Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive /* COM/2003/0319 def. - COD 2003/0107 */
Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive (presentata dalla Commissione) RELAZIONE 1. Considerazioni politiche I rifiuti delle industrie estrattive rappresentano un flusso di rifiuti quantitativamente rilevante nell'UE. Sono formati dal materiale rimosso per accedere alle risorse minerali, quali il topsoil, lo strato di copertura e la roccia sterile, nonché dagli sterili, cioè dai residui di roccia da cui è stata estratta gran parte del minerale utile. Si calcola che tali rifiuti rappresentino circa il 29% del totale dei rifiuti prodotti ogni anno nell'UE e che il loro volume annuo superi i 400 milioni di tonnellate [1]. [1] Dati dell'AEA, http://themes.eea.eu.int/ Environmental_issues/waste/indicators/generation/index_html. Una parte di questi rifiuti è inerte, quindi non dovrebbe presentare rischi significativi di inquinamento ambientale, ad esclusione dei rischi di ostruzione dei letti dei fiumi e l'eventuale crollo se vengono stoccati in notevoli quantità. Altre frazioni, invece - in particolare quelle generate dall'estrazione di metalli non ferrosi - possono contenere notevoli quantità di sostanze pericolose, ad esempio metalli pesanti. La disponibilità chimica dei metalli e dei composti metallici tende ad aumentare con l'estrazione e la successiva lavorazione dei minerali: da questo possono avere origine fenomeni di drenaggio acido o alcalino. Inoltre, la gestione degli sterili è un'attività intrinsecamente rischiosa anche per la presenza, in molti casi, di residui delle sostanze chimiche di processo impiegate nonché di livelli elevati di metalli. In molti casi gli sterili vengono depositati in cumuli o grandi bacini contenuti da dighe. Il crollo di dighe o cumuli può avere gravi conseguenze sull'ambiente e sulla salute e la sicurezza delle persone [2], come dimostrano gli incidenti verificatisi ad Aberfan (Galles, 1966) [3], Stava (Italia, 1985) [4], Aznalcóllar (Spagna, 1998) [5], Baia Mare e Baia Borsa (Romania, 2000) [6]. Altre probabili ripercussioni significative sono legate all'impronta ambientale delle strutture di smaltimento dei rifiuti e quindi alla perdita di produttività del terreno, agli effetti sugli ecosistemi, alla polvere e all'erosione. [2] Giova ricordare che, a livello mondiale, negli ultimi 30 anni si sono verificati ogni anno in media 1,7 crolli di dighe di contenimento degli sterili (vedi A.D.M. Penman, Risk analyses of tailings dams constructions, intervento presentato al convegno "Safe Tailings Dams Constructions" svoltosi dal 19 al 21 settembre 2001 a Gaellivare (Svezia), [3] Il peggior incidente nella storia del Regno Unito ebbe luogo ad Aberfan (Galles) nel 1966 in seguito al crollo di un cumulo di rifiuti inerti provenienti da una miniera di carbone, che causò la morte di 144 persone, in gran parte bambini. [4] Il 19 luglio 1985 a Stava, Trento, un bacino di decantazione per sterili di fluorite ha ceduto, rilasciando 200 000 m3 di sterili; l'incidente ha causato 268 morti e la distruzione di 62 edifici. [5] A seguito di questo incidente nel fiume Guadiamar sono stati immessi 2 milioni di m3 di sterili e 4 milioni di m3 di acqua contaminata da metalli pesanti in una zona vicina al parco naturale Doñana, nell'Andalusia meridionale. [6] A Baia Mare, l'esplosione in un bacino di decantazione ha fatto sì che circa 100 000 m3 di acque reflue contenenti fino a 120 tonnellate di cianuro e metalli pesanti si riversassero nel fiume Lapus, proseguissero il cammino fino ai fiumi Someo e Tisa in Ungheria prima di immettersi nel Danubio. A Baia Borsa 20 000 tonnellate di sterili si sono riversate nel Novat, affluente dei fiumi Viseu e Tisa. Le ripercussioni ambientali e socioeconomiche possono durare a lungo nel tempo e gli interventi correttivi, oltre ad essere estremamente difficili da attuare, possono comportare costi elevatissimi. Per questo è indispensabile gestire in modo corretto i rifiuti delle industrie estrattive, al fine di garantire in particolare la stabilità a lungo termine delle strutture di smaltimento e di prevenire o ridurre al minimo l'inquinamento delle acque e del suolo dovuto al drenaggio acido o alcalino e alla lisciviazione di metalli pesanti. Questi aspetti, in particolare la stabilità e l'inquinamento delle acque e del suolo, sono già regolamentati nella maggior parte degli Stati membri. Tuttavia, dato il carattere multiforme dei controlli e la diversità dell'industria estrattiva, in cui operano società che vanno dalle grandissime multinazionali alle PMI, appare necessario istituire requisiti minimi attraverso una normativa comunitaria che, precisando e rendendo più incisivi gli obblighi legati alla progettazione, alla gestione e alla chiusura delle strutture di gestione dei rifiuti, nonché agli interventi successivi alla chiusura, crei condizioni uniformi in materia di gestione dei rifiuti dell'industria estrattiva. Ciò risulta particolarmente importante in vista del futuro allargamento dell'UE, dato il numero di siti estrattivi presenti in diversi paesi candidati e tenuto conto della necessità di innalzare gli standard. Dal punto di vista giuridico [7], i rifiuti delle industrie estrattive sono soggetti alle disposizioni generali della direttiva quadro sui rifiuti (75/442/CEE) se non rientrano in altre norme comunitarie specifiche. Il fatto che la direttiva 75/442/CEE preveda espressamente l'esclusione di questo flusso di rifiuti e preveda l'emanazione di norme specifiche per determinate categorie di rifiuti depone a favore dell'adozione di uno strumento giuridico ad hoc per la gestione dei rifiuti delle industrie estrattive. Ancora più importante è il fatto che le strutture per lo smaltimento dei rifiuti delle industrie estrattive sono disciplinate anche dalla direttiva sulle discariche (1999/31/CE), le cui disposizioni (in particolare, il divieto di smaltimento dei rifiuti liquidi in discarica, il divieto generale di smaltimento di rifiuti pericolosi insieme a rifiuti non pericolosi, l'obbligo di installare una barriera e un rivestimento sotto la discarica) non risultano sempre adeguate per questo flusso di rifiuti tanto che, se fossero applicate integralmente, determinerebbero con ogni probabilità la chiusura di diverse attività estrattive. Per risolvere questo problema, è quindi necessario istituire un quadro giuridico appropriato che esenti le industrie estrattive dalle disposizioni della direttiva sulle discariche e che parallelamente introduca disposizioni ad hoc. [7] Gli aspetti giuridici sono trattati in maniera particolareggiata nel punto 5 della relazione. Questa proposta, che scaturisce da una comunicazione della Commissione intitolata "Sicurezza delle attività minerarie: situazione dopo i recenti incidenti" dell'ottobre 2000 [8], fa seguito ai già citati incidenti minerari verificatisi recentemente in Spagna e Romania e segnala la necessità di una revisione della politica ambientale comunitaria in relazione alla gestione dei rifiuti delle miniere e delle cave. [8] COM(2000)664 def. La comunicazione definisce tre azioni prioritarie intese a rendere più sicura la gestione dei rifiuti minerari. Tali azioni sono: a) una modifica della direttiva Seveso II [9] al fine di includere nel suo campo di applicazione la gestione dei rifiuti di miniera e la lavorazione dei minerali; b) un'iniziativa volta a promuovere l'elaborazione di una nuova direttiva sulla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive (la presente proposta) e c) la stesura di un documento sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per la gestione della roccia sterile e degli sterili nelle attività minerarie. Gli orientamenti espressi nella comunicazione hanno ricevuto l'avallo della task force internazionale incaricata di valutare l'incidente di Baia Mare [10]. Anche il Parlamento europeo nel 2001 si è espresso a favore della comunicazione [11], sostenendo con decisione la necessità di una direttiva sui rifiuti delle industrie estrattive. [9] Direttiva 96/82/CE del Consiglio, del 9 dicembre 1996, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose (GU L 10 del 14.1.1997, pag. 13). [10] Report of the International Task Force for Assessing the Baia Mare Accident, dicembre 2000. [11] Risoluzione del Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione concernente la sicurezza delle attività minerarie: situazione dopo i recenti incidenti, A5-0214/2001 del 19 giugno 2001. La presente proposta di direttiva sulla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive mira ad istituire un quadro giuridico specifico per questo particolare flusso di rifiuti a complemento ed integrazione delle altre due azioni prioritarie. Contiene disposizioni con cui la Commissione intende onorare l'impegno, assunto all'epoca dell'adozione della proposta [12] di modifica della direttiva Seveso II (dicembre 2001) [13], ad inserire talune attività estrattive nel campo di applicazione della medesima direttiva. [12] COM(2001)624 def. [13] Nella relazione della proposta di modifica della direttiva Seveso II si legge: "La Commissione è consapevole del fatto che la sua proposta potrebbe non riguardare gli impianti di smaltimento degli sterili utilizzati in relazione alle operazioni di lavorazione meccanica e che non contengono sostanze pericolose diverse da quelle presenti naturalmente nel suolo o nel sottosuolo, come i metalli pesanti. Per questo propone di trattare gli aspetti legati alla sicurezza di tali impianti nell'ambito dell'iniziativa sulla gestione dei rifiuti di miniera". Un documento sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per la gestione della roccia sterile e degli sterili è attualmente in fase di elaborazione presso l'ufficio europeo IPPC di Siviglia, Spagna, con il contributo attivo di rappresentanti degli Stati membri e dell'industria. Il documento dovrebbe essere ultimato entro la fine del 2003 [14]. [14] Per ulteriori informazioni circa il documento sulle BAT, v. http://eippcb.jrc.es/pages/ FActivities.htm. 2. Obiettivi ed elementi principali della proposta Scopo di questa proposta è stabilire prescrizioni minime atte a migliorare la gestione dei rifiuti provenienti dalle industrie estrattive, e in modo specifico ridurre i rischi per l'ambiente e la salute umana che potrebbero derivare dal trattamento e dallo smaltimento di tali rifiuti. Promuovendo in particolare il recupero dei rifiuti, la proposta mira a contribuire alla conservazione delle risorse e quindi ad allentare la pressione sullo sfruttamento dei materiali naturali vergini. L'incentivazione del recupero potrebbe anche diminuire l'impatto complessivo sull'ambiente, in quanto riduce la necessità di aprire nuove miniere. La proposta si applica ai rifiuti provenienti da tutti i settori dell'industria estrattiva. Tuttavia, le disposizioni in essa contenute dovrebbero avere conseguenze soprattutto sui settori in cui verosimilmente sono maggiori i pericoli per l'ambiente e la salute o i rischi di incidenti rilevanti (ad esempio il settore dell'estrazione dei metalli, specialmente allorché fa uso di sostanze pericolose). Per evitare inutili ripetizioni ed assicurare la proporzionalità delle prescrizioni amministrative, sono esclusi dal campo di applicazione i rifiuti che presentano un rischio ambientale modesto, quali la terra non inquinata e i rifiuti derivanti da attività di prospezione mineraria, mentre i rifiuti inerti sono disciplinati da un numero limitato di disposizioni. Risultano esclusi anche i rifiuti che, benché prodotti nelle attività di estrazione o nelle operazioni di trattamento, sarebbe inopportuno assoggettare alle disposizioni di questa proposta, ad esempio i rifiuti alimentari o i rifiuti prodotti dalle attività in alto mare. Gli obiettivi e le prescrizioni essenziali in materia di gestione dei rifiuti sono contenuti nel corpo della proposta. Completano le disposizioni giuridiche tre allegati, in cui sono contenute le prescrizioni tecniche dettagliate che potranno essere adeguate al processo scientifico mediante ricorso a una procedura di comitato, alla luce dei risultati del documento sulle BAT riguardanti la gestione degli sterili e della roccia sterile. La proposta è incentrata in modo specifico sui seguenti aspetti: -questioni operative connesse alla gestione dei rifiuti, -prevenzione dell'inquinamento del suolo e delle acque, -misure atte a garantire la stabilità delle strutture di smaltimento dei rifiuti (in particolare i bacini di decantazione degli sterili). La proposta prevede: -una serie di condizioni a cui assoggettare le autorizzazioni all'esercizio affinché vengano applicate misure ambientali e di sicurezza sufficienti all'atto dell'autorizzazione delle strutture di gestione dei rifiuti. I requisiti fissati dovrebbero realizzare un giusto equilibrio tra due elementi: da una parte le incombenze amministrative a cui sono assoggettati gli operatori o le autorità competenti per la presentazione della domanda generale di autorizzazione alla gestione dei rifiuti o per la concessione della stessa, dall'altra i vantaggi in termini di tutela dell'ambiente e prevenzione degli incidenti; -una serie di obblighi generali riguardanti la gestione dei rifiuti affinché gli operatori, prima dell'avvio delle attività estrattive, esaminino e quantifichino in maniera adeguata i rifiuti che saranno prodotti, ne determinino le caratteristiche e stabiliscano gli strumenti migliori da utilizzare per garantirne una gestione corretta e sicura; -l'obbligo di caratterizzare i rifiuti prima di procedere allo smaltimento o trattamento in modo che vengano utilizzati, per la loro gestione, metodi adatti alle loro caratteristiche specifiche, allo scopo di garantire in particolare la stabilità a lungo termine dei cumuli o dei bacini adibiti al deposito permanente di grandi quantitativi di rifiuti; -misure intese a garantire la sicurezza delle strutture adibite alla gestione dei rifiuti. Si tratta di disposizioni analoghe alle misure corrispondenti contenute nella direttiva Seveso II: politica di prevenzione di incidenti rilevanti, sistema di gestione della sicurezza, informazione adeguata del pubblico. Le misure si applicherebbero alle strutture di gestione dei rifiuti che presentano un rischio elevato e che non saranno incluse nel campo di applicazione della direttiva Seveso II modificata; -l'obbligo di redigere piani dettagliati per la chiusura delle strutture di gestione dei rifiuti: si tratta di una prescrizione fondamentale intesa a far sì che le operazioni di chiusura formino parte integrante del piano generale di sfruttamento dell'operatore; -l'obbligo di garantire un livello adeguato di sicurezza finanziaria. Lo scopo di questa disposizione è rafforzare il principio "chi inquina paga" e far sì che siano disponibili fondi sufficienti affinché i siti di deposito dei rifiuti siano lasciati in condizioni soddisfacenti dopo la chiusura, ad esempio nel caso in cui l'impresa dell'operatore sia sottoposta ad amministrazione controllata, diventi insolvente o addirittura ponga in essere pratiche di "asset stripping" o spoliazione di attività (le cosiddette pratiche "walk away" delle imprese che cessano di operare sottraendosi ai propri obblighi). Questa prescrizione ricalca l'analoga prescrizione contenuta nell'articolo 8, lettera a), punto iv) della direttiva sulle discariche. 3. Problemi ambientali affrontati nella proposta 3.1 Panoramica dei rifiuti delle attività estrattive Le attività estrattive spesso producono grandi quantità di rifiuti a causa del rapporto, di norma elevato, tra materiale di scarto e minerale utile. Questi rifiuti possono rappresentare fonti rilevanti di inquinamento e comprendono il topsoil, lo strato di copertura, la roccia sterile e gli sterili. Il topsoil è lo strato superiore del terreno; di norma viene depositato in loco e, una volta terminate le attività estrattive, utilizzato per gli interventi di rivegetazione. Lo strato di copertura e la roccia sterile sono costituiti dalla roccia rimossa nel corso delle attività estrattive per mettere a nudo il corpo minerario. Di essi fa parte anche la roccia rimossa per scavare i pozzi nonché per accedere al corpo minerario e alla roccia ricca di minerale e per estrarre il minerale. La roccia sterile ha dimensioni variabili, da piccole particelle a massi. Può essere usata per la ripiena di aree già coltivate o trasportata altrove e utilizzata per lavori di costruzione. Tuttavia, nella pratica comune gran parte della roccia sterile prodotta viene depositata in cumuli nelle vicinanze della miniera. Gli sterili sono il materiale solido di scarto che rimane dopo la lavorazione del minerale, effettuata con varie tecniche. Dopo l'estrazione del materiale dalla miniera, la prima fase della lavorazione consiste generalmente nella frantumazione e nella macinazione. I fini vengono poi concentrati per liberare il minerale utile dalla roccia di valore meno elevato. La lavorazione comporta l'impiego di tecniche di separazione fisica e/o chimica quali la concentrazione per gravità, la separazione magnetica, la separazione elettrostatica, la flottazione, l'estrazione con solventi, l'estrazione per via elettrolitica, la lisciviazione, la precipitazione e l'amalgamazione. Nella lavorazione convenzionale dei minerali si producono sterili, che vengono allontanati dall'impianto di lavorazione sotto forma di fanghi o limi con una percentuale di solidi compresa tra il 15% e il 60%, oppure sotto forma di sterili grossolani, più o meno secchi. Gli sterili sia grossolani che fini possono essere utilizzati per la ripiena delle miniere ma vengono per la maggior parte depositati in apposite strutture in loco, ad esempio cumuli o bacini di decantazione. 3.2. Impatto ambientale dei rifiuti delle attività estrattive Nell'impatto ambientale delle strutture di gestione dei rifiuti sono compresi aspetti legati all'occupazione di territorio, alla qualità delle acque superficiali e sotterranee, alla stabilità fisica, alla polvere e all'erosione, nonché alla qualità degli habitat/ecosistemi terrestri e acquatici. I più importanti di questi aspetti, vale a dire l'inquinamento delle acque e la stabilità, sono descritti di seguito. 3.2.1. Inquinamento delle acque [15] [15] Questa parte della relazione riporta in massima parte stralci della relazione del progetto "Mining, Minerals and Sustainable Development", realizzato con il sostegno del World Business Council on Sustainable Development. L'inquinamento delle acque può avvenire in diverse fasi della gestione dei rifiuti delle industrie estrattive. Ad esempio, il mancato controllo degli scarichi può causare sversamenti e danni all'ambiente circostante. Inoltre, la pioggia e l'acqua risultante dal processo di estrazione possono dar luogo a lisciviazione per infiltrazione negli sterili (soprattutto nel caso degli sterili di minerali ferrosi e non ferrosi). La lisciviazione può provocare l'ossidazione dei solfuri, produrre acidi e sali solubili e causare la migrazione di metalli pesanti nell'ambiente circostante, nonché la lisciviazione dei residui chimici di processo presenti negli sterili, quali ad esempio cianuri, acidi, alcali. La lisciviazione si può produrre anche per infiltrazione attraverso le pareti di contenimento e al di sotto delle stesse, percolamento nel sottosuolo e nelle acque sotterranee o tracimazione al di sopra di dighe o sfioratori. Il problema ambientale più serio e diffuso legato ai rifiuti di estrazione è costituito dal drenaggio acido (DA). Si ha produzione di acidi quando materiali ricchi di solfuri contenuti nella roccia sterile e negli sterili sono esposti all'ossigeno e all'acqua e reagiscono con essi formando acidi solforici. Si tratta di un processo che può verificarsi anche in natura ma che può essere notevolmente accelerato dalle attività minerarie, dal momento che queste portano in superficie e frantumano questi materiali. Il DA è caratterizzato da pH bassi e da concentrazioni elevate di metalli pesanti disciolti. L'acido solforico, che si forma facilmente, discioglie metalli come il ferro, il rame, l'alluminio e il piombo. Uno degli aspetti più preoccupanti del drenaggio acido è la persistenza nell'ambiente. A causa della formazione di acido solforico, una struttura di deposito di rifiuti minerari può avere ripercussioni gravi e prolungate nel tempo sulle acque superficiali e sotterranee e sulle forme di vita acquatica. Una volta avviato, il processo di formazione di acidi è estremamente difficile da arrestare. È risaputo che l'acidità e la presenza di contaminanti disciolti uccidono la maggior parte delle forme di vita acquatica, facendo diventare pressoché sterili i corpi idrici e rendendo l'acqua inadatta al consumo umano. Particolare attenzione meritano anche i depositi di sterili fini (e i sedimenti fini prodotti dall'abrasione e dall'erosione della roccia scistosa). In questi due casi, oltre al rischio per la vita umana rappresentato dalle ondate di fango causate dagli incidenti, questi rifiuti inerti, pur non essendo chimicamente reattivi, possono anche distruggere la vita acquatica ostruendo i letti dei fiumi. 3.2.2. Stabilità [16] [16] Ibid. Nello spostamento di grandi quantità di roccia, cianuro, acidi e altri reagenti pericolosi è possibile che si verifichino incidenti. Il principale motivo di preoccupazione a livello mondiale è il cedimento delle strutture di deposito degli sterili. Dal 1975, i cedimenti di queste strutture hanno rappresentato all'incirca i tre quarti del totale mondiale degli incidenti ambientali di notevole entità legati all'industria mineraria. Gli incidenti rilevanti, che in media sembrano verificarsi in ragione di uno all'anno, possono avere conseguenze disastrose per l'ambiente, per la salute umana e per i beni. Spesso le caratteristiche fisiche delle particelle dei rifiuti di estrazione fini sono tali che (se saturi con acqua e sottoposti a sollecitazioni) tendono ad avere un comportamento tixotropico, che a volte causa devastanti ondate di fango, come quelle già citate di Aberfan e Stava, che hanno causato la morte di 412 persone. Dato che la realizzazione delle strutture di deposito degli sterili avviene in un arco di tempo prolungato, si deve anzitutto fare in modo che tutti i progetti relativi a tali strutture siano basati su norme di sicurezza quanto più possibile severe. La qualità dei progetti, però, non è sufficiente: occorrono anche una supervisione e un monitoraggio attenti, costanti e ripetuti per un lungo periodo di tempo. Dal punto di vista della sicurezza, è essenziale che i responsabili nominati siano persone qualificate con attribuzioni e poteri chiari. È necessario, inoltre, che le condizioni di sicurezza siano periodicamente riesaminate e controllate, e che il personale abbia una formazione adeguata affinché ciascuna società estrattiva apporti ai progetti le variazioni eventualmente rese necessarie dal mutare delle condizioni. Allo stesso modo, sono necessarie persone qualificate che, agendo per conto delle autorità competenti, garantiscano una gestione responsabile tenendo sotto controllo l'evolversi delle condizioni o intervenendo senza indugio in caso di problemi. 4. Gestione attuale dei rifiuti delle attività estrattive [17] [17] Le informazioni tecniche sintetiche e gli esempi riportati in questa parte della relazione sono tratti principalmente dalla prima stesura provvisoria del documento sulle BAT riguardanti la gestione degli sterili e della roccia sterile nelle attività estrattive, elaborata nel settembre 2002 dall'ufficio europeo IPPC situato presso l'Istituto per le prospettive tecnologiche di Siviglia. Questa parte della relazione si limita a fornire un quadro generale e semplificato della situazione. Di seguito sono riportati alcuni esempi delle prassi in uso negli Stati membri e nei paesi candidati. Gestione dello strato di copertura e della roccia sterile -In alcune miniere di lignite [18] il rapporto tra strato di copertura e lignite è di circa 5:1: ciò significa che nel più grande sito estrattivo di lignite vengono rimossi ogni anno circa 200 milioni di tonnellate di strato di copertura per estrarre circa 40 milioni di tonnellate di lignite. Lo strato di copertura viene trasferito direttamente mediante nastri trasportatori nelle zone già sfruttate della miniera e utilizzato come materiale di ripiena. [18] Questo esempio è tratto dal sito www.rheinbraun.de. -Nelle miniere di metalli a cielo aperto, la roccia sterile viene ammassata in grandi cumuli accanto ai pozzi. In alcuni casi, la roccia che provoca fenomeni di drenaggio acido viene ammassata in depositi separati. In una particolare miniera di metalli i cumuli di roccia sterile occupano una superficie di 400 ettari e ad essi ogni anno si aggiungono 25 milioni di tonnellate di nuovi detriti. Gestione degli sterili -In molte miniere di carbone e in talune miniere di ferro vengono prodotti due tipi di sterili: una frazione grossolana, che viene ammassata in cumuli, e una frazione fine, che viene scaricata direttamente nei bacini oppure filtrata. In quest'ultimo caso, solo il materiale più fine viene immesso nei bacini, mentre il materiale filtrato viene depositato in cumuli. -Nella maggior parte delle miniere di metalli non ferrosi vengono prodotti sterili umidi sotto forma di fanghi che vengono depositati nei bacini. In alcuni casi, i bacini sono rivestiti con uno strato di materiale sintetico per evitare infiltrazioni nel terreno. Se gli sterili hanno caratteristiche tali da poter dar luogo a fenomeni di drenaggio acido, possono essere scaricati sott'acqua per evitarne l'ossidazione. Spesso la frazione grossolana viene usata nella ripiena degli scavi sotterranei. Nelle miniere d'oro, per recuperare l'oro più fine si utilizza il cianuro con un processo di lisciviazione eseguito in apposite vasche. Prima di scaricare gli sterili nei bacini, il cianuro viene in gran parte eliminato. In una miniera di rame, il bacino di decantazione degli sterili attualmente occupa una superficie di 1 400 ha e contiene 330 milioni di m3 di materiale; in un altro ogni anno vengono prodotti 18 milioni di tonnellate di sterili. -Nell'estrazione dei cosiddetti minerali industriali, per la gestione degli sterili vengono usati molti tipi diversi di strutture e sistemi, ad esempio grandi bacini simili a quelli delle miniere di metalli, bacini più piccoli (delle dimensioni di una piscina), grandi cumuli (che nel caso della potassa possono raggiungere un'altezza di 240 m e contenere 130 milioni di tonnellate di materiale), ripiena di pozzi e cave, ripiena con sterili essiccati frammisti a roccia sterile. La quantità di rifiuti prodotti varia in maniera piuttosto considerevole in funzione del tipo di attività estrattive. Nel caso di vene pure, i residui di estrazione possono essere pressoché nulli. Nel caso del carbone, circa il 75% del materiale estratto è costituito da carbone, il 25% rimanente da sterili. Questo significa che in Europa (UE a 15 e paesi candidati all'adesione), dove la produzione annua di carbone commerciabile si attesta intorno ai 220 milioni di tonnellate, ogni anno vengono prodotti complessivamente circa 70 milioni di tonnellate di sterili. Nel caso del minerale d'oro, in ogni tonnellata di materiale estratto sono contenuti solo pochi grammi d'oro (Au); con un tenore d'oro di 5 g/t, per ricavare una tonnellata d'oro si devono estrarre circa 200 000 tonnellate di minerale, successivamente depositato nei bacini. Alla chiusura di un'attività estrattiva, di norma i residui di materiale vengono coperti con topsoil e viene avviato un intervento di rivegetazione. Se i rifiuti hanno caratteristiche tali da poter dar luogo a drenaggio acido, vengono ricoperti con uno strato più o meno impermeabile oppure depositati permanentemente sott'acqua. 5. Situazione giuridica nell'UE 5.1. Direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (direttiva quadro sui rifiuti) [19] [19] GU L 194 del 25.7.1975, pag. 39, modificata dalla direttiva 91/156/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991 (GU L 78 del 26.3.1991, pag. 31). La direttiva quadro sui rifiuti fissa prescrizioni e principi generali in materia di gestione dei rifiuti, quali definiti nell'articolo 1, lettera a) della direttiva medesima. L'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), punto ii) della direttiva 75/442/CEE stabilisce che sono esclusi dal campo di applicazione della medesima direttiva i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave qualora siano già contemplati da altra normativa [20]. Come già chiarito dalla Commissione nella comunicazione "Sicurezza delle attività minerarie: situazione dopo i recenti incidenti", per il momento non esiste una specifica normativa comunitaria su questo tipo di rifiuti e quindi anche i rifiuti provenienti dalle industrie estrattive sono assoggettati alla direttiva 75/442/CEE [21]. [20] È attesa una pronuncia pregiudiziale della Corte di giustizia europea (causa C-114/01, Avesta Polarit), chiamata a stabilire se le attività estrattive debbano essere considerate escluse dal campo di applicazione della direttiva 75/442/CEE modificata. La Commissione e le autorità finlandesi sostengono che nell'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), punto ii) della direttiva 75/442/CEE modificata per "altra normativa" si intenda "altra normativa comunitaria", il che confermerebbe l'applicabilità della direttiva al settore minerario, dato che per il momento non esistono altre disposizioni legislative comunitarie in materia di rifiuti provenienti dalle industrie estrattive. Al contrario, Germania e UK sostengono che per "normativa" si debbano intendere sia le normative nazionali che la normativa comunitaria. Questa interpretazione escluderebbe il settore minerario dal campo di applicazione della direttiva 75/442/CEE, dato che nei vari Stati membri esiste già un ampio corpus legislativo nazionale, e sarebbe contraria allo spirito e alle finalità della direttiva (modificata nel 1991), che si prefigge di raggiungere una definizione comune di "rifiuti" e un livello elevato di tutela ambientale nell'UE. Le conclusioni dell'avvocato generale, presentate il 10 aprile 2003, confermano l'interpretazione della Commissione. [21] Alla luce della sentenza della Corte di giustizia europea, nella causa C-9/00 (Palin Granit Oy), materiali come il topsoil, la roccia inerte, lo strato di copertura o gli sterili derivanti dalle attività estrattive sono considerati rifiuti se rispondono alla definizione contenuta nell'articolo 1, lettera a) della direttiva 75/442/CEE. Visto il carattere specifico dell'esenzione di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), punto ii) della direttiva quadro sui rifiuti, introdotta dalla direttiva 91/156/CEE del Consiglio che ha modificato la versione originale del 1975, è lecito desumere che il legislatore comunitario intendesse disciplinare i rifiuti delle industrie estrattive con uno specifico strumento da istituire successivamente. Visto che la normativa quadro sulla gestione dei rifiuti a livello comunitario contiene unicamente prescrizioni di base volte a garantire la tutela dell'ambiente, è stato riconosciuto, in particolare dopo l'adozione del Quinto programma d'azione per l'ambiente nel 1992 e della strategia comunitaria in materia di rifiuti [22], riveduta nel 1996, che la Comunità deve adottare iniziative ad hoc per taluni flussi di rifiuti che presentano rischi particolari o hanno un impatto ambientale particolarmente rilevante a causa del loro volume o della loro pericolosità. Questa impostazione è coerente con l'articolo 2, paragrafo 2 della direttiva quadro sui rifiuti, che prevede espressamente la possibilità di adottare, attraverso lo strumento della direttiva, disposizioni specifiche concernenti la gestione di particolari categorie di rifiuti, e ha il pregio di portare all'emanazione di disposizioni ad hoc per ridurre gli impatti ambientali di taluni settori e potenziare il riciclo e il recupero di particolari flussi di rifiuti. [22] COM(1996) 399 def. Questa proposta stabilisce prescrizioni minime specifiche per un'attività industriale che, visti i volumi considerevoli dei rifiuti prodotti e la loro elevata pericolosità potenziale per l'ambiente e per la salute, non possono essere gestiti adeguatamente in base alla sola direttiva quadro sui rifiuti, che ha carattere generale. Una volta adottata, la direttiva oggetto di questa proposta sarà complementare alla direttiva 75/442/CEE in base all'articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 75/442/CEE e a un esplicito rimando a tale direttiva in cui si precisa che, se non diversamente indicato, la nuova direttiva integrerà le disposizioni della direttiva quadro sui rifiuti. 5.2. Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti (direttiva sulle discariche) [23] [23] GU L 182 del 16.7.1999, pag. 1. I rifiuti delle industrie estrattive sono soggetti, in linea di principio, alle disposizioni della direttiva sulle discariche; l'eccezione principale è costituita dal "deposito di terra non inquinata o di rifiuti inerti non pericolosi ricavati dalla prospezione ed estrazione, dal trattamento e dallo stoccaggio di minerali, nonché dall'esercizio di cave" (articolo 3, paragrafo 2), quarto trattino) [24]. Per quanto riguarda i rifiuti prodotti dalle industrie estrattive, quindi, la direttiva sulle discariche si applica sia ai rifiuti pericolosi, sia ai rifiuti non pericolosi non inerti. Dato che talune frazioni dei rifiuti provenienti dall'industria estrattiva sono pericolose e nella prassi comune vengono spesso mescolate a rifiuti inerti non pericolosi, la direttiva sulle discariche si applica anche a questi ultimi. [24] Gli Stati membri possono anche dichiarare che intendono avvalersi della possibilità, prevista dalla direttiva sulle discariche, di ridurre gli obblighi previsti dalla stessa direttiva per i depositi sotterranei permanenti di rifiuti in cavità geologiche profonde, quali le miniere di potassio o di sale (v. articolo 2, lettera f) e articolo 3, paragrafo 5 della direttiva). Tuttavia, tale possibilità verosimilmente comporta vantaggi pratici solo per le miniere in cui sono presenti corridoi/pozzi profondi e impermeabili, e non risulta di alcuna utilità per le miniere a cielo aperto. La direttiva sulle discariche mira a regolamentare la gestione delle discariche relativamente agli aspetti generali e comuni connessi al deposito di rifiuti urbani, commerciali o industriali in una tipica discarica, nell'obiettivo di ridurre gli effetti negativi sull'ambiente. Alcune delle sue disposizioni non sono pertanto coerenti con le migliori pratiche di gestione dei rifiuti estrattivi, né sono concepite in funzione delle difficoltà di gestione specifiche legate a questo settore. In particolare, le disposizioni indicate in appresso si rivelano problematiche per la gestione dei rifiuti estrattivi. -Divieto di smaltimento di rifiuti liquidi in discarica. Tale divieto rende illegale l'esercizio dei bacini di decantazione degli sterili. Di fatto, però, tali bacini hanno una funzione essenziale in alcune attività estrattive (ad esempio nell'estrazione dei metalli e in alcune industrie di estrazione del carbone) [25]. Il divieto di smaltimento di rifiuti liquidi contenuto nella direttiva sulle discariche renderebbe inutilizzabile questo sistema di smaltimento. [25] I bacini di decantazione degli sterili sono formati da dighe di terra di grandi dimensioni e contengono i residui (sterili) del processo di macinazione utilizzato per estrarre i metalli dai minerali. Per ricavare il minerale utile, la roccia viene frantumata in particelle fini, quindi mischiata con acqua e particolari sostanze chimiche che ne provocano la flottazione. Il fango fine così ottenuto ha una consistenza analoga a quella di sabbia, argilla e melma. Può contenere solfuri che, mischiati all'acqua in presenza d'aria, formano acidi. -Divieto generale di smaltimento di rifiuti non pericolosi insieme a rifiuti pericolosi (con eccezioni molto limitate che potrebbero applicarsi anche ai rifiuti di miniera) o inerti. Nelle attività minerarie, i rifiuti prodotti (cioè strato di copertura, roccia sterile, sterili) possono essere costituiti da materiali pericolosi, non pericolosi e inerti mescolati tra loro. Dato che provengono dallo stesso sito estrattivo, di solito questi rifiuti "misti" vengono smaltiti nella stressa struttura attrezzata. Pertanto, un loro conferimento a siti di smaltimento diversi non sarebbe logico né dal punto di vista economico né da quello ambientale. -Obbligo di installare una barriera e un rivestimento sotto la discarica per evitare l'inquinamento delle acque sotterranee. Nel settore estrattivo, questa particolare prescrizione non è necessaria e nemmeno auspicabile per taluni tipi di cumuli di rifiuti (ad esempio nei casi in cui un rivestimento potrebbe far slittare il cumulo, con conseguente rischio di crolli). Non è affatto scontato, quindi, che l'inserimento di una barriera e di un rivestimento nelle strutture di deposito dei rifiuti provenienti dalle industrie estrattive determinerebbe un beneficio ambientale netto. Da questa breve trattazione risulta evidente che alcune delle disposizioni della direttiva sulle discariche non rappresentano la soluzione migliore per garantire condizioni di sicurezza nella gestione dei rifiuti prodotti dalle attività estrattive. Viceversa, appare necessario introdurre controlli ad hoc per la gestione di tali rifiuti, tenendo presente anche che la direttiva sulle discariche non contiene disposizioni adeguate per prevenire incidenti, in particolare quelli legati alla stabilità delle dighe che racchiudono i bacini di decantazione degli sterili. 5.3. Direttiva 96/61/CE, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (direttiva IPPC) [26] [26] GU L 257 del 10.10.1996, pag. 26. Tutti gli impianti elencati nell'allegato I della direttiva IPPC sono soggetti a un'autorizzazione rilasciata dalle autorità competenti degli Stati membri. L'autorizzazione deve indicare i valori limiti di emissione o parametri equivalenti basati sull'uso delle migliori tecniche disponibili (BAT). Essa deve inoltre contenere disposizioni relative a condizioni diverse dal normale esercizio e riguardanti l'avvio, le perdite, le disfunzioni, gli arresti temporanei e l'arresto definitivo dell'impianto qualora sussistano rischi per l'ambiente. La direttiva IPPC tratta l'impatto ambientale globale del processo produttivo sui vari comparti e riguarda, ad esempio, l'inquinamento dell'atmosfera, delle acque e del terreno, la produzione e la gestione di residui di processo e l'impiego di energia. Le attività di estrazione vere e proprie non sono soggette alla direttiva IPPC, ma alcune attività metallurgiche, di trattamento dei minerali, di produzione di sostanze chimiche e di smaltimento in discarica (riguardanti rifiuti diversi dai rifiuti inerti) rientrano nel suo campo di applicazione. Pertanto, se l'estrazione viene eseguita come "attività direttamente associata" a una qualsiasi delle attività elencate nell'allegato I della direttiva IPPC, deve essere oggetto di un'autorizzazione IPPC. 5.4. Direttiva 96/82/CE del Consiglio, del 9 dicembre 1996, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose (direttiva Seveso II) [27] [27] GU L 10 del 14.1.1997, pag. 13. Lo scopo della direttiva Seveso II è contribuire a prevenire incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, nonché limitarne le conseguenze negative sulla salute umana e sull'ambiente, al fine di assicurare in modo coerente ed efficace un livello elevato di protezione in tutta la Comunità. La direttiva prevede, in particolare, l'attuazione di sistemi di gestione della sicurezza, compresa una valutazione dettagliata dei rischi per mezzo di diverse ipotesi di incidente. Le attività tipiche che rientrano nel campo di applicazione di questa direttiva sono gli impianti chimici e i depositi in cui sono presenti sostanze pericolose in quantità considerevoli. L'articolo 4, lettera e) della direttiva Seveso II esclude dal campo di applicazione della stessa le attività delle industrie estrattive consistenti nella prospezione ed estrazione di minerali in miniere e cave o mediante trivellazione. Inoltre, l'articolo 4, lettera f) esclude "le discariche di rifiuti". La proposta di modifica della direttiva Seveso II [28] propone di modificare l'articolo 4, lettere e) ed f) così da includere nel campo di applicazione della direttiva le operazioni di lavorazione/preparazione chimica e termica e deposito che comportino la presenza di sostanze pericolose, nonché gli impianti di smaltimento degli sterili utilizzati in relazione a tali operazioni, eliminando in questo modo l'esclusione prevista dalla direttiva Seveso II. [28] COM(2001)624 def. del 10.12.2001. La proposta sta percorrendo l'iter legislativo al Consiglio e al Parlamento europeo. Una proposta modificata è stata adottata dalla Commissione e in Consiglio è stato raggiunto un accordo politico riguardo a una posizione comune su tale proposta. 5.5. Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (direttiva quadro sulle acque) [29] [29] GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1. La direttiva quadro sulle acque istituisce un quadro generale per la tutela di tutte le acque (fiumi, laghi, acque costiere e acque sotterranee). Mira a prevenire l'inquinamento alla fonte e definisce meccanismi di controllo atti a garantire una gestione sostenibile di tutte le fonti di inquinamento. Uno degli obblighi fondamentali imposti dalla direttiva riguarda la predisposizione di piani di gestione dei bacini idrografici in cui si precisi in che modo devono essere conseguiti, entro i termini stabiliti, gli obiettivi fissati per il bacino idrografico (stato ecologico, stato quantitativo e stato chimico delle acque e obiettivi per le aree protette). L'articolo 5 della direttiva dispone che, per ogni bacino idrografico, venga effettuata entro il 2004 un'analisi delle caratteristiche delle pressioni e dell'impatto, mentre l'articolo 8 prevede che entro il 2006 venga istituita una rete di monitoraggio. Benché non siano citate in modo esplicito, le fonti puntuali di inquinamento delle acque quali il drenaggio acido prodotto dai bacini di decantazione degli sterili, i cumuli di residui minerari o i vuoti di miniera dovranno essere incluse nell'analisi di caratterizzazione delle pressioni e degli impatti dei singoli bacini idrografici. L'insieme di queste prescrizioni dovrebbe permettere di affrontare in modo corretto anche l'inquinamento prodotto dalle strutture dismesse di gestione dei rifiuti delle industrie estrattive. 5.6. Direttiva 85/337/CEE [30] del Consiglio concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, modificata dalla direttiva 97/11/CE del Consiglio del 3 marzo 1997 [31] (direttiva VIA) [30] GU L 175 del 5.7.1985, pag. 40. [31] GU L 73 del 14.3.1997, pag. 5. In base alla direttiva modificata sulla valutazione dell'impatto ambientale, i progetti che possono avere un impatto rilevante sull'ambiente devono essere sottoposti a una valutazione dell'impatto ambientale (VIA) prima del rilascio dell'autorizzazione. La VIA deve riguardare, tra l'altro, gli effetti dei rifiuti e includere una descrizione delle misure previste per prevenire, ridurre o compensare effetti negativi rilevanti. Le informazioni raccolte attraverso la VIA devono essere prese in considerazione dall'autorità competente nel quadro della procedura di autorizzazione Negli allegati della direttiva sono elencate le attività che possono avere effetti rilevanti sull'ambiente e che devono essere sottoposte a una VIA; tra di esse è indicata anche l'industria estrattiva. In particolare, sono incluse nel campo di applicazione della direttiva le cave, le attività minerarie a cielo aperto e sotterranee e le trivellazioni. 