52003PC0199

Proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (presentata dalla Commissione in applicazione dell'articolo 250, paragrafo 2 del trattato CE) /* COM/2003/0199 def. - COD 2001/0111 */


Proposta modificata di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (presentata dalla Commissione in applicazione dell'articolo 250, paragrafo 2 del trattato CE)

RELAZIONE

1. Introduzione

1. La Commissione ha adottato, il 23 maggio 2001, una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (COM(2001) 257 def.).

La presente proposta è intesa a sostituire ed integrare i diversi strumenti legislativi in vigore in materia di libera circolazione dei cittadini dell'Unione e si inserisce nel contesto giuridico e politico creato dall'istituzione della cittadinanza dell'Unione. Stabilisce le modalità d'esercizio del diritto fondamentale di libera circolazione e soggiorno, diritto che è conferito direttamente dal trattato a ciascun cittadino dell'Unione e che è stato ripreso in quanto tale nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione.

A tale riguardo, la proposta rappresenta un passo importante verso la definizione di una cittadinanza dell'Unione dal contenuto forte, come si evince dall'idea che sottende la presente proposta, secondo la quale la circolazione ed il soggiorno dei cittadini dell'Unione negli Stati membri dovrebbero svolgersi, mutatis mutandis, a condizioni analoghe a quelle dei cittadini di uno Stato membro che si spostano e trasferiscono la loro residenza all'interno del proprio paese.

La proposta mira principalmente a facilitare l'esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno e, a tal fine, limita allo stretto necessario le formalità amministrative, definisce con precisione la qualità di familiare, istituisce un diritto di soggiorno permanente acquisito dopo quattro anni di residenza legale e continua in uno Stato membro e limita la facoltà dello Stato membro di negare o porre termine al diritto di soggiorno per motivi di ordine pubblico.

2. La proposta è stata trasmessa al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo ed al Comitato delle regioni il 29 giugno 2001. Il Comitato delle regioni ha emesso il suo parere il 13 marzo 2002 [1]. Il Comitato economico e sociale europeo ha espresso il suo parere il 24 aprile 2002 [2].

[1] GU C 192 del 12.8.2002, pag.17.

[2] GU C 149 del 21.6.2002, pag. 46.

Il Parlamento europeo ha incaricato la Commissione per le libertà e i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni dell'esame della proposta. Sono state consultate per parere anche le commissioni giuridica e del mercato interno, per la cultura, per i diritti della donna e le pari opportunità e per le petizioni .

La Commissione per le libertà e i diritti dei cittadini, la giustizia e gli affari interni, dopo aver ricevuto ed esaminato i pareri delle altre commissioni consultate, ha adottato la sua relazione il 23 gennaio 2003.

Riunito in sessione plenaria, l'11 febbraio 2003, il Parlamento ha adottato la risoluzione legislativa che approva la proposta della Commissione, con riserva delle modifiche che vi ha apportato ed ha invitato la Commissione a modificare la sua proposta di conseguenza, a norma dell'articolo 250, paragrafo 2, del trattato CE.

2. Base giuridica e procedura

La presente proposta modificata di direttiva si basa sul combinato disposto dell'articolo 12, dell'articolo 18, paragrafo 2, e degli articoli 40, 44 e 52. A seguito dell'entrata in vigore del trattato di Nizza, il primo febbraio 2003, non è necessario procedere alla revisione della base giuridica della proposta.

Invece, per quanto riguarda la procedura d'adozione della presente proposta, il Consiglio dovrà deliberare a maggioranza qualificata, conformemente alla nuova formulazione dell'articolo 18, paragrafo 2.

3. La proposta modificata

1. Il Parlamento europeo condivide l'impostazione generale ed i principali orientamenti della proposta della Commissione, in particolare su punti importanti, quali la soppressione della carta di soggiorno, sostituita da un'iscrizione facoltativa, l'introduzione di un sistema di autodichiarazione al posto dell'obbligo di comprovare la conformità alle condizioni di soggiorno, l'istituzione di un diritto di soggiorno permanente non soggetto a condizioni o la protezione assoluta contro l'espulsione per i minori e le persone che hanno acquisito un diritto di soggiorno permanente.

Il Parlamento ha adottato 82 emendamenti. La Commissione può accogliere, in tutto o in parte, la maggior parte di tali emendamenti. Infatti, essi riflettono pienamente l'impostazione adottata dalla Commissione e costituiscono complementi che arricchiscono, precisano e chiariscono il testo della Commissione.

Alcuni emendamenti non possono tuttavia essere presi in considerazione nella presente proposta modificata.

Ciò vale, soprattutto, per gli emendamenti volti a modificare l'articolo 2, riguardante la definizione di familiare, in particolare per quanto riguarda la nozione di coniuge e di convivente. Gli emendamenti del Parlamento mirano a riconoscere, come familiari, il coniuge dello stesso sesso alla stregua del coniuge di sesso diverso, il contraente di un'unione registrata ai sensi della legislazione dello Stato membro d'origine ed il convivente non sposato a norma della legislazione o della pratica dello Stato membro d'origine o di residenza.

A tale proposito, la Commissione ritiene che l'armonizzazione delle condizioni di soggiorno dei cittadini dell'Unione negli Stati membri di cui non hanno la cittadinanza non può comportare per taluni Stati membri l'obbligo di apportare modifiche legislative al proprio diritto di famiglia, settore per il quale la Comunità non ha alcuna competenza legislativa.

La Commissione ritiene che la proposta modificata rappresenti una soluzione equilibrata di tali questioni: da un lato, essa rispetta il principio di non discriminazione, imponendo agli Stati membri di trattare le coppie che provengono da altri Stati membri alla stregua dei propri cittadini nazionali; dall'altro, il testo permette un'eventuale evoluzione interpretativa, alla luce dell'evoluzione del diritto di famiglia negli Stati membri.

2. La seconda categoria di emendamenti che non possono essere accolti comprende quelli intesi ad alterare in modo sostanziale la struttura della direttiva o che rimettono in questione l'impostazione proposta dalla Commissione, alla quale il Parlamento ha peraltro espresso il suo sostegno.

3. Infine, la Commissione non ha preso in considerazione gli emendamenti il cui contenuto non era coerente con il testo della proposta.

3.1. Modifiche accolte in tutto o in parte, o introdotte ai fini della coerenza del testo

Le modifiche apportate alla proposta iniziale della direttiva sono evidenziate in grassetto. Per facilitare la lettura rispetto al testo originale, è stata mantenuta la precedente numerazione degli articoli e dei considerando.

3.1.1. I considerando

Considerando 4 (emendamento 2): il considerando è stato modificato per indicare che anche la mobilità dei lavoratori dipendenti ed autonomi rientra nelle priorità politiche dell'Unione.

Considerando 5 (emendamento 3): l'emendamento a questo considerando è stato leggermente modificato rispetto al testo proposto dal Parlamento, per precisare che occorre superare il carattere settoriale delle norme concernenti il diritto di libera circolazione presentando un testo legislativo unico che sostituisca i testi legislativi esistenti, procedendo, al contempo, ad un riesame delle loro disposizioni.

Considerando 7 (emendamento 5): la modifica mira a chiarire che le disposizioni della direttiva relative alle formalità di ingresso e di soggiorno non incidono sulle disposizioni esistenti in materia di controlli alle frontiere. Siffatta precisazione è utile in considerazione del fatto che, in questo settore, le procedure applicabili ai controlli alle frontiere possono variare, secondo le disposizioni giuridiche applicabili.

Considerando 7bis (emendamento 6): il testo del considerando è stato precisato ed è coerente con il nuovo testo dell'articolo 6, paragrafo 2.

Considerando 8 (emendamento 7): la modifica del testo precisa esplicitamente che il soggiorno per un periodo inferiore a sei mesi non è soggetto ad alcuna condizione.

Considerando 9 (emendamento 8): la modifica mira a precisare che la formazione professionale è compresa nella nozione generale d'insegnamento. Il considerando è stato integrato con un riferimento all'assicurazione per malattia, per assicurare la coerenza con la modifica introdotta all'articolo 7, paragrafo 1, lettera c).

Considerando 10 (emendamento 9): il testo precisa che il diritto di libera circolazione è conferito ai cittadini dell'Unione direttamente dal trattato.

Considerando 17 (emendamento 10): l'emendamento precisa che la parità di trattamento deve essere un principio ispiratore nel campo di applicazione del trattato, il che è coerente con la formulazione dell'articolo 12 del trattato.

Considerando 19 (emendamento 11): questa modifica, che non è stata proposta dal Parlamento, è tuttavia necessaria per garantire la coerenza tra il considerando in questione e la nuova formulazione dell'articolo 21, paragrafo 2.

Considerando 22 (emendamento 12): quest'emendamento apporta precisazioni al testo chiarendo alcuni elementi che devono essere tenuti in considerazione prima di adottare un provvedimento di allontanamento. La Commissione ha leggermente modificato il testo del Parlamento, pur conservandone lo spirito, per rendere il considerando coerente con l'articolo 26.

Considerando 27 (emendamento 13): la modifica aggiunge un riferimento alle libertà fondamentali.

3.1.2. Gli articoli

Articolo 3, paragrafo 2 (emendamento 20): la modifica mira a facilitare l'ingresso ed il soggiorno di qualsiasi altro familiare non contemplato nell'articolo 2, quando sussistano gravi ragioni di salute o motivi di carattere umanitario. La Commissione ritiene che si tratti di una disposizione equa nei confronti di quei familiari che, per motivi di assoluta gravità, hanno bisogno di essere vicini al cittadino dell'Unione.

Articolo 4 (emendamento 21): la modifica precisa la portata del divieto di discriminazione ed aggiunge un riferimento alla discriminazione fondata sull'identità sessuale, rendendo in tal modo più completa la definizione.

