Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Portare avanti l’agenda di modernizzazione delle università - Istruzione, ricerca e innovazione /* COM/2006/0208 def. */
[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE | Bruxelles, 10.5.2006 COM(2006) 208 definitivo COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO PORTARE AVANTI L’AGENDA DI MODERNIZZAZIONE DELLE UNIVERSITÀ: ISTRUZIONE, RICERCA E INNOVAZIONE COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO[1] PORTARE AVANTI L’AGENDA DI MODERNIZZAZIONE DELLE UNIVERSITÀ: ISTRUZIONE, RICERCA E INNOVAZIONE Introduzione La modernizzazione delle università europee[2], con i loro ruoli correlati di istruzione, ricerca e innovazione, è riconosciuta non solo quale condizione essenziale per il successo della più ampia strategia di Lisbona, ma anche quale elemento della tendenza generalizzata a passare ad un’economia sempre più globale e basata sulla conoscenza. I principali punti sull’agenda del cambiamento sono stati identificati[3] e ad essi il Consiglio europeo ha conferito un ulteriore impulso: nella riunione informale di Hampton Court dell’ottobre 2005, la R&S e le università sono state definite le basi della competitività europea; il Consiglio europeo di primavera del 2006 si è trovato d’accordo sulla necessità di una più intensa azione a livello europeo per portare avanti questa agenda nelle università e nel mondo della ricerca e attuarla entro la fine del 2007 nel contesto del rinnovato partenariato per la crescita e l’occupazione[4]. Nei programmi nazionali di riforma basati sugli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione[5], gli Stati membri fanno in generale riferimento a tali tematiche ma pochi di essi vi riconoscono una priorità nazionale. Tali cambiamenti però sono necessari per rigenerare la strategia propria dell’Europa evitando di copiare modelli di importazione. Tali cambiamenti servono anche a rafforzare il ruolo delle università nella società in un’Europa culturalmente e linguisticamente diversificata. A tal fine, parallelamente alle precipue radici, locali, regionali e nazionali, delle università, il quadro europeo acquista una sempre maggiore importanza. La dimensione europea offre vantaggi potenziali di scala, una maggiore diversità e ricchezza intellettuale delle risorse nonché maggiori opportunità di cooperazione e di competizione tra istituzioni. Al proposito la Commissione ha già proposto la creazione dell’Istituto europeo di tecnologia (IET)[6] che è stata salutata dal Consiglio europeo della primavera 2006 quale iniziativa nuova volta in modo specifico ad affrontare tali sfide. Il nuovo istituto può contribuire a migliorare la capacità dell'Europa nel campo dell’istruzione scientifica, della ricerca e dell’innovazione, fornendo nel contempo un modello innovativo per ispirare e dare impulso al cambiamento nelle università esistenti, in particolare incoraggiando la multidisciplinarità e sviluppando i forti partenariati con il mondo dell’economia che ne assicureranno l’efficacia. Ovviamente, il solo IET non può rappresentare l'unica soluzione nella strategia volta a modernizzare le università europee. La presente comunicazione trae origine dal dialogo[7] che la Commissione europea ha avviato negli ultimi anni con gli Stati membri e con il mondo accademico e scientifico. I suoi contenuti sono stati anche discussi con diversi esperti (cfr. l’allegato 2) che hanno recato la loro consulenza personale alla Commissione. LE SFIDE FUTURE …. Con 4.000 istituzioni, più di 17 milioni di studenti e circa 1,5 milioni di organico – di cui 435.000 ricercatori[8] - le università europee hanno un potenziale enorme , ma che non è valorizzato appieno e non viene usato efficacemente per coadiuvare l'Europa nella sua aspirazione di pervenire a una maggiore crescita e un maggior numero di posti di lavoro. Gli Stati membri tengono in alta considerazione le loro università e molti hanno tentato di “preservarle” a livello nazionale mediante strumenti dettagliati che si traducono in forme di organizzazione, di controllo, di microgestione e infine, nell’imposizione di un grado indesiderabile di uniformità. Questa spinta all’uniformità ha prodotto in generale buoni risultati medi, ma ha aumentato la frammentazione del settore in sistemi e sottosistemi nazionali di dimensioni per lo più ridotte. Ciò rende la cooperazione difficile a livello nazionale, per non parlare di quello europeo e internazionale, e impone condizioni che impediscono alle università di diversificare e di concentrarsi sulla qualità. Inoltre, la maggior parte delle università tendono a offrire gli stessi corsi allo stesso gruppo di giovani studenti dalle buone qualifiche accademiche e non si aprono ad altri tipi di apprendimento e di discenti, ad esempio, corsi non di laurea destinati ad adulti o corsi integrativi (gap course) per studenti che non hanno seguito un percorso formativo tradizionale. Ciò non ha solo ostacolato l’accesso ai gruppi sociali svantaggiati e impedito che vi fossero tassi di iscrizione più elevati, ma ha anche rallentato l’innovazione curriculare e didattica (ad es. per quanto concerne l’imprenditorialità[9]), ha impedito l’offerta di opportunità di formazione/riqualificazione per accrescere i livelli di abilità e di competenza tra la forza lavoro e ha contribuito a cronicizzare il divario tra le qualifiche dei laureati e i fabbisogni del mercato del lavoro. In molti Stati membri la disoccupazione dei laureati ha livelli inaccettabilmente alti. Inoltre, regolamenti