52004DC0410

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo relativa all'ingresso gestito nell'Unione europea delle persone bisognose di protezione internazionale e al rafforzamento della capacità di protezione nelle regioni di origine "migliorare l'accesso a soluzioni durature" /* COM/2004/0410 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO RELATIVA ALL'INGRESSO GESTITO NELL'UNIONE EUROPEA DELLE PERSONE BISOGNOSE DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE E AL RAFFORZAMENTO DELLA CAPACITÀ DI PROTEZIONE NELLE REGIONI DI ORIGINE "MIGLIORARE L'ACCESSO A SOLUZIONI DURATURE"

"MIGLIORARE L'ACCESSO A SOLUZIONI DURATURE"

Introduzione

1. La presente comunicazione è la risposta della Commissione al punto 26 delle conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003, in cui è invitata "ad esplorare tutti i parametri che consentono di garantire alle persone bisognose di protezione internazionale un ingresso nell'UE caratterizzato da maggior ordine e controllo e ad esaminare le modalità e i mezzi diretti a potenziare la capacità di protezione delle regioni d'origine, nella prospettiva di presentare al Consiglio, anteriormente al giugno 2004, una relazione generale in cui si suggeriscono le misure da adottare, comprese le ripercussioni giuridiche".

2. Nella comunicazione del marzo 2003 "relativa alla politica comune in materia di asilo e all'Agenda per la protezione" (Seconda relazione sull'attuazione della comunicazione COM(2000) 755 definitivo del 22 novembre 2000) (di seguito "comunicazione del marzo 2003"), la Commissione ha cercato di capire se gli Stati membri non possano investire in modo più efficiente le considerevoli risorse umane e finanziarie che destinano all'accoglienza di richiedenti asilo nel corso di procedimenti a volte lunghi che si concludono spesso con decisioni di rifiuto, ossia con il rimpatrio dopo un soggiorno prolungato. Inoltre, osservava che questi fattori costituiscono una reale minaccia per l'istituto dell'asilo e più in generale per la tradizione umanitaria europea e che dunque richiedono risposte strutturali. Le conclusioni della comunicazione vertono sull'esigenza di perseguire tre obiettivi complementari nell'ottica di una migliore gestione dell'asilo nel contesto di un'Europa allargata: il miglioramento della qualità delle decisioni ("frontloading") nell'Unione europea; il consolidamento della protezione nella regione d'origine; il trattamento delle domande di protezione il più possibile in funzione delle necessità e la regolazione dell'accesso sicuro all'Unione europea per le persone bisognose di protezione internazionale.

3. La comunicazione della Commissione del 3 giugno 2003 "Verso regimi di asilo più accessibili, equi e meglio gestiti" (COM(2003) 315 def.) (di seguito "comunicazione del giugno 2003") esamina in maniera dettagliata le gravi carenze strutturali dell'attuale regime di protezione internazionale. In particolare, sottolinea l'emergere di seri squilibri nell'UE dove gli Stati membri spendono cifre importanti per il trattamento delle domande d'asilo quando la maggior parte dei richiedenti non soddisfa i criteri per ottenere la protezione internazionale, mentre la maggior parte dei rifugiati, compresi probabilmente i più vulnerabili, resta in campi profughi con povere risorse situati nei paesi terzi della regione d'origine. La comunicazione conclude che vi è una manifesta esigenza di esplorare nuove vie per completare l'approccio in più fasi definito a Tampere, inaugurando la prima fase del regime europeo comune in materia d'asilo.

4. A sostegno di questo nuovo approccio, la comunicazione del giugno 2003 propone tre obiettivi specifici e complementari: 1) l'arrivo nell'UE in modo ordinato ed organizzato delle persone bisognose di protezione internazionale, a partire dalla loro regione di provenienza; 2) la ripartizione degli oneri e delle responsabilità all'interno dell'UE e con le regioni di provenienza per permettere loro di fornire, quanto prima possibile, una protezione effettiva che soddisfi al meglio le necessità delle persone bisognose di protezione internazionale, e 3) la definizione di un approccio integrato finalizzato all'introduzione di un processo decisionale efficiente in materia d'asilo e di procedure di rimpatrio eseguibili. Tali obiettivi sono indicati come complementari alla prima fase del regime europeo comune in materia d'asilo richiesta a Tampere. Contestualmente alla presente, la Commissione sta per pubblicare una comunicazione su come l'UE può migliorare la velocità e l'efficienza dei regimi di asilo promuovendo gradualmente una procedura d'asilo unica.

5. I tre obiettivi identificati nella comunicazione del giugno 2003 assumono tutti pari rilievo, sono interconnessi e si potenziano reciprocamente dal punto di vista strategico. Insieme, essi mirano a colmare le carenze riscontrate negli attuali regimi in materia di asilo e a reinstaurare e rafforzare il sostegno dell'opinione pubblica per il regime d'asilo ma anche, più in generale, per la protezione dei rifugiati. La comunicazione del giugno 2003 suggerisce l'attuazione graduale del nuovo approccio, in un primo momento con l'adozione di azioni preparatorie per sondare il terreno circa le possibili soluzioni e poi tramite proposte più concrete di programmi e progetti da attuare, tra cui la partecipazione ai piani d'azione globali condotti dall'ACNUR e nel contesto delle iniziative "Agenda per la protezione" e "Convenzione +", sempre dell'ACNUR, volte ad adattare e a rafforzare il regime di protezione internazionale.

6. Nella risoluzione del 1° aprile 2004 sulle comunicazioni del marzo e giugno 2003, il Parlamento europeo invita caldamente l'Unione europea ad esaminare una nuova impostazione per la protezione internazionale basata, da un lato, su una migliore gestione dell'accesso delle persone bisognose di protezione internazionale sul territorio degli Stati membri e, dall'altro, su un solido apporto di risposte adeguate alle necessità di protezione nelle regioni di provenienza dei rifugiati. Il Parlamento ritiene inoltre che, alla luce delle carenze degli attuali regimi di asilo, sia inderogabile esplorare nuove strade e sviluppare un nuovo approccio complementare di detti sistemi di asilo che deve essere realizzato nel quadro di un'autentica ripartizione degli oneri e delle responsabilità, il cui obiettivo globale sia garantire una migliore gestione dei flussi di asilo, in modo da arrivare a sistemi di asilo meglio gestiti, maggiormente accessibili e più equi. In tale ottica, il Parlamento europeo precisa che una nuova impostazione complementare deve basarsi sull'arrivo organizzato e ordinato, nel territorio dell'Unione europea, delle persone bisognose di protezione internazionale dalla regione di provenienza mediante un regime di reinsediamento su scala comunitaria, che consisterebbe nel trasferimento di rifugiati provenienti da un primo paese di accoglienza sul territorio dell'Unione europea e per la cui creazione dovrebbero essere elaborati uno strumento legislativo e un capitolo finanziario specifico da includere nel nuovo Fondo europeo per i rifugiati.

7. Nonostante il recente calo nel numero delle domande d'asilo in Europa, soddisfare i due obiettivi definiti a Salonicco non appare meno importante. La riduzione del numero di richiedenti asilo nell'Unione europea non riflette necessariamente una riduzione generale del numero di rifugiati e persone che chiedono protezione internazione a livello globale; appare infatti chiaro che nel mondo vi sono ancora numerose regioni e paesi dove la violazione dei diritti umani e gli spostamenti conseguenti determinano situazioni prolungate di rifugiato, in cui l'85% di queste persone è ospitato nelle regioni di provenienza da paesi confinanti con risorse insufficienti. Le statistiche in materia di asilo continuano a evidenziare che la maggior parte delle domande nell'UE non soddisfa i criteri per ottenere la protezione internazionale. Secondo i dati statistici presentati dagli Stati membri in relazione al Fondo europeo per i rifugiati, le domande accolte sono state 78.633 su 360.541 nel 2000 (21%); 73.746 su 345.332 nel 2001 (21%); 52.128 su 308.787 nel 2002 (17%); e 25.880 su 192.225 nel 2003 (12%), anno in cui sono pervenuti i dati di 8 paesi. Queste cifre comprendono la status di rifugiato e quello di protezione sussidiaria. La riforma del regime di protezione internazionale al fine di renderlo più accessibile, meglio gestito e soprattutto più equo rimane dunque un'esigenza molto avvertita. La presente comunicazione dovrebbe essere interpretata alla luce di tale prospettiva. Di fatto, un ingresso caratterizzato da maggior ordine e controllo e una maggiore capacità di protezione non sono obiettivi fine a se stessi, bensì condizioni che occorre soddisfare per garantire il corretto funzionamento del regime di protezione internazionale.