Articolo 6, paragrafo 2 (emendamento 24): la prima modifica, che aggiunge un riferimento alla legislazione nazionale, è pertinente poiché permette di coprire la situazione degli Stati che non applicano il regolamento 539/2001. La seconda modifica mira a rendere il testo più corretto dal punto di vista giuridico. Infatti la disposizione è intesa ad esentare dall'obbligo del visto d'ingresso i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che hanno già ottenuto un documento di soggiorno, e non a riconoscere l'equipollenza tra il documento di soggiorno ed il visto d'ingresso. La modifica del secondo paragrafo precisa i termini entro i quali il visto deve essere rilasciato: il Parlamento ha proposto un lasso di tempo di una settimana, che, secondo la Commissione corrisponde a cinque giorni lavorativi. Il termine dovrebbe essere ampiamente sufficiente per gli Stati membri, atteso che si tratta di familiari di un cittadino dell'Unione per i quali non occorre procedere a consultazioni preliminari prima del rilascio del visto.

Articolo 6, paragrafo 4 (emendamento 25): la modifica mira a precisare che il termine concesso all'interessato per farsi trasmettere i documenti in questione deve essere ragionevole. Il termine, che non viene specificato, dovrà essere valutato in funzione delle circostanze individuali.

Articolo 6, paragrafo 5 (emendamento 8): il nuovo testo precisa esplicitamente che il soggiorno fino a sei mesi non è subordinato ad alcuna condizione né ad alcuna formalità, se non il possesso di un documento d'identità. L'emendamento non è stato proposto dal Parlamento, ma è necessario al fine di garantire la coerenza con il testo del considerando 9.

Articolo 7, paragrafo 1, lettera a) (emendamento 27): i destinatari di prestazioni di servizi sono esplicitamente indicati. Nel testo originale, non era chiaro quale disposizione fosse applicabile a questa categoria di persone. La precisazione evita possibili confusioni e colma una lacuna della direttiva.

Articolo 7, paragrafo 1, lettera c) (emendamento 28): la nuova formulazione è più chiara ed in linea con il testo della direttiva 93/96 relativa al diritto di soggiorno degli studenti: elimina il termine "studente", che può essere restrittivo, e reintroduce, come condizione di soggiorno degli studenti, l'iscrizione in un istituto d'insegnamento riconosciuto, e l'obbligo di disporre di un'assicurazione malattia. L'emendamento si conforma inoltre alla richiesta del Comitato economico e sociale europeo.

Articolo 7, paragrafo 2bis (emendamento 30): quest'emendamento non introduce una modifica nel testo, ma mira a spostare l'articolo 8, paragrafo 7. La disposizione verte infatti sulla qualità di lavoratore, e non su una formalità amministrativa: risulta pertanto preferibile inserire questa disposizione all'articolo 7.

Articolo 8, paragrafo 1 (emendamento 32): la Commissione non ha mantenuto la prima parte dell'emendamento proposto dal Parlamento, poiché ritiene che non si possano comparare le formalità amministrative che uno Stato membro prescrive ai propri cittadini con quelle destinate ai cittadini comunitari, e preferisce pertanto lasciare agli Stati membri la facoltà di imporre l'iscrizione anagrafica, anche quando la stessa formalità non è prevista per i propri cittadini. Per contro, la Commissione ritiene che sia utile disporre che ciascun cittadino dell'Unione possa chiedere ed ottenere l'iscrizione all'anagrafe, se lo desidera, anche negli Stati che non ne impongono l'obbligo.

Articolo 8, paragrafo 2 (emendamento 33): la modifica apportata al testo serve a chiarire che l'attestato d'iscrizione non comprova il diritto di soggiorno, ma è una semplice formalità amministrativa, conformando in tal modo il testo alla giurisprudenza della Corte di giustizia. È altresì precisato che le sanzioni sono di natura amministrativa (questa precisazione è stata introdotta in tutti gli articoli relativi alle sanzioni).

Articolo 8, paragrafo 4 (emendamento 34): la modifica è intesa a precisare che la formazione professionale rientra nella nozione più generale d'insegnamento.

Articolo 8, paragrafo 6, lettera b) (emendamento 35): trattandosi dei familiari che sono cittadini dell'Unione, la sostituzione di un documento con una semplice dichiarazione volta ad attestare il vincolo parentale, è coerente con la filosofia della proposta e la formulazione dei paragrafi precedenti.

Articolo 8, paragrafo 6, lettera e) (emendamento 20): questa modifica, che non è stata sollecitata dal Parlamento, è una conseguenza logica della riformulazione dell'articolo 3.

Articolo 9, paragrafo 2bis (emendamento 38): la modifica del testo mira ad introdurre elementi ripresi dalla sentenza della Corte di giustizia nella causa C-459/99 MRAX del 25 luglio 2002. Il Parlamento ha chiesto che la carta di soggiorno non sia negata per la sola ragione che il visto d'ingresso è scaduto; la Commissione ha integrato l'emendamento prevedendo la situazione del mancato possesso del visto, rendendo in tal modo l'emendamento pienamente coerente con la citata giurisprudenza.

Articolo 10, paragrafo 1 (emendamento 39): il termine di sei mesi sembra essere più realistico per permettere agli Stati membri di procedere alle verifiche necessarie ed al rilascio della carta di soggiorno. Inoltre si precisa che dalla ricevuta dell'avvenuta presentazione della domanda di carta di soggiorno si evince che l'interessato ha presentato tale domanda in qualità di familiare, giacché non è possibile verificare tale qualità senza una preliminare verifica dei documenti.

Articolo 10, paragrafo 2: (emendamento 40): l'emendamento specifica quali sono i documenti che possono essere richiesti ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro ai fini del rilascio della carta di soggiorno. Tale precisazione risulta necessaria, poiché a seguito della modifica dell'articolo 8, paragrafo 6, non può essere accettata una semplice dichiarazione, da parte dei familiari che non hanno la cittadinanza di uno Stato membro, a garanzia dell'esistenza del vincolo parentale.

Articolo 11, paragrafo 1bis (emendamento 41): questa modifica rende più chiaro il testo e stabilisce un limite temporale per le assenze, il che sembra corretto.

Articolo 12, paragrafo 3 (emendamento 99): la modifica introdotta intende rendere coerente il testo di questo paragrafo con la sentenza della Corte di giustizia del 17 settembre 2002 nella causa C-413/99, Baumbast e R., la quale dispone che il genitore al quale sono affidati i figli gode del diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante. L'emendamento si conforma inoltre alla richiesta espressa dal Comitato economico e sociale europeo.

Articolo 13, paragrafi 1 e 2, lettere a) e b) (emendamenti 47, 49, 50, 51): l'obiettivo è quello di inserire un riferimento alla cessazione delle forme di convivenza precisate all'articolo 2, paragrafo 2, lettera b), il che è logico se si vuole prendere in considerazione la situazione di tali persone. Inoltre, alla lettera a), gli anni della durata del matrimonio o della convivenza sono stati ridotti a due.

Articolo 13, paragrafo 2, lettera c) (emendamento 52): la disposizione è intesa a prevedere specificamente alcune situazioni difficili che giustificherebbero il mantenimento del diritto di soggiorno dopo il divorzio, l'annullamento del matrimonio o la cessazione di una convivenza. L'emendamento avrà ripercussioni positive sulla situazione delle donne che non hanno la cittadinanza di uno Stato membro e che potrebbero essere obbligate a subire violenze per il timore di perdere il diritto di soggiorno se chiedessero il divorzio o la separazione. L'emendamento si conforma inoltre alla richiesta espressa dal Comitato economico e sociale europeo.

Articolo 13bis (emendamento 54): questo nuovo articolo riprende il testo dell'ex articolo 24 (che è stato soppresso). Appare più logico introdurre questo articolo alla fine del Capo III, poiché l'allontanamento non è più possibile una volta che la persona interessata abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente. Inoltre, è stato aggiunto un primo paragrafo per precisare che il diritto di soggiorno si mantiene finché le condizioni di soggiorno sono rispettate, rendendo in tal modo più chiara la disposizione.

Articolo 14 (emendamento 55): il nuovo paragrafo 1bis riprende e precisa il testo della seconda frase dell'articolo 18, che è stata soppressa. Sembra più corretto inserire questa disposizione nell'articolo riguardante le norme per l'acquisizione del diritto di soggiorno permanente.

Articolo 15, paragrafo 2 (emendamento 59): è stato aggiunto un riferimento al convivente, come conseguenza logica dell'articolo 2, paragrafo 2, lettera b).

Articolo 16 (emendamento 61): la formulazione di questo articolo è stata modificata ai fini della coerenza con l'articolo 14.

Articolo 17, paragrafo 1 (emendamento 62): sembrava contraddittorio disporre la validità a tempo indeterminato della carta di soggiorno ed il suo rinnovo ogni dieci anni. Di conseguenza, l'emendamento ha eliminato l'ultima frase del paragrafo che riguarda il rinnovo.

Articolo 17, paragrafo 3 (emendamento 64): questo nuovo testo precisa che, per avere ripercussioni sulla validità della carta, l'interruzione del soggiorno deve essere superiore a quattro anni consecutivi.

Articolo 18, paragrafo 1 (emendamento 55): la seconda frase è stata eliminata e ripresa all'articolo 14.

Articolo 21, paragrafo 2 (emendamento 108): l'emendamento è volto a sopprimere la disposizione secondo la quale le persone che non svolgono attività lavorativa non possono godere di prestazioni di assistenza sociale prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente. Una tale restrizione non è prevista dalle direttive relative al diritto di soggiorno delle persone che non svolgono attività lavorativa. Potrebbe essere interpretata come un regresso rispetto all'acquis attuale, in particolare alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia. Con la sentenza del 20 settembre 2001, nella causa C-184/99, Grzelczyk [3], la Corte ha ribadito che il cittadino dell'Unione può fare valere il principio del divieto di discriminazione sancito dall'articolo 12 del trattato CE in tutte le situazioni che rientrano, ratione materiae, nel campo di applicazione del diritto comunitario, ivi comprese segnatamente quelle relative all'esercizio della libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio degli Stati membri. Ha affermato che i cittadini dell'Unione che non svolgono attività lavorativa e risiedono legalmente in un altro Stato membro godono, in forza del loro status di cittadini dell'Unione, della parità di trattamento con i cittadini nazionali.

[3] Racc. 2001, pag. I-6193.

Articolo 22 (emendamento 68): questa modifica esplicita il testo, precisando che l'interessato può comprovare con qualsiasi altro mezzo il suo status di beneficiario dei diritti che derivano dalla presente direttiva.

Articolo 25, paragrafo 1 (emendamento 71): la modifica mira ad introdurre un riferimento più generale a qualsiasi tipo di decisione restrittiva della libera circolazione. La nuova formulazione sembra maggiormente adeguata, giacché si estende a qualsiasi tipo di provvedimento, che si tratti di un allontanamento o un'espulsione, di un divieto di ingresso o di uscita dal territorio.

Articolo 25, paragrafo 2 (emendamento 72): la prima modifica mira ad introdurre un riferimento esplicito al principio di proporzionalità, principio generale di diritto comunitario che deve sempre essere rispettato ogniqualvolta sia adottato un provvedimento restrittivo della libertà di circolazione. La seconda modifica aggiunge un riferimento al carattere effettivo della minaccia di ordine pubblico, in conformità alle indicazioni espresse dalla Corte di giustizia nella sentenza del 27 ottobre 1977, nella causa 30/77, Bouchereau [4].

[4] Racc. 1977, pag. 1999, paragrafo 35.

Articolo 25, paragrafo 4 (emendamento 74): l'aggiunta di un riferimento ad un periodo di sei mesi ha lo scopo di tener conto della situazione di quegli Stati membri che non introdurranno l'obbligo di iscrizione anagrafica.

Articolo 25, paragrafo 5bis (emendamento 76): questo nuovo paragrafo introduce l'obbligo per gli Stati membri di notificare alla Commissione qualsiasi provvedimento di allontanamento adottato nei confronti di un cittadino dell'Unione o di un suo familiare. Tale obbligo può essere considerato equo, giacché si tratta di provvedimenti che devono avere carattere straordinario.

Articolo 27, paragrafo 1 (emendamento 77): Il paragrafo è stato modificato in più punti. Appare logico eliminare qualsiasi riferimento alle infermità, poiché solo le malattie possono giustificare un provvedimento restrittivo della libera circolazione. La clausola di stand-still prevista all'ultima frase è stata soppressa perché non pertinente. Infine, un'altra modifica è la naturale conseguenza della riformulazione dell'articolo 25, paragrafo 1.

Articolo 27, paragrafo 2 (emendamento 78): il riferimento ad un periodo di sei mesi anziché l'indicazione di una data di iscrizione anagrafica o del rilascio della carta di soggiorno è più coerente con la struttura della direttiva e permette di estenderne il campo di applicazione anche alla situazione di quegli Stati membri che non introdurranno l'obbligo di iscrizione. Il riferimento al rifiuto della carta di soggiorno permanente è stato soppresso poiché il rilascio della carta di soggiorno non può essere giustificato da ragioni di sanità pubblica.

Articolo 27, paragrafo 3 (emendamento 79): il riferimento ad un periodo di sei mesi mira a limitare il periodo durante il quale gli Stati membri possono sottoporre le persone ad una visita medica, disposizione coerente con il testo del paragrafo precedente.

Articolo 28, paragrafi 1 e 2 (emendamento 80): l'espressione "per iscritto" è ripresa al paragrafo 1 ed eliminata dal paragrafo 2, per chiarire che la notifica deve sempre avvenire per iscritto, mentre le precise motivazioni del provvedimento possono non essere comunicate all'interessato, qualora ciò possa compromettere la sicurezza dello Stato.

Articolo 28, paragrafo 3 (emendamento 82): si introduce un termine unico per l'uscita dal territorio, che corrisponde a trenta giorni dalla data della notifica.

Articolo 29, paragrafo 1 (emendamento 83): la modifica mira a chiarire che deve comunque esistere la possibilità del ricorso giurisdizionale, mentre è anche ammissibile un ricorso amministrativo, se previsto dallo Stato membro ospitante (ad esempio prima di potere inoltrare un ricorso giurisdizionale).

Articolo 29, paragrafo 2 (emendamento 84): l'eliminazione della prima parte della frase mira a garantire che il controllo preliminare dell'autorità indipendente è obbligatorio per qualsiasi provvedimento, e non soltanto quando è previsto un ricorso amministrativo.

Articolo 29, paragrafo 3 (emendamento 113): la Commissione ha ripreso parte dell'emendamento proposto dal Parlamento inteso a conferire un carattere sospensivo automatico ai ricorsi giurisdizionali, il che è coerente con il principio generale di diritto comunitario di un ricorso effettivo sancito all'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Tuttavia, la Commissione ne ha reso più precisa la formulazione prevedendo una sospensione automatica dell'esecuzione di un provvedimento d'espulsione fintantoché il giudice non abbia deliberato sull'effetto sospensivo del ricorso. Una siffatta modifica presenta diversi vantaggi. Gli Stati sono tenuti a riconoscere alle loro giurisdizioni la competenza ad accogliere una domanda di sospensione del provvedimento di allontanamento dal territorio: deve essere pertanto previsto un procedimento per direttissima. Gli Stati dovranno organizzare un procedimento per direttissima efficace e rapido, poiché in attesa della decisione del giudice sulla domanda di sospensione, è sospesa l'esecuzione dell'espulsione dal territorio nazionale. Per contro, questa formula non impone agli Stati di garantire un effetto sospensivo al ricorso fino alla decisione definitiva sulla legalità del provvedimento di allontanamento. Non impone pertanto obblighi sproporzionati agli Stati. La nuova formulazione si conforma pienamente agli obblighi previsti dall'articolo 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo in materia di allontanamento.

Articolo 29, paragrafo 4 (emendamento 85): questa piccola modifica è intesa in realtà a sottolineare che gli elementi indicati all'articolo 26 costituiscono dei criteri di valutazione della proporzionalità della decisione.

Articolo 30, paragrafo 2 (emendamento 86): le modifiche introdotte al primo comma rendono il testo più chiaro. Il termine di sei mesi, anziché tre mesi, al paragrafo 2 appare più realistico.

Articolo 31bis (emendamento 88): il nuovo articolo riprende il contenuto dell'ex paragrafo 2 dell'articolo 31; infatti, è più logico che questo testo sia ripreso in un articolo distinto.

Articolo 32 (emendamento 89): la modifica intende chiarire in che modo deve avvenire la diffusione delle informazioni.

Articolo 33 (emendamento 90): la modifica mira a sottolineare che i soli criteri di riferimento per le sanzioni sono i principi d'efficacia e di proporzionalità, il che appare equo.

Articoli 35, 36 e 37 (emendamento 91, 92 e 93): la modifica verte sulla data d'entrata in vigore della direttiva. Il Parlamento ha proposto luglio 2004, ma alla luce dello stato dei negoziati, questo termine non sembra realistico. La Commissione ritiene che la nuova direttiva sarà adottata nel primo semestre del 2004. Di conseguenza, essa propone come termine il luglio 2005.

3.2. Emendamenti che non possono essere accolti

Emendamento 4:

Per i motivi espressi nei paragrafi che seguono con riferimento agli emendamenti 14, 15 e 16, la Commissione non può accogliere questo emendamento al considerando 6. Esso si ricollega agli emendamenti proposti all'articolo 2 della proposta e verte sul riconoscimento reciproco ed il rispetto delle diverse forme di relazioni familiari, che si tratti del matrimonio, di un'unione registrata o di una convivenza al di fuori del matrimonio, sulla base dell'uguaglianza e del diritto fondamentale alla vita familiare.

Emendamento 11:

La Commissione non può accogliere l'emendamento al considerando 19 che si riferisce all'articolo 21, paragrafo 2, e mira ad escludere le persone che non svolgono attività lavorativa dalle prestazioni di assistenza sociale durante i primi sei mesi di soggiorno. Tale testo non è coerente con l'emendamento proposto dal Parlamento all'articolo 21, paragrafo 2 ed accolto dalla Commissione.

Emendamenti 14, 15, 16

Questi emendamenti mirano a riconoscere, come familiari, il coniuge ed il contraente di una unione registrata, indipendentemente dal loro sesso, ai sensi della legislazione attuativa nazionale in materia, nonché il convivente non sposato, indipendentemente dal suo sesso, con il quale il cittadino dell'Unione intrattiene una relazione duratura, se la legislazione o la prassi dello Stato membro ospitante e/o d'origine equipara la situazione delle coppie non sposate a quella delle coppie non sposate e nel rispetto delle condizioni previste da tale legislazione. Tali emendamenti non possono essere accolti.

Infatti, per quanto riguarda il matrimonio, la Commissione desidera non basarsi su una definizione del termine "coniuge" che introduca un riferimento esplicito al coniuge dello stesso sesso. Attualmente, solo due Stati membri prevedono nella loro legislazione il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Inoltre, la Corte di giustizia ha stabilito, nella sua giurisprudenza [5], che il termine matrimonio, secondo la definizione comunemente accolta dagli Stati membri, designa un'unione tra due persone di sesso diverso. La Corte ha anche stabilito che un'interpretazione di nozioni giuridiche basata sull'evoluzione della società e che possa avere conseguenze in tutti gli Stati membri deve essere effettuata esaminando la situazione nel complesso della Comunità [6]. La Commissione preferisce pertanto limitare la proposta ad una nozione di "coniuge" inteso, in linea di principio, come coniuge di sesso diverso, fatti salvi gli sviluppi futuri in materia.

[5] Sentenza del 31 maggio 2001, Cause riunite C-122/99 P e C-125/99 P, D e Regno di Svezia contro Consiglio dell'Unione europea, Racc. 2001, pag. I-4319, paragrafo 34.

[6] Sentenza del 17 aprile 1986, Causa 59/85, Reed, Racc. 1986, pag. 1283, paragrafo 13.

Per quanto riguarda i conviventi, che si tratti di contraenti di un'unione registrata o di coppie non sposate, la Commissione ritiene inoltre che il riconoscimento di queste situazioni debba avvenire soltanto con riferimento alla legislazione dello Stato membro ospitante. Il riconoscimento, ai fini di soggiorno, delle coppie non sposate a norma della legislazione di altri Stati membri potrebbe sollevare problemi negli Stati membri il cui diritto di famiglia non ammette questa possibilità. Il riconoscimento, a coppie che provengono da altri Stati membri, di diritti che non sono accordati ai cittadini nazionali potrebbe infatti creare situazioni di discriminazione inversa che la Commissione vuole evitare.

La Commissione accoglie invece la richiesta del Parlamento europeo di citare esplicitamente le unioni registrate nel nuovo articolo 2, paragrafo 2, lettera b).

Emendamenti 17 e 18

Questi emendamenti, che introducono all'articolo 2, paragrafo 2, lettere c) e d) un riferimento specifico ai discendenti e agli ascendenti dei partner registrati, ai fini della coerenza con l'emendamento 15 che propone un distinto riferimento al partner registrato al nuovo paragrafo 2, lettera a) bis, non possono essere accolti. Per contro, la Commissione ha adattato la nuova formulazione del paragrafo 2, lettera b) dello stesso articolo per introdurvi un riferimento esplicito al convivente legato da unione registrata ed alla nozione di relazione duratura.

Emendamento 19:

Quest'emendamento mira ad introdurre all'articolo 2 paragrafo 3 una definizione dello Stato membro d'origine e dei criteri atti a stabilire che cosa si intenda per relazione duratura. Il riferimento alla legislazione dello Stato membro d'origine non è accettabile ai fini della definizione del coniuge o del convivente. Inoltre, la definizione di relazione duratura non è necessaria, poiché è la legislazione dello Stato membro ospitante che stabilisce quali elementi si debbano considerare.

Emendamenti 26, (parte del) 32, 42, 43, 44

Questi emendamenti non possono essere accolti poiché mirano ad alterare in modo sostanziale la struttura della direttiva o rimetterebbero in questione l'impostazione proposta dalla Commissione.

Emendamenti 22, 23, 31, 45, 53, 56, 57, 58, 60, 63, 66 e 69

Questi emendamenti non sono stati accolti poiché non coerenti con la proposta della Commissione

2001/0111 (COD)

Proposta modificata di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 12, 18, 40, 44, e 52,

vista la proposta della Commissione [7],

[7] GU C 270 E del 25.9.2001, pag.150.

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo [8],

[8] GU C 149 del 21.6.2002, pag. 46.

visto il parere del Comitato delle regioni [9],

[9] GU C 192 del 12.8.2002, pag.17.

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato,

considerando quanto segue:

(1) Come sancito nelle disposizioni comuni contenute nel titolo I del trattato sull'Unione europea, l'Unione si prefigge, segnatamente, di "rafforzare la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini dei suoi Stati membri mediante l'istituzione di una cittadinanza dell'Unione".

(2) La libera circolazione delle persone costituisce una delle libertà fondamentali del mercato interno che, ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 2 del trattato CE, comporta uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata tale libertà secondo le disposizioni del trattato.

(3) Gli articoli 17 e 18 del trattato CE hanno istituito la cittadinanza europea e conferito a ciascun cittadino dell'Unione il diritto primario ed individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

(4) L'incremento della mobilità dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi, degli studenti, dei ricercatori, delle persone che desiderano conseguire una formazione, dei volontari, degli insegnanti e dei formatori è stato riconosciuto tra le priorità politiche dell'Unione europea.

(5) In questa prospettiva, per superare il carattere settoriale e frammentario delle norme concernenti il diritto di libera circolazione e di soggiorno e allo scopo di facilitare l'esercizio di tale diritto, a norma dell'articolo 18, paragrafo 2 del trattato, occorre elaborare uno strumento giuridico unico inteso a sostituire ed integrare i seguenti atti legislativi comunitari: regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità [10]; la direttiva 68/360/CEE del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all'interno della Comunità [11], la direttiva 73/148/CEE del Consiglio del 21 maggio 1973 relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all'interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi [12], la direttiva 90/364/CEE del Consiglio del 28 giugno 1990 relativa al diritto di soggiorno [13], la direttiva 90/365/CEE del Consiglio del 28 giugno 1990 relativa al diritto di soggiorno dei lavoratori salariati e non salariati che hanno cessato la propria attività professionale [14] e la direttiva 93/96/CEE del Consiglio del 29 ottobre 1993 relativa al diritto di soggiorno degli studenti [15].

[10] GU L 257 del 19.10.1968, pag. 2. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CEE) n. 2434/92 (GU L 245 del 26.8.1992, pag. 1).

[11] GU L 257 del 19.10.1968, pag. 13. Direttiva modificata da ultimo dall'Atto di adesione di Austria, Finlandia e Svezia.

[12] GU L 172 del 28.6.1973, pag. 14.

[13] GU L 180 del 13.7.1990, pag. 26.

[14] GU L 180 del 13.7.1990, pag. 28.

[15] GU L 317 del 18.12.1993, pag. 59.

(6) Il diritto di ciascun cittadino dell'Unione di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri presuppone, affinché possa essere esercitato in oggettive condizioni di libertà e di dignità, la concessione di un analogo diritto ai familiari, qualunque sia la loro cittadinanza; la definizione di "familiare" deve essere ampliata e uniformata per tutti i beneficiari del diritto di soggiorno.

(7) Occorre definire chiaramente la natura delle formalità connesse alla libera circolazione dei cittadini dell'Unione nel territorio degli Stati membri, senza pregiudizio alle disposizioni applicabili in materia di controllo alle frontiere.

(7bis) Al fine di facilitare la libera circolazione, i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che hanno già ottenuto un documento di soggiorno sono esentati dall'obbligo di munirsi di un visto d'ingresso ai sensi del regolamento (CE) n. 539/2001 [16] o, se del caso, della legislazione nazionale applicabile.

[16] Regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio, del 15 marzo 2001, che adotta l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo. GU L 81 del 21.3.2001, pag. 1.

(8) In considerazione delle nuove forme di mobilità geografica e di lavoro, è opportuno disporre che il soggiorno del cittadino dell'Unione di durata non superiore a sei mesi sia subordinato soltanto alla formalità del possesso di una carta d'identità o di un passaporto in corso di validità e a nessun'altra condizione.

(9) Occorre tuttavia evitare che i titolari del diritto di libera circolazione diventino un onere ingiustificato per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante durante il primo periodo di soggiorno; è pertanto opportuno mantenere in vigore il sistema in base al quale l'esercizio del diritto di soggiorno dei cittadini dell'Unione per un periodo superiore a sei mesi è subordinato all'esercizio di un'attività lavorativa o, per coloro che non lavorano, alle condizioni di disporre di risorse sufficienti o di essere iscritti ad un istituto riconosciuto per seguirvi corso d'insegnamento, ivi compresa la formazione professionale, e di disporre di una assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante, ovvero al possesso della qualità di familiare del cittadino dell'Unione che soddisfa uno di tali requisiti.

(10) Il diritto fondamentale e personale di soggiornare in un altro Stato membro è conferito direttamente dal trattato ai cittadini dell'Unione e non dipende dal rilascio di un documento di soggiorno; è opportuno di conseguenza limitare l'obbligo del possesso della carta di soggiorno a situazioni debitamente giustificate, in particolare alla situazione dei familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro e ai soggiorni di durata superiore ai sei mesi.

(11) Per soggiorni superiori a sei mesi, l'iscrizione del cittadino dell'Unione presso le autorità competenti del comune di residenza, comprovata da un apposito attestato, assieme al possesso della carta d'identità dello Stato membro d'origine o di un passaporto in corso di validità, è una misura sufficiente e proporzionata e risponde all'interesse dello Stato membro ospitante di conoscere i movimenti della popolazione nel suo territorio.

(12) I documenti giustificativi richiesti dall'amministrazione nazionale ai fini del rilascio dell'attestato d'iscrizione o della carta di soggiorno devono essere indicati in modo tassativo, onde evitare che pratiche amministrative o interpretazioni divergenti costituiscano un ostacolo sproporzionato all'esercizio del diritto di soggiorno dei cittadini dell'Unione o dei loro familiari.

(13) È necessario inoltre tutelare giuridicamente i familiari in caso di decesso del cittadino dell'Unione, di scioglimento del matrimonio o della cessazione della convivenza; è quindi opportuno adottare misure volte a garantire la conservazione del diritto di soggiorno in tali ipotesi, nel rispetto della vita familiare e della dignità umana, e a determinate condizioni intese a prevenire gli abusi.

(14) La garanzia di un soggiorno permanente per i cittadini dell'Unione che hanno scelto di trasferirsi a tempo indeterminato in un altro Stato membro rafforza il senso di appartenenza ad una cittadinanza comune e costituisce un essenziale elemento di promozione della coesione sociale, obiettivo fondamentale della Comunità; occorre quindi istituire un diritto di soggiorno permanente per tutti i cittadini dell'Unione, basato sul criterio della residenza continua quadriennale.

(15) Occorre tuttavia preservare alcuni vantaggi specifici propri dei cittadini dell'Unione esercenti un'attività di lavoro subordinato o autonomo, che costituiscono diritti acquisiti conferiti dal regolamento (CEE) n. 1251/70 della Commissione del 29 giugno 1970 relativo al diritto dei lavoratori di rimanere sul territorio di uno Stato membro dopo aver occupato un impiego [17], e dalla direttiva 75/34/CEE del Consiglio del 17 dicembre 1974 relativa al diritto di rimanere sul territorio di uno Stato membro dopo avervi svolto un'attività non salariata [18].

[17] GU L 142 del 30.6.1970, pag. 24.

[18] GU L 14 del 20.1.1975, pag. 10.