amministrativi ostacolano ancora la mobilità accademica a fini di studio, ricerca, formazione o lavoro in un altro paese. Le procedure per il riconoscimento delle qualifiche a fini accademici sono, nel migliore dei casi, lunghe, nel peggiore, il mancato riconoscimento e la scarsa trasferibilità delle borse di studio/dei prestiti nazionali o dei diritti a pensione impediscono agli studenti, ai ricercatori e agli studiosi di avvalersi appieno delle opportunità che si offrono negli altri Stati membri. Le università devono anche accettare il fatto che la ricerca non è più un'attività isolata e che dai ricercatori individuali di una volta si è passati ora a gruppi o reti globali di ricerca. I problemi scientifici tendono a travalicare la tradizionale strutturazione nelle varie discipline: la ricerca di punta viene portata avanti sempre più spesso nella zona di interfaccia tra discipline accademiche o in contesti multidisciplinari. Gli ambienti di ricerca delle università sono più competitivi e globalizzati e richiedono una maggiore interazione. In tale contesto tuttavia molte università europee ancora sottostimano i benefici potenziali che deriverebbero da una condivisione delle conoscenze con il mondo dell'economia e con la società in generale, mentre a sua volta l’industria non ha sviluppato una sufficiente capacità di assorbimento per valorizzare le potenzialità della ricerca basata in ambito universitario. Di conseguenza, permane difficoltosa la fertilizzazione incrociata con il mondo dell’economia e della società in generale. La mancanza di apertura al mondo imprenditoriale la si vede anche nelle scelte lavorative di coloro che detengono un dottorato e che tendono a trascorrere la loro intera carriera in ambiti accademici o nelle imprese, ma non in qualità di imprenditori. Problemi strutturali e culturali come questi sono esasperati dalle enormi carenze di finanziamenti di cui risentono le università nel loro duplice compito di istruzione e di ricerca. Se è vero che si è registrata una crescita positiva per quanto concerne le iscrizioni degli studenti, a ciò non ha corrisposto un aumento del finanziamento pubblico. Inoltre le università in Europa non sono state in grado di colmare la differenza attingendo a fonti private. La differenza media sul piano delle risorse sia per le attività di ricerca che per quelle di istruzione, rispetto alle controparti degli USA, è di circa 10 000 EUR per studente/anno[10]. Nel contempo un’istruzione e una ricerca di alta qualità stanno diventando più costose e, in un momento di restrizioni che gravano sulle finanze pubbliche, le autorità pubbliche pongono condizioni sempre più restrittive al loro sostegno della ricerca universitaria. Per il futuro, sembra probabile che il grosso delle risorse necessarie per colmare il deficit di finanziamento dovrà provenire da fonti non pubbliche. In parole povere le università europee non sono attualmente in grado, sotto molti aspetti, di realizzare le loro potenzialità . Ne consegue che si trovano arretrate nella crescente competizione internazionale volta ad attirare gli studiosi e gli studenti di maggiore talento e non riescono a tenere il passo con l’agenda della ricerca in rapido mutamento né a generare la massa critica, l’eccellenza e la flessibilità che sono condizioni necessarie per il successo. Queste carenze sono aggravate da una combinazione di eccessivo controllo pubblico e di finanziamenti insufficienti. L’Europa ha bisogno di università in grado di far leva sui loro punti forti e di differenziare le loro attività sulla base di tali punti forti . Se è vero che tutte le istituzioni condividono certi valori e compiti comuni, non tutte devono attribuire lo stesso peso all’istruzione e alla ricerca, avere lo stesso approccio alla ricerca e alla formazione per la ricerca, né lo stesso mix di servizi e di discipline accademiche. Quello della ricerca dovrebbe rimanere un compito fondamentale dei sistemi nel loro complesso, ma non necessariamente di tutte le istituzioni. Ciò consentirebbe di far emergere un sistema articolato di cui farebbero parte istituzioni di ricerca di fama mondiale ma anche reti di ottime università e istituti nazionali e regionali che forniscano anche diplomi brevi di istruzione tecnica. Un simile sistema mobiliterebbe il grande serbatoio di conoscenze, talenti ed energie all’interno delle università e meriterebbe –oltre ad essere in grado di generarli – i maggiori investimenti necessari per reggere il confronto con le migliori controparti nel mondo. …. E I CAMBIAMENTI NECESSARI Per realizzare tutto ciò gli Stati membri devono creare le condizioni necessarie per consentire alle università di migliorare la loro resa, di modernizzarsi e di diventare più competitive – in breve, diventare protagoniste della propria rinascita e svolgere appieno la loro parte nella creazione della società basata sulla conoscenza enunciata nella strategia di Lisbona. Da discussioni a livello europeo emerge una crescente disponibilità a modernizzare i sistemi e, per l’essenziale, l’agenda che si riporta qui di seguito non è oggetto di contestazione. Spetta in primo luogo agli Stati membri e alle università prendere l’iniziativa. Alla luce dei dibattiti nel merito e tenendo conto delle specificità europee la Commissione suggerisce che i seguenti cambiamenti costituirebbero la chiave per il successo. ABBATTERE LE BARRIERE ATTORNO ALLE UNIVERSITÀ IN EUROPA La mobilità geografica e intersettoriale deve crescere sostanzialmente . La proporzione di laureati che hanno