7.12.2004   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 302/60


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Terzo rapporto sulla coesione economica e sociale - Un nuovo partenariato per la coesione: convergenza, competitività e cooperazione

(COM(2004) 107 def.)

(2004/C 302/14)

La Commissione europea, in data 8 dicembre 2003 ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al Terzo rapporto sulla coesione economica e sociale - Un nuovo partenariato per la coesione: convergenza, competitività e cooperazione.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il parere in data 8 giugno 2004 sulla base del progetto predisposto del relatore BARROS VALE.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 30 giugno 2004, nel corso della 410a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 118 voti favorevoli e 5 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

Il terzo rapporto sulla coesione economica e sociale intitolato «Un nuovo partenariato per la coesione – Convergenza, competitività, cooperazione» fa un bilancio della politica di coesione nell'Unione europea (UE), analizzando in particolare i progressi effettuati in campo economico, sociale e territoriale e valutando le prospettive future.

1.2

Il documento, contenente una sintesi del rapporto e una proposta di riforma della politica di coesione sotto forma di conclusioni, è suddiviso in quattro parti fondamentali.

I Parte - Coesione, competitività, occupazione e crescita – situazione e tendenze

II Parte - Impatto delle politiche degli Stati membri sulla coesione

III Parte - Impatto delle politiche comunitarie: competitività, occupazione e coesione

IV Parte - Valore aggiunto e impatto delle politiche strutturali.

1.3

Il Comitato economico e sociale europeo accoglie con grande soddisfazione i risultati conseguiti negli ultimi anni in quella che è una delle politiche fondamentali dell'Unione europea e ritiene che le proposte contenute nel rapporto corrispondano agli obiettivi difesi dal CESE nei documenti adottati nel corso degli anni.

1.3.1

A tale proposito, il CESE è lieto che la Commissione non abbia accolto alcune proposte volte a rinazionalizzare la politica di coesione.

1.4

Per la complessità e la diversità degli aspetti contenuti nel rapporto, e al fine di consentire una visione migliore del problema, si è scelto di strutturare il presente parere seguendo la formula adottata nel documento della Commissione, presentando alla fine una valutazione degli sviluppi registrati e un'analisi delle prospettive future.

2.   I PARTE – Coesione, competitività, occupazione e crescita – situazione e tendenze

2.1

Sulla base di diversi risultati statistici, il rapporto esamina lo stato della coesione in Europa dal punto di vista economico, sociale e territoriale, in particolare per quanto riguarda gli effetti positivi sulla convergenza.

2.2

Il documento analizza in maniera abbastanza dettagliata i progressi dei «paesi della coesione» in materia di convergenza reale, prendendo come riferimento dati relativi al 2001 (anche se alcuni dati riguardano il 2002), e traccia alcune prospettive. Il documento analizza anche lo stato della coesione nell'Europa allargata.

2.3

Questa parte del rapporto esamina pertanto la crescita del PIL e dell'occupazione nei paesi della coesione nel corso degli anni recenti rispetto al resto dell'UE nonché l'evoluzione delle disparità tra le regioni nell'Europa dei 15 negli ultimi dieci anni, soffermandosi in particolare sulle regioni dell'Obiettivo 1. Il rapporto analizza inoltre lo sviluppo economico dei nuovi Stati membri negli ultimi anni, illustrando le differenze nei risultati da essi ottenuti e ricordando che, per avvicinarsi al livello di reddito medio dell'UE, tali paesi devono registrare tassi di crescita elevati durante un periodo di tempo prolungato.

2.4

Altri aspetti evidenziati in questa parte del rapporto sono l'invecchiamento della popolazione europea, i fattori che determinano la competitività, la crescita e l'occupazione, l'innovazione e la conoscenza, e infine la protezione dell'ambiente nell'ambito degli obiettivi di Göteborg.

2.5   Aspetti di carattere generale

2.5.1

Negli ultimi dieci anni, in particolare nella seconda metà degli anni '90, la coesione nazionale e regionale ha registrato notevoli progressi, essendo diminuite le disparità tra i paesi e tra le regioni dell'UE. Tuttavia, il processo di coesione tra Stati membri è stato più marcato che quello tra regioni.

2.5.2

Nonostante il contributo positivo dei fondi strutturali e i progressi raggiunti, persistono tuttora importanti differenze relative in termini di prosperità e risultati economici, differenze che rispecchiano le debolezze strutturali di alcuni paesi e regioni.

2.5.3

Persistono inoltre diversi problemi per quanto concerne la competitività delle regioni svantaggiate. Alcune regioni europee sono ancora troppo isolate, vi scarseggiano manodopera e investimenti e mancano i mezzi per accedere alla società dell'informazione.

2.5.4

In materia di coesione sociale e di occupazione, i progressi sembrano essere stati di minore entità.

2.5.4.1

La disoccupazione di lunga durata, ad esempio, appare inelastica.

2.5.4.2

Nel 2001, una crescita modesta dell'occupazione nell'Unione europea a 15 ha contribuito, insieme ad una diminuzione dell'occupazione nei paesi candidati negli ultimi anni, ad accentuare ulteriormente le disparità regionali.

2.5.4.3

La crescita naturale della popolazione è diminuita in varie regioni d'Europa e si prevede una sua ulteriore diminuzione nei prossimi anni (le proiezioni demografiche tendono a segnalare un calo nei diversi Stati membri e nei nuovi paesi, con talune eccezioni).

2.5.4.4

Più importante, dal punto di vista dell'occupazione, è il fatto che la diminuzione della popolazione in età da lavoro è più rapida del declino della popolazione totale. Le proiezioni per il 2025 indicano che, nell'UE a 15 gli ultracinquantenni costituiranno il 35 % della popolazione in età da lavoro, contro il 26 % del 2000. A questo si affiancherà un aumento costante della proporzione di persone di età superiore ai 65 anni.

2.5.4.5

I dati indicano un aumento del tasso di dipendenza delle persone anziane. Nell'Europa a 15, le persone di 65 anni o più rappresentano attualmente quasi il 25 % della popolazione in età lavorativa, vale a dire che per ogni persona che ha raggiunto l'età di pensionamento vi sono quattro persone di età compresa tra i 15 e i 65 anni. Nel 2025 questa percentuale passerà al 36 %, vale a dire meno di tre persone in età lavorativa per ogni persona in età di pensionamento. Nei nuovi Stati membri, il rapporto passerà da un tasso inferiore al 20 % ad uno superiore al 30 %.