8. La presente comunicazione contiene raccomandazioni per tradurre in termini operativi il mandato di Salonicco; tuttavia, un progetto così ambizioso ingloba nel proprio settore di competenza questioni che esulano dai semplici aspetti politici in materia di asilo e immigrazione. In tal senso, ancora una volta è cruciale il ruolo dei paesi terzi della regione di provenienza, il partenariato e l'appoggio dei quali rimangono imprescindibili per la riuscita di qualsiasi misura avente per oggetto questi movimenti. Sebbene il rimpatrio dei rifugiati sia la soluzione duratura più auspicabile per tutte le parti interessate e l'UE debba impegnarsi maggiormente per affrontare il problema alla radice e facilitare tale esito, occorre sfruttare pienamente opzioni quali l'integrazione locale nel paese ospitante e il reinsediamento in uno Stato membro. La presente comunicazione contiene pertanto raccomandazioni su come migliorare la protezione per massimizzare le opportunità di ricorrere a tutte e tre le opzioni e propone inoltre un programma di reinsediamento a livello comunitario per promuovere in maniera specifica la terza soluzione duratura. Il programma di reinsediamento contribuirebbe altresì a migliorare la protezione nelle regioni; attraverso un'equa distribuzione del numero di rifugiati, infatti, la capacità di protezione dei paesi terzi nella regione di provenienza risulta rafforzata, poiché essi hanno a disposizione più risorse per proteggere le persone non bisognose di reinsediamento che si trovano entro i loro confini. In questo modo, il reinsediamento costituirebbe un elemento prezioso degli accordi di partenariato con i paesi terzi. Come sottolineato dall'Alto Commissariato alla riunione del Forum il 12 marzo 2004: "Un impegno concreto a reinsediare un numero considerevole di rifugiati dagli Stati che ne ospitano in quantità elevate per periodi prolungati può rafforzare la capacità e la disponibilità a continuare a proteggere e trovare altre soluzioni durature per i rifugiati che rimangono".

9. L'Alto Commissariato ha inoltre auspicato nuovi accordi, nell'ambito dell'iniziativa Convenzione +, in vista di integrare la Convenzione sui rifugiati, nonché contribuire a proteggere i rifugiati e raggiungere soluzioni durature nelle regioni di provenienza. L'obiettivo è far leva su intese e impegni assunti dagli Stati negli accordi multilaterali in merito a casi specifici, anche attraverso piani d'azione generali. L'ACNUR ritiene che i nuovi accordi, sotto forma di "accordi speciali" a livello multilaterale, possano inglobare piani d'azione generali al fine di garantire risposte più efficaci e prevedibili alle situazione di rifugiato su ampia scala, compresi aiuti allo sviluppo mirati per garantire una ripartizione più equa degli oneri e promuovere l'autonomia dei rifugiati e dei rimpatriati nei paesi con un numero elevato di rifugiati; impegni multilaterali in materia di reinsediamento e l'accordo sul ruolo e le responsabilità dei paesi di origine, di transito e di destinazione per quanto riguarda i movimenti secondari irregolari.

10. Le discussioni del gruppo di lavoro coordinato dall'ACNUR si sono incentrate sull'uso strategico del reinsediamento e l'ACNUR ha definito una strategia di reinsediamento globale basata sui legami tra tale uso strategico e l'iniziativa Convenzione +. Nel contesto della sezione Reinsediamento della Convenzione +, è stato elaborato un quadro multilaterale di intese sul reinsediamento da integrare in un "accordo speciale" globale per risolvere situazioni specifiche (spesso prolungate) di rifugiato.

11. La presente comunicazione è suddivisa in quattro capitoli. Il capitolo I esamina il primo obiettivo della conclusione 26 del Consiglio europeo di Salonicco, ovverosia l'esigenza di "esplorare tutti i parametri che consentono di garantire alle persone bisognose di protezione internazionale un ingresso nell'UE caratterizzato da maggior ordine e controllo". Il capitolo II riguarda il secondo obiettivo della conclusione 26, e cioè l'esigenza di "esaminare le modalità e i mezzi diretti a potenziare la capacità di protezione delle regioni d'origine". Il capitolo III valuta come rendere operativo l'approccio generale e globale, integrato ed equilibrato nonché specifico per ogni situazione chiaramente invocato dal Consiglio europeo per le questioni in materia di asilo e immigrazione, nel quale tanto i meccanismi che garantiscono un ingresso nell'UE caratterizzato da maggior ordine alle persone bisognose di protezione internazionale quanto il potenziamento della capacità di protezione nelle regioni d'origine devono svolgere un ruolo chiave. Infine, il capitolo IV contiene le conclusioni della comunicazione e delinea la soluzione migliore.

Capitolo I

Primo obiettivo della conclusione 26: "esplorare tutti i parametri che consentono di garantire alle persone bisognose di protezione internazionale un ingresso nell'UE caratterizzato da maggior ordine e controllo"

Quadro politico a livello UE

12. Il problema più volte sollevato di come gestire in modo più efficace chi entra nell'UE e in quali circostanze è una caratteristica principale della nostra politica in materia di immigrazione e asilo. Il Consiglio di Salonicco ha posto la questione di come garantire un ingresso caratterizzato da maggior ordine e controllo mentre è in atto l'evoluzione verso un regime di asilo più accessibile, equo e meglio gestito. Gli Stati membri guardano ormai da tempo la possibilità di trattare le domande d'asilo esterne all'UE come a una soluzione per garantire in tempi più rapidi protezione internazionale a chi ne ha maggiormente bisogno e offrire un ingresso nell'UE caratterizzato da maggior ordine e controllo. Nella comunicazione del novembre 2000 "Verso una procedura comune in materia di asilo e uno status uniforme e valido in tutta l'Unione per le persone alle quali è stato riconosciuto il diritto d'asilo", la Commissione ha sottolineato che espletare la richiesta di protezione nei paesi d'origine e facilitare l'ingresso dei rifugiati nel territorio degli Stati membri attraverso un programma di reinsediamento sono due modalità per offrire un accesso rapido alla protezione evitando che i rifugiati rischino di cadere vittime delle reti d'immigrazione illegale e della tratta di esseri umani o che debbano attendere anni prima che il loro status sia riconosciuto. Questa opzione, secondo il parere della Commissione, deve inoltre avere carattere complementare e non può pregiudicare un adeguato espletamento delle domande individuali presentate a seguito di arrivi spontanei nell'UE.

13. Al fine di approfondire tali affermazioni, la Commissione ha richiesto due studi sulle possibilità di espletare le domande di asilo esterne all'UE: lo Studio sulla fattibilità del trattamento delle domande di asilo all'esterno dell'UE nella prospettiva del regime europeo comune in materia di asilo e dell'obiettivo di una procedura comune in materia di asilo (pubblicato nel marzo 2003) e lo Studio di fattibilità sulla realizzazione di programmi di reinsediamento negli Stati membri dell'UE o a livello comunitario, nell'ambito del regime comune europeo in materia di asilo e nella prospettiva di una procedura comune in materia di asilo (pubblicato nel maggio 2004).

14. Il primo studio esamina le opzioni offerte agli Stati membri da procedure di ingresso protetto (PIP), ovverosia la possibilità per un cittadino di un paese terzo di presentare una domanda d'asilo o di altra forma di protezione internazionale al potenziale paese ospitante, pur rimanendo fuori dal territorio di quest'ultimo, e di ottenere un'autorizzazione all'ingresso nel caso in cui la sua domanda sia accolta, provvisoriamente o definitivamente. Il secondo studio è incentrato sul reinsediamento, pratica che consiste nel trasferire i rifugiati da un primo paese di accoglienza verso un secondo, nel quale possono beneficiare delle garanzie di protezione, fra cui il soggiorno, e di prospettive d'integrazione e autonomia. L'importanza di applicare pratiche di reinsediamento e ripartire le responsabilità in materia di gestione dei rifugiati con i paesi terzi, compresi i paesi di primo asilo, è evidenziata altresì nelle comunicazioni della Commissione del marzo e giugno 2003.

15. Nell'ottobre 2003, la Presidenza Italiana dell'UE ha organizzato un seminario a Roma sul primo obiettivo della conclusione 26 di Salonicco - come promuovere un ingresso nell'UE caratterizzato da maggior ordine e controllo. Tra i metodi esaminati per garantire questo fine vi erano anche il reinsediamento e le procedure di ingresso protetto. Durante il seminario, la Commissione si è espressa sui meriti di un ingresso gestito delle persone bisognose di protezione internazionale nell'UE. In particolare, ha sottolineato che, offrendo alle persone bisognose di protezione la possibilità di accedere, quanto prima possibile, ad una protezione che soddisfi al meglio le loro necessità e che faciliti un accesso sicuro e legale alla protezione nell'UE, esse non avrebbero bisogno di pagare migliaia di euro ai trafficanti per compiere un viaggio pericoloso e illegale verso l'UE. Inoltre, non dovrebbero sopportare lunghi periodi di incertezza durante la valutazione della loro domanda. In questo modo, verrebbe inviato anche un segnale forte ai paesi nelle regioni d'origine sulla disponibilità dei paesi UE ad assumersi in parte la responsabilità degli sfollati in quelle regioni.