trascorso almeno un semestre all’estero o che hanno fatto un tirocinio nell’industria dovrebbe almeno raddoppiare. Ciò vale ancora di più per i ricercatori. Tutte le forme di mobilità andrebbero esplicitamente incoraggiate quale fattore di arricchimento per tutti gli studi a tutti i livelli (compresa la formazione alla ricerca a livello di dottorato), ma anche quale fattore utile di progressione nella carriera a livello di ricercatori e personale delle università. Le borse di studio/i prestiti nazionali dovrebbero essere pienamente trasferibili all’interno dell’UE. La piena trasferibilità dei diritti a pensione unitamente alla rimozione di altri ostacoli alla mobilità professionale, internazionale e intersettoriale è necessaria per incoraggiare il personale accademico e i ricercatori alla mobilità e quindi all’innovazione. Dai lavori condotti nel contesto del processo di Bologna emerge una convergenza quanto alla struttura e alla lunghezza dei programmi di laurea; tuttavia, ciò non basta di per sé a creare le condizioni per una maggiore mobilità intrauniversitaria. Si dovrebbe compiere un grande sforzo per realizzare entro il 2010 in tutti i paesi dell’UE il nucleo delle riforme di Bologna : qualifiche comparabili (ciclo breve, laurea, master, dottorato); curriculi flessibili e modernizzati a tutti i livelli che corrispondano alle esigenze del mercato del lavoro, nonché sistemi affidabili di garanzia di qualità. Ciò richiede incentivi mirati da parte delle autorità nazionali responsabili per realizzare una reale adesione alla riforma e non solo un’ottemperanza superficiale a norme imposte. In determinate discipline o professioni i curricoli andrebbero rinnovati, guardando a quanto avviene altrove in Europa e prendendo ispirazione dalle pratiche ottimali. La recente direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali[11] ha semplificato e accelerato il riconoscimento delle qualifiche per l’esercizio di una professione al di là delle frontiere nazionali. Le procedure per il riconoscimento accademico andrebbero anch’esse rivedute per assicurare risultati più rapidi e più prevedibili (in particolare pubblicando le politiche di riconoscimento applicate dalle università): come nel caso del riconoscimento professionale, la Commissione suggerisce che nessuna persona che chieda il riconoscimento dovrebbe aspettare più di 4 mesi una decisione in merito ai suoi titoli accademici . ASSICURARE UNA REALE AUTONOMIA E RESPONSABILITÀ DELLE UNIVERSITÀ Le università non potranno diventare innovative o ricettive nei confronti del cambiamento a meno che non ricevano piena autonomia e responsabilità. Gli Stati membri dovrebbero disciplinare il settore universitario nel suo complesso mediante un quadro di regole generali, di obiettivi politici, di meccanismi di finanziamento e di incentivi per le attività di istruzione, ricerca e innovazione. Quale contropartita per il fatto di essere state liberate da un’eccessiva regolamentazione e dall’onere della microgestione, le università dovrebbero accettare la piena responsabilità istituzionale nei confronti della società per quanto concerne i loro risultati. Ciò richiede nuovi sistemi di governance interna basati su priorità strategiche e su una gestione professionale delle risorse umane, degli investimenti e delle procedure amministrative. Ciò imporrebbe anche alle università di superare la loro frammentazione in facoltà, dipartimenti, laboratori e unità amministrative e di concentrare i loro sforzi collettivi su priorità istituzionali di ricerca, insegnamento e servizi. Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare e premiare le capacità di management e di leadership all’interno delle università. Lo si potrebbe fare istituendo organismi nazionali consacrati alla formazione alla gestione e alla leadership in ambito universitario attingendo alle esperienze già esistenti nella materia. INCENTIVARE I PARTENARIATI STRUTTURATI CON IL MONDO DELL’ECONOMIA Se è vero che, da un lato, la missione pubblica e il mandato generale d’ordine sociale e culturale delle università europee va preservato, esse dovrebbero però, d’altro canto, diventare sempre più attori significativi nel mondo dell’economia, in grado di rispondere meglio e più celermente alle esigenze del mercato e di sviluppare partenariati atti a valorizzare le conoscenze scientifiche e tecnologiche. Ciò implica il riconoscimento che la loro correlazione con il mondo dell’economia riveste un’importanza strategica e fa parte delle loro responsabilità al servizio dell’interesse pubblico. Partenariati strutturati con il mondo imprenditoriale (comprese le PMI) darebbero alle università opportunità di migliorare la condivisione dei risultati della ricerca, i diritti di proprietà intellettuale, i brevetti e le licenze (ad esempio con l’avvio di imprese annesse all’università o con la creazione di parchi scientifici). Tali partenariati possono anche accrescere la pertinenza dei programmi di istruzione e formazione realizzando collocamenti di studenti e di ricercatori nelle imprese e per migliorare le prospettive di carriera dei ricercatori in tutti i momenti della loro carriera aggiungendo capacità imprenditoriali alle loro conoscenze scientifiche. I legami con il mondo dell'industria possono recare fonti addizionali di finanziamento, ad esempio per espandere la capacità di ricerca o fornire corsi di riqualificazione, oltre ad accrescere l’impatto che la ricerca universitaria può avere sulle PMI e sull’innovazione regionale. Per realizzare tali benefici gran