi standard non può essere garantita senza il controllo dello Stato. Alcuni preferiscono pertanto una chiara norma legislativa. Gli standard volontari verrebbero osservati dalle imprese serie ma non proteggerebbero dalle «pecore nere», aspetto che è di fondamentale importanza proprio nell'ambito della prestazione di servizi a livello transfrontaliero.

5.8

La direttiva europea sui servizi prevede inoltre che l'attività di controllo sia condivisa dalle autorità del paese di origine e da quelle del paese di prestazione del servizio. Il Comitato ha voluto accertare se questo contribuisca ad aumentare la fiducia dei consumatori: l'82 % degli intervistati ha risposto di sì, mentre il 18 % afferma di nutrire meno fiducia. Manifestamente, le maggiori perplessità riguardano l'attuazione pratica.

5.9

Infine, gli intervistati hanno avuto ancora una volta l'occasione di affrontare problemi in sospeso circa la protezione dei consumatori nel futuro mercato interno dei servizi. Di nuovo, l'aspetto che più preoccupa sembra essere la mancanza di chiarezza e di sicurezza giuridica, nell'ambito della tutela dei consumatori, per quanto concerne le garanzie, la responsabilità (ad esempio nei casi di insolvenza), i diritti di garanzia (mancanza di armonizzazione: problema dell'onere della prova) e la possibilità di far valere con successo le richieste di risarcimento (eccessiva durata e complessità delle procedure, desiderio di una maggiore armonizzazione). Al secondo posto troviamo la garanzia d'informazioni adeguate in merito ai servizi e ai loro fornitori. Altre lacune sono la mancanza di standard di qualità comuni e di comparabilità fra le competenze e le qualificazioni professionali. Spesso le norme di protezione dei consumatori non vengono attuate in maniera corretta, oppure semplicemente mancano in alcuni singoli settori (sistema previdenziale privato, servizi sanitari). Importanti per gli intervistati sono anche le questioni sociali (salario inferiore a quello minimo, lavoro nero, migrazioni), nonché il timore di perdere gli standard ambientali e di sicurezza. È opportuno definire un livello minimo dei servizi d'interesse generale che garantisca la partecipazione alla vita sociale. Altri timori espressi riguardano le distorsioni della concorrenza per i fornitori locali (ad esempio la disparità di oneri sociali) e i problemi dovuti alle differenze monetarie.

6.   I principali risultati

6.1

Le reazioni al questionario evidenziano un grande interesse nel raccogliere le nuove sfide che il mercato interno dei servizi presenta per i mercati del lavoro, l'occupazione e la protezione dei consumatori. Vari intervistati hanno segnalato problemi potenziali, ma anche future opportunità. Entrambi questi aspetti meritano generalmente una maggiore attenzione e andrebbero tenuti presenti nell'ormai imminente applicazione della direttiva europea sui servizi.

6.2

Un problema ancora in sospeso è quello della rilevazione statistica degli scambi transfrontalieri di servizi nell'UE. Capire la realtà di questo settore è indispensabile per valutare i potenziali sviluppi sul fronte occupazionale. Il CESE ribadisce pertanto la sua richiesta di procedere ad un'unica rilevazione a livello di base, che sarebbe il solo rimedio possibile al problema.

6.3

Il 90 % degli intervistati giudica insufficienti le informazioni relative agli eventuali effetti della nuova strategia del mercato interno sull'occupazione. Il 60 % si aspetta effetti positivi sull'occupazione mentre il 40 % prevede una perdita di posti di lavoro. Nel complesso ci si attende soprattutto uno «spostamento di posti di lavoro». In tale contesto sarebbe opportuno che, per le sue future analisi, l'OMU adottasse un approccio differenziato e specifico per settore, contemplando ad esempio i servizi legati all'industria, l'istruzione, alcuni servizi pubblici liberalizzati, i servizi alle persone, l'artigianato. Significativi sono i riferimenti a coloro che traggono i maggiori benefici. Sarà utile prendere attentamente in considerazione gli aspetti relativi al lavoro qualificato/non qualificato e le opportunità che i lavoratori specializzati e disposti a spostamenti hanno rispetto ai lavoratori meno flessibili sotto questo profilo. Nel primo caso si tratta di un fenomeno prevedibile sia tra gli Stati membri sia all'interno di un singolo settore. Nel secondo, si tratta di una sfida del tutto particolare sia per i mercati del lavoro sia per i regimi di previdenza sociale.