6. Situazione giuridica negli Stati membri e nei paesi candidati Le attività estrattive costituiscono uno dei settori industriali più antichi dell'UE. In questi ultimi decenni, la parte più cospicua di tali attività si è spostata dalle piccole miniere sotterranee alle grandi miniere a cielo aperto. Tale spostamento ha causato un aumento della quantità di rifiuti prodotti, dato che per accedere al minerale è necessario rimuovere il topsoil e lo strato di copertura, che spesso non rivestono alcun interesse dal punto di vista estrattivo. In molti casi, la quantità di strato di copertura da trasportare è molte volte superiore alla quantità di minerale utile estratto. Per questo motivo, le attività di estrazione richiedono capitali sempre maggiori, e trascorrono anni prima che gli investimenti vengano recuperati attraverso la commercializzazione dei prodotti dell'estrazione, costituiti in genere dai concentrati. 6.1. Situazione giuridica negli Stati membri Viste le dimensioni del corpus legislativo esistente in materia di attività estrattive, non è possibile, in questa relazione, tracciare un quadro esaustivo delle norme nazionali che disciplinano lo svolgimento di tali attività in cave e miniere [32]. [32] Per informazioni più dettagliate, si veda l'allegato 7 della relazione Management of mining, quarrying and ore-processing waste in the European Union, BRGM, dicembre 2001, elaborata per la DG Ambiente e disponibile su Internet all'indirizzo In linea di massima, gli Stati membri hanno regolamentato le attività delle industrie estrattive dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti (metalli, minerali strategici) o della politica energetica (lignite, carbone, petrolio) con leggi che in alcuni casi risalgono a qualche secolo fa. Gli aspetti ambientali sono stati trattati più di recente, anche nel contesto della normativa comunitaria. La normativa che regolamenta le industrie estrattive si è ampliata nel corso degli anni, spesso sulla scia di disastri o eventi di rilevante entità che hanno portato a invocare l'emanazione di disposizioni specifiche per controllare o abolire talune attività dell'industria estrattiva. Fino a qualche tempo fa, le norme esistenti riguardavano soprattutto l'ambiente di lavoro di cave o miniere e dedicavano relativamente poca attenzione alle conseguenze ambientali delle attività estrattive. Nell'Unione europea, l'oggetto e l'applicazione delle norme ambientali variano da paese a paese e i rifiuti prodotti dalle industrie estrattive sono in qualche caso soggetti a disposizioni molto diverse tra loro. In particolare, la questione della chiusura e del ripristino delle strutture adibite alla gestione dei rifiuti e del loro monitoraggio nel tempo è trattata in un modo che non garantisce sempre condizioni uniformi nel mercato interno e in mancanza di una garanzia finanziaria i costi di tali operazioni potrebbero ricadere sui contribuenti. 6.2. Situazione giuridica nei paesi candidati all'adesione all'UE [33] [33] Questa parte della relazione si basa sul progetto di relazione del progetto PECOmines ("Inventory, regulation and environmental impact of toxic mining wastes in pre-Accession Countries") redatto dal gruppo PECOmines dell'unità Suoli e rifiuti dell'Istituto dell'ambiente e della sostenibilità del CCR di ISPRA: Tamás Hámor, Legislation of mining waste management in Central and Eastern European Candidate Countries, Ispra, marzo 2002 (non pubblicato). In molti paesi candidati, i rifiuti minerari sono inclusi in varia misura nel campo di applicazione delle norme sui rifiuti. Le disposizioni nazionali sui rifiuti pericolosi in genere si applicano anche ai rifiuti minerari pericolosi, ma nessuno dei paesi candidati ha adottato misure specifiche per la gestione dei rifiuti minerari pericolosi. Alcuni paesi candidati non hanno ancora recepito la direttiva sulle discariche (1999/31/CE). I paesi con una lunga tradizione nel settore dell'estrazione mineraria sotterranea e livelli produttivi elevati hanno norme dettagliate sulla sicurezza nelle attività estrattive. Tuttavia, la sicurezza dei bacini di decantazione degli sterili non sembra rappresentare una priorità politica, anche se in alcuni paesi candidati esistono già delle norme a questo riguardo e in altri sono in fase di elaborazione disposizioni specifiche sugli sterili. La chiusura delle miniere è soggetta a disposizioni meno dettagliate di quelle previste per l'apertura. Nella maggior parte dei paesi candidati esistono disposizioni specifiche in materia di risanamento del sito nel periodo in cui una miniera è in esercizio; non sono invece previste disposizioni per la fase successiva alla chiusura. La cessazione definitiva o a tempo indeterminato delle attività estrattive rappresenta una questione critica, in quanto molte miniere vengono dismesse senza che siano predisposte misure precauzionali e di controllo per la chiusura e il risanamento del sito, e spesso addirittura senza che vi sia un operatore o un successore incaricato della loro gestione (miniere orfane). Questa situazione presenta rischi elevati per l'ambiente e la salute e potrebbe avere ripercussioni anche per i contribuenti, che potrebbero doverne sostenere i costi. Nella maggior parte dei paesi candidati, le società minerarie versano un canone di concessione alle amministrazioni locale e statale. Di norma, per il risanamento dei siti estrattivi possono essere utilizzati fondi ambientali. In un paese, la produzione di rifiuti minerari è soggetta al pagamento di una tassa, che però non si applica allo strato di copertura delle miniere di lignite (carbone fossile bruno). La tassa varia in funzione della pericolosità e/o della difficoltà di gestione e trattamento del rifiuto (ad es. la tassa applicata per la sabbia derivante dalla lavorazione dell'aggregato naturale è inferiore a quella applicata per i residui di lavorazione dei minerali metallici), della sua quantità e del periodo di deposito. 7. Base giuridica La proposta si fonda sull'articolo 175, paragrafo 1 del trattato CE, che è la base giuridica specifica della politica comunitaria in materia di ambiente. Ad essa, quindi, si applica la procedura di codecisione di cui all'articolo 251 del trattato CE, previa consultazione del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni. 8. Sussidiarietà e proporzionalità 8.1. Sussidiarietà Esiste già un ampio corpus di leggi nazionali che in genere disciplinano gli aspetti economici e strategici legati alle industrie estrattive. Negli ultimi trenta-quarant'anni, nelle disposizioni emanate al fine di prevenire incidenti e conseguenze ambientali serie derivanti dalla gestione delle risorse minerali si è tenuto conto anche degli aspetti ambientali. All'origine di questa evoluzione in molti casi c'è la crescente preoccupazione espressa dall'opinione pubblica riguardo agli effetti della cattiva gestione dei rifiuti prodotti dalle industrie estrattive, specialmente dopo il verificarsi di alcuni gravi incidenti. La Commissione ritiene che lo strumento più appropriato per la gestione dei rifiuti provenienti dalle attività estrattive sia l'introduzione di un quadro normativo che fissi requisiti minimi al fine di assicurare i necessari miglioramenti dell'efficienza ambientale di questo particolare settore, che è una delle principali fonti di rifiuti e che quindi pone sfide rilevanti sotto il profilo della tutela ambientale e, finora, la gestione dei rifiuti minerari è stata oggetto di un numero relativamente esiguo di norme comunitarie che riguardano la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro e questioni legate alla sicurezza dell'approvvigionamento energetico. La struttura organizzativa delle imprese estrattive varia nei diversi Stati membri: si va dalle grandi multinazionali alle piccole e medie imprese (PMI). Tra i diversi Stati membri esistono notevoli divari a livello nazionale, regionale o locale anche per quanto riguarda il tipo, l'intensità e l'efficacia dei controlli sulla sicurezza delle strutture adibite alla gestione dei rifiuti provenienti dalle industrie estrattive. Una serie di norme comuni a tutti i paesi dell'UE contribuirebbe ad uniformare i controlli amministrativi minimi e la supervisione in quest'area. Questo aspetto assume un'importanza particolare in vista del rafforzamento del mercato interno nel settore dell'estrazione delle risorse minerali nell'UE e dell'abolizione di ogni divisione arbitraria del mercato interno secondo i confini nazionali. Inoltre, una gestione non corretta dei rifiuti dell'industria estrattiva può avere conseguenze ambientali negative al di là delle frontiere nazionali: lo dimostrano in maniera evidente i recenti incidenti verificatisi in Spagna e in Romania, in cui l'inquinamento delle acque e del suolo ha colpito in modo diretto più regioni o paesi. Questa situazione ha messo in luce la necessità di istituire sistemi che consentano un'adeguata cooperazione transfrontaliera in caso di emergenza. In gran parte dei settori delle industrie estrattive le società operano a livello multinazionale e competono in mercati globali. La presente direttiva potrebbe rappresentare un utile orientamento per i paesi terzi che desiderano elaborare norme analoghe per le industrie estrattive che operano sul loro territorio. 8.2. Proporzionalità La presente proposta è formulata sotto forma di direttiva per lasciare agli Stati membri un ampio margine di manovra e consentire loro di adottare le misure più opportune per raggiungere gli obiettivi indicati. Nella proposta, peraltro, sono presenti alcuni elementi tecnici e di natura più propriamente prescrittiva (riguardanti ad esempio il contenuto e l'oggetto del piano di gestione dei rifiuti, le soglie per il cianuro e i composti di cianuro nei bacini di decantazione degli sterili e le misure da attuare per ridurre l'inquinamento delle acque), in modo da garantire un livello di tutela ambientale elevato e allo stesso tempo istituire in tutta l'UE una metodologia armonizzata per i controlli riguardanti la gestione dei rifiuti, così come prescritto dal trattato CE [34]. [34] V. in particolare gli articoli 2, 6 e 174-176 del trattato CE. La proposta tratta solo gli aspetti che è necessario disciplinare a livello comunitario per garantire il conseguimento degli obiettivi del trattato CE. La maggior parte delle misure da prendere dovrà essere decisa dalle autorità nazionali competenti tenendo conto delle condizioni locali prevalenti. Sono previste deroghe specifiche intese ad assicurare la proporzionalità tra le incombenze amministrative previste e i rischi effettivi per l'ambiente. Inoltre, la proposta è formulata in modo sufficientemente flessibile da consentire di continuare ad applicare le buone pratiche e procedure già esistenti nei singoli Stati membri senza accrescere ulteriormente il carico di lavoro amministrativo. 9. Coerenza con altre politiche comunitarie La salute e la sicurezza dei lavoratori delle industrie estrattive sono già oggetto di alcune norme comunitarie, in particolare della direttiva 92/91/CEE del Consiglio, del 3 novembre 1992, relativa a prescrizioni minime intese al miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione (undicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) [35] e della direttiva 92/104/CEE del Consiglio, del 3 dicembre 1992, relativa a prescrizioni minime intese al miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori delle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee (dodicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) [36]. Queste direttive fissano prescrizioni minime dirette a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori delle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee. Alcune delle misure che gli operatori sono tenuti ad attuare a tutela dei lavoratori hanno rilevanza anche per la protezione dell'ambiente. Risulta evidente, quindi, che questa proposta è coerente con le norme già esistenti in materia di salute e di sicurezza e addirittura le integra: una più efficace tutela dell'ambiente ha effetti positivi anche sulla protezione dei lavoratori. [35] GU L 348 del 28.11.1992, pag. 9. [36] GU L 404 del 31.12.1992, pag. 10. Questa proposta non avrà effetti indebiti sulla sicurezza dell'approvvigionamento energetico nell'UE, in quanto si limita a stabilire le misure strettamente necessarie per il conseguimento degli obiettivi della politica ambientale comunitaria. La grande maggioranza delle misure previste dalla proposta corrisponde già alle migliori pratiche; molte di tali misure sono già obbligatorie a livello nazionale. Questa proposta è coerente con la politica industriale, compresa la politica per le PMI, e contiene solo le misure necessarie per il conseguimento degli obiettivi fissati. In particolare, essa non avrà ripercussioni rilevanti sul settore delle cave (che in tutta l'UE è composto prevalentemente da PMI), visto che i rifiuti inerti non pericolosi sono in massima parte esclusi dal suo campo di applicazione. Per quanto riguarda la concorrenzialità e la concorrenza, la presente proposta crea condizioni uniformi nell'UE, contribuendo a evitare distorsioni nella produzione delle materie prime destinate ad impieghi produttivi, ed è quindi coerente con le politiche comunitarie sulla concorrenza e sul mercato interno. Le prescrizioni minime stabilite nella direttiva potrebbero rivelarsi utili anche per la valutazione della compatibilità ambientale dei progetti di estrazione in paesi terzi. Questo strumento potrebbe, ad esempio, diventare utile per verificare che i progetti che beneficiano dei finanziamenti comunitari nel quadro degli aiuti allo sviluppo prevedano le misure necessarie a prevenire o ridurre per quanto possibile gli effetti negativi sull'ambiente nei paesi terzi [37]. Esso potrebbe inoltre rappresentare un utile strumento di valutazione comparata per le imprese europee per le attività estrattive condotte in paesi terzi e in particolare in paesi in via di sviluppo, nel senso che promuove l'applicazione delle migliori prassi alle attività condotte al di fuori dell'UE. [37] La comunicazione della Commissione relativa al compendio contenente gli orientamenti politici per i campi o i settori di cooperazione specifici che la Comunità deve approvare in seno al Consiglio dei ministri ACP-CE (COM(2000) 424 def.) stabilisce, al punto 2.4. - "Sviluppo delle risorse minerali" -, che lo sviluppo sostenibile del settore dei minerali dipende da vari fattori, tra cui l'assistenza tecnico-finanziaria per "definire e applicare normative ambientali". 10. Contenuto della proposta L'articolo 1 indica l'obiettivo della proposta. L'articolo 2 definisce il campo di applicazione della proposta. La proposta riguarda i rifiuti, vale a dire il topsoil, lo strato di copertura, la roccia sterile e gli sterili, risultanti dalle attività di estrazione e/o trattamento in siti terrestri delle risorse minerali, ad eccezione dei rifiuti che non sono rifiuti specifici delle industrie estrattive. Questi altri rifiuti, ad esempio i rifiuti domestici, gli oli usati, le batterie usate, i veicoli fuori uso, continueranno ad essere regolamentati dalle disposizioni pertinenti della direttiva quadro sui rifiuti (75/442/CEE), della direttiva sulle discariche (1999/31/CE) o da altre normative comunitarie specifiche, a seconda dell'obiettivo e dell'oggetto della particolare operazione di gestione dei rifiuti. Per ragioni di certezza giuridica è stata utilizzata, per la definizione del campo di applicazione, una formulazione che coincide con quella dell'esenzione di cui all'articolo 2, lettera b), punto ii) della direttiva quadro sui rifiuti. I rifiuti delle attività di estrazione in alto mare sono esclusi dal campo di applicazione della direttiva proposta perché le caratteristiche di tali attività rendono inapplicabili le misure tecniche contenute nella proposta, concepite per l'estrazione di minerali in siti terrestri. Tali rifiuti continueranno ad essere assoggettati alle disposizioni della direttiva quadro sui rifiuti. La proposta esclude dal suo campo di applicazione la terra non inquinata, mentre i rifiuti inerti non pericolosi sono soggetti a disposizioni limitate, perché la loro gestione implica rischi relativamente ridotti. Tale esclusione è coerente con l'analoga esclusione prevista dalla direttiva sulle discariche. La Commissione ritiene che in questo modo sia possibile realizzare un giusto equilibrio tra gli obblighi giuridici imposti alle PMI, da cui in genere vengono prodotti tali rifiuti, e la protezione dell'ambiente. Anche i rifiuti risultanti dall'estrazione e/o dal trattamento delle risorse minerali e trasportati fuori dall'area in cui vengono prodotti (ad esempio i detriti di trivellazione trasferiti ad un'impresa terza incaricata dello smaltimento) sono esclusi dal campo di applicazione della proposta e restano soggetti unicamente alle disposizioni della direttiva sulle discariche. In questo modo si vuole evitare di creare scappatoie nella disciplina comunitaria riguardante le attività di gestione dei rifiuti non effettuate nel luogo di estrazione. Riguardo alla prospezione, visti i quantitativi limitati di rifiuti prodotti da queste attività e al fine di evitare un inutile aggravio delle incombenze imposte all'industria estrattiva, la Commissione propone di lasciare immodificato l'attuale regime legislativo. A questi rifiuti, dunque, continuerà ad applicarsi la direttiva 75/442/CEE, in particolare gli articoli 4 e 8. La Commissione ritiene che i rifiuti delle industrie estrattive abbiano peculiarità e caratteristiche tali da rendere inopportuno un loro assoggettamento alla direttiva sulle discariche. Per questo motivo, per i rifiuti oggetto della presente proposta di direttiva è prevista l'esenzione dalla direttiva sulle discariche. L'articolo 3 contiene le definizioni adottate ai sensi di questa direttiva. La definizione di rifiuto inerte di cui all'articolo 3, paragrafo 2 coincide con quella contenuta nella direttiva sulle discariche. La definizione di risorsa minerale (articolo 3, paragrafo 3) contiene un elenco non tassativo di minerali e composti organici e inorganici considerati oggetto delle attività economiche delle industrie estrattive. La definizione delle industrie estrattive (articolo 3, paragrafo 4) è ripresa da una definizione simile contenuta nelle direttive 92/91/CEE e 92/104/CEE. In questo contesto, si è voluto evitare di utilizzare termini quali "miniera" e "cava" affinché risulti chiaro che la proposta riguarda i rifiuti provenienti da tutti i tipi di settori estrattivi, indipendentemente dalle differenze giuridiche che possono esistere tra i vari Stati membri in funzione del tipo di minerale estratto e/o trattato. La definizione di trattamento di cui all'articolo 3, paragrafo 5 è formulata in modo da escludere le operazioni di fusione e/o metallurgiche che comportano l'uso di processi termici. Viceversa, sono inclusi nella definizione i rifiuti prodotti da processi di trattamento effettuati in un luogo diverso da quello di estrazione dei minerali (come nel caso, ad esempio, dei fanghi rossi derivanti dalla produzione di allumina a partire da bauxite importata da paesi terzi). L'articolo 4 istituisce una disposizione generale per la gestione sicura dei rifiuti di estrazione. Le misure da adottare devono basarsi sulle migliori tecniche disponibili (BAT) definite nella direttiva 96/61/CE ed elaborate dall'Ufficio europeo IPPC con sede a Siviglia (Spagna), che saranno pubblicate tra breve sotto forma di documento di riferimento sulle BAT. La Commissione ritiene che questo metodo permetterà di assicurare il miglior livello possibile di tutela ambientale, garantendo la certezza giuridica e senza creare oneri superflui per l'industria. L'articolo 5 impone all'operatore l'obbligo di predisporre un piano di gestione dei rifiuti. Ai sensi di questa disposizione e dell'articolo 7, paragrafo 2, lettera c), l'operatore deve fornire all'autorità competente tutte le informazioni necessarie riguardanti la prevenzione o la riduzione degli effetti ambientali negativi della gestione dei rifiuti. In virtù dei riferimenti agli articoli 11 e 12 e all'allegato II, il piano di gestione dei rifiuti e il suo contenuto rivestono un'importanza fondamentale nel quadro della proposta. Secondo la Commissione, il piano di gestione dei rifiuti sarà uno strumento di grandissima utilità per l'operatore e consentirà di pianificare in modo corretto e tempestivo le soluzioni da adottare per la gestione dei rifiuti al fine di ridurne la produzione e la pericolosità, promuovendone al tempo stesso il recupero e un vantaggioso riutilizzo del materiale estratto. L'articolo 5, paragrafo 6 prevede espressamente la possibilità di utilizzare come piano di gestione dei rifiuti altri strumenti simili elaborati in ottemperanza alle norme nazionali o comunitarie pertinenti. In questo modo si eviteranno inutili ripetizioni del lavoro svolto dall'operatore e dall'autorità competente. L'articolo 6, cui si ricollega l'allegato I, contiene uno degli elementi