parte delle università avrà bisogno di un sostegno esterno per apportare i necessari cambiamenti organizzativi e formare lo spirito imprenditoriale e le abilità manageriali richiesti. A tal fine si può ricorrere a “cluster per la creazione e il trasferimento di conoscenze” a livello locale o a passerelle con il mondo imprenditoriale, iniziative congiunte di ricerca o uffici per il trasferimento delle conoscenze che fungano da interfaccia con gli operatori economici locali/regionali. Ciò implica anche che lo sviluppo di abilità imprenditoriali, manageriali e di innovazione dovrebbe diventare parte integrante dell’istruzione dei laureati, della formazione alla ricerca e delle strategie di formazione permanente per il personale universitario. FORNIRE IL GIUSTO MIX DI ABILITÀ E COMPETENZE PER IL MERCATO DEL LAVORO Le università sono attrezzate per svolgere un ruolo vitale ai fini dell’obiettivo di Lisbona di dotare l’Europa delle abilità e competenze necessarie per affermarsi con successo in un’economia globalizzata, basata sulla conoscenza. Per superare il persistente divario tra le qualifiche dei laureati e le esigenze del mercato del lavoro, i programmi universitari andrebbero strutturati in modo da accrescere direttamente l'occupabilità dei laureati e da offrire un più ampio sostegno alla forza lavoro in generale. Le università dovrebbero offrire curricoli, metodi didattici e programmi di formazione/riqualificazione innovativi in cui abilità più ampie finalizzate all'occupazione siano impartite parallelamente a quelle più specifiche delle singole discipline. Tirocini nell’industria con la possibilità di acquisire crediti dovrebbero essere integrati nei curricoli. Ciò si applica a tutti i livelli di istruzione, vale a dire ai programmi a ciclo breve, di laurea, di master e di dottorato. Ciò comporta anche l’offerta di corsi non di laurea agli adulti, ad esempio corsi di riqualificazione e integrativi per gli studenti che non abbiano seguito un percorso formativo tradizionale. Quest’impostazione dovrebbe andare al di là delle esigenze del mercato del lavoro in modo da stimolare la mentalità imprenditoriale tra gli studenti e i ricercatori. A livello di dottorato questo significa che i candidati che aspirino ad una carriera professionale nel campo della ricerca dovrebbero acquisire abilità in materia di gestione della ricerca e della proprietà intellettuale, comunicazione, costituzione di reti, imprenditorialità e lavoro di gruppo oltre alla formazione nelle tecniche della ricerca. Più in generale, le università devono cogliere in modo più diretto le sfide e le opportunità presentate dall’ agenda dell’educazione permanente . L’educazione permanente rappresenta una sfida in quanto richiederà alle università di essere più aperte e di fornire corsi agli studenti anche nelle fasi ulteriori della loro vita. Ciò presenta un’opportunità alle università che altrimenti rischierebbero nei prossimi anni di veder diminuire il numero di iscrizioni di studenti che arrivano direttamente dalla scuola a causa del cambiamento demografico. In sintesi, se l’inserimento dei laureati sul mercato del lavoro costituisce una responsabilità condivisa con i datori di lavoro, le associazioni di categoria e i governi, il successo sul mercato del lavoro dovrebbe essere usato quale uno tra i tanti indicatori della qualità delle università e se ne dovrebbe dare debito riconoscimento e ricompensa nell’ambito dei sistemi di regolamentazione, finanziamento e valutazione. RIDURRE IL DEFICIT DI FINANZIAMENTO E ASSICURARE UNA MAGGIORE EFFICACIA DEI FINANZIAMENTI NELL'ISTRUZIONE E NELLA RICERCA Considerato il ruolo importante delle università nella ricerca europea l’obiettivo dell'UE di investire il 3% del PIL nella R&S entro il 2010 comporta un maggiore investimento nella ricerca universitaria[12]. Come già evocato nella sua relazione annuale in merito alla strategia di Lisbona[13], la Commissione propone che l’UE debba anche porsi l’obiettivo, entro un decennio, di consacrare almeno 2% del PIL [14] (compresi i finanziamenti sia pubblici che privati) ad un settore modernizzato dell’istruzione superiore. Da studi effettuati dall’OCSE, ad esempio, emerge che il denaro speso per ottenere qualifiche universitarie produce dei ritorni superiori ai tassi di interesse reali.[15] I sistemi di aiuto agli studenti tendono oggi a essere insufficienti per assicurare parità di accesso e di opportunità agli studenti provenienti da contesti svantaggiati. Ciò vale anche per i casi in cui è garantita la libertà di accesso che di per sé non è necessariamente garanzia di equità sociale. Gli Stati membri dovrebbero perciò esaminare criticamente il loro attuale mix di tasse d’iscrizione e di sistemi di aiuti alla luce della loro efficienza ed equità reali . Non è possibile raggiungere l’eccellenza nell’insegnamento e nella ricerca se le origini socioeconomiche costituiscono una barriera all’accesso all’università o a carriere nel campo della ricerca. Le università dovrebbero ricevere finanziamenti più per quanto fanno che per quello che sono, i finanziamenti dovrebbero tener conto dei risultati prodotti piuttosto che degli input ed essere adattati alla diversità dei profili istituzionali[16]. Le università dovrebbero assumersi maggiori responsabilità in merito alla loro sostenibilità finanziaria di lungo periodo, in particolare per la ricerca: ciò impone una diversificazione proattiva dei loro portfolio di finanziamento della ricerca mediante la collaborazione con le imprese (anche sotto forma di consorzi transfrontalieri), le fondazioni e altre fonti private. Ciascun paese dovrebbe quindi trovare il giusto equilibrio tra finanziamento di base, finanziamento competitivo e finanziamento basato sui risultati (corroborato da una valida assicurazione di qualità) per l’istruzione superiore e la ricerca universitaria. Il finanziamento competitivo dovrebbe basarsi sui sistemi di valutazione istituzionale e su indicatori diversificati di rendimento con obiettivi chiaramente definiti e indicatori convalidati in base a riscontri internazionali sia per quanto riguarda gli input che per gli output economici e sociali. ACCRESCERE L’INTERDISCIPLINARITÀ E LA TRANSDISCIPLINARITÀ Le università dovrebbero essere in grado di riconfigurare i loro programmi di insegnamento e di ricerca per cogliere le opportunità offerte da nuovi sviluppi negli ambiti esistenti e da nuove linee emergenti di indagine scientifica. Ciò richiede che ci si concentri meno su singole discipline scientifiche e maggiormente su ambiti di ricerca (ad es. energia verde, nanotecnologie), correlandoli maggiormente con ambiti complementari o apparentati (comprese le scienze umane, le scienze sociali, le abilità imprenditoriali e manageriali) oltre a incoraggiare l’interazione tra studenti, ricercatori e gruppi di ricerca grazie a una maggiore mobilità tra discipline, settori e ambiti di ricerca. Tutto ciò richiede nuovi approcci istituzionali e organizzativi in materia di gestione del personale, criteri di valutazione e di finanziamento, insegnamento e curricoli e, soprattutto, ricerca e formazione alla ricerca. È necessario prendere atto delle implicazioni della inter- e transdisciplinarità e tenerne conto non solo ad opera delle università e degli Stati membri, ma anche delle associazioni di categoria e dei finanziatori, che continuano per lo più a basarsi su meccanismi tradizionali, monodisciplinari, per quanto concerne le valutazioni, le strutture e i finanziamenti. A TTIVARE LE CONOSCENZE MEDIANTE L’INTERAZIONE CON LA SOCIETÀ La società si basa sempre di più sulle conoscenze e le conoscenze sostituiscono le risorse fisiche quale motore principale della crescita economica. Le università devono perciò rendere chiara la pertinenza delle loro attività, soprattutto quelle legate alla ricerca, condividendo le conoscenze con la società e rafforzando il dialogo con tutti gli interessati . Si avverte la necessità della comunicazione tra gli specialisti scientifici e i non addetti ai lavori, ma questa dimensione comunicativa è spesso assente. Le università devono perciò manifestare un impegno molto più chiaro nei confronti delle opportunità di educazione permanente, ma anche di un’ampia strategia della comunicazione basata su conferenze, azioni porte aperte, collocamenti, tribune di discussione, dialoghi strutturati con gli ex studenti e i cittadini in generale e con gli attori locali/regionali. Una collaborazione con i precedenti cicli di istruzione formale e non formale e con le imprese (comprese le PMI e altre piccole entità) svolgerà un ruolo al proposito. Questa interazione col mondo esterno farà gradualmente sì che le attività delle università in generale e le loro agende di istruzione, formazione e ricerca in particolare siano più pertinenti ai bisogni dei cittadini e della società nel suo complesso. Ciò aiuterà le università a promuovere le loro diverse attività e a convincere la società, i governi e il settore privato che vale la pena investire in esse. PREMIARE L’ECCELLENZA AL MASSIMO LIVELLO L’eccellenza emerge dalla competizione e si sviluppa essenzialmente a livello di facoltà/dipartimento – poche università raggiungono l’eccellenza attraverso un ampio spettro di ambiti disciplinari. Una maggiore competizione combinata con una maggiore mobilità e un’ulteriore concentrazione di risorse dovrebbe consentire alle università e ai loro partner industriali di offrire un ambiente di lavoro più aperto e più stimolante agli studenti e ricercatori di maggior talento, fatto questo che renderebbe le università più attraenti agli europei come anche ai cittadini di paesi terzi. Le università devono essere in grado di attirare i migliori studiosi e ricercatori, di reclutarli con procedure flessibili, aperte e trasparenti, di garantire piena indipendenza di ricerca ai ricercatori capo/capi gruppo e di offrire al personale interessanti prospettive di carriera[17]. La ricerca dell’eccellenza richiede anche che gli Stati membri riesaminino le opportunità che forniscono a livello di master, dottorato e post-dottorato, compreso il mix di discipline e di abilità interessate. Le opportunità di post-dottorato continuano ancora ad essere trascurate o risentono di una focalizzazione troppo ristretta. In questo ambito occorre introdurre cambiamenti di grande portata. Le singole università dovrebbero identificare gli ambiti specifici in cui sono in grado di raggiungere l’eccellenza e concentrarsi su di essi. A livello europeo, l’eccellenza nelle istituzioni di laurea/dottorato dovrebbe essere incoraggiata costituendo reti tra quelle che soddisfano certi criteri chiave: massa critica, trans- e interdisciplinarità, forte dimensione europea, appoggio delle autorità pubbliche e dell’industria, ambiti di eccellenza identificati e riconosciuti, offerta di opportunità post-dottorato, adeguata garanzia di qualità, ecc. In tale contesto due iniziative rafforzeranno in particolare la competizione per l’eccellenza: la proposta per la creazione di un Istituto europeo di tecnologia e di un Consiglio europeo della ricerca[18]. RENDERE LO SPAZIO EUROPEO DELL’ISTRUZIONE SUPERIORE E LO SPAZIO EUROPEO DELLA RICERCA PIÙ VISIBILI E ATTRAENTI NEL MONDO Negli ultimi decenni lo sviluppo di un'ampia cooperazione, della mobilità e di reti tra università europee ha creato le condizioni adatte per una maggiore internazionalizzazione. La maggior parte delle università dispongono ora di un’esperienza in materia di consorzi multilaterali e molte partecipano a corsi congiunti e ad accordi di doppia laurea. I master Erasmus Mundus hanno dimostrato la pertinenza di tali iniziative – proprie solo dell’Europa – nell’arena internazionale. Col procedere della globalizzazione lo spazio europeo dell’istruzione superiore e lo spazio della ricerca devono essere del tutto aperti al mondo e diventare attori competitivi su scala mondiale . Ciò sarà però possibile soltanto se l’Europa compirà un notevole sforzo per promuovere la qualità delle sue università e per accrescerne l’attrattiva e la visibilità nel mondo. Una possibilità, a livello europeo e di Stati membri, consisterebbe nello sviluppare una cooperazione internazionale più strutturata, sostenuta dai mezzi finanziari necessari, con i paesi vicini dell’UE e con gli altri paesi del mondo, mediante accordi bilaterali/multilaterali. Ciò comporta anche che gli Stati membri, pur nel rispetto dell’impegno dell’UE di non promuovere la fuga dei cervelli, aprano i loro sistemi di finanziamento a cittadini di paesi terzi e offrano opportunità di scambi interuniversitari di personale nonché opportunità per i ricercatori e il personale accademico non europei di svolgere attività professionali. Andrebbe anche promossa la “circolazione dei cervelli” per gli studenti, gli insegnanti e i ricercatori europei che abbiano deciso di trascorrere parte della loro vita lavorativa fuori d'Europa[19]. Le persone distaccate temporaneamente all’estero sono un elemento prezioso sia per il paese che le invia che per quello che le ospita in quanto costituiscono un serbatoio di contatti professionali oltre confine e fungono da testa di ponte per la condivisione delle conoscenze. Ciò contribuirà a sua volta ad aumentare la visibilità dell’Europa nel campo dell’istruzione e della ricerca quale partner affidabile nello sviluppo del capitale umano dei paesi terzi. Un punto essenziale è costituito dalla semplificazione e dallo snellimento delle procedure legali ed amministrative per l’accesso al territorio dell’UE di studenti e ricercatori di paesi terzi. Per quanto concerne l’ammissione e il soggiorno di ricercatori di paesi terzi il pacchetto “visti per i ricercatori” – costituito di una direttiva e di due raccomandazioni sull’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica nella Comunità europea[20] – è stato adottato nel 2005 con obbligo di recepimento nel diritto nazionale nel corso del 2007. Per conferire alle università europee un’immagine attraente agli occhi del mondo bisogna anche impegnarsi a fondo per assicurare un più facile riconoscimento delle lauree europee al di fuori dell’Europa. Tuttavia, il riconoscimento reciproco deve essere innanzitutto assicurato appieno all’interno dell’UE stessa; la recente direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali ha già semplificato il quadro sul piano professionale. Si devono ancora compiere degli sforzi per quanto concerne il riconoscimento accademico . Il quadro coerente di qualifiche e di sistemi compatibili di certificazione della qualità attualmente in corso di sviluppo[21] recheranno il loro contributo a tal fine. L’esistenza di un maggior numero di corsi “europei”, offerti congiuntamente da consorzi di università e sfocianti in una laurea comune o in una doppia laurea a livello di master o di dottorato, contribuirebbe anch’essa a rendere più attraente l’Europa per gli studenti, gli insegnanti e i ricercatori del resto del mondo. …. E COSA PUÒ E DEVE FARE LA COMMISSIONE La Commissione non è un attore diretto per quanto concerne la modernizzazione delle università, ma può svolgere un ruolo di catalizzatore fornendo impulso politico e finanziamenti mirati a sostegno delle riforme e della modernizzazione. La Commissione può essere vettore di un nuovo impulso politico mediante l’interazione coordinata con gli Stati membri facendo leva sul metodo aperto di coordinamento, identificando e diffondendo le buone pratiche e sostenendo gli Stati membri nella loro ricerca di sistemi universitari più efficaci. In particolare, i raggruppamenti per l’apprendimento tra pari ( peer learning clusters ) creati nell’ambito del programma di lavoro Istruzione e formazione 2010 offrono un mezzo efficace per esaminare in che modo affrontare le sfide cui le università dell’UE si trovano confrontate. Offrendo una tribuna per lo scambio di buone pratiche e per l'identificazione di soluzioni innovative il livello dell'UE può offrire un effettivo valore aggiunto.[22] La Commissione può anche agevolare il dialogo tra università, parti sociali e datori di lavoro per incoraggiare un partenariato strutturato con il mondo dell'economia. Essa può anche fornire finanziamenti aventi un impatto significativo su qualità e resa delle università. Tra questi vi sono incentivi volti ad aiutare le università a raggiungere gli obiettivi delineati nella presente comunicazione. Tra i meccanismi vi sono non solo i nuovi programmi per il 2007-2013 (il VII Programma quadro di ricerca e sviluppo dell’UE, il Programma per l’apprendimento permanente, il programma Competitività e innovazione), ma anche i fondi strutturali e i prestiti della BEI[23]. I fondi strutturali possono fornire finanziamenti per il miglioramento delle strutture e delle risorse universitarie, incoraggiare partenariati tra il mondo accademico e quello dell’economia e sostenere la ricerca e l’innovazione che interessano gli obiettivi di sviluppo economico regionali o degli Stati membri. Il sistema di gestione decentralizzata proprio dei fondi strutturali consente di tener conto delle specificità regionali. Gli Stati membri, le autorità regionali e le università dovrebbero avvalersi appieno di tali opportunità per migliorare le sinergie tra l’istruzione, la ricerca e l’innovazione, in particolare negli Stati membri e nelle regioni economicamente meno sviluppati. Il proposto Istituto europeo di tecnologia avrà una struttura di governance imperniata su eccellenza, interdisciplinarità, creazione di reti tra centri e tra il mondo accademico e quello economico, in linea con il messaggio della presente comunicazione. In tal modo, oltre al suo contributo diretto al rafforzamento dell’istruzione, della ricerca e dell’innovazione scientifica in Europa, esso fungerà da modello trainante dimostrando il valore di un approccio e di una governance più moderni e di un partenariato con le imprese. CONCLUSIONI Le università sono attori chiave per il futuro dell’Europa e per il successo del passaggio ad un'economia e ad una società basate sulla conoscenza. Questo settore cruciale dell’economia e della società abbisogna però di una ristrutturazione e di una modernizzazione a fondo se non si vuole che l'Europa si trovi tra i perdenti nella competizione globale in materia di istruzione, ricerca e innovazione. L’attuazione di questa ristrutturazione e modernizzazione necessarie richiede l’azione coordinata di tutte le parti interessate: - gli Stati membri, al momento di attuare gli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione[24] e i loro programmi nazionali di riforma devono adottare i provvedimenti necessari in relazione alle università, tenendo conto di aspetti quali la gestione, la concessione di autonomia e responsabilità reali alle università, le capacità di innovazione, l’accesso all’istruzione superiore e l’adattamento dei sistemi d’istruzione superiore ai nuovi requisiti in termini di competenze; - le università, per parte loro, devono compiere scelte strategiche e condurre riforme al proprio interno per estendere la loro base di finanziamento, potenziare i loro ambiti di eccellenza e sviluppare la loro posizione competitiva; partenariati strutturati con il mondo imprenditoriale e altri partner potenziali saranno indispensabili per operare tali trasformazioni; - la Commissione può recare il suo contributo mediante l’attuazione del programma comunitario di Lisbona[25], mediante il dialogo politico e l'apprendimento reciproco, in particolare contestualmente al programma di lavoro Istruzione e formazione 2010, o mediante un sostegno finanziario agli Stati membri e alle università ai fini delle loro attività di modernizzazione. La Commissione invita il Consiglio e il Parlamento europeo a esprimere un messaggio chiaro quanto alla determinazione dell’UE di porre in atto la necessaria ristrutturazione e modernizzazione delle università e a sollecitare tutte le parti interessate a prendere immediatamente provvedimenti per portare avanti tale agenda. Allegato 1 Tabelle statistiche Tabella 1: Divario dei finanziamenti nell’investimento per la ricerca (per ricerche condotte da tutti gli attori, università comprese) nel 2003 UE 25 | USA | Giappone | Intensità di R&S in % del PIL | 1,92 | 2,59 | 3,15 | Fonte: DG RTD e stime EAC, sulla base di dati EUROSTAT Tabella 2: Tassi lordi di iscrizione (tutti gli studenti indipendentemente dall’età in % della popolazione in età studentesca) nell’istruzione terziaria nel 2003 UE 25 | USA | Giappone | Tutti gli studenti in % della popolazione nella fascia di età 20-24 | 57% | 81% | 50% | Fonte: EUROSTAT Tabella 3: Tassi di iscrizione nell’istruzione superiore per gli adulti nel 2003 UE 25 | USA | Giappone | % of population 30-39 in higher education | Da 30 a 34 anni: 4,1% Da 35 a 39 anni: 1,8% | Da 30 a 34 anni: 7,0% Da 35 a 39 anni: 4,9% | : : | Fonte: EUROSTAT Tabella 4: Produzione e occupazione di ricercatori nel 2003 UE 25 | USA | Giappone | Nuovi dottorati | Tutte le discipline | 88 100* | 46 000 | 14 500 | Matematica, scienza e tecnologia | 37 000 | 16 200 | 5 500 | Occupazione di ricercatori (ETP) | Totale | 1 167 000 | 1 335 000[26] | 675 000 | Ricercatori per 1000 persone nella forza lavoro | 5,5 | 9,1[27] | 10,1 | Fonte: EUROSTAT e OCSE Nota: Mancano i dati relativi alla Grecia Tabella 5: Quote mondiali sul totale delle famiglie di brevetti triadic , (brevetti depositati simultaneamente nell’UE, negli USA e in Giappone) nel 2000, in % UE 25 | USA | Giappone | Quote sul totale delle famiglie di brevetti triplici | 31,5 | 34,3 | 26,9 | Fonte: DG RTD, cifre chiave 2005 Tabella 6 : Tassi di disoccupazione dei laureati nel 2003 UE 25 | USA | Giappone | Tasso di disoccupazione della popolazione tra i 20 e i 24 anni con diploma di istruzione terziaria | 12,3 | 1,6 | : | Tasso di disoccupazione della popolazione tra i 25 e i 29 anni con diploma di istruzione terziaria | 8,5 | 2,6 | : | Fonte: EUROSTAT e OCSE Tabella 7: Studenti stranieri (in base alla cittadinanza) in percentuale degli studenti nell’istruzione superiore nel 2003 | Australia |Svizzera |Nuova Zelan-da |UE 25 |Nor-vegia |USA |Gia p pone |Rus-sia |Co-rea | | Studenti stranieri in percentuale degli