52003AE1392

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla "Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma di assistenza finanziaria e tecnica ai paesi terzi in materia di migrazione e asilo" (COM(2003) 355 def. — 2003/0124 (COD))

Gazzetta ufficiale n. C 032 del 05/02/2004 pag. 0049 - 0052


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla "Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma di assistenza finanziaria e tecnica ai paesi terzi in materia di migrazione e asilo"

(COM(2003) 355 def. - 2003/0124 (COD))

(2004/C 32/09)

Il Consiglio, in data 12 settembre 2003, ha deciso conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione Occupazione, affari sociali e cittadinanza, incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo della relatrice Cassina in data 6 ottobre 2003.

Il Comitato economico e sociale ha adottato, il 29 ottobre 2003, nel corso della 403a sessione plenaria, con 118 voti favorevoli, 4 contrari e 2 astensioni, il seguente parere.

1. Introduzione e contenuto della proposta

1.1. La Commissione ha pubblicato, l'11 giugno 2003, una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma di assistenza finanziaria e tecnica ai paesi terzi nell'ambito dell'asilo e delle migrazioni. La dotazione complessiva è di 250 milioni di EUR e la durata del programma è di 5 anni (2004-2008)(1).

1.2. Le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere(2) hanno sviluppato la nozione di partenariato con i paesi terzi nel settore dell'immigrazione, insistendo sulla necessità di adottare un approccio globale che tenga conto degli aspetti politici, dei diritti umani e delle questioni di sviluppo nei paesi e nelle regioni.(3)

1.3. Nel 2001, l'autorità di bilancio ha inserito per la prima volta nell'articolo B7-667 del bilancio generale dell'Unione europea alcuni stanziamenti destinati a finanziare azioni preparatorie in materia d'immigrazione e di asilo.

1.4. Nel documento in esame, la Commissione propone un quadro giuridico e maggiori stanziamenti per questo strumento di cooperazione con i paesi terzi in materia d'immigrazione. Questo strumento permette la realizzazione di un programma pluriennale (prima fase: 2004-2008) per aiuti specifici e complementari ai paesi terzi al fine di sostenerne gli sforzi per gestire meglio tutti gli aspetti dei flussi migratori. Tale programma sarà in particolare destinato ai paesi terzi impegnati attivamente nella preparazione o nell'applicazione di un accordo di riammissione siglato, firmato o concluso con la Comunità europea.

2. Osservazioni generali

2.1. Il CESE approva e sostiene la creazione di un programma con tale finalità e auspica un'approvazione sollecita di tale strumento da parte delle istituzioni europee. Il CESE ricorda che in molti suoi pareri(4) in materia d'immigrazione ha sempre affermato la necessità di operare su due fronti complementari: il primo, è quello della definizione organica e coerente di disposizioni legislative, procedure, programmi nonché pratiche esemplari per favorire l'ingresso legale e l'integrazione dei migranti nel contesto sociale ed economico europeo; il secondo, è la stretta cooperazione con i paesi di origine dei migranti. Convinto che la complessità della realtà migratoria richieda un chiaro sforzo sinergico tra diverse politiche, il CESE apprezza e sottolinea la responsabilità assegnata dalla proposta alla Commissione, di garantire la coerenza con le altre politiche comuni (articolo 8).

2.1.1. In particolare, è importante che l'UE si doti di strumenti adeguati per evitare che gli Stati membri oscillino in continuazione tra iniziative di protezione, e perfino di chiusura, delle frontiere esterne e i tentativi di rispondere in ordine sparso alle esigenze di manodopera, acuite dalla pessima situazione demografica dei paesi UE, ricorrendo ai lavoratori provenienti da paesi terzi. Tali strumenti dovrebbero essere, insieme, sufficientemente flessibili per rispondere ad esigenze diverse ma, allo stesso tempo, avere un carattere comunitario che garantisca equità e trasparenza alla loro applicazione. L'assenza di tali provvedimenti produce effetti negativi anche nella percezione che i lavoratori europei hanno della realtà migratoria che viene, di volta in volta, presentata come una necessità o come un pericolo.