fondamentali di questa proposta, vale a dire l'obbligo, da parte dell'operatore, di prevenire gli incidenti rilevanti e le relative conseguenze negative per le persone e per l'ambiente. Per evitare sovrapposizioni normative, questo articolo non si applica alle strutture di deposito dei rifiuti soggette alla direttiva 96/82/CE modificata (Seveso II). La Commissione ritiene in questo modo di onorare l'impegno, assunto all'atto dell'adozione della proposta di modifica della direttiva Seveso II, ad assoggettare a pratiche di gestione sicure, in particolare a ispezioni periodiche da parte dell'autorità competente e alla trasmissione di informazioni al pubblico, tutti i siti adibiti al deposito di rifiuti estrattivi potenzialmente in grado di causare incidenti rilevanti. Il responsabile della sicurezza incaricato dall'operatore della supervisione quotidiana della politica di prevenzione degli incidenti non deve obbligatoriamente essere una persona diversa dallo stesso operatore. Tuttavia, la Commissione ritiene che, ponendo l'accento sulla necessità di istituire una figura professionale responsabile della politica di prevenzione degli incidenti, si possano indurre gli operatori a prestare maggiore attenzione alle attività quotidiane. L'applicabilità di questo articolo è limitata alle strutture di deposito di rifiuti che presentano un rischio elevato (categoria A), perché in generale è più probabile che proprio in queste strutture si verifichino incidenti rilevanti. A questo riguardo, i criteri definiti nell'allegato III della proposta sono intesi a far sì che tutte le strutture di deposito di rifiuti che potrebbero presentare pericoli rilevanti per l'ambiente e la salute umana siano inserite nella categoria A. In linea con quanto disposto dalla convenzione di Århus [38], sottoscritta dalla Comunità europea, e in particolare dall'articolo 7 della medesima, l'articolo 6, paragrafo 6 impone agli Stati membri di provvedere affinché al pubblico interessato venga data tempestivamente la possibilità di partecipare fattivamente alla preparazione o al riesame del piano di emergenza esterno. [38] Convenzione delle Nazioni Unite, del 25 giugno 1998, sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale. L'articolo 7 impone agli Stati membri di provvedere affinché gli operatori di strutture di deposito dei rifiuti possano operare solo se in possesso di un'autorizzazione e indica gli elementi che devono essere riportati nell'autorizzazione. Il riferimento agli articoli 5, 6 e 14 assicura che nella domanda di autorizzazione e nella stessa autorizzazione si tenga conto di tutte le disposizioni della proposta in materia di tutela ambientale. L'operatore, quindi, è tenuto a fornire all'autorità competente tutte le informazioni necessarie per una corretta valutazione della domanda. Il contenuto dell'autorizzazione è tale da consentire la dovuta applicazione delle disposizioni della proposta. L'articolo 8 prevede l'esame dell'autorizzazione da parte del pubblico, conformemente ai principi e agli obblighi enunciati nella convenzione di Århus. La Commissione ritiene che offrendo al pubblico questa possibilità si potrà rendere più trasparente il processo e sostenere il tentativo dell'industria estrattiva di conquistare la fiducia del pubblico riguardo alle proprie attività. La formulazione di questo articolo rispecchia l'articolo 6 della convenzione di Århus e prevede l'informazione del pubblico in generale riguardo a una domanda di autorizzazione e la partecipazione del pubblico interessato al processo di decisione. L'articolo 9, insieme all'allegato III, introduce un sistema di classificazione delle strutture di deposito dei rifiuti che tiene conto dei probabili effetti di un incidente comportante la fuoriuscita dei rifiuti contenuti nella struttura. Trattandosi di aspetti prettamente tecnici e tali da richiedere studi ad hoc, i criteri di classificazione delle strutture dovranno essere ulteriormente elaborati facendo ricorso alla procedura di comitato. L'articolo 10 istituisce alcune misure riguardo alla ripiena, cioè ai rifiuti risistemati nel vuoto di miniera. Pur incoraggiando questo metodo, la Commissione ritiene che i rifiuti utilizzati per la ripiena debbano comunque essere seguiti in qualche modo, per garantirne la stabilità, impedire l'inquinamento delle acque e consentire un monitoraggio adeguato. L'articolo 11 stabilisce prescrizioni e obiettivi generali riguardanti la costruzione e la manutenzione delle strutture di deposito dei rifiuti. La proposta non fornisce indicazioni particolareggiate circa le tecniche ingegneristiche da impiegare, perché siffatte indicazioni sono considerate inopportune in un atto di questo genere La Commissione ritiene che l'autorità competente sia in posizione migliore per valutare se l'operatore si attiene alle indicazioni fornite in materia nel documento sulle BAT. L'articolo 12 prevede misure da attuare per una chiusura e un monitoraggio corretti delle strutture di deposito dei rifiuti. Indica i compiti attribuiti all'operatore e la funzione di supervisione delle procedure di chiusura e post-chiusura assegnata all'autorità competente. La Commissione intende in questo modo impedire a operatori senza scrupoli di sottrarsi ai propri obblighi e fare in modo che si possa far fronte anche ai casi di insolvenza delle società estrattive, attraverso misure coerenti con il principio "chi inquina paga" e tali da non imporre oneri immotivati all'industria. L'articolo 13 indica misure di carattere generale intese a impedire che i rifiuti contenuti in una struttura di deposito provochino effetti negativi sull'ambiente, in particolare sull'acqua e/o sul suolo. Grazie all'inserimento di opportuni rimandi alla normativa comunitaria vigente in materia di acque, sono evitate inutili sovrapposizioni normative. L'articolo, in particolare, comprende una disposizione specifica riguardante la questione delicata della gestione del cianuro nell'industria estrattiva. Il valore limite superiore introdotto per la concentrazione di cianuro allo stato libero e composti di cianuro nei bacini di decantazione degli sterili, pari a 50 ppm di cianuro WAD (weak acid dissociable - dissociabile con un acido debole), è quello indicato nell'International Cyanide Management Code [39] elaborato sotto gli auspici del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (United Nations Environmental Programme - UNEP) e dell'International Council on Metals and the Environment (ICME). È opinione della Commissione che gli impianti di estrazione dell'oro nell'UE e nei paesi candidati all'adesione siano certamente in grado di rispettare questo valore limite, come del resto confermato da rappresentanti dell'industria (Euromines). D'altra parte, la Commissione ritiene che in questo campo sia opportuno stimolare il progresso tecnologico per ridurre ulteriormente le conseguenze negative che un'eventuale fuoriuscita di cianuro potrebbe avere sull'ambiente. A questo scopo, un valore limite di 10 ppm di cianuro WAD da raggiungere, in due tappe, entro dieci anni dalla data di recepimento della direttiva sembra perfettamente realizzabile (e anzi viene già raggiunto in taluni impianti). Gli Stati membri sono liberi di adottare misure di protezione ambientale più rigorose di quelle prescritte in questa iniziativa legislativa. [39] http://www.cyanidecode.org/ . L'articolo 14 prevede che l'operatore fornisca un sistema di garanzia finanziaria prima di dare inizio alle attività di smaltimento. Tale garanzia ha lo scopo di coprire ogni eventuale spesa che un terzo dovrebbe sostenere per il ripristino del sito in caso di insolvenza o mancato adempimento degli obblighi (pratiche "walk away") da parte dell'operatore e può comprendere sistemi basati sulla conformità ad un test finanziario aziendale. Il testo di questo articolo è stato formulato con la massima attenzione per assicurare il conseguimento di questo importante obiettivo senza imporre oneri immotivati all'industria. L'articolo 14, paragrafo 5 chiarisce che, in forza del principio "chi inquina paga" e in linea con quanto disposto in materia di responsabilità ambientale con riferimento alla gestione dei rifiuti nella proposta di direttiva sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale [40], gli operatori delle industrie estrattive sono tenuti ad avere un'adeguata copertura della responsabilità civile per danni ambientali o minaccia imminente di danni causati dalle proprie operazioni. L'allegato I di detta direttiva include nel suo campo di applicazione le "operazioni di gestione dei rifiuti, compresi la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento di rifiuti e di rifiuti pericolosi, nonché la supervisione di tali operazioni e il controllo successivo dei siti di discarica, soggetti a autorizzazione o a registrazione, conformemente alla direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti [41] e alla direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi. [42] Tali operazioni comprendono tra l'altro la gestione di siti di discarica ai sensi della direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti [43] ed il funzionamento di impianti d'incenerimento ai sensi della direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull'incenerimento di rifiuti [44]". Come già indicato al punto 5.1 della presente relazione, in tali rifiuti sono compresi i rifiuti delle industrie estrattive. Questi ultimi, quindi, sono già soggetti alle disposizioni della direttiva proposta sulla prevenzione e riparazione del danno ambientale. [40] Direttiva .../... /CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del [...], sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (proposta COM(2002)17 def. della Commissione, 23.1.2002). [41] GU L 194 del 25.7.1975, pag. 39, modificata da ultimo dalla decisione 96/350/CE della Commissione, del 24 maggio 1996, che adatta gli allegati II A e II B della direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti (GU L 135 del 6.6.1996, pag. 32). [42] GU L 377 del 31.12.1991, pag. 20, modificata dalla direttiva 94/31/CE del Consiglio, del 27 giugno 1994 (GU L 168 del 2.7.1994, pag. 28). [43] GU L 182 del 16.7.1999, pag. 1. [44] GU L 332 del 28.12.2000, pag. 91. L'articolo 15 istituisce una procedura di consultazione tra paesi vicini allo scopo di assicurare lo scambio di informazioni e l'informazione dei cittadini riguardo alle strutture di deposito dei rifiuti che potrebbero avere conseguenze negative sull'ambiente in tali paesi. L'articolo 16 introduce una delle misure più importanti della proposta, vale a dire l'obbligo per l'autorità competente di ispezionare le strutture di deposito dei rifiuti. Sulla scorta dell'esperienza maturata in questi ultimi anni in seguito ai gravi incidenti di Aznalcóllar e Baia Mare, la Commissione è giunta alla conclusione che, per evitare gravi conseguenze negative sull'ambiente, è necessario un sistema forte di controllo dell'applicazione delle norme. L'articolo 16, paragrafo 2 impone all'operatore di tenere una documentazione sulla costruzione e sul successivo sviluppo della struttura di deposito dei rifiuti, e di garantirne un appropriato trasferimento in caso di subentro di un nuovo operatore. A parere della Commissione, tale disposizione può contribuire a evitare incidenti gravi e a limitarne le conseguenze, visto che il mancato trasferimento delle informazioni riguardanti strutture che esistono magari da decine di anni rappresenta una concausa importante di cattiva gestione delle stesse. L'articolo 17 prevede che gli Stati membri debbano fornire le informazioni necessarie per valutare l'efficacia di questa proposta e l'andamento quantitativo futuro dei rifiuti delle industrie estrattive. In particolare sono richieste informazioni sugli incidenti e sugli incidenti sfiorati, da poter mettere a disposizione degli Stati membri interessati. L'articolo 18 impone agli Stati membri di determinare le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali di attuazione della presente direttiva per dissuadere le imprese dal porre in essere comportamenti non corretti. L'articolo 19 prevede uno scambio di informazioni sui metodi da utilizzare per l'elaborazione di inventari e per il ripristino delle strutture di deposito dei rifiuti chiuse che sono causa di grave inquinamento per l'ambiente. In questo modo sarà possibile ridurre le pressioni ambientali dovute ad una pesante "eredità del passato". L'articolo riguarda anche la divulgazione delle informazioni sulle migliori tecniche disponibili. In effetti, dal 2001 la Commissione organizza uno scambio di informazioni sulle BAT in materia di gestione dei rifiuti del settore estrattivo tra Stati membri e organizzazioni interessate e prevede di pubblicare i risultati del lavoro nel 2004. Gli Stati membri dovrebbero pertanto tener conto di tali informazioni quando attuano la direttiva. L'articolo 20 stabilisce le misure di attuazione e di modificazione che la Commissione adotta, con l'ausilio del comitato di cui all'articolo 21, istituito dalla direttiva 75/442/CEE e costituito da esperti degli Stati membri che dispongano delle competenze necessarie riguardo alla gestione dei rifiuti dell'industria estrattiva. L'allegato I contiene un elenco degli elementi da tenere in considerazione nella stesura di una politica per la prevenzione di incidenti rilevanti, nonché degli elementi che devono essere resi pubblici. L'allegato II indica i parametri da analizzare nel contesto della procedura di caratterizzazione dei rifiuti. L'allegato III indica i criteri da utilizzare nella determinazione della categoria di rischio di una struttura di deposito dei rifiuti. 11. Scheda di valutazione dell'impatto: impatto della proposta sulle imprese con particolare riferimento alle piccole e medie imprese (PMI) 11.1. In considerazione del principio di sussidiarietà esporre i motivi per i quali è necessaria una normativa comunitaria in questo settore L'articolo 2 della direttiva quadro sui rifiuti indica che i "i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave" sono esclusi dal campo di applicazione della direttiva "qualora già contemplati da altra normativa". Esso stabilisce inoltre che "disposizioni specifiche particolari o complementari a quelle della presente direttiva per disciplinare la gestione di determinate categorie di rifiuti possono essere fissate da direttive particolari". Alla luce delle differenze esistenti tra le varie normative nazionali e del carattere transnazionale delle ripercussioni ambientali dei rifiuti provenienti dalle industrie estrattive, è necessario stabilire a livello comunitario prescrizioni minime atte ad assicurare una gestione più sicura delle strutture di deposito dei rifiuti e una protezione più efficace dell'ambiente. La direttiva oggetto di questa proposta è considerata lo strumento più adatto per riportare chiarezza nella gestione dei rifiuti provenienti dalle industrie estrattive e per istituire un quadro di azione che goda del sostegno della Commissione, degli Stati membri e della stessa industria. I vantaggi derivanti dall'istituzione di un insieme comune di norme valide in tutti i paesi dell'UE sono considerati un elemento positivo, e confermano il concetto secondo cui è preferibile emanare normative a livello comunitario piuttosto che avere un ventaglio di controlli nazionali, regionali e locali di varia efficacia. 11.2. Obiettivi principali della direttiva proposta La direttiva proposta mira a istituire un quadro entro il quale gli operatori dell'industria estrattiva e gli Stati membri possano concordare azioni opportune. Essa si propone in modo specifico di non introdurre norme eccessivamente prescrittive in un settore caratterizzato dalla presenza di strutture che possono rimanere operative per centinaia di anni e, contemporaneamente, da una rapida evoluzione della tecnologia. I due obiettivi tecnici principali della direttiva proposta sono: -ridurre al minimo gli effetti negativi del drenaggio inquinato prodotto dalle strutture di deposito dei rifiuti, le cui ripercussioni ambientali possono esercitarsi nell'arco di periodi di tempo lunghissimi che vanno ben più in là della chiusura della struttura e della miniera o cava da cui provengono i rifiuti; -prevenire o ridurre al minimo le conseguenze degli incidenti e in particolare garantire la stabilità a lungo termine delle dighe di contenimento e dei bacini di decantazione degli sterili, dato che il cedimento delle dighe può provocare estesi danni ambientali e mettere in pericolo vite umane. Le principali procedure amministrative indicate nella direttiva proposta riguardano: -la pianificazione, l'autorizzazione e la chiusura delle strutture di deposito dei rifiuti utilizzate dall'industria estrattiva; sono previste misure particolari per le strutture che potrebbero avere un impatto al di là delle frontiere nazionali; -meccanismi da porre in atto in caso di incidenti rilevanti ed eventi inattesi; -l'introduzione di meccanismi atti a garantire che tutti gli operatori dell'industria estrattiva forniscano (e mantengano) garanzie finanziarie sufficienti ad assicurare, a tempo debito, il completo ripristino delle strutture di deposito dei rifiuti poste sotto la loro responsabilità, indipendentemente dalla posizione o situazione finanziaria in cui si troveranno in quel momento gli stessi operatori. 11.3. Determinare l'incidenza della direttiva proposta 11.3.1. Settori di attività Tra le imprese, saranno interessati dalla proposta tutti (o pressoché tutti) gli operatori di miniere e cave, nonché tutti gli operatori dei settori petrolifero e del gas on-shore. In questo contesto, per "operatori" si intendono i soggetti le cui attività comprendono l'estrazione, il trattamento e il deposito di minerali. Parimenti, saranno interessate dalla proposta anche le amministrazioni nazionali, regionali e locali, comprese le autorità di regolamentazione autonome e semiautonome e le altre autorità competenti. L'impatto normativo varierà notevolmente in funzione delle caratteristiche e del volume dei rifiuti prodotti da ciascuna operazione, nonché delle caratteristiche dei regimi di autorizzazione a cui sono soggetti gli operatori. Le operazioni che verosimilmente risentiranno meno degli effetti della direttiva proposta sono quelle per le quali sussistono tutte le condizioni seguenti: -produzione, senza uso di acqua o sostanze chimiche, di un minerale totalmente o sostanzialmente inerte e -utilizzo di tecniche di estrazione a cielo aperto in miniere o cave e ricollocazione del topsoil, dello strato di copertura e della roccia sterile nell'area già coltivata e -lavorazioni effettuate interamente al di sopra della falda acquifera senza rischi (o con rischi minimi) di allagamenti e -autorizzazioni già ottenute e regolamentazione pregressa degli aspetti legati all'efficienza ambientale e alla sicurezza. Anche se la direttiva proposta non fa distinzione tra strutture di gestione situate al di sopra o al di sotto della falda freatica (cfr. terzo trattino), è evidente che quelle che producono solo rifiuti inerti (primo trattino) e non sono inondate in via permanente o sporadica disporranno di piani di gestione dei rifiuti e di valutazione dei rischi semplificate che saranno più facili da applicare e meno costosi da gestire. Questa affermazione non può estendersi alle strutture che smaltiscono rifiuti non inerti, che possono inquinare le acque sotterranee con percolato, se i rifiuti si trovano all'interno o al di sopra di un bacino idrografico. Viceversa, le operazioni che risentiranno maggiormente degli effetti della direttiva proposta sono quelle per le quali ricorre almeno una delle seguenti condizioni (a meno che tali operazioni non siano già autorizzate e che gli aspetti legati all'efficienza ambientale e alla sicurezza non siano già regolamentati in qualche forma): -produzione di un minerale o rifiuto a tutti gli effetti pericoloso (o caratterizzato da attività chimica in circostanze "normali") e/o -estrazione di un minerale da una massa minerale che può causare inquinamento acido o alcalino e/o -utilizzo di acqua per la lavorazione del minerale o per il deposito dei rifiuti e/o -utilizzo di sostanze chimiche (quali il cianuro o gli xantati) per la lavorazione del minerale. 11.4. Precisare gli obblighi imposti alle imprese per conformarsi alla direttiva proposta 11.4.1. Panoramica generale Con il recepimento della direttiva proposta, agli operatori dell'industria estrattiva saranno attribuiti vari compiti. Per molti operatori, in particolare nei paesi che sono già Stati membri dell'UE, questi compiti non saranno del tutto nuovi, in quanto l'industria estrattiva è già ampiamente regolamentata e la maggior parte degli operatori ha già istituito politiche e meccanismi per affrontare le questioni trattate dalla direttiva proposta. Gli operatori sono già soggetti all'obbligo di autorizzazione ai sensi della direttiva quadro sui rifiuti, perciò l'impatto marginale della direttiva proposta dovrebbe essere limitato. Una maggior chiarezza a livello degli operatori e delle autorità competenti potrà facilitare l'adempimento di molti degli obblighi e incidere favorevolmente sui costi associati. Il documento sulle BAT dovrebbe fare chiarezza su alcuni punti; un contributo ulteriore potrebbe venire, a livello nazionale, dagli Stati membri attraverso l'elaborazione e la pubblicazione di piani-modello, politiche e orientamenti tecnici a cui gli operatori e i singoli funzionari possano fare riferimento per non dover partire ogni volta da zero nella definizione delle soluzioni da attuare. 