16.5.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 120/33


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde — Per una migliore demolizione delle navi

COM(2007) 269 def.

(2008/C 120/08)

La Commissione europea, in data 22 maggio 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:

Libro verde — Per una migliore demolizione delle navi

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 31 ottobre 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore ADAMS.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 dicembre 2007, nel corso della 440a sessione plenaria, ha adottato all'unanimità il seguente parere.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta della Commissione di agire a livello sia internazionale che regionale per cambiare quanto prima le attuali pratiche inaccettabili di smantellamento delle navi.

1.2.

L'industria internazionale della rottamazione navale, nella sua forma attuale, comprende da un lato bacini di carenaggio sicuri e ben regolamentati e dall'altro spiagge dove le navi vengono smontate a mano, con una tutela minima della salute, della sicurezza e dell'ambiente. Attualmente la maggior parte delle navi mercantili finisce il proprio ciclo di vita su una di queste spiagge dell'Asia meridionale. A livello mondiale si riscontra una grave mancanza di impianti di smantellamento compatibili con i principi della sostenibilità ambientale e sociale.

1.3.

Il CESE teme che questa situazione sarà resa più grave dall'accumularsi di navi da ritirare dal servizio nei prossimi anni in seguito alla messa al bando globale delle petroliere monoscafo, per le quali si stima che l'arretrato ammonti attualmente a 15 milioni di tonnellate di dislocamento a vuoto (LDT) (1), nonché a causa del recente boom della cantieristica. La necessità di procedere nei prossimi anni allo smantellamento di navi in eccesso è dovuta in parte alle azioni intraprese dall'Organizzazione marittima internazionale (OMI), sollecitata dall'UE ad agire a favore dell'ambiente: a questo punto l'UE ha il chiaro dovere di intervenire.

1.4.

Alcuni armatori non calcolano nei costi di funzionamento l'importo necessario per lo smantellamento sicuro e controllato delle navi al termine del loro ciclo di vita, sebbene una larga parte (2) di essi ritenga necessario agire e stia avviando misure volontarie.

1.5.

Inoltre, malgrado esistano disposizioni giuridiche dell'UE volte ad evitare che le navi compiano il loro ultimo viaggio per essere smantellate in siti privi di strutture adeguate, tali disposizioni vengono facilmente aggirate. Il CESE ha ribadito più volte, da ultimo nel parere del marzo 2007 sul Libro verde Verso una politica marittima dell'Unione  (3), che gli Stati membri dovrebbero ratificare senza indugio le convenzioni internazionali sulla sicurezza marittima e sulla protezione ambientale, e accertarsi che esse vengano adeguatamente applicate.

1.6.

Lo smantellamento delle navi a fine ciclo di vita è un'operazione complessa, che offre ai paesi in via di sviluppo, dove questa viene realizzata a basso costo, un apporto importante in termini di posti di lavoro e di materie prime. Il CESE nota tuttavia che la povertà endemica e altri problemi sociali e giuridici di talune zone dell'Asia meridionale sono fortemente collegati all'assenza o al mancato rispetto di norme sia pur minime di sicurezza sul lavoro, di standard minimi in materia di lavoro e di tutela ambientale.

Il CESE formula pertanto le seguenti raccomandazioni

1.7.

L'OMI dovrebbe definire un regime internazionale per l'identificazione, il controllo e la rottamazione delle navi a fine ciclo di vita. Detto regime deve prevedere un livello di controllo equivalente a quello garantito dalla Convenzione di Basilea, deve rispettare tutte le norme pertinenti dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), non deve ammettere deroghe e deve impedire che le navi in disarmo contenenti rifiuti pericolosi finiscano in paesi che non hanno sottoscritto la convenzione e che dispongono di impianti inadeguati.

1.8.

Tuttavia, l'applicazione di un siffatto accordo nel quadro dell'OMI prenderà vari anni, pertanto:

bisognerebbe incoraggiare e sostenere l'attuazione, da parte degli armatori, di programmi volontari efficaci volti a ridurre al minimo i problemi di rottamazione,

l'UE dovrebbe applicare in modo chiaro le disposizioni esistenti, facendo valere il regolamento sulle spedizioni di rifiuti. È urgente intervenire per assicurare che gli Stati di approdo abbiano la facoltà di dichiarare la «fine del ciclo di vita» di una nave e per promuovere una sorta di guida che chiarisca le espressioni «intenzione di smantellare» e «Stato esportatore». Il CESE chiede inoltre alla Commissione di definire e applicare quanto prima ulteriori misure per prevenire comportamenti elusivi, richiedendo ad esempio l'applicazione di vincoli per le navi in uso da oltre 25 anni o per quelle definite ad alto rischio, oppure subordinare il mantenimento dei sussidi al settore dei trasporti all'uso di impianti «verdi» di smantellamento e/o di prepulitura,

l'UE dovrebbe infine sviluppare un regime di certificazione e di revisione da parte di terzi per gli impianti di smantellamento sicuri ed ecologicamente corretti. In tal modo si risponderebbe alla richiesta degli armatori e si creerebbero condizioni eque e trasparenti.

1.9.

Il CESE è estremamente favorevole ad incoraggiare l'adozione delle migliori pratiche di riciclaggio delle navi e l'eliminazione preliminare dei gas e dei residui tossici dalle navi nell'UE. Per promuovere quanto sopra occorre anzitutto che gli Stati membri si impegnino ad applicare questo trattamento a tutte le navi di proprietà dello Stato e che vengano introdotte delle clausole vincolanti riguardo al termine del ciclo di vita delle navi in caso di vendita a terzi. La pulizia preliminare effettuata prima dell'esportazione consentirà ai paesi di destinazione dell'Asia meridionale di ottenere rottami di acciaio puliti, per i quali vi è una forte domanda. Per questa operazione occorrerà elaborare una guida apposita.

1.10.

Per limitare alcuni dei problemi più gravi si dovrebbe fornire ai paesi dell'Asia meridionale assistenza finanziaria e tecnica affinché migliorino gli impianti, trasferendo quanto meno l'attività di smantellamento dalle spiagge a moli circoscritti o a bacini di carenaggio, e garantendo un livello di sicurezza più elevato e impianti di gestione dei residui a valle.

1.11.

Il CESE constata che per agire efficacemente in questo campo occorrerà affrontare ulteriori spese. Accoglie con favore la proposta generale della Commissione di prevedere delle disposizioni atte a far sì che tali costi siano integrati nei normali costi di esercizio dell'attività marittima. In particolare l'OMI e gli armatori chiedono ulteriori interventi volti a dotare ogni nave di un fondo per il riciclaggio, che verrebbe o accumulato nel corso della vita operativa della nave o istituito, sotto forma di garanzia, al momento del varo. Diverse istituzioni finanziarie sono perfettamente in grado di elaborare e di mettere in atto tali misure. Se risulterà impossibile istituire questo fondo, l'UE dovrà ricorrere a meccanismi regionali, ad esempio la tassazione da parte dello Stato di approdo o altro.

1.12.

Una progettazione che sia attenta alla questione del riciclaggio, individui i rischi presenti e rinunci per quanto possibile ai materiali tossici nella costruzione navale è destinata ad avere ripercussioni positive nel lungo periodo; il CESE si compiace degli sforzi compiuti in questo senso dall'UE, dall'OMI, dagli armatori e dal settore della cantieristica.

2.   Introduzione

2.1.

Il contesto del presente parere è costituito dal trasporto marittimo internazionale e dalle spedizioni internazionali di rifiuti. Ogni anno, da 200 a 600 grandi navi vengono demolite e riciclate per ricavarne acciaio e altre materie prime. Gran parte di quest'attività si svolge nei paesi dell'Asia meridionale, su spiagge caratterizzate da escursioni di marea considerevoli, in condizioni di scarsa attenzione alla sicurezza degli addetti e alla protezione dell'ambiente. È stato stimato che nel corso dei prossimi otto anni circa 5,5 milioni di tonnellate di materiali pericolosi giungeranno in questi cantieri di demolizione a bordo di navi in disarmo; si tratterà per lo più di morchie, olii, vernici, PVC e amianto.

2.2.

Nessuno dei siti impiegati per smantellare le navi nel subcontinente indiano è dotato di sistemi di contenimento per impedire l'inquinamento del suolo e delle acque, e il trattamento dei rifiuti è raramente conforme anche a norme ambientali minime. Dato il basso livello di sicurezza, gli incidenti sono frequenti e i lavoratori che, senza adeguata protezione, entrano in contatto con materiali tossici rischiano conseguenze durature per la salute (4).

2.3.