16. La Commissione ha fatto presente che l'arrivo organizzato di persone bisognose di protezione internazionale costituirebbe anche uno strumento efficiente nella lotta contro i sentimenti di razzismo e xenofobia, in quanto suscettibile di aumentare il sostegno dell'opinione pubblica per coloro che abbiano superato le verifiche esterne all'UE e siano stati successivamente reinsediati all'interno del suo territorio. La situazione attuale è sensibilmente diversa poiché la maggior parte dei richiedenti asilo risulta non aver bisogno di alcuna forma di protezione internazionale. La mancanza di chiarezza a livello di percezione pubblica di questo gruppo minaccia la credibilità dell'asilo come istituto. L'esempio dell'evacuazione umanitaria del Kossovo può servire a illustrare l'impatto sul pubblico. Sebbene le esigenze di protezione e la situazione fossero diversi, l'accoglienza degli sfollati kossovari da parte dei paesi dell'UE e dei relativi cittadini è in netto contrasto con l'accoglienza incerta e spesso ostile riservata oggi a molte persone che arrivano nell'UE come richiedenti asilo in circostanze irregolari e difficili. I motivi di questa differenza sono chiari - nel primo caso, l'opinione pubblica non aveva dubbi che gli evacuati fossero effettivamente bisognosi di protezione, mentre allo stato attuale non esiste alcuna certezza in merito.

17. Durante il seminario, la Commissione ha ribadito che un ingresso controllato, ordinato e legale nell'UE in generale permetterebbe agli Stati membri di prevedere l'arrivo di persone ritenute bisognose di protezione internazionale. Questa anticipazione, a sua volta, comporterebbe una serie di vantaggi a livello di pianificazione: per gli alloggi e l'inevitabile impatto finanziario. Istituire programmi di integrazione ad hoc per specifiche categorie di rifugiati sarebbe inoltre molto più semplice se il paese interessato sapesse in anticipo chi sta per arrivare nel suo territorio con l'intenzione di rimanervi. In aggiunta a questo, reinsediare e consentire l'accesso fisico nel territorio dell'UE di persone la cui identità e la cui storia siano state controllate in precedenza è preferibile anche sotto il profilo della sicurezza.

18. Se usata in modo strategico nel contesto di un approccio globale, l'idea di un programma di reinsediamento a livello comunitario è apparsa agli Stati membri intervenuti al seminario come uno strumento potenzialmente molto utile in grado di garantire i) soluzioni globali alle situazioni di rifugiato, in particolare quelle prolungate, ii) la promozione e il miglioramento della protezione nelle regioni d'origine, e iii) un'alternativa ai movimenti secondari irregolari delle persone che non trovano una protezione efficace nel paese di primo asilo e alle attività criminali connesse con tali movimenti.

19. Nelle conclusioni del seminario, è stato precisato inoltre che il reinsediamento è una parte essenziale e indispensabile del regime di protezione internazionale, il cui uso ha permesso di salvare molte vite; garantisce accesso immediato alla protezione, anche in situazioni di emergenza, per le persone bisognose di protezione internazionale fuori dalle regioni d'origine e offre la possibilità di ricorrere subito a soluzioni durature. Il reinsediamento consente inoltre di identificare i casi più vulnerabili e bisognosi di aiuto, contribuisce a garantire arrivi più ordinati e controllati e permette agli Stati di effettuare controlli sanitari e a livello di sicurezza prima dell'arrivo. In aggiunta a questo, assicura una pianificazione e gestione migliori delle risorse e facilita l'integrazione tempestiva dei rifugiati. Infine, al seminario si è concluso che il reinsediamento produce un impatto positivo sull'integrità e la credibilità dell'asilo come istituto.

20. In merito alle PIP, il seminario ha identificato una serie di vantaggi, tra cui la garanzia di una protezione veloce ed efficace, in particolare per quanti hanno esigenze di protezione immediate e urgenti, e il potenziale impatto di queste procedure, in termini di risparmio sui costi e i tempi, rispetto alle procedure di asilo territoriali. Gli svantaggi riscontrati riguardano in particolare il livello di risorse necessario per il trattamento rapido delle domande, nonché la difficoltà di stabilire un contatto diretto con i responsabili politici in materia d'asilo e l'accesso o il non accesso all'assistenza legale. È stato inoltre sottolineato che eventuali strumenti di applicazione devono essere caratterizzati da discrezione e flessibilità.

21. La Presidenza ha dunque invitato la Commissione, "nella redazione della sua relazione generale su come garantire un più ordinato e gestito ingresso nell'Unione europea delle persone che hanno bisogno di protezione internazionale, a tener conto delle conclusioni del seminario, come disposto al punto 26 delle conclusioni del Consiglio europeo di Salonicco". Il Consiglio Giustizia e Affari Interni ne ha preso atto nel novembre 2003.

Misure politiche proposte

22. Delle tre soluzioni durature definite dall'ACNUR nell'Agenda per la protezione e reiterate dal Comitato esecutivo dello stesso ACNUR nella conclusione 20, paragrafo (i) del 2003, il reinsediamento assume un'importanza minore rispetto al rimpatrio volontario, soluzione privilegiata dalla maggior parte dei paesi ospitanti, e all'integrazione locale, , in parte a causa dell'impatto sulle cifre totali che i programmi di reinsediamento possono determinare su piccola scala. Tuttavia, è per definizione un ingresso controllato e ordinato nell'UE e può avere un ruolo importante, anche se limitato, nella politica comune dell'UE in materia di asilo. Per i motivi indicati sopra, la Commissione ritiene dunque opportuno adottare un approccio esteso a tutta l'Unione nel settore in questione e istituire un programma di reinsediamento a livello dell'UE. I paragrafi riportati di seguito illustrano brevemente gli elementi chiave di un programma di reinsediamento a livello dell'UE.

Contesto

23. Un approccio mirato e globale a un numero limitato ma coerente di casi specifici, adeguato alle particolari situazioni in cui è giudicato necessario il reinsediamento, è suscettibile di produrre un impatto significativo ed è in tale contesto che la Commissione propone l'istituzione di un programma di reinsediamento a livello comunitario. Il coinvolgimento dell'ACNUR nella selezione e la segnalazione dei casi obiettivo è naturalmente cruciale. Un programma così concepito costituirebbe inoltre un elemento indispensabile di un approccio globale in materia di asilo e migrazione nei confronti dei paesi terzi. Nel breve termine permetterebbe di rispettare il mandato di Salonicco poiché, per definizione, determinerebbe un ingresso ordinato e controllato nell'UE e, insieme ad altri elementi di un approccio più globale, aumenterebbe l'efficacia dell'UE nella lotta contro il traffico di esseri umani.

Quadro giuridico

24. Le opzioni a disposizione circa la forma di uno strumento giuridico in materia di reinsediamento sono diverse. Un quadro procedurale generale in materia di reinsediamento potrebbe costituire la base di programmi ad hoc per situazioni specifiche destinati a casi particolari nel contesto di un più ampio approccio adottato dalla Commissione nei confronti di una regione o un paese terzo specifico. In questo modo, verrebbe garantita una maggiore flessibilità rispetto ai programmi annuali con un numero fisso di posti da assegnare.

Attuazione

25. Le premesse di base dietro a un programma di reinsediamento a livello dell'UE dovrebbero sottolineare che il reinsediamento è complementare e senza pregiudizio agli obblighi degli Stati membri di valutare le domande di asilo secondo procedure eque e garantire protezione nei propri territori conformemente al diritto internazionale. Le parole d'ordine di un tale programma saranno "flessibilità" e "specificità rispetto alle situazioni". Sarebbe, in altri termini, adattabile alle diverse esigenze globali dei rifugiati, in particolare alle situazioni prolungate di rifugiato nelle varie regioni, nonché modulabile in funzione della capacità dei singoli Stati membri di reinsediare taluni gruppi di rifugiati negli anni. Il programma sarà offerto dall'UE solo a seconda delle necessità e nell'ambito di un partenariato con il paese terzo in funzione delle circostanze particolari associate alla situazione di rifugiato prolungata e/o suscettibile di creare rifugiati, quando sia chiaro che occorre trovare soluzioni durature che comportino il reinsediamento di tutto un gruppo di popolazione o parte di esso. Naturalmente il valore aggiunto del programma, sia intermini di economia di scala che peso politico nel contesto di un accordo di partenariato globale con i paesi della regione, aumenta in linea con il numero di posti di reinsediamento offerti.

