14.10.2005   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 255/79


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione

COM(2004) 492 def. — 2004/0163 (AVC)

(2005/C 255/16)

Il Consiglio, in data 21 dicembre 2004, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 18 marzo 2005 sulla base del progetto predisposto dal relatore MALOSSE.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 6 aprile 2005, nel corso della 416a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 126 voti favorevoli, 3 voti contrari e 7 astensioni.

1.   Preambolo

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo si è espresso a più riprese e con convinzione a favore di una politica europea di «coesione economica, sociale e territoriale», secondo la formula adottata dal Trattato costituzionale. Nel parere sulle prospettive finanziarie 2007-2013 (1) il Comitato ribadisce il proprio sostegno e chiede in particolare che vengano destinate alla politica strutturale e al Fondo di coesione maggiori risorse di bilancio, per tenere conto in particolare dell'impatto dei nuovi e dei futuri Stati membri dell'Unione, senza penalizzare le regioni e gli Stati meno favoriti dell'Europa dei 15.

1.2

La proposta in esame definisce lo spirito e il quadro della programmazione che potrebbe essere adottata per il periodo 2007-2013. Essa viene presentata a metà dell'attuale periodo di programmazione dei fondi strutturali, per il quale mancano ancora valutazioni e analisi complete, specie riguardo all'applicazione delle misure strutturali nei nuovi Stati membri.

1.2.1

Date le circostanze, la proposta costituisce quindi un quadro tecnico e finanziario generale, che definisce i principi fondamentali, mentre rimangono ancora da discutere, specie tra gli Stati membri, le modalità di applicazione e le ripercussioni sul bilancio. Va inoltre sottolineato che nel periodo 2007-2013 l'Unione si amplierà ulteriormente: nel 2007, infatti, è prevista l'adesione di Bulgaria e Romania che, data la loro situazione socioeconomica, dovrebbero beneficiare pienamente della politica di coesione.

1.3

Nella sua proposta, la Commissione europea dichiara di voler mantenere i principi chiave della politica di coesione, ossia la programmazione, il partenariato, il cofinanziamento e la valutazione, ma annuncia di perseguire una maggiore delega delle responsabilità agli Stati membri e alle amministrazioni locali, la semplificazione della procedura e meccanismi di controllo «più rigorosi».

1.4

Negli ultimi quattro anni il Comitato ha formulato oltre 70 proposte, nel quadro di almeno 12 pareri (2), riguardanti specificamente il futuro della politica di coesione. La Commissione ha richiesto un parere esplorativo sull'attuazione del partenariato (3), mentre nel 2003 la presidenza del Consiglio ha sollecitato il Comitato ad elaborare un parere (4) nel quadro dei preparativi per la riunione informale dei ministri competenti per le politiche di coesione, svoltasi a Roma il 20 ottobre 2003. Nei suoi numerosi pareri il Comitato ha avanzato tra l'altro proposte spesso alquanto innovative volte a migliorare il funzionamento della politica di coesione.

1.5

Se si eccettua la questione cruciale del partenariato, la Commissione ha dato nel complesso un seguito piuttosto favorevole alle proposte del Comitato: nella maggior parte dei casi, infatti, ne ha tenuto conto (39 proposte concrete su 70) e ha modificato (in 8 casi) le regole della politica di coesione in linea con le proposte del Comitato. Ciò significa che la Commissione ha abbracciato in 47 casi su 72 le sue proposte.

2.   La politica di coesione di fronte alla sfida dell'ampliamento

2.1   La nascita di una potenza

2.1.1

Dopo la recente adesione di 10 nuovi Stati membri l'Unione è divenuta, con 455 milioni di abitanti, la terza entità politica più popolosa al mondo, ben dietro la Cina e l'India, ma davanti agli Stati Uniti e alla Russia, che contano rispettivamente 300 e 140 milioni di abitanti. Con un PIL di 10 miliardi di euro, l'Unione detiene un terzo della ricchezza e un quinto del commercio mondiale; nel contesto globale odierno essa presenta quindi tutte le caratteristiche di una potenza in fieri.

2.1.2

I nuovi Stati membri, pur meno avanzati rispetto a quelli di più lunga data, portano con sé una dinamica economica — un tasso di crescita medio, nel 2003, pari al 3,6 %, contro lo 0,4 % dell'Europa dei 15 — che è destinata ad incidere profondamente e in senso positivo sulla congiuntura e sulla dinamica globale dell'Unione.

2.2   Le nuove sfide

2.2.1

Come per ogni cambiamento o mutazione importante, anche per la nuova dimensione dell'Europa occorreranno immancabilmente adeguamenti istituzionali, politici e di bilancio. Già i quattro precedenti ampliamenti — 1973 (Regno Unito, Irlanda, Danimarca), 1981-1986 (Grecia, Spagna, Portogallo), 1989 (riunificazione tedesca), 1995 (Svezia, Finlandia, Austria) — avevano reso necessari adeguamenti sostanziali.

2.2.2

L'ultimo ampliamento, eccezionale per il numero di nuovi Stati membri e per il loro modesto livello economico, comporta per l'Unione una serie di problemi specifici.

2.3   Frontiere dinamiche

Essendo stata rimessa in discussione la collocazione geografica, culturale, religiosa e storica dell'Unione, non è più possibile definire delle frontiere indiscutibili e intangibili per l'Europa. Nuove adesioni sono infatti già in programma (Romania, Bulgaria) o in via di discussione (Turchia, Croazia), e sono prevedibili ulteriori richieste. Queste dinamiche renderanno necessaria una maggiore coerenza, sia pure nel rispetto delle identità.

2.4   Divario economico

2.4.1

I 10 nuovi Stati membri hanno un reddito medio pro capite, espresso in potere di acquisto, che non supera il 76 % della media comunitaria attuale dei 15 Stati membri precedenti. I due paesi la cui adesione è prevista per il 2007 (Bulgaria e Romania), hanno un ritardo ancora maggiore in quanto non superano il 30 % della media comunitaria. È quindi necessario che l'Unione tenga conto, in termini di bilancio, di questa nuova situazione, in particolare nel quadro della discussione sulle prospettive finanziarie 2007-2013.

