7.12.2004   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 302/90


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Il futuro del settore tessile e dell'abbigliamento nell'Unione europea allargata

(COM(2003) 649 def.)

(2004/C 302/19)

La Commissione europea, in data 28 ottobre 2003, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 maggio 2004, sulla base del progetto predisposto dal relatore PEZZINI e dal correlatore NOLLET.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 1o luglio 2004, nel corso della 410a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 81 voti favorevoli e 1 voto contrario.

1.   Introduzione

1.1

La sofferta vitalità e le alte potenzialità dell'industria tessile europea sono testimoniate dal fatto che essa si mantiene ancora forte di 2,1 milioni di addetti, cui si è aggiunto un altro mezzo milione, proveniente dai nuovi Stati membri. Grazie al notevole sforzo di innovazione di processo e di prodotto, essa contribuisce ancora alla ricchezza europea con oltre 200 miliardi di euro di cifra di affari all'anno senza tener conto dell'indotto, con una forte crescita - soprattutto del tessile cosiddetto «non convenzionale» (cioè del tessile tecnico e ad alta tecnologia (1)) - che ha raggiunto quasi il 30 % della intera produzione, ed infine, con una spesa in ricerca e sviluppo che tocca livelli dell'8-10 % del fatturato.

1.2

L'Unione europea è il primo attore commerciale mondiale nel settore del tessile e dell'abbigliamento: l'idea che la divisione internazionale del lavoro avrebbe irrimediabilmente scalzato i paesi industrializzati dalla produzione tessile mondiale si è rivelata falsa e, comunque, non applicabile al caso dell'Europa. Il Continente europeo si mantiene infatti il più grande esportatore di prodotti tessili mondiale ed il secondo esportatore nel settore dell'abbigliamento, in un mercato globale dove l'import-export ha raggiunto e superato i 350 miliardi di euro nel 2002 (6 % del commercio mondiale).

1.2.1

Vale la pena qui ricordare che il primo esportatore mondiale, nel campo dell'abbigliamento, è la Cina.

1.3

L'Europa ha saputo, fino ad ora, valorizzare i propri vantaggi qualitativi e organizzativi: piccole serie, sistema moda, alta gamma a forte contenuto creativo, rapidità d'adattamento alla domanda, velocità di confezionamento e consegna. Essa ha inoltre innovato nel campo dei processi e dei materiali intelligenti, grazie alle nanotecnologie e alle nuove fibre, e quindi al tessile tecnico, altamente competitivo e in crescente surplus commerciale. Anche le recenti applicazioni della chimica ai tessuti hanno favorito la nascita di nuovi prodotti. Occorre qui rilevare che le condizioni di accesso ai mercati per il settore sono molto differenti, a livello mondiale. Mentre l'UE applica dei dazi che si collocano, mediamente, al di sotto del 9 %, un gran numero di altri paesi pratica diritti doganali che arrivano al 30 %, ai quali si aggiungono onerose barriere non tariffarie.

1.4

In Europa, il settore del tessile e dell'abbigliamento ha saputo affrontare una serie di trasformazioni radicali, avvalendosi con rapidità dei cambiamenti tecnologici in atto, assicurando un adeguato riscontro all'evoluzione dei differenti costi di produzione, rispondendo con prontezza all'emergenza di nuovi concorrenti mondiali. Le risposte dell'industria europea hanno comportato da una parte un grande impegno di modernizzazione, attraverso una ristrutturazione competitiva e un'integrazione dei processi tecnologici; dall'altra un nuovo posizionamento sul mercato, ottenuto sfruttando l'organizzazione in rete, applicata alla produzione, alla distribuzione, all'innovazione e al marketing tecnologico.

1.5

Nel 2002 gli investimenti lordi hanno rappresentato circa il 9 % del valore aggiunto del settore, attestandosi intorno ai 5 miliardi di euro. Naturalmente, quasi il 70 % è andato al settore tessile mentre quello dell'abbigliamento si è collocato intorno al 30 %. La bilancia commerciale è positiva per il tessile mentre per l'abbigliamento le importazioni eccedono le esportazioni. Del resto, il settore tessile-abbigliamento, al quale si aggiunge il calzaturiero, rappresenta un'industria molto eterogenea e composita, con una larghissima varietà di prodotti, che vanno dalle fibre sintetiche ad alta tecnologia alla fabbricazione della lana, dal cotone ai filtri industriali, dagli stracci all'alta moda, dalle pantofole per la casa alle calzature tecniche di protezione contro i corrosivi chimici.

1.6

L'industria del tessile, dell'abbigliamento e delle calzature è concentrata nei cinque paesi più popolati dell'Unione, le cui imprese coprono oltre i 3/4 della produzione europea. Anche il valore aggiunto è concentrato in questi paesi, tra i quali l'Italia occupa una posizione di gran lunga preminente, seguita dal Regno Unito, dalla Francia, dalla Germania e, a maggiore distanza, dalla Spagna. Tra i paesi più piccoli il Portogallo, il Belgio e la Grecia hanno una posizione particolarmente rilevante in termini di valore aggiunto. Il Belgio si distingue nel campo dei tessuti tecnici ed intelligenti. Per quanto riguarda i nuovi Stati membri, il settore assume particolare rilevanza in Polonia, Estonia e Lituania, come d'altronde anche nei paesi candidati, vale a dire: Turchia, Romania e Bulgaria.

1.7

Per quanto concerne l'occupazione, nell'ultimo quinquennio il relativo tasso si è ridotto, in media, del 2,6 % all'anno. Gli unici esempi in controtendenza sono rappresentati dalla Spagna e dalla Svezia (+ 2 %), che hanno visto aumentare l'occupazione nel settore nel periodo 1995-2002. Pienamente inserita nella globalizzazione dei mercati, l'industria europea ha complessivamente ristrutturato e razionalizzato le proprie imprese ricorrendo all'outsourcing per le operazioni a maggiore intensità di lavoro e concentrandosi, invece, nelle lavorazioni che richiedono maggiori qualificazioni, anche in seguito all'applicazione delle tecnologie dell'informazione, delle nuove tecnologie e di più efficienti tecniche produttive.

1.8

Per quanto riguarda il commercio, la scomparsa dei contingenti alle importazioni prevista per il 2005, con la fine dell'Accordo multifibre (AMF), impone a tutti una riflessione approfondita sul come creare le nuove condizioni commerciali per i prodotti tessili, in modo che l'industria europea possa competere a livello mondiale e, al contempo, venga garantita la necessaria equità per i paesi più poveri e per quelli particolarmente vulnerabili. È evidente che, sempre più, diviene prioritario attuare il processo di Barcellona, il quale prevede un'area di libero scambio che coinvolga l'Europa e l'intera riva sud del Mediterraneo, dando così un contenuto concreto all'intera zona euromediterranea.

2.   La proposta della Commissione

2.1

La comunicazione della Commissione affronta la complessa problematica del settore del tessile e dell'abbigliamento con l'obiettivo di rafforzarne la competitività e migliorarne il dinamismo, nell'ottica di un'applicazione specifica al settore stesso della strategia di Lisbona.