Campo d'applicazione

26. Tutti gli Stati membri partecipano ai programmi di reinsediamento comunitari; tuttavia, la partecipazione è di per sé flessibile. Gli Stati membri attualmente impegnati in programmi di reinsediamento dovrebbero essere invitati a riservare una serie di luoghi da usare strategicamente nell'ambito di applicazione del programma di reinsediamento a livello dell'UE, ovvero a proseguire i loro programmi pur partecipando pienamente al programma UE, mettendo la loro esperienza a servizio dell'azione collettiva degli Stati membri. Il programma UE sarà attuato solo se opportuno nel contesto di una risposta variegata a una particolare situazione di rifugiato. I restanti paesi dovrebbero essere incoraggiati a partecipare a programmi di reinsediamento ad hoc o sulla base dei "soli fondi", incoraggiando forse altri Stati membri a provare a loro volta. Poiché il reinsediamento rientra in una risposta più ampia a livello comunitario a una situazione di rifugiato specifica e prolungata, il ruolo e il valore aggiunto di questo strumento dovrebbero incentivare tutti gli Stati membri a partecipare.

Finalità

27. La ragione fondamentale dietro al reinsediamento nell'UE di persone bisognose di protezione internazionale trova origine nella tradizione umanitaria dell'intera Unione e degli Stati membri di garantire sicurezza e rifugio a quanti fuggono dalle persecuzioni. Le sue finalità principali sono assicurare protezione internazionale e offrire una soluzione duratura nell'Unione a chi ne ha realmente bisogno e facilitarne l'arrivo controllato nell'UE, nonché esprimere solidarietà e condividere gli oneri con i paesi delle regioni d'origine alle prese con situazioni di rifugiato prolungate. L'impatto complessivo di un programma di reinsediamento a livello dell'UE sul programma di protezione internazionale sarebbe naturalmente limitato dai numeri coinvolti; tuttavia, se usato in modo strategico, potrebbe garantire soluzioni durature altrimenti irraggiungibili in una situazione di rifugiato prolungata e aggiungere valore e peso alle azioni intraprese in parallelo in merito a quella particolare situazione.

Obiettivi

28. In una futura proposta relativa all'istituzione di un programma di reinsediamento comunitario, la Commissione probabilmente suggerirà di definire obiettivi anziché quote o limiti. Gli obiettivi hanno infatti maggiori probabilità di successo essendo più flessibili. In un futuro quadro in materia di un possibile programma di reinsediamento comunitario, si potrà definire a livello di Unione un obiettivo annuale totale circa le cifre del reinsediamento. Inizialmente tale obiettivo avrebbe un valore non vincolante e spetterebbe agli Stati membri definire i propri obiettivi di reinsediamento. Nella direttiva del Consiglio sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi è stato introdotto il concetto di "duplice consenso". Analogamente, potrebbero essere presi in considerazione gli aiuti finanziari o il vero e proprio reinsediamento fisico delle persone da parte degli Stati membri. La disponibilità delle persone interessate a recarsi in uno Stato membro piuttosto che un altro e la disponibilità dello Stato membro in questione ad accoglierle, magari in cambio di aiuti finanziari, contribuirebbe certamente al raggiungimento di un obiettivo a livello comunitario. Inoltre, gli obiettivi dovrebbero essere definiti tenendo presente le considerazioni strategiche di un più ampio approccio globale, incentrati sul numero di casi e formulati in modo da affrontare un particolare problema nel contesto di una situazione di rifugiato prolungata.

Criteri

29. Il reinsediamento deve essere destinato principalmente a quanti soddisfano i criteri per ottenere la protezione internazionale definiti e codificati nella direttiva del Consiglio recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi ed apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto dello status di protezione (di seguito "direttiva sulla qualifica di rifugiato"). La selezione dei candidati potrebbe basarsi su diversi criteri e comprendere il reinsediamento di gruppi che siano stati riconosciuti come bisognosi di protezione internazione e che gli Stati membri considerano ammissibili ai sensi del programma di reinsediamento dell'UE. Si potrebbe anche prevedere che l'UE si assuma la responsabilità di gruppi di rifugiati vulnerabili o di quanti hanno difficoltà di integrazione nel paese terzo in questione (ad esempio vittime di tortura o abusi sessuali, difensori dei diritti umani, membri di specifici gruppi etnici, religiosi o di altro tipo discriminati nel paese ospitante) ma per i quali, in confronto, potrebbero esservi più possibilità di protezione e integrazione in un altro Stato membro dell'UE. I colloqui dei servizi di immigrazione degli Stati membri durante le visite nella regione d'origine costituirebbero una parte essenziale del processo decisionale, sebbene in alcuni casi di emergenza possano non essere fattibili. Tali visite risulterebbero inoltre utili per permettere ai responsabili politici di capire le condizioni della regione e ai fini delle decisioni in materia di asilo e reinsediamento.

Implicazioni giuridiche

30. Due sono gli aspetti da valutare per decidere se una persona è ammissibile al reinsediamento ai sensi di un possibile programma comunitario. Soddisfano i criteri per ottenere la protezione internazionale? Fanno parte del gruppo target ritenuto ammissibile alla selezione? La formulazione dei criteri di selezione sarà oggetto di negoziazione in eventuali proposte future; tuttavia, la loro applicazione potrebbe comportare implicazioni sul piano giuridico. Sarà inoltre necessario esaminare attentamente la questione di come gestire in modo equo l'insoddisfazione di quanti non sono stati selezionati per il reinsediamento e la giustificazione logica dietro la proposta di una soluzione duratura a un particolare gruppo di persone ma non a un altro quando entrambi versano in situazioni simili. Occorre inoltre ricordare che la selezione verterà su un particolare gruppo o numero di casi target. I criteri di selezione potrebbero essere definiti come criteri di selezione collettivi dell'UE o criteri specifici degli Stati membri nel contesto di un programma ampio e flessibile a livello comunitario. Anche le procedure di esame del merito nei paesi terzi hanno conseguenze sul piano giuridico, soprattutto se eseguite nel quadro di uno strumento comunitario.

Implicazioni operative

31. Un programma a livello dell'UE dovrebbe comprendere iniziative di orientamento da attuarsi nel paese ospitante prima della partenza per contribuire a promuovere aspettative realistiche e preparare i rifugiati al futuro che li attende. Sarebbe inoltre opportuno prevedere controlli prima della partenza atti a facilitare, tra l'altro, l'esclusione dai programmi di reinsediamento delle persone che non beneficiano della protezione internazionale perché rientrano nei criteri di esclusione di cui alla direttiva sulla qualifica di rifugiato. Il trasporto delle persone selezionate per il reinsediamento nell'UE potrebbe essere organizzato dall'OIM, che vanta una lunga esperienza in questo settore.

32. Inizialmente il programma di reinsediamento dell'UE potrebbe seguire il percorso adottato da alcuni paesi di reinsediamento europei, nel quale l'ACNUR svolge un ruolo di primo piano nel preparare e inoltrare i fascicoli da selezionare ai paesi del reinsediamento. In talune circostanze si potrebbero ammettere anche domande dirette e aprire uno spazio per le ONG nel loro trattamento. Negli Stati Uniti, ad esempio, nell'ambito dell'US Refugee Admissions Programme (programma di ammissione dei rifugiati) il compito di completare sul campo domande e fascicoli, prima dei colloqui con i servizi di immigrazione, è affidato a ONG sotto contratto o all'OIM. Queste non influenzano i dossier, ma ne facilitano il trattamento.

33. Occorrerà inoltre approfondire la questione relativa all'assistenza tecnica a livello dell'UE per gli Stati membri partecipanti. Tale assistenza potrebbe comprendere la preparazione, la segnalazione e la selezione dei casi di reinsediamento e l'assegnazione di particolari fascicoli a Stati membri specifici nel quadro di cooperazione concordato. Tra le altre attività, un sistema di pianificazione e selezione potrebbe definire gli obiettivi politici e i metodi di lavoro di un potenziale programma entro i parametri concordati e in riferimento alle pratiche migliori a livello internazionale. Inoltre, potrebbe coordinare l'attuazione del programma e monitorarne l'esito in base agli indicatori definiti, nonché analizzare e identificare le situazioni di rifugiato per le quali il reinsediamento costituisce uno strumento appropriato. La Commissione valuterà la fattibilità di tale assistenza tecnica e gli elementi necessari a garantirla nel contesto dei preparativi per un programma di reinsediamento comunitario.

Implicazioni finanziarie

34. Per quanto riguarda il finanziamento di un programma di reinsediamento comunitario, la proposta della Commissione al Consiglio e il Parlamento europeo di includere in modo esplicito i rifugiati reinsediati tra i beneficiari del Fondo europeo per i rifugiati (FER) rafforzerà la nozione di collettività e cooperazione soggiacente a un tale programma. Nella proposta sono mantenuti gli stessi gruppi target della prima fase, con l'aggiunta di persone ammesse nell'UE per motivi di protezione internazione ai sensi dei programmi di reinsediamento. Sebbene il gruppo in questione non sia stato precedentemente escluso dal Fondo, non vi era nemmeno nominato e questo ha generato confusione. Ora è una questione di interesse europeo, citata nelle comunicazioni della Commissione e nelle recenti conclusioni della Presidenza, nonché oggetto di programmi operativi in diversi Stati membri. L'obiettivo è offrire un meccanismo di bilancio a livello dell'UE in grado di sostenere gli Stati membri che attuano o attueranno un programma di reinsediamento, in particolare garantendo un contributo finanziario ragionevole per il reinsediamento dei rifugiati durante il primo anno di permanenza nello Stato membro in questione. Inoltre, la sezione Azioni comunitarie del FER, elaborata per finanziare azioni innovative o azioni di interesse per l'intera Comunità in materia di asilo, potrebbe supportare le pratiche migliori, progetti di carattere più transnazionale, iniziative di dialogo e informazione sull'esito dei progetti nell'area di reinsediamento e, in un primo momento, finanziare i costi per l'avvio di un programma di reinsediamento comunitario. Nel lungo termine, si potrebbe prevedere una sezione specifica sul reinsediamento in connessione con la seconda fase di programmazione pluriennale del FER II (2008-2010), la cui attuazione vedrebbe associato il Parlamento europeo su base appropriata.

Procedure di ingresso protette (PIP)

35. In aggiunta al palese vantaggio della protezione, l'ACNUR ritiene che le procedure di ingresso protette possano contribuire un elemento di ordine e prevedibilità nei movimenti secondari dei rifugiati e ridurre la necessità di ricorre a soluzioni di spostamento illegali, tra cui la tratta e il traffico di migranti. Tuttavia, in relazione al potenziale delle procedure di ingresso protetto, il seminario di Roma e la prassi legislativa rilevante degli Stati membri hanno evidenziato l'esistenza di un diverso grado di fiducia e prospettive comuni degli Stati membri rispetto all'insediamento. La Commissione non intende quindi proporre l'istituzione di un meccanismo comunitario basato su procedure di ingresso protetto come strumento politico autonomo. Cionondimeno, in determinate circostanze, l'ingresso protetto nell'UE di persone con urgente e immediato bisogno di protezione potrebbe essere facilitato a livello procedurale. Qualora i singoli Stati membri le ritengano necessarie e le circostanze locali lo consentano, le procedure necessarie in tal senso potrebbero rientrare in una "sezione emergenze" di più ampie azioni di reinsediamento. Naturalmente le implicazioni giuridiche sarebbero simili a quelle descritte nel contesto del programma di reinsediamento comunitario, con l'importante differenza che la definizione dello status di rifugiato avverrebbe nell'UE (dopo un processo di controllo).

Capitolo II

Secondo obiettivo della conclusione 26:"esaminare le modalità e i mezzi diretti a potenziare la capacità di protezione delle regioni d'origine"

Quadro politico a livello UE

36. La comunicazione della Commissione "Integrare le questioni connesse all'emigrazione nelle relazioni dell'Unione europea con i paesi terzi" (di seguito "comunicazione del dicembre 2002") descriveva le diverse azioni comunitarie in favore dei rifugiati e, in particolare, il lavoro della Comunità in termini di assistenza umanitaria finalizzato ad alleviare la situazione delle popolazioni rifugiate. Le azioni descritte comprendevano, tra l'altro, la cooperazione allo sviluppo e la cooperazione economica, finanziarie e tecnica della Comunità con i paesi terzi. La comunicazione riconosceva che l'onere rappresentato da grandi popolazioni di rifugiati per i paesi in via di sviluppo è spesso accentuato dalle capacità finanziarie e istituzionali limitate di questi paesi. Le specifiche azioni comunitarie miravano a fornire, per tutto il tempo necessario, i fondi destinati alla protezione, all'assistenza e al sostentamento delle popolazioni rifugiate. Inoltre, i progetti finanziati per soddisfare le esigenze dei rifugiati indirettamente hanno aiutato i paesi ospitanti a garantire una protezione migliore poiché le loro capacità istituzionali e infrastrutturali sono spesso inadeguate per gestire in modo efficace le richieste di cui sono oggetto. Alcuni strumenti della Comunità europea mirano a fornire assistenza ai rifugiati e/o i paesi ospitanti, tra cui l'aiuto alle popolazioni sradicate nei paesi in via di sviluppo dell'America latina e dell'Asia, gli aiuti umanitari assegnati attraverso l'Ufficio preposto (ECHO) e l'assistenza tecnica e finanziaria. Tuttavia, la comunicazione rilevava altresì che gli aiuti umanitari non bastano né a soddisfare interamente il fabbisogno creato da situazioni di rifugiato prolungate né a garantire sempre soluzioni durature e sostenibili ai problemi dei rifugiati. In questo contesto, è stata sottolineata l'importanza di iniziative che collegano soccorsi, ripristino e sviluppo nonché di azioni comunitarie quali FES, MEDA e CARDS.

37. Il Consiglio Affari generali e relazioni esterne del 19 maggio 2003 ha preso nota della comunicazione del dicembre 2002 ed ha invitato la Commissione a fare in modo che l'assistenza ai paesi terzi nel campo della migrazione sia concentrata, tra l'altro, in settori quali il miglioramento della legislazione nazionale e la gestione della migrazione legale e dell'asilo, nel pieno rispetto degli obblighi internazionali in questo settore. Occorre prendere in considerazione le capacità finanziarie e istituzionali di molti paesi in via di sviluppo e l'impatto dei rifugiati su queste strutture. Il Consiglio ha esortato la Commissione a esaminare i modi in cui rafforzare la capacità di ricezione e a porre maggiormente l'accento sul ricorso alla cooperazione allo sviluppo nella ricerca di soluzioni durature per i rifugiati e ad elaborare proposte concrete su come poter convogliare maggiormente gli aiuti verso l'assistenza ai rifugiati nella regione. Inoltre, secondo il Consiglio l'integrazione degli aspetti connessi alla migrazione nell'azione esterna della Comunità dovrebbe rispettare la coerenza globale delle politiche ed azioni esterne dell'UE e far parte di un approccio globale nei confronti di ciascun paese o regione, tenendo conto della loro situazione specifica.

38. Nella comunicazione del marzo 2003, la Commissione colloca la definizione di un regime di asilo europeo nel contesto degli sviluppi relativi alla fase globale, auspicando un coordinamento maggiore fra il processo interno dell'UE e l'aspetto esterno della gestione dei rifugiati. La comunicazione sottolinea altresì l'importanza di ripartire con i paesi terzi le responsabilità in materia di gestione dei rifugiati, in particolare i paesi di primo asilo, e l'esigenza di una cooperazione più efficace per rafforzare le capacità di protezione dei paesi che accolgono i rifugiati. La comunicazione del giugno 2003 mette in particolare l'accento sull'esigenza di basare maggiormente i possibili nuovi approcci su azioni che possano essere intraprese al di fuori dell'UE, nell'ambito di un effettivo sistema di ripartizione degli oneri e delle responsabilità. L'obiettivo generale di tale approccio consiste in una migliore gestione dei flussi di richiedenti asilo nella loro dimensione territoriale europea e nelle regioni di provenienza, in modo da istituire regimi d'asilo più accessibili, equi e meglio gestiti. Parallelamente sono già stati finanziati numerosi programmi per istituire regimi d'asilo nei paesi terzi e assicurarne il funzionamento corretto in linea con gli standard dell'ACNUR, in particolare nei Balcani e nelle regioni dell'Europa orientale.

39. La comunicazione del giugno 2003 propone l'attuazione graduale del nuovo approccio, partendo da azioni preparatorie per sondare il terreno circa le iniziative da attuare fino ad arrivare a proposte concrete di futuri programmi/progetti. Di fatto, nel 2003 la linea di bilancio "Cooperazione con i paesi terzi nel settore dell'emigrazione" (B7-667) ha consentito di finanziare azioni per potenziare la capacità di protezione delle regioni d'origine. Sono stati selezionati numerosi progetti, tutti condotti attraverso l'ACNUR, che mirano a individuare le lacune sotto il profilo della protezione, rafforzare la protezione internazionale e l'autonomia per i rifugiati, avviare azioni preparatorie in vista di un piano d'azione globale per gruppi specifici di rifugiati, programmare la protezione in funzione delle esigenze e in seguito dare impulso a capacità di protezione efficaci in paesi specifici, e promuovere istituzioni in materia d'asilo in specifiche regioni di provenienza. I risultati di questi progetti saranno preziosi, sia in termini politici che operativi, per definire una politica sul rafforzamento della capacità di protezione nelle regioni d'origine e per mettere a punto strategie volte a misurare l'efficacia della protezione.

Quadro politico globale

40. Secondo l'ACNUR, esiste un obbligo collettivo per la comunità di Stati in senso lato di fornire, anche attraverso l'ACNUR, i mezzi necessari per soddisfare gli standard internazionali in materia di trattamento dei rifugiati agli Stati che accolgono o sono suscettibili di accogliere richiedenti asilo. In merito alla ripartizione internazionale degli oneri, le regioni che ospitano il minor numero di rifugiati rispetto alla propria ricchezza dovrebbero aiutare quelle con il maggior numero di rifugiati in relazione alle loro economie. L'ACNUR ha notevolmente insistito sul fatto che potenziare la capacità di protezione di rifugiati e richiedenti asilo nei paesi ospitanti ha come fine ultimo migliorare l'osservanza da parte degli Stati di obblighi internazionali sul piano giuridico nei confronti di rifugiati e richiedenti asilo, costruire reti di protezione nella società civile e rafforzare il principio della legalità nonché il rispetto dei diritti umani negli Stati in questione. Inoltre, ritiene che, sviluppando e migliorando le capacità di protezione in modo appropriato, i richiedenti asilo e i rifugiati riceveranno protezione e aiuto migliori.

41. Gli standard relativi alla protezione di rifugiati e richiedenti asilo abbracciano tutte le fasi di una situazione di rifugiato, dall'accoglienza iniziale e la definizione dello status alla protezione globale e la soluzione finale della loro situazione, indipendentemente che si tratti di rimpatrio volontario, integrazione locale nel paese ospitante o reinsediamento in un paese terzo. Tuttavia, per essere efficaci questi standard devono essere concretizzati attraverso azioni pratiche. Evidentemente l'UE deve selezionare indicatori che siano misurabili e raggiungibili per il lavoro in corso in materia di protezione nei paesi terzi. Nel valutare la protezione è importante riconoscere che questo genere di miglioramento sarà raggiunto secondo ritmi diversi in funzione del paese. Di fatto, potrebbero passare decenni prima che alcuni paesi raggiungano gli standard istituzionali e infrastrutturali richiesti. Nel Manuale sul rafforzamento delle capacità di protezione nei paesi ospitanti, l'ACNUR identifica diversi componenti rilevanti ai fini dello sviluppo e della valutazione della capacità di protezione.

42. Le azioni dirette a migliorare la capacità di protezione richiedono un approccio coordinato e sistematico inteso a rafforzare e consolidare le capacità di protezione nel trattamento, ricezione e integrazione di richiedenti asilo e rifugiati nei paesi terzi delle regioni d'origine in vista di aiutare questi paesi a diventare robusti fornitori di un'efficace protezione. In altri termini, il paese terzo della regione d'origine dovrebbe essere in grado di offrire ai rifugiati l'opzione dell'integrazione locale qualora non sia disponibile una delle rimanenti due soluzioni durature tradizionali identificate dall'ACNUR (reinsediamento o rimpatrio nel paese d'origine), o in attesa di una soluzione duratura. In questo contesto è necessario adoperarsi per definire parametri di riferimento in materia di protezione efficace, verso i quali dovrebbero indirizzarsi i paesi ospitanti con l'aiuto e il partenariato dell'UE.

43. A tal fine, l'UE deve prima esaminare gli elementi che usa per garantire protezione a quanti ne hanno bisogno e che sono in gran parte contenuti nell'articolo 63 TCE. Le misure in questione sono incentrate sulla protezione contro la persecuzione e il respingimento (norme minime relative all'attribuzione della qualifica di rifugiato), accesso a una procedura legale (norme minime sulle procedure) e la possibilità di avere mezzi di sussistenza adeguati (norme minime relative sulle condizioni di accoglienza). Sono questi gli argomenti sui quali basare la definizione di cosa rappresenta una protezione efficace. Sebbene gli obblighi internazionali debbano necessariamente essere osservati, i livelli di sussistenza variano da paese a paese.

44. Gli elementi di protezione identificati di seguito potrebbero avere un duplice obiettivo. Da un lato, potrebbero essere considerati indicatori appropriati attraverso i quali valutare la capacità di protezione di un paese ospitante e verificare se è stato messo a punto un sistema di protezione sostenibile e, dall'altro, costituire orientamenti sui parametri di riferimento relativi al rafforzamento di capacità e istituzioni in linea con i criteri necessari per ottenere assistenza tecnica mirata, come ad esempio quelli previsti per i finanziamenti ai sensi del programma AENEAS.

a. Adesione agli strumenti sulla protezione dei rifugiati, compresi gli strumenti regionali e altri trattati sui diritti dell'uomo e il diritto umanitario internazionale, compreso il ritiro di riserve

L'adesione agli strumenti internazionali sulla protezione dei rifugiati e altri strumenti sui diritti umani costituisce un primo passo verso un regime nazionale di protezione dei rifugiati più completo ed efficace.

b. Quadri giuridici nazionali: adozione/modifica della legislazione in materia di asilo/rifugiati

L'esistenza di quadri giuridici nazionali in materia di asilo e rifugiati è importante, ma lo è altrettanto che siano conformi alle norme internazionali, tra cui l'istituzione di procedure di asilo eque ed efficienti. Inoltre, procedure e quadri giuridici appropriati non hanno alcuna utilità se non sono attuati o sono attuati in modo non equo. Altri fattori chiave sono lo sviluppo di capacità e istituzioni, tra cui l'assistenza e la formazione del personale, che facilitino l'istituzione di strutture appropriate per la gestione dei rifugiati.

c. Registrazione e documentazione di richiedenti asilo e rifugiati

Registrazione e documentazione sono aspetti importanti nella protezione dei rifugiati. Una volta identificata l'esigenza o la richiesta di protezione internazionale, spetta allo Stato interessato documentarla. La documentazione dello status di richiedente asilo o, nel contesto di un riconoscimento collettivo, dello status di rifugiato prima facie, costituisce, da un lato, un'importante garanzia per la persona interessata e, dall'altro, un servizio anche per gli altri Stati, per i quali queste informazioni sono potenzialmente rilevanti. Senza la registrazione, che preveda tra l'altro l'uso della biometria, e/o la documentazione adeguate del fatto che un richiedente asilo ha invocato protezione, qualsiasi regime collettivo per la successiva ripartizione di responsabilità fra gli Stati risulterebbe seriamente compromesso. L'ACNUR sottolinea dunque l'esigenza di approcci armonizzati che promuovano e sostengano la registrazione e la documentazione complete e sistematiche di rifugiati e richiedenti asilo, comprese le norme sullo scambio di informazioni e gli incentivi per i richiedenti asilo e i rifugiati, da un lato, e gli Stati, dall'altro, rispettivamente a conservare e fornire documenti di viaggio e/o identità.

d. Ammissione e accoglienza di richiedenti asilo

Gli standard di accoglienza sono strettamente correlati alla qualità delle procedure di definizione dello status in vigore nei singoli Stati. Le condizioni di accoglienza e soggiorno dei richiedenti asilo devono essere coerenti rispetto alle norme legali a livello nazionale e internazionale, in considerazione della situazione socio-economica prevalente nel paese ospitante e in base al principio secondo cui durante l'intera procedura di asilo i richiedenti asilo devono beneficiare di una "qualità di vita adeguata" nel paese ospitante. In particolare, occorre garantire che siano soddisfatte le esigenze primarie dei rifugiati, tra cui alloggio, vitto, sanità e istruzione.

e. Sostegno a favore dell'autonomia e dell'integrazione locale

Nei paesi terzi, la qualità della protezione e le condizioni di vita delle persone bisognose di protezione, con prospettive di una soluzione duratura, condizionano sensibilmente le possibilità di ridurre, ed eventualmente eliminare, l'esigenza di movimenti secondari irregolari. Questi elementi fanno la differenza tra una situazione di semplice sicurezza e la possibilità di vivere dignitosamente in attesa di una soluzione duratura, indipendentemente che si tratti di rimpatrio, integrazione locale o reinsediamento. Anche l'integrazione nel paese ospitante, soprattutto l'autonomia economica e l'accesso a servizi sociali di base, facilita notevolmente l'adeguata reintegrazione nel paese d'origine quando il rimpatrio diventa possibile. Pertanto, i rifugiati devono avere buone probabilità di accedere ad attività produttive, un'istruzione adeguata e servizi sociali di base, compresa la sanità. Una maggiore sicurezza nonché la disponibilità e l'accesso a mezzi in grado di garantire l'autonomia di queste persone sono particolarmente importanti per impedire i movimenti secondari e promuovere una soluzione duratura. In tale contesto, occorre sottolineare l'importanza di sostenere il governo dello Stato ospitante negli sforzi volti a limitare la proliferazione di armi illegali nelle aree che ospitano i rifugiati, smantellare i gruppi armati e smobilitare e reintegrare gli ex-combattenti.

45. La situazione particolare della singola persona bisognosa di accedere alla protezione deve essere esaminata alla luce di principi specifici in vista di valutare la disponibilità di una protezione efficace. Tali principi devono costituire un insieme di parametri di riferimento in materia di protezione efficace e affrontare direttamente il contenuto dei cinque elementi di protezione di cui sopra. I principi riportati di seguito potrebbero formare la base dei parametri di riferimento:

(a) la sicurezza e la libertà non sono minacciate per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le opinioni politiche;

(b) è rispettato il principio di non respingimento (non-refoulement) ai sensi della convenzione di Ginevra;

(c) è rispettato il diritto a non essere sottoposti a torture e a non essere trattati in maniera disumana, crudele o umiliante nonché il divieto di essere inviati ove esista un tale trattamento;

(d) esiste la possibilità di chiedere lo status di rifugiato e, qualora riconosciuto, di ottenere protezione ai sensi della convenzione di Ginevra;

(e) esiste la possibilità di vivere in modo sicuro e dignitoso rispetto alle condizioni socio-economiche rilevanti che prevalgono nel paese ospitante.

46. Occorrerà ancora molto tempo prima che la maggior parte degli attuali paesi ospitanti nelle regioni d'origine raggiunga questo standard, e cioè sia in grado e disposta ad offrire una protezione efficace secondo una valutazione basata sui parametri di riferimento di cui sopra, e sia limitata l'esigenza di movimenti secondari. Nessuna soluzione duratura è raggiungibile da un giorno all'altro: sono tutte il prodotto di una programmazione a lungo termine. In questo contesto, è fondamentale che durante il processo di trasformazione i paesi terzi siano assistiti dall'UE ai sensi di accordi pluriennali. Secondo la comunicazione del dicembre 2002, sono già state intraprese iniziative di sostegno finanziario e tecnico, nel quadro della programmazione dell'aiuto esterno, per i paesi del bacino del Mediterraneo, dell'Asia centrale, dei Balcani e gli Stati ACP. Inoltre, l'UE ha comprovate esperienze in attività specifiche dirette a sviluppare le capacità di protezione, anche tramite il programma orizzontale PHARE in materia di asilo e il sistema di gemellaggio. Un eventuale strumento per il rafforzamento delle capacità ACP in materia di migrazioni attualmente al vaglio potrebbe inoltre fornire risorse per azioni mirate specifiche in questo settore.

47. Nel breve termine, le azioni dirette a potenziare la capacità di protezione di un paese terzo, in modo da ridurre l'esigenza di movimenti secondari, potrebbero essere inglobate nel nuovo programma AENEAS per l'assistenza tecnica e finanziaria in materia di migrazione e asilo. Questo strumento finanziario offre a Stati membri, paesi terzi, organizzazioni internazionali e ONG la possibilità di proporre progetti per migliorare la capacità di protezione di un paese o una regione nel pieno rispetto del partenariato con i paesi del caso e in stretta collaborazione con l'ACNUR, in particolare in risposta a situazioni di rifugiato prolungate o di afflusso da una regione specifica. In questo settore i lavori sono già iniziati con progetti dell'ACNUR, a carico dell'ex linea di bilancio B7-667, sulla programmazione della protezione basata sulle esigenze, in vista di sviluppare capacità di protezione efficaci in alcuni paesi dell'Africa.

Capitolo III

Un approccio globale in materia di asilo e migrazione

48. Tra gli obiettivi dell'UE figura da lungo tempo un approccio più ampio e globale in materia di immigrazione e di asilo. Pur notando che migrazione e asilo sono problemi distinti per quanto correlati, il Consiglio europeo di Tampere dell'ottobre 1999 ha rilevato l'esigenza di un approccio globale e ha sottolineato l'importanza di un partenariato con i paesi terzi nella regione di origine e transito come elemento fondamentale per il successo delle politiche in materia. Il Consiglio europeo di Siviglia del giugno 2002 ha evidenziato l'importanza di tali azioni e ha auspicato un approccio mirato alle relazioni dell'UE con i paesi terzi che utilizzi tutti gli strumenti appropriati dell'Unione in materia di relazioni esterne. Recentemente il Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003 ha ribadito la principale priorità politica in materia di migrazione e ha anche riconosciuto che il dialogo e le azioni dell'UE nei confronti dei paesi terzi nel settore della migrazione devono iscriversi in un approccio generale e globale, integrato ed equilibrato, che deve essere differenziato tenendo conto della situazione esistente nelle varie regioni ed in ogni singolo paese partner. Inoltre, ha precisato che l'elaborazione di un meccanismo di valutazione per controllare le relazioni con i paesi terzi deve contemplare la partecipazione dei paesi terzi agli strumenti internazionali pertinenti in materia di asilo e diritti umani, la cooperazione dei paesi terzi nell'ambito della riammissione/rimpatrio dei loro cittadini e di cittadini di paesi terzi e la creazione di sistemi di asilo, specie per quanto riguarda l'accesso ad una protezione effettiva.

49. Per concretare l'approccio flessibile e specifico per ogni situazione, nonché integrato, globale e equilibrato chiaramente invocato a Salonicco, la Commissione deve proporre programmi di protezione regionali dell'UE con un'agenda di azioni e programmi in materia di asilo e migrazione e successivamente elaborarli in partenariato con i paesi terzi della regione. Questi programmi devono essere elaborati congiuntamente con e secondo i cicli dei documenti di strategia nazionale e regionale, che costituiscono il quadro complessivo delle relazioni CE con i paesi in via di sviluppo. In questo modo, i programmi di protezione regionale avrebbero una base pluriennale e contemplerebbero la possibilità di revisioni a metà percorso in risposta a situazioni di rifugiato prolungate, soprattutto nelle regioni dove una soluzione appare raggiungibile.

50. Le analisi e le azioni proposte nei programmi di protezione regionali dell'UE devono essere pienamente coerenti con i documenti di strategia nazionale e regionale. I programmi di protezione costituirebbero così parte integrante della strategia globale verso il paese o la regione interessata e sarebbero pienamente sfruttate le sinergie con i diversi componenti della strategia, in particolare il buon governo, la riforma giudiziaria, il rafforzamento delle istituzioni, la democratizzazione e i diritti umani, ecc. I programmi di protezione regionale dell'UE formerebbero inoltre il quadro di orientamento per le azioni intraprese in un particolare paese o regione dai singoli Stati membri. Nello stesso modo, i programmi devono essere il più possibile coerenti e complementari con le azioni di altri paesi terzi (tra cui Stati Uniti e Canada) o di altri attori, comprese le organizzazioni internazionali. I relativi elementi costituenti, per quanto è possibile, devono coincidere con azioni pratiche misurabili in grado di garantire vantaggi reali sia intermini di protezione offerta che di impatto sugli accordi esistenti con il paese terzo.

51. I programmi di protezione regionale dell'UE offrirebbero un "armamentario" di misure, alcune già esistenti, altre in fase di sviluppo e altre non ancora proposte (si vedano i programmi di reinsediamento sopra). Questi strumenti sarebbero orientati prevalentemente alla protezione. Tuttavia, prendendo in considerazione l'esigenza di equilibrare e valutare tutti gli interessi del caso, compreso l'interesse dei paesi terzi per gli strumenti in materia di migrazione di cui sopra, nell'"armamentario" potrebbero essere incluse le seguenti caratteristiche specifiche:

* Azioni per migliorare la capacità di protezione: un approccio coordinato e sistematico inteso a rafforzare e consolidare le capacità di protezione nel trattamento, ricezione e integrazione di richiedenti asilo e rifugiati nei paesi terzi delle regioni d'origine, in vista di aiutare questi paesi a diventare robusti fornitori di un'efficace protezione basata sui componenti identificati sopra.

* Programma di registrazione: il Programma di registrazione "Profile" dell'ACNUR, che utilizzerà la tecnologia biometrica, costituisce uno strumento di protezione fondamentale per meglio gestire quanti sono bisognosi di protezione in un paese terzo. Un programma del genere potrebbe rivelarsi prezioso anche in vista di valutare gli effetti delle azioni intraprese in conformità con i programmi di protezione regionali dell'UE.

* Programma di reinsediamento a livello dell'UE: un programma di reinsediamento, basato sugli elementi principali già esposti, potrebbe rappresentare un importante elemento dei programmi regionali, sia per quanto riguarda la garanzia di un ingresso ordinato che per il miglioramento delle capacità di protezione di paesi terzi.

* Assistenza per migliorare l'infrastruttura locale: un'assistenza in tal senso dovrebbe contribuire a evitare che la presenza di comunità di rifugiati eserciti una pressione eccessiva sull'infrastruttura locale (ad esempio l'infrastruttura sociale, l'approvvigionamento idrico, l'ambiente, l'energia elettrica, le reti di trasporti, ecc.), prendendone in considerazione le reali esigenze e aspirazioni. Le comunità ospitanti dovrebbero essere coinvolte attivamente nell'elaborazione e l'attuazione di tali programmi.