Il trasferimento delle navi da demolire dai paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo è disciplinato dalle norme internazionali sulla spedizione dei rifiuti, mentre il regolamento comunitario su tali spedizioni vieta l'esportazione di imbarcazioni contenenti materiali pericolosi al di fuori dell'UE. Tuttavia il trasferimento della nave a intermediari marittimi e l'iscrizione in un diverso registro navale possono rendere più difficili le procedure per rintracciare l'effettivo proprietario e stabilire il vero responsabile, ostacolando così l'applicazione della legge e consentendo agli armatori irresponsabili di sottrarsi ai loro obblighi.

2.4.

Il problema può essere in parte risolto accrescendo la capacità di demolizione nell'UE. Pur trattandosi di un'innovazione positiva, verosimilmente applicabile alla flotta militare e in generale a quella di proprietà pubblica, essa riguarderebbe solo una piccola percentuale delle navi da demolire da qui al 2020, il cui peso totale sarà di 105 milioni di LDT (5).

2.5.

Pertanto il Libro verde cerca con urgenza nuove modalità per migliorare gli standard all'insegna della convenienza economica e della completezza, in conformità della legislazione europea e internazionale menzionata sopra.

3.   Sintesi del Libro verde

3.1.

Secondo le conclusioni del Consiglio del novembre 2006 la gestione ecologicamente corretta della demolizione delle navi è una priorità dell'UE. Nel Libro verde sulla politica marittima del giugno 2006 (6) la Commissione ha già esposto la propria posizione, secondo cui la futura politica marittima dell'UE dovrà sostenere iniziative a livello internazionale per raggiungere standard minimi obbligatori per il riciclaggio delle navi e promuovere la creazione di impianti puliti di riciclaggio.

3.2.

Il Libro verde presenta idee nuove su come proseguire ed intensificare il dialogo con gli Stati membri e le parti in causa, nonché preparare il terreno per azioni future; esso inoltre sollecita risposte ad una serie di questioni di fondo che mettono in evidenza i problemi principali.

3.3.

Questo esercizio è principalmente finalizzato alla tutela dell'ambiente e della salute e non intende riportare artificialmente nell'UE una parte delle attività commerciali di riciclaggio, privando così i paesi dell'Asia meridionale di un'importante fonte di reddito e di materiali necessari. L'obiettivo ultimo è quello di pervenire a soluzioni globalmente sostenibili.

3.4.

Attualmente, nel rispetto delle norme di tutela ambientale e di sicurezza è possibile riciclare al massimo 2 milioni di LDT all'anno in tutto il mondo, pari a circa il 30 % della domanda totale di demolizione prevista in anni normali. Gran parte di queste strutture, situate prevalentemente in Cina ma anche in alcuni Stati membri dell'UE, non può offrire gli stessi prezzi per il rottame e deve sostenere costi molto più elevati rispetto ai concorrenti dell'Asia meridionale. Queste strutture, al pari di tutte le altre, si troveranno ben presto sotto pressione, dato che, entro il 2015, sulla scia delle azioni avviate dopo i disastri delle navi Erika e Prestige, saranno tolte dalla circolazione e destinate alla demolizione circa 1 300 petroliere monoscafo (7). Si teme tuttavia che questo importante aumento della quantità di navi demolite comporti il reclutamento di operai meno qualificati e quindi un abbassamento dei livelli di sicurezza e di tutela dell'ambiente. Si prevede che l'attività raggiungerà una punta massima nel 2010, anno in cui dovranno essere demolite circa 800 navi a scafo unico; è quindi urgente intervenire.

3.5.   Il quadro giuridico

La Convenzione di Basilea del 1989 fornisce un quadro giuridico per il controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi e la loro eliminazione. Nel 1997 è stato integrato nella legislazione comunitaria e reso vincolante per gli Stati membri il divieto assoluto di esportazione di rifiuti pericolosi dai paesi OCSE a quelli non OCSE (divieto di Basilea) (8). Tuttavia è difficile applicare tale divieto di esportazione una volta che la nave ha lasciato le acque europee. Nel quadro del progetto di convenzione in discussione in sede OMI sono state proposte ulteriori disposizioni obbligatorie in materia di demolizioni navali, ma è opinione comune che, quando la convenzione entrerà in vigore, il periodo di massima intensità dell'attività di smantellamento sarà già concluso da tempo.