(16) L'esercizio del diritto di soggiorno permanente dei cittadini dell'Unione presuppone che tale diritto sia esteso ai familiari. In caso di decesso di un cittadino che abbia svolto nel corso della sua vita professionale un'attività subordinata o autonoma, ma che non abbia ancora acquisito il diritto di soggiorno permanente, deve essere riconosciuta anche ai familiari, a determinate condizioni, l'acquisizione del diritto di soggiorno permanente.

(17) Affinché possa costituire un effettivo strumento d'integrazione nella società dello Stato membro ospitante nel quale il cittadino dell'Unione risiede, il diritto di soggiorno permanente non deve essere subordinato a condizioni e deve garantire la completa parità di trattamento, nel campo di applicazione del trattato, con i cittadini dello Stato membro ospitante così come la massima protezione contro le espulsioni.

(18) Pertanto l'acquisizione del diritto di soggiorno permanente comporta, per il cittadino dell'Unione e i suoi familiari, diritti supplementari e una protezione rafforzata; occorre quindi attestare la titolarità di tale diritto attraverso il rilascio di una carta di soggiorno di validità illimitata.

(19) In base al principio di non discriminazione, ciascun cittadino dell'Unione e i suoi familiari devono godere della parità di trattamento rispetto ai cittadini nazionali nel campo d'applicazione del trattato. Prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente, spetta tuttavia allo Stato membro ospitante decidere se intende concedere borse di mantenimento ai cittadini dell'Unione che si rechino nel suo territorio per motivi di studio.

(20) Le restrizioni all'esercizio del diritto di libera circolazione per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica sono previste dal trattato all'articolo 39, paragrafo 3, all'articolo 46, paragrafo 1, e all'articolo 55; la direttiva 64/221/CEE del Consiglio [19] ha disposto il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento ed il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica.

[19] GU 56 del 4.4.1964, pag. 850. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 75/35/CEE (GU L 14 del 20.1.1975, pag. 14).

(21) In considerazione della giurisprudenza della Corte di giustizia europea e del diritto fondamentale di libera circolazione, occorre definire meglio le condizioni e le garanzie procedurali cui deve essere subordinata l'adozione di provvedimenti che negano l'ingresso o dispongono l'allontanamento dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari.

(22) L'allontanamento dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari per motivi d'ordine pubblico o di pubblica sicurezza costituisce una misura radicale che può nuocere gravemente alle persone che, essendosi avvalse dei diritti e delle libertà conferite dal trattato, si siano effettivamente integrate nello Stato membro ospitante; occorre pertanto limitare la portata di tali misure in base al principio di proporzionalità e in considerazione del grado d'integrazione della persona interessata, della durata del soggiorno nello Stato membro ospitante, della sua età, del suo stato di salute, della sua situazione familiare ed economica, nonché dell'intensità dei legami con il paese di origine, e vietare l'allontanamento dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari che siano titolari di un diritto di soggiorno permanente nonché dei familiari che siano minori d'età.

(23) Devono altresì essere definite norme di procedura amministrativa in modo da garantire, da un lato, un elevato grado di tutela dei diritti del cittadino dell'Unione e dei suoi familiari in caso di diniego d'ingresso o di soggiorno in un altro Stato membro e, dall'altro, il rispetto del principio secondo il quale gli atti amministrativi devono essere sufficientemente motivati.

(24) In ogni caso, il cittadino dell'Unione e i suoi familiari devono poter presentare ricorso giurisdizionale ove venga loro negato il diritto d'ingresso e di soggiorno in un altro Stato membro, senza subire discriminazioni, rispetto ai cittadini nazionali, in riferimento alle modalità della presentazione del ricorso e allo svolgimento del procedimento.

(25) In linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia, appare opportuno confermare il diritto del cittadino dell'Unione o del suo familiare, nei confronti del quale sia stato emanato un provvedimento di interdizione dal territorio dello Stato, di presentare una nuova istanza dopo il decorso di un congruo periodo e, in ogni caso, dopo due anni a decorrere dalla notificazione del definitivo provvedimento di interdizione.

(26) La presente direttiva stabilisce nuove modalità per l'esercizio del diritto di libera circolazione ed è pertanto necessario abrogare le disposizioni vigenti che siano contrarie alla direttiva stessa, pur consentendo l'applicazione delle disposizioni nazionali più favorevoli.

(27) La presente direttiva rispetta i diritti e le libertà fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Capo I Disposizioni generali

Articolo 1 Oggetto

La presente direttiva determina:

a) le modalità d'esercizio del diritto di libera circolazione e di soggiorno negli Stati membri da parte dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari;

b) il diritto di soggiorno permanente negli Stati membri dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari;

c) le limitazioni dei suddetti diritti per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica.

Articolo 2 Definizioni

Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1) "cittadino dell'Unione": qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro;

2) "familiare":

a) il coniuge;

b) il/la convivente, con il/la quale il cittadino dell'Unione ha contratto un'unione registrata o intrattiene una relazione duratura, debitamente attestata, se la legislazione dello Stato membro ospitante riconosce la situazione delle coppie non sposate e nel rispetto delle condizioni previste da tale legislazione;

c) i discendenti diretti e quelli del coniuge o convivente di cui alla lettera b);

d) gli ascendenti diretti e quelli del coniuge o convivente di cui alla lettera b);

3) "Stato membro ospitante": lo Stato membro nel quale il cittadino dell'Unione si reca al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno.

Articolo 3 Beneficiari

1. La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell'Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro dell'Unione diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell'articolo 2, punto 2, qualunque sia la loro cittadinanza, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo.

2. Fermo restando il diritto personale di libera circolazione e di soggiorno degli interessati, gli Stati membri favoriscono l'ammissione e il soggiorno di ogni altro familiare non definito all'articolo 2, punto 2, se è a carico o convive, nel paese di provenienza, con il cittadino dell'Unione titolare del diritto di soggiorno a titolo principale, o se sussistono gravi ragioni di salute o motivi di carattere umanitario.

Articolo 4 Non discriminazione

Gli Stati membri danno attuazione alle disposizioni della presente direttiva senza operare tra i beneficiari della presente direttiva alcuna discriminazione fondata, in particolare, su sesso, identità sessuale, razza, colore della pelle, origine etnica o sociale, caratteristiche genetiche, lingua, religione o convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, appartenenza ad una minoranza nazionale, patrimonio, nascita, handicap, età o orientamento sessuale.

Capo II Diritto di circolazione e di soggiorno sino a sei mesi

Articolo 5 Diritto di uscita

1. Ciascun cittadino dell'Unione ha il diritto di lasciare il territorio di uno Stato membro per recarsi in un altro Stato membro, munito di una carta d'identità o di un passaporto in corso di validità.

I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, che accompagnino o raggiungano il cittadino dell'Unione, godono dello stesso diritto di uscita.

2. Nessun visto di uscita né alcuna formalità equivalente possono essere prescritti alle persone di cui al paragrafo 1.

3. Gli Stati membri rilasciano o rinnovano ai loro cittadini una carta d'identità o un passaporto dai quali risulti, in particolare, la loro cittadinanza.

4. Il passaporto deve essere valido almeno per tutti gli Stati membri dell'Unione e per i paesi di transito diretto tra gli stessi. Qualora la legislazione di uno Stato membro non preveda il rilascio di una carta d'identità, il periodo di validità del passaporto, al momento del rilascio o del rinnovo, non può essere inferiore a cinque anni.

Articolo 6 Diritto d'ingresso e di soggiorno sino a sei mesi

1. Gli Stati membri ammettono nel loro territorio il cittadino dell'Unione e i suoi familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, ove siano muniti di una carta d'identità o di un passaporto in corso di validità.

Nessun visto d'ingresso né alcuna formalità equivalente possono essere prescritti al cittadino dell'Unione.

2. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro possono soltanto essere assoggettati all'obbligo del visto d'ingresso, conformemente al regolamento (CE) n. 539/2001 o, se del caso, alla legislazione nazionale. Ai fini della presente direttiva, il possesso di un documento di soggiorno in corso di validità rilasciato da uno Stato membro esenta dall'obbligo di munirsi del visto.

Gli Stati membri concedono a tali persone ogni agevolazione affinché ottengano i visti necessari. I visti sono rilasciati entro i cinque giorni lavorativi successivi alla presentazione della domanda e sono gratuiti.

3. Lo Stato membro ospitante non appone timbri di ingresso o di uscita nel passaporto del familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro, ove questi sia in possesso di un documento di soggiorno.

4. Qualora il cittadino dell'Unione o il suo familiare sia sprovvisto dei documenti di viaggio o, eventualmente, dei visti necessari, lo Stato membro interessato concede, prima di procedere al respingimento, ogni agevolazione affinché possano ottenere o far pervenire, entro un lasso di tempo ragionevole, i documenti necessari ovvero possano dimostrare o attestare con altri mezzi la loro qualità di titolari del diritto di libera circolazione.

5. Il diritto di ingresso del cittadino dell'Unione nel territorio dello Stato membro include il diritto di soggiornarvi per un periodo inferiore o uguale a sei mesi, senza alcuna formalità né condizione diversa dal possesso di una carta d'identità o di un passaporto in corso di validità. Lo Stato membro può soltanto prescrivere all'interessato di dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale entro un termine che non può essere inferiore a quindici giorni. L'inosservanza di tale obbligo può essere assoggettata a sanzioni amministrative proporzionate e non discriminatorie.

6. Le disposizioni del paragrafo 5 si applicano anche ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che accompagnino o raggiungano il cittadino dell'Unione. Tuttavia, se sono soggetti all'obbligo del visto, devono presentare la richiesta per il rilascio della carta di soggiorno a norma dell'articolo 9 prima della scadenza di validità del visto.

Capo III Diritto di soggiorno per un periodo superiore a sei mesi

Articolo 7 Modalità di esercizio

1. Ciascun cittadino dell'Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a sei mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:

a) di esercitare un'attività economica in qualità di lavoratore subordinato o autonomo o di essere destinatario di una prestazione di servizi; o

b) di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il soggiorno, nonché di una assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; o

c) di essere iscritto presso un istituto riconosciuto per seguirvi, a titolo principale, degli studi o una formazione professionale e che disponga di un'assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante, o

d) di essere un familiare di un cittadino dell'Unione rispondente alla condizioni di cui alle lettere a), b) o c).