studenti nell’istruzione superiore |18.7 |17.7 |13.5 |6.2 |5.2 |3.5 |2.2 |0.8 |0.2 | | Fonte: EUROSTAT e OCSE Allegato 2 Ringraziamenti Nella preparazione del presente documento la Commissione ha consultato ad personam le seguenti persone: Vladimir Báleš (Slovak Technical University, Bratislava) Olivier Blanchard (Massachusetts Institute of Technology, USA); Ivor Crewe (Essex University, UK); Federico Mayor Zaragoza (Fundación Cultura de Paz, Madrid); Linda Nielsen (Università di Copenaghen); Mario Monti (Università Bocconi, Milano); Jan Sokol (Università Carolina, Praga); Georg Winckler (Università di Vienna). Essi hanno espresso i loro commenti su base personale e la Commissione europea è sola responsabile del presente documento. La Commissione desidera inoltre ringraziare i membri del Forum on University-based Research per il loro contributo alla discussione delle tematiche menzionate nella presente comunicazione. http://europa.eu.int/comm/research/conferences/2004/univ/pdf/enhancing_europeresearchbase_en.pdf [1] La Commissione dà atto con gratitudine dei contributi di tutti gli esperti consultati che hanno fornito commenti e suggerimenti durante la preparazione del presente documento. [2] Nel presente documento per “università” si intendono tutte le istituzioni di istruzione superiore negli Stati membri, indipendentemente dalla loro denominazione e dal loro status. [3] “Mobilità degli intelletti europei: creare le condizioni affinché le università contribuiscano pienamente alla strategia di Lisbona”, COM(2005) 152 def. del 20 aprile 2005 e risoluzione del Consiglio del 15 novembre 2005. Creare un’Europa innovativa, gruppo di esperti presieduto dal Sig. Aho, Commissione europea, gennaio 2006. [4] Conclusioni 1 777/06 del 24 marzo 2006. [5] COM(2005)141 def. del 12.4.2005. [6] COM (2006) 77 def. del 22.2.2006. [7] Comunicazione “Il ruolo dell’università nell’Europa della conoscenza” COM(2003)58, la conferenza di Liegi del 2004 e il rapporto del Forum sulla ricerca universitaria European Universities: Enhancing Europe’s Research Base. [8] Le statistiche che supportano l’analisi in questa sezione sono reperibili nell’allegato 2. Fonte dei dati per queste cifre: Eurostat. [9] Cfr. la comunicazione della Commissione del 13 febbraio 2006 “Stimolare lo spirito imprenditoriale attraverso l’istruzione e l’apprendimento”. [10] Documento di lavoro della Commissione che accompagna la comunicazione “Mobilità degli intelletti europei”, paragrafo 42. [11] Direttiva 2005/36/CE adottata il 7 settembre 2005 e che verrà attuata dall’ottobre 2007. [12] Cfr. “Potenziare la ricerca e l’innovazione – Investire per la crescita e l’occupazione: una strategia comune”, COM(2005) 488 del 12 ottobre 2005. [13] COM (2006) 30 def. del 25.1.2006. [14] Nel 2002 la media UE della spesa diretta nelle università è stata di 1,1% rispetto al livello USA del 2,6%. Meno della metà della spesa per l’istruzione negli USA è finanziata da fonti pubbliche (spesa diretta), mentre queste rappresentano più di 75% nella maggioranza degli Stati membri dell’UE (e in alcuni quasi 100%). Fonte: EUROSTAT. [15] “ The Economics of Knowledge: why education is key for Europe’s success” , (Andreas Schleicher, 2006) http://www.lisboncouncil.net/files/download/Policy_Brief_Economics_of_Knowledge_FINAL.pdf [16] Le università attive nella ricerca non andrebbero valutate e finanziate sulla stessa base di altre università più deboli nel campo della ricerca ma più forti nell’integrazione degli studenti provenienti da gruppi svantaggiati o che fungono da motore per l’industria e i servizi locali. Al di là dei tassi di completamento, della durata media degli studi e dei tassi di occupazione dei laureati, si dovrebbe tener conto anche di altri criteri per le università attive nella ricerca: risultati della ricerca, capacità di attirare finanziamenti competitivi, pubblicazioni, citazioni, brevetti e licenze, riconoscimenti accademici, partenariati industriali e/o internazionali, ecc. [17] Le procedure relative ai ricercatori dovrebbero essere in linea con la raccomandazione della Commissione C(2005) 576 riguardante la Carta europea dei ricercatori e un codice di condotta per l’assunzione dei ricercatori. [18] COM(2005)441 def. del 21.9.2005. [19] Cfr. l’iniziativa pilota European Researchers Abroad (ERA-Link),http://www.eurunion.org/legislat/ste/eralink.htm [20] I tre strumenti sono stati pubblicati il 3 novembre 2005 sulla Gazzetta ufficiale G.U. L 289 del 3 novembre 2005 . Le due raccomandazioni sono entrate in vigore immediatamente mentre gli Stati membri dispongono di due anni (vale a dire fino al novembre 2007) per attuare la direttiva come anche la direttiva 2004/114/CE del Consiglio del 13 dicembre 2004 (GU L 375 del 23.12.2004) . [21] Ad esempio, mediante la recente raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di certificazione della qualità nell’istruzione superiore (GU L64 del 4.3.2006) e mediante le consultazioni in merito a un Quadro europeo delle qualifiche. [22] La promozione del potenziale manageriale nelle università, cui si è accennato nella precedente sezione 2, può essere un utile esempio. [23] Il sostegno descritto in questa sezione è subordinato all'adozione del programma e degli altri strumenti correlati. [24] In particolare gli orientamenti n. 7 (R&S), n. 8 (innovazione), n. 23 (investimenti in capitale umano) e n. 24 (adattamento ai nuovi requisiti in termini di competenze). [25] COM(2005) 330 def. del 20. 7.2005. [26] Stima OCSE per il 2002. [27] Cifra per il 2002.