3.6.   Considerazioni economiche riguardo alla demolizione di navi

Attualmente la grande maggioranza delle navi viene demolita in Asia meridionale a causa dei vantaggi derivanti da vari fattori economici, i più importanti dei quali sono i seguenti:

disposizioni in materia di gestione dei rifiuti, salute e sicurezza meno vincolanti o disattese,

costo del lavoro sensibilmente minore: dato che la demolizione effettuata sulle spiagge non consente di usare macchinari pesanti, il lavoro manuale rimane una componente importante dei costi,

l'afflusso di navi da demolire è vario e irregolare; le navi vengono solitamente ritirate dal servizio quando i noli sono modesti; esse variano inoltre considerevolmente per struttura e composizione,

nei paesi OCSE il mercato dell'acciaio usato e delle attrezzature navali di seconda mano è praticamente inesistente a causa dei requisiti normativi.

In sostanza la Commissione precisa che i mercati dell'Asia meridionale funzionano a causa dell'estrema esternalizzazione dei costi, la quale crea però condizioni sociali e ambientali molto problematiche.

3.7.   Ripercussioni in campo ambientale e sociale

L'attività di demolizione avviene principalmente su spiagge aperte, dove mancano del tutto le attrezzature di contenimento, ritrattamento ed eliminazione dei rifiuti. Una gran varietà di sostanze dannose per l'ambiente si riversa nel suolo, nella sabbia e in mare, mentre la combustione di vernici e di rivestimenti in plastica inquina l'aria. Di frequente si verificano esplosioni che causano vittime, il tasso di incidenti è elevato e le misure di sicurezza appaiono del tutto inadeguate. I lavoratori sono soggetti a malattie croniche irreversibili: per fornire un esempio, circa il 16 % dei lavoratori del sito di demolizione di Alang (India) a contatto con l'amianto soffre di asbestosi. Negli ultimi 20 anni in Bangladesh più di 400 lavoratori sono rimasti uccisi e 6 000 hanno riportato gravi ferite (9).

3.8.   Analisi della situazione internazionale

Dal 2005 l'OMI, insieme con l'OIL e l'UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente), sta elaborando un regime internazionale vincolante per la rottamazione pulita delle navi. Attualmente sono in corso i negoziati per un progetto di convenzione, che dovrebbe essere adottato nel 2009, ma entrerà in vigore solo qualche anno più tardi. Per il momento tale progetto non prende in considerazione le navi da guerra e quelle di proprietà pubblica. Rimangono ancora da definire alcune questioni riguardanti le norme esterne all'OMI, i criteri di riferimento per gli impianti di riciclaggio di navi, i requisiti in materia di rendiconto, comprese le notifiche tra Stati, e i meccanismi di garanzia della conformità. A giudizio della Commissione è improbabile che la convenzione proposta garantisca un livello di controllo, applicazione e protezione equivalente a quello offerto dalla Convenzione di Basilea.

3.9.   Soluzioni internazionali

Il Libro verde lascia intendere che nel medio-lungo periodo la scelta migliore consista nel sostenere la convenzione dell'OMI in corso di elaborazione. Esprime tuttavia la preoccupazione che la convenzione non sia abbastanza forte e che essa arriverà troppo tardi per risolvere il problema delle petroliere monoscafo messe fuori esercizio. Quest'ultimo problema richiederebbe una soluzione provvisoria. La Commissione formula pertanto alcune opzioni per migliorare la gestione europea delle demolizioni navali, opzioni definite in maniera da completarsi a vicenda al fine di sostenere gli sforzi a livello internazionale; si tratta di una questione urgente, dato che nei prossimi anni sarà avviato alla demolizione un numero particolarmente elevato di navi a fine ciclo di vita.

3.10.   Miglior rispetto della normativa UE sulle spedizioni di rifiuti

Oltre a una migliore cooperazione tra Stati membri e all'elaborazione di orientamenti supplementari riguardo alla definizione dei rifiuti e degli impianti di riciclaggio ammissibili, ciò comporta una migliore applicazione della normativa da parte delle autorità competenti in materia di spedizioni di rifiuti e delle autorità portuali degli scali marittimi europei, in particolare per quanto riguarda le navi che hanno superato una certa età (ad esempio 25 anni) o che si sospetta siano destinate alla demolizione. Occorre inoltre migliorare la rintracciabilità delle navi a fine ciclo di vita e la cooperazione con i paesi terzi che hanno un ruolo particolarmente importante (ad esempio l'Egitto a causa del Canale di Suez). La Commissione propone inoltre di dedicare particolare attenzione alla demolizione delle navi da guerra e di altre navi di proprietà pubblica.

3.11.   Potenziare la capacità di demolizione dell'UE

Dal momento che la capacità di demolizione nell'UE e in altri paesi OCSE (specialmente la Turchia) è appena sufficiente per le navi da guerra e altre navi di proprietà pubblica che saranno messe fuori servizio nei prossimi 10 anni, vi sarà un grave deficit di capacità di demolizione accettabile per il prossimo futuro. Tuttavia, gli impianti «verdi» quali esistono attualmente non possono competere con i rottamatori dell'Asia meridionale. Fintantoché non saranno applicate efficaci misure internazionali che servano a creare condizioni uniformi per tutti, la Commissione raccomanda di concentrare l'azione sulle navi di proprietà pubblica. Gli Stati membri, per agire, come è loro dovere, in maniera esemplare nel campo della rottamazione di navi militari, potrebbero garantire l'utilizzazione di impianti di rottamazione «verdi». Inoltre, se si inseriscono clausole che prevedono la rottamazione a fine ciclo in tutti gli accordi di vendita di navi militari a paesi non comunitari, si può estendere in misura adeguata questa responsabilità.

3.11.1.

Per la flotta mercantile — le cui dimensioni sono ben più importanti — occorrono iniziative per modificare le prassi attualmente in uso nel settore. Si potrebbe per esempio introdurre, come viene specificato più sotto, un sistema di finanziamento grazie al quale gli armatori e altri soggetti contribuiscono alla demolizione sicura ed ecocompatibile delle navi in tutto il mondo.

3.12.   Assistenza tecnica e trasferimento di tecnologie e di buone prassi ai paesi che si occupano del riciclaggio

Malgrado i seri svantaggi sociali ed ambientali, la demolizione di navi fornisce un contributo vitale allo sviluppo economico di alcuni paesi dell'Asia meridionale. È dunque necessario valutare l'opportunità di migliorare gli impianti esistenti in tali paesi attraverso l'assistenza tecnica e una regolamentazione più appropriata. Si riconosce tuttavia che esiste una forte interrelazione tra l'assenza o la mancata applicazione di regole elementari di sicurezza sul lavoro e di protezione dell'ambiente, da un lato, e la povertà strutturale e problemi sociali e giuridici diversi, dall'altro. Se si vuole ottenere un cambiamento sostenibile, qualunque forma di assistenza dovrà inserirsi in un contesto più vasto.

3.13.   Incentivare le iniziative volontarie

Gli armatori possono garantire meglio di chiunque altro che le navi vengano smantellate in condizioni di sicurezza; esistono infatti esempi positivi di accordi volontari tra armatori europei e cantieri di demolizione, incentrati sulla fornitura di aiuti per migliorare le strutture. A breve termine sarà utile anche promuovere codici di condotta e accordi volontari, accompagnati da riconoscimenti e certificati, in un'ottica generale di responsabilità sociale delle imprese (10). Una pratica contabile socialmente responsabile e degli accordi volontari ben congegnati possono essere efficaci e costituiscono il sistema più rapido per mettere a segno dei miglioramenti. Se successivamente risulta che l'impegno assunto non viene poi rispettato nella pratica, può essere comunque necessario ricorrere alla legislazione.

3.14.   Finanziamenti per la demolizione di navi

Si sta attualmente valutando se prevedere un sostegno finanziario diretto agli impianti puliti di demolizione navale nell'UE o agli armatori che inviano le loro navi a cantieri «verdi» per lo smantellamento integrale o per la decontaminazione. Viene sottolineato che tale sostegno avrebbe un costo elevato e sarebbe probabilmente in contrasto con il principio per cui «chi inquina paga». Il Libro verde raccomanda pertanto di introdurre nella prassi ordinaria il computo, tra i costi di esercizio delle navi, delle spese di demolizione sostenibile a fine ciclo di vita.

3.14.1.

Un altro provvedimento utile potrebbe consistere nell'istituzione, da parte dell'OMI, di un fondo di demolizione sostenibile, come elemento obbligatorio nell'ambito del nuovo regime internazionale di demolizione delle navi. Esiste il precedente dei fondi per l'inquinamento da idrocarburi, previsti dalla Convenzione Marpol.