2.2. Il CESE insiste sulla necessità che l'azione nei due ambiti citati (politiche migratorie trasparenti e cooperazione con i paesi d'origine) sia contemporanea, coerente e improntata ad un insieme di finalità che integrino sia i valori, sia le politiche dell'UE. Purtroppo, la definizione di una politica migratoria comune rimane carente per le difficoltà di approvazione incontrate da alcuni provvedimenti (per esempio in materia di ricongiungimento familiare, di visti, di soggiorno di lunga durata, ecc.): tali difficoltà risiedono, soprattutto, nell'indisponibilità dei governi degli Stati membri a rinunciare al proprio approccio in materia di migrazioni. Il CESE deplora questa situazione e richiama la necessità di procedere coerentemente e responsabilmente nell'attuazione delle decisioni di Tampere, Siviglia e Salonicco. Infatti, ben più dei controlli insufficienti alle frontiere, è la mancanza di certezze procedurali e di politiche di accoglienza adeguate che favorisce l'immigrazione illegale.(5) In assenza di una politica di visti, ingressi, e integrazione chiaramente definita, pertanto, la proposta di un programma di cooperazione con i paesi di origine dei migranti rende difficile la ricerca di un'interpretazione equilibrata, soprattutto per quanto attiene alle priorità da dare alle differenti azioni.

2.3. Nel testo proposto può sembrare, infatti, che la priorità sia data ai percorsi di riammissione (che comprendono i rimpatri forzati, i rimpatri volontari, e il ritorno di chi ha goduto di una protezione temporanea), rispetto ad altre azioni. Una chiara politica di informazione è particolarmente importante: sia per quanto riguarda le procedure per l'emigrazione legale, che sulle necessità e le caratteristiche dei mercati del lavoro nei paesi UE. Un altro ambito cruciale è inoltre la formazione professionale dei potenziali migranti, soprattutto se attuata nel quadro di investimenti e/o delocalizzazioni delle imprese europee nei paesi di origine, senza trascurare la necessità di sostenere anche lo sviluppo sociale di questi paesi e promuovere il rispetto delle norme sociali fondamentali. Il CESE ritiene, inoltre, che non abbia giovato alla chiarezza del testo l'aver coperto, con lo stesso strumento, aspetti molto diversi della mobilità dei cittadini dei paesi terzi (migranti per ragioni economiche, rifugiati, persone che godono di una protezione temporanea, migranti irregolari, ecc.).

2.4. Da tutto ciò consegue uno squilibrio anche nel concetto di "gestione dei flussi", operazione ben più complessa che il semplice trattenere nel paese di origine i migranti potenziali o la creazione di dispositivi e di programmi per i rimpatri. Il CESE già aveva segnalato, in diversi pareri sulle migrazioni(6), la necessità di una gestione dinamica e integrata dei flussi migratori (tanto in uscita quanto in ritorno) che implicasse diverse azioni e diversi attori.

2.4.1. In particolare, è essenziale una chiara informazione sulle procedure per l'espatrio, sulle possibilità di trovare lavoro, sui requisiti professionali e amministrativi per lavorare nell'UE, sulle esigenze del mercato del lavoro dei paesi ospitanti, sulle condizioni contrattuali, sugli strumenti e le opportunità di integrazione individuale e familiare. È opportuno notare che, se la prospettiva di un rilancio della crescita economica in Europa si concretizzasse, anche attraverso un nuovo slancio nello sviluppo delle grandi reti infrastrutturali, richiederebbe molta manodopera, e che questa potrebbe essere, in misura rilevante, anche extracomunitaria. Sarebbe perciò miope pensare di poter sopperire a tale fabbisogno con le attuali, diverse, e a volte contraddittorie, norme nazionali; nello stesso tempo, potrebbe anche succedere che, nelle grandi opere a carattere comunitario finissero per lavorare, attraverso un sistema dei subappalti non sempre sufficientemente controllato (o controllabile), molti lavoratori di paesi terzi in condizioni irregolari e non tutelate e ciò sarebbe inaccettabile.