2.2

La comunicazione propone misure basate sulle politiche industriali e commerciali, con particolare riguardo a: occupazione, ricerca e sviluppo tecnologico, innovazione, formazione professionale, sviluppo regionale, sviluppo sostenibile, responsabilità sociale dell'impresa, salute pubblica, protezione del consumatore, lotta alla contraffazione, diritti di marchio e di proprietà industriale e intellettuale, politica della concorrenza e regime degli aiuti pubblici.

2.3

La Commissione suggerisce alcuni campi d'azione in cui aumentare l'efficienza e l'efficacia delle misure di politica industriale, e in particolare:

ricerca, sviluppo e innovazione: nuovi materiali e materiali intelligenti, nanotecnologie, nuovi processi di produzione e tecnologie pulite, concentrazione sulla moda e sulla promozione della creatività,

responsabilità sociale dell'impresa: rispetto delle norme internazionali del lavoro e dell'ambiente, gestione responsabile del cambiamento industriale, consultazione dei lavoratori,

istruzione e formazione: migliore accesso delle PMI ai relativi finanziamenti mediante una semplificazione delle procedure, diffusione dell'informazione, coordinamento delle azioni,

sviluppo delle possibilità e delle capacità di collegamento in rete,

programma di Doha per la riduzione e l'armonizzazione delle tariffe doganali e l'eliminazione degli ostacoli non tariffari agli scambi,

completare l'area euromediterranea entro il 2005, onde garantire la libera circolazione dei prodotti tessili nei paesi con norme d'origine uguali e con sistemi di cooperazione amministrativa concordati,

sistemi di etichettatura per l'accesso nell'UE: esame del loro utilizzo per gli articoli prodotti nel rispetto delle norme internazionali del lavoro e dell'ambiente,

preferenze commerciali UE: concentrarsi sui 49 paesi più poveri (PMS - paesi meno sviluppati) (2), offrendo loro la possibilità di beneficiarne anche per i prodotti intermedi di abbigliamento,

lotta contro la frode e la contraffazione, potenziamento delle misure esistenti e adozione di nuove misure in difesa della proprietà industriale e intellettuale, controlli per evitare pratiche commerciali sleali, rafforzamento del sistema doganale comune,

etichetta di origine Made in Europe per promuovere i prodotti di qualità europei e per tutelare i consumatori,

fondi strutturali: uso e nuovi orientamenti, soprattutto nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013.

2.4

La comunicazione della Commissione suggerisce, altresì, alcuni spunti di riflessione:

azioni a livello delle parti interessate,

azioni a livello degli Stati membri,

azioni a livello dell'Unione europea.

2.4.1

Viene proposta la creazione di un gruppo ad alto livello, comprendente rappresentanti della Commissione, degli Stati membri e delle parti sociali, per verificare le iniziative ai vari livelli e la loro realizzazione. È altresì prevista la stesura di rapporti periodici, entro la primavera del 2005 e la fine del 2006.

3.   I punti di vista dei rappresentanti del settore tessile

Il 21 gennaio 2004 il Comitato ha organizzato, nella sua sede di Bruxelles, un'audizione dei rappresentanti del settore tessile. Le posizioni espresse in questo capitolo rispettano i contributi scritti ricevuti e gli interventi effettuati nel corso dell'audizione (3).

3.1

Le forze sociali presenti, vale a dire imprenditori, rappresentanti sindacali, amministratori locali, hanno chiesto all'unanimità di intervenire urgentemente per arginare l'impatto, estremamente veloce, che le importazioni da alcuni paesi, in particolare dalla Cina, dall'India e dal Pakistan, stanno avendo sulle imprese europee del settore.

3.2

Con l'approssimarsi del 2005, e cioè con la fine del regime delle quote, sono state richieste, con urgenza, le seguenti misure:

possibilità di utilizzare nuove risorse finanziarie,

un intervento speciale, da crearsi all'interno dei fondi strutturali,

investimenti nella formazione e quindi nelle risorse umane,

obbligatorietà dell'etichettatura per tutti i paesi di origine dei prodotti,

obbligatorietà della tracciabilità in tutte le fasi produttive,

rispetto della salute del consumatore, tramite l'introduzione dell'etichetta di non pericolosità,

reciprocità nelle tariffe doganali con i paesi ad alto sviluppo nel settore,

revisione degli accordi con i paesi terzi, sopprimendo le facilitazioni tariffarie ai paesi che non rispettano le regole del commercio, le regole sociali, lo sviluppo sostenibile, o che producono armi nucleari,

rivedere l'organizzazione europea delle dogane, con lo scopo di renderne le procedure più semplici e più atte ad un controllo più puntuale in grado di ridurre le frodi, che hanno ormai raggiunto livelli insostenibili,

un forte impegno finanziario nella ricerca e nell'innovazione e un aiuto alle imprese, soprattutto alle PMI, perché possano diversificare la produzione verso i tessuti tecnici e i tessuti intelligenti.

3.3

Il settore del tessile e dell'abbigliamento italiano, che è il più esposto tra quelli di tutti i paesi europei, ha presentato un documento unitario, concordato tra tutti i produttori, delle grandi e delle piccole imprese, e tra tutti i rappresentanti sindacali del paese, nel quale vengono ribadite alcune priorità, con la raccomandazione che vengano tradotte in misure concrete, efficaci e tempestive. Secondo la posizione unitaria del documento, «l'inerzia, in questo momento, potrebbe trasformarsi in costi sociali ed economici molto alti per l'Europa».

3.3.1

Si espongono di seguito i punti evidenziati:

3.3.2

i prodotti comunitari accedono a tasso zero soltanto in 22 paesi, mentre negli altri mercati sono assoggettati ad un tasso medio che oscilla tra il 15 e il 60 % e debbono inoltre sottostare a innumerevoli barriere non tariffarie. Soprattutto a partire dal 2005 il settore del tessile e dell'abbigliamento non potrà più sopportare i privilegi che sono oggi garantiti ai maggiori competitori dell'UE (Cina, India, Pakistan, Indonesia). Tali vantaggi dovrebbero inoltre essere limitati ai paesi meno sviluppati e ai piccoli paesi produttori, che nel 2005 si troveranno, a loro volta, in una posizione estremamente vulnerabile.

3.3.3

Si chiede di evitare, nell'etichettatura, il generico «Made in UE» a vantaggio di una dicitura più esplicita come «Made in Italy/UE» o «Made in France/UE». Già oggi più del 60 % dei prodotti commercializzati sono etichettati volontariamente, con l'indicazione di origine. Se tale dicitura fosse resa obbligatoria, vi sarebbero anche controlli e sanzioni, mentre oggi l'ampio margine di discrezionalità permette numerose contraffazioni e frodi, doppiamente lesive nei confronti dell'industria europea. Inoltre l'acquirente europeo si trova in condizioni di svantaggio, rispetto al consumatore americano, giapponese, cinese, australiano. Non si capisce per quale motivo egli non possa disporre delle stesse informazioni date agli altri attraverso l'etichetta obbligatoria. Se il consumatore europeo conoscesse la provenienza dei prodotti, potrebbe meglio giudicare, non solo la congruità del prezzo, ma anche il rapporto prezzo/qualità, in relazione ai propri bisogni.

3.3.4

Ripetutamente è stato provato il rapporto tra il tessile e la salute. Molte dermatiti sono causate dall'utilizzo di prodotti tessili di bassa qualità. Anche per questo sembra opportuno lasciare che sia il consumatore a scegliere l'area di provenienza del prodotto.