2.5.4.6

Il rapporto tuttavia richiama l'attenzione sul fatto che i dati di cui sopra non dicono quante persone in età lavorativa lavoreranno per mantenere le persone con 65 anni e oltre (nel 2002 era occupato solo il 64 % della popolazione in età lavorativa nell'UE a 15, percentuale che era del 56 % nei paesi candidati, con grandi differenze tra paesi e regioni).

2.5.5

Il rapporto avverte che le disparità tra paesi e regioni dell'Unione europea, vuoi a livello di reddito, vuoi a livello occupazionale, aumenteranno ulteriormente con l'adesione dei nuovi Stati membri nel maggio 2004. Questi paesi hanno registrato elevati tassi di crescita, ma presentano ancora un basso livello del PIL pro capite e, in numerosi casi, dell'occupazione rispetto alla media dell'UE a 15.

2.5.6

Data la crescente interdipendenza in termini di scambi e investimenti, lo sviluppo economico dei nuovi Stati membri potrà sostenere elevati tassi di crescita in tutta l'UE, i cui vantaggi si faranno sentire più particolarmente in Germania e in Italia.

2.5.7

In seguito all'allargamento, gli Stati membri possono essere divisi in tre gruppi in funzione del PIL pro capite espresso in SPA (standard di potere d'acquisto):

un primo gruppo che comprende 12 degli attuali 15 Stati membri, il cui PIL pro capite in SPA è superiore alla media dell'UE (10 punti percentuali o più),

un secondo gruppo di 7 paesi, che comprende i tre rimanenti Stati membri dell'UE a 15 (Spagna, Portogallo, Grecia) più Cipro, Slovenia, Malta e Repubblica ceca, il cui PIL pro capite in SPA oscilla tra il 73 % e il 92 % della media dell'UE a 25,

un terzo gruppo finale di 8 paesi (compresi Romania e Bulgaria), il cui PIL pro capite è inferiore al 60 % della media comunitaria.

2.5.8

Nella sezione dedicata alla coesione territoriale, si riconosce che la cooperazione tra le regioni, nelle sue dimensioni transfrontaliera, transnazionale e interregionale, si è rivelata importante nella promozione di uno sviluppo equilibrato del territorio comunitario.

2.5.9

Per quanto concerne i fattori che determinano la crescita e la competitività, il rapporto afferma che le asimmetrie regionali persistono:

sul piano delle risorse umane, nelle regioni più povere si registra un tasso elevato di dispersione scolastica, il livello di partecipazione alla formazione continua è molto inferiore nei paesi della coesione, eccezion fatta per l'Irlanda, e in molti casi notevolmente più basso nei nuovi Stati membri e nei paesi candidati,

il rapporto presenta diversi indicatori che mostrano la grande disparità esistente tra i paesi dell'UE a 15 per quanto concerne l'innovazione. Le spese in ricerca e sviluppo confermano il ritardo delle regioni dell'Obiettivo 1 (nelle imprese, le spese in R e S in relazione al PIL sono nettamente al di sotto della media europea, poco più di un quinto di essa).

2.5.9.1

Nei nuovi Stati membri e nei paesi candidati, le spese in R e S in relazione al PIL sono meno elevate rispetto alla grande maggioranza dei paesi dell'UE a 15 ma di poco inferiori rispetto a quello delle regioni dell'Obiettivo 1.

2.5.9.2

Come nell'UE a 15, anche nei paesi dell'allargamento si nota una concentrazione relativa delle spese in R e S nelle regioni più prospere.

2.5.9.3

Persistono inoltre disparità regionali in termini di accesso alle Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione (TIC).

2.5.10

Il rapporto sottolinea la necessità di fissare determinate condizioni al fine di conseguire uno sviluppo regionale sostenibile nonché di portare avanti le strategie di promozione dell'occupazione. A livello nazionale, mette in risalto l'esigenza di garantire un ambiente macroeconomico che favorisca la stabilità e la crescita e un sistema fiscale e normativo incentivante per le imprese. A livello regionale, il rapporto indica la necessità di disporre di infrastrutture di base e di una manodopera qualificata, soprattutto nelle regioni dell'Obiettivo 1 e nei nuovi Stati membri, in cui persistono gravi lacune in entrambi i settori; il rapporto essenzialmente segnala la necessità che nelle regioni si crei quell'insieme di condizioni più direttamente collegate con le componenti immateriali della competitività, ad esempio l'innovazione, la R e S e l'uso delle TIC, al fine di conseguire gli obiettivi fissati dalla strategia di Lisbona.

2.5.11

Il rapporto segnala infine l'esistenza di sostanziali disparità tra gli Stati membri e tra le regioni in materia di protezione dell'ambiente, tenendo conto della realizzazione degli obiettivi di Göteburg.

2.6   I Paesi della coesione

2.6.1

L'analisi particolareggiata della convergenza in termini di PIL pro capite, occupazione e produttività nei paesi della coesione rivela che tali paesi continuano a recuperare i rispettivi ritardi, avendo registrato nel periodo 1994-2001 una crescita superiore alla media dell'UE. Viene sottolineato il caso dell'Irlanda in quanto dimostrazione effettiva del contributo positivo dei fondi strutturali quando si combinano con politiche nazionali orientate alla crescita.

2.6.2

Il rapporto richiama l'attenzione sul significativo rallentamento della crescita economica nell'UE registrato dalla data di pubblicazione dell'ultimo rapporto. Questo ha inciso inevitabilmente sulla coesione, non solo perché ha portato ad un aumento della disoccupazione ma anche perché ha creato un clima sfavorevole ad una riduzione costante delle disparità regionali in termini di PIL e di occupazione.

2.6.3

Il rallentamento della crescita economica nell'UE ha colpito praticamente tutti gli Stati membri dell'UE. Tra i paesi della coesione, il Portogallo sembra essere stato quello maggiormente colpito. Nel rapporto si dice addirittura che, sulla base dei dati relativi al 2001 e se le previsioni per il 2004 trovano conferma, il Portogallo potrebbe invertire la sua traiettoria di convergenza con la media UE.

2.6.4

Il rapporto indica che fino al 2001, le disparità di reddito (PIL pro capite) tra le regioni più povere (quelle che sono state l'obiettivo principale della politica di coesione) e le altre regioni si sono ridotte. Tuttavia, non è possibile affermare cosa sia successo dal 2001, dato che da quel momento i dati suddivisi per regione non sono più disponibili.

2.7   I nuovi Stati membri e i paesi candidati

2.7.1

Le disparità tra i PIL pro capite delle regioni dei nuovi Stati membri e dei paesi candidati sono aumentate. Nella Repubblica ceca e in Slovacchia, il 20 % della popolazione che vive nelle regioni più ricche gode di un reddito pro capite due volte superiore al 20 % della popolazione che vive nelle regioni più povere.

2.7.2

Il rapporto indica che, per avvicinare il livello di reddito di tali paesi a quello del reddito medio dell'UE a 15, è necessario raggiungere elevati tassi di crescita durante un periodo di tempo prolungato. La Commissione mette in evidenza che la crescita di questi paesi contribuirà alla crescita di tutta l'UE e permetterà di ridurre la disoccupazione e di potenziare la coesione sociale.

2.7.3

Dal 2001, si registra un rallentamento della crescita economica nei nuovi Stati membri e nei paesi candidati dovuto in parte ad una riduzione della crescita nell'UE, il loro principale mercato di esportazione; ciò a sua volta ha portato ad una diminuzione dei posti di lavoro in tali paesi.

2.7.4

Nel 2002, il tasso medio di occupazione nei 10 paesi allora candidati era del 56 %, assai più basso della media dell'UE a 15, che era pari a circa il 64 %. In tutti i nuovi Stati membri e nei paesi candidati, ad eccezione di Cipro, il tasso di occupazione è inferiore agli obiettivi fissati per l'Europa nella strategia di Lisbona (67 % nel 2005 e 70 % nel 2010).

2.8   L'allargamento

2.8.1

L'allargamento farà aumentare le disparità tra gli Stati membri più ricchi e quelli più poveri. Nonostante i nuovi Stati membri abbiano recentemente registrato una crescita più rapida rispetto all'UE a 15, il divario in termini di PIL pro capite resta abbastanza netto. Nel 2002, solo Malta, Cipro, la Repubblica ceca e la Slovenia godevano di un PIL pro capite espresso in SPA superiore al 60 % della media UE a 15. In Polonia, in Estonia e in Lituania il PIL si avvicinava al 40 % della media UE, in Lettonia al 35 %, e infine in Bulgaria e in Romania al 25 % della media.

2.8.2

L'allargamento avrà sulle disparità tra le regioni un impatto maggiore che sulle disparità tra i paesi. In base alle più recenti stime (2001), quasi 73 milioni di persone, che rappresentano il 19 % circa della popolazione dell'UE a 15, hanno un reddito pro capite inferiore al 75 % della media comunitaria. L'allargamento farà aumentare il numero di persone che vivono in regioni che hanno un PIL pro capite inferiore al 75 % della media UE a 15. Si tratta di circa 123 milioni di persone in una Unione a 25 e includendo anche la Bulgaria e la Romania, si arriverà a 153 milioni di persone, vale a dire più del doppio della cifra dell'UE a 15.

2.8.3

Nel rapporto si fa osservare che l'allargamento comporterà l'effetto statistico di ridurre il PIL pro capite medio. Se i criteri che determinano lo status di regione ammissibile all'Obiettivo 1 rimanessero invariati, alcune regioni non potrebbero più rientrare in tale obiettivo, anche senza variazioni del PIL pro capite (prima e dopo l'allargamento). In base alle stime più recenti, si troverebbero in questa situazione regioni tedesche, spagnole, greche, italiane e portoghesi.

3.   II PARTE – L'impatto delle politiche degli Stati membri sulla coesione

3.1

Nella II parte del rapporto si analizza il contributo delle politiche nazionali come politiche complementari della politica di coesione dell'Unione europea, nel senso che sia le politiche nazionali che la politica di coesione intendono contribuire non solo ad una più equa distribuzione del reddito e delle opportunità tra le regioni, ma anche ad uno sviluppo territoriale più equilibrato dei vari paesi e dell'UE nel suo complesso.

3.1.1

La Commissione rileva che le restrizioni imposte per ridurre la spesa pubblica costituiscono un incentivo a migliorare la qualità dei programmi, ma non è possibile sapere fino a che punto ciò si sia tradotto in una politica più efficace in termini di coesione regionale.

3.1.2

I dati relativi alla spesa pubblica nei vari Stati membri, anche se incompleti, indicano chiaramente che una parte sostanziale della spesa pubblica negli Stati membri dell'UE, in particolare nel campo della previdenza sociale, è legata al modello sociale europeo e, intenzionalmente o no, ha dato un contributo positivo alla riduzione delle disparità di reddito e ad un miglioramento delle opportunità.

3.1.3

Per quanto concerne le modifiche nella composizione della spesa pubblica si sottolinea che, nonostante l'invecchiamento della popolazione e l'aumento del numero di pensionati, nel periodo 1995-2002 si è registrata una tendenza alla riduzione delle spese per le prestazioni sociali in relazione al PIL. Tale tendenza riguarda tutta l'UE ad eccezione di Germania, Grecia, Portogallo e, in misura minore, l'Italia.

3.1.4

Nella sezione dedicata alla politica di sviluppo regionale negli Stati membri, nel rapporto si osserva che gli approcci in materia di sviluppo territoriale differiscono da paese a paese a causa sia di fattori istituzionali (in particolare il grado di decentramento della politica di sviluppo economico), sia di punti di vista diversi circa gli elementi che determinano lo sviluppo economico.

3.1.5

Il rapporto segnala che per il loro contributo alla creazione di posti di lavoro e per il fatto di costituire un meccanismo di trasferimento di tecnologie e know-how, le politiche di incentivo agli investimenti diretti esteri sono un elemento importante della strategia di sviluppo regionale; per tale motivo una parte significativa delle misure di sostegno regionale mira proprio ad aumentare la capacità delle regioni di attirare gli investitori stranieri.

3.1.6

Anche se incompleti, i dati indicano che i flussi di investimento tendono a localizzarsi in modo sproporzionato nelle regioni economicamente più dinamiche sia all'interno di un determinato paese sia nell'UE in generale.

3.1.7

In tal modo, i governi dei paesi della coesione, e anche quelli dei nuovi Stati membri e dei paesi candidati, si trovano dinanzi ad un dilemma particolare dovuto all'esistenza di un potenziale trade off tra la necessità di attirare investimenti nelle regioni meno sviluppate e la naturale tendenza degli investimenti a concentrarsi nelle regioni più dinamiche.

4.   III PARTE – L'impatto delle politiche comunitarie: competitività, occupazione e coesione

4.1

Il secondo rapporto aveva presentato l'impatto delle politiche comunitarie sulla coesione; il presente rapporto analizza, nella III parte, i principali cambiamenti intervenuti dal 2001, alla luce degli obiettivi definiti nella strategia di Lisbona e a Göteborg.

4.1.1

I risultati delle diverse iniziative intraprese nell'ambito della strategia di Lisbona segnalano progressi soprattutto nell'uso delle nuove tecnologie (scuole attrezzate con computer collegati ad Internet, sviluppo di servizi pubblici on line in tutti i nuovi Stati membri e nei paesi candidati, alcuni dei quali sono più avanzati di alcuni Stati membri dell'UE a 15 in determinati settori).

4.1.2

Nonostante l'esistenza di disparità tra gli Stati membri, il rapporto permette di prendere atto degli effetti positivi che la strategia europea per l'occupazione ha avuto sul mercato del lavoro (riduzione del tasso medio di disoccupazione nell'UE e aumento del tasso di occupazione della popolazione attiva).

4.1.3

Per quanto concerne il ruolo delle altre politiche comunitarie nel potenziamento della coesione economica e sociale, in particolare il ruolo delle politiche dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, della politica agricola, di quelle della pesca e dell'ambiente, si sottolinea lo sviluppo delle reti transeuropee dei trasporti, delle comunicazioni e dell'energia, le quali hanno consentito, soprattutto dal 1991, un aumento dell'accessibilità e che fanno sperare in ulteriori miglioramenti nei prossimi anni, segnatamente nei nuovi Stati membri e nei paesi candidati.

4.1.4

Tenendo conto del fatto che, conformemente al Protocollo di Kyoto, lo sviluppo sostenibile è una delle priorità della politica energetica, il rapporto segnala che lo sviluppo di nuove fonti di energia permetterà alle regioni periferiche di diversificare le loro fonti e di migliorare la loro qualità di vita. Gli investimenti a favore della protezione ambientale potranno anch'essi contribuire in modo estremamente positivo alla creazione di posti di lavoro.

4.1.5

Il rapporto prende atto dell'esistenza di complementarità tra gli aiuti di Stato e la politica di coesione e riconosce la necessità di controllare severamente tali aiuti al fine di raggiungere gli obiettivi fissati a Lisbona e a Göteborg. A tale scopo, gli Stati membri sono stati invitati a dare a tali aiuti un nuovo orientamento strategico verso settori orizzontali.

4.2

Si fa infine riferimento alla necessità di garantire un contesto ambientale sicuro, in cui le leggi siano rispettate, come presupposto di uno sviluppo economico sostenibile.

5.   IV PARTE – L'impatto e il valore aggiunto delle politiche strutturali

5.1

Questa parte del rapporto passa in rassegna i risultati degli interventi effettuati nell'ambito della politica di coesione nel periodo 1994-1999 e i primi risultati dell'applicazione di alcuni programmi relativi al periodo di programmazione 2000-2006. Vengono analizzati vari aspetti della politica di coesione, ad esempio il contributo delle politiche strutturali alla crescita sostenibile delle regioni in ritardo di sviluppo, gli effetti di dette politiche al di fuori delle regioni dell'obiettivo 1, il ruolo specifico del Fondo sociale europeo per quanto riguarda gli investimenti nel campo dell'istruzione, dell'occupazione e della formazione, il ruolo delle politiche strutturali al fine di promuovere la cooperazione e il contributo degli aiuti di pre-adesione nei nuovi Stati membri.

5.2

Si sottolineano in particolare i seguenti risultati:

5.2.1

tra il periodo 1989-1993 e 1994-1999, c'è stato in quasi tutti i paesi dell'Obiettivo 1 un notevole aumento degli investimenti pubblici.

5.2.2

I fondi strutturali hanno sostenuto lo sviluppo delle reti transeuropee dei trasporti, rendendo le regioni più attrattive e incrementando l'attività economica.

5.2.3

Va riconosciuto che l'investimento in infrastrutture e attrezzature da solo non basta per sviluppare una economia basata sulla conoscenza. Negli ultimi dieci anni, pertanto, le politiche strutturali hanno cercato di contribuire anche all'aumento della capacità di R e S, specie nelle regioni dell'Obiettivo 1.

5.2.4

Gli interventi strutturali hanno altresì dato un contributo positivo alla protezione dell'ambiente.

5.2.5

Recenti studi hanno analizzato la convergenza reale tra le regioni e hanno segnalato l'esistenza di una correlazione positiva tra l'ammontare degli aiuti strutturali e la crescita del PIL in termini reali.

5.2.6

In base a simulazioni effettuate sugli effetti macroeconomici delle politiche strutturali nel periodo 1994-1999, gli interventi strutturali hanno fatto sì che nel 1999 il PIL in termini reali aumentasse del 2,2 % in Grecia, dell'1, 4 % in Spagna, del 2,8 % in Irlanda e del 4,7 % in Portogallo. Queste differenze rispecchiano il diverso livello di apertura delle economie, più elevato negli ultimi due casi.

5.2.7

Gli interventi strutturali sono collegati ad un aumento significativo degli investimenti, in particolare nel campo delle infrastrutture e delle risorse umane; si stima che tale aumento nel 1999 sia stato del 24 % in Portogallo e del 18 % in Grecia.

5.2.8

L'esperienza ha mostrato che, in alcuni casi, i fondi strutturali hanno favorito la convergenza nazionale (Irlanda) mentre in altri casi tendono a neutralizzare gli effetti di una polarizzazione delle attività economiche (Spagna). Sempre l'esperienza indica tuttavia che l'esistenza di questo trade-off tra convergenza regionale e nazionale dipende soprattutto dalla distribuzione territoriale dell'attività economica e della popolazione nel paese interessato.

5.2.9

I fondi strutturali hanno anche contribuito ad una maggiore integrazione economica. Le economie europee si sono integrate maggiormente, grazie all'aumento dei flussi commerciali e di investimento. Negli ultimi dieci anni, il commercio tra i paesi della coesione e il resto dell'UE è più che duplicato. Questa situazione rispecchia inoltre i vantaggi che gli aiuti strutturali alle regioni meno ricche comportano per gli altri paesi dell'UE. Nel periodo 2002-2006, si calcola che circa un quarto della spesa (24,1 %) ritorna agli altri paesi europei, sostanzialmente sotto forma di un aumento delle loro esportazioni verso i paesi della coesione, soprattutto macchinari e attrezzature. Questa percentuale è particolarmente elevata in Grecia (42,3 % degli aiuti strutturali) e in Portogallo (35,2 %).

5.2.10

Oltre alle regioni dell'obiettivo 1, gli interventi a titolo dei fondi strutturali hanno anche contribuito allo sviluppo economico di altre regioni dell'UE che soffrono di problemi strutturali (zone industriali in declino, zone rurali). Il rapporto presenta i risultati di studi recenti sui principali effetti nel periodo 1994-1999. In questi anni, gli aiuti comunitari hanno dato un impulso alla ristrutturazione delle industrie tradizionali, alla diversificazione dell'attività economica e alla creazione di posti di lavoro nelle regioni destinatarie degli aiuti.

5.2.11

Alcuni studi particolareggiati rivelano che le spese per la R e S, l'innovazione e il trasferimento di tecnologie hanno avuto una particolare efficacia nella creazione di nuovi posti di lavoro nonché nella salvaguardia di quelli già esistenti. Tuttavia, la capacità di innovazione nelle regioni succitate continua ad essere, tranne poche eccezioni, più bassa rispetto alle regioni più sviluppate dell'UE. Questa situazione contrasta con la dotazione di infrastrutture, in particolare sistemi di trasporti e telecomunicazioni, e di risorse umane. Sono stati inoltre condotti sforzi notevoli nella riconversione di vecchie zone industriali e nel miglioramento dell'ambiente, in particolare nelle aree urbane.

5.2.12

Per quanto concerne gli aiuti all'agricoltura, allo sviluppo rurale e alla pesca, il rapporto presenta, tra gli altri, i risultati delle misure nell'ambito dell'Obiettivo 5a e 5b nel periodo 1994-1999.

5.2.13

Una parte sostanziale delle risorse a titolo del Fondo sociale europeo (FSE) è servita per aiutare regioni dell'UE diverse da quelle dell'Obiettivo 1. Nel periodo 1994-1999, gli aiuti del FSE a favore delle regioni degli Obiettivi 3 e 4 hanno prodotto effetti positivi in termini di riduzione della disoccupazione, specie quella di lunga durata, di situazione delle minoranze etniche e di pari opportunità tra i sessi.

5.2.14

Alcune iniziative comunitarie volte a promuovere la cooperazione e le reti di collegamento hanno costituito un importante complemento della politica di coesione. Il programma Interreg II ha contribuito allo sviluppo di relazioni tra i paesi, allo scambio di esperienze tra le regioni e alla diffusione di conoscenze. Tuttavia, i risultati in termini di riduzione dell'isolamento non sono stati univoci: alcune regioni hanno sviluppato notevolmente i collegamenti via terra e i servizi portuali (è il caso della Grecia, della Germania e della Finlandia) mentre in altre zone di frontiera (ad esempio Portogallo/Spagna) gli effetti sono stati più limitati.

5.2.15

Il rapporto sottolinea anche il contributo dell'iniziativa comunitaria URBAN allo sviluppo delle zone urbane e al miglioramento della qualità della vita.

5.2.16

Il rapporto prende atto del fatto che l'allargamento rappresenta un'ulteriore sfida per la politica di coesione. La Commissione riconosce che il sostegno dei fondi strutturali avrà una importanza cruciale per i nuovi Stati membri in quanto rafforzerà la loro competitività e avvicinerà il loro PIL pro capite a quello del resto dell'UE. È però necessaria, da parte di questi paesi, una adeguata preparazione in termini di capacità amministrativa e di gestione degli stanziamenti ricevuti. Gli aiuti di pre-adesione costituiscono, in parte, un esercizio di apprendimento per i paesi interessati su come utilizzare efficacemente gli aiuti finanziari, prima di ricevere un volume più ingente di fondi. Tuttavia, dopo il 2006, dovranno potenziare ulteriormente la capacità amministrativa e operare un maggiore decentramento nell'applicazione dei programmi.

6.   Osservazioni del Comitato economico e sociale europeo

6.1

I risultati illustrati nel rapporto rivelano che la politica di coesione ha avuto effetti positivi molto evidenti.

6.2

Il CESE esprime tuttavia la sua preoccupazione circa il fatto che il raggiungimento degli obiettivi della politica di coesione risulta più evidente in materia di coesione tra gli Stati membri che tra le regioni. Nonostante i progressi ottenuti, continuano a sussistere disparità regionali nello sviluppo economico e sociale. Il CESE avverte che l'allargamento renderà ancora maggiori queste disparità e rappresenterà dunque una sfida importante per la politica di coesione.

6.3

Il CESE è d'accordo sul fatto che l'allargamento comporterà una notevole espansione del mercato interno comunitario, offrendo nuove opportunità, ma ritiene che avrà un impatto diverso nei vari paesi dell'UE. Data la crescente interdipendenza in termini di commercio e di investimenti, lo sviluppo economico nei nuovi Stati membri potrà sostenere tassi elevati di crescita in tutta l'UE (è stato accertato che i fondi strutturali contribuiscono ad una maggiore integrazione economica, grazie anche a un aumento dei flussi commerciali e d'investimento).

6.4

Il CESE rileva anche che dei fondi strutturali non beneficiano solo le regioni ammissibili agli aiuti. Una parte sostanziale degli aiuti diretti alle regioni in ritardo di sviluppo ritorna alle regioni più sviluppate dell'Unione europea sotto forma di un aumento delle loro esportazioni. Nel periodo 2000-2006, le stime rivelano che questo effetto di ritorno concerne circa un quarto (24,1 %) degli interventi strutturali nell'ambito dell'Obiettivo 1. Nel lungo periodo, l'effetto di sviluppo generato in queste regioni aprirà anche nuovi mercati per le regioni e paesi che sono contribuenti netti e avrà così conseguenze positive sulle loro economie.

6.5

I dati suggeriscono che i flussi di investimento tendono a localizzarsi in maniera sproporzionata nelle regioni economicamente più dinamiche di un determinato paese o dell'Unione europea in generale, il che crea un particolare dilemma per i governi dei paesi della coesione e dei paesi candidati.

6.6

Per il raggiungimento dell'obiettivo della coesione, si rivela positivo il coordinamento delle diverse politiche settoriali della Comunità, in particolare le politiche agricole, della pesca, dei trasporti, della ricerca e della tecnologia, dell'istruzione e della formazione professionale.

6.7

Il Comitato riconosce inoltre l'importanza degli aiuti comunitari destinati alle regioni al di fuori dell'Obiettivo 1, al fine di ridurre le disparità economiche e sociali.

6.8

Il rallentamento della crescita economica ha avuto, in generale, conseguenze negative sull'occupazione. Il tasso di occupazione nell'UE a 15 è ancora molto al di sotto dell'obiettivo ambizioso fissato dal Consiglio europeo di Lisbona. Tuttavia, il suo valore medio nasconde differenze sostanziali in tutta l'Unione.

6.9

Le tendenze demografiche, in particolare l'invecchiamento della popolazione attiva, influenzano profondamente le prospettive del mercato del lavoro nell'UE e mettono in evidenza la necessità di potenziare la formazione e l'apprendimento continui.

6.10

Le prospettive demografiche sottolineano l'importanza di conseguire un elevato livello di occupazione nei prossimi anni in modo da prevenire un inasprimento delle tensioni sociali. A tale aumento dell'occupazione dovrà accompagnarsi un aumento sostenuto della produttività.

6.11

Appare a tutti necessario concentrare l'economia europea sulle attività basate sulla conoscenza, l'innovazione e le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione, al fine di renderla più competitiva, aumentare l'occupazione e migliorare il tenore di vita. Bisogna in altre parole realizzare concretamente gli obiettivi fissati dalla Strategia di Lisbona.

7.   Priorità della politica di coesione

7.1

Il CESE approva la nuova struttura definita per la politica di coesione dell'UE per il periodo successivo al 2006, la quale è incentrata su un numero limitato di priorità (I – Convergenza; II – Competitività regionale e occupazione; III – Cooperazione territoriale europea) e la cui applicazione concreta si basa sulla strategie di Lisbona e Göteborg, a livello locale e regionale.

7.2

Il CESE ritiene che i dati presentati nel rapporto mettano in evidenza la necessità di perseguire con maggiore sforzo l'obiettivo di coesione in una Unione allargata; pertanto è d'accordo che l'obiettivo della convergenza sia innanzi tutto destinato a sostenere le regioni con un PIL pro capite inferiore al 75 % della media comunitaria e approva il trattamento speciale rivolto alle regioni colpite dal cosiddetto «effetto statistico», per le quali è previsto un sostegno più elevato di quello deciso nel 1999 a favore delle regioni in regime di phasing out.

7.3

Il CESE accoglie favorevolmente la proposta di destinare il Fondo di coesione all'obiettivo della convergenza e ritiene che tale fondo debba continuare a funzionare in base a criteri nazionali (Stati membri con un RNL inferiore al 90 % della media comunitaria) piuttosto che in base a criteri regionali.

7.4

Il CESE è d'accordo con l'impostazione della politica di coesione non destinata agli Stati membri e alle regioni meno sviluppati (in particolare favorire la competitività, ridurre le disparità tra le regioni ed accompagnare la Strategia europea per l'occupazione) e approva la concentrazione tematica su un numero limitato di argomenti prioritari in materia di competitività (economia basata sulla conoscenza, accessibilità, ambiente e servizi di interesse generale).

7.5

È inoltre d'accordo che, per quanto concerne la seconda priorità, venga riservato un trattamento speciale alle regioni attualmente ammissibili a titolo dell'Obiettivo 1 e che non soddisfano i criteri di ammissibilità nell'ambito della priorità Convergenza, le quali godranno di un maggiore sostegno durante un periodo di transizione (phasing in).

7.6

Il sostegno alla cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale si è dimostrato importante per l'integrazione territoriale europea. Il CESE pertanto appoggia la proposta della Commissione di creare un nuovo obiettivo, avvalendosi dell'esperienza acquisita con l'iniziativa Interreg. Questo obiettivo, destinato alla cooperazione territoriale mantiene la dimensione transfrontaliera, interregionale e transnazionale e la possibilità che gli Stati membri inseriscano le regioni marittime nella dimensione transfrontaliera. Prevede inoltre che le regioni che hanno frontiere in comune con i nuovi stati membri debbano adattarsi alla nuova situazione, ragion per cui dovrebbe essere creato un programma speciale per queste regioni. Il CESE approva il netto aumento delle risorse finanziarie destinate all'obiettivo Cooperazione territoriale europea rispetto a quanto precedentemente attribuito al programma Interreg.

7.7

Accoglie favorevolmente l'intenzione della Commissione di proporre la creazione di un nuovo strumento giuridico sotto forma di «enti regionali transfrontalieri» in modo da facilitare la cooperazione tra gli Stati membri e gli enti locali e rafforzare i collegamenti con le frontiere esterne, soprattutto con i nuovi vicini.

7.8

È d'accordo con la Commissione quando afferma che i programmi devono generalmente prevedere una risposta integrata alle specificità territoriali e non dimenticare che essi devono integrare la necessità di combattere i diversi tipi di discriminazione sociale.

7.9

Accoglie favorevolmente l'importanza attribuita alla dimensione urbana con l'integrazione nei programmi di azioni in questo settore, con la particolare rilevanza attribuita ai problemi delle città e con il riconoscimento del ruolo di queste ultime come elementi propulsivi dello sviluppo regionale. Al pari della Commissione, il CESE riconosce che la cooperazione tra città è un elemento chiave della cooperazione territoriale.

7.10

Il CESE giudica particolarmente significativa la garanzia che i nuovi strumenti utilizzati nelle zone rurali saranno integrati nella Politica agricola comune, mantenendo l'attuale livello di concentrazione degli aiuti nelle regioni e nei paesi meno sviluppati che rientrano nei programmi di convergenza. Richiama altresì l'attenzione sul fatto che il sostegno necessario alle summenzionate regioni rurali deve comprendere non solo progetti agricoli, ma anche altri progetti che permettano lo sviluppo del mondo rurale.

8.   Sistema di gestione

8.1

Il CESE approva che il numero di strumenti finanziari per la politica di coesione sia limitato a tre (FESR, FSE e Fondo di coesione) e condivide il principio di ridurre sia gli obiettivi sia gli strumenti finanziari ad essi collegati; questo contribuirà a rendere la programmazione più semplice ed efficace.

8.2

È favorevole al rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri, gli enti locali e gli interlocutori economici e sociali.

8.3

Approva l'importanza di effettuare una valutazione periodica dell'impatto territoriale della politica regionale, procedendo, come auspicato dalla Commissione, anche alla valutazione dell'impatto sull'evoluzione degli scambi commerciali.

8.4

Per il CESE è importante che nei futuri rapporti la Commissione attribuisca maggiore rilevanza alle pari opportunità tra i sessi e alla valutazione del contributo fornito dalla politica di coesione al raggiungimento di questo obiettivo

8.5

Per quanto concerne il sistema di gestione, il CESE concorda con il mantenimento dei quattro principi (Programmazione, Partenariato, Concentrazione e Addizionalità) e con una semplificazione del sistema basata su un maggior decentramento. Ritiene tuttavia che un più ampio decentramento non debba mettere in discussione la necessità che la Commissione segua da vicino l'esecuzione dei programmi, garantendo la coerenza della politica regionale a livello comunitario ed evitando che vengano aggirati i rispettivi obiettivi. La Commissione deve pertanto operare uno stretto controllo non solo per garantire la corretta applicazione dei fondi in modo da eliminare deviazioni, ma anche per verificare che i progetti finanziati rispondano ai compiti per i quali sono stati elaborati.

9.   Il partenariato quale strumento di attuazione dei fondi strutturali

9.1

Il Comitato sottoscrive il contenuto del proprio parere «Il partenariato quale strumento di attuazione dei fondi strutturali» (1), nel cui ambito assumono particolare rilievo le seguenti idee:

9.2

È indispensabile riflettere sui comitati di sorveglianza previsti dall'articolo 35 del regolamento sui fondi strutturali. Le nuove importanti funzioni attribuite a questi organismi, o a quelli che li sostituiranno, richiedono una revisione dei meccanismi di partecipazione delle parti sociali.

9.3

Occorre, prima di tutto, che la presenza delle parti economiche e sociali nei comitati di sorveglianza sia resa obbligatoria e sia valorizzata con l'attribuzione del diritto di voto, in modo da chiarire la posizione di tali parti in relazione agli argomenti discussi in seno a questi organi.

9.4

La Commissione dovrebbe incaricare l'elaborazione di uno studio aggiornato dei diversi tipi di modelli di partecipazione utilizzati a livello nazionale e regionale, cercando di valutare e diffondere, tramite questa attività d'informazione, un insieme di pratiche meno note ma di grande rilevanza per il futuro.

9.5

Il CESE giudica indispensabile garantire l'indipendenza di coloro che valutano un certo programma rispetto all'autorità nazionale responsabile della sua esecuzione. Anche in questo caso, le parti istituzionali e quelle economiche e sociali potranno avere un ruolo più importante grazie alla conoscenza acquisita dei risultati raggiunti nei diversi interventi.

9.6

Il CESE giudica di importanza fondamentale la scelta delle parti e la trasparenza in materia di funzioni e responsabilità.

9.7

La compatibilità o meno di un coinvolgimento effettivo delle parti nelle varie fasi di attuazione dei programmi con il ruolo di promotori di progetti comporta la necessità di stabilire regole che definiscano la selezione delle parti, in modo da escludere dal partenariato organismi che dipendono dallo Stato e la cui libertà d'azione è, per questo motivo, limitata sul piano funzionale o strutturale.

9.8

Oltre alle tradizionali componenti delle parti economiche e sociali (sindacati dei lavoratori, associazioni degli industriali, degli agricoltori, degli artigiani e dei commercianti, terzo settore, cooperative, ecc.) è importante incrementare il coinvolgimento, nelle politiche strutturali comunitarie, delle cosiddette autonomie funzionali come le camere di commercio, le università, gli istituti per l'edilizia residenziale pubblica ecc.

9.9

La composizione del partenariato e l'eventuale inefficacia delle procedure dovuta all'accumulazione di funzioni incompatibili con la trasparenza e l'indipendenza delle decisioni possono rivelarsi negative. Un esempio è il coinvolgimento delle stesse persone, spesso addirittura dei beneficiari dei programmi, alle fasi di programmazione, sorveglianza e/o valutazione.

9.10

Spesso sembra che possano crearsi incompatibilità o conflitti di interessi quando colui che prende le decisioni è anche il beneficiario dei fondi strutturali.

9.11

Il CESE ritiene inoltre che le parti economiche e sociali debbano avere accesso al finanziamento e alla formazione per svolgere pienamente le funzioni loro assegnate. Si tratta di una pratica finora molto rara o praticamente inesistente.

9.12

La debole partecipazione delle parti è in certi casi dovuta alla carenza, in termini numerici o di preparazione, di esperti che partecipino attivamente ai forum organizzati nell'ambito dei fondi comunitari, forum ai quali avrebbero il diritto e il dovere di partecipare.

9.13

Il CESE ritiene che gli Stati membri debbano prestare particolare attenzione a tutta la procedura burocratica, la quale deve essere ridotta allo stretto necessario. Spesso è la complessità amministrativa, esagerata e sproporzionata, a mettere in causa il principio stesso di partenariato, in quanto crea ostacoli e pratiche che molto spesso si rivelano controproducenti.

9.14

Il Comitato considera importanti i vantaggi dell'istituzione di un parametro minimo di partecipazione, da disciplinare con un regolamento comunitario, lasciando invece agli Stati membri la facoltà di fissare livelli più elevati di partecipazione mediante disposizioni normative o regolamentari nazionali. Le norme da stabilire dovranno consentire una più ampia informazione e promuovere forme più intense, stabili e permanenti di coinvolgimento degli interlocutori economici e sociali.

9.15

Il ruolo delle parti economiche e sociali, il contenuto delle proposte e le procedure di partecipazione sono per forza di cose diversi nelle fasi di preparazione, di finanziamento, di sorveglianza e valutazione degli interventi strutturali della Comunità. È per questo importante chiarire cosa ci si attende dai partner, le disposizioni che questi devono prendere per garantire il maggior successo possibile dei programmi, a quali livelli si articola l'attività del partenariato e quali sono gli organi politici e tecnici in cui i partner devono essere presenti.

9.16

Il partenariato riveste importanza decisiva in due fasi degli interventi strutturali:

nella fase politica di programmazione dei fondi e delle scelte generali, sia a livello comunitario sia a livello degli Stati membri,

nella fase di sorveglianza e valutazione degli interventi.

10.   Contributi del CESE al dibattito in corso e alla creazione di un nuovo partenariato per la coesione – Convergenza, Competitività e Cooperazione

10.1   Priorità della politica di coesione

10.1.1

Il CESE accoglie favorevolmente l'intenzione della Commissione di stabilire, nel quadro della Convergenza, un meccanismo specifico per compensare tutti i punti deboli delle regioni ultraperiferiche e delle regioni che presentano handicap strutturali permanenti.

10.1.2

Raccomanda di analizzare, nell'ambito della strategia di sostegno alle diverse regioni, fino a che punto i dati quantitativi disponibili riflettano fedelmente i progressi in campo economico e sociale, e non siano invece il risultato dell'impatto statistico di fattori esterni spesso irrilevanti per la realtà economica e sociale di dette regioni. È il caso dei sistemi off-shore, che distorcono gli indicatori esistenti.

10.2   Complementarità delle politiche settoriali della Comunità

10.2.1

Il CESE richiama l'attenzione sulla complementarità delle politiche settoriali della Comunità a favore dell'obiettivo della coesione, in particolare nei settori della R e S, della società dell'informazione e dei trasporti. Approva l'intenzione di considerare la coerenza tra coesione e politica di concorrenza come un elemento fondamentale delle diverse politiche comunitarie.

10.2.2

Nel constatare che più del 50 % dei fondi destinati alla R e S si concentra in un numero estremamente ridotto di regioni dell'UE, il CESE insiste che la complementarità con le politiche settoriali deve impedire questa eccessiva concentrazione e contribuire a rafforzare gli incentivi al trasferimento di tecnologie tra le regioni.

10.3   Bilancio

10.3.1

Tenendo conto delle aspettative che gli Stati membri nutrono nei confronti dell'UE in relazione agli obiettivi dell'allargamento e della Strategia di Lisbona, è poco ragionevole pensare che le risorse possano essere mantenute allo stesso livello. Nei pareri elaborati negli ultimi anni, il CESE ha chiesto di elevare il tetto del bilancio comunitario. Considerando il limite dell'1,24 % imposto dalla Commissione nel quadro delle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013, il CESE ritiene che lo 0,41 % consacrato alla politica di coesione (0,46 % prima dei trasferimenti destinati allo sviluppo rurale e alla pesca) sia semplicemente il risultato della fissazione di un tetto delle risorse totali ad un livello che giudica del tutto insufficiente per poter conseguire gli ambiziosi obiettivi proposti.

10.3.1.1

In questa situazione, e considerando che risulteranno necessarie maggiori risorse finanziarie per far fronte all'aumento delle disparità regionali causato dall'allargamento, saranno soprattutto le regioni attualmente beneficiarie della politica di coesione a dover sostenere i costi dell'allargamento, attraverso una riduzione degli aiuti comunitari loro destinati.

10.3.1.2

Per il CESE, questa è una situazione insostenibile sul piano politico ed economico in quanto assolutamente contraria a qualsiasi principio di equità nella ripartizione dei costi dell'allargamento.

10.3.1.3

Pertanto, il CESE non capisce come sarà possibile rendere l'obiettivo politico assunto all'unanimità con l'allargamento e l'approfondimento dell'Unione compatibile con il mantenimento, o addirittura con la riduzione dello sforzo finanziario che lo stesso allargamento esige da parte degli Stati membri. Il CESE si oppone ad una visione riduttiva della costruzione europea, che si giustifica solo con l'esistenza di problemi congiunturali e con la mancanza di una visione futura da parte di alcune delle principali parti in causa in questo processo.

11.   Altre raccomandazioni

11.1

Il CESE ritiene della massima importanza definire con la maggiore obiettività e il maggior rigore possibili i criteri economici, sociali e territoriali in base ai quali saranno distribuite tra gli Stati membri le risorse destinate alla Priorità «Competitività regionale e occupazione» Una particolare attenzione va attribuita non solo agli indicatori economici ma anche a quelli sociali.

11.2

Per quanto concerne l'esecuzione dei Fondi, il CESE giudica sempre più indispensabile stabilire nuove forme di coinvolgimento delle parti istituzionali, economiche e sociali che vadano ben al di là di una partecipazione agli organi di programmazione, gestione, sorveglianza e valutazione.

11.3

Il consolidamento di meccanismi collegati alle sovvenzioni globali rappresenta in tale contesto un metodo da potenziare, imponendo agli Stati membri la necessità di adottare questo tipo di modelli, per lo meno in alcuni Quadri comunitari di sostegno per i vantaggi che ne potranno derivare in termini di minore burocrazia, rapidità e non intervento dei bilanci degli Stati membri, tenendo conto dei vincoli generalizzati che attualmente gravano sulle finanze pubbliche.

11.4

Devono inoltre essere incentivati i partenariati tra pubblico e privato, una maniera di superare tali vincoli a livello di finanze pubbliche e di garantire inoltre il loro finanziamento a lungo termine.

11.5

Il CESE ritiene necessario prevedere un inasprimento delle norme contro gli abusi relativi alla delocalizzazione delle imprese introducendo in particolare la fissazione di sanzioni elevate e prevedendo la restituzione degli aiuti ricevuti qualora si provasse che la delocalizzazione non è dovuta alla mancanza di vitalità delle unità produttive bensì all'intenzione di beneficiare di ulteriori aiuti.

11.6

Reputa inoltre opportuno che, nell'ambito del sostegno alle imprese, venga attribuita importanza alle PMI, riconoscendone il ruolo nel tessuto socioeconomico, in particolare per quanto concerne la capacità di creare posti di lavoro e ricchezza, e tenendo conto del loro «impegno» per lo sviluppo della regione in cui sono localizzate.

11.7

Infine, l'ambizione di perseguire una politica di coesione economica, sociale e territoriale nel contesto di una Europa allargata rappresenta certamente una delle sfide principali alle quali l'UE dovrà rispondere. Dato che la politica di coesione costituisce un pilastro essenziale dell'integrazione tra i popoli e i territori dell'Unione europea, il CESE rivolge un particolare invito agli Stati membri affinché portino a buon fine questa riforma, alla luce in particolare degli insuccessi recenti nel processo di costruzione europea, in modo da recuperare la fiducia dei cittadini a tale riguardo.

11.8

Per il CESE è fondamentale che gli Stati membri proseguano, o addirittura potenzino, al loro livello, gli sforzi in materia di coesione, indipendentemente da quelli portati avanti a livello comunitario.

11.9

La nuova struttura e le nuove priorità della politica comunitaria di coesione sono condizionate dall'allargamento e dalle limitate risorse a disposizione, e non dal fatto che le disparità regionali e sociali siano state eliminate. Pertanto, alcuni Stati membri e alcune regioni che finora hanno ampiamente beneficiato della politica europea di coesione, man mano non saranno più considerati ammissibili a ricevere una parte sostanziale degli strumenti disponibili. Questo naturalmente non significa che abbiano già raggiunto il livello auspicato di sviluppo e coesione, e quindi dovranno essere oggetto di debita attenzione nell'ambito delle politiche di bilancio nazionali.

Bruxelles, 30 giugno 2004.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Roger BRIESCH


(1)  Il punto 9 è ripreso dal parere del CESE «Il partenariato quale strumento di attuazione dei fondi strutturali», (ECO/106) GU C 10 del 14.1.2004, pag. 21.