* Assistenza in materia di integrazione locale delle persone bisognose di protezione internazionale nel paese terzo: questo tipo di assistenza contribuirebbe a ridurre l'esigenza di movimenti secondari e consentirebbe ai rifugiati di beneficiare di condizioni di vita dignitose come soluzione duratura (integrazione locale) o in attesa di tale soluzione, quanto prima possibile e in un modo che soddisfi al meglio le loro necessità. Occorre sottolineare l'importanza di soddisfare le esigenze delle diverse categorie di persone coinvolte in detto programma di assistenza.

* Cooperazione in materia di migrazione legale: promozione di una cooperazione e un dialogo attivi nel settore della migrazione legale, compresa l'identificazione delle possibilità di migrazione legali per i cittadini del paese terzo impegnato nella negoziazione del partenariato e la negoziazione di agevolazioni per la concessione di visti a determinate categorie di persone. Secondo le conclusioni dello Studio sui legami tra immigrazione legale e illegale, questo tipo di azione potrebbe produrre un impatto preventivo sui flussi di migrazione illegale definiti nella comunicazione della Commissione in materia.

* Azioni in materia di gestione della migrazione: obiettivo di queste misure è migliorare la risposta dei paesi terzi e di transito ai flussi migratori misti, nonché a combattere l'immigrazione illegale e la criminalità organizzata. Inoltre, si potrebbero finanziare interventi per promuovere il rimpatrio dei migranti.

* Rimpatrio: il rimpatrio potrebbe essere destinato ai cittadini del paese terzo interessato o ai cittadini di altri paesi terzi per i quali il paese terzo in questione abbia rappresentato o avrebbe potuto rappresentare un paese di primo asilo, qualora esso offra un protezione efficace. Quando il trasferimento in vista del rimpatrio avviene con il coinvolgimento dell'ACNUR e dell'OIM ed è soggetto a un accordo diplomatico che prevede la negoziazione di un pacchetto di aiuti e azioni, esistono maggiori salvaguardie e opportunità di monitoraggio rispetto ai singoli richiedenti asilo che rimangono nel paese di primo asilo o rispetto a un richiedente asilo a cui viene negato l'ingresso ed è rimpatriato ai sensi di accordi generici con paesi terzi sicuri.

52. I programmi di protezione regionale dell'UE dovrebbero essere flessibili, formulati ad hoc e in base alle specifiche situazioni e, in generale, non prescrittivi; il loro valore aggiunto consiste nel miglior coordinamento e sistematizzazione di ciascun elemento costituente e nell'impiego in combinazione reciproca. Il loro uso contribuirebbe a dare un reale impulso agli accordi di partenariato con i paesi terzi coinvolti. I singoli accordi di protezione regionale dell'UE dovrebbero essere elaborati dopo un'analisi sistematica della crisi dei rifugiati nella regione interessata, compresa un'analisi delle lacune sotto il profilo della protezione con l'eventuale ricorso al meccanismo di monitoraggio e valutazione invocato dai Consigli europei di Salonicco e Siviglia. L'obiettivo di detto meccanismo è monitorare la situazione migratoria nei paesi terzi interessati nonché la relativa capacità amministrativa e istituzionale a gestire l'asilo e la migrazione. Il meccanismo dovrebbe fornire tutte le informazioni rilevanti per la verifica e la valutazione della cooperazione tra i paesi in questione e di eventuali fattori suscettibili di ostacolare una protezione efficace.

53. I programmi di protezione regionale dell'UE andrebbero aggiornati in linea con le revisioni a metà percorso dei documenti di strategia nazionale e regionale. Attraverso negoziazioni con i paesi terzi partner interessati e consultazioni con il Consiglio in merito a tutti i settori politici, i programmi di protezione regionale dell'UE devono essere mirati e adattati in modo da soddisfare le esigenze specifiche di una regione o paese, in vista di rafforzare la capacità di protezione e garantire l'ingresso ordinato e preciso nell'UE delle persone provenienti da quella regione. La compartecipazione ai programmi di protezione regionale dell'UE dovrebbe garantire un orientamento pratico e operativo e fornire risultati tangibili in maniera soddisfacente per tutte le parti interessate. La verifica e gli sviluppi di tale approccio potrebbero essere facilmente realizzati e, inoltre, sarebbe possibile identificare e concordare in anticipo chiari parametri di riferimento.

54. L'ACNUR dovrebbe svolgere un ruolo centrale in sede di sviluppo e attuazione dei programmi di protezione regionali dell'UE. In quanto patrocinatore dell'iniziativa Convenzione +, si trova infatti nella posizione ideale per offrire un reale orientamento alla protezione. Inoltre, l'esperienza e l'autorità nel settore gli permetterebbero di soddisfare gli aspetti chiave di questa strategia globale. Si terrà peraltro conto nella formulazione di questi programmi, dell''iniziativa "Convenzione +" dell'ACNUR, in modo da gettare le basi di "accordi speciali" sull'esempio di quelli previsti dall'Alto Commissariato.

Capitolo IV Raccomandazioni

55. L'UE sta entrando in una nuova fase dello sviluppo del regime europeo comune in materia di asilo invocato a Tampere. Occorre ora decidere quale forma dare alla seconda fase del sistema. Il 2004 sarà cruciale in quanto il processo globale avviato con le iniziative Agenda per la protezione e "Convenzione +" dovrà trovare riscontri sul piano delle azioni a livello dell'UE. Tuttavia, l'UE deve mantenersi cauta nell'elaborare risposte a un processo che produrrà un impatto considerevole in diversi settori politici. Gli sviluppi politici dovrebbero basarsi sulla prima fase del sistema ed essere integrati nella seconda, aprendo in tal modo la strada ad un programma Tampere-II.

56. La Commissione propone che una parte di tale programma riguardi l'impiego strategico e l'introduzione di programmi di reinsediamento dell'UE quali strumenti per garantire un ingresso nell'Unione caratterizzato da maggiore ordine e controllo delle persone bisognose di protezione internazionale. La presente comunicazione spiega perché gli obiettivi politici di un ingresso gestito possono essere benefici per tutte le parti interessate e creare una situazione vantaggiosa tanto per le persone bisognose di protezione internazionale che per i paesi di primo asilo e di destinazione, tra cui gli Stati membri. Inoltre, la comunicazione sottolinea l'esigenza di aiutare i paesi delle regioni di origine, che spesso sono semplicemente paesi di transito, a diventare veri e propri paesi di primo asilo in grado di offrire alle persone bisognose di protezione la possibilità di accedere, quanto prima possibile, ad una protezione che soddisfi al meglio le loro necessità. In tale contesto, è fondamentale che durante il processo di trasformazione questi paesi siano affiancati dall'UE nell'ambito di un accordo pluriennale di assistenza tecnica e finanziaria che dovrebbe incentrarsi sugli elementi relativi al rafforzamento della capacità di protezione identificati nella comunicazione.

57. La comunicazione propone inoltre l'elaborazione di programmi di protezione regionali dell'UE destinati a gestire globalmente situazioni di rifugiato prolungate secondo un approccio globale e concertato. I programmi di protezione regionale dell'UE dovranno essere flessibili e ad hoc, con un valore aggiunto derivante dal miglior coordinamento e sistematizzazione di ciascun possibile elemento identificato per la loro definizione. La Commissione intende farsi carico della messa a punto di un programma pilota di protezione regionale in relazione a una situazione di rifugiato prolungata da essa identificata in stretta collaborazione con l'ACNUR e tramite consultazioni con i gruppi competenti del Consiglio, con l'obiettivo di presentare un piano d'azione entro il luglio 2005 e un programma di protezione regionale comunitario completo entro il dicembre 2005.

58. La Commissione invita il Consiglio ed il Consiglio europeo ad approvare la presente comunicazione, quale base di un contributo a regimi d'asilo più accessibili, equi e meglio gestiti, in vista della preparazione del programma Tampere-II.

59. Più specificamente, la Commissione chiede al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Consiglio europeo di approvare i seguenti elementi, illustrati nella presente comunicazione, necessari nel breve e medio termine per conseguire un ingresso nell'UE caratterizzato da maggiore ordine e controllo e rafforzare la capacità di protezione nelle regioni d'origine, ovvero:

(a) Programmi di protezione regionali dell'UE e relativi elementi costitutivi quale principale strumento politico per gestire globalmente situazioni di rifugiato prolungate;

(b) Identificazione degli indicatori della capacità di protezione quali mezzi per raggiungere gli obiettivi concordati in materia di protezione efficace secondo la definizione contenuta nella presente comunicazione;

(c) Un programma di reinsediamento dell'UE - proposta da presentare al Consiglio entro il luglio 2005-basato sui principali elementi identificati nella presente comunicazione, tra cui una proposta di assistenza tecnica a sostegno di tale programma.

60. La Commissione si adopererà per raggiungere gli obiettivi identificati nella presente comunicazione in stretta collaborazione con gli Stati membri e il Parlamento europeo, nel pieno rispetto del partenariato con i paesi d'origine e transito nonché i paesi di primo asilo, e in stretta collaborazione con l'ACNUR e altri soggetti interessati.