3.3.5

Le importazioni illegali di capi di abbigliamento hanno assunto dimensioni inquietanti e le apposizioni mendaci di «Made in …» si diffondono sui mercati internazionali. La richiesta è quella di intensificare i controlli e di inasprire le sanzioni.

3.3.6

Lo sviluppo di nuovi materiali, nuovi processi di produzione e tecnologie pulite per contribuire allo sviluppo sostenibile risulta di particolare importanza per il settore.

3.3.7

Il sistema associativo imprenditoriale e le organizzazioni sindacali ribadiscono di avere sempre condiviso i principi su cui si basa il «Codice di condotta del settore tessile e abbigliamento europeo», tanto è vero che questo è stato recepito direttamente nei contratti collettivi nazionali di lavoro dei paesi dell'Unione. Pertanto si chiede alla Commissione di inserire la dimensione sociale nell'ambito degli accordi internazionali.

3.3.8

Il dumping sociale (fabbricazione di prodotti riducendo i costi di mano d'opera in spregio ai diritti dei lavoratori, con il ricorso al lavoro minorile e a quello forzato) è considerato un comportamento moralmente condannabile, ma non permette direttamente l'imposizione di dazi antidumping. Per questo i paesi industrializzati, e l'Europa in particolare, dovrebbero combatterlo con un impegno più attivo, attraverso clausole più severe e, in particolare, attraverso l'SPG (Sistema di preferenze generalizzate) (4). Nella sfera ambientale, il dumping ecologico comporta la riduzione dei costi di fabbricazione, a scapito del rispetto dell'ambiente.

3.3.9

È opportuno che le istituzioni internazionali, con l'appoggio dei paesi industrializzati, avviino specifici progetti, finalizzati alla diffusione delle conoscenze contenute nel principio dello sviluppo sostenibile, rivolti ai paesi in via di sviluppo, come del resto sta facendo la Comunità con i paesi di nuova adesione.

3.3.10

Per raggiungere questo obiettivo potrebbe essere incentivante e opportuno utilizzare delle etichette che comprovino che l'accesso di prodotti nell'UE è subordinato al rispetto delle norme internazionali relative all'ambiente.

3.3.11

Lo scopo da perseguire è quello di tutelare l'ambiente e di assicurare alle imprese europee condizioni operative e competitive realistiche, rivedendo profondamente i contenuti degli accordi.

4.   Osservazioni del CESE

4.1

Il CESE ha seguito con molta attenzione le iniziative che la Commissione ha promosso, soprattutto negli ultimi anni, per ricollocare al centro dell'interesse comunitario il settore del tessile e dell'abbigliamento. In particolare esso rileva il successo di pubblico dei convegni recentemente organizzati a Bruxelles da diverse direzioni generali, (5) che hanno fatto registrare dibattiti animati a seguito della presentazione delle migliori pratiche nei vari campi dell'innovazione, della commercializzazione e del marketing.

4.2

Purtroppo, però, le ricadute a livello locale di queste stimolanti iniziative sono state inferiori alle attese. E ciò ci fa riflettere, ancora una volta, sui modi attraverso i quali possiamo utilizzare i valori della conoscenza e dell'informazione per poi diffonderli più ampiamente tra tutti gli interessati.

4.2.1

Un forte coinvolgimento delle associazioni di categoria dei datori di lavoro e dei lavoratori, a tutti i livelli, deve far seguito e strutturare l'intero processo di innovazione.

4.2.2

Solo una collaudata politica di concertazione tra le parti sociali, anche attraverso le esperienze degli enti bilaterali (6), e un comune lavoro di sostegno all'evoluzione del settore possono consentire di far fronte alla sfida della globalizzazione che, soprattutto nei confronti di questo comparto, «… suscita reali inquietudini …», come ha giustamente affermato il Commissario LAMY.

4.3

«La competitività industriale è uno dei settori chiave in cui (…) l'Unione europea e gli Stati membri hanno (…) un ruolo attivo da svolgere, al fine di raggiungere gli obiettivi fissati nella strategia di Lisbona», ha affermato il Consiglio Industria del 27 novembre 2003 (GU C 317 del 30.12.2003, pag. 2). Ora, il settore oggi più esposto al fenomeno della deindustrializzazione, che accompagna i nuovi aspetti del commercio mondiale, è senza dubbio quello del tessile.

4.3.1

È soprattutto per questi motivi che il settore del tessile si trova ad affrontare un processo permanente di ristrutturazione e di modernizzazione, oltre a dover combattere contro un accentuato rallentamento dell'attività economica, della produzione e dell'occupazione. Ma poiché si tratta di un settore strategico che continua a dare occupazione, in particolare alla componente femminile, il Consiglio, consapevole del suo valore, nelle sue conclusioni sopra citate ha invitato la Commissione a riferire, anteriormente al luglio 2004, sulle iniziative che potrebbero fare oggetto di un piano di azione a sostegno del tessile.

4.4

A giudizio del Comitato, la Commissione dovrebbe, sulla base anche delle considerazioni svolte nel suo documento, affrontare in tempi molto brevi e con rinnovata attenzione gli aspetti seguenti:

4.4.1

la riapertura dei negoziati sull'Agenda di sviluppo di Doha, rafforzando il proprio documento (COM(2003) 734 del 26 novembre 2003) secondo le chiare indicazioni che provengono dal mondo del lavoro, dagli imprenditori e dai consumatori; (7)

4.4.2

il ruolo delle dogane nella gestione integrata delle frontiere esterne, secondo le indicazioni espresse dal Comitato nel suo parere precedente, e secondo altri suggerimenti formulati in quello presente;

4.4.3

le norme di origine nei regimi commerciali preferenziali (COM(2003) 787) per stabilire i livelli dei dazi che nasceranno dal nuovo ciclo di negoziati multilaterali, dagli accordi di libero scambio e dal sostegno allo sviluppo sostenibile. Occorre inoltre definire, come più volte richiamato, «procedure di gestione e meccanismi di controllo e di salvaguardia per garantire l'uso onesto dei regimi preferenziali, in modo da preservare gli ambienti economici e proteggere contro gli abusi gli interessi finanziari in gioco»; (8)

4.4.4

i termini del partenariato con la Cina (9), nel cui ambito sono previste diverse iniziative comunitarie destinate ad aumentare la concorrenza tra quel paese e l'UE (Programma di formazione per giovani imprenditori, sviluppo della formazione professionale, cap. B7-3);

4.4.5

la messa in opera di un programma comunitario, dotato delle risorse adeguate, per il sostegno alla ricerca, all'innovazione, ivi compresa quella non tecnologica, e alla formazione professionale del settore (con particolare riferimento all'adattabilità, soprattutto dei piccoli imprenditori e della forza lavoro, al nuovo contesto internazionale e alle esigenze dei consumatori). Tale principio è stato peraltro chiaramente espresso dal Parlamento europeo nella sua risoluzione sul futuro del tessile e dell'abbigliamento approvata nel febbraio 2004;

4.4.6

misure a tutela dei consumatori, i quali stanno sviluppando una crescente consapevolezza riguardo ai potenziali effetti sulla salute di alcuni prodotti, che sono spesso a contatto della pelle, anche in relazione alla crescente diffusione delle allergie da contatto o di altri disturbi di carattere cutaneo (10). Sulla scia di quanto avvenuto con la normativa europea per la trasparenza nel settore alimentare, è necessaria l'introduzione di una norma analoga, che permetta al consumatore di conoscere, mediante una etichettatura obbligatoria, l'indicazione del paese di provenienza del filato e del tessuto, nonché di quello dove è stato confezionato il capo finito.

4.5

È certamente vero che l'introduzione di una etichetta obbligatoria «Made in …» potrebbe contribuire a convincere i consumatori che, quando acquistano un indumento, pagano un prezzo che corrisponde agli standard di produzione e di stile applicati dal paese di origine (fermo restando che questa informazione deve far riferimento al paese di confezionamento e non a quello di produzione), tuttavia la proposta della Commissione di scrivere sull'etichetta «Made in Europe» non convince. Un marchio unico europeo non distingue infatti le specificità e le eccellenze produttive dei singoli paesi, come emerge dal motto comunitario «Uniti nella diversità».

4.5.1

In merito alle alternative contenute nella proposta della Commissione in tema di marchi di origine, è importante, secondo il Comitato, seguire l'approccio che prevede l'obbligatorietà dell'etichetta sia sui prodotti importati sia su quelli realizzati nel Mercato interno, quando detti prodotti siano commercializzati nell'Unione europea. In questo modo, oltretutto, sarà più agevole orientare il consumatore verso l'acquisto di prodotti che siano etici, non solo nelle qualità intrinseche, ma anche in termini di rispetto dei diritti dei lavoratori nei processi produttivi.

4.6

La cultura della «responsabilità sociale delle imprese» da una parte deve consolidarsi come modello europeo, ma dall'altra deve essere estesa anche ai paesi in via di sviluppo, e questo attraverso strumenti concreti che abbiano la loro verifica a livello dei consumatori e quindi assumano rilevanza negli aspetti commerciali (11).

4.7

Il rispetto delle normative ambientali e della legislazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, già in vigore nei processi produttivi, deve sempre più divenire evidente per il consumatore finale, per costituire uno stimolo al vantaggio competitivo.

4.7.1

La posizione molto chiara dell'Unione in tema di sviluppo sostenibile, e quindi di rispetto degli impegni del protocollo di Kyoto nei tempi convenuti, può avere successo e ottenere il favore del mondo produttivo europeo solo se si coniuga con il riconoscimento e con il rispetto degli sforzi che questi impegni comportano. Non tenere conto o non intervenire per evitare la concorrenza sleale, oltre a non favorire la diffusione della cultura del progresso, radicata negli imprenditori e nei lavoratori europei, potrebbe sempre più incoraggiare la deindustrializzazione del nostro continente, a solo vantaggio di alcune multinazionali del commercio (12), che possono invece utilizzare la produzione di paesi meno sensibili ai principi che fanno del nostro sistema europeo una «economia sociale di mercato».

4.7.2

Gli sforzi intrapresi dalla Commissione per ridurre i consumi energetici, anche attraverso la diffusione della «Progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia» (13), possono con il tempo avere successo solo se le industrie europee, in particolare quelle tessili e dell'abbigliamento, potranno ancora disporre di un mercato e, quindi, di macchinari per la produzione. In caso contrario non ci resterebbe che estendere la proposta ad alcuni paesi, considerati in via di sviluppo, perché possano migliorare il consumo energetico dei macchinari che contribuiscono alla realizzazione dei loro prodotti.

4.8

Il Comitato chiede che, anche a livello europeo, venga dedicata una costante attenzione alle micro e alle piccole imprese, che sono molto diffuse in questo settore, soprattutto in relazione ad un sistema finanziario, come quello attuale, che tende a privilegiare la grande impresa. Il Comitato riconosce tuttavia gli sforzi compiuti dalla Commissione per evidenziare i problemi della micro e della piccola impresa e per sviluppare lo spirito imprenditoriale nella cultura europea (14).

4.9

Il Comitato, oltre a richiedere la riduzione del numero di paesi che possono beneficiare dell'SPG, come sopra richiamato, ritiene che le tariffe doganali applicate oggi dall'UE, che sono fra le più basse del mondo, non debbano essere ridotte ulteriormente, fino a quando i paesi particolarmente competitivi sul piano delle esportazioni di prodotti del tessile e dell'abbigliamento non abbiano raggiunto un livello analogo. Il criterio della reciprocità, ovvero della «comparabilità di accesso ai mercati mondiali con le condizioni d'importazione che l'Unione europea applicherà a partire dal 2005», è d'altronde anche la raccomandazione formulata dal Parlamento europeo nella sua risoluzione sul settore tessile e dell'abbigliamento nell'Unione europea del 29 gennaio 2004. Il Comitato pertanto è sì favorevole alla liberalizzazione del commercio internazionale, ma non a quella a senso unico. Anche altri paesi dovrebbero infatti essere disposti ad aprire i propri mercati ai prodotti tessili e di abbigliamento esportati dall'UE.

4.9.1

Per sradicare i gravi problemi della pirateria e della contraffazione è necessario rafforzare i controlli doganali alle frontiere esterne, impegnandosi a favorirne l'unificazione in vere e proprie dogane europee comuni, anche se con misure di sostegno specifiche per i nuovi Stati membri. Particolare attenzione andrebbe riservata agli Stati membri in cui il settore tessile e dell'abbigliamento ha un'importanza strategica.

4.9.2

Il Comitato condivide la forte preoccupazione delle categorie interessate per l'incidenza delle frodi e reputa che si dovrebbero adottare tutte le misure possibili per ridurle. Le Agenzie delle dogane hanno più volte sottolineato di non avere un numero sufficiente di persone per controllare le merci in transito, soprattutto nei porti. Nel porto di Napoli, ad esempio, arrivano mediamente 1000 container al giorno e vi sono solo 3 persone che effettuano i controlli. La media dei container aperti (solo aperti, senza ispezione all'interno) è inferiore all'1 %!

4.9.3

Alla luce di questa situazione, aggravata dalle notizie di frodi pianificate dalla malavita che influenza le attività di molti porti in Europa, si potrebbe ipotizzare la soluzione di concentrare l'arrivo di alcuni prodotti in determinati porti specificatamente attrezzati, nei quali organizzare, oltre ad un'intensificazione del controllo dell'Agenzia delle dogane, anche un sistema di vigilanza da parte di rappresentanti delle categorie interessate.

4.9.4

In tal senso, almeno nella sostanza, si esprime d'altronde anche il Parlamento europeo al punto 11 della sua risoluzione, quando invita la Commissione ad incoraggiare e assistere i produttori, affinché costituiscano una rete di vigilanza e informazione, volta ad identificare la provenienza dei prodotti oggetto di pirateria o contraffatti, al fine di eliminarli dal mercato.

4.9.5

Un'altra soluzione potrebbe essere quella di ripartire i container, piombati, tra le province di destinazione, in modo da ridurre drasticamente il numero dei container da controllare nei porti, per poter effettuare controlli più adeguati.

4.10

Anche gli Stati dai quali provengono le merci devono essere invitati a migliorare i controlli. I paesi che si rendono complici di azioni fraudolente, utilizzando meccanismi di controllo inefficaci, dovrebbero vedersi revocato temporaneamente il beneficio di esportare a condizioni vantaggiose. Il solo sistema dell'SPG, così largamente utilizzato nel settore del tessile e delle confezioni, costa all'UE 2,2 miliardi di euro all'anno a titolo di mancata riscossione dei dazi doganali e, specularmente, rappresenta per i paesi che lo utilizzano un beneficio annuo di pari entità. Di fronte ad agevolazioni di tale portata, che spesso incidono sulla crisi occupazionale di molte regioni dell'Europa, si deve riconoscere all'UE il diritto di stabilire i termini e le condizioni alle quali tali agevolazioni vengono concesse.

4.10.1

Il Comitato è perfettamente consapevole che, nella realtà dei fatti, le frontiere dell'UE non coincidono necessariamente con i confini fisici degli Stati membri ma si situano in maniera crescente nel territorio dei paesi da cui provengono le sue importazioni. Su tale argomento il CESE ha già espresso un suo parere.

4.11

Le attuali norme sull'origine sono troppo complesse e di difficile attuazione, vengono facilmente fraintese e richiedono un'approfondita conoscenza di molti testi giuridici. Esse rappresentano dunque oggi un ostacolo al commercio e un forte incitamento alla frode. Il più delle volte, infatti, i paesi beneficiari fungono solo da luogo di transito per i prodotti di fatto provenienti da paesi non beneficiari.

4.12

Il Comitato invita la Commissione, in particolare la DG Commercio, a definire standard chiari, per quanto riguarda le agevolazioni da concedere ai paesi in via di sviluppo, soprattutto nella tutela dei diritti dei lavoratori, nella protezione dell'ambiente, nella repressione del traffico di stupefacenti, nel rispetto dei diritti umani fondamentali, nello sviluppo sostenibile e negli altri importanti aspetti che riguardano la difesa dei consumatori e il benessere degli animali.

4.13

Per quanto riguarda la Tariffa doganale comune (TDC), il Comitato si rende conto che anche l'ultimo regolamento 1789/2003, entrato in vigore il 1o gennaio 2004, che modifica il regolamento 2658/87, è frutto di una serie di compromessi, a livello della fissazione dei dazi, compromessi che rendono difficile e complessa la sua applicazione e che, di conseguenza, favoriscono la frode e l'elusione. Alla voce, ad esempio, «Indumenti e accessori di abbigliamento», che corrisponde ai codici 61, 62, 63, figurano 466 voci merceologiche: di queste 398 hanno una tariffa del 12 % mentre le altre 68 hanno tariffe che vanno dall'esenzione totale ad aliquote del 2 %, 4 %, 5,3 %, 6,2 %, 6,3 %, 6,5 %, 6,9 %, 7,2 %, 7,5 %, 7,6 %, 7,7 %, 8 %, 8,9 %, 10 %, 10,5 %. Anche altri codici, come il 64 (Calzature, ghette), il 65 (Cappelli e loro parti), il 66 (Ombrelli) e il 67 (Piume e fiori artificiali) hanno tariffe che vanno dall'1,7 %, al 2,2 %, al 2,7 %, al 4,7 %, al 5 %, al 5,2 %, al 7 % e all'8 %.

4.13.1

Su un totale di 1516 voci, nei codici che vanno, per il settore «Tessile, confezioni e calzature» dal 50 al 67 NC (Nomenclatura comune) vi sono oltre 20 livelli tariffari. Avere tutte queste tariffe così ravvicinate rappresenta solo un problema e dimostra la debolezza di un sistema che, se semplificato, potrebbe essere più razionale e meno soggetto alle pressioni di centri economici che massimizzando il loro guadagno creano solo inconvenienti a moltissime aziende. Il Comitato ritiene che la fissazione di un numero limitato di aliquote (3 o 4 al massimo) ridurrebbe notevolmente le frodi e semplificherebbe enormemente il sistema.

4.14

Il Comitato annette un'importanza particolare alla promozione del rispetto delle norme fondamentali del lavoro e dell'equo commercio, alla tutela dell'ambiente e alla lotta al traffico degli stupefacenti. L'attuale sistema SPG (Sistema di preferenze generalizzate) se da una parte riduce del 40 % i dazi della Tariffa doganale comune (TDC), consentendo a tutti i paesi in via di sviluppo di esportare i loro prodotti del tessile, dell'abbigliamento e della calzatura, nei paesi europei a dazi inferiori al 5 %, a condizione che si impegnino a rispettare le clausole sociali ed ambientali, dall'altra si è dimostrato inefficace a raggiungere gli obiettivi di moralizzazione. Risulta fra l'altro che il regime speciale di incentivazione inteso a combattere il traffico di droga, di cui hanno beneficiato 12 paesi, non abbia avuto alcun impatto sulla limitazione del traffico stesso, mentre molte piccole imprese europee hanno dovuto interrompere la loro attività a causa di una concorrenza insostenibile, frutto di costi di produzione totalmente non comparabili con quelli imposti da una regolamentazione moderna, attenta a perseguire uno sviluppo sostenibile (15).

4.15

Il CESE ritiene che si debba rafforzare l'impegno del Consiglio, della Commissione e del Parlamento europeo per escludere dalle preferenze generalizzate tutti quei paesi che, pur avendo necessità di esportare in Europa i loro prodotti del tessile, dell'abbigliamento e della calzatura, non rispettano i diritti fondamentali dell'OIL (16) (Organizzazione internazionale del lavoro) (17).

4.16

Il Comitato è convinto del fatto che il PIL pro capite non può essere l'unico criterio utilizzato per determinare l'ammissibilità di un paese alle riduzioni previste dall'SPG per il settore del tessile; condivide altresì la preoccupazione, espressa in varie sedi, che una parte eccessiva dei benefici vada attualmente agli Stati che ne hanno meno bisogno. Per garantire che l'assistenza fornita nel quadro dell'SPG sia concentrata sui paesi che ne hanno più bisogno, il Comitato raccomanda di escludere dal sistema le seguenti categorie di paesi:

gli Stati membri dell'OPEC, (18)

gli Stati che non sono definiti «paesi in via di sviluppo» dalle Nazioni Unite,

gli Stati che hanno un programma di armamento nucleare,

gli Stati che costituiscono paradisi fiscali,

gli Stati che hanno sottoscritto accordi bilaterali o regionali con l'UE, (19)

gli Stati che non rispettano i diritti fondamentali dell'OIL/BIT. (20)

4.17

Anche i poli tecnologici e i centri di innovazione diffusi nei paesi dell'Unione devono contribuire a rafforzare i collegamenti in rete e la disseminazione delle esperienze con gli imprenditori del settore, le università e le organizzazioni della società civile.

4.18

Il tessile tecnico, quello ad alta tecnologia e il calzaturiero tecnico acquistano sempre più quote di mercato nei paesi europei e nel mondo. Grazie alla loro consolidata esperienza di base, le piccole e medie imprese europee possono svolgere, oggi e nel futuro, un ruolo importante nella produzione di capi che sintetizzano i risultati di nuovi processi chimici e sviluppano nuove tecnologie.

4.19

È necessario, a giudizio del CESE, sperimentare e realizzare azioni concertate tra la Commissione e gli Stati membri per finanziare e sostenere una pluralità di servizi avanzati, che migliorino le performance delle imprese così da favorire l'incontro tra la domanda e l'offerta di capi innovativi.

4.19.1

Attraverso gli interventi previsti dal Fondo sociale europeo (FSE) e quelli inseriti nel Sesto programma quadro di ricerca e sviluppo, sarebbe opportuno intensificare e approfondire la formazione di nuove figure professionali dotate di particolari capacità tecnico-operative, che possano agire, secondo opportuni progetti, come animatori di innovazione a fianco delle PMI. Particolare attenzione dovrebbe essere dedicata agli Stati membri dell'UE i cui settori tessile e dell'abbigliamento hanno un'importanza strategica.

4.19.2

Tra i profili professionali necessari per aiutare le imprese a migliorare e ad ampliare la produzione di tessuti e di calzature tecniche figurano tra gli altri i seguenti: analisti di audit tecnologico, facilitatori di progetti di riconversione, scouting di nuove opportunità.

4.19.3

È convinzione del CESE che, facendo leva sulle opportunità esistenti nel territorio -vale a dire poli tecnologici, università, dialogo strutturato tra datori di lavoro, lavoratori e enti locali -le imprese e soprattutto le PMI potrebbero utilmente avvalersi della collaborazione di figure di questo tipo per ricollocarsi a un livello tecnologico e competitivo più elevato (21).

4.20

Il Comitato è consapevole, come del resto la Commissione e il Parlamento, che nell'Unione europea il comparto del tessile, dell'abbigliamento e calzaturiero è costituito per circa il 70 % da piccole aziende (che occupano meno di 50 dipendenti), per il 20 % da aziende con un organico compreso tra i 50 e i 249 dipendenti e per il restante 10 % da aziende con 250 e più dipendenti e che la concentrazione di lavoro femminile è in esso più alta che negli altri settori. Il Comitato ricorda che una frammentazione così accentuata delle aziende, nel territorio europeo, rende evidentemente più difficili le azioni di sostegno all'innovazione e all'aggiornamento tecnologico.

4.21

Attraverso i propri rappresentanti che hanno un rapporto diretto con la società civile organizzata, il CESE ha più volte denunciato il continuo, incessante, fenomeno delle frodi, che interessano un'ampia gamma di merci che attraversano le frontiere comunitarie. Tra le frodi più vistose citiamo:

le dichiarazioni non conformi ai prodotti sdoganati (22),

le merci sprovviste di certificazione di conformità e che spesso risultano pericolose per i consumatori,

le merci prodotte non rispettando i principi della proprietà intellettuale,

le merci sottoposte a operazioni di triangolazione fra diversi Stati (23),

le merci che non rispettano le regole di origine (24),

le merci contraffatte o oggetto di pirateria.

4.21.1

Il fenomeno è stato recentemente oggetto di opportune indagini statistiche. Il CESE si compiace che l'Unione europea abbia finalmente approvato un regolamento che consente di bruciare e di distruggere in dogana le merci contraffatte (25).

4.21.2

I risultati sono però, ancora limitati, secondo il Comitato.

4.21.3

Gli stessi dirigenti delle Agenzie delle dogane lamentano l'insufficienza della regolamentazione comunitaria, che dovrebbe permettere di superare la frammentazione delle leggi dei singoli Stati, nonché la carenza di personale e di mezzi per far fronte ad un mercato così vasto e così attivo.

4.21.4

Nel primo semestre del 2003, più di 50 milioni di oggetti contraffatti o frutto di pirateria sono stati intercettati dalle dogane europee (26). Tra il 2000 e il 2002 nel settore dell'abbigliamento le frodi sono raddoppiate, mentre nei profumi e nei cosmetici sono addirittura triplicate. (27) Si tratta però solo della punta dell'iceberg, rispetto a tutto quello che è riuscito invece a filtrare.

4.21.5

Per quanto riguarda l'origine di questi prodotti, il 66 % è di provenienza asiatica: Cina e Thailandia in testa. Secondo l'affermazione del commissario BOLKESTEIN «Tutti i prodotti della vita quotidiana e non più solo i prodotti di lusso sono ormai oggetto di contraffazione, e quindi sempre di più le contraffazioni toccano direttamente le PMI» (28).

4.21.6

L'ampiezza del fenomeno mette sempre più in difficoltà le imprese europee e, spesso, costringe le piccole imprese a interrompere l'attività, dal momento che diviene per loro impossibile restare sul mercato.

5.   Osservazioni specifiche

5.1

Dal 1971 la Comunità europea, prima attraverso il GATT e poi attraverso l'OMC (Organizzazione mondiale del commercio), concede riduzioni notevoli sulla Tariffa doganale comune (TDC) ai paesi in via di sviluppo.

5.1.1

I prodotti considerati non sensibili, importati nella Comunità dai PVS, sono esentati da qualsiasi dazio doganale.

5.1.2

I prodotti considerati sensibili, tra i quali tessili, abbigliamento e calzature, beneficiano di una riduzione del 20 % (nel regime generale), che sale al 40 % con i regimi speciali (29).

5.1.3

Nel 2003 le Nazioni Unite hanno riconosciuto 116 PVS. Di fatto però i benefici concessi dall'UE sono estesi a 174 paesi (30).

5.1.4

L'Asia è di gran lunga il più importante beneficiario delle agevolazioni doganali concesse dalla Comunità, con quasi il 70 % del totale, nel 2002. La Cina ne utilizza, da sola, circa il 25 %.

5.1.5

Le aliquote medie per il TAC (tessile, abbigliamento, calzature) imposte dall'UE per i paesi suddetti sono pari al 4,8 %; quelle imposte dagli USA sono pari all'8,9 %; quelle imposte dal Giappone sono del 6,6 % e quelle del Canada sono pari al 12 %. Le aliquote imposte dalla Cina ammontano al 20 %, quelle applicate dalla Thailandia al 29 %, quelle dall'India al 35 % e quelle dall'Indonesia al 40 % (31).

5.2

I produttori euromediterranei del TAC continuano a trovare ostacoli significativi nell'accesso ai mercati asiatici. In questi mercati gli Stati, per ostacolare gli scambi, hanno creato barriere non tariffarie che rappresentano un serio problema per tutta l'industria europea (32).

5.3

Nel complesso dell'industria manifatturiera dell'UE il valore aggiunto del tessile (33) è di circa il 2,5 %. Vi sono però paesi con medie relativamente alte: il Lussemburgo, con l'8,7 %; il Portogallo, con il 6,3 %; la Grecia, con il 5,1; l'Italia con il 4,6; il Belgio, con il 4,3 % (34). L'importanza dell'industria del tessile e dell'abbigliamento è ancora maggiore nei nuovi Stati membri dell'Unione europea: 16,1 % in Lituania (35), 10,5 % in Estonia (36), ecc.

6.   Conclusioni

6.1

Per i numerosi imprenditori europei del tessile e dell'abbigliamento appare ingiusta e punitiva la realtà che li costringe spesso a soccombere, in un confronto che viene talvolta combattuto su un piano che prescinde dalla lealtà, dalle capacità imprenditoriali e dal rispetto dei diritti dell'uomo nel lavoro. Invece, sia per gli imprenditori che per i lavoratori e per i decisori politici dell'Unione ai vari livelli, occorrerebbe una visione a medio-lungo termine partecipata e condivisa del futuro del settore per mantenerlo competitivo e avanzato.

6.1.1

Il rispetto dei diritti fondamentali del lavoro, così come vengono enunciati nelle norme fondamentali dell'OIL, va rafforzato mediante i meccanismi concreti di controllo dell'OIL e tramite una stretta cooperazione fra l'OIL e l'OMC. L'UE deve intensificare gli sforzi affinché i principi dell'OIL, rivolti alla tutela dei lavoratori, diventino il punto di riferimento per l'OMC.

6.2

Le agevolazioni doganali potrebbero essere riservate solo ai 49 paesi meno sviluppati. I negoziati avviati a Doha dovrebbero portare a situazioni di più chiara reciprocità tra la zona euromediterranea e i paesi asiatici. Nel quadro di tali negoziati sarebbe opportuno concludere un accordo mondiale che preveda, nel settore del tessile e dell'abbigliamento, una riduzione dei diritti doganali entro un termine determinato, per esempio di 5 anni, in modo da raggiungere un livello uniforme del 15 % al massimo.

6.3

Devono essere rafforzati i controlli alle dogane dell'Unione, con l'obiettivo di arrivare quanto prima a un sistema doganale comune, coerente con la legislazione relativa al mercato interno.

6.4

Per contrastare la falsificazione e la frode e per fornire maggiori informazioni ai consumatori si potrebbe studiare un sistema di etichettatura d'origine (37) (geografica, sociale, ambientale).

6.4.1

Sempre per lo stesso motivo, il CESE propone di valutare la possibilità di consentire eventualmente la tracciabilità dei tessuti, elemento che ridurrebbe le frodi sulle regole di origine e sui prodotti contraffatti.

6.5

Il Comitato appoggia la Commissione negli sforzi tesi a rendere più efficaci gli strumenti di difesa commerciale e le misure antidumping e antisovvenzione, e la invita altresì ad applicare le misure di salvaguardia, soprattutto in presenza di frodi denunciate e comprovate. Nel quadro nei negoziati di Doha, l'Unione europea dovrebbe cercare di ottenere una disciplina molto più rigorosa circa il ricorso alle misure di salvaguardia, alle azioni antidumping e agli altri strumenti di protezione, come le modifiche alle regole di origine, ecc.

6.6

La Commissione deve intensificare gli sforzi affinché gli ADPIC (Aspetti dei diritti di proprietà intellettuale legati al commercio) vengano garantiti all'interno dell'OMC e rispettati dagli Stati.

6.7

Deve essere incrementata la capacità di innovazione, soprattutto nelle PMI, attraverso programmi e progetti concordati a livello locale, con il contributo di tutte le forze sociali e con il coinvolgimento dei centri di ricerca. Vi sono in Europa vari istituti superiori di grande tradizione nel settore del tessile. Sarebbe estremamente opportuno creare una rete di eccellenza che, tramite stretti legami con il mondo imprenditoriale e del lavoro, si colleghi alle opportunità offerte dal VI Programma quadro e attui un «foresight tecnologico» rivolto allo sviluppo del comparto.

6.7.1

Uno dei punti di forza del tessile europeo, oltre alla moda e alla bellezza del capo confezionato, deve divenire la capacità di innovare: innovare verso nuove fibre e verso tessuti compositi, arricchiti da polveri individuate grazie agli studi sulle nanotecnologie, che ne aumentino la funzionalità, la sicurezza, la protezione termica e la vestibilità.

6.7.2

I tessuti non tessuti, cioè i tessuti particolari, trattati con sostanze chimiche che agiscono come collanti, stanno diffondendosi sempre più in vari settori: sport, edilizia, aeronautica, mezzi di trasporto, ecc. Come già segnalato, si tratta di un mercato costantemente in crescita, nel quale va individuata una diversificazione produttiva, ricca di sviluppi futuri (38).

6.8

La CCMI (commissione consultiva per le trasformazioni industriali ), forte delle esperienze acquisite in numerosi decenni di gestione dei problemi connessi con l'evoluzione del mercato del carbone e dell'acciaio (39), potrebbe assumere un ruolo significativo, tra la Commissione e il comparto del tessile, per agevolare la diversificazione della produzione.

6.8.1

Si prospetta la necessità della riqualificazione del personale che perderà il proprio impiego in seguito alle ristrutturazioni. Sarebbe inoltre opportuno favorire la nascita e la crescita dell'interesse degli imprenditori verso i nuovi prodotti compositi. Uno sviluppo sostenibile del futuro si consolida solo se si aiutano i giovani a conoscere e a valutare i nuovi prodotti e a coglierne i valori di rispetto dell'ambiente. Tutto ciò si può ottenere meglio con l'aiuto degli organismi europei, come la CCMI, dotati di esperienza sia in campo sociale che tecnico.

6.9

Il settore del tessile, della confezione e del cuoio rappresenta il primo settore verso il quale si rivolge la nuova politica verticale, instaurata recentemente dalla Commissione in aggiunta alle tradizionali politiche orizzontali rivolte all'industria. A tutti gli osservatori, e in particolare a coloro che operano nel settore in veste di imprenditori o di dipendenti, appare importante che la Commissione, con il coinvolgimento degli Stati e delle parti sociali, riesca ad aiutare il settore a evolversi tecnicamente e a superare le sfide della globalizzazione.

6.9.1

Accanto alle «piattaforme tecnologiche» già individuate dalle politiche comunitarie (40) si potrebbe ipotizzare una quarta piattaforma, legata ai molteplici e innovativi aspetti del tessile di moderna concezione.

6.10

In tutti i paesi progrediti è in atto un processo di deindustrializzazione e il valore aggiunto del terziario nell'UE ha già raggiunto il 70 % del totale del PIL (22 % all'industria, 5 % all'edilizia; 3 % all'agricoltura) (41). Ma questo fenomeno non va agevolato, perché molta parte del valore aggiunto dei servizi è rivolto alle imprese o nasce dalle imprese: commercio e trasporti (21,6 %); servizi finanziari e servizi alle imprese (27,2 %); pubblica amministrazione (21,6 %) (42).

6.11

Il CESE ritiene che si debba intervenire, con tutto il peso della cultura europea quale riassunta nell'espressione «economia sociale di mercato», affinché si modifichino, per quanto possibile, le regole dell'OMC. Attualmente tali regole non permettono di vietare l'importazione di un prodotto tranne nei casi in cui questo rappresenti un pericolo. Bisogna invece arrivare a imporre senza indugi il rispetto di alcune priorità sociali, ambientali ed economiche, dal momento che l'UE, nella sua veste di attore economico, può rendere la governance mondiale più efficace cercando di «generalizzare lo sviluppo sostenibile a livello planetario, attraverso la cooperazione internazionale e lo sviluppo di buone politiche interne. (43)»

6.11.1

I costi ai quali vanno incontro i paesi in via di sviluppo per attuare queste politiche potrebbero essere in parte sostenuti da programmi di cooperazione allo sviluppo, volti specificatamente a migliorare i comportamenti commerciali e soggetti ad un riesame periodico.

6.12

Probabilmente si è giunti in una fase del processo di globalizzazione in cui è necessario prestare più attenzione alle «preferenze e sensibilità collettive» espresse dai cittadini, per poter ridurre le tensioni internazionali ed evitare quei conflitti commerciali «ideologici», che sono in costante aumento e che non sembrano trovare soluzione con i meccanismi e le regole attuali.

Bruxelles, 1o luglio 2004.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Roger BRIESCH


(1)  Il cosiddetto tessile tecnico trova sempre più applicazioni nei seguenti campi: abbigliamento, agro tecnico, edile, geotecnica, tecnica per la casa, tecnica per l'industria, tecnica applicata al campo medico, tecnica per i trasporti, tecnica applicata all'ambiente, tecnica per imballaggi, tecnica applicata ai sistemi di protezione, tecnica per lo sport. Cfr. allegato 2.

(2)  I paesi meno sviluppati sono 49, dei quali 40 ACP (Africa, Caraibi, Pacifico) e 9 non ACP e cioè Afghanistan, Bangladesh, Butan, Cambogia, Laos, Myanmar, Maldive, Nepal, Yemen.

(3)  All'audizione era presente l'on. Concepciò FERRER i CASALS, parlamentare europea e presidente del Forum europeo del tessile, della confezione e della pelle. La Commissione europea era rappresentata da Luis Filipe GIRÃO, capo unità presso la DG Impresee da Ghazi Ben AHMED della DG Commercio. Erano presenti circa 60 persone, tra le quali: italiani, tedeschi, francesi, turchi, lituani e belgi.

(4)  Parere del CESE 313/2004 (REX/141).

(5)  Convegno del 15 ottobre 2002«L'industria europea dell'abbigliamento entra nell'alta tecnologia», centro Borschette-Bruxelles. Convegno del 20 marzo 2003«L'avvenire del tessile e dell'abbigliamento in un'Europa allargata». Convegno del 5 e 6 maggio 2003«L'avvenire del tessile e dell'abbigliamento dopo il 2005» - Charlemagne-Bruxelles.

(6)  Gli enti bilaterali sono costituiti da rappresentanti di piccoli imprenditori e di lavoratori che, attraverso il principio della reciproca mutualità, intervengono per finanziare azioni di assistenza, di aggiornamento e di innovazione, per titolari e dipendenti di micro e di piccole imprese.

(7)  Cfr. l'audizione del 21 gennaio 2004 e le conclusioni nel punto 13.

(8)  COM(2003) 452 del 24 luglio 2003.

(9)  Cfr. COM(2003) 787 def. del 18 dicembre 2003.

(10)  COM(2003) 533 del 10 settembre 2003.

(11)  Circa 1 000 sono le sostanze chimiche maggiormente utilizzate, su un totale di 5 000 che concorrono nel settore del tessile. A queste si aggiunge una quantità non definita di miscele eterogenee di più sostanze, alcune delle quali tossiche. Esse vengono utilizzate per la tinteggiatura e per altre trasformazioni del tessuto. Nell'UE le sostanze tossiche vengono preventivamente selezionate, scartate o trattate, conformemente alla legislazione ambientale e sanitaria. La relativa imputazione dei costi resta a carico delle imprese europee

(12)  Cfr. COM(2004) 101 del 10.02.2004. Comunicazione della Commissione: Costruire il nostro avvenire comune. Partenariato mondiale, punto C (pag.7) versione francese.

(13)  Cfr. Eurostat «Il PIL nel mondo». Del PIL mondiale, che ammontava nel 2002 a 34 000 miliardi di €, oltre il 55 % era detenuto da circa 45 000 multinazionali.

(14)  Proposta di direttiva COM(2003) 453 del 1o agosto 2003.

(15)  Cfr. fra gli altri i documenti: COM(2001) 98 del 1o marzo 2001; COM(2001) 366 del 18 luglio 2001; COM(2003) 21 del 21 gennaio 2003; COM(2002) 345 del 1o luglio 2002; COM(2001) 122 del 7 marzo 2001; COM(2002) 68 del 6 febbraio 2002; COM(2003) 27 del 21 gennaio 2003.

(16)  Cfr. Parere SPG REX/141, punti 6.6.2.; 6.6.2.1; 6.6.2.2; 6.6.2.3

(17)  C29-Sul lavoro forzato; C87- Sulla libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale; C98- Sul diritto di organizzazione e di contrattazione collettiva; C100- Sulla parità di retribuzione; C 105- Sull'abolizione del lavoro forzato; C111- Sulla discriminazione (impegno e professione); C138- Sull'età minima; C182- Sulle forme peggiori di lavoro minorile.

(18)  Cfr SPG punti 6.6.2.3

(19)  Venezuela, Algeria, Nigeria, Libia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Quatar, Kuwait, Iraq, Iran, Indonesia.

(20)  Ibidem.

(21)  Spesso i piccoli imprenditori desidererebbero passare dalla produzione e confezionamento di capi prodotti con tessuti tradizionali, a quella di capi prodotti con tessuti nuovi tecnici o intelligenti, ma mancano delle necessarie informazioni e conoscenza dei processi tecnici e commerciali.

(22)  La percentuale del dazio doganale dipende dal tipo di prodotto importato. Spesso vengono dichiarati prodotti diversi, con dazi più bassi, rispetto a quelli effettivamente importati.

(23)  Libro verde «L'avvenire delle regole di origine …» COM(2003) 787, punto 1.2.2.

(24)  Ibidem.

(25)  Regolamento CE 1383/2003 del 22 luglio 2003. Entrerà in vigore il 1o luglio 2004.

(26)  IP 03/1589 del 24 novembre 2003.

(27)  Ibidem.

(28)  Ibidem.

(29)  Regime speciale per la tutela dei diritti dei lavoratori; R.S. per la tutela dell'ambiente; R.S. contro la produzione e il traffico di droga.

(30)  Allegato I al regolamento 2501/2001.

(31)  Fonte: Commissione UE.

(32)  Tra le barriere non tariffarie più utilizzate: tasse o prelievi supplementari; prezzi minimi alle importazioni minimali; pratiche di valutazione doganale non pagate sui prezzi pagati per le merci importate; specifiche onerose e discriminatorie in materia di etichettatura o di marchio; regimi di autorizzazione all'importazione; difficoltose procedure di anticipazione.

(33)  Cod. dal 17.1 al 17.6

(34)  Fonte Eurostat, l'Industria manifatturiera in UE dal 1992 al 2002.

(35)  Ufficio statistico della Repubblica di Lituania, 2003.

(36)  Ufficio statistico della Repubblica d'Estonia, 2003.

(37)  Libro verde «Il futuro delle norme di origine nei regimi commerciali preferenziali» COM(2003) 787 del 18 dicembre 2003.

(38)  I tessuti in fibra di carbonio e quelli in kevlar sono più resistenti dei tradizionali metalli, oltre ad essere più leggeri e più malleabili.

(39)  Confronta l'attività svolta dal Consiglio della CECA, confluito nella CCMI.

(40)  Aerospaziale, Comunicazioni e Acciaio

(41)  Fonte Eurostat - Struttura del valore aggiunti lordo, 2002.

(42)  Fonte Eurostat,ibidem.

(43)  Cfr. la comunicazione «Costruire il nostro avvenire comune» (COM(2004) 101 def. del 10 febbraio 2004) pag. 27.


ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale europeo

Pur avendo ottenuto per lo meno un quarto dei voti espressi, il seguente emendamento è stato respinto:

Eliminare il punto 6.1.1

Esito della votazione:

favorevoli:

31

contrari:

32

astensioni:

9