2.4.2

Nelle nuove disposizioni relative ai fondi bisogna tener conto di queste esigenze e dare alla Commissione i mezzi per una politica sostenibile delle finanze comunitarie e nazionali. Sotto questo profilo, il tetto del 4 % del PIL per l'accesso ai fondi comunitari appare come una condizione di efficacia economica e di equità. Tuttavia l'integrazione di nuovi Stati membri non elimina i divari di sviluppo che esistevano già nell'Europa dei 15. La politica di coesione economica, sociale e territoriale deve pertanto coprire tutta l'Unione ed essere dotata dei mezzi necessari per farlo.

2.5   Un bilancio contrastato

2.5.1

I finanziamenti europei hanno svolto un ruolo innegabile nel ridurre i divari tra Stati membri, ma questo impatto generale positivo non deve far passare in secondo piano le numerose riserve. Dall'analisi delle condizioni di attuazione della politica di coesione emerge del resto l'esigenza di profonde riforme.

L'obiettivo 1 ha ridotto notevolmente i divari tra Stati membri e tra regioni, sebbene l'assenza di risultati chiari nella riduzione dei divari all'interno di alcuni grandi Stati membri dimostri la difficoltà di attuare con successo una politica di coesione territoriale. D'altro canto le differenze tra uno Stato membro e l'altro si sono ridotte grazie non solo agli interventi strutturali, ma anche alle politiche macroeconomiche. A livello dei divari tra regioni, dove l'impatto delle azioni strutturali è determinante, si constata che gli interventi europei non sono sempre stati diretti verso le azioni chiave che avrebbero avuto un autentico effetto moltiplicatore. Questo relativo insuccesso viene spesso attribuito alla mancanza di una consultazione regolare e di un coinvolgimento effettivo dei soggetti della società civile. La questione è tanto più importante in quanto le suddette carenze sono ancora più rilevanti nei nuovi Stati membri.

L'obiettivo 2 ha avuto il merito di intervenire in numerose regioni europee, contribuendo così all'immagine dell'Unione e garantendo una stretta collaborazione con le forze economiche e sociali, sebbene in maniera variabile da uno Stato membro all'altro. Tuttavia l'obiettivo 2 è stato oggetto di critiche, incentrate in particolare sull'esiguità delle somme impegnate.

L'obiettivo 3 è stato spesso impiegato per cofinanziare azioni nazionali, senza un valore aggiunto o una visibilità europea.

I programmi di iniziativa comunitaria e le azioni innovative, grazie al collegamento in rete e alla fornitura di assistenza tecnica, hanno dimostrato un reale valore aggiunto, nonostante le procedure burocratiche sproporzionate.

Al Fondo di coesione, associato ai finanziamenti dell'obiettivo 1, è stato riconosciuto di aver svolto spesso un ruolo decisivo nel finanziare gli investimenti onerosi.

2.6   Un bilancio che preme a favore di una riforma ambiziosa della politica di coesione

2.6.1

Nel complesso emerge che l'impatto economico dei fondi strutturali è molto variabile in termini di misure; in ogni caso i fondi non possono essere considerati come un rimedio miracoloso per lo sviluppo economico delle regioni. Per le regioni o gli Stati che ne beneficiano essi non costituiscono un «passaporto per la crescita», bensì accompagnano gli sforzi compiuti dagli attori a livello di regioni e Stati meno avanzati. Vi è tuttavia il rischio che, in mancanza di una chiara definizione delle priorità effettuata insieme ai soggetti locali, i fondi si limitino a fornire soluzioni specifiche a svantaggi di tipo naturale o strutturale. Essi vanno pertanto considerati come uno strumento al servizio di una strategia attuata dai responsabili dello sviluppo con la partecipazione più ampia possibile dei cittadini interessati. Occorre pertanto destinare una parte considerevole dei fondi europei ad azioni innovatrici, onde promuovere lo sviluppo delle capacità locali e in tal modo rafforzare l'attrattiva e la competitività delle regioni in ritardo di sviluppo. Il ruolo dell'Unione è fondamentale per promuovere lo scambio di buone pratiche tra i soggetti coinvolti.

2.6.2

La riforma della politica di coesione dovrebbe tendere ad un migliore equilibrio tra gli investimenti destinati ad infrastrutture indispensabili e quelli destinati invece alle risorse umane, che beneficiano attualmente di un sostegno insufficiente, pur avendo un ruolo di primo piano nel rafforzare il potenziale delle regioni in ritardo di sviluppo.

2.6.3

Affinché i cittadini europei accettino e sostengano una politica di coesione più ambiziosa e in armonia con le esigenze del proprio territorio, è quindi indispensabile cercare di migliorarne l'efficacia e la qualità.

2.7   Il profilo della nuova politica di coesione

2.7.1

In tale contesto la proposta della Commissione concernente la politica di coesione dovrebbe da un lato rispondere alle esigenze di coesione territoriale dell'Europa allargata a 25 Stati membri, dall'altro contribuire ai grandi obiettivi dell'Unione, che sono la competitività nel quadro di un'economia basata sulla conoscenza, il perseguimento della piena occupazione e lo sviluppo sostenibile.

3.   Una proposta di regolamento più in armonia con le finalità di una riforma ambiziosa

3.1   I nuovi obiettivi della proposta di regolamento

3.1.1

Nuovo obiettivo 1 «Convergenza» che integra l'attuale obiettivo 1 dei fondi strutturali e il Fondo di coesione: comprenderà anche i finanziamenti relativi alla soppressione progressiva degli aiuti per ragioni statistiche.

3.1.1.1

Ne beneficeranno le regioni con un PIL pro capite inferiore al 75 % della media comunitaria, gli Stati detti di «coesione», ossia con un reddito nazionale lordo inferiore al 90 % della media comunitaria, come pure, a titolo di allocazione addizionale, le regioni ammissibili a beneficiare dell'attuale obiettivo 1 ma che ne usciranno per l'effetto statistico dell'ampliamento.

3.1.1.2

Aspetti finanziari: questo obiettivo riceverà globalmente il 78 % degli stanziamenti destinati alla politica di coesione, secondo quanto previsto dalle prospettive finanziarie 2007-2013; i programmi del nuovo obiettivo 1 saranno sostenuti dal FESR, dal FSE e dal Fondo di coesione.

3.1.1.3

Principali campi di intervento:

nell'ambito del FESR: ricerca e sviluppo tecnologico, innovazione e imprenditorialità, società dell'informazione, sviluppo — a livello locale — di contenuti, servizi e applicazioni, ambiente, turismo, energia, aiuto diretto agli investimenti delle PMI che contribuiscono a creare e a salvare posti di lavoro,

nell'ambito del FSE: accrescere l'adattabilità delle imprese e dei lavoratori, migliorare gli investimenti in capitale umano,

nell'ambito del Fondo di coesione: reti transeuropee dei trasporti, protezione dell'ambiente, settori che promuovono lo sviluppo sostenibile e presentano una dimensione ambientale.

3.1.2

Nuovo obiettivo 2 «Competitività regionale e occupazione»: riunisce gli attuali obiettivi 2 — regioni caratterizzate da difficoltà strutturali — e 3 — occupazione e formazione.

3.1.2.1

Sono stati scelti due assi di intervento:

competitività regionale, attraverso programmi regionali finanziati esclusivamente dal FESR. In tale contesto vengono affrontati i problemi derivanti dalla ristrutturazione economica nelle zone urbane e rurali, nonché gli svantaggi strutturali e naturali di determinate regioni, in particolare quelle insulari o scarsamente popolate,

occupazione: attraverso programmi nazionali finanziati esclusivamente dal FSE; vengono sostenute le politiche rivolte alla piena occupazione, alla qualità e alla produttività, come pure all'inserimento sociale.

Questo obiettivo rimane conforme alla strategia annunciata dal Consiglio europeo di Lisbona: rafforzare l'occupazione, la riforma economica e la coesione sociale nel quadro di un'economia fondata sulla conoscenza e all'insegna dello sviluppo sostenibile.

3.1.2.2

Le aree interessate sono complessivamente tutte quelle al di fuori del nuovo obiettivo 1.

3.1.2.3

Aspetti finanziari: questo obiettivo riceverà globalmente il 18 % degli stanziamenti destinati alla politica di coesione, secondo quanto previsto dalle prospettive finanziarie 2007-2013. I finanziamenti saranno ripartiti a metà tra i due assi di intervento.

3.1.2.4

Principali campi di intervento:

nell'ambito del FESR: da un lato innovazione ed economia della conoscenza, accesso ai servizi di trasporto e di telecomunicazione che rivestono un interesse economico generale, promozione dell'accesso delle PMI alle TIC, dall'altro ambiente e prevenzione dei rischi,

nell'ambito del FSE: accrescere l'adattabilità delle imprese e dei lavoratori.

3.1.3

Nuovo obiettivo 3 «Cooperazione territoriale europea»: dedicato alla cooperazione interregionale ed europea, esso prenderà il posto dell'attuale programma di iniziativa comunitaria Interreg.

3.1.3.1

Aree interessate: gli Stati membri e le regioni proporranno delle zone di cooperazione transnazionale sulla base delle 13 attuali zone di cooperazione Interreg III B; la Commissione deciderà poi in merito alle aree di cooperazione in partenariato con gli Stati membri e le regioni. Le azioni saranno analoghe a quelle di Interreg III B, con particolare attenzione per le priorità di Lisbona e di Göteborg. Sostegno alle reti di cooperazione interregionale. È interessato l'intero territorio della Comunità.

3.1.3.2

Aspetti finanziari: questo obiettivo riceverà globalmente il 4 % degli stanziamenti destinati alla politica di coesione, secondo quanto previsto dalle prospettive finanziarie 2007-2013. Fondo interessato: FESR.

3.1.3.3

Principali campi di intervento: l'obiettivo in questione comprende tre tipi di cooperazione territoriale:

cooperazione transfrontaliera: sviluppo dell'imprenditorialità e delle PMI, sviluppo del turismo, riduzione dell'isolamento grazie a un migliore accesso ai servizi e alle reti di trasporto, di informazione e di comunicazione,

cooperazione transnazionale: miglioramento dell'accessibilità, sviluppo tecnologico e attività di ricerca e sviluppo tecnologico,

sostegno delle reti di cooperazione interregionale: innovazione ed economia della conoscenza, ambiente e prevenzione dei rischi, dimensione urbana.

3.2   Per un approccio globale alla politica di coesione

3.2.1

La politica di coesione, nella componente strategica che le deriva dal promuovere uno sviluppo generale armonioso in tutta la Comunità, in particolare attraverso la riduzione del divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni, presenta delle specificità che ne fanno un soggetto negoziale prioritario, specialmente nel quadro dei nuovi negoziati in materia di bilancio.

3.2.2

In tale contesto il ruolo della politica di coesione sarà fondamentale per i nuovi e i futuri Stati membri. Il loro ritardo economico e la vetustà delle loro infrastrutture sono realtà oggi ben note, che giustificano pienamente l'applicazione della politica di coesione sin dal momento della loro adesione all'Unione.

3.2.3

Non va nondimeno dimenticato che per gli attuali Stati membri la politica di coesione mantiene comunque una grande importanza. Innanzitutto riveste particolare rilievo politico l'attaccamento delle regioni dell'obiettivo 1 alle politiche di coesione. Inoltre, alcune delle regioni che beneficiano attualmente della politica di coesione, ma rischiano di esserne tra breve escluse, attraversano ancora gravi difficoltà interne sotto il profilo della coesione territoriale.

3.2.3.1

Il Terzo rapporto sulla coesione ha messo giustamente in evidenza che, mentre è stato possibile riassorbire in parte i divari tra gli Stati, quelli tra le regioni di uno stesso Stato permangono o si aggravano addirittura in taluni casi, il che dimostra che gli svantaggi naturali o strutturali sono una realtà. Queste disparità sarebbero ancora più marcate senza l'intervento delle politiche strutturali e di coesione, e ciò per la forte tendenza alla polarizzazione dello sviluppo economico nelle zone più ricche.

3.2.4

Infine, appare opportuno coinvolgere le regioni di tutti gli Stati membri, di fronte all'obiettivo di una maggiore adesione dei cittadini all'integrazione europea. Non va inoltre dimenticata l'importanza politica di questi finanziamenti, che costituiscono uno strumento di comunicazione per l'Unione. Da numerosi osservatori l'Unione è spesso percepita come un'entità distante e una fonte di norme costrittive; i finanziamenti europei sono invece i vettori di una politica di prossimità.

3.2.5

Inoltre, nel Trattato costituzionale la coesione territoriale viene vista come un fondamentale principio di azione dell'Unione. Di conseguenza gli strumenti strutturali al servizio di tale politica possono agire in nome dell'Unione e devono quindi mobilitare in un modo o nell'altro le risorse di tutti gli Stati membri, sia sul piano finanziario, in nome della solidarietà comunitaria, che in termini di idee, di competenze e di progetti. La visibilità europea dell'azione strutturale è pertanto fondamentale, così come lo è garantire che ciascun progetto abbia un valore aggiunto europeo, non in termini pecuniari ma grazie alle strategie comuni, agli scambi, alla collaborazione e alla condivisione di competenze che l'Unione apporterà.

3.3   Rafforzare la partecipazione dei soggetti economici e sociali

3.3.1

La Commissione non ha seguito le raccomandazioni del Comitato — contenute in un parere esplorativo (5) — volte a rafforzare il ruolo degli attori economici e sociali: diritto di voto negli organi di preparazione e di monitoraggio, sostegno tecnico, selezione rigorosa dei partner, precisazioni sul ruolo dei comitati di sorveglianza. Il Comitato esprime stupore per le carenze della proposta della Commissione, che non è all'altezza degli impegni politici assunti a favore del rafforzamento del partenariato. Si rammarica del fatto che la Commissione abbia mancato di coraggio politico in questo settore, laddove l'efficacia della politica di coesione dipende in grande misura da un adeguato coinvolgimento dei soggetti economici e sociali e delle altre organizzazioni interessate della società civile. Il Comitato ritiene che tale lacuna sia in contraddizione con i principi di democrazia partecipativa stabiliti nel Trattato costituzionale. Di fronte al divario esistente tra le istituzioni e i cittadini, si presenta un'occasione concreta di rispondere meglio alle aspettative della società civile. L'esperienza di una consultazione autentica con le forze economiche e sociali (come in Irlanda del Nord) ha mostrato benefici in termini di qualità e di efficacia; la Commissione dovrebbe quindi promuovere più attivamente la pratica effettiva del partenariato.

3.3.1.1

Sempre più spesso si lamenta una partecipazione insufficiente alle politiche strutturali comunitarie, il che influisce negativamente sulla visibilità, sulla trasparenza e sull'efficacia della politica di coesione. Il Comitato è preoccupato dell'insoddisfazione crescente, mostrata in particolare da organizzazioni della società civile dei nuovi Stati membri, di fronte a questa mancanza di cooperazione. In tale contesto raccomanda di istituire dei consigli economici e sociali nazionali e regionali o istituzioni analoghe, che potrebbero così garantire, in modo autonomo, un processo trasparente e aperto di consultazione e monitoraggio.

3.3.1.2

In questo contesto va notato che manca una valutazione e che la Commissione non si è espressa in merito alla questione fondamentale del coinvolgimento delle parti economiche e sociali. Data la carenza di regole e di norme a livello sia comunitario che nazionale, la presenza delle parti sociali e delle altre organizzazioni interessate della società civile non è garantita in tutte le fasi di applicazione dei fondi strutturali.

3.3.1.3

La Commissione dovrebbe insistere sul rafforzamento delle capacità degli attori locali e regionali, degli enti territoriali e dei rappresentanti della società civile. Sorprende il fatto che i regolamenti del FESR e del FEASR si limitino a menzionare il rafforzamento delle capacità amministrative per una buona governance, mentre la Commissione, nel Libro bianco sulla governance  (6), ha sottolineato che la società civile ha una responsabilità essenziale in questo senso. Il Comitato chiede espressamente che per ciascun programma siano previste azioni di rafforzamento delle capacità dei soggetti economici e sociali regionali (come avviene nella proposta di regolamento del FSE, che assegna a questo scopo il 2 % delle risorse), sostenute però da dotazioni più adeguate, pari almeno al 5 % per ciascun programma; chiede anche che le organizzazioni economiche e sociali siano esplicitamente ammesse a beneficiare delle misure di assistenza tecnica (art. 43).

3.3.1.4

Il Comitato ritiene che il principale elemento dell'attuazione e della valutazione della politica di coesione consista nella qualità del partenariato; chiede pertanto alla Commissione di preparare una relazione sull'attuazione del partenariato e propone di contribuire raccogliendo le opinioni delle organizzazioni della società civile. Invita poi il Parlamento a valutare le proposte di regolamento dal punto di vista delle disposizioni riguardanti il partenariato, un aspetto questo la cui carenza sta ad indicare il disimpegno delle autorità comunitarie.

3.4   Priorità da ridefinire a livello europeo

3.4.1

Il Comitato accoglie con favore la proposta della Commissione di sintonizzare la politica di coesione con i grandi obiettivi strategici dell'Unione, segnatamente i cosiddetti processi di Cardiff, Lussemburgo, Lisbona e Göteborg. Il dibattito sulle priorità dovrà anche tener conto degli impegni contenuti nella Carta europea delle piccole imprese e delle considerazioni in materia di qualità dei servizi pubblici che sono state ribadite a Barcellona. Il Comitato è favorevole alla definizione di orientamenti vincolanti tali da integrare le priorità politiche dell'Unione ed elaborati in collaborazione con gli Stati membri, il Comitato delle regioni e il Comitato economico e sociale europeo.

3.4.2

Il Comitato auspica che questi grandi orientamenti vengano maggiormente concretizzati nella proposta di regolamento. Infatti una scelta deliberata a favore dell'istruzione, della formazione, degli strumenti della società della conoscenza e dello sviluppo sostenibile vi figura in forma più chiara in quanto si tratta di priorità essenziali.

3.4.3

Le infrastrutture di base sono indispensabili alle regioni meno avanzate per compensare i loro svantaggi; esse comprendono i trasporti, gli istituti di istruzione e di ricerca, le infrastrutture per il miglioramento dell'ambiente.

3.4.4

Per le regioni caratterizzate da svantaggi naturali si dovrebbero predisporre delle misure di sostegno permanenti, in modo da garantire le pari opportunità e la continuità del territorio europeo.

3.4.5

Per quanto riguarda gli aiuti alle imprese, il Comitato ritiene che occorra evitare le distorsioni della concorrenza e constata che solo di rado tali aiuti sono molto efficaci, a causa delle scadenze di attribuzione particolarmente lunghe. Gli sforzi dovrebbero essere maggiormente rivolti a creare un ambiente favorevole alla nascita e allo sviluppo delle imprese (formazione, infrastrutture, azioni collettive). Riguardo agli aiuti alle imprese, il Comitato, fatte le debite riserve di cui sopra, si compiace del fatto che venga data priorità allo sviluppo delle piccole e medie imprese e che le aziende che hanno ricevuto aiuti debbano impegnarsi a mantenere per almeno sette anni la localizzazione dei loro investimenti.

3.4.6

Il Comitato sottolinea l'importanza di rafforzare le capacità di ricerca e di innovazione, in quanto motori dello sviluppo locale e in conformità con gli obiettivi di Lisbona, come pure l'istruzione e la formazione. Nelle conclusioni del vertice di Lisbona si prevede infatti un rafforzamento delle capacità di istruzione, sia al livello di base che attraverso il perfezionamento professionale lungo tutto l'arco della vita.

3.4.7

Anche la politica di coesione dovrebbe promuovere il rafforzamento delle infrastrutture sanitarie nelle regioni maggiormente in ritardo, come pure partecipare alla lotta contro le cause dell'esclusione. Al riguardo, la divulgazione delle esperienze positive maturate nell'Unione potrebbe fornire un autentico valore aggiunto comunitario. In tale contesto bisognerebbe dedicare particolare attenzione ai gruppi emarginati, come i migranti o le minoranze etniche senza lavoro e senza accesso all'istruzione. Al di là dei sussidi, raramente efficaci, bisognerebbe intensificare il trasferimento di esperienze attraverso metodi di comprovata validità e favorire la diffusione delle esperienze positive.

3.4.8

Per quanto riguarda più in particolare l'esclusione sociale, il Comitato ritiene importante inserire le attività volte a prevenire l'esclusione tra quelle finanziate dai fondi strutturali, e fare in modo che i fondi stessi non producano difficoltà di accesso supplementari per i portatori di handicap. Dato che i fondi strutturali sono uno strumento essenziale per ridurre e attenuare l'esclusione sociale e combattere la discriminazione contro i portatori di handicap, gli Stati membri e la Commissione devono fare in modo che i fondi strutturali siano utilizzati come strumento economico al fine di:

migliorare l'accesso all'occupazione e aumentare la partecipazione al mercato del lavoro,

rafforzare l'inclusione sociale e combattere la discriminazione,

avviare riforme nel campo dell'occupazione specie a favore dei portatori di handicap.

3.4.8.1

Le proposte della Commissione, nella loro forma attuale, non tengono sufficientemente conto della componente sociale. I fondi strutturali e in particolare il FSE devono costituire uno strumento per l'occupazione, ma anche per la strategia europea di inclusione sociale, favorendo lo sviluppo di mercati del lavoro specificamente orientati verso questa finalità.

3.4.9

Tra le priorità bisognerebbe anche inserire lo sviluppo endogeno, che si realizza attraverso una conoscenza quanto più possibile approfondita del territorio e richiede pertanto strumenti di osservazione che coinvolgano tutti i soggetti nel quadro di un partenariato locale. Particolare attenzione va dedicata alla situazione nelle grandi metropoli, secondo le modalità indicate nel parere di iniziativa adottato di recente dal Comitato (7).

3.4.10

Nel regolamento devono essere previste procedure volte a sostenere l'aspetto innovativo delle azioni in termini sia di metodi che di tipologia delle operazioni previste. L'Unione deve svolgere in tal senso un ruolo chiave nel sostenere e diffondere le innovazioni nell'ambito della politica di coesione economica, sociale e territoriale, nonché fornire un autentico valore aggiunto europeo alle azioni concepite e realizzate a livello locale, regionale, nazionale e internazionale.

3.5   Inserimento dei metodi nella dinamica europea

3.5.1

Con il passar del tempo, le procedure europee si sono fatte sempre più sofisticate, rendendo estremamente complesse le operazioni, a scapito della visibilità e dell'accessibilità. Le medesime carenze si constatano già nei paesi candidati al momento di mettere in atto gli aiuti di preadesione. Nella presentazione, nell'attuazione e nella gestione dei fondi strutturali sono invece essenziali la semplicità, la ricerca della via più breve e tempi di esame dei dossier compatibili con le esigenze dei progetti.

3.5.2

S'impongono quindi cambiamenti radicali in favore di una semplificazione delle procedure. Non è raro che le regole nazionali si sovrappongano alle esigenze delle regolamentazioni comunitarie, generando così difficoltà talvolta pressoché insuperabili quando si tratta di azioni transfrontaliere o transnazionali. In tale contesto, il Comitato nutre forti preoccupazioni per la proposta della Commissione che mira a riportare al livello nazionale la scelta dei criteri di ammissibilità, fatta esclusione per l'obiettivo 3 e a condizione che sia lo Stato membro a farne domanda, e si chiede quale ne sia la motivazione. Il Comitato esige che venga definita una base comune di criteri di ammissibilità, onde mantenere coerente questa politica.

3.5.3

Scelta delle regioni interessate: il Comitato è fortemente in disaccordo sul fatto che la Commissione demandi agli Stati membri la scelta delle regioni beneficiarie dei fondi strutturali, in quanto ritiene che tale scelta debba essere effettuata congiuntamente dalla Commissione e dallo Stato membro. In tale contesto particolare attenzione meriterebbero le regioni con svantaggi strutturali e naturali: sarebbe opportuno infatti che la Commissione partecipasse attivamente alla selezione di tali regioni al fine di garantire parità di trattamento in tutta Europa. Sarebbe per esempio del tutto anomalo che un'isola di uno Stato membro venisse dichiarata ammissibile, al contrario invece di un'isola vicina, dalle medesime caratteristiche, ma appartenente a un altro Stato membro. I cittadini potrebbero allora chiedersi a buon diritto quale sia la dimensione e la coerenza europea di queste scelte.

3.5.4

Definizione delle priorità: anche in tale settore sarebbe opportuno rafforzare il ruolo dell'Unione, in maniera che si possano utilizzare i fondi come elemento moltiplicatore per accelerare le azioni inserite tra le priorità dell'Unione, in particolare la strategia di Lisbona e le grandi reti transeuropee.

3.5.4.1

Si tratterà comunque di esercitare la massima vigilanza in modo da scongiurare il rischio sempre presente di una rinazionalizzazione delle politiche in materia di fondi strutturali. I metodi di attuazione non dovranno in alcun caso indebolire, ma al contrario rafforzare la dimensione europea.

3.5.4.2

In linea generale, il documento della Commissione sulle disposizioni generali relative ai tre fondi strutturali appare troppo ambizioso. Se si considerano tutti gli aspetti (ricerca, innovazione, investimenti nell'istruzione, società dell'informazione, investimenti nei trasporti, ambiente, ecc.) senza suggerire delle priorità, vi è il rischio di non poter realizzare il programma in quanto le risorse potrebbero rivelarsi inadeguate rispetto alle esigenze.

3.5.4.3

Il Comitato ravvisa la necessità di inserire nel testo del regolamento maggiori riferimenti alle priorità da definire in termini di argomentazioni e di contenuti. Questa raccomandazione sarà ripresa e sviluppata nei pareri specifici dedicati a ciascun fondo.

3.5.5

Cooperazione tra Stati membri, regioni e attori della società civile: il Comitato si rammarica che il dispositivo predisposto sposti nuovamente sugli Stati membri la responsabilità delle strategie e dei mezzi di azione. Non vengono adeguatamente evidenziate le possibilità di avviare forme di cooperazione tra più Stati membri, che avrebbero un ruolo essenziale nel quadro della strategia di Lisbona (innovazione, istruzione, grandi reti, diffusione delle conoscenze). Sarebbe pertanto opportuno favorire e rendere maggiormente flessibili le condizioni di accesso ai finanziamenti destinati alla cooperazione transfrontaliera e tra Stati membri.

3.5.5.1

Di fronte all'urgenza e alla necessità di creare un dispositivo europeo uniforme in materia di cooperazione tra le regioni e gli Stati membri, il Comitato accoglie con estremo favore l'istituzione dei gruppi europei di cooperazione transfrontaliera (GECT).

3.5.5.2

C'è tuttavia da chiedersi se, nella pratica, questo strumento destinato esclusivamente alla cooperazione transfrontaliera, non dovrebbe essere definito con maggior precisione, specificando in particolare i requisiti di gestione dei progetti per ciascuna forma di cooperazione. Questa preoccupazione viene ripresa e sviluppata nel parere specifico sui GECT.

3.5.6

Partenariato pubblico/privato : nel parere esplorativo sul partenariato per l'attuazione dei fondi strutturali, il Comitato raccomanda il rafforzamento del partenariato pubblico/privato come fattore di riuscita dei progetti grazie ai suoi contributi in fatto di legittimità, coordinamento, efficacia e trasparenza. In tale contesto il Comitato si chiede quali sarebbero gli effetti del cambiamento introdotto dalla Commissione in termini di tasso di cofinanziamento, che potrebbe essere sostenuto solo dalle finanze pubbliche. Il mantenimento di tale regola comporterebbe nel tempo una riduzione o addirittura un azzeramento della componente privata dei partenariati, il che sarebbe contrario alla volontà di incoraggiare i contributi del settore privato. Il Comitato chiede alla Commissione di eseguire un'analisi di impatto preliminare su questa nuova misura. Chiede inoltre che tale regola non venga applicata in alcun caso alle azioni di assistenza tecnica a favore degli attori economici e sociali, in maniera da non vincolare il sostegno dell'Unione a quello delle amministrazioni nazionali. I fondi propri delle organizzazioni dovrebbero poter servire da base agli interventi dei fondi strutturali europei.

3.5.7

Fondo unico: il considerando 35 della proposta di regolamento specifica che occorre semplificare la programmazione e la gestione dei fondi strutturali prevedendo il finanziamento dei programmi operativi da parte del FESR o del FSE. Questa novità, pur snellendo il funzionamento dei programmi, deve ancora dimostrare di migliorare il coordinamento e la comprensibilità dei fondi a livello regionale. Il Comitato avrebbe preferito un fondo unico per tutta la politica di coesione, ma non è questa la via scelta dalla Commissione.

3.5.8

Quadro strategico nazionale: la Commissione propone che, prima del nuovo periodo di programmazione, il Consiglio, sentito il parere del Parlamento, adotti un documento strategico globale per la politica di coesione. Così ogni Stato membro dovrà preparare un documento politico relativo alla propria strategia di sviluppo, che sarà negoziato con la Commissione. Il Comitato auspica che sia la Commissione a garantire il coordinamento, in maniera che gli Stati membri si concertino tra loro sugli obiettivi dei documenti strategici onde garantire un'autentica coerenza intorno a problematiche d'interesse comune. Andrebbe infatti favorito l'inserimento delle riflessioni e delle strategie di dimensione europea, specialmente transfrontaliere, in questi quadri strategici nazionali.

3.5.9

Comitato di sorveglianza: in linea con quanto sopra, il Comitato è contrario alla proposta di rendere facoltativa la presenza della Commissione alle riunioni dei comitati di sorveglianza. Ritiene che bisognerebbe invece rendere più visibile agli occhi dei cittadini l'azione dell'Unione e rafforzare il ruolo dei comitati di sorveglianza invece di indebolirli istituendo una procedura supplementare. L'assenza della Commissione lascerà le parti economiche e sociali e le altre organizzazioni interessate della società civile sole di fronte alle amministrazioni, quando invece esse si attendono che questa vigili sul principio di partenariato.

3.5.10

Addizionalità: il Comitato approva il principio di addizionalità, a condizione che esso sia applicato in maniera corretta e flessibile, ossia nel quadro degli obiettivi e dei programmi e non progetto per progetto.

3.5.11

Modulazione dei tassi: il Comitato accoglie con favore la proposta di modulare il tasso di partecipazione in funzione degli svantaggi geografici delle regioni beneficiarie. Chiede che sia introdotta la possibilità di cumulare le maggiorazioni nel caso di regioni interessate da più svantaggi, come nel caso di isole scarsamente popolate, zone rurali e/o montane. Il Comitato sottolinea che queste regioni, caratterizzate da bassa densità demografica, rientrano sempre, a causa dei loro svantaggi naturali permanenti, tra gli obiettivi prioritari della politica strutturale. «Nelle loro modalità di attuazione la politica regionale e la politica per lo sviluppo rurale devono considerare questo aspetto, in particolare proponendo un tasso di cofinanziamento superiore in modo da tener conto di tali difficoltà» (8).

3.5.12

Rendere più efficace la gestione decentrata: il Comitato ritiene che il continuo rimando agli Stati membri e alle amministrazioni locali sia troppo rischioso e riduca in buona parte la trasparenza dell'azione dell'Unione. Propone quindi che vengano istituite delle agenzie di esecuzione a cui affidare compiti temporanei, specie per i paesi candidati. Uno di tali compiti potrebbe consistere nel favorire l'analisi comparativa dei risultati migliori e delle esperienze più riuscite, al fine di favorirne la diffusione. In tutti i casi, l'azione dell'Unione dovrebbe essere maggiormente visibile e identificabile per i cittadini. La presenza di rappresentanti dell'Unione o di enti locali che operano a loro nome sarebbe la manifestazione più tangibile di questa visibilità, più efficace del ricorso a cartelli su cui figurano i simboli o gli acronimi — solitamente ermetici — degli strumenti europei.

3.5.13

Promuovere il metodo delle sovvenzioni globali: il Comitato si compiace che la proposta di regolamento confermi la procedura delle sovvenzioni globali assegnate ad organismi presenti sul campo. Si tratta infatti di una procedura perfettamente indicata per le azioni a favore delle microimprese. Il Comitato si rallegra che la Commissione abbia preso in considerazione la sua richiesta di rendere più flessibili le regole di assegnazione di tali sovvenzioni globali. Si rammarica però che non sia stato accolto il suo invito a distribuire in questa forma almeno il 15 % degli interventi, nonostante la comprovata efficacia del sistema, e reitera pertanto tale proposta.

3.5.14

Ovunque possibile, l'Unione deve rafforzare la propria visibilità per conferire al proprio intervento una dimensione europea. Occorre sviluppare — ricorrendo a partenariati europei — le priorità e i metodi che devono consentire una maggiore efficacia. Il successo della politica di coesione non consiste tanto nell'entità dei fondi trasferiti quanto nella definizione delle priorità e nella qualità dei metodi di lavoro. La solidarietà non ha alcun senso se non è accompagnata dalla cooperazione.

3.5.15

Valutazione: il Comitato insiste nell'affermare che la valutazione dell'impatto dei programmi dev'essere anzitutto qualitativa, piuttosto che contabile e amministrativa, come invece avviene oggi il più delle volte. A tale valutazione devono in primo luogo partecipare gli attori della società civile.

3.5.16

Nella proposta di regolamento si afferma che gli Stati membri «forniscono risorse umane e finanziarie adeguate per svolgere le valutazioni» e che «nell'ambito dell'obiettivo»«Convergenza», essi redigono inoltre un piano di valutazione destinato a migliorare la gestione dei programmi operativi e la loro capacità in materia di valutazione (art. 46, par. 1). Se da un lato la Commissione incarica gli Stati membri di controllare l'esecuzione dei programmi, essa dovrebbe, dall'altro, affermare con convinzione il proprio diritto a controllare in modo permanente l'utilizzazione dei fondi strutturali e di coesione negli Stati membri. Visti i frequenti episodi di malfunzionamento, il Comitato ritiene che una rinuncia della Commissione alle attività di valutazione genererebbe inevitabilmente delle situazioni dannose per tutti.

3.5.17

Annullare i finanziamenti non impegnati: il Comitato dubita dell'utilità della regola «N + 2», che sopprime i finanziamenti non ancora impegnati due anni dopo il periodo di programmazione previsto. L'esperienza dimostra che le autorità nazionali, per aggirare tale disposizione, sono tentate di approvare in maniera affrettata progetti di dubbia utilità, talvolta con la tacita complicità della Commissione. Il Comitato ritiene che l'unico criterio permanente dovrebbe essere quello di una rigorosa valutazione dei progetti da parte dell'Unione in funzione degli obiettivi prefissati. Il Comitato ribadisce che è più importante assicurarsi che le somme non utilizzate entro le scadenze previste vengano riciclate, piuttosto che impiegarle, in maniera affrettata e superficiale, sotto la minaccia del disimpegno automatico.

3.5.18

D'altro canto, in varie relazioni della Corte dei conti si constata che gli Stati membri non sono in grado di utilizzare i fondi ricevuti. L'attenzione sarà rivolta in futuro ai nuovi paesi: sarà bene, quindi, tener conto di questi dati e avviare gli interventi correttori corrispondenti.

3.5.19

La nuova autorità di audit: l'istituzione dell'autorità di audit sembrerebbe rafforzare le strutture di controllo, aggiungendosi alle preesistenti autorità di gestione (art. 59) e di certificazione (art. 60). La proposta di regolamento prevede l'adozione di una strategia di audit (art. 61, par. 1, lett. c)); all'autorità di audit è infatti richiesto di «presentare alla Commissione entro sei mesi dall'approvazione del programma operativo una strategia di audit riguardante gli organismi preposti alle verifiche (…), il metodo di lavoro, il metodo di campionamento (…)». Occorrerà inoltre elaborare ogni anno, e per ciascun programma operativo, un parere il cui contenuto si avvicini alla dichiarazione di validità finale. Ai sensi dell'art. 61, par. 1, l'autorità di audit deve infatti «fornire, alla chiusura del programma operativo, una dichiarazione che accerti la validità della domanda di pagamento del saldo finale, (…) suffragata da una relazione di controllo finale». Il Comitato ribadisce le proprie raccomandazioni di istituire dei dispositivi di audit e di controllo dell'esecuzione dei programmi incentrati su aspetti qualitativi e non solo quantitativi. Esprime inoltre il proprio rammarico per la delega alle autorità di audit nazionali, con la quale, una volta di più, l'Unione abdica alle proprie responsabilità. Il Comitato attende il parere della Corte dei conti in merito a questa proposta e auspica comunque che la Corte sia coinvolta in qualsiasi dispositivo di audit che verrà predisposto.

4.   La riserva di qualità/prestazioni e la riserva per imprevisti

4.1

Il Comitato sostiene le proposte in materia di riserve, che figuravano nel suo parere esplorativo sul tema «La coesione economica e sociale: competitività delle regioni, governance e cooperazione» (9). Ritiene nondimeno che le disposizioni contenute nel regolamento debbano essere inquadrate e definite meglio, seguendo le proposte che esso stesso aveva avanzato, più precisamente:

per quanto riguarda la riserva di qualità e di prestazioni, ampliare i criteri di attribuzione, includendovi un'analisi di impatto economico e sociale dei risultati ottenuti, piuttosto che fare riferimento a criteri quantitativi o amministrativi. In tale contesto, sarebbe importante utilizzare come criterio anche l'attuazione della strategia di Lisbona, in linea con le raccomandazioni formulate da Wim KOK,

per quanto riguarda la riserva per imprevisti, il Comitato appoggia la proposta della Commissione, a condizione che il regolamento preveda espressamente il coinvolgimento degli attori economici e sociali. Il Comitato insiste nell'affermare che il compito prioritario dei fondi strutturali dev'essere quello di far fronte alle ripercussioni economiche e sociali prodotte dai grandi mutamenti, quali l'ampliamento, la globalizzazione, l'introduzione di nuove tecnologie ed altri ancora.

Bruxelles, 6 aprile 2005.

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  GU C 74 del 23.3.2005, pag. 32.

(2)  La politica europea di cooperazione transfrontaliera e l'esperienza del programma Interreg, GU C 155 del 29.5.2001, pag. 12.

Seconda relazione sulla coesione economica e sociale, GU C 193 del 7.8.2001, pag. 70.

Il futuro della politica di coesione nella prospettiva dell'allargamento e del passaggio all'economia della conoscenza, GU C 241 del 7.10.2002, pag. 66.

Una strategia per il futuro delle regioni ultraperiferiche dell'Unione europea, GU C 221 del 17.9.2002, pag. 37.

Il futuro delle aree montane nell'Unione europea, GU C 61 del 14.3.2003, pag. 113.

Il contributo delle politiche comunitarie non strutturali alla coesione economica e sociale, GU C 10 del 14.1.2004, pag. 92.

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - La programmazione dei fondi strutturali 2000/2006: una prima valutazione dell'iniziativa URBAN, GU C 133 del 6.6.2003, pag. 53.

Seconda relazione intermedia sulla coesione economica e sociale, GU C 234 del 30.9.2003, pag. 45.

Il partenariato quale strumento di attuazione dei fondi strutturali, GU C 10 del 14.1.2004, pag. 21.

La coesione economica e sociale: competitività delle regioni, governance e cooperazione, GU C 10 del 14.1.2004, pag. 88.

Le aree metropolitane europee: implicazioni socioeconomiche per il futuro dell'Unione, GU C 302 del 7.12.2004, pag. 101.

Terzo rapporto sulla coesione economica e sociale - Un nuovo partenariato per la coesione: convergenza, competitività e cooperazione, GU C 302 del 7.12.2004, pag. 60.

(3)  Parere esplorativo del CESE sul tema «Il partenariato quale strumento di attuazione dei fondi strutturali», GU C 10 del 14. 1.2004, pag. 21.

(4)  Parere esplorativo del CESE sul tema «La coesione economica e sociale: competitività delle regioni, governance e cooperazione», GU C 10 del 14.1.2004, pag. 88.

(5)  Parere del CESE sul tema «Il partenariato quale strumento di attuazione dei fondi strutturali», GU C 10 del 14.1.2004, pag. 21.

(6)  La governance europea: un Libro bianco, COM(2001) 428 def.

(7)  Parere di iniziativa sul tema «Le aree metropolitane europee: implicazioni socioeconomiche per il futuro dell'Unione», GU C 302 del 7.12.2004, pag. 101.

(8)  Parere del CESE sul tema «Il 2o pilastro della PAC: le prospettive di adattamento della politica di sviluppo delle zone rurali» (Il seguito della conferenza di Salisburgo), GU C 302 del 7.12.2004, pag. 53.

(9)  GU C 10 del 14.1.2004, pag. 88, punto 3.8.