2. Il diritto di soggiorno è esteso ai familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano nello Stato membro ospitante il cittadino medesimo, purché questi risponda alla condizioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c).

2 bis. Ai fini del paragrafo 1, lettera a), il cittadino dell'Unione che abbia cessato di svolgere un'attività subordinata o autonoma conserva la qualità di lavoratore nei seguenti casi:

a) l'interessato è temporaneamente inabile al lavoro a seguito di una malattia o di un infortunio;

b) l'interessato, trovandosi in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata, si mette a disposizione dell'ufficio di collocamento competente al fine di trovare un lavoro;

c) l'interessato, trovandosi in stato di disoccupazione involontaria al termine di un contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad un anno, si mette a disposizione dell'ufficio di collocamento competente al fine di trovare un lavoro. In tal caso, l'interessato conserva la qualità di lavoratore per un periodo che non può essere inferiore a sei mesi; se ha acquisito il diritto all'indennità di disoccupazione, egli conserva la qualità di lavoratore fino allo scadere di tale diritto;

d) l'interessato segue un corso di formazione professionale. Salvo il caso di disoccupazione involontaria, la conservazione della qualità di lavoratore presuppone che esista un collegamento tra l'attività professionale precedentemente svolta e il corso di formazione seguito.

Articolo 8 Formalità amministrative per i cittadini dell'Unione

1. Per soggiorni di durata superiore a sei mesi, lo Stato membro ospitante può richiedere ai cittadini dell'Unione l'iscrizione presso le autorità competenti. Lo Stato membro consente, in ogni caso, l'iscrizione al cittadino dell'Unione che ne faccia richiesta.

2. Il termine fissato per l'iscrizione non può essere inferiore a sei mesi dall'ingresso. Un attestato d'iscrizione è rilasciato immediatamente. Esso deve contenere l'indicazione precisa del nome e del domicilio della persona iscritta e la data dell'avvenuta iscrizione. Il mancato adempimento dell'obbligo di iscrizione può essere assoggettato a sanzioni amministrative proporzionate e non discriminatorie.

3. Per il rilascio dell'attestato d'iscrizione, gli Stati membri possono unicamente prescrivere al cittadino dell'Unione di cui all'articolo 7, paragrafo 1, lettere a) o b), di esibire una carta d'identità o un passaporto in corso di validità e di assicurare, con dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta almeno equivalente, che le condizioni previste all'articolo 7, paragrafo 1, lettere a) o b), sono soddisfatte.

4. Per il rilascio dell'attestato d'iscrizione, gli Stati membri possono unicamente prescrivere al cittadino dell'Unione di cui all'articolo 7, paragrafo 1, lettera c), di esibire una carta d'identità o un passaporto in corso di validità, di comprovare d'essere iscritto presso un istituto riconosciuto per conseguirvi degli studi, inclusa una formazione professionale, a titolo principale, e di assicurare con dichiarazione, o con altro mezzo di sua scelta almeno equivalente, di disporre per se stesso e per i propri familiari di risorse economiche sufficienti affinché non divenga un onere finanziario per l'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il soggiorno, e di una assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante.

5. Gli Stati membri si astengono dal fissare un importo preciso per la determinazione delle risorse che considerano sufficienti.

6. Ai fini del rilascio dell'attestato d'iscrizione ai familiari del cittadino dell'Unione aventi la cittadinanza di uno Stato membro, gli Stati membri possono prescrivere di presentare i seguenti documenti:

a) una carta d'identità o un passaporto in corso di validità;

b) una dichiarazione che attesti l'esistenza del vincolo di parentela;

c) l'attestato d'iscrizione del cittadino dell'Unione che gli interessati accompagnano o raggiungono;

d) nei casi di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera b), la prova che le condizioni prescritte da tale disposizione sono soddisfatte;

e) nei casi di cui all'articolo 3, paragrafo 2, un documento rilasciato dall'autorità competente del paese di origine o di provenienza, attestante che gli interessati sono a carico del cittadino dell'Unione o che, in tale paese, convivevano con il medesimo ovvero la prova relativa all'esistenza di gravi motivi di salute o ragioni di carattere umanitario.

Articolo 9 Formalità amministrative per i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro

1. Quando la durata del soggiorno previsto è superiore a sei mesi, gli Stati membri rilasciano una carta di soggiorno ai familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro.

2. Il termine entro il quale deve essere presentata la domanda per il rilascio della carta di soggiorno non può essere inferiore a sei mesi dall'ingresso nel territorio nazionale. I familiari soggetti all'obbligo del visto devono tuttavia presentare tale domanda prima della scadenza della validità del visto.

2 bis. La carta di soggiorno non può essere rifiutata ad un familiare per il solo fatto che l'interessato non è in possesso di visto o che il suo visto è scaduto prima di aver presentato la domanda per il rilascio della carta di soggiorno.

3. Il mancato adempimento dell'obbligo di richiedere la carta di soggiorno può essere assoggettato a sanzioni amministrative proporzionate e non discriminatorie.

Articolo 10 Rilascio della carta di soggiorno

1. Il diritto di soggiorno dei familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro è comprovato dal rilascio di un documento denominato "carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione", che deve avvenire non oltre i sei mesi successivi alla presentazione della domanda. Una ricevuta dell'avvenuta richiesta di una carta di soggiorno in qualità di familiare di un cittadino dell'Unione è rilasciata immediatamente.

2. Ai fini del rilascio della carta di soggiorno, gli Stati membri possono prescrivere la presentazione dei seguenti documenti :

a) una carta d'identità o un passaporto in corso di validità;

b) un documento comprovante l'esistenza del vincolo di parentela;

c) l'attestato d'iscrizione del cittadino dell'Unione che gli interessati accompagnano o raggiungono;

d) nei casi di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera b), la prova che le condizioni prescritte da tale disposizione sono soddisfatte;

e) nei casi di cui all'articolo 3, paragrafo 2, un documento rilasciato dall'autorità competente del paese di provenienza, attestante che gli interessati sono a carico del cittadino dell'Unione o che, in tale paese, convivevano con il medesimo, ovvero la prova relativa all'esistenza di gravi motivi di salute o ragioni di carattere umanitario.

Articolo 11 Validità della carta di soggiorno

1. La carta di soggiorno di cui all'articolo 10, paragrafo 1 ha un periodo di validità minimo di cinque anni dalla data del rilascio.

1 bis. Non incidono sulla validità della carta di soggiorno le assenze temporanee non superiori a sei mesi consecutivi né le assenze di durata maggiore dovute all'assolvimento degli obblighi militari, alla gravidanza e al parto, o un'assenza continuativa non superiore ad un anno dovuta a motivi rilevanti, quali una malattia grave o il compimento di studi o di una formazione professionale, o il distacco per motivi di lavoro nel territorio di un altro Stato membro o di un paese terzo.

Articolo 12 Conservazione del diritto di soggiorno dei familiari in caso di decesso o di partenza del cittadino dell'Unione

1. Ferme restando le disposizioni del secondo comma, il decesso del cittadino dell'Unione o la sua partenza dal territorio dello Stato membro ospitante non incidono sul diritto di soggiorno dei suoi familiari aventi la cittadinanza di uno Stato membro.

Prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente, gli interessati devono soddisfare personalmente le condizioni previste all'articolo 7, paragrafo 1, lettere a), b), c) o d).

2. Ferme restando le disposizioni del secondo comma, il decesso del cittadino dell'Unione dal quale dipendono non comporta la perdita del diritto di soggiorno dei familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro.

Prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente, il diritto di soggiorno rimane subordinato alla condizione che l'interessato eserciti un'attività economica in qualità di lavoratore subordinato od autonomo o disponga per sé e per i familiari di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere finanziario per l'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il soggiorno, nonché di una assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante, ovvero faccia parte del nucleo familiare, già costituito nello Stato membro ospitante, di un interessato che soddisfa tali condizioni.

Tali risorse sono considerate sufficienti quando sono almeno pari al livello delle risorse al di sotto del quale lo Stato membro ospitante può concedere ai propri cittadini prestazioni di assistenza sociale. Qualora non possa trovare applicazione tale criterio, le risorse del richiedente sono considerate sufficienti ove siano almeno pari al livello della pensione minima sociale erogata dallo Stato membro ospitante.

3. La partenza del cittadino dell'Unione non comporta la perdita del diritto di soggiorno dei figli né del genitore effettivamente affidatario, indipendentemente dalla loro cittadinanza, se i figli risiedono nello Stato membro ospitante e sono iscritti in un istituto scolastico d'istruzione secondaria o superiore per seguirvi gli studi, finché non terminino gli studi stessi.

Articolo 13 Conservazione del diritto di soggiorno dei familiari in caso di divorzio o di annullamento del matrimonio o di cessazione della convivenza

1. Ferme restando le disposizioni del secondo comma, il divorzio, l'annullamento del matrimonio o la cessazione dell'unione o della relazione di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera b) non incidono sul diritto di soggiorno dei familiari del cittadino dell'Unione aventi la cittadinanza di uno Stato membro.

Prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente, gli interessati devono soddisfare le condizioni previste all'articolo 7, paragrafo 1, lettere a), b), c) o d).

2. Ferme restando le disposizioni del secondo comma, il divorzio, l'annullamento del matrimonio o la cessazione dell'unione o della relazione di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera b) non comportano la perdita del diritto di soggiorno dei familiari del cittadino dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro nei seguenti casi:

a) il matrimonio o l'unione e la relazione di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera b) sono durati, fino all'inizio del procedimento giudiziario di divorzio o d'annullamento o alla cessazione dell'unione o della relazione di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera b), debitamente attestate, almeno due anni, di cui almeno un anno nello Stato membro ospitante, o

b) il coniuge o il convivente di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera b) non avente la cittadinanza di uno Stato membro ha ottenuto l'affidamento dei figli del cittadino dell'Unione in base ad accordo tra i coniugi o tra i conviventi o ad una decisione giudiziaria, o

c) situazioni particolarmente difficili, ad esempio casi di violenza domestica fisica o psicologica, o ragioni umanitarie giustificano la conservazione del diritto di soggiorno.

Prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente, il diritto di soggiorno rimane subordinato alla condizione che l'interessato eserciti un'attività economica in qualità di lavoratore subordinato od autonomo o disponga per sé e per i familiari di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere finanziario per l'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il soggiorno, nonché di una assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante, ovvero faccia parte del nucleo familiare, già costituito nello Stato membro ospitante, di un interessato che soddisfa tali condizioni.

Le risorse sufficienti menzionate nel secondo comma sono quelle indicate all'articolo 12, paragrafo 2, terzo comma.

Articolo 13bis

Garanzie procedurali in caso di allontanamento per ragioni amministrative

1. Il diritto di soggiorno si mantiene fino a quando i beneficiari di tale diritto soddisfano le condizioni stabilite agli articoli 7, 12 e 13.

2. I procedimenti previsti agli articoli 28 e 29 si applicano, mutatis mutandis, a tutti i provvedimenti di allontanamento adottati dallo Stato membro ospitante nei confronti del cittadino dell'Unione o dei suoi familiari per motivi non attinenti all'ordine pubblico, alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica.

3. Lo Stato membro ospitante non può disporre, in aggiunta ai provvedimenti di allontanamento di cui al paragrafo 2, l'interdizione dal territorio nazionale.

Capo IV Diritto di soggiorno permanente

Sezione I acquisizione

Articolo 14 Norma generale per i cittadini dell'Unione e i loro familiari

1 Il cittadino dell'Unione che abbia risieduto legalmente ed in via continuativa per quattro anni nel territorio dello Stato membro ospitante ha diritto al soggiorno permanente in tale territorio. Tale diritto non è più subordinato alle condizioni di cui al Capo III.

1 bis. Non incidono sulla continuità della residenza le assenze temporanee che non superino complessivamente sei mesi all'anno, né le assenze di durata maggiore, non superiore a dodici mesi consecutivi, dovute a motivi rilevanti, quali l'assolvimento degli obblighi militari, una malattia grave, la gravidanza e il parto, il compimento di studi o corsi di formazione professionale o il distacco per motivi di lavoro nel territorio di un altro Stato membro o di un paese terzo.

2. Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano anche ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, che abbiano risieduto per quattro anni assieme al cittadino dell'Unione nello Stato membro ospitante.

3. Una volta acquisito, il diritto di soggiorno permanente si perde soltanto a seguito di assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a quattro anni consecutivi.

Articolo 15 Deroghe a favore dei lavoratori che hanno cessato la loro attività nello Stato membro ospitante e dei loro familiari

1. In deroga all'articolo 14, ha diritto di soggiorno permanente nel territorio dello Stato membro ospitante prima della maturazione dei quattro anni di residenza continua:

a) il lavoratore subordinato o autonomo il quale, nel momento in cui cessa l'attività professionale, ha raggiunto l'età prevista dalla legislazione dello Stato membro ospitante ai fini dell'acquisizione del diritto alla pensione di vecchiaia, o il quale cessa di svolgere un'attività subordinata a seguito di pensionamento anticipato, qualora vi abbia svolto la propria attività almeno negli ultimi dodici mesi e vi abbia risieduto in via continuativa per oltre tre anni.

Per le categorie di lavoratori autonomi cui la legislazione di tale Stato membro non riconosca il diritto alla pensione di vecchiaia, la condizione relativa all'età è considerata soddisfatta quando il beneficiario ha raggiunto l'età di 60 anni;

b) il lavoratore subordinato o autonomo il quale, essendo residente in modo continuativo nel territorio di detto Stato membro da oltre due anni, cessa di esercitare l'attività professionale a causa di una sopravvenuta incapacità lavorativa permanente.

Ove tale incapacità sia stata causata da un infortunio di lavoro o da una malattia professionale che dà diritto ad una prestazione interamente o parzialmente a carico di un'istituzione di detto Stato, non si applica alcuna condizione relativa alla durata della residenza;

c) il lavoratore subordinato o autonomo il quale, dopo tre anni d'attività e di residenza continue nel territorio di tale Stato membro, eserciti un'attività subordinata o autonoma nel territorio di un altro Stato membro, pur conservando la sua residenza nel territorio del primo Stato e facendovi ritorno in linea di massima ogni giorno o almeno una volta alla settimana.

Ai fini dell'acquisizione dei diritti previsti al primo comma, lettere a) e b), i periodi d'attività svolta nel territorio dell'altro Stato membro sono considerati periodi di attività svolta nel territorio dello Stato membro ospitante.

I periodi di disoccupazione involontaria, debitamente comprovati dall'ufficio del lavoro competente, o i periodi di sospensione dell'attività indipendenti dalla volontà dell'interessato e l'assenza dal lavoro o la cessazione dell'attività per motivi di malattia o infortunio sono considerati periodi di occupazione.

2. La sussistenza delle condizioni relative alla durata della residenza e dell'attività previste al paragrafo 1, lettera a) e della condizione relativa alla durata della residenza prevista al paragrafo 1, lettera b) non è necessaria se il coniuge o il convivente di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera b) del lavoratore è cittadino dello Stato membro ospitante o se il coniuge ha perso la cittadinanza di questo Stato a seguito di matrimonio con l'interessato.

3. Anche i familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, del lavoratore subordinato o autonomo che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente in forza del paragrafo 1 godono del diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospitante.

4. Hanno diritto di soggiorno permanente nel territorio dello Stato membro ospitante i familiari, qualunque sia la loro cittadinanza, del lavoratore subordinato o autonomo, deceduto durante la vita professionale attiva senza avere acquisito il diritto di soggiorno permanente nel territorio dello Stato stesso a norma del paragrafo 1, a condizione che:

a) il lavoratore subordinato o autonomo fosse residente, alla data del suo decesso, in via continuativa nel territorio di questo Stato membro da un anno, o

b) il suo decesso sia avvenuto in seguito ad un infortunio di lavoro o ad una malattia professionale, o

c) il coniuge superstite abbia perso la cittadinanza di tale Stato a seguito del suo matrimonio con il lavoratore.

Articolo 16 Acquisizione del diritto di soggiorno permanente da parte di taluni familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro

Fatto salvo l'articolo 15, i familiari del cittadino dell'Unione, di cui all'articolo 12, paragrafo 2, e all'articolo 13, paragrafo 2, che soddisfano le condizioni prescritte da queste disposizioni, acquisiscono il diritto di soggiorno permanente dopo aver risieduto legalmente, in via continuativa, per quattro anni nello Stato membro ospitante.

Sezione II

Formalità amministrative

Articolo 17 Carta di soggiorno permanente

1. Gli Stati membri rilasciano ai titolari del diritto di soggiorno permanente una carta di soggiorno permanente entro tre mesi dalla presentazione della domanda. La carta di soggiorno permanente ha validità illimitata.

2. Il termine per la presentazione della domanda di carta di soggiorno permanente non può essere inferiore a due anni dall'acquisizione del diritto. I familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro devono tuttavia presentare tale domanda prima della scadenza della prima carta di soggiorno.

Il mancato adempimento dell'obbligo di richiedere la carta di soggiorno può essere assoggettato a sanzioni amministrative proporzionate e non discriminatorie.

3. Le interruzioni di soggiorno di durata inferiore o uguale a quattro anni consecutivi non incidono sulla validità della carta di soggiorno permanente.

Articolo 18 Continuità della residenza

1. La continuità della residenza può essere comprovata con qualsiasi mezzo di prova ammesso dallo Stato membro ospitante.

2. La continuità della residenza è interrotta da qualsiasi provvedimento di allontanamento validamente adottato nei confronti dell'interessato, salvo che ne venga sospesa l'esecuzione.

Capo V Disposizioni comuni al diritto di soggiorno e al diritto di soggiorno permanente

Articolo 19 Campo di applicazione territoriale

Il diritto di soggiorno ed il diritto di soggiorno permanente si estendono a tutto il territorio dello Stato membro. Limitazioni territoriali del diritto di soggiorno e del diritto di soggiorno permanente possono essere stabilite dagli Stati membri soltanto nei casi in cui siano previste anche per i cittadini nazionali.

Articolo 20 Diritti connessi

I familiari del cittadino dell'Unione, qualunque sia la loro cittadinanza, titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente in uno Stato membro hanno diritto di esercitare un'attività economica come lavoratori subordinati o autonomi.

Articolo 21 Parità di trattamento

1. Il cittadino dell'Unione che risiede nel territorio dello Stato membro ospitante gode di pari trattamento rispetto ai cittadini nazionali nel campo d'applicazione del trattato.

Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente.

2. In deroga al paragrafo 1, prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente lo Stato membro ospitante non è obbligato a concedere il diritto a borse di mantenimento ai titolari del diritto di soggiorno che si siano recati nel territorio nazionale per motivi di studio.

Articolo 22 Disposizioni generali riguardanti i documenti di soggiorno

1. L'esercizio di attività economiche, la concessione di prestazioni o benefici o l'espletamento di pratiche amministrative non possono essere rifiutati all'interessato per il motivo che questi non dispone, a seconda dei casi, di un attestato d'iscrizione, della ricevuta della domanda di carta di soggiorno, di una carta di soggiorno di familiare o di una carta di soggiorno permanente, se la qualità di titolare dei diritti che derivano dalla presente direttiva può essere attestata con qualsiasi altro mezzo di prova.

2. I documenti menzionati nel paragrafo 1 sono rilasciati a titolo gratuito o dietro versamento di una somma non eccedente i diritti e le tasse richiesti ai cittadini nazionali per il rilascio di documenti analoghi.

Articolo 23 Controlli da parte delle autorità competenti

Gli Stati membri possono controllare l'osservanza dell'obbligo, eventualmente previsto dal diritto nazionale, di portare sempre con sé l'attestato d'iscrizione o la carta di soggiorno, a condizione che i cittadini nazionali siano soggetti allo stesso obbligo per quanto riguarda il possesso della carta d'identità.

In caso d'inosservanza di tale obbligo, gli Stati membri possono applicare le stesse sanzioni che irrogano ai cittadini nazionali in caso di violazione dell'obbligo di portare con sé la carta d'identità.

Capo VI Limitazioni del diritto d'ingresso e di soggiorno per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica

Articolo 25 Principi generali

1 Le disposizioni del presente capo si applicano a tutti i provvedimenti restrittivi della libera circolazione del cittadino dell'Unione o di un suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, adottati per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Tali motivi non possono essere invocati per fini economici.

2. I provvedimenti di ordine pubblico o di pubblica sicurezza devono rispettare il principio di proporzionalità e devono essere adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale dell'individuo nei riguardi del quale essi sono applicati. La sola esistenza di condanne penali non può automaticamente giustificare l'adozione di tali provvedimenti.

Il comportamento personale deve rappresentare una minaccia effettiva, attuale e sufficientemente grave, che pregiudichi uno degli interessi fondamentali della collettività. Giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non possono essere prese in considerazione.

Il comportamento personale non può essere considerato sufficientemente grave se lo Stato membro interessato non adotta serie misure repressive contro il medesimo comportamento quando esso è tenuto da cittadini nazionali.

3. La scadenza del passaporto o della carta d'identità, che ha consentito l'ingresso nello Stato membro ospitante e il rilascio dell'attestato d'iscrizione o della carta di soggiorno, non può giustificare l'allontanamento dal territorio.

4. In occasione del rilascio dell'attestato d'iscrizione o della carta di soggiorno e entro i sei mesi successivi all'ingresso nel suo territorio, lo Stato membro ospitante può, qualora lo giudichi indispensabile, chiedere allo Stato membro di origine, ed eventualmente agli altri Stati membri, informazioni sui precedenti penali del cittadino dell'Unione o di un suo familiare. Tale consultazione non può avere carattere sistematico. Lo Stato membro consultato deve fare pervenire la propria risposta entro due mesi.

5. Lo Stato membro che ha rilasciato il passaporto o la carta d'identità riammette senza formalità nel suo territorio il titolare di tale documento, anche qualora questo sia scaduto o sia contestata la cittadinanza del titolare.

5 bis. Gli Stati membri notificano alla Commissione ogni decisione di allontanamento di un cittadino dell'Unione o di un suo familiare.

Articolo 26 Protezione contro l'allontanamento

1. Prima di adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi d'ordine pubblico o di sicurezza pubblica, lo Stato membro ospitante deve tenere segnatamente conto della durata della residenza dell'interessato nel suo territorio, della sua età, del suo stato di salute, della sua situazione familiare e economica, della sua integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante e dell'intensità dei suoi legami con il suo paese d'origine.

2. Lo Stato membro ospitante non può adottare provvedimenti di allontanamento dal territorio per motivi d'ordine pubblico o di sicurezza pubblica nei confronti del cittadino dell'Unione o del suo familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente nel suo territorio, o del familiare che sia minore d'età.

Articolo 27 Sanità pubblica

1. Le sole malattie che possono giustificare una misura restrittiva della libera circolazione nel territorio di uno Stato membro sono quelle, indicate nel regolamento sanitario internazionale n. 2 del 25 maggio 1951 dell'Organizzazione mondiale della sanità, per le quali è prescritto un periodo di quarantena nonché altre malattie infettive o parassitarie contagiose, sempre che nel paese ospitante esse siano oggetto di disposizioni di protezione per i cittadini.

2. L'insorgere di malattie dopo i sei mesi successivi all'ingresso nel territorio non può giustificare l'allontanamento dal territorio.

3. Ove sussistano seri indizi, lo Stato membro può sottoporre, entro i sei mesi successivi all'ingresso nel territorio, a visita medica gratuita i titolari del diritto di soggiorno, al fine di accertare che non siano affetti dalle malattie indicate nel paragrafo 1. Tali visite mediche non possono avere carattere sistematico.

Articolo 28 Notificazione dei provvedimenti

1. I provvedimenti di cui all'articolo 25, paragrafo 1, devono essere notificati, per iscritto, all'interessato secondo modalità che gli consentano di comprenderne il contenuto e le conseguenze.

2. I motivi circostanziati e completi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica che giustificano l'adozione del provvedimento nei suoi confronti sono comunicati all'interessato, salvo che vi ostino motivi attinenti alla sicurezza dello Stato.

3. La notifica riporta l'indicazione dell'organo giurisdizionale dinanzi al quale l'interessato può presentare ricorso e il termine entro il quale deve agire e, eventualmente, l'indicazione del termine impartito per l'abbandono del territorio. Fatti salvi i casi di emergenza debitamente comprovati, tale termine non può essere inferiore a trenta giorni a decorrere dalla data di notificazione.

Articolo 29 Garanzie procedurali

1. Qualora sia adottato un provvedimento nei suoi confronti per motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica o sanità pubblica, l'interessato può accedere ai mezzi di impugnazione giurisdizionali e, se del caso, amministrativi esistenti nello Stato membro ospitante.

2. Salvi i casi d'urgenza, l'autorità amministrativa adotta tale provvedimento soltanto dopo aver sentito il parere di un'autorità competente dello Stato membro ospitante, diversa da quella competente ad adottare il provvedimento indicato al paragrafo 1, dinanzi alla quale l'interessato, su sua richiesta, possa far valere personalmente i propri mezzi di difesa, a meno che vi ostino motivi di sicurezza dello Stato, o farsi assistere o rappresentare secondo le norme procedurali stabilite dalla legislazione nazionale.

3. Quando il ricorso inoltrato avverso un provvedimento di allontanamento dal territorio è accompagnato da una domanda di sospensione del provvedimento stesso, l'effettivo allontanamento dal territorio non viene eseguito fintanto che non sia stata presa una decisione in merito a tale domanda.

4. Il controllo del giudice adito verte sulla legittimità del provvedimento, nonché sui fatti e sulle circostanze che ne giustificano l'adozione. Il giudice accerta altresì che il provvedimento non sia sproporzionato, in particolare rispetto alle esigenze poste dall'articolo 26.

5. Gli Stati membri possono vietare la presenza dell'interessato nel loro territorio fino alla data del procedimento, ma non possono vietare che compaia di persona dinanzi al giudice nazionale.

Articolo 30 Effetti nel tempo dell'interdizione dal territorio

1. Gli Stati membri non possono adottare nei confronti dei beneficiari della presente direttiva alcun provvedimento di interdizione perpetua dal territorio nazionale.

2. La persona nei cui confronti sia stato adottato un provvedimento di interdizione dal territorio per motivi d'ordine pubblico, sicurezza pubblica o sanità pubblica può presentare una domanda di soppressione dell'interdizione dal territorio nazionale dopo il decorso di un congruo periodo determinato in funzione delle circostanze e comunque non superiore a due anni dalla notificazione del provvedimento definitivo di interdizione dal territorio validamente adottato ai sensi del diritto comunitario, nella quale essa deve addurre argomenti intesi a dimostrare l'avvenuto oggettivo cambiamento delle circostanze che hanno motivato l'adozione del provvedimento di interdizione dal territorio nazionale.

Lo Stato membro interessato deve pronunciarsi in merito a tale domanda entro sei mesi dalla data di presentazione della stessa.

3. La persona di cui al paragrafo 2 non ha diritto di accesso al territorio nazionale durante l'esame della sua nuova domanda.

Articolo 31 Allontanamento a titolo di pena o misura accessoria

Lo Stato membro ospitante può validamente adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio a titolo di pena o di misura accessoria ad una pena detentiva soltanto nel rispetto norme stabilite negli articoli 25, 26, 27 e 30, paragrafo 1.

Articolo 31bis Verifica preventiva all'allontanamento

Prima di procedere all'esecuzione del provvedimento di allontanamento, lo Stato membro deve verificare che la minaccia per l'ordine pubblico o per la sicurezza pubblica sia tuttora attuale ed effettiva, e valutare l'eventuale cambiamento delle circostanze intervenuto dopo l'adozione del provvedimento di allontanamento stesso.

Capo VII Disposizioni finali

Articolo 32 Pubblicità

Gli Stati membri diffondono le informazioni relative ai diritti e agli obblighi dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari nel settore disciplinato dalla presente direttiva, in particolare con campagne di sensibilizzazione tramite i mezzi di informazione e comunicazione nazionali e locali.

Articolo 33 Sanzioni

Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari ai fini della loro applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive e proporzionate. Gli Stati membri notificano alla Commissione tali disposizioni entro la data indicata all'articolo 37 e provvedono a comunicare immediatamente le eventuali successive modifiche.

Articolo 34 Disposizioni nazionali più favorevoli

Le disposizioni della presente direttiva non pregiudicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di diritto interno che siano più favorevoli ai beneficiari della presente direttiva.

Articolo 35 Abrogazione

1. Gli articoli 10 e 11 del regolamento (CEE) n. 1612/68 sono abrogati con effetto a decorrere dal 1° luglio 2005.

2. Le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE sono abrogate con effetto a decorrere dal 1° luglio 2005.

Articolo 36 Relazione

Entro il 1° luglio 2008, la Commissione presenta al Parlamento europeo ed al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva e, all'occorrenza, opportune proposte. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni utili ai fini della relazione.

Articolo 37 Recepimento

1. Gli Stati membri adottano e pubblicano entro il 1° luglio 2005 le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 1° luglio 2005.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Gli Stati membri determinano le modalità di tali riferimenti.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 38 Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Articolo 39 Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles,

Per il Parlamento europeo Per il Consiglio

Il Presidente Il Presidente