3.15.   Altre possibilità

Numerose altre misure potrebbero rivelarsi utili per favorire il processo di ammodernamento dell'industria della demolizione navale, sia a breve che a medio termine. Si tratta in sostanza di:

a)

normative UE, riguardanti in particolare le petroliere monoscafo;

b)

razionalizzazione degli aiuti all'industria marittima, subordinandoli ad una rottamazione ecologica;

c)

istituzione di un sistema europeo di certificazione della demolizione navale «pulita» e riconoscimenti per attività esemplari di riciclaggio ecologico;

d)

intensificazione delle attività internazionali di ricerca sulla demolizione navale.

4.   Osservazioni generali

4.1.

Gran parte dell'attività di riciclaggio delle navi avviene in condizioni incompatibili con le norme riconosciute a livello internazionale in materia di sicurezza e di salute sul lavoro, nonché di protezione dell'ambiente.

4.2.

L'UE deve garantire che le precauzioni da essa stessa imposte in termini di sicurezza del trasporto marittimo, ad esempio per le petroliere monoscafo, non si traducano in un mero trasferimento del danno ai paesi in via di sviluppo. Occorre invece applicare nella sua totalità il regolamento sulle spedizioni di rifiuti, che ha fatto propri i principi della Convenzione di Basilea, compreso l'emendamento che introduce il divieto assoluto di esportare rifiuti pericolosi.

4.3.

In aggiunta all'assistenza tecnica e finanziaria volta a migliorare le condizioni degli impianti di demolizione nei paesi in via di sviluppo, bisognerà fornire anche finanziamenti per la decontaminazione del suolo e dell'acqua e la correzione degli altri danni causati da un'attività incontrollata di demolizione. Va tuttavia sottolineato che i problemi endemici dei paesi in via di sviluppo non possono essere risolti promuovendo esclusivamente l'avanzamento tecnico.

4.4.

Il CESE condivide le preoccupazioni della Commissione in questo campo e ne approva l'impostazione, che prevede il ricorso ad una vasta gamma di misure. Data l'urgenza di migliorare gli impianti e le condizioni, specie nel Bangladesh, bisognerebbe anzitutto stabilire con urgenza quali siano le forme di assistenza, le regolamentazioni e gli incentivi più efficaci, in modo da poter definire delle proposte in un Libro bianco e avviare un'adeguata valutazione di impatto. Il settore della marina mercantile riconosce inoltre l'esigenza di migliorare le norme in materia di salute e sicurezza nei cantieri di demolizione di tutto il mondo (11), e confida nel ruolo che l'UE può svolgere in tal senso, nonché nella sua capacità di influire sull'OMI.

5.   Osservazioni specifiche

5.1.

Ai fini della chiarezza e della concisione, le osservazioni specifiche del presente parere sono state sintetizzate in proposte concrete di azione e figurano, sotto forma di conclusioni e raccomandazioni, all'inizio del documento (dal punto 1.1 al punto 1.12).

Bruxelles, 13 dicembre 2007.

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Commissione europea, DG ENV: Ship Dismantling and Pre-cleaning of Ships (Smantellamento e pulitura preliminare delle navi), relazione finale, giugno 2007.

(2)  Membri di ICS (Institute of Chartered Shipbroker), BIMCO, ESCA, Intertanko, Intercargo.

(3)  GU C 168 del 20.7.2007, pag. 50.

(4)  Relazione (2005) sui lavoratori addetti alle demolizioni navali, dell'organizzazione Young Power in Social Action (YPSA).

(5)  Commissione europea, DG ENV: Ship Dismantling and Pre-cleaning of Ships (Smantellamento e pulitura preliminare delle navi), relazione finale, giugno 2007.

(6)  COM(2006) 275 def. del 7 giugno 2006.

(7)  Regolamento (CE) n. 417/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 febbraio 2002, sull'introduzione accelerata delle norme in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente per le petroliere monoscafo e che abroga il regolamento (CE) n. 2978/94 del Consiglio.

(8)  Regolamento (CEE) n. 259/93 del Consiglio, del 1o febbraio 1993, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all'interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio, successivamente modificato, GU L 30 del 6.2.1993, pag. 1.

(9)  Relazione (2005) sui lavoratori addetti alle demolizioni navali, dell'organizzazione Young Power in Social Action (YPSA).

(10)  Cfr. per esempio il codice di condotta in materia di riciclaggio (www.marisec.org/recycling) elaborato dall'organizzazione per la sicurezza marittima Marisec e dall'Associazione degli armatori dell'UE.

(11)  Riciclaggio delle navi — Orientamenti per il futuro, BIMCO, ECSA, Intertanko, Intercargo.