11.4.2. Costi aggiuntivi I nuovi obblighi (e i costi aggiuntivi) previsti a carico degli operatori nel settore dell'estrazione mineraria possono essere raggruppati in tre voci: -costi una tantum riconducibili direttamente alla necessità di adeguare una struttura già esistente o da realizzare alle prescrizioni normative e alle condizioni di esercizio fissate dalla direttiva proposta; -costi annui aggiuntivi da sostenere nella fase di operatività della struttura; -costi annui aggiuntivi da sostenere dopo la chiusura della struttura. Gli articoli da 5 a 13 compreso saranno presumibilmente all'origine di costi una tantum per molti operatori, anche se taluni operatori non saranno interessati direttamente da alcuni articoli. I costi maggiori deriveranno con tutta probabilità dall'applicazione degli articoli 11 (costruzione e gestione delle strutture di deposito dei rifiuti) e 13 (prevenzione dell'inquinamento delle acque e del suolo). Gli articoli 5, 6, 12 e 13 saranno verosimilmente all'origine di un aggravio dei costi annui nella fase di operatività per molti operatori. Gli articoli 12 (chiusura e gestione successiva alla chiusura) e, in misura minore, 13 (prevenzione dell'inquinamento delle acque e del suolo) determineranno verosimilmente, per la maggior parte degli operatori, un aggravio dei costi nella fase post-chiusura. Dato che i costi da sostenere per prestare una garanzia finanziaria sono nettamente distinti dagli altri costi e, secondo le previsioni, rappresenteranno una quota significativa dei costi totali, è opportuno soffermarsi in maniera più approfondita sull'articolo 14. L'articolo 14 mira a scongiurare il rischio che un operatore dichiari bancarotta durante o al termine della fase di operatività e abbandoni l'attività senza lasciare risorse per le fasi di chiusura e post-chiusura. A questo scopo, impone agli operatori di prestare preventivamente una garanzia finanziaria di valore sufficiente a coprire per intero tali costi. Secondo le informazioni disponibili, in Irlanda e in Canada vige già un sistema analogo a quello previsto dall'articolo 14. La garanzia finanziaria viene normalmente prestata sotto forma di denaro contante, lettere di credito o garanzie bancarie, garanzie cauzionali assicurative e/o polizze assicurative di garanzia finanziaria. Il denaro contante non rappresenta un'opzione realistica per la maggior parte delle imprese, né costituirebbe un meccanismo efficiente dal punto di vista economico se non per le imprese che hanno accesso a capitali eccedenti. Le lettere di credito e le garanzie bancarie riducono il fido dell'impresa; diminuiscono di un ammontare equivalente alla garanzia i finanziamenti a cui ha accesso l'impresa e possono accrescerne il costo complessivo. Difficilmente questa opzione sarebbe praticabile (o sostenibile) per le imprese che non presentano una posizione creditizia (credit rating) pari o superiore ad "AA". Restano quindi le garanzie cauzionali e i meccanismi di garanzia simili (di tipo "condizionato", cioè che possono essere soggetti a condizioni concordate dal finanziatore e dall'operatore, oppure "su richiesta", cioè soggetti a condizioni modificabili a richiesta del finanziatore). Tali garanzie vengono di norma prestate per il tramite di un intermediario specializzato, e salvo che al debito dell'operatore sia stato assegnato un rating "investment grade", è probabile che debbano appoggiarsi su qualche tipo di controgaranzia a carico dell'operatore. Gli operatori che possono dimostrare una buona affidabilità, in particolare quelli che hanno una società capogruppo solida e diversificata, possono appoggiare le garanzie cauzionali sul loro bilancio (in altri termini, il costo della garanzia è pari al costo marginale del capitale). Per le società meno solide e meno conosciute, può essere più difficile procurarsi le garanzie necessarie. Secondo i dati disponibili, in Irlanda, la garanzia finanziaria (cauzionale) ha un costo annuo compreso tra lo 0,5 e lo 0,75% del valore della garanzia, mentre in Canada è più vicino all'1%: a tale percentuale, il costo annuo da sostenere per ogni milione di euro oggetto della garanzia è pari a 10 000 EUR. 11.5. Precisare gli obblighi imposti alle amministrazioni nazionali, regionali e locali per conformarsi alla direttiva proposta Le amministrazioni nazionali dovranno istituire (o adeguare) e successivamente mantenere sistemi di regolamentazione, ispezione e controllo dell'attuazione della direttiva che garantiscano l'adempimento degli obblighi imposti loro dalla direttiva proposta. La possibilità di delegare alcuni di questi obblighi alle amministrazioni regionali e/o locali sarà influenzata anche, in alcuni casi, dalla conformazione geologica del paese; da questa dipende anche l'interesse commerciale delle operazioni di estrazione. Gran parte dei costi aggiuntivi a carico delle amministrazioni sarà legata alla necessità di aumentare il personale tecnico e amministrativo. Trascorsi i primi 5-10 anni, la nuova disciplina dovrebbe essere stata assimilata e questi costi dovrebbero diminuire. Il numero di persone in più da impiegare e le qualifiche tecniche che esse dovranno possedere varieranno da paese a paese in funzione del numero e del tipo delle miniere, cave e altre strutture dell'industria estrattiva già chiuse, in attività o previste per il futuro. Un gruppo composto da cinque persone nell'amministrazione centrale e un gruppo analogo, composto anch'esso da cinque persone, nell'autorità competente dovrebbero costare poco meno di 1 milione di euro all'anno tra costi salariali e costi accessori connessi al rapporto di lavoro, costi degli uffici e costi delle altre strutture necessarie. A livello regionale o locale potrebbe essere necessaria una capacità aggiuntiva per l'amministrazione. 11.6. Definire la prevedibile incidenza economica della direttiva proposta È importante notare che le stime dei costi riportate di seguito si basano sul fatto che la direttiva sulle discariche (1999/31/CE) attualmente non si applica alle strutture di gestione dei rifiuti dell'industria estrattiva. Viste le potenziali implicazioni della direttiva quadro sui rifiuti e della direttiva sulle discariche, è lecito ipotizzare che, se le disposizioni di tali direttive fossero applicate integralmente ai rifiuti delle industrie estrattive, i costi aggiuntivi derivanti dall'applicazione della presente proposta sarebbero modesti. In base a quanto emerso da una valutazione effettuata per la Commissione [45], il valore attuale netto (Net Present Value - NPV) [46] del flusso di costi totale sfiora i 670 milioni di euro; secondo le previsioni, la quota maggiore di questi costi ricadrà sul settore degli aggregati da costruzione (50%), sul settore dell'estrazione di carbone in profondità (21%), sul settore dell'estrazione di metalli in profondità (12%) e sul settore del gesso e delle argille speciali (9%). Queste stime riguardano i 15 Stati membri e i 10 paesi in via di adesione e si fondano sull'ipotesi che molte delle strutture esistenti dovranno, in qualche misura, adeguare le prassi in uso per la gestione dei rifiuti. [45] Financial evaluation of a Proposal for a Directive on waste from the extractive industry, Symonds Group, novembre 2002. Il costo stimato cui fa riferimento il testo è ricavato da un aggiornamento del mese di aprile 2003 in base alla proposta di direttiva riesaminata. [46] Il concetto di valore attuale netto è molto utilizzato dagli analisti finanziari per comparare flussi di cassa diversi (vale a dire sequenze di costi e/o ricavi ripartiti in periodi diversi). Esso calcola una somma di denaro riferita al presente che rappresenta un determinato flusso di cassa a un determinato tasso di interesse. Tiene conto, quindi, del costo legato all'accesso ai finanziamenti e/o all'uso del denaro, e del fatto che un euro subito disponibile vale più della promessa di un euro in futuro. Dalla valutazione emerge che l'NPV dei costi associati alle miniere profonde di metalli nell'arco di un periodo di operatività stimato in 40 anni ammonterebbe a circa 83 milioni di euro. Per inquadrare questi dati nel giusto contesto, si ricorda che con una produzione di metallo stimata, in maniera molto approssimativa, in circa 2 milioni di tonnellate all'anno, pari a 80 milioni di tonnellate nell'arco di 40 anni, l'NPV sarebbe di circa 1 EUR per tonnellata di metallo estratto. I dati su cui si basa questa valutazione sono tutt'altro che certi; tuttavia i risultati indicano che, in termini percentuali, i costi supplementari assorbiti dai consumatori o che ricadrebbero sui consumatori di metalli sarebbero modesti. In uno studio del 2001 sui costi associati al miglioramento della gestione dei rifiuti minerari [47] è stato analizzato un campione ristretto di miniere per stimare il costo complessivo della gestione dei rifiuti nelle miniere metallifere. Il costo calcolato è risultato appena inferiore a 15 EUR per tonnellata di metallo estratto per le miniere di zinco e circa il doppio per le miniere di rame. [47] A study on the costs of improving the management of mining waste, Symonds Group, ottobre 2001 (http://europa.eu.int/comm/environment/ waste/studies/mining/mining_cost.pdf). Le ipotesi di costi formulate in questo studio si riferiscono alla situazione nei settori dell'industria estrattiva prima dell'entrata in vigore della direttiva sulle discariche. Esaminando il risultato dello studio con le stime citate in precedenza (pari a 1 EUR per tonnellata di minerale estratto per le nuove misure di gestione dei rifiuti), risulta che l'aumento dei costi di gestione dei rifiuti derivante da questa proposta sarebbe compreso tra il 5 e il 10% degli attuali costi di gestione dei rifiuti per molte miniere. Per quanto riguarda gli aggregati da costruzione, il contributo elevato al costo complessivo rispecchia il numero relativamente elevato delle cave (sono attualmente 20 000 nei 15 Stati membri e circa 5 000 nei paesi candidati e la maggior parte di esse sono piccole e medie imprese). Il valore attuale netto dei costi associati agli aggregati da costruzione è stato stimato a 335 milioni di euro (cioè 33,5 milioni l'anno su una vita media di una cava di dieci anni), rispetto al fatturato del settore (calcolato solo per i 15 Stati membri) di 35 000 milioni di euro e una produzione pari a circa 2 650 tonnellate di aggregati da costruzione l'anno [48]. Il costo aggiuntivo sarebbe pertanto equivalente a quasi lo 0,1% del fatturato e a 0,01 EUR per tonnellata di aggregato venduta. Si prevede che i costi aggiuntivi per le cave di piccole e medie dimensioni dovrebbero essere limitati a circa 425 EUR per anno di funzionamento e a 625 EUR per anno per la fase successiva alla chiusura. [48] http://www.uepg.org/ . 11.7. Indicare se la proposta contiene misure destinate a tener conto della situazione specifica delle piccole e medie imprese (PMI) La direttiva proposta non prevede esenzioni destinate espressamente alle PMI; tuttavia, è soprattutto alle piccole e medie imprese che si applicheranno, nel concreto, le esenzioni previste. Innanzitutto, la terra inquinata è esclusa dal campo di applicazione della proposta; in secondo luogo, i rifiuti inerti sono soggetti solo a disposizioni limitate. La maggior parte delle PMI che avrebbero potuto essere interessate da questa proposta (ad es. le cave di pietra ornamentale, le imprese che estraggono minerali industriali, ecc.) di norma producono solo rifiuti inerti non pericolosi e terra non inquinata, e dunque o non sono interessate dalle misure contenute nella direttiva proposta o saranno interessate solo da alcune di esse. Inoltre, l'articolo 6, che riguarda la prevenzione di incidenti rilevanti e l'informazione del pubblico, si applica solo alle strutture classificate nella categoria A; lo stesso vale per l'articolo 15, che riguarda gli effetti transfrontalieri. D'altra parte, se è vero che alcune miniere e cave gestite da PMI saranno classificate nella categoria A, è anche vero che difficilmente si potrebbe sostenere che tali PMI debbano essere assoggettate a criteri di tutela della sicurezza del pubblico inferiori rispetto a quelli che si applicano alle imprese più grandi 12. Consultazione delle parti interessate Per garantire una consultazione il più possibile ampia circa il potenziale campo di applicazione e il contenuto di questa proposta, la Direzione generale Ambiente della Commissione ha organizzato una serie di riunioni, seminari e convegni tecnici, ha dato l'avvio a vari studi e ha creato un'apposita pagina web [49]. [49] http://europa.eu.int/comm/ environment/ waste/ mining.htm. Uno studio sui costi associati al miglioramento della gestione dei rifiuti minerari, completato dalla società di consulenza Symonds Group nell'ottobre 2001, ha analizzato le implicazioni economiche dell'attuazione di misure di gestione dei rifiuti. Un secondo studio sugli aspetti tecnici della gestione dei rifiuti minerari (Management of Mining, Quarrying and Ore-Processing Waste in The European Union), condotto dalla società di consulenza BRGM e pubblicato nell'aprile 2002, ha analizzato i quantitativi di rifiuti e le pratiche di gestione nell'UE. Entrambi gli studi, una volta ultimati, sono stati messi a disposizione nella pagina web della Direzione generale Ambiente. Sono stati inoltre elaborati tre documenti di lavoro che sono serviti come spunto per discussioni ad hoc con tutti i soggetti interessati (Stati membri, paesi candidati all'adesione, diversi settori dell'industria e ONG). Nell'elaborazione di tali documenti sono stati utilizzati i risultati degli studi sopra menzionati. Anche i tre documenti di lavoro sono disponibili nella pagina della DG Ambiente, insieme ai commenti dei soggetti consultati. Infine, è stata istituita una casella di posta elettronica utilizzabile dai vari enti o dalle persone interessate per inoltrare i propri commenti. Le posizioni dei soggetti consultati (Stati membri, paesi candidati all'adesione, industria, ONG) sono sintetizzate qui di seguito. 12.1. Stati membri e paesi candidati Si sono svolti tre incontri con i rappresentanti degli Stati membri e dei paesi candidati. La maggior parte dei paesi ha accolto positivamente la proposta, da parte della Commissione europea, di una direttiva volta a migliorare la gestione dei rifiuti provenienti dalle industrie estrattive. La proposta è ritenuta anche una buona occasione per creare un quadro giuridico organico per questo flusso di rifiuti, visto che le disposizioni della direttiva sulle discariche non sono considerate adatte alle sue caratteristiche specifiche. I suggerimenti e le riserve formulate riguardano principalmente gli aspetti indicati in appresso. -Il campo di applicazione della direttiva dovrebbe essere circoscritto ai rifiuti minerari che più facilmente potrebbero causare danni ambientali. La direttiva dovrebbe quindi evitare, ad esempio, di imporre oneri immotivati per la gestione dei rifiuti inerti non pericolosi o dei rifiuti risultanti dalle operazioni di prospezione. Alcune disposizioni, inoltre, sono state giudicate eccessivamente prescrittive, e si sarebbe preferito demandare la trattazione di alcune questioni agli Stati membri o al documento sulle BAT. -La classificazione delle strutture di deposito dei rifiuti riveste un'importanza cruciale perché da essa dipende l'applicazione di disposizioni importanti della direttiva. Il sistema di classificazione dovrebbe essere flessibile e tener conto compiutamente delle condizioni operative, quindi dovrebbe basarsi su un processo di valutazione dei rischi. -Gli allegati tecnici non dovrebbero essere troppo dettagliati, e sarebbe preferibile che le questioni tecniche venissero trattate nel documento di riferimento sulle BAT. A questo riguardo, è stato suggerito anche di inserire nella direttiva sufficienti riferimenti alle BAT. -La redazione di un inventario delle strutture di deposito dei rifiuti dismesse e gli obblighi di ripristino di tali strutture sono considerati aspetti di grande complessità che sarebbe opportuno non regolamentare a livello comunitario. 12.2. Industria Nel corso del 2001 e del 2002 sono state consultate diverse organizzazioni, che hanno presentato i propri commenti sulla proposta. Tra tali organizzazioni si ricordano: IMA (Industrial Minerals Association) -Europe EAA (European Aluminium Association) UK Coal Euromines (European Association of Mining Industries, Metal Ores & Industrial Minerals) British Aggregates Association Bundesverband Baustoffe Steine+Erden e.V. (Associazione tedesca dei produttori di materiali per edilizia) CBI (Confederation of British Industries) CEAMIM (Comité de las Empresas Andaluzas de Minería Metálica) CECSO (European Solid Fuels Association) CEPMC (Council of European Producers of Materials for Construction) CERAME-UNIE (Liaison Office of the European Ceramic Industry) CLC (Cobre Las Cruces S.A.) FEAD (European Federation of Waste Management and Environmental Services) OGP (International Association of Oil and Gas Producers) RNGM (Rio Narcea Gold Mines S.A.) The BANKS Group (Società britannica di estrazione di carbone a cielo aperto) The Mining Association of the United Kingdom UEPG (European Aggregates Association) WVB (Wirtschaftsvereinigung Bergbau e.V.) Le loro posizioni sono riassunte di seguito. -Diverse organizzazioni sono favorevoli alla creazione di un quadro giuridico comunitario specifico per i rifiuti delle industrie estrattive, altre invece non concordano sulla necessità di un'iniziativa di questo genere. Sono state espresse perplessità circa il potenziale impatto della proposta sulla concorrenzialità delle imprese e circa il possibile aggravio del carico di lavoro amministrativo. Dovrebbero essere chiariti i collegamenti tra la proposta e la direttiva quadro sui rifiuti, nonché altri testi legislativi comunitari applicabili, sia esistenti che in preparazione, e dovrebbero essere evitate sovrapposizioni con disposizioni normative già esistenti, specialmente in materia di procedure di autorizzazione. -Per quanto riguarda il campo di applicazione della proposta, dovrebbe essere data una corretta definizione del termine "rifiuti", tenendo conto delle pratiche in uso nell'industria estrattiva. In particolare, materiali quali il topsoil, lo strato di copertura e i rifiuti inerti dovrebbero essere esclusi dal campo di applicazione della direttiva oppure trattati conformemente al rischio potenziale che presentano. Alcuni dei soggetti consultati sono inoltre dell'avviso che la proposta non debba contenere disposizioni in materia di incidenti rilevanti, e che tali incidenti debbano formare oggetto unicamente della direttiva Seveso II. -Per quanto riguarda il contenuto della proposta, la proposta dovrebbe essere flessibile e non eccessivamente prescrittiva, e gli obblighi da essa imposti dovrebbero essere proporzionali ai problemi ambientali che potrebbero verosimilmente verificarsi. La maggior parte dei soggetti consultati si è espressa a favore di un sistema di classificazione delle strutture di deposito dei rifiuti basato sulla valutazione dei rischi. Le disposizioni in materia di garanzie finanziarie dovrebbero lasciare un sufficiente margine di decisione alle autorità degli Stati membri. Il testo dovrebbe contenere sufficienti riferimenti al documento sulle BAT. 12.3. ONG Sono state consultate le seguenti ONG attive in campo ambientale: EEB (Ufficio europeo dell'ambiente) Minewatch WWF (Fondo mondiale per la natura) Le posizioni delle ONG consultate sono sintetizzate di seguito. -L'iniziativa della Commissione volta a creare un quadro giuridico specifico per i rifiuti minerari è giudicata positivamente. La proposta dovrebbe essere sufficientemente ampia e nettamente orientata ai risultati e non dovrebbe basarsi in misura eccessiva sulle BAT. In particolare, dovrebbe trattare in maniera adeguata i rifiuti inerti che più facilmente potrebbero essere all'origine di inquinamento, come pure altri aspetti importanti quali i vuoti di miniera e l'assicurazione sulla responsabilità civile. -La proposta dovrebbe essere formulata in termini non ambigui; dovrebbe contenere una definizione più esplicita di "rifiuti" e contenere riferimenti diretti agli altri testi legislativi comunitari applicabili. L'inventariazione delle strutture di deposito dei rifiuti chiuse risulterebbe meno complessa se si concentrasse l'attenzione sugli impatti significativi registrati; nella classificazione delle strutture si dovrebbero tenere nella dovuta considerazione gli aspetti ambientali. 12.4. Altri soggetti Commenti sono pervenuti anche dai seguenti soggetti: EFG (Federazione europea dei geologi) Escuela de minas di Madrid SHCMOEI (Safety and Health Commission on the Mining and Other Extractive Industries) Tali soggetti, ad eccezione dell'SHCMOEI, hanno espresso il loro sostegno alla proposta. È stato posto l'accento sul ruolo della persona competente in relazione alla prevenzione degli incidenti. Altri commenti e suggerimenti rispecchiano i pareri espressi dall'industria e dalle ONG e riportati poco sopra. Utili informazioni e consulenze tecnico-scientifiche sono venute anche dal progetto ERMITE (Environmental Regulation of Mine waters In The EU), finanziato nell'ambito del Quinto programma quadro di ricerca (contratto n. EVK1-CT-2000-078). 