6.4

Le prospettive per le piccole e medie imprese, e quindi anche per l'occupazione, sono considerate per lo più positive, fermo restando che in proposito la direttiva comunitaria in materia di servizi ha un impatto piuttosto limitato. Si prevedono comunque nuove sfide che bisognerà affrontare puntando sia su una migliore qualità e maggiore qualificazione dei lavoratori, sia sulla capacità di innovazione. Per far fronte alla nuova pressione competitiva taluni raccomandano una maggiore armonizzazione delle condizioni generali. In caso di conquista dei mercati da parte di grandi operatori si teme che possano essere sacrificate le specificità locali e culturali.

6.5

Dal futuro completamento del mercato interno dei servizi la maggior parte degli intervistati (82 %) si aspetta una modifica nelle condizioni di lavoro e di occupazione a livello nazionale: questo non perché non si conosca la direttiva europea in materia di servizi, bensì perché si tiene conto delle carenze sotto il profilo dell'armonizzazione e di nuovi influssi al livello del mercato. La maggioranza degli intervistati prevede un aumento dei contratti di lavoro a tempo determinato e condizioni di lavoro più flessibili. Ci si aspettano inoltre sviluppi positivi in termini di offerta di lavoro, di formazione linguistica e di qualificazione in generale.

6.6

Le disposizioni in vigore sui lavoratori distaccati svolgono un ruolo importante in proposito. L'inadeguatezza della loro applicazione è stata spesso additata come un problema. Tenuto conto delle nuove sfide, la metà degli intervistati giudica comunque che le attuali disposizioni siano insufficienti a garantire una protezione sociale, cosa che risulta peraltro evidente anche da un'attenta osservazione del mondo aziendale. Quanto minore è l'armonizzazione, tanto maggiori sono le possibilità di disparità di trattamento per un lavoro dello stesso tipo. In taluni casi ciò può essere considerato anche come un'opportunità, a condizione che il contatto con le «migliori pratiche» diventi un incentivo a migliorare le condizioni di lavoro nel paese di origine. In linea di massima si osserva che le disparità nelle condizioni di lavoro e nelle regolamentazioni all'interno di un'azienda o di un'impresa rappresentano una sfida anche per le stesse imprese. Il presente parere non è la sede per discutere della direttiva riguardante i lavoratori distaccati: è comunque importante rilevare che si profila un aumento delle disparità e dunque dei conflitti. È un aspetto che dovrà essere affrontato dai legislatori europei e nazionali (soprattutto in vista dell'ormai imminente applicazione della direttiva europea in materia di servizi), ma che presenta anche una sfida per il dialogo sociale europeo.

6.7

La maggiore mobilità dei lavoratori nel quadro della prestazione di servizi a livello transfrontaliero e la minore conoscenza dei propri diritti rendono ancor più necessari i servizi di consulenza, che andranno assicurati a livello europeo. Una fonte importante d'informazioni è costituita dal lavoro degli Euro Info Centre e dalla creazione di una banca dati sulle questioni relative ai lavoratori dipendenti, che è seguita con vivo interesse anche dal CESE.

6.8

La direttiva europea sui servizi non ha ottenuto giudizi unanimi da parte dei consumatori: accanto alle osservazioni critiche vi sono state anche valutazioni positive. Le risposte al questionario evidenziano che la qualità e la sicurezza giuridica sono considerate molto importanti, ma che, secondo gli intervistati, esse non vengono promosse a sufficienza dalla direttiva europea sui servizi. Solo il 23 % degli intervistati si dichiara soddisfatto della situazione attuale.

6.9

Si avverte una particolare preoccupazione per la sicurezza giuridica e l'effettiva applicazione delle norme. Nonostante in linea di massima la direttiva europea sui servizi non metta in discussione la tutela dei consumatori a livello nazionale, il 52 % degli intervistati ritiene che in futuro le disposizioni nazionali potrebbero essere minacciate. Occorrono regole chiare in materia di garanzie e responsabilità, nonché procedure rapide per le richieste di risarcimento. Stando agli intervistati, le norme attuali non sembrano essere sufficienti al riguardo, oppure gli elevati standard nazionali appaiono minacciati dalla futura concorrenza. Altrettanto importante è la diffusione di informazioni adeguate sui servizi e sui fornitori. Altre lacune sono l'assenza di standard comuni di qualità (l'autocertificazione ottiene solo una parziale approvazione) e l'impossibilità di comparare le competenze e le qualificazioni professionali. Le norme di protezione dei consumatori spesso non vengono applicate correttamente, oppure mancano del tutto in alcuni settori (sistemi previdenziali privati, servizi sanitari).

6.10

Solo in pochi vantano esperienze con gli Eurosportelli istituiti per i consumatori o in una cooperazione a livello europeo in materia. Nell'insieme le iniziative al riguardo vengono valutate positivamente ma non bastano: sono poco incisive, poco utili nell'applicazione delle norme e inefficaci nei casi complessi.

6.11

Nel mercato interno dei servizi occorre tener maggiormente conto delle esigenze in materia di protezione dei consumatori. L'insicurezza giuridica constatabile nell'ambito dei servizi transfrontalieri deve essere combattuta mediante una strategia dell'informazione a livello nazionale e comunitario. Non bisogna sottovalutare la richiesta di dati precisi su servizi e fornitori: è un altro aspetto da tener presente in sede di attuazione della direttiva europea sui servizi.

6.12

L'Osservatorio del mercato unico del CESE continuerà ad occuparsi dell'impatto del mercato interno dei servizi sullo sviluppo degli scambi di servizi fra gli Stati membri, sull'occupazione e sulla protezione dei consumatori, in stretta collaborazione con la sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza dello stesso CESE. Le conclusioni del presente parere indicano che sarebbe utile procedere a un'analisi più approfondita di singoli settori e comparti specifici tenendo al tempo stesso presenti i principali insegnamenti tratti dal questionario.

Bruxelles, 30 maggio 2007.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, GU L 376 del 27.12.2006, pag. 36.

(2)  CESE 137/2005, GU C 221 dell'8.9.2005.

(3)  Cfr. CESE 137/2005, punto 3.2, GU C 221 dell'8.9.2005.

(4)  Il CESE ha organizzato un'audizione sulla strategia generale del mercato interno il 19 settembre 2001 e quindi un'audizione dedicata a sei questioni fondamentali, tra cui la responsabilità professionale, lo sportello unico, i metodi di rilevazione statistica, ecc., che si è svolta il 24 maggio 2004, nel quadro dell'elaborazione del parere in merito alla direttiva europea sui servizi.

(5)  Ai sensi dell'articolo 50 del Trattato CE, un servizio è un'attività economica autonoma nell'ambito della quale le prestazioni vengono normalmente fornite dietro retribuzione.

(6)  Questa relazione è prevista durante il semestre della presidenza portoghese del Consiglio.

(7)  IMAC: Comitato consultivo per il mercato unico.

(8)  Le cifre citate in questo punto e nei successivi punti 3.5 e 3.6 sono tratte da documenti della Commissione europea del 2004 e 2005.

(9)  The Free Movement of Services within the EU, Kox & al, CPB report, no 69, ottobre 2004.

(10)  Economic Assessment of the Barriers to the Internal Market for Services, Copenhagen Economics, gennaio 2005.

(11)  Ad esempio lo studio commissionato dal ministero austriaco dell'Economia e del lavoro intitolato: Deepening the Lisbon Agenda: Studies on Productivity, Services and Technologies, Vienna 2006.

(12)  Queste stesse previsioni sono state considerate poco realistiche da fonti attendibili.