2.4.2. Il programma in questione dovrebbe, invece, poter contribuire anche a questa prospettiva, nell'interesse della Comunità e dei cittadini dei paesi terzi interessati ad emigrare nell'UE. Il CESE chiede, quindi, che sia inserito tra le azioni previste dalla proposta almeno l'avvio (sia pure a carattere sperimentale) di un sistema analogo ad EURES(7), con il relativo coinvolgimento delle parti sociali sia nell'UE che nei paesi d'origine dei migranti.

2.5. Altrettanto cruciale è quanto può essere fatto in materia di formazione dei potenziali migranti, dai corsi di lingua alla formazione professionale vera e propria, che andrebbe sviluppata anche con il coinvolgimento in prima persona delle imprese che chiedono forza lavoro ai paesi terzi. Inoltre, la possibilità di stage di formazione in Europa potrebbe essere un passaggio importante che permetterebbe non solo di avere mano d'opera qualificata per le imprese dell'UE, ma anche di aiutare concretamente i paesi di origine a migliorare i loro fattori di competitività in modo da poter attrarre investimenti esteri diretti.

2.5.1. Il CESE comprende che le misure proposte sono rivolte a sostenere direttamente i paesi terzi, ma ritiene che il testo permetta anche un'interpretazione secondo la quale alcune iniziative possono svolgersi sul territorio dei paesi membri, purché contribuiscano al conseguimento degli obiettivi del programma. Il CESE ritiene che questo punto dovrebbe essere meglio chiarito nel testo del provvedimento e auspica, comunque, che possano essere sviluppate anche azioni congiunte di formazione in Europa o altre azioni volte a sostenere in modo mirato operazioni di rimpatrio attraverso la creazione di iniziative economiche nei paesi terzi in questione che possano dare sbocchi lavorativi agli emigrati che rientrano. Il CESE è cosciente che alcuni programmi - basati su altri strumenti comuni - già prevedono delle possibilità in questo senso, ma chiede che essi siano rafforzati e che sia perseguita una forte sinergia con il programma in discussione.

3. Osservazioni particolari

3.1. I destinatari del programma sono i paesi terzi, ma l'articolo 1, paragrafo (2) specifica: "Esso è destinato in particolare ai paesi terzi attivamente impegnati nella preparazione o nell'attuazione di un accordo di riammissione siglato, firmato o concluso con la Comunità europea." Il CESE sottolinea che questo riferimento ai paesi terzi che hanno siglato, firmato o concluso un accordo di riammissione non deve essere interpretato come un'indicazione di priorità esclusiva. Il CESE nota infatti che, forse, il maggior bisogno di aiuto possono averlo proprio alcuni paesi che non hanno o non hanno ancora firmato accordi di riammissione: una forte pressione alla migrazione, infatti, si crea sovente in quei paesi che si trovano in transizione economica e/o democratica, in condizioni di incertezza del diritto e con sistemi di welfare e strutture sociali deboli o inesistenti. In queste realtà, avrebbe un significato particolarmente positivo un sostegno mirato al consolidamento della democrazia attraverso la riqualificazione delle strutture amministrative e delle politiche volte ad instaurare sistemi sociali efficienti ed equi che rispettino le norme sociali fondamentali e favoriscano lo sviluppo della società civile organizzata.

3.2. Nel paragrafo (2), terzo trattino, si chiede di introdurre la seguente modifica: "diffusione strutturata - sul modello della rete Eures - di informazioni sulle possibilità di lavorare legalmente nell'Unione europea e sulle procedure da seguire a tal fine, nonché sulle condizioni contrattuali, amministrative e di accoglienza nei diversi paesi membri." Sempre nell'articolo 2, paragrafo (2), nono trattino (azioni), il CESE chiede che sia indicato esplicitamente che il dialogo regionale e subregionale deve coinvolgere non solo le amministrazioni dei paesi interessati, ma anche le parti sociali. Per il resto, l'articolo in questione è apprezzabile e stabilisce una serie di priorità negli obiettivi e nelle azioni che il CESE condivide.

