25.11.2005   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 294/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 77/91/CEE per quanto riguarda la costituzione delle società per azioni e la salvaguardia e le modificazioni del loro capitale sociale

COM(2004) 730 def. — 2004/0256 (COD)

(2005/C 294/01)

Il Consiglio, in data 13 gennaio 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 44, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 giugno 2005, sulla base del progetto predisposto dal relatore BURANI.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 luglio 2005, nel corso della 419a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere all'unanimità.

Preambolo

1.   Premessa

1.1

Nel quadro del processo di semplificazione della legislazione sul mercato interno (SLIM), la Commissione ha pubblicato, nel settembre 1999, uno studio redatto da un gruppo di lavoro sul diritto delle società, che si è occupato in particolare della semplificazione della prima e seconda direttiva. Nel rapporto dal titolo Un quadro regolamentare moderno per il diritto europeo delle società, pubblicato nel novembre 2002, il Gruppo ad alto livello di esperti di diritto societario ha rilevato che la maggior parte dei suggerimenti SLIM meritava di essere tradotta in pratica con una direttiva.

1.2

La proposta di direttiva in esame mira a semplificare alcuni aspetti della seconda direttiva, che attualmente fissa i seguenti requisiti:

le azioni non possono essere emesse per un importo inferiore al valore nominale e, in mancanza di questo, al valore contabile. Il divieto si applica senza eccezioni a tutte le emissioni di azioni e non solo all'emissione iniziale al momento della costituzione della società. Ciò non implica che le emissioni successive non possano essere effettuate ad un valore nominale o ad un valore contabile inferiori a quelli di un'emissione precedente, purché il prezzo di emissione delle nuove azioni venga fissato nel rispetto del predetto obbligo,

l'emissione di azioni come corrispettivo di conferimenti non in contanti è soggetta all'obbligo di valutazione da parte di uno o più esperti indipendenti,

la razionalizzazione della proprietà del capitale della società, nei casi in cui è possibile, deve essere, in linea di principio, prevista dallo statuto e dall'atto costitutivo e/o autorizzata preventivamente dall'assemblea generale,

l'acquisizione da parte della società di azioni proprie è, in linea di principio, soggetta all'autorizzazione dell'assemblea generale, accordata soltanto per un certo periodo di tempo e per una determinata quota del capitale della società,

la società può fornire un aiuto finanziario ad un terzo per l'acquisizione di azioni proprie della società soltanto in casi molto limitati e fino ad un certo limite,

l'esclusione dei diritti di opzione in caso di aumento di capitale dietro conferimento in denaro è soggetta all'approvazione dell'assemblea generale e deve essere oggetto di una relazione scritta dell'organo di amministrazione o di direzione della società,

nei casi di riduzione del capitale, spetta agli Stati membri precisare le condizioni per l'esercizio da parte dei creditori del diritto di ottenere adeguate garanzie.

2.   Contenuto della proposta di direttiva

2.1

La proposta di direttiva è ispirata alla considerazione che una semplificazione della seconda direttiva contribuirebbe in modo significativo a promuovere l'efficienza e la competitività delle aziende, senza peraltro ridurre la protezione degli azionisti e dei creditori.

2.2

In questa ottica, i diversi articoli della proposta di direttiva mirano, in modo diretto o indiretto, a:

dare la possibilità alle società di attirare apporti di natura diversa dal denaro contante, senza l'obbligo di ricorrere ad una perizia — salvo opposizione, naturalmente,

fare in modo che le società possano acquistare le proprie azioni nel limite delle loro riserve distribuibili,

accordare la facoltà di concedere un aiuto finanziario ad un terzo intenzionato ad acquistare le loro azioni, nei limiti delle riserve distribuibili,

prevedere che le società possano aumentare il capitale sociale — a certe condizioni — senza dover sottostare all'obbligo di informazione relativo alla limitazione o soppressione di diritti preferenziali,

accordare ai creditori la possibilità di mettere in opera procedimenti giudiziari o amministrativi quando ritengano che i loro diritti sono compromessi,

prevedere che gli azionisti di una società quotata in borsa, detentori di una maggioranza preponderante (90 %), possano acquisire il resto della partecipazione.

2.3

Per prevenire abusi di mercato, gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione, ai fini dell'applicazione della direttiva, le disposizioni delle direttive 2003/6/CE e 2004/72/CE riguardanti le prassi di mercato ammesse ed una serie di disposizioni miranti a garantire la trasparenza della gestione e le responsabilità degli organi direttivi.

3.   Considerazioni di carattere generale

3.1

Il Comitato approva le finalità che la proposta di direttiva persegue e, in linea generale, le modalità con le quali la Commissione si propone di raggiungerlo. Occorre peraltro fare una distinzione fra la semplificazione vera e propria, che lascia intatto il senso e la portata delle disposizioni preesistenti, e una semplificazione modificativa che, eliminando certe modalità in origine concepite come garanzie per i terzi, per il mercato o per le società stesse, può comportare un cambiamento — non importa se sostanziale o secondario — nell'approccio «garantistico» delle precedenti direttive.

3.2

Una semplificazione modificativa non è necessariamente da respingere, anzi può rivelarsi utile se ha il merito di adeguare le disposizioni alle realtà del mercato e della vita delle aziende. Ma nell'adottarla la Commissione non può andare oltre i limiti del mandato che le è stato affidato, che è quello di semplificare, non modificare, la normativa vigente. In altri termini, ogni modifica è accettabile se si può dimostrare che essa contribuisce a semplificare la governance aziendale, migliorando la competitività e diminuendo i costi delle società e non è invece accoglibile se implica una diminuzione dei diritti dei terzi, in particolare degli azionisti di minoranza o dei creditori. Il CESE attira l'attenzione del Parlamento e del Consiglio su questo punto, che è di fondamentale importanza se si vuole evitare di dare al cittadino l'impressione che ci si voglia avvalere di un processo di semplificazione per introdurre modifiche sostanziali che con la semplificazione nulla hanno a che fare. È in tale spirito che il CESE intende offrire il suo contributo, limitandosi a commentare i soli aspetti che meritano attenzione, restando inteso che quelli non menzionati ricevono la sua adesione.

4.   Considerazioni di carattere specifico

4.1

L'articolo 10 bis. 1 prevede che gli Stati membri possono decidere di non applicare le disposizioni garantistiche dell'articolo 10, paragrafi 1, 2 e 3 della direttiva 77/91/CE, quando un nuovo apporto al capitale sociale sia costituito da entità diverse dal numerario: in pratica, se l'apporto è costituito da titoli quotati. In questo caso la certificazione di un esperto potrà essere sostituita da una valutazione sulla base del loro prezzo medio ponderato negli ultimi tre mesi.

4.1.1

Il Comitato è d'accordo, ma fa rilevare che il calcolo sulla base del prezzo medio ponderato degli ultimi tre mesi è sulla base di valori pregressi, che non tengono conto delle prospettive future, le quali potrebbero essere al rialzo — ma anche al ribasso. La norma dovrebbe essere integrata prevedendo che il prezzo medio ponderato sia considerato come un massimo, con facoltà degli organi deliberativi di una diversa e motivata valutazione.

4.1.2

Le semplificazioni di cui al paragrafo 1 dovrebbero essere introdotte a livello comunitario, infatti affidandole alla discrezionalità degli Stati membri si corre il rischio che in alcuni di questi non si realizzi l'auspicata deregolamentazione.

4.2

L'articolo 10 bis. 2 prevede che le disposizioni garantistiche di cui al punto 4.1 possono non essere applicate anche nel caso in cui un nuovo apporto di capitale sia costituito da valori diversi dai titoli quotati in borsa (titoli non quotati, immobili, ecc.). In tal caso, peraltro, la valutazione deve essere stata fatta in precedenza da un esperto indipendente, che deve essere una persona con una formazione ed esperienza sufficienti.

4.2.1

Il Comitato ritiene che si dovrebbe sopprimere la lettera (a), che riguarda la figura dell'esperto, perché il concetto di «formazione ed esperienza adeguate» è troppo generico. Ai fini della direttiva è sufficiente che si tratti di un esperto indipendente abilitato dalle autorità competenti.

4.2.1.1

Nel paragrafo 2, lettera (b), che riguarda il periodo di riferimento per la valutazione del conferimento, occorrerebbe estendere la scadenza da tre ad almeno sei mesi.

4.2.2

La seconda osservazione riguarda il punto (c), ove si prescrive che l'esperto faccia le sue valutazioni «conformemente ai principi e alle norme di valutazione generalmente riconosciuti nello Stato membro»: il CESE propone che vengano esplicitamente citate le norme contabili riconosciute per legge o dalla regolamentazione ufficiale.

4.2.3

Il paragrafo 3 prevede la possibilità di non applicare le norme di valutazione qualora il conferimento non in contanti risulti dai «conti» dell'esercizio precedente. Occorrerebbe chiarire il concetto di «attività»; non è infatti chiaro se si tratti o no di valori di bilancio.

4.3

Nell'articolo 10 ter 2 si prescrive che «ogni Stato membro designa un'autorità amministrativa o giudiziaria indipendente incaricata di verificare la legalità dei conferimenti non in contanti». Il CESE osserva — ma la questione è di pura forma — che un'autorità giudiziaria è sempre indipendente, e suggerisce quindi una lieve modifica del testo. Più importante sembra invece osservare che di tale autorità si parla a più riprese nel testo della direttiva, ogni volta citando funzioni diverse ma senza pervenire a definire il suo ruolo preciso e l'elenco delle sue funzioni.

4.3.1

È noto che in ogni Stato membro esistono autorità amministrative o giudiziarie, con funzioni notarili, autorizzative, di controllo; sembra giunto il momento che, almeno all'interno di ogni Stato membro, sia fatta chiarezza e si pervenga alla definizione di un'unica autorità competente («uno sportello unico» sulla linea della direttiva «servizi») in materia di regolamentazione e controllo delle società: un passo decisivo sulla via non solo della semplificazione, ma anche e soprattutto della realizzazione del mercato interno.

4.4

L'articolo 19.1 stabilisce che nei paesi che permettono alle società di acquistare le proprie azioni, l'autorizzazione all'acquisto sia data dall'assemblea generale per un periodo massimo di cinque anni. Il CESE osserva che un periodo di cinque anni è decisamente troppo lungo: la situazione del mercato e dell'azienda stessa può cambiare radicalmente e portare a far ritornare sui propri passi gli organi decisionali. Un mandato di acquisto valido cinque anni non è conforme alla pratica aziendale: meglio sarebbe — per prudenza e per riservare all'assemblea degli azionisti un margine di discrezionalità — ridurlo a due anni, con la possibilità di rinnovi, magari annuali o biennali.

4.4.1

Nell'articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, occorrerebbe sopprimere le parole «su iniziativa e» (dell'organo di amministrazione o di direzione). Il concetto è troppo vago e può essere inteso soltanto come esempio. Il termine di cinque anni previsto per l'analisi del flusso di cassa appare troppo lungo e andrebbe ridotto a due anni.

4.5

L'articolo 23 bis stabilisce il diritto degli azionisti di contestare l'approvazione data dall'assemblea generale ad un'operazione di apporto diverso dal numerario, chiedendo all'autorità giudiziaria o amministrativa competente di decidere sulla legalità, o meno, di tale approvazione. Il CESE osserva che le deliberazioni di un'assemblea degli azionisti hanno valore legale e che, difficilmente, un'autorità con poteri esclusivamente amministrativi può deciderne l'annullamento o la modifica. Questo aspetto rende ancor più necessario definire i ruoli degli organi competenti (cfr. sopra, punto 4.3) e la creazione di uno «sportello unico» con funzioni anche di tipo giudiziario (tribunale amministrativo).

4.6

Nell'articolo 29 viene inserito un paragrafo che prevede l'esenzione, per gli organi di amministrazione o direttivi autorizzati, dall'obbligo di presentare un rapporto scritto sulla limitazione o l'esclusione del diritto di opzione in caso di aumento di capitale. Il CESE non vede il motivo di questa disposizione, che sembra contrastare i principi di trasparenza senza d'altra parte semplificare le procedure in modo apprezzabile; è da notare, inoltre, che gli azionisti «possono chiedere di indicare le ragioni della limitazione o dell'esclusione»; né tanto meno viene previsto il caso di un rifiuto di fornire informazioni o di mancato accordo degli azionisti sulla comunicazione da essi ricevuta. Il principio generale dovrebbe essere ispirato, comunque, ai principi generali del diritto societario: l'assemblea è sovrana per quanto riguarda i poteri delegati agli organi societari, ma ha sempre, ed in ogni caso, il diritto di essere informata di quanto è stato fatto e di ricevere un rendiconto riguardante ogni posta di bilancio, sia in entrata che in uscita. Il CESE propone la soppressione di questo paragrafo.

4.7

L'articolo 39 bis non introduce, a rigore, una semplificazione, ma tenta di codificare — sulla traccia della direttiva «OPA», articolo 15 — una norma che esiste solo in qualche paese: un «azionista di maggioranza» — volendo indicare con tale dizione un azionista proprietario di una quota uguale o superiore al 90 % di una società quotata — può obbligare gli azionisti di minoranza a vendergli le azioni in loro possesso «ad un giusto prezzo». Gli Stati membri possono elevare la quota fino ad un massimo del 95 %. Nel preambolo alla proposta di direttiva si parla di «azionista di maggioranza» anche nel caso di una pluralità di azionisti, mentre la redazione dell'articolo fa pensare ad un solo ed unico azionista: è necessario che il testo finale chiarisca il dubbio.

4.7.1

Una norma del genere è stata codificata — come sopra si è detto — nella direttiva «OPA», ma il caso della proposta in esame è diverso: mancano infatti le garanzie di trasparenza connesse ad una OPA e i presupposti che l'hanno ispirata. Mentre è indubbio l'interesse dell'azionista di maggioranza di controllare la società al 100 % — specialmente in presenza di una minoranza ostruzionista o rissosa — dal punto di vista dell'azionista di minoranza la questione può prestarsi, a seconda delle circostanze e delle situazioni individuali, a valutazioni diverse e di segno opposto. Un azionista che non ha nessuna influenza sulla guida della società potrebbe considerare positivamente la possibilità di cedere il proprio pacchetto azionario a condizioni di favore, superiori comunque a quelle che potrebbe avere vendendo i titoli in borsa. Ma se il titolo dà un buon reddito o ha prospettive di crescita, un investitore/azionista potrebbe desiderare mantenerne la proprietà, e non si vede perché dovrebbe essere obbligato a separarsene. In definitiva, mentre da un lato una minoranza azionaria del 10 % non è tale, di norma, da ostacolare la governance aziendale, dall'altra occorre riconoscere la piena libertà di scelta alla quale ogni azionista ha diritto. Non si possono peraltro escludere casi marginali, nei quali la governance esige il controllo della totalità della compagine azionaria: solo in questi casi, e con l'autorizzazione delle autorità di controllo, la norma in questione avrebbe ragione di esistere.

4.8

L'articolo 39 ter — ispirato all'articolo 16 della direttiva «OPA» — è speculare al precedente: gli azionisti di minoranza possono, individualmente o congiuntamente, obbligare l'azionista di maggioranza ad acquistare le loro azioni, sempre «ad un giusto prezzo». Valgono, mutatis mutandis, le considerazioni fatte nel paragrafo precedente; anche in questo caso il consenso delle autorità competenti ad un obbligo di vendita dovrebbe essere previsto nei soli casi di dimostrata necessità, esclusa comunque quella di liberarsi della partecipazione azionaria in previsione di un cattivo andamento della società.

4.8.1

Le conclusioni del Comitato nei due casi sopra citati si ispirano ad un unico concetto di equità e di rispetto dei principi generali del diritto: la libertà di scelta degli azionisti deve essere pienamente mantenuta e non può essere ristretta da considerazioni estranee ai loro interessi, salvo comprovate esigenze di diversa natura.

Bruxelles, 13 luglio 2005

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND