30.4.2004   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 110/40


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema le ripercussioni dell'accordo per la Zona di libero scambio delle Americhe (FTAA) sulle relazioni UE/America Latina/Caraibi

(2004/C 110/11)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 21 gennaio 2003, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere sulle ripercussioni dell'accordo per la Zona di libero scambio delle Americhe (FTAA) sulle relazioni UE/America Latina/Caraibi.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 15 dicembre 2003, sulla base del rapporto introduttivo predisposto dal relatore SOARES.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 25 febbraio 2004, nel corso della 406a sessione plenaria del 25 e 26 febbraio 2004, ha adottato il seguente parere con 109 voti favorevoli, 8 voti contrari e 15 astensioni.

1.   Sintesi del parere

1.1

Il processo per addivenire all'accordo per la Zona di libero scambio delle Americhe (FTAA: Free Trade Area of the Americas), varato dagli Stati Uniti d'America, costituisce un'iniziativa di ampia portata intesa a trasformare il continente americano in uno dei più vasti spazi commerciali del mondo, con oltre 800 milioni di abitanti, un PIL complessivo di oltre 11 000 miliardi di euro e scambi commerciali per oltre 3 500 miliardi di euro.

1.2

Malgrado le varie vicissitudini subite dal processo e i dubbi formulati da taluni sul rispetto dei termini stabiliti dal calendario, è stata sinora mantenuta per la conclusione dei negoziati la scadenza del gennaio 2005, fissata per permettere che la FTAA entri in vigore nel dicembre dello stesso anno. Il fallimento della riunione ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio, svoltasi dal 10 al 14 settembre 2003 a Cancún, ha impresso nuovo slancio al progetto FTAA, il cui prossimo vertice straordinario è stato poi fissato nel gennaio 2004. Il precedente vertice ministeriale, tenutosi a Miami a metà novembre, ha permesso di sbloccare i negoziati al fine di rispettare la data ufficiale di entrata in vigore (dicembre 2005). L'intesa raggiunta in tale sede punterebbe tuttavia a un accordo per una FTAA più semplificata.

1.3

Una delle caratteristiche dell'accordo nonché motivo della principale critica formulata da numerosi settori della società latino-americana, è che esso riveste unicamente un carattere commerciale, il che non farà altro che aggravare gli squilibri esistenti nella regione, dove gli Stati Uniti rappresentano da soli il 77 % del PIL e il 62 % delle esportazioni totali del continente.

1.4

Le posizioni della società civile dell'America Latina e dei Caraibi (ALC) in merito a questo progetto sono assai divergenti. Da una parte il mondo degli affari vede nel progetto una possibilità di accedere al grande mercato americano, nonostante talune imprese temano la concorrenza americana e canadese; dall'altra diversi settori, raggruppati intorno all'Alleanza sociale continentale (ASC: composta da sindacati, ONG e istituti universitari), respingono invece il progetto, anche perchè esso non contempla, o non considera a sufficienza, alcuni degli aspetti che stanno loro maggiormente a cuore: rispetto dell'ambiente, diritto dei lavoratori, esclusione sociale, indebitamento estero, democrazia e rispetto dei diritti dell'uomo, sfruttamento dei minori e rispetto delle comunità autoctone.

1.5

È imperativo che l'Unione europea dimostri maggiore volontà politica nelle proprie relazioni con i paesi di America Latina e Caraibi, tanto più che sono in gioco i suoi interessi economici e commerciali. L'Unione europea non deve dimenticare che a suo tempo l'entrata in vigore del NAFTA (North America Free Trade Agreement) ha avuto notevoli ripercussioni negative sulle imprese europee, le quali hanno perduto metà del mercato messicano. Nonostante l'accordo d'associazione rapidamente negoziato dall'UE con il Messico, le quote di mercato perse non sono state interamente recuperate.

1.6

L'attuale contesto politico e sociale dell'America Latina è tale da favorire una positiva conclusione dei negoziati con i partner dell'America Latina e dei Caraibi, e in particolare con il Mercosur.

1.6.1

L'elezione di Luiz Inácio LULA da SILVA in Brasile e di Néstor KIRCHNER in Argentina rispecchia il desiderio di cambiamento nella regione. Oltre ad aver manifestato un grande interesse per lo sviluppo del Mercosur ancor prima della conclusione dell'accordo FTAA, i due presidenti hanno espresso il desiderio di favorire le relazioni con l'UE.

1.6.2

Oggi più che mai si constata un chiaro bisogno di Europa in un continente latino-americano e caraibico in crisi. L'UE continua a essere considerata come un modello sociale e politico di riferimento. Attualmente i paesi di tale regione devono adoperarsi per trovare un modello economico e sociale alternativo a quello del «consenso di Washington» e al progetto d'integrazione con gli Stati Uniti, considerato eccessivamente egemonico.

1.7

Nonostante questo evidente desiderio d'Europa nella società latino-americana, e nella sua élite soprattutto, l'UE deve assolutamente adoperarsi per coinvolgere maggiormente la società civile nella sua strategia. Per dimostrare che questo progetto porta vantaggi a entrambe le parti, occorre infatti un impegno politico deciso, con un'informazione adeguata ed efficace e la partecipazione della società civile. L'Unione europea non può permettersi di commettere lo stesso errore che viene rimproverato ai negoziatori dell'accordo per la Zona di libero scambio delle Americhe (FTAA).

1.8

L'UE deve anche prendere atto del fallimento dei negoziati multilaterali di Cancún e tener presente che i suoi partner internazionali, analogamente agli Stati Uniti, sono decisi a servirsi di altri metodi per far progredire gli scambi internazionali, come ad esempio il bilateralismo o il biregionalismo. Per gli Stati Uniti il fallimento di Cancún costituisce una ragione in più per portare avanti i negoziati per la FTAA. In proposito il Comitato economico e sociale europeo è consapevole del fatto che l'UE e il Mercosur debbono dare prova di una più forte volontà politica per stipulare un accordo di Associazione e superare così le proprie titubanze e gli ostacoli che accompagnano qualsiasi negoziato. Per realizzare lo stesso obiettivo con la Comunità andina (CAN) da un lato e con il Mercato comune centroamericano (MCCA) dall'altro, il Consiglio dell'UE deve conferire un mandato alla Commissione europea affinché questa possa avviare i negoziati. In caso contrario l'Unione europea vedrà frustrata la sua ambizione di diventare un partner strategico per l'America Latina, rischiando di indebolire il proprio ruolo nella definizione delle nuove regole del commercio internazionale e della governance mondiale. I paesi dell'America Latina e dei Caraibi costituiscono degli alleati «facili» per ragioni culturali, politiche ed economiche e sono necessari per ridefinire il ruolo dell'Europa nella politica mondiale.

1.9

Ne consegue che l'Unione europea non può permettersi di lasciare l'iniziativa ai partner dell'America Latina e dei Caraibi: per far avanzare il partenariato strategico fra l'UE e questa regione non bisogna aspettare che vengano realizzati progressi nei negoziati sul fronte dell'accordo FTAA. In relazione a questo dossier della politica e del commercio internazionali l'UE deve dar prova di un vero spirito di leadership.

1.10

L'Unione europea non può rimanere insensibile alle aspirazioni e alle giuste rivendicazioni dei popoli dell'America Latina e dei Caraibi e dovrebbe quindi dare un nuovo impulso politico alle relazioni con questa regione del mondo e moltiplicare gli sforzi per tradurre in pratica gli impegni assunti ai vertici di Rio (1999) e di Madrid (2002). L'UE deve ridefinire la propria strategia partendo dai seguenti elementi:

mettere a punto un piano d'azione e un calendario di negoziati concreto, con proposte che vadano incontro anche agli interessi dei paesi dell'America Latina e dei Carabi,

avviare una liberalizzazione commerciale che favorisca le economie di entrambe le aree,

puntare a una maggiore partecipazione della società civile organizzata, in tutte le fasi dei negoziati,

perseguire una politica di sostegno ai raggruppamenti regionali dell'America Latina e dei Carabi,

difendere un modello sociale coerente nelle relazioni con i paesi dell'America Latina e dei Caraibi allo scopo di promuovere la coesione sociale,

incrementare notevolmente i mezzi finanziari in considerazione dell'importanza strategica della regione,

non condizionare la stipula dell'accordo d'associazione UE-Mercosur alla conclusione dei negoziati di Doha,

concludere rapidamente gli accordi d'associazione con gli altri blocchi regionali, ad esempio con la Comunità andina (CAN) e il Mercato comune centroamericano (MCCA),

rilanciare il dialogo politico interregionale e di conseguenza rafforzare la presenza ministeriale europea nelle sedi interministeriali, analogamente a quanto avviene per gli incontri UE-Gruppo di Rio.

2.   Il progetto di accordo per la Zona di libero scambio delle Americhe

2.1   Gli antecedenti del progetto FTAA

2.1.1

L'idea d'integrare tutti i paesi del continente americano non è affatto nuova ma non ha mai potuto arrivare in porto per mancanza di consenso fra i paesi interessati. L'accordo per la Zona di libero scambio delle Americhe (FTAA), i cui negoziati sono già a buon punto, rappresenta un serio tentativo in tal senso, tant'è vero che le trattative sono già approdate alla fase finale.

2.1.2

La FTAA è essenzialmente un'iniziativa nord-americana che si inserisce nel contesto particolare degli anni '80. Il governo REAGAN lancia, nel maggio del 1982, l'Iniziativa per il bacino dei Caraibi - con la quale si prefigge di creare un programma di partenariato economico imperniato sull'apertura commerciale e sull'iniziativa privata - e firma, nel gennaio del 1988, un accordo di libero scambio con il Canada (FTA). I negoziati per l'estensione di tale accordo al Messico vengono avviati dal governo BUSH (padre) e si concretizzano sotto il governo CLINTON dando luogo all'Accordo di libero scambio nord-americano (NAFTA).

2.1.3

Nel 1990 il presidente BUSH annuncia il suo progetto «Impresa per l'iniziativa delle Americhe» (EAI: Enterprise for the Americas Initiative), la quale cerca di creare una zona di libero scambio su scala continentale e di creare un fondo di investimento destinato a incoraggiare la continuazione delle riforme economiche, ad attrarre investimenti internazionali e ad alleggerire l'indebitamento dei paesi latinoamericani.

2.1.4

Per parte loro i governi dei paesi dell'America Latina e dei Caraibi hanno accolto con entusiasmo questo progetto di grande alleanza economica.

2.1.5

Sin dall'arrivo al potere di CLINTON l'amministrazione americana riprende l'idea di riunire le Americhe con un accordo di libero scambio. Al primo vertice delle Americhe, svoltosi a Miami nel dicembre 1994, hanno partecipato i 34 capi di Stato e di governo del continente, eccettuata Cuba (1).

2.2   Linee guida e grandi principi del progetto

2.2.1

Nel corso del vertice di Miami le parti adottano un piano d'azione e una dichiarazione di principi che ricapitolano le grandi linee e i principi di fondo del progetto. Questo si propone essenzialmente d'instaurare una zona di libero scambio mediante la progressiva eliminazione degli ostacoli agli scambi e agli investimenti.

2.2.2

Il piano d'azione, che mira a promuovere la prosperità attraverso l'integrazione economica e il libero scambio, comporta tre altri capitoli: la salvaguardia e il rafforzamento della democrazia, la lotta contro la povertà e la discriminazione e, infine, lo sviluppo sostenibile e la protezione dell'ambiente.

2.2.3

Durante il secondo vertice delle Americhe svoltosi a Santiago nell'aprile 1998 il piano d'azione è stato rimaneggiato, senza tuttavia che ne venissero alterati i principali orientamenti. I quattro capitoli diventano: istruzione; democrazia, giustizia e diritti umani; integrazione economica e libero scambio, e infine sradicamento della povertà e della discriminazione. Nonostante il progetto fosse essenzialmente imperniato sugli aspetti economici, su richiesta del Brasile si è deciso di rivolgere particolare attenzione ai problemi sociali, puntando sull'istruzione e sull'eliminazione della povertà.

2.2.4

Successivamente il piano d'azione ha subito nuove modifiche. Non avendo registrato progressi nel corso dei negoziati, il capitolo sull'istruzione viene infatti eliminato. Su suggerimento del Canada però, durante il terzo vertice delle Americhe organizzato a Québec nell'aprile 2001 viene aggiunto un nuovo tema - la connettività (accesso alle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione) - che si somma dunque al rafforzamento della democrazia, alla prosperità economica e alla realizzazione del potenziale umano.

2.3   La struttura dei negoziati

2.3.1

I vertici dei Capi di Stato e di governo sono uno degli elementi della struttura molto complessa che regge il processo negoziale: essi vengono convocati con cadenza triennale o quadriennale e sono destinati a sostenere le grandi linee del progetto definite agli altri livelli di negoziato, nonché a far conoscere la volontà politica dei diversi paesi. L'autorità politica che occupa il posto centrale nella struttura dei negoziati è però rappresentata dai ministri del Commercio, i quali si riuniscono all'incirca una volta ogni 18 mesi per definire gli orientamenti generali della FTAA.

2.3.2

Esiste poi un livello amministrativo, rappresentato dai sottosegretari al commercio riuniti in seno al Comitato per i negoziati commerciali (CNC). Quest'organo assolve un ruolo chiave dal momento che orienta i lavori dei nuovi gruppi impegnati nel negoziato, decide in merito alla struttura generale del futuro accordo di libero scambio e in merito alle questioni istituzionali, e garantisce la trasparenza del processo negoziale.

2.3.3

Vi è poi un elemento fondamentale di carattere tecnico costituito dai negoziatori e dagli esperti, i quali si riuniscono nell'ambito dei nuovi gruppi negoziali, dedicati ai seguenti settori: 1) accesso ai mercati; 2) investimenti; 3) servizi; 4) appalti pubblici; 5) composizione delle vertenze; 6) agricoltura; 7) diritti di proprietà intellettuale; 8) sovvenzioni, diritti anti-dumping e compensatori; 9) politica di concorrenza.

2.3.4

Questi gruppi beneficiano del supporto tecnico e analitico del Comitato tripartito composto dall'Organizzazione degli Stati americani (OEA), dalla Commissione economica per l'America Latina e i Caraibi (CEPAL) e dalla Banca interamericana di sviluppo (BID).

2.4   Le fasi dei negoziati

2.4.1   Prima fase dei negoziati

2.4.1.1

Dal vertice di Miami il progetto FTAA ha attraversato diverse fasi di negoziato. La prima, che va dal 1994 al 1998, ha rappresentato una tappa preparatoria durante la quale è stata definita la struttura fondamentale del progetto. Essa ha comportato 4 riunioni ministeriali (nel giugno 1995 a Denver, nel marzo 1996 a Cartagena, nel maggio 1997 a Belo Horizonte e nel marzo 1998 a San José).

2.4.1.2

Durante questa prima fase sono stati adottati i principi che avrebbero dovuto informare i negoziati per l'accordo FTAA. Si è così convenuto che le decisioni sarebbero state adottate in via consensuale, che l'accordo FTAA avrebbe rappresentato un impegno unico e che sarebbe stato conforme alle regole e alle discipline dell'OMC. Infine, su insistenza del Mercosur e in particolare del Brasile, ma contro la volontà degli Stati Uniti, si è deciso che l'accordo FTAA potrà essere compatibile con altri accordi regionali o bilaterali e che l'adesione a quest'accordo potrà avvenire sia individualmente sia nel quadro di un blocco regionale. A partire da tale momento, negli organi negoziali della FTAA numerose aree regionali hanno cominciato a parlare all'unisono: prima la Comunità andina (CAN), il Mercosur, la Comunità dei Caraibi (Caricom), e in seguito quattro paesi (2) del Mercato comune centro-americano (MCCA), denominati CA-4.

2.4.1.3

Durante questa prima fase le parti si sono inoltre impegnate a raccogliere informazioni, ad accumulare conoscenze e a stabilire le basi per i negoziati futuri.

2.4.2   Seconda fase dei negoziati

2.4.2.1

In occasione del vertice di Santiago, i Capi di Stato e di governo hanno manifestato la volontà di attivarsi nel progetto delle Americhe. Durante questa seconda fase i ministri, riunitisi in due occasioni (nel novembre del 1999 a Toronto e nell'aprile del 2000 a Buenos Aires) hanno annunciato l'entrata in vigore delle misure destinate a facilitare gli scambi entro gennaio 2001. I gruppi negoziali hanno inoltre sottoposto ai ministri un progetto preliminare di accordo.

2.4.2.2

Sotto la pressione della società civile è stato deciso di rendere pubblico il progetto preliminare per accrescere la trasparenza del processo. I ministri hanno ribadito la volontà di disporre del progetto definitivo nel gennaio 2005, in modo da farlo entrare in vigore nel dicembre dello stesso anno.

2.4.3   Terza fase dei negoziati

2.4.3.1

La terza fase dei negoziati è iniziata con il terzo vertice delle Americhe, svoltosi a Québec nell'aprile del 2001. In tale occasione i Capi di Stato di governo hanno rilasciato una dichiarazione contenente ampi impegni di carattere sociale ed economico e hanno adottato una clausola democratica, con la quale è stato convenuto di tenere consultazioni qualora un paese partecipante non dovesse più disporre di istituzioni democratiche, senza però precisare le eventuali sanzioni da comminarsi.

2.4.3.2

Questa terza fase è destinata a preparare una nuova versione più perfezionata del futuro accordo. In occasione del 7o incontro ministeriale svoltosi nel novembre 2002 a Quito è stata pubblicata una nuova bozza del progetto d'accordo e sono state definite le linee guida per i negoziati durante i 18 mesi successivi. I ministri hanno pure definito un programma per la cooperazione continentale destinato a favorire un'effettiva partecipazione alla FTAA delle economie più piccole del continente. Con Quito i negoziati, copresieduti dagli Stati Uniti e dal Brasile, sono sfociati nella fase finale del processo.

3.   Le caratteristiche e gli ostacoli alla realizzazione del progetto

3.1

La FTAA costituirebbe una delle più grandi zone di libero scambio del mondo, con un mercato di oltre 800 milioni di persone, un PIL globale di oltre 11 000 miliardi di euro e scambi commerciali per 3.500 miliardi di euro.

3.2

Il processo d'integrazione è tuttavia caratterizzato da una notevole asimmetria e dalla sua polarizzazione sugli Stati Uniti. Rari sono infatti i paesi delle Americhe che non hanno gli Stati Uniti come primo partner commerciale. Solo l'Argentina, il Paraguay e l'Uruguay fanno eccezione, avendo il Brasile come primo partner negli scambi con l'estero.

3.3

Nel 2000 la sola economia statunitense rappresentava il 77 % del PIL delle Americhe e il 62 % delle esportazioni complessive del continente. Rispettivamente, il Brasile, il Canada e il Messico rappresentavano il 6 %, 5 % e 4 % del PIL delle Americhe. Gli altri 30 paesi contavano per l'8 %. Piccoli paesi come il Nicaragua e Haiti rappresentano lo 0,05 % dello stesso totale, il NAFTA e il Mercosur, rispettivamente, l'87 % e il 9 % del PIL totale e il 90 % e 6 % del commercio del continente.

3.4

Le statistiche relative al PIL pro capite confermano quest'asimmetria: gli Stati Uniti sono in testa con 34 400 EUR pro capite, seguiti dal Canada (21 930 EUR), dall'Argentina (6 950 EUR), dall'Uruguay (6 000EUR), dal Brasile (3 060 EUR) e dal Messico (5 560EUR). Sul versante opposto il Nicaragua e Haiti dispongono di 745 EUR e 480 EUR pro capite. Il progetto FTAA cerca quindi d'integrare economie assai diverse, con gradi di sviluppo molto divergenti (3).

3.5

Queste asimmetrie e disparità hanno sollevato il problema delle eventuali ripercussioni di una profonda integrazione economica sulle economie «di piccole dimensioni», per le quali non è previsto un fondo di sviluppo o una rete di sicurezza. L'integrazione di queste economie nel processo della FTAA è diventato uno dei principali problemi. La partecipazione ai negoziati presenta indubbiamente delle difficoltà per questi 25 paesi (4), in particolare a causa della non disponibilità di risorse finanziarie ed umane sufficienti a proseguire tali negoziati. L'unica misura di compensazione sinora adottata per rimediare alle asimmetrie è consistita nel prevedere tappe più lunghe per la liberalizzazione commerciale delle economie di minori dimensioni.

3.6

L'assenza di una clausola sociale rischia di avere pesanti conseguenze visto che, durante questi ultimi dieci anni, l'ortodossia delle politiche di aggiustamento strutturale ha generato, nell'America Latina e nei Caraibi, un notevole incremento della disoccupazione e un aumento della povertà la quale, secondo i dati forniti dalla CEPAL, nel 2002 ha raggiunto il 43,4 % della popolazione, ovvero oltre 220 milioni di persone (5). Inoltre, i problemi sociali, economici e politici del continente non hanno agevolato i progressi delle trattative dopo il vertice di Québec.

3.7

Malgrado le notevoli riforme realizzate da vent'anni, le economie di questa regione continuano a incontrare notevoli difficoltà per trovare un sistema che consenta una crescita economica rigorosa, stabile e competitiva. Uno studio della CEPAL indica che per il secondo anno consecutivo il PIL ha segnato un tasso di crescita negativo, pari al -1,9 % nel 2002: in riferimento a tale periodo la CEPAL parla di «un mezzo decennio perduto».

3.8

È in particolare il caso dell'Argentina, la quale dal dicembre 2001 - da quando cioè è esplosa la crisi senza precedenti che il paese sta attraversando - ha preferito avvicinarsi ai partner del Mercosur per rafforzare quest'integrazione regionale e intessere legami più stretti con l'Europa, nonché per prendere le distanze dalla strategia di allineamento automatico con Washington. L'approfondimento del Mercosur e le relazioni con l'Unione europea costituiscono una priorità anche per il presidente brasiliano Luiz Inácio LULA da SILVA.

3.9

Detto ciò, va precisato che Brasilia non intende cambiare drasticamente posizione nei confronti della FTAA. La sua strategia cerca soprattutto di far avanzare le trattative fra il Mercosur, la Comunità andina, il Cile, i paesi dei Caraibi, la Guyana e il Suriname, per arrivare a una Zona sudamericana di libero scambio (ALCSA: Área de Libre Comercio Suramericana) che permetterebbe ai paesi dell'America Latina e dei Caraibi di rafforzare la loro posizione nel quadro dei negoziati per la FTAA. Nel dicembre 2002 gli interessati al progetto hanno fissato un calendario che prevede l'eliminazione degli ostacoli doganali entro la fine del 2003 e l'entrata in vigore del progetto nel 2005. In linea con quest'obiettivo di «collegare l'intera America meridionale al Mercosur» entro la fine del 2003, il governo LULA ha ottenuto la firma di un accordo di associazione fra il Perù e il Mercosur (agosto 2003) molto simile a quelli stipulati rispettivamente con la Bolivia nel dicembre 1995 e con il Cile nel giugno 1996. Il Mercosur spera anche di concludere un accordo di associazione con il Venezuela e di metterne in cantiere uno con la Colombia. Dal punto di vista degli obiettivi a cui ambisce e della scelta del calendario, questo progetto si pone in alternativa al processo di costituzione della FTAA.

3.10

Da parte loro gli Stati Uniti non hanno esitato a puntare su intese bilaterali per far avanzare la FTAA - come dimostra l'accordo firmato con il Cile nel dicembre 2002 - soprattutto dopo l'adozione del cosiddetto fast track o TPA (6) (corsia preferenziale) nel luglio 2002. In seguito alla conferenza ministeriale dell'OMC a Cancún questa tendenza al bilateralismo rischia di accelerarsi.

3.11

Questa soluzione è però indebolita dalle misure protezionistiche adottate dagli Stati Uniti. Dopo aver aumentato le tariffe che proteggevano il settore americano dell'acciaio e del legno da costruzione, gli Stati Uniti hanno infatti adottato una Farm Bill, la quale prevede sovvenzioni per 180 miliardi di dollari ai produttori agricoli nell'arco di un decennio. Queste misure protezionistiche non fanno altro che riaccendere le tensioni fra gli Stati Uniti e taluni paesi dell'America Latina, primo fra tutti il Brasile.

3.12

Le sovvenzioni alle esportazioni sono diventate uno dei principali ostacoli alla realizzazione della FTAA. Numerosi i paesi dell'America Latina premono affinché gli Stati Uniti riducano i loro aiuti all'agricoltura, mentre l'amministrazione BUSH insiste invece affinché i problemi delle sovvenzioni all'agricoltura e il ricorso ai «dazi antidumping» e ai diritti compensativi vengano discussi nell'ambito dell'OMC. Il fallimento dei negoziati multilaterali di Cancún mostra in ogni caso quanto sia difficile, per i paesi ricchi come l'Unione europea o gli Stati Uniti d'America, affrontare in particolare i problemi agricoli nel contesto di negoziati internazionali.

3.13

Constatando il fallimento dei negoziati commerciali multilaterali, gli Stati Uniti hanno annunciato, durante la conferenza stampa conclusiva del vertice di Cancún, la loro volontà di attivarsi sul fronte bilaterale e regionale. Se alle dichiarazioni seguiranno i fatti, è probabile che i negoziatori americani tornino al tavolo delle trattative agricole nel quadro del progetto FTAA. Così facendo permetterebbero al progetto d'integrazione panamericana di sormontare uno degli scogli più difficili, e quindi di compiere notevoli progressi.

3.14

Va tuttavia ricordato che, malgrado la TPA, il potere di negoziato dell'esecutivo rimane limitato dal Congresso. Il Trade Act (che ha istituito la TPA) prevede procedure d'esame che potrebbero rivelarsi laboriose, in particolare per tutto ciò che riguarda le sovvenzioni, i dazi antidumping e i diritti compensativi. Prevede anche una procedura di consultazione che conferisce al Congresso poteri notevoli per influenzare i negoziati.

4.   L'atteggiamento degli attori della società civile nei confronti del progetto delle Americhe

4.1   Partecipazione istituzionale

4.1.1

Il processo governativo della FTAA viene seguito da organizzazioni della società civile la cui partecipazione è prevista dall'Accordo. Oltre a questa partecipazione, le stesse organizzazioni si riuniscono in occasione di incontri ministeriali e presidenziali per influire sul corso dei negoziati.

4.1.2

I meccanismi di partecipazione della società civile sono di due tipi: da un lato le iniziative instaurate dagli organi partecipanti al processo FTAA e dall'altro quelle promosse dai movimenti di origine sociale. Nel quadro del processo FTAA il Comitato dei rappresentanti governativi per la partecipazione della società civile ha istituito un meccanismo destinato a rendere note le proposte provenienti dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, nonché da quelle rappresentative delle associazioni ambientaliste e del mondo accademico. Questa partecipazione avviene in maniera indiretta: i partecipanti infatti possono rivolgersi per iscritto al Comitato, il quale trasmette quindi le loro raccomandazioni al CNC o al gruppo negoziale competente in materia.

4.1.3

Per favorire la partecipazione della società civile, nel luglio 2002 i responsabili governativi del progetto delle Americhe hanno organizzato un colloquio regionale sulla FTAA a Merida, in Messico. Questo primo forum regionale di dibattito pubblico ha riunito un pubblico di 100 persone. Esso aveva anche lo scopo di fornire ragguagli e spiegazioni sul processo FTAA.

4.1.4

Una seconda iniziativa è stata presa durante la riunione ministeriale di Quito nel novembre 2002: i ministri del commercio hanno incontrato separatamente i rappresentanti del settore privato e della società civile (gruppi ambientalisti, sindacati, parlamentari e popolazioni indigene). Una novità è stata la possibilità offerta ai rappresentanti della società civile di rivolgersi direttamente ai ministri.

4.2   Le posizioni della società civile sul progetto FTAA

4.2.1

Il mondo imprenditoriale del continente americano si è interessato molto presto al progetto FTAA. Dopo la prima riunione ministeriale tenutasi a Denver nel 1995, si è infatti cercato di organizzare incontri paralleli al processo ufficiale onde promuovere gli interessi del settore privato. Oltre 1.500 uomini d'affari hanno partecipato a questi incontri attraverso il Forum degli imprenditori delle Americhe (Americas Business Forum, ABF), il quale raggruppa i rappresentanti dell'ambiente degli affari su base settoriale e nazionale.

4.2.2

Il Forum degli imprenditori delle Americhe (ABF), che è favorevole al progetto di integrazione panamericana, cerca di contribuire al dibattito con analisi tecniche e informative sugli obiettivi strategici e sulle aspirazioni del settore privato. Contribuisce inoltre a diffondere l'informazione sul processo FTAA e a intessere relazioni personali e istituzionali fra gli imprenditori e le organizzazioni del continente.

4.2.3

Durante le riunioni annuali del Forum vengono organizzati convegni e seminari sui temi chiave dell'integrazione panamericana. Per quanto gli incontri annuali previsti dal Forum non rientrino ufficialmente nel processo negoziale, i lavori svolti in tale sede hanno obiettivamente un notevole impatto sull'evolversi del progetto. Le raccomandazioni del settore privato vengono infatti tenute presenti da ciascuno dei gruppi negoziali. Una di queste raccomandazioni riguarda la rapida attuazione di misure intese ad agevolare gli scambi, e in effetti gli imprenditori si sono messi d'accordo affinché misure in tal senso entrassero in vigore prima della fine dei negoziati.

4.2.4

Il contributo fornito dagli scambi è assai meno evidente per gli altri settori della società civile, come i sindacati, le ONG, i centri di ricerca universitaria, ecc. Le organizzazioni a carattere sociale hanno intrapreso proprie iniziative per pronunciarsi sul processo di integrazione. Fra le altre figura quella dell'Alleanza sociale continentale (ASC), la quale rappresenta un'importante rete di movimenti e organizzazioni sociali a livello interamericano. Essa raggruppa quindi le posizioni più disparate, che vanno dalla riforma del progetto FTAA al suo totale rifiuto. Nonostante quest'iniziativa si sia materializzata solo nel 1997, la società civile si era mobilitata ben prima.

4.2.5

Infatti, al pari del settore delle imprese, anche i sindacati hanno mostrato ben presto interesse per il progetto panamericano, partecipando attivamente alla riunione ministeriale di Denver. Il movimento sindacale sostenuto dall'Organizzazione regionale interamericana (ORIT) - ramo della Confederazione internazionale dei sindacati liberi (CISL) sul continente - ha organizzato una conferenza parallela, al termine della quale è stata redatta una dichiarazione in cui si raccoglievano le preoccupazioni e le istanze dei partecipanti.

4.2.6

Durante la successiva riunione ministeriale di Cartagena il movimento sindacale non si è limitato a stilare un nuovo documento di riflessione, ma ha cercato di esercitare pressioni sui rappresentanti dei governi. Questi ultimi hanno peraltro sottolineato nelle loro conclusioni finali «l'importanza di favorire un maggiore riconoscimento e la promozione dei diritti dei lavoratori, come anche la necessità di prevedere misure appropriate al riguardo presso i rispettivi governi».

4.2.7

Il movimento si è poi esteso ad altri gruppi sociali. Nel maggio 1997, durante la terza riunione ministeriale di Belo Horizonte, i delegati delle coalizioni contrarie al libero scambio (ONG, taluni centri di ricerca, associazioni ambientaliste, femministe e autoctone) si sono infatti uniti ai rappresentanti del movimento sindacale del continente americano creando l'Alleanza sociale continentale (ASC), che in quanto tale doveva prendere posizione l'anno successivo, durante lo svolgimento del secondo vertice delle Americhe.

4.2.8

Per l'occasione l'ASC ha organizzato il primo vertice dei popoli delle Americhe, che ha prodotto un documento intitolato Alternative per le Americhe. Nell'aprile del 2001 a Québec, in concomitanza con il terzo vertice delle Americhe, è stato poi organizzato un secondo vertice dei popoli delle Americhe che ha riunito oltre 2 000 rappresentanti di movimenti e organizzazioni provenienti da tutto il continente americano, Cuba compresa.

4.2.9

L'ASC, conscia dell'oggettiva influenza del mondo degli affari nel quadro dei negoziati per la FTAA, tenta di promuovere un progetto alternativo, proponendo di inserire nel futuro accordo misure sociali e ambientali. L'Alleanza intende così garantire l'occupazione, assicurandone la qualità, ed evitare il dumping ecologico includendo i costi ambientali nelle esportazioni. Molti governi dei paesi dell'America Latina e dei Caraibi si oppongono però a questo tipo di misure, considerando che esse offrano un pretesto per il protezionismo. Inoltre, la posizione adottata dagli Stati Uniti dal 2001 non favorisce progressi a questo proposito. Diversamente da quanto è avvenuto per il NAFTA, il progetto che prevedeva di inserire clausole in materia di occupazione e ambiente ha perso importanza nel corso dei negoziati ufficiali per la FTAA svoltisi negli Stati Uniti. Questi ultimi hanno infatti manifestato ripetutamente la propria riluttanza ad affrontare l'argomento nelle discussioni.

4.2.10

L'Alleanza sociale continentale si è inoltre opposta alla liberalizzazione sistematica degli appalti pubblici, dei servizi sanitari, dell'istruzione e degli investimenti.

4.2.11

L'ASC ha inoltre tentato di denunciare la mancanza di trasparenza del processo e sta attualmente organizzando una consultazione sul progetto FTAA che si svolgerà a livello panamericano nel corso dell'anno 2003-2004.

4.2.12

In questo movimento di opposizione alla creazione della FTAA così come è attualmente negoziata, hanno tentato di esprimere la propria posizione in merito al progetto anche alcuni parlamentari del continente americano. I membri di oltre 164 parlamenti provinciali e nazionali si sono incontrati in diverse occasioni, in seno a un'assemblea denominata Confederazione parlamentare delle Americhe (COPA), con i delegati dei parlamenti regionali dei 34 paesi che stanno negoziando la FTAA e di Cuba, con lo scopo di esprimere le loro riserve rispetto al progetto FTAA.

4.2.13

Nella dichiarazione adottata nel corso della seconda assemblea generale del luglio 2000 la COPA ha esortato i Capi di Stato e di governo a tener conto del livello di sviluppo dei paesi interessati dal progetto e a garantire la partecipazione dei parlamentari di tutti gli ordinamenti, in modo da favorire la trasparenza.

4.2.14

In concomitanza con la riunione ministeriale di Quito si è inoltre svolto un incontro dei parlamentari del continente, nel corso del quale è stata adottata una risoluzione con cui i deputati partecipanti respingevano il progetto FTAA e proponevano ai governi di optare piuttosto per un rafforzamento degli accordi d'integrazione dell'America Latina e dei Caraibi, come ad esempio il Mercosur, la CAN, la Caricom e l'MCCA.

4.3   Preoccupazioni e aspettative della società civile

4.3.1

Diversi sono i punti di vista della società civile dell'America Latina e dei Caraibi in merito al progetto FTAA. I settori che vi si oppongono deprecano innanzitutto che non sia possibile una partecipazione effettiva ai processi decisionali di un'ampia parte della società civile, come i sindacati e le ONG rappresentative, e che gli unici poteri ad avere un contatto diretto con i negoziatori e a esercitare una sicura influenza sulle bozze oggetto del negoziato siano i membri del Forum degli imprenditori delle Americhe (ABF), favorevoli alla creazione della FTAA.

4.3.2

Si teme soprattutto che il processo continui senza trasparenza e che venga seguita la «politica del fatto compiuto», presentando alla società civile l'esito dei negoziati una volta conclusi e impedendole pertanto di influire su di essi.

4.3.3

I sindacati e gli altri attori della società civile riuniti in seno all'ASC deprecano che le autorità politiche e il mondo delle grandi imprese private continuino a definire il futuro accordo per la Zona di libero scambio delle Americhe senza considerare i principali aspetti che stanno a cuore alla società civile: ambiente, diritto dei lavoratori, precarietà salariale, disoccupazione, povertà, esclusione sociale, aggravamento dello squilibrio tra le economie del continente, protezionismo agricolo e sussidi statunitensi all'esportazione - i quali si ripercuotono sui paesi dell'America Latina e dei Carabi -, debito estero, democrazia (si chiede ai governi di organizzare una consultazione sulla FTAA) e rispetto dei diritti umani, sfruttamento dei minori e rispetto delle comunità autoctone.

4.3.4

Se da una parte la maggioranza dei movimenti di origine sociale (ONG, organizzazioni sindacali, istituti di ricerca, ecc.) è piuttosto favorevole ai processi d'integrazione regionale, dall'altra vengono espresse serie riserve in merito ad accordi d'integrazione come quello per la FTAA. Infatti, mentre i processi d'integrazione analoghi al Mercosur vengono considerati un modello di riferimento per l'integrazione panamericana - perché includono aspetti politici, sociali, culturali e strategici, - il progetto FTAA, così come attualmente negoziato, non farebbe altro che esasperare lo squilibrio tra Stati Uniti e paesi dell'America Latina e dei Caraibi, tanto più che la competitività internazionale di questi ultimi è danneggiata dalle politiche protezionistiche statunitensi.

4.3.5

Gli attori della società civile sono favorevoli a un'integrazione che non si limiti al solo commercio, si oppongono - diversamente dalla grande maggioranza dei governi della regione - a un accordo che non fornisca nessuna garanzia a livello sociale e ambientale e chiedono che il rispetto dei diritti umani sia tenuto in seria considerazione. A giudicare dalle loro dichiarazioni, sembrano più propensi ad appoggiare un accordo dei paesi dell'America Latina e dei Carabi con l'Unione europea, piuttosto che con gli Stati Uniti. Apprezzano infatti lo spazio riservato dall'UE agli aspetti sociali e ambientali e ai diritti umani, sia all'interno che all'esterno dell'UE, come pure la coerenza con cui le misure adottate vengono rispettate. D'altra parte tuttavia deplorano la mancanza di energia e volontà che caratterizza la strategia latinoamericana dell'Unione europea.

4.3.6

L'ASC auspica inoltre che i governi rendano il negoziato trasparente e organizzino con tutte le componenti della società civile un dibattito aperto sulla FTAA destinato a valutare la fattibilità del relativo accordo e le conseguenze che esso potrebbe avere per i paesi del continente americano.

4.3.7

Per quanto riguarda la posizione degli imprenditori, nei paesi dell'America Latina e dei Caraibi,un gran numero di aziende, prime fra tutte quelle dell'industria agroalimentare, vede nella FTAA un mezzo per penetrare nel grande mercato americano. A giudizio di queste società la FTAA costituisce uno strumento importante per rompere il circolo vizioso dell'indebitamento degli anni '80, consolidare le riforme liberali e uscire dall'isolamento internazionale. Alcuni imprenditori dell'America Latina sono però meno entusiasti, come ad esempio gli industriali del settore petrolchimico, riuniti nell'Associazione petrolchimica e chimica latinoamericana (APLA), che hanno ribadito ulteriormente la propria opposizione alla FTAA nel corso dell'ultima riunione (11 novembre 2003) dell'Associazione stessa.

4.3.8

Per diverso tempo in America Latina, e soprattutto in Brasile, le imprese operanti in determinati settori si sono mostrate reticenti ad avanzare nei negoziati per la FTAA. Si tratta soprattutto di società che temono fortemente la concorrenza statunitense e canadese che la firma dell'accordo FTAA potrebbe generare. Per contro, un gran numero di imprenditori di Stati Uniti e Canada del settore secondario e terziario vedono nella FTAA un'opportunità per penetrare nei mercati latinoamericani, specie in quello brasiliano.

4.3.9

Sembra tuttavia che nel settore privato brasiliano si stia verificando un cambiamento di posizione. Se per diverso tempo in Brasile il mondo degli affari e il ministero degli Esteri (Palazzo Itamaraty) hanno condiviso la stessa visione negativa del progetto FTAA, gli imprenditori cominciano ora a mostrarsi favorevoli a una maggiore apertura commerciale e si dichiarano pronti ad affrontare da subito la concorrenza esterna. Il settore privato brasiliano ha cominciato a esercitare pressioni sul governo LULA, affinché quest'ultimo ammorbidisca la propria posizione nei negoziati per la FTAA e l'accordo venga pertanto raggiunto entro i tempi previsti.

4.4   Posizioni e preoccupazioni dei decisori politici

4.4.1

Un vero e proprio abisso separa il punto di vista della società civile da quello dei governi in merito alla strada da imboccare per pervenire all'integrazione delle Americhe. Nel negoziare un accordo commerciale continentale, i governi dei paesi dell'America Latina e dei Caraibi, i quali si interessano soprattutto all'apertura economica, e in particolare alla possibilità di penetrare nel grande mercato statunitense, cercano di convincere gli Stati Uniti ad abbandonare le politiche protezionistiche nel settore agricolo.

4.4.2

Al pari dei membri del Mercosur, essi ritengono che la FTAA potrebbe incoraggiare l'Unione europea a compiere passi avanti nei negoziati con i paesi dell'America Latina e dei Carabi e a far progredire i negoziati multilaterali nell'ambito dell'OMC. La FTAA, i negoziati con l'Unione europea e l'OMC costituiscono, a loro giudizio, tre processi interconnessi che si condizionano vicendevolmente. La rigida posizione assunta nel corso della conferenza ministeriale di Cancún dai paesi in via di sviluppo (PVD), mediante il «Gruppo dei 21» (G 21, detto anche G 20-plus), nei confronti delle reticenze dei paesi ricchi a fare concessioni nel settore dell'agricoltura e il fallimento di questi negoziati potrebbero in certa misura essere interpretati come un declino del multilateralismo. Il blocco delle discussioni multilaterali sembra aprire la strada a strategie regionali, bilaterali e biregionali. Come già sottolineato in precedenza, gli Stati Uniti manifestano una grande volontà di accelerare questi accordi. Anche i paesi emergenti, analogamente alla Cina e al Brasile, hanno annunciato la propria volontà di puntare su queste strategie.

4.4.3

Il blocco sudamericano ritiene che l'offerta dell'Unione europea nel settore agricolo, diversamente da quella statunitense, non sia affatto chiara; reputa insufficiente una semplice trattativa sui prodotti agricoli e giudica necessario negoziare anche i sussidi all'esportazione. Per questi aspetti considera il negoziato per la FTAA più promettente di quello con l'Unione europea, anche se giudica quest'ultimo più facile da gestire del primo: le trattative con l'Europa implicano un negoziato biregionale, mentre quelle condotte nell'ambito della FTAA fanno intervenire un gran numero di attori e di proposte talvolta estremamente diverse. Nell'ambito dei negoziati per l'accordo di associazione UE-Mercosur, l'Unione europea, la cui posizione è difesa dalla Commissione europea, ha sempre incoraggiato i paesi membri del Mercosur, non senza esito positivo, a definire una posizione comune. Nel corso dei negoziati biregionali, il numero della proposte avanzate dalle parti si è così ridotto a due facilitando in tal modo le trattative.

5.   I rapporti fra l'Europa e i paesi dell'America Latina e dei Caraibi

5.1   Cenni storici

5.1.1

Per diverse ragioni storiche, taluni paesi europei, come la Spagna, la Francia, il Regno Unito, il Portogallo e i Paesi Bassi, hanno sempre intrattenuto rapporti bilaterali più o meno stretti con i paesi dell'America Latina e dei Carabi. Malgrado la diversità culturale e l'eterogeneità che caratterizzano questa regione, l'identità culturale dei paesi dell'America Latina e i Caraibi è profondamente impregnata dei valori che hanno forgiato il carattere e la storia dell'Europa. La notevole diffusione, in questa parte del mondo, degli ideali filosofici illuministici di democrazia, Stato di diritto, libertà e diritti dell'uomo è un elemento che agevola un riavvicinamento tra l'Unione europea e i paesi dell'America Latina e dei Caraibi.

5.1.2

L'istituzionalizzazione dei rapporti fra l'Europa e l'America Latina costituisce però un fatto nuovo dal momento che, dall'inizio del Novecento, quest'ultima ha sviluppato rapporti diplomatici quasi esclusivi con gli Stati Uniti, e tuttavia non su un piano di parità. L'Unione europea d'altra parte ha sempre intrattenuto rapporti istituzionalizzati con i paesi dei Caraibi, ad eccezione di Cuba, nel quadro degli accordi ACP.

5.1.3

Sebbene l'Europa sia tornata sulla scena latinoamericana circa 30 anni fa, soltanto negli anni Novanta, grazie allo slancio impresso dall'adesione della Spagna e del Portogallo, la CE/UE (7) ha adottato una strategia mirante a stringere rapporti con tutti i paesi dell'America Latina e dei Caraibi. A partire dagli anni Sessanta, per instaurare relazioni privilegiate con i paesi dell'America Latina, la CEE ha stipulato una serie di accordi settoriali detti della «prima generazione», seguiti negli anni Settanta dagli accordi della «seconda generazione» che coprivano diversi settori.

5.1.4

I conflitti armati scoppiati nell'America centrale durante gli anni Ottanta e il primo configurarsi della Cooperazione politica europea hanno indotto la CEE a svolgere un importante ruolo politico di intermediario. I negoziati, svoltisi nel settembre del 1984 a San José (Costa Rica) tra i ministri degli Esteri della CEE, della Spagna e del Portogallo e i rappresentanti dei paesi dell'America centrale per ristabilire la pace e discutere le misure di democratizzazione del continente, avviano una fase di rinnovamento dei rapporti fra l'America Latina e la CEE e danno vita al «processo di San José».

5.1.5

Con l'adesione della Spagna e del Portogallo alla Comunità questo dialogo verrà esteso al resto della regione, la quale sarà ormai rappresentata dal Gruppo di Rio, istituito nel 1986 da Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Messico, Paraguay, Perù, Uruguay e Venezuela appunto per affrontare i problemi politici, sviluppare le relazioni esterne e trattare le questioni legate all'integrazione regionale. Altri paesi latinoamericani aderiranno successivamente al gruppo, che diventa in ambito politico l'interlocutore privilegiato della CE/UE in America Latina. Il dialogo biregionale viene avviato nel 1987 e istituzionalizzato nel 1990.

5.1.6

La fine del bipolarismo, la volontà europea di fare dell'UE un protagonista a livello internazionale, nonché la stabilità politica dell'America Latina, il suo processo di democratizzazione e l'adozione - nella regione - di un'economia orientata verso l'esterno continueranno a rendere ancor più dinamici i rapporti tra i due continenti. Anche i fattori storici e culturali e la condivisione di valori filosofici e giuridici comuni contribuiranno a facilitarne il riavvicinamento.

5.2   Caratteristiche dei rapporti fra l'Europa e i paesi dell'America Latina e dei Caraibi

5.2.1

Mentre gli Stati Uniti istituivano il NAFTA e lanciavano il progetto FTAA nel 1994, l'Unione europea, conscia della diversità dei paesi latinoamericani, cercava di proporre loro un altro tipo di partenariato, tentando di sviluppare una strategia fondata su approcci differenziati, articolati in funzione delle realtà nazionali e regionali, tenendo cioè in considerazione l'eterogeneità del continente: un fattore trascurato nel progetto FTAA. L'Unione europea propone pertanto un partenariato basato su di un dialogo condotto in vari sottogruppi regionali e su di una gamma di strumenti adeguati alle realtà politiche e socioeconomiche di ciascuno di essi.

5.2.2

La nuova strategia europea elaborata dal commissario Manuel MARÍN (membro della Commissione SANTER) e approvata dal Consiglio nell'ottobre del 1994 mirava a stabilire con l'America Latina una «associazione», fondata sugli accordi della terza generazione e su nuovi accordi, detti della «quarta generazione». I primi, che si concentrano in particolare sull'integrazione e sulla cooperazione regionale, contengono una «clausola evolutiva» - che consente alle parti contraenti di completare e aumentare il livello di cooperazione - e una «clausola democratica» - che permette di garantire il rispetto dei principi fondamentali corrispondenti ai valori comuni. Gli accordi della quarta generazione riprendono questi elementi consolidati e prevedono inoltre la stipula di accordi commerciali.

5.2.3

Le politiche di austerity e di privatizzazione applicate all'inizio degli anni Novanta nei paesi dell'America Latina attireranno gli investimenti privati europei, favorendo in tal modo il riavvicinamento tra le due regioni. Tra il 1996 e il 1999 l'Unione europea diventa il più importante investitore in America Latina e quest'ultima si trasforma nel primo destinatario, nei mercati emergenti, degli investimenti europei, i quali passano, durante il periodo citato, da 13.289 a 42.226 milioni di dollari. Tra il 1990 e il 2000 gli scambi fra le due regioni sono raddoppiati: le esportazioni dell'Unione europea verso l'America Latina sono passate da 17 miliardi di euro a oltre 54 miliardi di euro, mentre quelle dell'America Latina verso l'Unione europea sono passate da 27 a 49 miliardi di euro. L'Unione europea è dunque diventata il secondo investitore e partner commerciale per l'America Latina, e addirittura il primo per il Mercosur e il Cile.

5.2.4

In questo contesto doppiamente favorevole, caratterizzato dalla sicura volontà politica di entrambe le regioni e da un evidente riavvicinamento economico, è nata l'idea di compiere un progresso qualitativo organizzando a Rio de Janeiro, nel giugno del 1999, un vertice che riunisse i 48 Capi di Stato e di governo dell'Unione europea, dell'America Latina e dei Caraibi, Cuba compresa.

5.2.5

Il vertice, evento di portata storica, ha dimostrato la maggiore maturità dell'Unione europea come protagonista sulla scena mondiale e ha sottolineato il crescente interesse suscitato dall'America Latina e dai Caraibi nei paesi industrializzati. Il vertice, col quale si tentava inoltre di reagire all'unipolarismo successivo alla guerra fredda, poneva l'accento sul regionalismo, inteso come nuova forza nei rapporti internazionali. Taluni non hanno esitato a considerare questo avvenimento come la prima pietra per costruire un mondo multipolare non più dominato dagli Stati Uniti.

5.2.6

Nel corso del vertice sono stati adottati due documenti - una dichiarazione e un piano d'azione - destinati a costituire la base di un nuovo rapporto strategico fra le due sponde dell'Atlantico. La dichiarazione, articolata in 69 punti, invitava a sviluppare i rapporti in campo politico, economico, scientifico, culturale, educativo, sociale e umano in previsione dell'istituzione dell'Associazione strategica. Il piano d'azione allegato alla dichiarazione prevedeva invece 55 priorità.

5.2.7

Proprio a causa del numero di campi e di priorità menzionati nei documenti citati, non è stato possibile stabilire una linea d'azione concreta. Di conseguenza, il gruppo biregionale di alti funzionari, nella prima riunione svoltasi a Tuusula (Finlandia) nel novembre del 1999, ha limitato il numero delle priorità a undici (8). Sono stati registrati alcuni progressi relativamente alle priorità 5, 7 e 8. Per quanto riguarda la priorità 5 è stato istituito un meccanismo di coordinamento biregionale per la lotta alla droga, rispetto alla priorità 7 si è proceduto alla firma di accordi di associazione con il Messico e con il Cile e per quanto riguarda infine la priorità 8, è stato avviato un dialogo biregionale specifico in materia di scienza e tecnologia, sfociato nella conferenza ministeriale di Brasilia (marzo 2000). In questa occasione sono stati adottati la «Dichiarazione di Brasilia» e un piano d'azione UE-ALC sulla scienza e la tecnologia, presentato poi al vertice di Madrid, le cui priorità sono la salute e la qualità della vita, lo sviluppo sostenibile e l'urbanizzazione, il patrimonio culturale e la società dell'informazione.

5.2.8

Nonostante tuttavia l'elaborazione della «lista di Tuusula» per la definizione delle priorità e l'effettiva realizzazione di taluni obiettivi, la mancanza di orientamenti chiari nelle relazioni tra le due regioni è stata purtroppo confermata anche nel corso del secondo vertice UE/ALC, svoltosi nel maggio del 2002 a Madrid.

5.2.9

Per il periodo 2002-2006, la Commissione prevede in media una dotazione annuale di 323 milioni di euro per l'intera America Latina (9): un finanziamento palesemente insufficiente, vista l'importanza del progetto e la posta in gioco. L'America Latina continua pertanto a essere una delle regioni meno sostenute dagli aiuti dell'Unione europea.

5.2.10

Per quanto riguarda strettamente i negoziati, il vertice di Madrid, svoltosi nel contesto difficile successivo agli avvenimenti dell'11 settembre, ha fatto registrare pochi risultati concreti. Su iniziativa europea, le tematiche relative alla sicurezza e al terrorismo sono state predominanti nell'ordine del giorno delle discussioni, anche se i paesi dell'America Latina e dei Caraibi erano molto più interessati agli aspetti economici e commerciali. Questa divergenza nella gerarchia delle priorità era già stata rilevata in occasione del vertice di Rio, durante il quale gli europei avevano privilegiato gli aspetti riguardanti la governance e la povertà, mentre i paesi dell'America Latina e dei Caraibi mostravano una chiara predilezione per i rapporti economici e per le loro ripercussioni sull'occupazione. Il terzo vertice, che si terrà in Messico nel maggio del 2004, deve poter definire un'agenda basata su di un vero e proprio comune denominatore.

5.3   Lo stato attuale dei rapporti fra l'Europa e i paesi dell'America Latina e dei Caraibi

5.3.1

Il grande successo del vertice di Rio costituisce senza dubbio l'elemento che ha avviato i negoziati commerciali tra l'Unione europea e il Mercosur. Nel corso del 2000 è entrato in vigore l'accordo firmato dal Messico con l'UE, mentre il Cile è riuscito a stipularne uno con l'Unione in occasione del vertice di Madrid, svoltosi nello stesso anno. Tali accordi coprono i tre pilastri della strategia europea per l'America Latina: dialogo politico, cooperazione e integrazione economica e commerciale. Se si esclude l'accordo firmato con il Cile, è difficile capire quali progressi abbia registrato l'alleanza strategica al vertice di Madrid.

5.3.2

Paradossalmente, i processi regionali dell'America Latina, che l'Unione europea teneva in grande considerazione, non hanno ancora portato alla stipula di accordi di associazione con l'Europa. Al vertice di Madrid l'Unione europea ha infatti proposto alla CAN e all'MCCA di incominciare i negoziati, conclusisi nell'ottobre 2003, con il dialogo politico e la cooperazione. L'avvio delle trattative commerciali è subordinato invece alla conclusione del round di Doha, prevista per la fine del 2004, e allo sviluppo interno della CAN e dell'MCCA.

5.3.3

Il Mercosur, che pur vanta forti legami politici ed economici con l'Europa, non ha ancora comunicato la propria offerta globale di negoziato per la riduzione dei dazi doganali, in particolare di quelli sui prodotti agricoli. Se le trattative trovano un ostacolo nelle questioni agricole, spetta all'Unione europea garantire che il futuro accordo di associazione non sia in contrasto con gli obiettivi politici dell'UE, come la sicurezza sanitaria, la proprietà intellettuale e lo sviluppo sostenibile.

5.3.4

Se si considera che l'Unione europea segue una strategia di negoziato per blocchi regionali, è sorprendente che essa abbia dato la priorità al Messico e al Cile, ovverosia ai paesi più lontani dall'ideale europeo d'integrazione e più vicini invece al progetto d'integrazione interamericana proposto da Washington. Diversamente da quanto previsto nella dichiarazione e nel piano d'azione approvati al vertice di Rio, i quali orientavano i rapporti fra Unione europea e paesi dell'America Latina e dei Carabi verso una nuova relazione strategica, l'operato dell'Unione europea è finora caratterizzato dalla volontà di reagire al progetto FTAA.

5.3.5

La maggioranza dei raggruppamenti regionali dell'America Latina mira a sviluppare, oltre che con gli Stati Uniti, rapporti commerciali con altri soggetti di rilievo internazionale, specie con l'Unione europea. Diversificando le relazioni esterne e stringendo soprattutto legami politici ed economici con l'Unione, le organizzazioni dell'America Latina e dei Carabi - come ad esempio il Mercosur - sperano di guadagnarsi una posizione nettamente meno marginale sulla scena mondiale. In tale contesto, un'azione più efficace da parte dell'Unione europea potrebbe contribuire significativamente a prolungare e a consolidare l'esistenza stessa di tali organizzazioni regionali e potrebbe modificare il gioco delle alleanze e il peso dei paesi della regione nei negoziati per la FTAA. Inoltre una nuova associazione strategica di questo tipo permetterebbe ai partner di far valere, in seno alle istanze multilaterali, posizioni comuni risultanti da convergenze di opinioni e d'interessi.

5.3.6

A giudizio del CESE, tuttavia, gli accordi preferenziali che l'Unione europea stipulerà con il Mercosur, la CAN e l'MCCA debbono rispettare le disposizioni dell'articolo 24 del GATT/OMC (10).

5.3.7

Questi futuri accordi devono inoltre prendere in considerazione sia gli interessi delle grandi che quelli delle piccole aziende agricole, tanto in Europa quanto in America Latina e nei Caraibi, nonché rispettare l'armonia sociale del mondo rurale.

5.4   Il ruolo della società civile organizzata nelle relazioni UE/America Latina/Caraibi

5.4.1

Il CESE è conscio della volontà strategica dell'Unione europea di rafforzare le relazioni con l'America Latina e i Caraibi e per questo segue da vicino l'evoluzione di dette relazioni e si è pronunciato in diverse occasioni sulla necessità di coinvolgere maggiormente la società civile organizzata in tutte le fasi del processo.

5.4.2

I diversi pareri del CESE sull'America Latina (11) sottolineano l'esigenza, dovuta a questioni di ordine politico commerciale, di rafforzare l'aspetto sociale delle relazioni tra l'Unione europea e le regioni dell'America Latina e dei Caraibi, sia dal punto di vista dei diritti dell'uomo e del lavoratore, che da quello del miglioramento della coesione sociale.

5.4.3

Al fine di aumentare la partecipazione della società civile, il CESE si è impegnato attivamente nella preparazione degli incontri della società civile organizzata che hanno avuto luogo a Rio de Janeiro (1999) e a Madrid (2002) in concomitanza con i vertici dei Capi di Stato e di governo dell'Unione europea, dell'America Latina e dei Carabi.

5.4.4

In questa stessa ottica il CESE sta preparando il terzo incontro della società civile organizzata, che avrà luogo nel 2004 a città del Messico, in concomitanza con il prossimo vertice dei Capi di Stato e di governo.

5.4.5

Questa strategia ha dato buoni frutti, ad esempio, nel caso degli incontri svoltisi fra il CESE e il Forum consultivo economico e sociale del Mercosur (FCES). L'obiettivo di tali incontri è quello di rafforzare la partecipazione della società civile organizzata in tutti i settori dei negoziati biregionali, nel quadro di un futuro accordo di associazione tra l'Unione europea e il Mercosur.

5.4.6

Nel corso dell'ultima riunione del CESE e del FCES, svoltasi il 5 e 6 maggio 2003, le due istituzioni hanno invitato le parti che intervengono nel negoziato a rafforzare gli aspetti legati alla dimensione sociale dell'accordo, facendo esplicito riferimento alla Declaración socio-laboral (dichiarazione dei diritti dei lavoratori) del Mercosur, alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e alla Dichiarazione dei principi e dei diritti fondamentali dell'OIL del 1998.

5.4.7

Le due istituzioni hanno inoltre richiesto possibilità concrete di partecipare allo svolgimento dei negoziati per l'accordo di associazione, ritenendo che, per garantire un esito positivo del processo, sia necessario prevedere la presenza della società civile organizzata rappresentativa delle due regioni in tutti i settori oggetto di discussione.

5.4.8

Nel quadro di altri incontri istituzionali saranno presenti organizzazioni settoriali - come il Forum degli imprenditori UE-Mercosur e il Forum del lavoro UE-Mercosur istituito più recentemente, che cercano di promuovere il dialogo transatlantico e di influenzare le decisioni politiche che riguardano i loro rispettivi interessi.

6.   Il partenariato strategico Unione europea/America Latina/Carabi nel contesto successivo a Cancún

6.1   Le ripercussioni del fallimento di Cancún

6.1.1

Molti paesi latinoamericani che versano in difficoltà economiche cercano oggigiorno una via d'uscita ad ogni costo in termini di sbocchi commerciali. Nel contesto successivo alla conferenza di Cancún vari paesi membri della CAN o dell'MCCA si sono dimostrati pronti a porre fine al loro impegno regionale per accettare le proposte presentate dal governo BUSH e stipulare quindi accordi commerciali bilaterali. È il caso di paesi come Colombia, Costarica, Guatemala, Perù, El Salvador, che insieme a Cile e Messico, starebbero cercando di uscire dal gruppo G21, come ha già fatto uno di loro, El Salvador, poco prima del termine del vertice di Cancún.

6.1.2

Nonostante le difficoltà incontrate dal G21, occorre tuttavia sottolineare che, dal fallimento della conferenza ministeriale di Seattle del dicembre 1999, le grandi potenze commerciali del pianeta (Stati Uniti, Giappone e Unione europea) debbono ormai tenere conto del fatto che, nell'ambito dei negoziati multilaterali, ci sono paesi oggi definiti emergenti - come il Sudafrica, il Brasile, la Cina e l'India - che sono in grado di costituire coalizioni capaci di bloccare i negoziati, come nel caso del G21. Seppur in maniera circostanziale e per ragioni di varia natura, questo gruppo è stato sostenuto da un fronte di novanta paesi poveri, in gran parte africani, i quali ciononostante non hanno poi aderito ufficialmente al G21.

6.1.3

Uno dei motivi principali della costituzione di questo tipo di coalizioni è rappresentato dalla difficoltà, incontrata dai paesi in via di sviluppo (PVD), ad accedere ai mercati agricoli dei paesi ricchi. I PVD chiedono ad americani, europei e giapponesi di porre termine alle sovvenzioni agricole, le quali hanno infatti un effetto destabilizzante sulle loro economie. L'Unione europea - pur avendo dimostrato di voler raggiungere un compromesso, proponendo di isolare le sovvenzioni per le quali è dimostrato l'effetto nocivo per gli agricoltori dei paesi in via di sviluppo - ha rifiutato di impegnarsi a sopprimere dette sovvenzioni a una data precisa, come indicato nell'accordo firmato da europei e americani a metà agosto del 2003, in previsione del vertice di Cancún.

6.1.4

Al disaccordo in materia agricola è venuto ad aggiungersi quello sulle questioni dette di Singapore, in quanto affrontate per la prima volta in occasione della conferenza ministeriale di Singapore del 1996. Si tratta degli investimenti, della concorrenza, della trasparenza negli appalti pubblici e della facilitazione degli scambi. Questi temi sono di grande interesse per i paesi ricchi e causano invece problemi ai paesi in via di sviluppo.

6.1.5

Un altro scoglio nelle trattative è stato incontrato nel negoziato sull'apertura dei mercati dei servizi (approvvigionamento idrico, servizi postali, bancari, telecomunicazioni…).

6.1.6

A Cancún un certo numero di paesi in via di sviluppo ha ribadito la propria opposizione all'avvio dei negoziati sui temi di Singapore e sulla liberalizzazione dei servizi. Di fronte all'ostinazione dei paesi ricchi, i paesi più poveri - finora sempre emarginati nei negoziati a causa del loro scarso peso negli scambi mondiali (meno dell'1 %) - hanno mantenuto la propria posizione.

6.1.7

La cattiva gestione del dossier sul cotone ha consolidato quest'alleanza, formatasi a Ginevra qualche mese prima. Il testo finale di Cancún non offriva nulla di concreto su un argomento vitale per taluni paesi, quelli del Sahel (Mali, Burkina-Faso, Benin, Ciad) che figurano fra i più poveri del pianeta, mentre i negoziati avviati a Doha erano stati definiti, su iniziativa dell'Unione europea, «un round di sviluppo». Gli Stati Uniti hanno rifiutato di ridurre i 4 miliardi di dollari di sovvenzioni che concedono ogni anno ai loro produttori. I paesi in via di sviluppo non hanno pertanto accettato tali condizioni.

6.1.8

Di fronte a posizioni così rigide, il fallimento di Cancún era inevitabile.

6.1.9

L'insuccesso di Cancún mette in luce non solo la sempre maggiore capacità, da parte dei paesi del Sud, di organizzarsi per far valere i loro interessi, ma anche - e in particolare - l'errore di valutazione commesso dall'Unione europea in merito all'alleanza del G21. Questo fallimento costituisce un'ulteriore minaccia alla governance mondiale. Dalla fine della seconda guerra mondiale, le relazioni internazionali poggiano su di una struttura composta da regole e da trattati internazionali. Questo insieme di regole, spesso concepito come una trama in grado di riavvicinare, nella misura del possibile, gli Stati del pianeta, è stato elaborato in seno alle Nazioni Unite e alle organizzazioni da esse dipendenti, come ad esempio l'OMC. Nonostante le debolezze e i fallimenti di cui viene accusata, questa organizzazione ha saputo mettere in piedi un minimo ordine internazionale. Sin dall'inizio l'Unione europea ha fatto del multilateralismo la chiave di volta delle proprie relazioni esterne. Il contesto multilaterale fornisce, nei limiti del possibile, uno spazio che consente una gestione collettiva del pianeta.

6.1.10

Oggigiorno l'architettura giuridica mondiale viene rimessa in discussione e l'unilateralismo, in particolare quello degli Stati Uniti, si sta sviluppando notevolmente compromettendo seriamente l'ordine giuridico internazionale, costruito pazientemente da cinquant'anni a questa parte. Il fallimento di Cancún contribuisce alla crisi della governance mondiale. Attualmente gli Stati Uniti cercano di aggirare l'OMC privilegiando alleanze bilaterali con i loro vicini. Per gli Stati Uniti il bilateralismo costituisce uno dei tanti mezzi per portare avanti il progetto FTAA. D'altra parte il governo BUSH ha recentemente dichiarato di voler rilanciare seriamente il progetto con i paesi dell'America Latina e dei Caraibi, dopo la pausa dovuta alla guerra in Iraq: un'intenzione ribadita all'indomani della conferenza ministeriale di Cancún. Come segnalato al punto 6.1, alcuni paesi latinoamericani sarebbero pronti a firmare accordi bilaterali con gli Stati Uniti, abbandonando in tal modo gli impegni assunti a livello regionale e vanificando pertanto gli sforzi di integrazione latinoamericana, fortemente appoggiati dall'Unione europea.

6.2   Le strategie regionali nel continente americano

6.2.1

Gli Stati Uniti considerano la FTAA come un mezzo per accrescere la loro leadership mondiale rispetto alle grandi potenze commerciali rappresentate dal Giappone e dall'Unione europea. Basta considerare le molteplici dimensioni del progetto FTAA per rilevarne la portata: si tratta infatti di un disegno che impegna i paesi ad andare ben oltre la semplice firma di un accordo di libero scambio il cui obiettivo sarebbe quello di incoraggiare il commercio dei beni e dei servizi abbattendo le barriere doganali. Il progetto prevede infatti che vengano discussi anche temi riguardanti ad esempio la protezione degli investimenti e degli investitori, i mercati finanziari, la proprietà intellettuale, gli appalti pubblici, le politiche di concorrenza, ecc.

6.2.2

In realtà si sta cercando di creare un quadro istituzionale fondato principalmente su basi giuridiche e tale da incoraggiare un modello di integrazione economica profonda da attuare mediante il mercato. Ciò significa che il progetto d'integrazione delle Americhe comprende sia un processo di apertura dei mercati sia l'istituzione di una serie di nuovi standard, norme e regolamentazioni che disciplineranno il commercio mondiale. Visto il peso politico ed economico degli Stati Uniti, è assai probabile che queste norme siano ispirate alla realtà e alle normative di tale paese.

6.2.3

Se questo progetto dovesse concretizzarsi, l'influenza dell'UE diminuirebbe ancor più creando ulteriori complicazioni per le imprese europee sui mercati latinoamericani e caraibici.

6.2.4

A suo tempo l'entrata in vigore del NAFTA aveva già avuto forti ripercussioni per l'Unione europea facendo deviare i flussi commerciali e facendo perdere alle imprese europee la metà del mercato messicano. Mentre nel 1990 l'Europa forniva ancora il 14,3 % delle importazioni messicane, nel 1997 la sua quota di mercato era passata all'8,5 %. Nello stesso periodo di riferimento le importazioni dell'Unione europea provenienti dal Messico scendevano dal 12,6 % dell'inizio del decennio al 3,6 %. Gli Stati Uniti invece - che a partire da quel momento hanno cominciato ad assorbire l'82 % delle esportazioni messicane - sono divenuti il principale partner commerciale del paese. Malgrado il successivo accordo di associazione stipulato sollecitamente dall'Unione europea con il Messico, non tutte le quote di mercato perse sono state recuperate. Troppo abituato a commerciare con gli Stati Uniti, il Messico fatica a volgersi verso l'Europa. L'accordo Messico/UE racchiude un notevole potenziale ma questo non è ancora stato sfruttato a dovere dalle due parti.

6.2.5

L'esperienza del NAFTA insegna a che punto i flussi commerciali possono essere alterati da azioni di questo genere. Anche la FTAA potrebbe determinare una deviazione analoga dei flussi commerciali e degli investimenti.

6.2.6

Anche se vi fossero ritardi nell'attuazione concreta della FTAA, è già intervenuta una tendenza alla regionalizzazione/continentalizzazione degli scambi commerciali nelle Americhe, in seguito ai vari accordi di libero scambio negoziati nel continente. Oggigiorno il 60 % delle esportazioni e il 50 % delle importazioni totali dei 34 paesi si svolgono all'interno delle Americhe, contro, rispettivamente, il 48 % e il 41 % di 10 anni fa. Se si esclude il Mercosur - il cui principale partner commerciale è per l'appunto l'Unione europea - il commercio degli altri paesi dell'America Latina e dei Caraibi dipende molto dal Nord del continente. Sono diretti verso il NAFTA il 50 % delle esportazioni della CAN, il 45 % di quelle dell'MCCA e il 41 % di quelle della Caricom. La FTAA non farà che consolidare questa situazione.

6.3   Il partenariato strategico Unione europea/America Latina/Caraibi

6.3.1

L'Unione europea deve tenere presente la strategia internazionale degli Stati Uniti per costruire la propria. Questo non vuol dire che l'UE si debba affermare come soggetto internazionale in contrapposizione con gli USA, ma piuttosto che debba seguire la via europea: quella della promozione del suo modello di governance regionale - attraverso i continenti - in armonia con le regole internazionali esistenti, per costruire a termine un mondo multiregionale e quindi più equilibrato. La stipula di accordi preferenziali con vari raggruppamenti regionali latinoamericani permetterebbe di consolidare le loro rispettive strutture interne, nonché il loro inserimento internazionale in quanto soggetti unici.

6.3.2

L'Unione europea non può permettersi di trascurare questa regione del mondo perché ha bisogno di partner per ridefinire il proprio ruolo nella politica mondiale. L'America Latina e i Caraibi costituiscono alleati naturali per motivi culturali, politici ed economici: tanto più che oggigiorno il continente americano ha davvero bisogno della presenza dell'Europa. Come proposto nella relazione del Parlamento europeo dell'ottobre 2001, l'Unione europea non deve più subordinare la firma di un accordo di libero scambio con il Mercosur alla conclusione dei negoziati dell'OMC (12); questo tanto più in quanto la data fissata per il termine del round di Doha sembra compromessa, viste le difficoltà, confermate a Cancún, che le parti incontrano nel raggiungere un consenso per far avanzare i negoziati commerciali multilaterali.

6.3.3

È importante che l'Unione europea comprenda la portata del progetto di creazione della Zona di libero scambio delle Americhe. Se l'Unione vuole mantenere il proprio ruolo sul continente e concorrere alla definizione delle nuove regole del commercio internazionale, essa deve disporre di una volontà politica e di mezzi finanziari all'altezza delle sue ambizioni internazionali e deve inoltre agire all'unisono in seno alle istituzioni economiche internazionali (FMI, Banca mondiale, ecc.) per essere davvero influente.

6.3.4

Oggi più che mai occorre manifestamente una presenza europea in un continente latinoamericano in crisi. L'Unione europea, tuttora considerata come un modello sociale e politico di riferimento, non deve perdere di vista la grande sfida con cui devono misurarsi oggi i paesi dell'America Latina e dei Caraibi: trovare un modello economico e sociale alternativo a quello del «consenso di Washington» e al progetto di integrazione con gli Stati Uniti.

6.3.5

I negoziati multilaterali, l'allargamento dell'Unione europea, l'evoluzione del contesto internazionale dopo l'11 settembre 2001 e la crisi che l'America Latina sta attraversando hanno indubbiamente frenato i rapporti tra queste due sponde dell'Atlantico. Ma l'Unione europea non ha soltanto interessi economici nella regione: essa è infatti anche un protagonista a livello mondiale. Di conseguenza deve assolutamente disporre di una politica integrale e coerente destinata alla regione.

6.3.6

In America Latina si avverte un forte desiderio di cambiamento, come dimostrano fra l'altro le numerose manifestazioni di protesta svoltesi negli ultimi anni nei paesi andini e sudamericani in generale, nonché l'elezione di Lucio GUTIÉRREZ in Ecuador, di Luis Inácio LULA da SILVA in Brasile e di Néstor KIRCHNER in Argentina. Questi ultimi hanno espresso la volontà di rafforzare gli accordi regionali esistenti prima di concludere i negoziati per la FTAA e di incentivare i rapporti con l'Unione europea, come dimostrato dalle visite che hanno compiuto in diverse capitali europee nel luglio del 2003.

6.3.7

La richiesta, rivolta all'Europa, di far sentire maggiormente la sua presenza non viene per ora soddisfatta. Proprio per questo si levano voci in Europa per segnalare la situazione e alcuni parlamentari europei non esitano a sottolineare la mancanza di volontà politica dell'UE, che dispone peraltro degli strumenti necessari per proporre ai paesi dell'America Latina e dei Caraibi un progetto alternativo a quello della FTAA. Questa posizione è stata d'altronde ribadita in occasione della XVI Conferenza interparlamentare Unione europea/America Latina svoltasi nel maggio del 2003.

6.3.8

È necessario attribuire maggiore importanza agli aspetti sociali, come pure a quelli ambientali, nei rapporti fra le due parti. Il CESE appoggia l'iniziativa del commissario PATTEN di collocare la coesione sociale (13) fra i temi centrali oggetto dei dibattiti del prossimo vertice UE/ALC, che si terrà a Città del Messico nel 2004.

6.3.9

Vista la crescita della disoccupazione e l'accelerazione dell'impoverimento delle società e delle sperequazioni sociali, registrate in questi ultimi dieci anni nei paesi dell'America Latina e dei Caraibi, sarebbe utile introdurre nel partenariato strategico una clausola sociale - nonché ambientale - affinché gli accordi commerciali conclusi con l'Europa possano contribuire a ridurre la povertà e le disuguaglianze estreme che caratterizzano la regione e ad attenuare i potenziali effetti sociali collaterali della liberalizzazione commerciale. L'obiettivo di questa clausola sociale sarebbe di spingere i governi dell'America Latina e dei Caraibi ad utilizzare i fondi dell'Unione europea per ridistribuire i redditi. Ciò consentirebbe di lottare contro la piaga delle disuguaglianze sociali che caratterizzano questa regione del mondo.

6.3.10

D'altra parte, come segnalato in precedenza, finora l'Unione europea da un lato e l'America Latina e i Caraibi dall'altro hanno incontrato difficoltà nel definire una vera e propria agenda comune. Vi è il rischio che questa asimmetria di programmazione sia tuttora presente al vertice UE/ALC che avrà luogo in Messico. Se da un lato il commissario PATTEN auspica che questo terzo vertice sia quello della coesione sociale e contribuisca quindi all'eliminazione delle disuguaglianze sociali e della povertà nei paesi dell'America Latina, questi ultimi ritengono che, per rilanciare la crescita e lottare quindi contro la povertà, sia innanzitutto necessario disporre di un migliore accesso al commercio internazionale. Fin quando gli europei e i latinoamericani non saranno riusciti a trovare un autentico programma comune o almeno ad attenuare le divergenze nella gerarchia delle priorità, avranno molte difficoltà a progredire nell'ambiziosa iniziativa del partenariato strategico proposta a Rio. Pur appoggiando decisamente l'iniziativa della coesione sociale, il CESE ritiene che l'Unione debba tenere presenti anche le priorità dei suoi partner, se desidera che il vertice messicano abbia successo. Tenendo conto del contesto successivo alla conferenza di Cancún, l'Unione europea deve non solo occuparsi delle questioni sociali che le consentono di distinguersi sulla scena internazionale, ma anche rispondere alle aspettative dei paesi dell'America Latina e dei Caraibi che desiderano concludere accordi preferenziali con essa. Il vertice messicano, a distanza di pochi mesi dal termine dei negoziati per la FTAA, è un'occasione che l'Europa deve cogliere per dare al partenariato strategico UE/ALC quell'impulso di cui ha davvero bisogno.

7.   Le proposte del CESE

7.1

L'accordo di Cotonou, firmato nel giugno 2000 tra l'UE e i paesi dell'Africa, del Pacifico e dei Caraibi, impone il dialogo tra le istituzioni e i soggetti non statali, in maniera che lo Stato e la società civile abbiano un ruolo complementare nelle azioni per lo sviluppo. D'altronde anche il Libro bianco sulla governance europea, pubblicato nel 2001, sottolineava l'importanza della società civile per la definizione delle politiche a dimensione internazionale.

7.2

È dunque in questo quadro che la società civile dell'America Latina e dei Caraibi deve prendere parte alle relazioni con l'UE, per quanto riguarda sia i programmi di cooperazione che i negoziati sugli accordi in preparazione.

7.3

Sinora la partecipazione della società civile ai negoziati tra l'UE e l'ALC è stata non già concreta e strategica, ma piuttosto simbolica. A parte gli incontri tra il CESE e la società civile organizzata dell'America Latina e dei Caraibi, avvenuti soprattutto in occasione dei vertici dei capi di Stato e di governo, in questo campo si è fatto ben poco.

7.4

Considerando che la partecipazione della cittadinanza costituisce un elemento di primaria importanza ai fini del consolidamento della democrazia, nonché una base essenziale dello sviluppo sostenibile, e che è indispensabile poter contare sulla società civile per dare legittimità al partenariato strategico UE/ALC ed evitare lo scoglio del progetto FTAA, giudicato così severamente da ampi settori delle società delle Americhe, il CESE formula le seguenti proposte:

7.4.1   Definire una strategia chiara

7.4.1.1

In un mondo sempre più complesso e caratterizzato da rischi sempre maggiori, l'Unione europea deve avere una strategia globale, basata sui valori della pace, dello sviluppo sostenibile e dei diritti umani e deve sforzarsi di costruire un mondo più giusto ed equilibrato.

7.4.1.2

Questi valori e questi obiettivi devono essere presenti nei rapporti con l'America Latina e i Caraibi, in modo che i popoli di questa regione comprendano che gli accordi con l'Unione europea possono essere un elemento fondamentale del loro sviluppo e contribuire a migliorare la loro collocazione sulla scena mondiale.

7.4.1.3

Per mettere in pratica questa strategia l'Unione europea deve aumentare in modo coerente il proprio impegno finanziario.

7.4.1.4

Pertanto, nei negoziati in corso con il Mercosur, il CAN, l'MCCA e il Caricom, l'UE deve tenere conto, oltre che delle questioni commerciali o doganali, di detta strategia globale.

7.4.1.5

L'Unione europea deve inoltre rivitalizzare il dialogo politico con l'ALC, non soltanto perché esso rappresenta uno dei tre pilastri degli accordi di associazione che essa ha siglato o sta per siglare con paesi o regioni dell'America Latina e dei Caraibi, ma anche e soprattutto perché questo dialogo politico costituisce l'elemento che permette di differenziare il progetto di associazione che l'UE sta tessendo con l'ALC da quello della FTAA. A tal fine occorre che la presenza ministeriale europea nei forum interministeriali UE/ALC sia, alla stregua degli incontri UE/Gruppo di Rio, all'altezza dell'obiettivo perseguito: la realizzazione di un partenariato strategico biregionale.

7.4.2   Elaborare un piano di azione e un calendario

7.4.2.1

Visto l'insuccesso dei negoziati in ambito OMC svoltisi a Cancún e la decisione nordamericana di condurre i negoziati della FTAA secondo il calendario previsto, l'Unione europea deve dotarsi al più presto di un nuovo piano di azione e di un calendario che sia più vicino alle nuove realtà.

7.4.2.2

In particolare l'Unione europea deve riflettere sulla necessità di un nuovo mandato negoziale che non dipenda dalla conclusione dei negoziati di Doha.

7.4.2.3

Il CESE auspica che l'Accordo di associazione con il Mercosur sia firmato (o almeno annunciato) durante il vertice dei capi di Stato e di governo che si svolgerà a Guadalajara (Messico) nel maggio 2004.

7.4.3   Rafforzare la trasparenza e l'informazione

7.4.3.1

La trasparenza dei negoziati e l'informazione in merito ai successi ottenuti e agli ostacoli incontrati sono essenziali per garantire il coinvolgimento della società civile in tutte le fasi del progresso negoziale.

7.4.3.2

L'Europa deve avviare iniziative volte a illustrare a tutti settori della società civile il senso delle proposte e delle concessioni che è pronta a fare per giungere a un accordo con le parti in causa.

7.4.4   Sostenere il rafforzamento della società civile organizzata

7.4.4.1

L'Unione europea ha una vastissima esperienza in materia di dialogo civile; il CESE costituisce uno degli esempi più notevoli in questo campo.

7.4.4.2

Senza avere la pretesa di esportare dei modelli, l'UE deve sostenere la nascita di istituzioni di uguale natura nelle regioni dove esse non esistono o sono più deboli.

7.4.4.3

Analogamente, promuovere contatti e relazioni più o meno ufficiali con organizzazioni sulle due sponde dell'Atlantico sembra essere un elemento di ravvicinamento molto favorevole alla strategia europea.

7.4.5   Elaborare studi di impatto e promuovere politiche di lotta contro la povertà e per la promozione dell'occupazione

7.4.5.1

Tutti i processi di integrazione hanno conseguenze sulla vita quotidiana delle persone, in particolare di quanti si trovano in una situazione di particolare vulnerabilità.

7.4.5.2

L'Unione europea dovrebbe quindi elaborare studi sugli effetti generati dall'integrazione e dall'apertura dei mercati e, di conseguenza, sostenere finanziariamente le politiche di lotta contro la povertà e l'esclusione sociale e quelle destinate a promuovere l'occupazione.

7.4.6   Promuovere una politica di coesione sociale

7.4.6.1

L'Unione europea deve considerare gli accordi con l'ALC non solo come un'occasione per accedere a nuovi mercati, ma anche come un'opportunità di sviluppo economico e sociale per i popoli interessati.

7.4.6.2

I benefici derivanti dagli accordi in questione devono estendersi a tutta la popolazione e non essere limitati a quanti già ne beneficiano. Se l'UE dovesse legarsi a una politica tendente ad accrescere le disparità economiche e sociali nell'ALC, commetterebbe un errore strategico dalle conseguenze disastrose.

7.4.6.3

Il richiamo, in tutti gli accordi negoziati o in corso di negoziazione, all'esigenza di una politica di coesione sociale deve essere il tratto che contraddistingue il progetto di associazione che l'UE sta realizzando con l'ALC rispetto a quello della FTAA.

7.4.6.4

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di fare della coesione sociale il tema di discussione del vertice che avrà luogo in Messico.

7.4.7   Rafforzare il ruolo del CESE nel dialogo civile transatlantico

7.4.7.1

Nel protocollo firmato nel 2001, in seguito al Trattato di Nizza, tra la Commissione europea e il CESE, viene riconosciuto che il Comitato è l'organo privilegiato del dialogo tra le istituzioni europee e la società civile organizzata, non soltanto quella europea ma anche quella dei paesi terzi.

7.4.7.2

Il CESE ha approfittato di ogni occasione per svolgere questa funzione, ma riconosce di potere e dovere andare oltre nel dialogo con le analoghe organizzazioni dell'America Latina e dei Caraibi, ricercando altre forme di collaborazione, più strette ed efficaci.

7.4.7.3

In un momento cruciale per le relazioni tra l'UE e l'ALC, il CESE deve:

rafforzare i propri legami con il FCES del Mercosur,

studiare più da vicino la situazione della società civile organizzata in altre regioni dell'America Latina e dei Carabi,

coinvolgere la società civile dell'ALC nei propri pareri sulle problematiche dell'America Latina e dei Caraibi.

Bruxelles, 25 febbraio 2004.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Roger BRIESCH


(1)  I paesi partecipanti al progetto sono: Antigua e Barbuda, Argentina, Bahamas, Barbados, Belize, Bolivia, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Dominica, El Salvador, Ecuador, Stati Uniti, Granada, Guatemala, Guyana, Haiti, Honduras, Giamaica, Messico, Nicaragua, Panama, Paraguay, Repubblica Dominicana, Saint Lucia, Saint Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine, Suriname, Trinidad e Tobago, Uruguay e Venezuela.

(2)  El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua. La Costa Rica non ha partecipato.

(3)  Tutte le cifre citate sono state fornite dalla DG Commercio della Commissione europea.

(4)  Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize, Bolivia, Costa Rica, Dominica, El Salvador, Ecuador, Grenada, Guatemala, Guyana, Haiti, Honduras, Giamaica, Nicaragua, Panama, Paraguay, Repubblica Dominicana, Saint Lucia, Saint Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine, Suriname, Trinidad e Tobago, Uruguay.

(5)  Relazione annuale della Commissione economica per l'America Latina e i Caraibi delle Nazioni Unite: Panorama sociale dell'America Latina 2002-2003.

(6)  Il cosiddetto fast track (corsia preferenziale), recentemente ribattezzato Trade Promotion Authority (TPA), è l'autorizzazione che il Congresso americano dà al governo americano per negoziare accordi commerciali senza doverglieli sottoporre ad ogni fase del negoziato. Il Congresso si limita quindi a ratificare o respingere l'accordo concluso.

(7)  Con l'Atto unico la Comunità economica europea diventa «Comunità europea»; successivamente il Trattato di Maastricht del 1992 la trasforma in «Unione europea».

(8)  1. Approfondire e intensificare la cooperazione e le consultazioni nei consessi internazionali estendendole a tutte le questioni di comune interesse. 2. Promuovere e tutelare i diritti umani, specie quelli delle fasce più vulnerabili della società; prevenire e combattere la xenofobia, gli atti di razzismo e le altre forme di intolleranza. 3. Donne - adottare programmi e progetti connessi ai settori prioritari menzionati nella dichiarazione di Pechino. 4. Potenziare i programmi di cooperazione riguardanti l'ambiente e le calamità naturali. 5. Droga - attuare il piano d'azione globale di Panama, prendendo anche misure contro il traffico illecito di armi. 6. Formulare proposte di cooperazione biregionale onde creare meccanismi tali da promuovere un sistema economico e finanziario globale stabile e dinamico, consolidare i sistemi finanziari nazionali e istituire programmi specifici per venire in aiuto ai paesi relativamente meno sviluppati dal punto di vista economico. 7. Promuovere il commercio, compresi le PMI e i forum aziendali. 8. Sostenere la cooperazione biregionale in materia di istruzione, studi universitari, ricerca e nuove tecnologie. 9. Patrimonio culturale, forum culturale UE-America Latina/Caraibi. 10. Varare un'iniziativa comune su aspetti specifici della società dell'informazione. 11. Sostenere le attività collegate alla ricerca, agli studi postlaurea e alla formazione in merito ai processi d'integrazione. Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Seguito del primo vertice di Rio tra l'America Latina, i Caraibi e l'Unione europea, Bruxelles, 31 ottobre 2000, COM(2000) 670 def.

(9)  Il totale previsto è di 2 264 milioni di euro, ripartiti nel seguente modo: 2000 - 368,37 milioni; 2001 - 336,25 milioni; 2002 – 315 milioni; 2003 - 310 milioni; 2004 - 310 milioni; 2005 - 310 milioni; 2006 - 315 milioni.

(10)  L'articolo 24 consente a diverse parti contraenti di stabilire discriminazioni rispetto ad altre, quando si tratta di concludere accordi che rispondono ai criteri di un'unione doganale o di una zona di libero scambio. Tali accordi devono rispettare i seguenti criteri: i dazi doganali e le altre regolamentazioni esistenti tra le parti devono essere eliminati per la parte essenziale dei loro scambi commerciali; i dazi doganali applicabili ai paesi terzi non devono essere più elevati e le regolamentazioni non devono essere più rigorose, e comunque dazi e regolamentazioni non devono incidere in maniera più significativa rispetto alla situazione precedente alla creazione della zona o dell'unione; qualsiasi accordo che prevede la formazione progressiva di un'unione doganale o di una zona di libero scambio deve disporre di un piano e di un calendario per la sua realizzazione in tempi ragionevoli.

(11)  GU C 169 del 16.6.1999 (relatore ZUFIAUR); GU C 260 del 17.9.2001 (relatore ZUFIAUR) ; GU C 94 del 18.4.2002 (relatore GAFO FERNÁNDEZ). Il CESE sta attualmente elaborando un parere sul tema La coesione sociale in America Latina e nei Caraibi (relatore ZUFIAUR).

(12)  Parlamento europeo «Relazione su una partnership globale e una strategia comune per le relazioni tra l'Unione europea e l'America latina - Commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa Verso un'associazione globale e una strategia comune per le relazioni tra l'UE e l'America latina», commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa (relatore: José Ignacio SALAFRANCA SÁNCHEZ-NEYRA), 11 ottobre 2001, A50336/2001 definitivo.

(13)  PATTEN, C., Latin America: what has gone wrong? A EU policy proposal focused on social cohesion, intervento presentato in occasione del Forum interministeriale UE/Gruppo di Rio, svoltosi a Vouliagmeni (Grecia) il 28 maggio 2003.