3.3. L'articolo 4 è un articolo fondamentale, a cui si dovrebbe dare una collocazione conseguente. Si suggerisce quindi di metterlo al posto dell'articolo 1 o di integrarlo in esso.

3.4. Le parti che possono usufruire del programma sono elencate nell'articolo 5. Il CESE chiede che vengano esplicitamente citate le parti sociali, che non possono mai essere identificate semplicemente nel concetto di "ONG". Esse hanno infatti, nel quadro delle migrazioni, una responsabilità specifica nella gestione delle migrazioni di tipo economico, che sono la grande maggioranza. A riprova di quanto affermato, l'articolo 6 sembra la descrizione implicita proprio delle parti sociali. Nello stesso articolo 6, tuttavia, il CESE trova un po' restrittivo l'approccio prevalentemente amministrativo: in ambito migratorio è altrettanto importante l'aderenza ai valori di cui all'attuale articolo 4.

3.5. Il CESE nota che, all'articolo 7, paragrafo (3), si afferma "Il cofinanziamento di un'azione da parte del presente programma esclude qualsiasi altro finanziamento da parte di un altro programma finanziato dal bilancio dell'Unione europea". Ciò non osta a che altre azioni finanziate da altri programmi comunitari possano concorrere alla realizzazione degli obiettivi della proposta in esame come indicato all'articolo 4 dove si afferma: "Se necessario e per quanto possibile le azioni finanziate ai sensi del presente regolamento sono associate a misure volte a rafforzare la democrazia e lo Stato di diritto".

3.6. L'articolo 11 prevede che la Commissione presenti un rapporto entro il 2006 e un rapporto finale entro il 2010. Il CESE chiede fin d'ora di essere consultato.

Bruxelles, 29 ottobre 2003.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Roger Briesch

(1) Tale proposta di regolamento fa seguito alla comunicazione della Commissione europea al Consiglio e al Parlamento sul tema dell'integrazione delle questioni legate alle migrazioni nelle relazioni dell'Unione europea con i paesi terzi, COM(2002) 703 def.

(2) Cfr. punti 11 e 12 delle conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999.

(3) Tale approccio è stato confermato in occasione del Consiglio europeo di Siviglia (punti 27-29 delle conclusioni della Presidenza) e del recente Consiglio europeo di Salonicco (punti 19-21 delle conclusioni della Presidenza).

(4) Cfr. in particolare il parere CESE sulla "Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo su una politica comunitaria in materia di immigrazione", nella GU C 260 del 17.9.2001; quello su "Immigrazione, integrazione e società civile organizzata", in GU C 125 del 27.5.2002, ed il parere sulla "Proposta di direttiva del Consiglio relativa alle condizioni d'ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendono svolgere attività di lavoro subordinato o autonomo", in GU C 80 del 3.4.2002.

(5) Peraltro, la stessa Comunicazione della Commissione - COM(2002) 703 def. - indicava: "Dove mancano politiche globali in materia di immigrazione, come nel caso dell'UE, i lavoratori trovano il modo di entrare (illegalmente) nel mercato globalizzato del lavoro" (punto 4.2).

(6) Cfr. in particolare il parere del CESE sul "Libro verde su una politica comunitaria di rimpatrio delle persone che soggiornano illegalmente negli stati membri" in GU C 61 del 14.3.2003, ed il parere sulla "Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo su una politica comunitaria in materia di rimpatrio delle persone soggiornanti illegalmente", in GU C 85 dell' 8.4.2003.

(7) EURES è un sistema di servizi per l'impiego volto a facilitare la libera circolazione dei lavoratori nell'area europea. Funziona attraverso una rete di consiglieri formati dalla Commissione europea e costantemente in contatto con questa, e fornisce: ai lavoratori, le informazioni sull'espatrio, le condizioni di vita (costo della vita, sistema tributario, ordinamento scolastico ecc.), le condizioni di lavoro (contratti, orari, retribuzioni, ecc.); agli imprenditori, informazioni per facilitare il reclutamento di personale al di fuori del loro territorio nazionale. Interagisce e collabora anche con i servizi nazionali per l'impiego e con le organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori.