52005DC0518




[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

Bruxelles, 21.10.2005

COM(2005) 518 definitivo

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE

relativa a un metodo comune in ambito UE per la valutazione dei costi amministrativi imposti dalla legislazione{SEC(2005)1329}

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE

relativa a un metodo comune in ambito UE per la valutazione dei costi amministrativi imposti dalla legislazione

Il Consiglio europeo del 22 e 23 marzo 2005 ha invitato “la Commissione e il Consiglio a esaminare una metodologia comune per la misurazione dei costi amministrativi prefiggendosi l'obiettivo di pervenire ad un accordo entro la fine del 2005.” Ha inoltre sottolineato che tale “accordo dovrebbe avvalersi dei risultati dei progetti pilota della Commissione” e che “le iniziative prese nel contesto del miglioramento del quadro normativo non dovranno trasformarsi esse stesse in ostacoli amministrativi.” (Punto 24 delle Conclusioni della presidenza).

La presente comunicazione delinea un metodo comune in ambito UE e propone le prossime iniziative necessarie per la sua introduzione. Il modello proposto è basato sui risultati della fase pilota, avviata all'inizio di aprile e illustrata nel documento di lavoro dei servizi della Commissione in allegato[1].

1. ONERI AMMINISTRATIVI E MIGLIORAMENTO DELLA REGOLAMENTAZIONE

Senza legislazione e un sistema giudiziario in grado di operare la società moderna non potrebbe funzionare correttamente. Stabilendo diritti e obblighi, le leggi proteggono i cittadini, i consumatori, i lavoratori e le imprese contro abusi, negligenze e comportamenti contrari all’etica. Nel caso specifico delle imprese, l'esistenza delle leggi è conditio sine qua non di una leale concorrenza e, quindi, della competitività. È questa la ragion d’essere di gran parte della legislazione comunitaria, introdotta al fine di correggere gli squilibri del mercato e garantire parità di condizioni su tutto il territorio dell’Unione europea.

Spesso tale protezione può essere garantita soltanto grazie all’obbligo di fornire informazioni e di riferire circa l'applicazione delle norme previste dalla legislazione. Gli obblighi amministrativi non dovrebbero quindi essere considerati come semplici “vincoli burocratici”, vale a dire come una serie di procedure inutilmente lunghe, farraginose ed eccessivamente complesse[2]. D’altra parte, gli obblighi amministrativi imposti dall’UE non dovrebbero neppure essere ridotti a un puro fattore di costo, nella misura in cui spesso la legislazione comunitaria si sostituisce a 25 diverse legislazione nazionali, riducendo quindi i costi di funzionamento a livello comunitario. Le stesse associazioni imprenditoriali europee continuano a invocare, per quanto riguarda tutta una serie di questioni, un’armonizzazione mirata delle norme, poiché la considerano il metodo migliore da seguire in termini di semplificazione. Inoltre, requisiti in materia di informazione quali le prove di conformità e la certificazione forniscono indicazioni essenziali sui limiti della responsabilità societaria e sugli obblighi di riparazione: responsabilità e obblighi non trascurabili se considerati sullo sfondo di quella che viene talvolta descritta come una sempre più accentuata “cultura dell’indennizzo”. Nella misura in cui maggiore libertà implica maggiore responsabilità, l’abolizione di determinati obblighi giuridici potrebbe comportare un aggravio dei costi giudiziari e di arbitrato.

Senza rimettere in discussione l’esigenza, per le autorità pubbliche, di ricorrere alla legislazione comunitaria per perseguire obiettivi politici, rimane pur sempre la possibilità di esaminarne più attentamente l’elaborazione in tutte le fasi della procedura legislativa e dell’applicazione delle disposizioni da parte degli Stati membri. L’adeguamento ai cambiamenti all’interno e all’esterno dell’Unione impone una riforma della regolamentazione: gli obblighi amministrativi non possono sottrarsi a questo imperativo.

A tal fine, e nel quadro delle iniziative volte a migliorare la regolamentazione (tenendo però in debito conto il fatto che è auspicabile continuare a disporre di un corpus legislativo stabile), la Commissione ha raccomandato un bilancio periodico degli obblighi amministrativi in vigore a livello comunitario e dei singoli Stati membri, come pure di valutare costi e benefici complessivi al momento dell’elaborazione di nuove normative e della semplificazione di quelle esistenti[3]. I costi della regolamentazione, di cui gli obblighi amministrativi costituiscono soltanto una componente, devono essere analizzati in un contesto più ampio, in cui occorre soppesare vantaggi e costi economici, sociali e ambientali del quadro normativo. Il bilancio periodico e una simile analisi integrata dovrebbero, di comune accordo, essere considerati componenti essenziali dell'azione per una migliore regolamentazione.

2. QUANTIFICAZIONE DEGLI ONERI AMMINISTRATIVI NELL’UNIONE – QUADRO DELLA SITUAZIONE ATTUALE

Il trattato CE prevede che la Commissione debba “tenere nel debito conto la necessità che gli oneri, siano essi finanziari o amministrativi, che ricadono sulla Comunità, sui governi nazionali, sugli enti locali, sugli operatori economici, sui cittadini, siano minimi e commisurati all’obiettivo da conseguire” (Punto 9 - Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità).

Per garantire il rispetto del principio di proporzionalità la Commissione provvede già alla valutazione d’impatto delle misure proposte in termini di oneri amministrativi, anche in caso di semplificazione di normative in vigore, ma non dispone di un unico metodo quantitativo per svolgere tale compito. L’analisi deve conformarsi ad alcune regole di base, ma differirà evidentemente a seconda dei casi, soprattutto perché i metodi per la raccolta dei dati devono essere diversi da un caso all’altro.

Determinate iniziative volte a ridurre al minimo gli oneri amministrativi non comportano una quantificazione. In questi casi è avviata una consultazione pubblica per raccogliere denunce e suggerimenti provenienti dai gruppi interessati; in seguito, un gruppo di esperti ad alto livello riesamina il quadro normativo e formula raccomandazioni in vista della sua semplificazione[4].

Nella comunicazione su una migliore regolamentazione per la crescita e l’occupazione del 16 marzo 2005 la Commissione, sottolineando come valutare i costi dell’azione delle autorità pubbliche non implichi un atteggiamento fondamentalmente contrario alla regolamentazione, ha annunciato l’intenzione di compiere ulteriori progressi in questo settore e di esaminare la possibilità di mettere a punto un’impostazione comune a livello dell'UE (COM(2005)97). Il documento di lavoro dei servizi della Commissione allegato alla succitata comunicazione delinea una possibile impostazione e avvia la fase pilota che costituisce la base a partire dalla quale è stata elaborata la presente comunicazione[5].

L’esigenza di registrare nuovi passi in avanti in questo settore è stata sottolineata in diverse occasioni tanto dal Consiglio europeo come dal Consiglio e dalla presidenza del Consiglio[6]. Il Parlamento europeo prepara, tra l’altro, una relazione di iniziativa sulla riduzione dei costi amministrativi imposti dalla legislazione comunitaria.

Per quanto riguarda gli Stati membri, sono sempre più numerosi a dimostrarsi interessati alla quantificazione dei costi imputabili agli oneri amministrativi. Si profila una netta convergenza verso l’impiego del cosiddetto “Modello dei costi standard” ( Standard Cost Model - SCM). Il Modello, introdotto per la prima volta nei Paesi Bassi nel 2002, è stato concepito come uno strumento di misurazione dei progressi compiuti dai programmi di riduzione degli oneri amministrativi a livello nazionale. Consiste in una valutazione dettagliata di singoli atti legislativi basata principalmente su colloqui diretti con le imprese e su pareri formulati da esperti (metodo di microvalutazione). Il Modello richiede inoltre la compilazione di dati relativi al tempo e ai costi di manodopera necessari per conformarsi a ciascun requisito in materia di informazione imposto da un atto legislativo, come pure la raccolta di dati sul numero di enti interessati.

Due Stati Membri (Paesi Bassi e Danimarca) hanno valutato il loro intero corpus legislativo in vigore e oggi valutano sistematicamente ogni nuovo provvedimento introdotto. Il Regno Unito e la Repubblica ceca si preparano a seguire tale esempio, sulla base della loro propria misurazione di riferimento. Almeno altri sette Stati membri hanno preso l’iniziativa di sperimentare l’uso dell’SCM o hanno in programma di farlo in uno o due settori. Un altro Stato membro, la Germania, partecipa in qualità di osservatore alla rete informale costituita dagli utilizzatori del Modello e da quanti lo stanno usando in via sperimentale. Il 19 settembre 2005, a Londra, questa rete informale si è trasformata in un “gruppo di indirizzo” ( steering group ) internazionale.

D’altra parte, però, dalla fotografia della situazione all’ottobre del 2005 emerge che altri tredici Stati membri non quantificano i costi amministrativi né hanno in programma una fase sperimentale per un'iniziativa di questo tipo; alcuni di questi Stati hanno persino dichiarato che preferiscono concentrare la loro azione su misure concrete di semplificazione.

3. FATTIBILITÀ DI UN METODO COMUNE IN AMBITO UE

Valutare i risultati della fase pilota ed esaminare le iniziative in materia di quantificazione realizzate fino ad oggi dagli Stati membri significa, in certa misura, stabilire se il bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno. Non è stato possibile, ad esempio, analizzare in profondità un certo numero di questioni metodologiche, mentre si sono registrate difficoltà quanto alla disponibilità e all’accuratezza dei dati di base.

Avendo optato per una visione ottimistica e positiva, la Commissione è giunta alla conclusione che è possibile disporre di un metodo comune in ambito UE in senso lato. Una simile conclusione positiva è tuttavia subordinata a una serie di condizioni, e in particolare: (1) nella valutazione dei costi amministrativi a livello comunitario è necessario che tutte le istituzioni e gli Stati membri dell’UE facciano riferimento alla stessa definizione e utilizzino la stessa equazione di base e una scheda informativa comune; (2) l’applicazione del metodo comune in ambito UE deve essere proporzionata; (3) un numero maggiore di Stati membri di ogni parte dell'Unione deve essere disposto a contribuirvi; e (4) è necessario che all’interno della Commissione siano disponibili personale e risorse finanziarie adeguati per l’analisi e la valutazione.

Il metodo comune in ambito UE deve essere applicato in modo proporzionato. In altre parole, esso deve essere applicato soltanto quando ciò sia giustificato dalla portata degli obblighi amministrativi imposti da un atto legislativo comunitario; inoltre, l'impegno di valutazione dovrebbe rimanere proporzionato all’onere dei costi amministrativi imposti dalla legislazione. Infine, è necessario garantire sufficiente flessibilità al momento della compilazione della scheda informativa comune.

Per quanto riguarda numero e distribuzione geografica degli Stati membri partecipanti, i dati raccolti nel quadro dei progetti pilota suggeriscono che non è ancora disponibile una base sufficiente per la valutazione dei costi a livello comunitario. Sarebbe auspicabile che una maggioranza di Stati membri fosse non solo in grado di fornire dati, ma anche disposta a farlo (benché sia difficile essere più precisi sulla massa critica necessaria dato che probabilmente essa varia da settore a settore). Sebbene si debbano incoraggiare gli Stati membri a contribuire all’elaborazione del metodo, alla Commissione spetterà naturalmente l’incarico di valutare i costi delle proposte da essa stessa avanzate sulla base della sua analisi dei dati disponibili[7].

Un’impostazione minimalista consisterebbe per gli Stati membri partecipanti unicamente nell’obbligo di fornire, secondo modalità standardizzate, i dati relativi ai costi di manodopera e al tempo richiesti e al numero di operatori interessati da una (proposta di) misura comunitaria e dal suo recepimento nella legislazione nazionale. Gli Stati membri non sarebbero necessariamente tenuti ad applicare il metodo comune in ambito UE per valutare la loro legislazione puramente nazionale. La coesistenza di metodi assai disparati a livello nazionale e comunitario comporterebbe tuttavia un notevole aumento dei costi complessivi di valutazione a carico degli Stati membri, sotto forma di doppioni e di altre perdite di efficienza[8]. La convergenza tra i metodi utilizzati a livello nazionale e comunitario faciliterebbe inoltre l’interoperabilità tra le basi di dati e consentirebbe di realizzare maggiori economie di scala nel campo della raccolta di dati.

Chiarire una serie di problemi tecnici elencati nel documento di lavoro dei servizi della Commissione in allegato (sezione 4.1) servirebbe a migliorare il metodo comune in ambito UE. Tuttavia, il lavoro di ottimizzazione non dovrebbe essere considerato una condizione indispensabile per l’introduzione di un metodo comune: impegnarsi in un processo di apprendimento attraverso la pratica dovrebbe persino servire a risolvere i problemi cui si accennava.

4. VALORE AGGIUNTO DI UN METODO COMUNE IN AMBITO UE

Sulla base dei risultati della fase pilota e dell'analisi delle iniziative in materia di quantificazione realizzate finora dagli Stati membri – e malgrado il considerevole sforzo di ottimizzazione che resta ancora da fare, soprattutto a livello di Stati membri – la Commissione è giunta alle seguenti conclusioni:

(1) una quantificazione specifica basata sui costi serve a valutare le misure dal punto di vista dei gruppi interessati dalla misura stessa e a tener conto, inoltre, dei suoi effetti distributivi;

(2) una quantificazione specifica basata sui costi contribuisce alla trasparenza della regolamentazione (quantificare i costi serve a rendere più trasparenti i compromessi necessari tra opposte esigenze, a condizione che siano analizzati anche i vantaggi, compresi quelli più a lungo termine);

(3) una quantificazione specifica basata sui costi rappresenta spesso un indicatore pertinente, in particolare per stabilire gli obiettivi prioritari del lavoro di semplificazione e per monitorare i progressi compiuti nell’opera di riduzione degli oneri amministrativi, a condizione che dati e cifre vengano esaminati nella giusta prospettiva e vengano adeguatamente posti in evidenza i limiti di natura metodologica;

(4) la quantificazione facilita la comunicazione (la comunicazione sulle azioni di semplificazione realizzate è più efficace quando si forniscono risultati sotto forma di dati e cifre; ciò è vero soprattutto nel caso dell’Unione europea: numerose misure comunitarie sono infatti di contenuto tecnico e i loro titoli spesso non significano quasi nulla per il grande pubblico);

(5) un metodo comune in ambito UE favorirebbe il confronto tra livelli diversi di rendimento e l’individuazione delle migliori pratiche;

(6) un metodo comune in ambito UE consentirebbe di aggregare agevolmente i dati raccolti su scala nazionale allo scopo di valutare singoli atti legislativi e/o i relativi oneri cumulativi a livello settoriale.

Un metodo comune in ambito UE offrirebbe pertanto un valore aggiunto netto, a condizione di non venire applicato a spese dell’analisi di altri tipi di impatto.

5. DESCRIZIONE SINTETICA DI UN METODO COMUNE IN AMBITO UE PER LA VALUTAZIONE DEI COSTI AMMINISTRATIVI IMPOSTI DALLA LEGISLAZIONE

L’applicazione di un metodo comune non significa mancanza di flessibilità a livello comunitario o nazionale. Un metodo si compone di diversi elementi di base: per poter disporre di un metodo comune in ambito UE è necessario che alcuni di questi siano utilizzati da tutti i partecipanti, mentre altri possono essere facoltativi. Istituzioni e Stati membri dell’Unione dovrebbero rimanere liberi di introdurre elementi specifici nei rispettivi metodi di valutazione degli oneri amministrativi imposti dalla legislazione, purché le cifre risultanti (1) consentano un agevole confronto e (2) possano essere aggregate facilmente e con un grado sufficiente di attendibilità ai fini della valutazione degli oneri cumulativi. Questi principi valgono, in particolare, per i metodi di raccolta dei dati. La descrizione sintetica contenuta nel documento di lavoro dei servizi della Commissione presentato in allegato illustra con maggiori dettagli altre componenti facoltative o flessibili che è necessario preservare.

Tuttavia, come già ricordato in precedenza, la Commissione ritiene che non si possa parlare di metodo comune in ambito UE in assenza delle seguenti tre componenti di base: una definizione comune, un’equazione di base comune e una scheda informativa comune. La fase pilota ha permesso di confermare, in via sperimentale, l’adeguatezza della definizione, dell’equazione di base e della scheda informativa illustrate nell’allegato documento di lavoro dei servizi della Commissione.

Una valutazione dei costi amministrativi netti così come viene proposta dalla Commissione (nuovi costi imposti da un atto meno i costi aboliti dallo stesso atto, a livello UE o di Stato membro) sembra preferibile per una serie di motivi. Anzitutto, dimostrerebbe con chiarezza l’ampia portata delle iniziative di semplificazione e cancellerebbe l’impressione che un obbligo imposto dall’UE implichi automaticamente “nuovi” costi. Una simile valutazione, inoltre, sarebbe conforme agli orientamenti della Commissione in materia di valutazione d’impatto e ai manuali nazionali RIA ( Regulatory Impact Assessment – “Valutazione d’impatto della regolamentazione”), oltre a rispettare il primo principio guida dell'OCSE relativo alla qualità e all’efficacia della regolamentazione. Per finire, un’impostazione imperniata sui costi netti andrebbe evidentemente a vantaggio degli Stati membri che compiono una valutazione sistematica degli oneri amministrativi. In primo luogo, infatti, se si dispone di cifre nette non è necessario compiere un costoso lavoro di periodica valutazione dell'intero corpus legislativo in vigore. In secondo luogo, cifre consolidate possono essere comunicate in qualsiasi momento, il che consente un monitoraggio permanente – in corso d’opera – dei progressi realizzati (non è necessario attendere i risultati dell’esercizio di valutazione generale per conoscere l’evoluzione degli oneri amministrativi complessivi dalla misurazione di riferimento iniziale).

Dato che il modello proposto in ambito UE è in larga misura ispirato al Modello dei costi standard (SCM), i costi di adeguamento necessari risulterebbero minimi per gli attuali utilizzatori dell’SCM e per quanti lo usano a titolo sperimentale.

Dovrebbe inoltre essere possibile aggiungere altre componenti comuni onde semplificare la valutazione e incrementare il confronto e l’aggregazione di dati. Una tale possibilità deve essere oggetto di un esame più approfondito con il Consiglio e gli Stati membri.

6. INIZIATIVE A BREVE E A LUNGO TERMINE

Nel breve periodo la Commissione:

(1) intende integrare le componenti metodologiche di base, convalidate a titolo sperimentale nel quadro della fase pilota (vale a dire: definizione comune, equazione di base comune e scheda informativa comune), nei suoi orientamenti in materia di valutazione d’impatto e nelle sue linee guida sulla valutazione; l’applicazione e l’impiego effettivi di tali componenti dipendono:

(a) dal principio dell’analisi proporzionata: alla Commissione deve rimanere il compito di valutare i costi risultanti dalle sue proposte;

(b) dalla disponibilità di dati sufficienti, attendibili e rappresentativi, compatibili con il metodo comune in ambito UE. In tale contesto, gli Stati membri sono invitati a comunicare dati di questo tipo, ove opportuno;

(c) dalla disponibilità di personale e risorse finanziarie adeguati;

(2) invita gli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, a raggiungere un accordo con la Commissione relativamente a un metodo comune, elaborato sulla base dei risultati della fase pilota realizzata dalla Commissione stessa.

Nel lungo periodo la Commissione propone di:

(3) esaminare, con la collaborazione del gruppo ad alto livello di esperti nazionali per una migliore regolamentazione, il modo per risolvere le questioni metodologiche rimaste in sospeso;

(4) redigere, in consultazione con gli Stati membri, un manuale operativo in ambito comunitario;

(5) esaminare, su base sperimentale, se sia possibile utilizzare il metodo comune in ambito UE per valutare adeguatamente gli oneri cumulativi a livello settoriale;

(6) avviare negoziati a livello interistituzionale per integrare il futuro metodo comune in ambito UE nel Progetto interistituzionale “Legiferare meglio”.

[1] Documento di lavoro dei servizi della Commissione, Developing an EU common methodology for assessing administrative costs imposed by EU legislation - Report on the Pilot Phase (April– September 2005) [“Elaborare un metodo comune in ambito UE per la valutazione dei costi amministrativi imposti dalla legislazione comunitaria – Relazione sulla fase pilota (aprile-settembre 2005)”], SEC(2005) 1329.

[2] L’obbligo di pubblicare annualmente i rendiconti finanziari da parte di un’impresa o di sottoporre la propria autovettura a una revisione annua sono esempi che illustrano chiaramente quanto possono essere indispensabili gli obblighi amministrativi.

[3] COM(2005)24.

[4] Si veda, ad esempio, il lavoro svolto per gli oneri cumulativi di regolamentazione che gravano sul settore automobilistico: (http://europa.eu.int/comm/enterprise/automotive/pagesbackground/competitiveness/cars21.htm).

[5] Minimising administrative costs imposed by legislation (“Ridurre al minimo i costi amministrativi imposti dalla legislazione”), SEC(2005)175.

[6] In particolare, la questione degli oneri amministrativi figura in primo piano nella dichiarazione comune “ Advancing regulatory reform in Europe ” (“Progressi della riforma della regolamentazione in Europa”) firmata il 7 dicembre 2004 dai sei Stati membri che si sono succeduti o si succederanno alla Presidenza del Consiglio tra il 2004 e il 2006 (Irlanda, Paesi Bassi, Lussemburgo, Regno Unito, Finlandia e Austria).

[7] Adottare una diversa impostazione potrebbe comportare notevoli difficoltà, segnatamente per le valutazioni ex ante, quando cioè gli Stati membri possono non condividere la stessa interpretazione della proposta, non aver stabilito le modalità con cui precisare le procedure amministrative o non disporre di dati, e quando inoltre non è prevedibile che possano fornire stime in tempo utile dal momento che la proposta viene modificata nel corso della fase di elaborazione.

[8] La coesistenza di metodi – tra loro incompatibili – a livello comunitario e nazionale comporterebbe un incremento dei costi di valutazione per i seguenti motivi: gli Stati membri che fanno riferimento a una diversa definizione o ricorrono a un diverso metodo di quantificazione non avrebbero a disposizione i dati necessari per una valutazione su scala comunitaria, il che li costringerebbe ad organizzare una raccolte di dati specifica. La condivisione della stessa definizione e dello stesso metodo di quantificazione implica che i nuovi Stati membri possono valutare gli oneri amministrativi nel loro paese servendosi dei dati già esistenti relativi a paesi con caratteristiche simili.