2003/0107 (COD) Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione [50], [50] GU C ... del..., pag. ... visto il parere del Comitato economico e sociale europeo [51], [51] GU C ... del..., pag. ... visto il parere del Comitato delle regioni [52], [52] GU C ... del..., pag. ... deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato [53], [53] Parere del Parlamento europeo del [ ], posizione comune del Consiglio del [ ] e decisione del Parlamento europeo del [ ]. considerando quanto segue: (1) La comunicazione della Commissione "Sicurezza delle attività minerarie: situazione dopo i recenti incidenti" [54] definisce, tra gli interventi prioritari, un'iniziativa volta a regolamentare la gestione dei rifiuti provenienti dalle industrie estrattive. Tale intervento è inteso ad integrare le iniziative riguardanti la prevista modifica della direttiva 96/82/CE del Consiglio, del 9 dicembre 1996, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose [55] e la preparazione di un documento sulle migliori tecniche disponibili riguardanti la roccia sterile e gli sterili derivanti dalle attività estrattive nell'ambito della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996 sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento [56]. [54] COM(2000) 664 def. [55] GU L 10 del 14.1.1997, pag. 13. [56] GU L 257 del 10.10.1996, pag. 26. (2) Nella risoluzione del 19 giugno 2001 sulla comunicazione in questione, il Parlamento europeo ha sostenuto con forza la necessità di una direttiva sui rifiuti delle industrie estrattive. (3) Nella decisione 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente [57], gli obiettivi fissati per i rifiuti che vengono ancora prodotti sono i seguenti: ridurne il livello di pericolosità; far sì che essi presentino il minor rischio possibile; privilegiare il recupero e soprattutto il riciclo; ridurre al minimo il quantitativo di rifiuti destinati allo smaltimento e garantire uno smaltimento sicuro; trattare i rifiuti destinati allo smaltimento il più vicino possibile al luogo in cui sono stati prodotti purché ciò non comporti una minor efficacia delle operazioni di trattamento dei rifiuti. La decisione 1600/2002/CE prevede inoltre, tra le azioni prioritarie rispetto agli incidenti e alle catastrofi, la preparazione di misure che contribuiscano ad evitare il pericolo di incidenti rilevanti, con particolare riguardo a quelli connessi alle attività estrattive, e lo sviluppo di misure in materia di rifiuti di estrazione. Infine, un'altra azione prioritaria contemplata dalla decisione consiste nella promozione di una gestione sostenibile delle industrie estrattive nell'intento di ridurne l'impatto ambientale. [57] GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1. (4) In conformità degli obiettivi perseguiti dalla politica comunitaria in materia di ambiente, è necessario fissare requisiti minimi per prevenire o ridurre, per quanto possibile, qualsiasi effetto negativo sull'ambiente o sulla salute umana derivante dalla gestione dei rifiuti prodotti dalle industrie estrattive, come gli sterili (cioè i solidi che rimangono dopo il trattamento di minerali con varie tecniche), la roccia sterile e lo strato di copertura (cioè il materiale rimosso con le operazioni di estrazione per accedere ad un giacimento o un corpo minerario) e il topsoil (cioè lo strato più superficiale del terreno). (5) La presente direttiva deve pertanto disciplinare la gestione dei rifiuti provenienti dalle industrie estrattive onshore. Le disposizioni devono anche rispecchiare i principi e le priorità contenuti nella direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti [58] che, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera b) ii), continua ad applicarsi a tutti gli aspetti della gestione dei rifiuti delle industrie estrattive che non rientrano nella presente direttiva. [58] GU L 194 del 25.7.1975, pag. 39, modificata da ultimo dalla decisione 96/350/CE della Commissione (GU L 135 del 6.6.1996, pag. 32). (6) Per evitare duplicazioni e disposizioni amministrative sproporzionate, il campo di applicazione della presente direttiva deve essere limitato alle operazioni ritenute prioritarie per realizzare gli obiettivi fissati. (7) Le disposizioni della presente direttiva non devono pertanto applicarsi ai flussi di rifiuti generati durante l'estrazione di minerali o le operazioni di trattamento che non sono tuttavia direttamente connessi ai processi di estrazione o di trattamento. Se i suddetti rifiuti vengono depositati sul terreno o interrati, si applicano le disposizioni della direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti [59], come nel caso dei rifiuti generati in un sito di estrazione o di trattamento e successivamente trasportati in altra sede per depositarli sul terreno o interrarli. [59] GU L 182 del 16.7.1999, pag. 1. (8) Analogamente, le disposizioni della presente direttiva non devono applicarsi ai rifiuti derivanti dall'estrazione e dal trattamento di risorse minerarie in alto mare, al deposito di terra non inquinata o ai rifiuti derivanti dalla prospezione di risorse minerali, mentre ai rifiuti inerti non pericolosi derivanti dall'estrazione e dal trattamento delle risorse minerali si applicano solo alcune disposizioni, visti i minori rischi ambientali che tali rifiuti comportano. (9) Inoltre, anche se la gestione dei rifiuti delle industrie estrattive che possono essere radioattivi rientra nel campo di applicazione della presente direttiva, questa non deve riguardare gli aspetti specifici della radioattività. (10) Al fine di rispettare i principi e le priorità della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, ed in particolare gli articoli 3 e 4, gli Stati membri sono tenuti a garantire che gli operatori impegnati nell'industria estrattiva facciano tutto il necessario per prevenire o ridurre il più possibile le ripercussioni negative, effettive o potenziali, sull'ambiente o sulla salute umana connesse alla gestione dei rifiuti generati dalle industrie estrattive. (11) Tali misure devono fondarsi sul concetto di "migliori tecniche disponibili" di cui alla direttiva 96/61/CE e, nell'applicarle, gli Stati membri devono determinare in che modo le caratteristiche tecniche delle strutture di deposito dei rifiuti, la loro ubicazione geografica e le condizioni ambientali locali possano eventualmente essere prese in esame. (12) Gli Stati membri sono tenuti a garantire che gli operatori dell'industria estrattiva elaborino adeguati piani di gestione dei rifiuti per il trattamento, il recupero e il deposito dei rifiuti di estrazione. I piani devono essere strutturati in modo tale da garantire un'adeguata pianificazione delle varie soluzioni di gestione dei rifiuti al fine di ridurre al minimo la produzione e la pericolosità dei rifiuti e di incentivarne il recupero. Infine, i rifiuti delle industrie estrattive devono essere caratterizzati rispetto alla loro composizione per garantire, nei limiti del possibile, che reagiscano unicamente secondo modalità prevedibili. (13) Per ridurre al minimo il rischio di incidenti e garantire un livello elevato di protezione dell'ambiente e della salute umana, gli Stati membri devono garantire che ciascun operatore adotti e applichi una politica di prevenzione degli incidenti rilevanti riguardo ai rifiuti. A livello di prevenzione, tale politica deve comportare la messa in atto di un sistema di gestione della sicurezza, la presentazione di piani di emergenza in caso di incidente e la divulgazione delle informazioni in materia di sicurezza alle persone che possono essere colpite da un incidente rilevante. In caso di incidente, gli operatori devono essere tenuti a fornire alle autorità competenti tutte le informazioni del caso necessarie per attenuare i danni ambientali effettivi o potenziali. Queste disposizioni particolari non devono applicarsi alle strutture di deposito dei rifiuti provenienti dalle industrie estrattive che rientrano nell'ambito della direttiva 96/82/CE sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose. (14) Vista la particolare natura della gestione dei rifiuti derivanti dalle industrie estrattive, è necessario introdurre procedimenti speciali di richiesta e autorizzazione per tutte le categorie di strutture di deposito a cui vengono conferiti tali rifiuti. I procedimenti devono essere in linea con le disposizioni generali in materia di autorizzazioni stabilite dall'articolo 9 della direttiva 75/442/CEE. (15) Gli Stati membri devono garantire che, ai sensi della convenzione delle Nazioni Unite sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale del 25 giugno 1998 (convenzione di Århus), sottoscritta dalla Comunità europea, il pubblico venga informato sulle domande di autorizzazione per la gestione dei rifiuti e che il pubblico interessato venga consultato prima del rilascio dell'autorizzazione per la gestione dei rifiuti. (16) Occorre indicare chiaramente i requisiti ai quali devono rispondere le strutture di deposito dei rifiuti al servizio delle industrie estrattive per quanto riguarda l'ubicazione, la gestione, il controllo, la chiusura e le misure di prevenzione e protezione da adottare in caso di pericoli per l'ambiente, in un'ottica di breve e di lungo termine, ed in particolare riguardo all'inquinamento delle acque sotterranee dovuto all'infiltrazione di percolato nel suolo. (17) È necessario definire chiaramente le categorie di strutture utilizzate per il deposito dei rifiuti provenienti dalle industrie estrattive, alla luce dei probabili effetti inquinanti dovuti al funzionamento delle suddette strutture o ad incidenti che comportino la fuoriuscita di rifiuti dalla struttura stessa. (18) Anche i rifiuti utilizzati per la ripiena dei vuoti di miniera devono essere soggetti ad alcuni obblighi per la protezione delle acque di superficie e sotterranee e per garantire la stabilità dei rifiuti e un adeguato monitoraggio alla cessazione delle attività di smaltimento. (19) Per garantire che le strutture di deposito dei rifiuti delle industrie estrattive siano costruite adeguatamente e sottoposte a corretta manutenzione, gli Stati membri devono intervenire opportunamente per garantire che la progettazione, l'ubicazione e la gestione di tali strutture siano sotto la responsabilità di persone competenti sotto il profilo tecnico. La formazione e le conoscenze acquisite dagli operatori e dal personale devono essere tali da garantire loro le competenze necessarie. Le autorità competenti devono inoltre verificare, con loro piena soddisfazione, che gli operatori garantiscano disposizioni adeguate riguardo alla costruzione e alla manutenzione di una nuova struttura di deposito dei rifiuti o all'ampliamento o alla modifica delle strutture esistenti, compresa la fase successiva alla chiusura della struttura e/o alla cessazione delle attività estrattive. (20) Occorre definire i tempi e le modalità di chiusura delle strutture di deposito al servizio delle industrie estrattive, nonché gli obblighi e le responsabilità dell'operatore della struttura nel periodo successivo alla chiusura. (21) Gli Stati membri devono provvedere affinché gli operatori delle industrie estrattive applichino controlli sulle attività di monitoraggio e gestione, per evitare l'inquinamento delle acque e del suolo e per individuare qualsiasi effetto potenzialmente nocivo per l'ambiente o per la salute umana dovuto alle proprie strutture di deposito. Inoltre, per ridurre al minimo l'inquinamento delle acque, è necessario che il deposito di rifiuti nei corpi idrici recettori sia conforme alla direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque [60]. Occorre inoltre ridurre ai livelli minimi possibili le concentrazioni di cianuro e di suoi composti nei bacini di decantazione degli sterili di alcune industrie estrattive con il ricorso alle migliori tecniche disponibili, visto che tali sostanze hanno effetti tossici e dannosi. Devono pertanto essere fissati limiti massimi di concentrazione per evitare tali effetti tossici e dannosi. [60] GU L 327 del 22.2.2000, pag. 1, modificata dalla decisione n. 2455/2001/CE (GU L 331 del 15.12.2001, pag. 1). (22) L'operatore di una struttura per il deposito dei rifiuti delle industrie estrattive deve essere tenuto a prestare una garanzia finanziaria, sotto forma di cauzione o di altro strumento equivalente, per far sì che vengano rispettati tutti gli obblighi risultanti dall'autorizzazione, compresi quelli riguardanti la chiusura del sito e la fase successiva alla chiusura. La garanzia finanziaria deve essere sufficiente a coprire il costo di ripristino del sito effettuato da terze parti indipendenti e in possesso delle adeguate qualifiche. Tale garanzia deve inoltre essere disponibile prima dell'avvio delle operazioni di deposito dei rifiuti all'interno della struttura adibita a tal fine e deve essere attualizzata periodicamente. Infine, in base al principio "chi inquina paga" e in linea con la direttiva .../.../CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale [61], è importante precisare che gli operatori impegnati nelle industrie estrattive devono disporre di un'adeguata copertura per la responsabilità civile riguardo ai danni ambientali o alla minaccia imminente di danni dovuti alle operazioni che effettuano. [61] Direttiva .../.../CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del [...], sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, proposta della Commissione COM(2002) 17 def. del 23.1.2002. (23) Nel caso di strutture di deposito dei rifiuti dell'industria estrattiva che possano verosimilmente avere effetti negativi significativi a livello transfrontaliero sull'ambiente nel territorio di un altro Stato membro, occorre istituire una procedura comune che agevoli la consultazione tra paesi limitrofi. Tale procedura deve servire a garantire un adeguato scambio di informazioni tra le autorità e una corretta informazione del pubblico in merito alle strutture che possono avere impatti negativi per l'ambiente. (24) Gli Stati membri devono provvedere affinché le autorità competenti organizzino un sistema efficace di ispezioni o di misure di controllo equivalenti per le strutture di deposito dei rifiuti provenienti dalle industrie estrattive. Fatti salvi gli obblighi contenuti nell'autorizzazione, prima dell'avvio delle operazioni di deposito occorre effettuare un'ispezione per verificare che le condizioni stabilite dall'autorizzazione siano rispettate. Gli Stati membri devono inoltre garantire che gli operatori e chi subentra ad essi conservino registri aggiornati su tali strutture di deposito dei rifiuti e che avvenga un opportuno trasferimento di informazioni tra l'operatore e il successore per quanto riguarda lo stato della struttura e le operazioni che vi vengono svolte. (25) Gli Stati membri devono inviare rapporti periodici alla Commissione riguardo all'attuazione della direttiva, contenenti anche informazioni sugli incidenti o sugli incidenti sfiorati. Sulla base di tali rapporti, la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio. (26) Gli Stati membri devono fissare le norme in materia di sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni della presente direttiva, garantendone l'applicazione; le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. (27) La Commissione deve garantire un adeguato scambio di informazioni tecnico-scientifiche sulle modalità di inventariare le strutture di deposito dei rifiuti chiuse a livello di Stati membri e sullo sviluppo di metodi per aiutare gli Stati membri a conformarsi all'articolo 4 della direttiva 75/442/CEE del Consiglio in occasione del ripristino di strutture chiuse. Deve inoltre essere garantito lo scambio di informazioni sulle migliori tecniche disponibili, sia all'interno degli Stati membri che tra di essi. (28) L'obiettivo della presente direttiva, che è quello di migliorare la gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, non può essere conseguito in maniera efficace dai singoli Stati membri, in quanto l'impropria gestione di questi rifiuti può causare inquinamento transfrontaliero. Secondo il principio "chi inquina paga", è necessario anche tener conto degli eventuali danni causati all'ambiente dai rifiuti delle industrie estrattive. Divergenze nell'applicazione del principio "chi inquina paga" a livello nazionale possono creare sensibili disparità nell'onere finanziario imposto agli operatori economici. L'esistenza di politiche nazionali diverse in materia di gestione dei rifiuti provenienti dalle industrie estrattive ostacola inoltre la possibilità di garantire una gestione minima e responsabile di tali rifiuti in condizioni di sicurezza e di garantirne il massimo recupero in tutta la Comunità. Poiché pertanto, alla luce della scala e degli effetti dell'azione proposta, tale obiettivo può essere raggiunto più efficacemente a livello comunitario, la Comunità può adottare misure ai sensi del principio di sussidiarietà stabilito nell'articolo 5 del trattato. Conformemente al principio di proporzionalità dello stesso articolo, la presente direttiva non va oltre quanto necessario per realizzare l'obiettivo prefissato. (29) I provvedimenti necessari per l'attuazione della presente direttiva devono essere adottati in conformità della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione [62]. [62] GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (30) Il funzionamento delle strutture di deposito dei rifiuti esistenti al momento del recepimento della presente direttiva deve essere oggetto di regolamentazione per poter adottare, entro un determinato periodo di tempo, provvedimenti per adeguarle alle disposizioni della presente direttiva, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto Al fine di garantire un'applicazione continua e coerente dei principi e delle priorità fissati nella direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti, ed in particolare negli articoli 3 e 4, la presente direttiva istituisce le misure, le procedure e gli orientamenti necessari per prevenire o ridurre il più possibile eventuali effetti negativi per l'ambiente, nonché eventuali rischi per la salute umana conseguenti alla gestione dei rifiuti prodotti dalle industrie estrattive. Articolo 2 Campo di applicazione 1. Nel rispetto delle disposizioni del paragrafo 2, la presente direttiva si applica alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, di seguito "rifiuti di estrazione", cioè ai rifiuti derivanti dalle attività di estrazione, trattamento e ammasso di risorse minerali e dallo sfruttamento delle cave. 2. Sono esclusi dal campo di applicazione della presente direttiva: a) i rifiuti prodotti durante l'estrazione e il trattamento di risorse minerali, ma che non derivano direttamente da tali operazioni, quali, ad esempio, i rifiuti alimentari, gli oli usati, i veicoli fuori uso, le batterie usate e gli accumulatori; b) i rifiuti derivanti dalle attività di estrazione e di trattamento in alto mare delle risorse minerali; c) il deposito di terra non inquinata derivante dalle operazioni di estrazione, trattamento e stoccaggio delle risorse minerali e dallo sfruttamento delle cave; d) i rifiuti prodotti in un sito di estrazione o di trattamento e trasportati in altra sede per essere depositati sul terreno o interrati; e) i rifiuti derivanti dalla prospezione di risorse minerali. 3. Al deposito di rifiuti inerti non pericolosi si applicano solo le disposizioni dell'articolo 5, paragrafi 1 e 2, dell'articolo 11, paragrafo 2, lettere da a) ad e) e dell'articolo 13, paragrafo 1, lettere da a) a c) della presente direttiva. 4. Fatte salve altre normative comunitarie in vigore, ai rifiuti disciplinati dalla presente direttiva non si applica la direttiva 1999/31/CE. Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente direttiva, per: (1) "rifiuto": s'intende la definizione di cui all'articolo 1, lettera a) della direttiva 75/442/CEE; (2) "rifiuto pericoloso": s'intende la definizione di cui all'articolo 1, paragrafo 4 della direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi [63]; [63] GU L 377 del 31.12.1991, pag. 20, modificata dalla direttiva 94/31/CE del Consiglio, del 27 giugno 1994 (GU L 168 del 2.7.1994, pag. 28). (3) "rifiuto inerte": s'intendono i rifiuti che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa. I rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a percolato e la percentuale inquinante globale dei rifiuti nonché l'ecotossicità del percolato devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque superficiali e/o freatiche; (4) "risorsa minerale" o "minerale": s'intende un deposito naturale nella crosta terrestre di un composto organico o inorganico, quali idrocarburi, scisti bituminosi, carbone, lignite, metalli, pietra, ardesia, argilla, ghiaia o sabbia; è incluso il gas naturale ed è esclusa l'acqua; (5) "industrie estrattive": s'intendono tutti gli stabilimenti e le imprese impegnati nell'estrazione, superficiale o sotterranea, di risorse minerali, compresa l'estrazione per trivellazione o il trattamento del materiale estratto; (6) "trattamento": s'intende il processo o la combinazione di processi meccanici, fisici o chimici svolti sulle risorse minerali al fine di estrarre il minerale, compresa la riduzione delle dimensioni, la classificazione, la separazione e la lisciviazione, e il ritrattamento di rifiuti precedentemente scartati; sono esclusi i processi termici; (7) "sterili": s'intende il materiale solido che rimane dopo il trattamento dei minerali per separazione (ad esempio, frantumazione, macinazione, vagliatura, flottazione e altre tecniche fisico-chimiche) per ricavare i minerali pregiati dalla roccia meno pregiata; (8) "cumulo": s'intende una struttura attrezzata per lo smaltimento dei rifiuti solidi in superficie; (9) "diga": s'intende una struttura attrezzata, progettata per contenere o confinare l'acqua e i rifiuti all'interno di un bacino di decantazione; (10) "bacino di decantazione": s'intende una struttura naturale o attrezzata per lo smaltimento di rifiuti fini, in genere gli sterili, nonché quantitativi variabili di acqua allo stato libero derivanti dal trattamento delle risorse minerali e dalla depurazione e riciclaggio dell'acqua di processo; (11) "cianuro dissociabile con un acido debole": s'intende il cianuro e i suoi composti che si dissociano con un acido debole ad un pH determinato; (12) "percolato": s'intende qualsiasi liquido che filtra attraverso i rifiuti depositati e che viene emesso dalla struttura di deposito dei rifiuti o vi è contenuto, compreso il drenaggio inquinato, che possa avere effetti negativi per l'ambiente se non viene trattato adeguatamente; (13) "struttura di deposito dei rifiuti": s'intende qualsiasi area adibita all'accumulo o al deposito di rifiuti, allo stato solido o liquido, in soluzione o in sospensione, per un periodo superiore ad un anno e che comprende una diga o un'altra struttura destinata a contenere, racchiudere, confinare i rifiuti o svolgere altre funzioni per la struttura, inclusi, in particolare, i cumuli e i bacini di decantazione; sono esclusi i vuoti di miniera dove vengono risistemati i rifiuti dopo l'estrazione del minerale; (14) "incidente rilevante": s'intende un evento avvenuto nel sito che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o per l'ambiente, all'interno o all'esterno del sito; (15) "sostanza pericolosa": s'intende una sostanza, una miscela o un preparato ai sensi della direttiva 67/548/CEE [64] del Consiglio e della direttiva 1999/45/CE [65] del Parlamento europeo e del Consiglio; [64] GU P 196 del 16.8.1967, pag. l. [65] GU L 200 del 30.7.1999, pag. 1. (16) "migliori tecniche disponibili": s'intendono le tecniche definite all'articolo 2, paragrafo 11 della direttiva 96/61/CE; (17) "corpo idrico recettore": s'intendono le acque di superficie definite all'articolo 2, paragrafo 1 della direttiva 2000/60/CE, le acque sotterranee definite all'articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 2000/60/CE, le acque di transizione definite all'articolo 2, paragrafo 6 della direttiva 2000/60/CE e le acque costiere di cui all'articolo 2, paragrafo 7 della direttiva 2000/60/CE; (18) "ripristino": s'intende il trattamento del terreno sul quale si trova la struttura di deposito dei rifiuti, al fine di ripristinare uno stato soddisfacente del terreno rispetto alla situazione precedente l'inizio delle attività, in particolare riguardo alla qualità del suolo, alla flora e alla fauna selvatiche, agli habitat naturali, ai sistemi delle acque dolci, al paesaggio e agli opportuni utilizzi benefici; (19) "pubblico": s'intende una o più persone fisiche o giuridiche e, ai sensi della legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi costituiti da tali persone; (20) "pubblico interessato": s'intende il pubblico che subisce o può subire gli effetti dei processi decisionali in materia ambientale di cui all'articolo 5 e all'articolo 6 della presente direttiva o che ha un interesse da far valere in tali processi; ai fini della presente definizione si considerano titolari di tali interessi le organizzazioni non governative che promuovono la tutela dell'ambiente e che soddisfano i requisiti prescritti dal diritto nazionale; (21) "operatore": s'intende la persona fisica o giuridica incaricata della gestione dei rifiuti di estrazione in conformità del diritto nazionale dello Stato membro in cui avviene la gestione dei rifiuti, comprese le fasi operative e quelle successive alla chiusura; (22) "detentore dei rifiuti": s'intende chi produce i rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso; (23) "persona competente": s'intende una persona fisica che dispone delle conoscenze tecniche e dell'esperienza prescritte dal diritto nazionale dello Stato membro in cui opera la persona in questione e necessarie per svolgere le funzioni derivanti dalla presente direttiva; (24) "autorità competente": s'intende l'autorità designata dallo Stato membro e che ha il compito di svolgere le funzioni derivanti dalla presente direttiva; (25) "sito": s'intende tutto il terreno situato in una precisa zona geografica e gestito da un operatore. Articolo 4 Disposizioni generali 1. Gli Stati membri garantiscono che l'operatore di una struttura di deposito dei rifiuti faccia tutto il necessario per impedire o ridurre il più possibile gli effetti negativi per l'ambiente e per la salute umana derivanti dalla gestione della struttura, anche dopo la chiusura della stessa, e per impedire il verificarsi di incidenti rilevanti connessi alla struttura e limitarne le conseguenze per l'ambiente e per la salute umana. 2. Le misure di cui al paragrafo 1 si basano, tra l'altro, sulle migliori tecniche disponibili, senza che venga imposto l'impiego di alcuna tecnica o tecnologia specifica, ma tenendo conto delle caratteristiche tecniche della struttura di deposito, della sua ubicazione geografica e delle condizioni ambientali locali. Articolo 5 Piano di gestione dei rifiuti 1. Gli Stati membri provvedono affinché l'operatore elabori un piano di gestione dei rifiuti per il trattamento, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti di estrazione. 2. Il piano di gestione dei rifiuti persegue gli obiettivi elencati di seguito: a) prevenire o ridurre la produzione di rifiuti e la loro pericolosità, in particolare: i) tenendo conto della gestione dei rifiuti nella fase di progettazione e nella scelta del metodo di estrazione e trattamento dei minerali; ii) tenendo conto delle modifiche che i rifiuti possono subire a seguito dell'aumento della superficie e dell'esposizione a particolari condizioni esterne; iii) prevedendo la possibilità di ricollocare i rifiuti nei vuoti di miniera dopo l'estrazione del minerale, se l'operazione è fattibile dal punto di vista pratico e non presenta rischi per l'ambiente; iv) ripristinando il topsoil dopo la chiusura della struttura di deposito dei rifiuti o, se non fosse possibile sotto il profilo pratico, riutilizzando il topsoil altrove; v) impiegando sostanze meno pericolose per il trattamento delle risorse minerali; b) incentivare il recupero dei rifiuti attraverso il riciclaggio, il riutilizzo o la bonifica dei rifiuti interessati, se queste operazioni non comportano rischi per l'ambiente. 3. Il piano di gestione dei rifiuti presenta almeno i seguenti elementi: a) caratterizzazione dei rifiuti a norma dell'allegato II e stima del quantitativo totale di rifiuti che verranno prodotti nella fase operativa; b) descrizione delle operazioni che producono tali rifiuti e degli eventuali trattamenti successivi a cui questi sono sottoposti; c) descrizione delle modalità in cui possono presentarsi gli effetti negativi sull'ambiente o sulla salute umana a seguito dello smaltimento dei rifiuti e dei provvedimenti preventivi da adottare; d) procedure di controllo e monitoraggio proposte ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 2, lettera c); e) piano proposto per le procedure connesse alla chiusura e alla fase successiva alla chiusura e al monitoraggio di cui all'articolo 12; f) misure per prevenire l'inquinamento delle acque e del suolo ai sensi dell'articolo 13. Il piano di gestione dei rifiuti contiene informazioni sufficienti, che consentano all'autorità competente di verificare la conformità alle disposizioni della presente direttiva da parte dell'operatore. 4. Il piano di gestione dei rifiuti viene riesaminato ogni cinque anni ed eventualmente modificato se subentrano cambiamenti rilevanti nel funzionamento della struttura di deposito dei rifiuti o nel tipo di rifiuti smaltiti. Tutte le eventuali modifiche vengono notificate all'autorità competente. 5. I piani predisposti nell'ambito di altre normative nazionali o comunitarie e contenenti le informazioni descritte nel paragrafo 3 possono essere utilizzati per evitare la presentazione superflua di informazioni e la ripetizione di attività da parte dell'operatore, a condizione che vengano rispettate tutte le disposizioni dei paragrafi da 1 a 4. Articolo 6 Prevenzione di incidenti rilevanti e informazione 1. Il presente articolo si applica alle strutture di gestione dei rifiuti di categoria A definite all'articolo 9, ad esclusione delle strutture che rientrano nel campo di applicazione della direttiva 96/82/CE. 2. Fatte salve altre normative comunitarie, in particolare la direttiva 92/91/CEE [66] del Consiglio e la direttiva 92/104/CEE [67] del Consiglio, gli Stati membri garantiscono che vengano individuati i rischi di incidenti rilevanti e che a livello di progettazione, costruzione, funzionamento e manutenzione della struttura di deposito dei rifiuti vengano incorporati tutti gli elementi necessari per prevenire tali incidenti e limitarne le conseguenze negative per la salute umana e per l'ambiente, compresi eventuali impatti transfrontalieri. [66] GU L 348 del 28.11.1992, pag. 9. [67] GU L 404 del 31.12.1992, pag. 10. 3. Per adempiere agli obblighi di cui al paragrafo 2, l'operatore è tenuto a formulare una politica di prevenzione degli incidenti rilevanti in materia di rifiuti e a mettere in atto un sistema di gestione della sicurezza che la attui, in base agli elementi del punto 1 dell'allegato I. Nell'ambito di tale politica, l'operatore nomina un responsabile della sicurezza incaricato dell'attuazione e della sorveglianza periodica della politica di prevenzione degli incidenti rilevanti. L'operatore prepara un piano di emergenza interno contenente le misure da adottare nel sito nel caso si verifichi un incidente. Le autorità competenti preparano un piano di emergenza esterno riguardo alle misure da adottare al di fuori del sito in caso di incidente. L'operatore fornisce all'autorità competente le informazioni necessarie per consentirle di preparare tale piano. 4. I piani di emergenza del paragrafo 3 perseguono i seguenti obiettivi: a) limitare e controllare gli incidenti rilevanti e altri incidenti onde ridurne al minimo gli effetti, e soprattutto limitare i danni alla salute umana o all'ambiente e ai beni; b) mettere in atto le misure necessarie per tutelare la salute umana, l'ambiente e i beni contro le conseguenze degli incidenti rilevanti e di altri incidenti; c) comunicare le informazioni necessarie al pubblico e ai servizi o alle autorità interessate della zona; d) garantire il ripristino, il recupero e il disinquinamento dell'ambiente dopo un incidente rilevante. Gli Stati membri garantiscono che, in caso di incidente rilevante, l'operatore comunichi immediatamente all'autorità competente tutte le informazioni necessarie per ridurre al minimo le conseguenze sulla salute umana e per valutare e ridurre al minimo l'entità, effettiva o potenziale, del danno ambientale. 5. Gli Stati membri garantiscono che al pubblico interessato venga data tempestivamente la possibilità di partecipare fattivamente alla preparazione o al riesame del piano di emergenza esterno di cui al paragrafo 3. A tal fine il pubblico interessato è informato di qualsiasi proposta e dispone di tutte le informazioni pertinenti, comprese quelle sul diritto di partecipare al processo decisionale e sull'autorità competente alla quale presentare osservazioni e quesiti. Gli Stati membri garantiscono che il pubblico interessato possa esprimere osservazioni entro termini ragionevoli e che, nell'adottare la decisione sul piano di emergenza esterno, si tengano in debito conto tali osservazioni. 6. Gli Stati membri garantiscono che le informazioni riguardanti le misure di sicurezza e le azioni da intraprendere in caso di incidente, che devono contenere almeno gli elementi descritti al punto 2 dell'allegato I, vengano divulgate gratuitamente e automaticamente al pubblico interessato. Tali informazioni vengono riesaminate ogni tre anni ed eventualmente aggiornate. Articolo 7 Domanda e autorizzazione 1. Ai sensi dell'articolo 9 della direttiva 75/442/CEE le strutture di deposito dei rifiuti non possono operare senza l'autorizzazione rilasciata dall'autorità competente. L'autorizzazione contiene gli elementi indicati al paragrafo 2 e indica chiaramente la categoria a cui appartiene la struttura in base ai criteri dell'articolo 9. A condizione che vengano rispettate tutte le condizioni del presente articolo, le autorizzazioni rilasciate nell'ambito di altre normative nazionali o comunitarie possono essere riunite in un'unica autorizzazione, se ciò consente di evitare la presentazione superflua di informazioni o la ripetizione di attività da parte dell'operatore o dell'autorità competente. 2. La domanda di autorizzazione contiene almeno i seguenti elementi: a) identità dell'operatore; b) ubicazione proposta per la struttura di deposito dei rifiuti ed eventuali ubicazioni alternative; c) piano di gestione dei rifiuti a norma dell'articolo 5; d) se applicabile, un documento che attesti l'istituzione di una politica per la prevenzione di incidenti rilevanti e un sistema di gestione della sicurezza che la attui ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 3; e) disposizioni adeguate, sotto forma di garanzia, ai sensi dell'articolo 14. 3. Gli Stati membri adottano tutte le misure opportune per garantire che il pubblico sia informato riguardo alle domande di autorizzazione per la gestione dei rifiuti ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1 e che il pubblico interessato abbia la possibilità di partecipare, con tempestività ed efficacia, alla procedura di rilascio dell'autorizzazione per la gestione dei rifiuti ai sensi dell'articolo 8, paragrafi da 2 a 6. 4. L'autorizzazione viene rilasciata solo se dalla domanda risulta che: a) l'operatore adempie a tutte le disposizioni della presente direttiva; b) la gestione dei rifiuti è conforme al piano o ai piani di gestione dei rifiuti del caso di cui all'articolo 7 della direttiva 75/442/CEE. 5. Le informazioni contenute in un'autorizzazione rilasciata nell'ambito del presente articolo sono messe a disposizione delle autorità competenti in campo statistico, sia nazionali che comunitarie, se richieste a fini statistici. Le informazioni sensibili di carattere puramente commerciale, ad esempio riguardanti i rapporti commerciali e le componenti dei costi, non sono rese pubbliche. Articolo 8 Partecipazione del pubblico 1. Il pubblico viene informato, mediante pubblici avvisi o altro mezzo adeguato, ad esempio per via elettronica, se possibile, delle questioni indicate di seguito fin dalle prime fasi della procedura di autorizzazione o al massimo quando le informazioni possono essere ragionevolmente fornite: a) domanda di autorizzazione o, eventualmente, richiesta di aggiornamento di un'autorizzazione ai sensi dell'articolo 7; b) se applicabile, necessità di una consultazione tra Stati membri prima dell'adozione della decisione ai sensi dell'articolo 15; c) informazioni dettagliate sulle autorità competenti responsabili dell'adozione della decisione, sulle autorità cui è possibile rivolgersi per ottenere le pertinenti informazioni e a cui possono essere rivolti osservazioni e quesiti nonché sui termini per la loro presentazione; d) natura delle eventuali decisioni o, se esiste, del progetto di decisione; e) se applicabile, informazioni dettagliate sulla proposta di aggiornamento di un'autorizzazione o delle condizioni dell'autorizzazione; f) indicazione delle date e dei luoghi dove saranno depositate le informazioni ed i mezzi utilizzati per la divulgazione; g) dettagli delle disposizioni in merito alla partecipazione e alla consultazione del pubblico ai sensi del paragrafo 5. 2. Gli Stati membri provvedono affinché il pubblico interessato abbia a disposizione, in tempi adeguati: a) conformemente alla legislazione nazionale, i principali rapporti e pareri forniti alla o alle autorità competenti nel momento in cui il pubblico è stato informato ai sensi del paragrafo 1; b) conformemente alla direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale [68], altre informazioni oltre a quelle indicate al paragrafo 1 del presente articolo e attinenti alla decisione di cui all'articolo 7 della presente direttiva, e che vengono divulgate solo dopo che il pubblico è stato informato ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo. [68] GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26. 3. Il pubblico interessato ha diritto di esprimere osservazioni e pareri all'autorità competente prima dell'adozione di una decisione. 4. I risultati delle consultazioni svoltesi a norma del presente articolo sono tenuti in debita considerazione al momento della decisione. 5. Le modalità precise per la partecipazione del pubblico nell'ambito del presente articolo sono stabilite dagli Stati membri e devono consentire al pubblico interessato di prepararsi e partecipare efficacemente. 6. Dopo l'adozione della decisione l'autorità competente informa il pubblico interessato secondo le modalità opportune, mettendo a disposizione le seguenti informazioni: a) contenuto della decisione, compresa una copia dell'autorizzazione; b) motivazioni e considerazioni su cui si è fondata la decisione. Articolo 9 Sistema di classificazione delle strutture di deposito dei rifiuti Ai fini della presente direttiva gli Stati membri classificano le strutture di deposito dei rifiuti costituite da cumuli o da bacini di decantazione attrezzati in una delle seguenti categorie, in funzione del potenziale rischio: (1) categoria A: struttura di deposito di rifiuti il cui guasto o cattivo funzionamento potrebbe presentare un notevole rischio di incidente; (2) categoria B: qualsiasi struttura di deposito non appartenente alla categoria A. I criteri applicabili per classificare le strutture di deposito nella categoria A sono fissati all'allegato III. Articolo 10 Vuoti di miniera Gli Stati membri provvedono affinché l'operatore che valuta l'ipotesi di utilizzare i rifiuti per la ripiena dei vuoti di miniera adotti i provvedimenti adeguati per: (1) garantire la stabilità dei rifiuti in questione ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 2; (2) impedire l'inquinamento delle acque di superficie e sotterranee ai sensi dell'articolo 13, paragrafi 1 e 2; (3) monitorare i rifiuti ai sensi dell'articolo 12, paragrafi 4 e 5. Articolo 11 Costruzione e gestione delle strutture di deposito dei rifiuti 1. Gli Stati membri adottano le misure opportune per garantire che la gestione di una struttura di deposito dei rifiuti sia affidata ad una persona competente e che siano garantiti lo sviluppo tecnico e la formazione del personale. 2. L'autorità competente si accerta, con piena soddisfazione, che nella costruzione di una nuova struttura di deposito dei rifiuti o nella modifica di una struttura esistente, l'operatore garantisca che: a) la struttura abbia un'ubicazione adeguata, tenuto conto in particolare di fattori geologici, idrogeologici e geotecnici, e sia progettata in modo da soddisfare le condizioni necessarie per impedire l'inquinamento del suolo, delle acque sotterranee e di superficie e garantire una raccolta efficace dell'acqua e del percolato contaminati, secondo le modalità e i tempi previsti dall'autorizzazione; b) la struttura sia costruita, gestita e sottoposta a manutenzione in maniera adeguata per garantirne la stabilità fisica e per prevenire l'inquinamento o la contaminazione del suolo, delle acque sotterranee e di superficie; c) siano in atto disposizioni adeguate per il monitoraggio e l'ispezione della struttura di deposito dei rifiuti da parte di persone competenti e per l'intervento qualora si riscontrasse un'instabilità o una contaminazione delle acque o del suolo; d) siano previste disposizioni adeguate per il ripristino del terreno e la chiusura della struttura di deposito dei rifiuti; e) siano previste disposizioni adeguate per la gestione della struttura di deposito dopo la cessazione delle attività. I monitoraggi e le ispezioni di cui alla lettera c) vengono registrati per garantire la trasmissione adeguata delle informazioni. 3. L'operatore notifica senza inutili ritardi tutti gli eventi che possano incidere sulla stabilità della struttura e qualsiasi effetto negativo rilevante per l'ambiente che emerga dalle procedure di controllo e monitoraggio della struttura di deposito dei rifiuti. L'operatore mette in atto il piano di emergenza interno e ottempera a qualsiasi altra istruzione dell'autorità competente sulle misure correttive da adottare. L'operatore è tenuto a sostenere i costi delle misure da intraprendere. Alla frequenza stabilita dall'autorità competente, ed in ogni caso almeno una volta all'anno, l'operatore riferisce, in base ai dati aggregati, tutti i risultati del monitoraggio alle autorità competenti al fine di dimostrare la conformità alle condizioni dell'autorizzazione e di ampliare le conoscenze sul comportamento dei rifiuti. Articolo 12 Procedure per la chiusura delle strutture di deposito dei rifiuti e per la fase successiva alla chiusura 1. Gli Stati membri provvedono ad adempiere alle disposizioni dei paragrafi da 2 a 5. 2. Una struttura di deposito dei rifiuti può avviare la procedura di chiusura solo se viene rispettata una delle seguenti condizioni: a) le condizioni opportune indicate nell'autorizzazione sono soddisfatte; b) l'autorità competente, previa richiesta dell'operatore, concede l'autorizzazione; c) l'autorità competente adotta una decisione motivata in merito. 3. Una struttura di deposito dei rifiuti può essere considerata definitivamente chiusa solo dopo che l'autorità competente ha proceduto, con tempestività, ad un'ispezione finale del sito, ha esaminato tutti i rapporti presentati dall'operatore, ha certificato che il sito è stato ripristinato e ha comunicato la propria approvazione all'operatore stesso. L'approvazione non limita in alcun modo gli obblighi dell'operatore contemplati dalle condizioni dell'autorizzazione o in altri atti normativi. 4. A meno che l'autorità competente non decida di assumersi gli incarichi dell'operatore, dopo la chiusura definitiva della struttura di deposito e fatte salve tutte le normative nazionali o comunitarie in materia di responsabilità civile del detentore dei rifiuti, l'operatore è responsabile della manutenzione, del monitoraggio e del controllo della struttura nella fase successiva alla chiusura per tutto il tempo ritenuto necessario dall'autorità competente in base alla natura e alla durata del rischio. 5. Se l'autorità competente lo ritiene necessario, dopo la chiusura di una struttura di deposito dei rifiuti l'operatore controlla, in particolare, la stabilità fisico-chimica della struttura di deposito e riduce al minimo gli effetti negativi per l'ambiente, soprattutto per le acque sotterranee e di superficie, garantendo che: a) tutte le singole strutture siano monitorate e conservate tramite strumenti di controllo e misurazione sempre pronti per l'uso; b) ove applicabile, i canali di sfioro e gli sfioratori siano mantenuti puliti e non siano ostruiti. 6. Dopo la chiusura di una struttura di deposito dei rifiuti l'operatore notifica, senza indebiti ritardi, tutti gli eventi o gli sviluppi che possano incidere sulla stabilità della struttura e qualsiasi effetto negativo rilevante per l'ambiente che emerga dalle operazioni di controllo e monitoraggio del caso. L'operatore mette in atto il piano di emergenza interno e ottempera a qualsiasi altra istruzione dell'autorità competente sulle misure correttive da adottare. L'operatore è tenuto a sostenere i costi delle misure da intraprendere. Nei casi e alla frequenza stabiliti dall'autorità competente, l'operatore riferisce, in base ai dati aggregati, tutti i risultati del monitoraggio alle autorità competenti al fine di dimostrare la conformità alle condizioni dell'autorizzazione e di approfondire le conoscenze sul comportamento dei rifiuti. Articolo 13 Prevenzione dell'inquinamento delle acque e del suolo 1. L'autorità competente verifica che l'operatore abbia adottato le misure necessarie al fine di: a) valutare la probabilità che si produca percolato dai rifiuti smaltiti durante la fase operativa e dopo la chiusura della struttura di deposito dei rifiuti e determinare, se necessario, il bilancio idrico della struttura; b) impedire la produzione di percolato e la contaminazione delle acque di superficie o sotterranee da parte dei rifiuti; c) trattare le acque e il percolato contaminati raccolti dalla struttura di deposito dei rifiuti fino a renderli conformi allo standard previsto per lo scarico di tali sostanze. 2. Se, in base alla valutazione dei rischi ambientali e tenuto conto, in particolare, della direttiva 76/464/CEE del Consiglio [69], della direttiva 80/68/CEE del Consiglio [70] o della direttiva 2000/60/CE, secondo il caso, l'autorità competente decide che la raccolta e il trattamento del percolato non sono necessari o se stabilisce che la struttura non rappresenta alcun potenziale pericolo per il suolo, le acque sotterranee o di superficie, è possibile limitare o rinunciare all'applicazione delle disposizioni del paragrafo 1, lettere b) e c). [69] GU L 129 del 18.5.1976, pag. 23. [70] GU L 20 del 26.1.1980, pag. 43. 3. Gli Stati membri subordinano lo smaltimento dei rifiuti di estrazione in forma solida, liquida o fangosa, nei corpi idrici recettori al rispetto, da parte dell'operatore, delle disposizioni del caso della direttiva 2000/60/CE. 4. Nel caso di un bacino di decantazione che comporti la presenza di cianuro, l'operatore garantisce che il tenore di cianuro dissociabile con un acido debole all'interno del bacino venga ridotto al livello più basso possibile utilizzando le migliori tecniche disponibili e che, in ogni caso, il tenore di cianuro dissociabile con un acido debole nel punto di scarico degli sterili dall'impianto di lavorazione al bacino di decantazione non superi 50 ppm a partire [dalla data di recepimento], 25 ppm a partire [dalla data di recepimento + 5 anni] e 10 ppm a partire [dalla data di recepimento + 10 anni]. Su richiesta dell'autorità competente l'operatore dimostra, attraverso una valutazione dei rischi che tenga conto delle condizioni specifiche del sito, che i limiti di concentrazione di cui sopra non possono essere ridotti ulteriormente. Articolo 14 Garanzia finanziaria e responsabilità civile in campo ambientale 1. Prima dell'avvio di qualunque operazione che comporti il deposito o l'interramento dei rifiuti, l'autorità competente chiede una garanzia, sotto forma di cauzione o di altro strumento equivalente, compresi fondi di garanzia mutualistici finanziati dall'industria, affinché: a) vengano assolti tutti gli obblighi derivanti dall'autorizzazione rilasciata ai sensi della presente direttiva, comprese le disposizioni relative alla fase successiva alla chiusura; b) in qualsiasi momento siano prontamente disponibili i fondi per il ripristino del terreno che possa aver subito un impatto dalla struttura di deposito dei rifiuti. 2. L'importo della garanzia di cui al paragrafo 1 viene calcolato in base: a) al probabile impatto ambientale della struttura di deposito dei rifiuti, tenuto conto, in particolare, della categoria cui appartiene la struttura, delle caratteristiche dei rifiuti e della destinazione futura del terreno dopo il ripristino; b) al presupposto che le opere di ripristino necessarie verranno valutate e realizzate da terze parti indipendenti e debitamente qualificate. 3. L'importo della garanzia viene periodicamente adeguato in base alle opere di ripristino necessarie per la struttura. 4. Se l'autorità competente approva la chiusura di un impianto ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 3, fornisce all'operatore una dichiarazione scritta che lo esonera dall'obbligo di garanzia di cui al paragrafo 1. 5. Le disposizioni della direttiva .../.../CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale [71] si applicano, mutatis mutandis, ai danni ambientali causati dall'esercizio di una struttura di deposito dei rifiuti di estrazione e a qualsiasi pericolo immediato di danni che possano derivare dall'esercizio di qualsiasi struttura di questo genere. [71] Direttiva .../.../CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del [...], sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, proposta della Commissione COM(2002) 17 def. del 23.1.2002, GU C 151 E del 25.6.2002, pag. 132. Articolo 15 Effetti transfrontalieri 1. Se uno Stato membro si rende conto che il funzionamento di una struttura di deposito dei rifiuti di categoria A può verosimilmente comportare effetti negativi rilevanti per l'ambiente di un altro Stato membro, o su richiesta di uno Stato membro che può subirne le conseguenze, lo Stato membro nel quale è stata presentata la domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 7 trasmette contemporaneamente le informazioni fornite a norma dell'articolo in questione all'altro Stato membro e ai propri cittadini. Tali informazioni costituiscono il punto di partenza delle eventuali consultazioni necessarie nell'ambito dei rapporti bilaterali tra i due Stati membri interessati su base reciproca e paritaria. 2. Nell'ambito dei rapporti bilaterali gli Stati membri garantiscono che, nei casi illustrati al paragrafo 1, le domande siano messe a disposizione del pubblico interessato dello Stato membro che può subire gli effetti negativi per un periodo di tempo adeguato, affinché possa presentare le proprie osservazioni prima che l'autorità competente pervenga a una decisione. 3. Gli Stati membri provvedono affinché, in caso di incidente in una struttura di deposito dei rifiuti di cui al paragrafo 1, le informazioni che l'operatore trasmette all'autorità competente ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 4 vengano inviate immediatamente agli altri Stati membri per contribuire a ridurre al minimo le conseguenze dell'incidente sulla salute umana e per valutare e ridurre al minimo l'entità del danno ambientale effettivo o potenziale. Articolo 16 Ispezioni dell'autorità competente 1. Prima dell'avvio delle operazioni di smaltimento e a intervalli periodici stabiliti dallo Stato membro interessato, l'autorità competente ispeziona le strutture di deposito dei rifiuti di cui all'articolo 6 per garantire che siano conformi alle condizioni previste dall'autorizzazione. Un risultato positivo non limita in alcun modo la responsabilità dell'operatore a norma delle condizioni dell'autorizzazione. 2. Gli Stati membri impongono all'operatore di tenere a disposizione i registri aggiornati di tutte le operazioni di gestione dei rifiuti e di metterli a disposizione dell'autorità competente per l'ispezione e garantiscono che, se dovesse cambiare l'operatore durante la gestione di una struttura di deposito dei rifiuti, le informazioni e i registri aggiornati relativi alla struttura vengano trasferiti adeguatamente al nuovo operatore. Articolo 17 Obbligo di comunicazione delle informazioni 1. Ogni tre anni gli Stati membri inviano alla Commissione una relazione sull'attuazione della presente direttiva. La relazione viene elaborata sulla base di un questionario o di un prospetto che la Commissione adotta secondo la procedura dell'articolo 21, paragrafo 2. La relazione viene inviata alla Commissione entro i nove mesi successivi alla conclusione del triennio cui essa si riferisce. La Commissione pubblica una relazione sull'attuazione della presente direttiva entro nove mesi dalla data in cui pervengono le relazioni degli Stati membri. 2. Ogni anno gli Stati membri inviano alla Commissione informazioni su eventi comunicati dagli operatori ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 3 e dell'articolo 12, paragrafo 6. La Commissione rende disponibili tali informazioni su richiesta degli Stati membri. Articolo 18 Sanzioni Gli Stati membri istituiscono norme sulle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate ai sensi della presente direttiva e adottano le misure necessarie affinché vengano attuate. Le sanzioni sono efficaci, proporzionate e dissuasive. Articolo 19 Scambio di informazioni 1. La Commissione, coadiuvata dal comitato di cui all'articolo 21, garantisce che vi sia uno scambio adeguato di informazioni tecniche e scientifiche tra gli Stati membri al fine di elaborare metodologie per: a) la preparazione degli inventari delle strutture di deposito dei rifiuti chiuse. Le metodologie in questione permettono di individuare le strutture chiuse e di classificarle, in base al grado di impatto che presentano sulla salute umana e sull'ambiente, in due categorie: una categoria superiore che comprende le strutture chiuse che presentano gravi impatti negativi per l'ambiente o che in un futuro prossimo possano rappresentare una grave minaccia per la salute umana, l'ambiente e/o i beni, e una categoria inferiore che comprende le strutture di deposito dei rifiuti che non presentano rilevanti impatti negativi per l'ambiente e non hanno le potenzialità per rappresentare, in un futuro prossimo, una grave minaccia per la salute umana, l'ambiente e/o i beni; b) il ripristino delle strutture di deposito dei rifiuti chiuse classificate nella categoria superiore dell'inventario, per soddisfare alle disposizioni dell'articolo 4 della direttiva 75/442/CEE. Le metodologie in questione permettono di istituire le procedure più opportune di valutazione dei rischi e le azioni correttive alla luce delle diverse caratteristiche geologiche e idrogeologiche presenti in Europa. 2. Gli Stati membri garantiscono che l'autorità competente segua o venga informata dell'evoluzione delle migliori tecniche disponibili. 3. La Commissione organizza uno scambio di informazioni tra gli Stati membri e le organizzazioni interessate riguardo alle migliori tecniche disponibili, al relativo monitoraggio e alla loro evoluzione. La Commissione pubblica i risultati di tale scambio di informazioni. Articolo 20 Provvedimenti di attuazione e modifica 1. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente direttiva la Commissione adotta, secondo la procedura di cui all'articolo 21, paragrafo 2, le disposizioni necessarie per: a) l'armonizzazione e la trasmissione periodica delle informazioni di cui all'articolo 7, paragrafo 5 e all'articolo 12, paragrafo 6 della presente direttiva; b) l'attuazione dell'articolo 13, paragrafo 4, comprese le disposizioni tecniche relative alla definizione del cianuro dissociabile con un acido debole e il rispettivo metodo di misurazione; c) le linee guida tecniche per la costituzione della garanzia finanziaria, conformemente all'articolo 14, paragrafo 2; d) le linee guida tecniche in materia di ispezioni di cui all'articolo 16; e) la definizione dei requisiti tecnici per la caratterizzazione dei rifiuti contenuti nell'allegato II; f) la definizione dei criteri di classificazione delle strutture di deposito dei rifiuti in base all'allegato III, compresi eventuali limiti di concentrazione per i rifiuti pericolosi e le sostanze pericolose; g) la definizione di eventuali norme armonizzate per i metodi di campionamento e di analisi necessari per l'attuazione della direttiva sotto il profilo tecnico. 2. La Commissione adotta le eventuali modifiche successive necessarie per l'adeguamento degli allegati all'evoluzione scientifica e tecnica secondo la procedura dell'articolo 21, paragrafo 2. Le suddette modifiche sono apportate esclusivamente per garantire un livello elevato di protezione ambientale. Articolo 21 Comitato 1. La Commissione è assista dal comitato istituito dall'articolo 18 della direttiva 75/442/CEE, di seguito denominato "il comitato". 2. Quando viene fatto riferimento al presente paragrafo si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, nel rispetto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. Articolo 22 Disposizione transitoria Gli Stati membri provvedono affinché qualsiasi struttura di deposito di rifiuti a cui sia stata rilasciata un'autorizzazione o che sia già in funzione alla [data di recepimento] o prima di tale data si conformi alle disposizioni della presente direttiva entro quattro anni dalla data in questione, ad esclusione delle strutture dell'articolo 14, paragrafo 1, per le quali è necessario garantire la conformità entro sei anni da tale data. Articolo 23 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro [data di entrata in vigore + 18 mesi]. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 24 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 25 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il Per il Parlamento europeo Per il Consiglio Il Presidente Il Presidente ALLEGATO I Politica in materia di prevenzione degli incidenti rilevanti e informazioni da comunicare al pubblico interessato 1. Politica in materia di prevenzione degli incidenti rilevanti La politica dell'operatore in materia di prevenzione di incidenti rilevanti e il sistema di gestione della sicurezza devono essere proporzionali ai rischi di incidente rilevante che la struttura di deposito dei rifiuti presenta. Ai fini della loro attuazione, è necessario tener conto dei seguenti elementi: (1) la politica in materia di prevenzione degli incidenti rilevanti deve includere tutti gli obiettivi e i principi generali di azione dell'operatore in merito al controllo dei rischi di incidenti rilevanti; (2) il sistema di gestione della sicurezza deve includere la parte del sistema generale di gestione comprendente la struttura organizzativa, le funzioni, le prassi, le procedure, i processi e le risorse per determinare e applicare la politica di prevenzione degli incidenti rilevanti; (3) nell'ambito del sistema di gestione della sicurezza devono essere trattati i seguenti aspetti: a) organizzazione e personale: ruolo e responsabilità del personale coinvolto nella gestione dei principali rischi a tutti i livelli dell'organizzazione; individuazione delle esigenze di formazione del personale interessato e fornitura di tale formazione; coinvolgimento dei dipendenti ed eventualmente degli appaltatori; b) individuazione e valutazione dei rischi rilevanti: adozione e messa in pratica di procedure che consentano di individuare sistematicamente i principali rischi connessi con le operazioni normali e anomale e valutazione della probabilità che si producano e della loro gravità; c) controllo operativo: adozione e messa in pratica di procedure e istruzioni per il funzionamento in condizioni di sicurezza, compresa la manutenzione dell'impianto, i processi, le apparecchiature e gli arresti temporanei; d) gestione delle modifiche: adozione e applicazione di procedure per pianificare le modifiche o la progettazione di nuove strutture per il deposito dei rifiuti; e) pianificazione delle emergenze: adozione e applicazione di procedure per individuare emergenze prevedibili attraverso un'analisi sistematica e per preparare, sperimentare e rivedere i piani di emergenza per affrontare tali emergenze; f) monitoraggio delle prestazioni: adozione e applicazione di procedure per esaminare continuamente il rispetto degli obiettivi fissati dalla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti e dal sistema di gestione della sicurezza dell'operatore, nonché i meccanismi di indagine e intervento correttivo in caso di mancato rispetto di tali obiettivi. Le procedure devono riguardare il sistema utilizzato dall'operatore per riferire su episodi di incidenti rilevanti o di incidenti sfiorati, in particolare quelli che comportano un guasto delle misure di protezione, le indagini svolte in proposito e il seguito dato all'evento sulla base degli insegnamenti tratti; g) audit e analisi: adozione e applicazione di procedure per la valutazione periodica e sistematica della politica di prevenzione degli incidenti rilevanti e l'efficacia e adeguatezza del sistema di gestione della sicurezza; analisi documentata delle prestazioni della politica e del sistema di sicurezza, nonché aggiornamento da parte della direzione. 2. Informazioni da comunicare al pubblico interessato (1) Nome dell'operatore e indirizzo della struttura di deposito dei rifiuti. (2) Identificazione della persona che fornisce le informazioni in base alla posizione che occupa. (3) Conferma che la struttura di deposito dei rifiuti è assoggettata alle norme e/o disposizioni amministrative che attuano la presente direttiva ed eventualmente del fatto che le informazioni attinenti agli elementi di cui all'articolo 6, paragrafo 2 sono state trasmesse all'autorità competente. (4) Spiegazione, in termini chiari e semplici, della o delle attività svolta/e nel sito. (5) Nomi comuni o generici o classificazione generale di rischio delle sostanze e dei preparati trattati nella struttura di deposito dei rifiuti e dei rifiuti che potrebbero causare un incidente rilevante, con l'indicazione delle principali caratteristiche pericolose. (6) Informazioni generali sul tipo di rischi di incidenti rilevanti, compresi i potenziali effetti sulla popolazione e sull'ambiente circostanti. (7) Informazioni adeguate sulle modalità di allerta e informazione della popolazione interessata che vive nelle zone circostanti in caso di incidente rilevante. (8) Informazioni adeguate sulle azioni che la popolazione interessata deve intraprendere e sul comportamento da adottare in caso di incidente rilevante. (9) Conferma del fatto che l'operatore è tenuto a prendere provvedimenti adeguati sul sito, in particolare contatto con i servizi di emergenza, per affrontare gli incidenti rilevanti e minimizzarne gli effetti. (10) Riferimento al piano di emergenza esterno elaborato per affrontare eventuali ripercussioni dell'incidente al di fuori del sito; tali informazioni devono includere l'invito a seguire tutte le istruzioni o le richieste dei servizi di emergenza nel momento dell'incidente. (11) Informazioni dettagliate sulle sedi presso cui chiedere altre informazioni, fatte salve le disposizioni in materia di riservatezza stabilite dalla normativa nazionale. ALLEGATO II Caratterizzazione dei rifiuti I rifiuti da smaltire in una struttura di deposito dei rifiuti devono essere caratterizzati in modo da garantire la stabilità fisico-chimica a lungo termine della struttura che li accoglie e prevenire il verificarsi di incidenti rilevanti. La caratterizzazione comprende, se opportuno e in base alla categoria della struttura, i seguenti elementi: (1) descrizione delle caratteristiche fisiche, chimiche e radiologiche previste dei rifiuti da smaltire; (2) classificazione dei rifiuti ai sensi della voce pertinente della decisione 2000/532/CE della Commissione [72], con particolare riguardo alle caratteristiche di pericolosità; [72] GU L 203 del 28.7.2001, pag. 18. (3) descrizione delle sostanze chimiche da utilizzare nel trattamento delle risorse minerali e relativa stabilità; (4) descrizione del metodo di deposito; (5) sistema di trasporto dei rifiuti. ALLEGATO III Criteri per la classificazione delle strutture di deposito dei rifiuti Una struttura per il deposito dei rifiuti appartiene alla categoria A se: -in caso di violazione o guasto non è ragionevolmente possibile escludere la possibilità che vi siano perdite umane sulla base della valutazione dei rischi alla luce di fattori quali la dimensione, l'ubicazione e l'impatto ambientale della struttura, oppure -contiene rifiuti classificati come pericolosi ai sensi della direttiva 91/689/CEE oltre un limite stabilito, oppure -contiene sostanze o preparati classificati come pericolosi ai sensi delle direttive 67/548/CEE o 1999/45/CE oltre un determinato limite.