52002SC0789

Documento di lavoro della Commissione - Relazione sulle quote latte /* SEC/2002/0789 def. */


DOCUMENTO DI LAVORO DELLA COMMISSIONE - RELAZIONE SULLE QUOTE LATTE

INDICE

1. Introduzione

2. L'importanza del latte per l'economia agricola dell'UE

2.1. Contributo del settore lattiero-caseario alla produzione agricola totale dell'UE

2.2. Caratteristiche del mercato mondiale dei prodotti lattiero-caseari

2.3. Principali strumenti di mercato nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari dell'UE

2.3.1. Portata e finalità degli strumenti

2.3.2. Misure di mercato

2.3.3. Scambi

2.3.4. Regime delle quote latte

3. Evoluzione del settore lattiero-caseario comunitario in regime di quote latte

3.1. Produzione ed equilibrio del mercato

3.2. Spesa di bilancio

3.3. Evoluzione strutturale nell'ambito del regime delle quote

3.4. Effetti economici del regime UE di quote latte

3.4.1. Il concetto di "rendita delle quote"

3.4.2. Scambio di quote ed efficienza

3.4.3. L'effetto delle quote sulla competitività della produzione lattiera dell'UE

3.5. Attuazione e gestione del regime delle quote

4. Prospettive del settore lattiero dell'UE nell'ambito dell'Agenda 2000

4.1. Finalità della riforma dell'Agenda 2000

4.2. Proiezione dell'evoluzione del mercato nell'ambito dell'Agenda 2000

4.2.1. Premesse

4.2.2. Tendenze del mercato dei prodotti lattiero-caseari nell'ambito dell'Agenda 2000

4.2.3. Effetti a livello di produzione

4.2.4. Reddito nel settore lattiero

4.3. Valutazione delle prospettive del settore nell'ambito dell'Agenda 2000

5. Opzioni per il settore lattiero-caseario dell'UE nel periodo 2008-2015

5.1. Status quo: semplice proseguimento dello scenario dell'Agenda 2000

5.1.1. Premesse

5.1.2. Tendenze di mercato per i prodotti lattiero-caseari

5.1.3. Effetti a livello di produzione

5.1.4. Valutazione dell'opzione

5.2. Riduzione dei prezzi di sostegno e aumento delle quote, secondo lo stesso approccio dell'Agenda 2000

5.2.1. Premesse

5.2.2. Tendenze di mercato per i prodotti lattiero-caseari

5.2.3. Effetti a livello di produzione

5.2.4. Valutazione dell'opzione

5.3. Doppio regime di quote, esportazioni più concorrenziali

5.3.1. Premesse

5.3.2. Tendenze di mercato per i prodotti lattiero-caseari

5.3.3. Effetti a livello di produzione

5.3.4. Valutazione dell'opzione

5.4. Abolizione delle quote e completa liberalizzazione della produzione di latte

5.4.1. Premesse

5.4.2. Tendenze di mercato per i prodotti lattiero-caseari

5.4.3. Effetti a livello di produzione

5.4.4. Valutazione dell'opzione

5.5. Raffronto tra le quattro opzioni

5.5.1. Reddito del settore lattiero-caseario

5.5.2. Considerazioni di bilancio

5.5.3. Aspetti ambientali

6. Conclusioni

ALLEGATO: La rendita delle quote

ALLEGATO: Descrizione del modello econometrico dal quale sono state ottenute le proiezioni di mercato

ILLUSTRAZIONI

1. INTRODUZIONE

All'atto dell'adozione, nel maggio 1999, delle misure per il settore lattiero-caseario nell'ambito dell'"Agenda 2000", il Consiglio decise anche di "effettuare un riesame intermedio nel 2003, sulla base di una relazione della Commissione per permettere all'attuale regime delle quote di scadere dopo il 2006" [1]. In considerazione di tale calendario, non si è quindi ritenuto opportuno, in questa fase, inserire alcuna considerazione sul regime delle quote latte nei PECO.

[1] Articolo 3 del regolamento (CE) n. 1256/1999 del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 3950/92 che istituisce un prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari (GU L 160, pag. 73).

La presente relazione vuole costituire la base del summenzionato riesame intermedio del settore lattiero. Figura all'inizio una breve sintesi dell'attuale situazione del mercato lattiero comunitario e degli strumenti dell'organizzazione comune dei mercati nel settore del latte; viene valutato il regime delle quote latte ed esaminate le difficoltà sorte nel tempo; successivamente vengono valutate le prospettive del settore, nell'ambito delle disposizioni adottate dall'Agenda 2000.

Il documento esplora successivamente le possibilità per il futuro del mercato lattiero comunitario in quattro diversi scenari. La prima opzione esamina l'evoluzione del mercato nell'ipotesi di status quo, ossia di un semplice proseguimento dell'Agenda 2000. Le successive due opzioni - duplice regime di quote; prosecuzione e approfondimento dell'impostazione data dall'Agenda 2000 - prendono in esame le possibili reazioni del mercato all'introduzione di una maggiore flessibilità delle disposizioni in materia di quote, senza abolirle completamente. Infine, vengono presentate e valutate le prospettive di mercato in uno scenario senza quote.

2. L'IMPORTANZA DEL LATTE PER L'ECONOMIA AGRICOLA DELL'UE

2.1. Contributo del settore lattiero-caseario alla produzione agricola totale dell'UE

Nella maggioranza degli Stati membri, e nell'UE nel suo insieme, la produzione lattiera è l'attività agricola più importante. A livello UE il settore lattiero-caseario da solo rappresenta il 14% circa del valore totale della produzione agricola a livello di produttore, ossia circa 38 000 milioni di EUR [2].

[2] Con l'introduzione della nuova metodologia dei conti economici dell'agricoltura, il contributo del latte alla produzione agricola finale totale è stato ridimensionato. Ad esempio, la quota di produzione agricola rappresentata dal latte nel 1995 risultava del 18,2% secondo la vecchia metodologia e del 14,4% con quella nuova. Ciò è dovuto al fatto che la nuova metodologia contabilizza il valore della produzione al prezzo di base.

La quota di produzione agricola rappresentata dalla produzione lattiera è molto variabile nei diversi Stati membri e regioni. In alcune zone di produzione - Galicia (Spagna), Lombardia, West Midlands (UK), Haute-Normandie e Bretagne (Francia) - la produzione lattiera rappresenta il 20% - 30% della produzione totale; nella regione spagnola di Cantabria, nonché nelle regioni dell'estremo nord della Svezia e della Finlandia e nelle Azzorre essa contribuisce addirittura per oltre il 50% alla produzione agricola finale. Nella maggior parte delle regioni meridionali dell'UE, invece, la produzione lattiera ha un ruolo secondario, rappresentando l'1 - 2% della produzione totale.

Nel 2000 l'UE ha prodotto circa 121,7 milioni di tonnellate di latte vaccino. I due maggiori paesi produttori - Germania (23%) e Francia (20%) - forniscono unitamente al Regno Unito, ai Paesi Bassi e all'Italia circa il 75% del latte vaccino dell'UE.

La pratica degli incroci per ottenere razze da carne o l'esistenza di razze miste tradizionali, in particolare in Spagna, Portogallo, Grecia, Francia e, in misura minore, in Belgio, Regno Unito e Irlanda, indica un orientamento relativamente significativo a favore della produzione di carne in alcuni Stati membri. Nell'insieme dell'UE circa due terzi delle carni bovine proviene, direttamente o indirettamente, da mandrie da latte. Grazie a questo stretto legame con il settore carneo, le carni ottenute da bovine da latte rappresentano una contributo supplementare del 10% alla produzione agricola totale.

Secondo l'ultima indagine Eurostat sulle strutture agricole, nel 1997 si contavano nell'UE complessivamente 1,7 milioni di allevamenti di bovini, da carne e da latte, che rappresentano il 24,3% del totale generale di 7,0 milioni di aziende. Ciascun allevamento contava mediamente 24,9 vacche lattifere e 15,4 altre vacche (principalmente nutrici).

La media dei capi delle mandrie da latte è tuttavia un'indicazione che cela sostanziali differenze tra gli Stati membri. Soltanto l'1% degli allevamenti austriaci ad orientamento latte conta più di 30 vacche lattifere; mediamente ogni azienda ne detiene 8. In Grecia e Portogallo le mandrie hanno dimensioni analoghe. Le mandrie più numerose (mediamente oltre 100 capi per azienda) si riscontrano nella Germania orientale, nell'Inghilterra settentrionale e in Scozia, in Danimarca, Spagna (Cataluña e Aragon) e in alcune zone della Francia (Bourgogne e Champagne-Ardenne).

A livello regionale, in termini assoluti, un elevato numero di bovine lattifere per regione si riscontra in Germania (Bayern, Niedersachsen, Baden-Württenberg, Nordrhein-Westfalen e Schleswig-Holstein) e in Francia (Bretagne, Pays de la Loire e Basse Normandie). Nei Paesi Bassi la densità di bovine lattifere è elevata in tutte le regioni tranne il sud-est del paese. In Italia si riscontra un elevato numero di bovine lattifere in Lombardia ed Emilia-Romagna; in Spagna, il maggior numero di bovine lattifere si conta in Galizia. La regione sud-occidentale dell'Inghilterra, l'Irlanda, la Scozia e l'Irlanda del Nord, registrano un numero elevato di bovine lattifere.

2.2. Principali caratteristiche del mercato mondiale dei prodotti lattiero-caseari

Nel 2001 la produzione mondiale di latte vaccino ha raggiunto i 585 milioni di tonnellate [3], di cui il 21,3% prodotto dall'UE, il 14,7% dall'India, il 13,1% dagli USA, il 5,5% dalla Russia e il 3,9% dal Brasile. La Nuova Zelanda (2,2%) e l'Australia (1,9%) si collocavano rispettivamente al settimo e all'undicesimo posto della classifica dei produttori.

[3] Fonte: FAO.

Anche la domanda di latte e di prodotti lattiero-caseari si concentra in Europa. In testa ai consumi mondiali figura l'UE con una quota del 21%, seguita dall'India (13%) e dagli USA (12%).

A livello mondiale si riscontra un tendenziale aumento dei consumi, soprattutto in Asia, ove si registra un incremento di oltre il 20% nell'ultimo decennio (dovuto principalmente all'aumento in India e Pakistan). In molti paesi in via di sviluppo la produzione si espande prevalentemente in risposta ai maggiori consumi interni. Tuttavia, dato che la produzione interna non riesce a soddisfare la maggiore domanda, dovuta soprattutto al forte aumento demografico, in questi paesi, si registra una crescita costante delle importazioni di prodotti lattiero caseari, in particolare, prodotti sfusi a basso valore aggiunto.

Secondo le statistiche FAO, nel 2001 sono stati scambiati in tutto il mondo quantitativi di latte per un totale di 40,8 milioni di tonnellate. Soltanto il 6,9% della produzione lattiera mondiale viene scambiato, a causa dell'esistenza di norme sanitarie che rispecchiano la deperibilità dei prodotti lattiero-caseari e di organizzazioni di mercato nazionali nella maggior parte dei paesi. Il latte liquido non viene quasi mai scambiato, e il vero commercio riguarda prodotti lattiero-caseari quali il burro, i formaggi e il latte in polvere. Inoltre, dato che esistono relativamente poche nazioni che operano su tale mercato ristretto, il commercio mondiale di prodotti lattiero-caseari è caratterizzato anche dalla volatilità dei prezzi a breve termine.

Nel 1999 l'UE era ancora il maggiore esportatore di prodotti lattiero-caseari, con una media di 11,8 milioni di tonnellate equivalente latte nel precedente triennio. Al secondo posto si collocava la Nuova Zelanda con 7,9 milioni di tonnellate, seguita dall'Australia con una media di 5 milioni di tonnellate. Gli USA esportano in media circa 2,2 milioni di tonnellate l'anno.

Il mercato del burro è dominato dalla Nuova Zelanda che nel periodo 1997-1999 ne ha esportato mediamente 0,31 milioni di tonnellate. Le esportazioni UE - complessivamente 0,18 milioni di tonnellate - hanno superato quelle dell'Australia (0,12 milioni di tonnellate). Nell'ultimo decennio la presenza dell'UE sul mercato mondiale del burro è andata scemando (-16%), a vantaggio delle esportazioni della Nuova Zelanda, che nel periodo dal 1992-1994 al 1997-1999 sono aumentate del 35%, e dell'Australia (+ 75%).

Attualmente l'UE è il leader del mercato mondiale dei formaggi, in quanto tratta il 37% degli scambi totali. Tuttavia, l'Australia, la Nuova Zelanda e persino gli USA hanno raddoppiato le rispettive esportazioni nel periodo tra il 1992-1994 e il 1997-1999. Se in termini di volume ciò ha comportato una diminuzione di circa il 5% della quota detenuta dall'UE sul mercato dei formaggi, in termini di valore le esportazioni sono cresciute, aumentando il valore unitario del 20%.

Statistiche più recenti, benché ancora parziali, sembrano indicare che le crescenti esportazioni della Nuova Zelanda e dell'Australia nel loro insieme hanno ormai scalzato l'UE dalla sua posizione di preminenza per tutti i prodotti, tranne i formaggi.

2.3. Principali strumenti di mercato nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari dell'UE

2.3.1. Portata e finalità degli strumenti

Come per la maggior parte dei settori disciplinati dall'organizzazione comune dei mercati (OCM), anche per quello del latte il Consiglio ha fissato un "prezzo indicativo" per i produttori che vendono latte. I vari strumenti dell'OCM, che consistono in misure d'intervento nell'ambito tanto dell'offerta quanto dei consumi, vengono utilizzati per raggiungere tale prezzo indicativo garantendo l'equilibrio del mercato. Sul versante dei consumi esistono diversi regimi per lo smercio mentre su quello dell'offerta sono previste misure di mercato. Dal 1984 tali misure sono abbinate a una misura di controllo dell'offerta, le cosiddette "quote", introdotte per stabilizzare il mercato e i prezzi mantenendo la produzione allineata ai consumi.

Le origini dell'OCM nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari risalgono al 1964 e all'adozione del regolamento (CEE) n. 804/68 del Consiglio, che è stato sostituito dal regolamento (CE) n. 1255/1999 [4] nell'ambito del pacchetto di riforme dell'Agenda 2000. Esso disciplina un'ampia gamma di prodotti lattiero-caseari, che sono oggetto di vari strumenti di mercato, tra cui l'intervento pubblico e l'ammasso privato, gli aiuti interni al consumo e le restituzioni all'esportazione. Un altro insieme di regolamenti disciplina il latte destinato al consumo (regolamento (CE) n. 2579/97 del Consiglio) e il regime delle quote latte, segnatamente il regolamento (CEE) n. 856/84 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 857/84 del Consiglio, sostituito dal regolamento (CEE) n. 3950/92, successivamente modificato dal regolamento (CE) n. 1256/1999 nel quadro dell'Agenda 2000.

[4] GU L 160 del 26.6.1999, pag. 48.

2.3.2. Misure di mercato

Ammasso pubblico e privato e misure di commercializzazione

Il regolamento OCM istituisce un "prezzo indicativo" per il latte vaccino, fissato dal Consiglio (attualmente 309,8 EUR/t per un tenore di grassi del 3,7%); tutti gli altri strumenti di mercato servono, in linea di principio, a garantire che il prezzo di mercato del latte si avvicini a tale prezzo indicativo.

Quando i prezzi di mercato del burro in uno o più Stati membri sono inferiori al 92% del prezzo di intervento in un periodo rappresentativo, gli organismi d'intervento degli Stati membri interessati devono procedere all'acquisto. Il prezzo di acquisto all'intervento fissato dalla Commissione non deve essere inferiore al 90% del prezzo di intervento.

L'organismo d'intervento designato da ciascuno Stato membro deve acquistare latte scremato in polvere (LSP) al prezzo d'intervento nel periodo tra il 1° marzo e il 31 agosto di ogni anno. La Commissione può sospendere gli acquisti di latte scremato in polvere allorché i quantitativi offerti all'intervento superano le 109 000 tonnellate.

Può essere concesso un aiuto all'ammasso privato di LSP e di formaggi, in particolare se l'andamento dei prezzi e delle scorte indica un grave squilibrio del mercato che potrebbe essere evitato o ridimensionato mediante l'ammasso stagionale. L'importo dell'aiuto all'ammasso privato dev'essere fissato in base alle spese di magazzinaggio. Ove la situazione di mercato lo richieda, la Commissione può decidere che l'organismo d'intervento reimmetta sul mercato, in tutto o in parte, i prodotti immagazzinati.

Alla data di redazione del presente documento, le scorte in regime d'intervento ammontano a circa 85 000 tonnellate di burro e a 27 000 tonnellate di LSP; le scorte di burro si aggirano sulle 96 000 tonnellate per gli ultimi otto anni; le scorte di LSP si registrano per la prima volta in due anni. La rilevanza delle scorte in termini di mercato è riportata nella figura 1, dalla quale si desume che la quota delle scorte di LSP rispetto ai consumi totali è passata dal 53,0% circa del periodo 1983-1986 a meno del 20% negli ultimi anni. Per quanto riguarda il burro, tale quota è scesa anch'essa a circa il 7% da un massimo dell'83% nel 1983 (figura 2).

L'OCM latte consiste inoltre in una serie di misure di aiuto per incentivare i consumi di prodotti lattiero-caseari all'interno dell'UE: si tratta dei cosiddetti aiuti allo smercio. Tali aiuti ammontano attualmente a circa 900 EUR/t di burro e a 700 EUR/t di LSP; la relativa spesa annuale è ammontata nel 2000, rispettivamente, a 449 milioni di EUR e a 708 milioni di EUR. Per quanto riguarda il ruolo di tali aiuti in termini quantitativi, la figura 3 indica che il consumo sovvenzionato nel settore dell'LSP è sceso, in percentuale del consumo totale, dall'89,4% del 1984 al 53,0% degli ultimi anni. Il consumo sovvenzionato di burro rappresenta attualmente il 27,0% del consumo totale, mentre ammontava al 33,4% nel 1988 (figura 4).

2.3.3. Scambi

Le importazioni nell'UE e la maggior parte delle esportazioni dall'UE di prodotti lattiero-caseari di base sono subordinate alla presentazione di un titolo di importazione o di esportazione. Salvo ove diversamente disposto dal regolamento (CE) n. 1255/1999, ai prodotti lattiero-caseari si applicano le aliquote dei dazi di cui alla tariffa doganale comune. Nel 2000 sono state importate nell'UE complessivamente 105 000 tonnellate di burro e 78 000 tonnellate di LSP.

Per consentire l'esportazione di prodotti lattiero-caseari ai prezzi praticati sul mercato mondiale, possono essere concesse restituzioni all'esportazione che coprono la differenza tra i prezzi mondiali e quelli UE. Le restituzioni sono le stesse per tutta l'UE. Possono essere differenziate secondo la destinazione qualora lo imponga la situazione del mercato mondiale. Dalla figura 5 si rileva che negli ultimi anni i prezzi UE dell'LSP sono rimasti a livelli analoghi a quelli del mercato USA ma che hanno superato di circa il 25% quelli degli altri principali paesi esportatori, quali la Nuova Zelanda e l'Australia. La figura 6 presenta una situazione analoga per quanto riguarda i prezzi del burro, con la differenza che il divario tra i prezzi UE e quelli della Nuova Zelanda/Australia è molto più ampio (fino al 50% nell'ultimo decennio) e che i prezzi USA hanno cominciato solo di recente ad avvicinarsi a quelli UE, in ragione principalmente dell'evoluzione del tasso di cambio.

2.3.4. Regime delle quote latte

L'istituzione dell'OCM nel settore del latte ha determinato un costante aumento dell'offerta di latte per effetto della politica di sostegno dei prezzi. Alla fine degli anni '70 la produzione di latte aveva superato i consumi complessivi, mentre era in calo la domanda dei principali prodotti lattiero-caseari, ossia burro e LSP.

Dopo che l'iniziale prelievo di corresponsabilità si dimostrò inefficace per arrestare l'espansione della produzione lattiera, si giunse presto al punto in cui la spesa UE di magazzinaggio dei prodotti lattiero-caseari metteva in causa "l'avvenire stesso della politica agricola comune" [5]. Inoltre, i crescenti quantitativi di prodotti beneficiari di sovvenzioni alle esportazioni smerciati sul mercato mondiale iniziavano ad essere considerati causa di considerevoli turbative dei mercati mondiali.

[5] Terzo considerando del regolamento (CEE) n. 856/84 del Consiglio.

Al fine di ristabilire l'equilibrio nel settore del latte vaccino, nell'aprile 1984 la Comunità decise pertanto di istituire un "prelievo supplementare" di natura dissuasiva, o superprelievo [6], applicabile ai quantitativi di latte consegnati oltre un "quantitativo globale garantito" - la quota latte comunitaria - ripartito tra i singoli produttori degli Stati membri tramite un meccanismo di "quantitativi di riferimento" o quote individuali.

[6] Il prelievo, fissato al 115% del prezzo indicativo del latte, è applicato ai quantitativi di latte che superano i quantitativi di riferimento stabiliti dal Consiglio per ciascuno Stato membro per periodo di dodici mesi. Esso viene ripartito tra i produttori che hanno contribuito al superamento.

Con l'adozione del regime delle quote latte, la Comunità si era orientata efficacemente verso uno strumento a spiccato carattere amministrativo e restrittivo per realizzare, come necessario, l'obiettivo del sostegno dei prezzi alla produzione e contemporaneamente del controllo della produzione e della spesa. Tuttavia, nonostante le difficoltà amministrative previste con la sua introduzione, una politica di quote era considerata all'epoca "il metodo che nel contempo è il più efficace ed esercita gli effetti meno brutali sui redditi dei produttori" [7] perché consentiva di mantenere le garanzie esistenti in materia di sostegno dei prezzi.

[7] Quarto considerando dello stesso regolamento.

Il quantitativo globale garantito di latte per la CE a 10 [8] venne fissato nel 1984 a 103,7 milioni di tonnellate, di cui 99,8 milioni di tonnellate destinate alla consegna alle latterie. Tale quantitativo equivaleva, per la campagna di commercializzazione 1984/85, ad una riduzione del 3,5% della produzione lattiera rispetto all'anno precedente. Si stima che i consumi interni in equivalente latte ammontassero all'epoca a circa 94,9 milioni di tonnellate, ossia che fossero inferiori di 8,8 milioni di tonnellate alla quota.

[8] IL QUANTITATIVO COMPLESSIVO SI FONDAVA SULLA PRODUZIONE 1981 MAGGIORATA DELL'1%. LE QUOTE ERANO ASSEGNATE AI PRODUTTORI IN BASE ALLE CONSEGNE DI LATTE REGISTRATE NEL 1981, 1982 O 1983, O ALLA MEDIA DEL TRIENNIO. LA CIFRA NON COMPRENDE IL QUANTITATIVO DI 0,39 MILIONI DI TONNELLATE DELLA "RISERVA COMUNITARIA".

3. EVOLUZIONE DEL SETTORE LATTIERO-CASEARIO COMUNITARIO IN REGIME DI QUOTE LATTE

Ai fini della valutazione della situazione attuale del regime delle quote, la Commissione, oltre alle analisi interne effettuate dalla DG Agricoltura, ha consultato una serie di studi indipendenti. Inoltre, si richiama l'attenzione sull'ultima relazione della Corte dei conti sulle quote latte [9] corredata delle risposte date dalla Commissione.

[9] Relazione speciale n. 6/2001 sulle quote latte, ottobre 2001.

3.1. Produzione ed equilibrio del mercato

A causa della persistenza di ingenti scorte nei primi anni del regime di quote, il Consiglio decise ulteriori riduzioni del quantitativo globale, tanto che entro la campagna di commercializzazione 1992/93 gli Stati membri della CE a 10 avevano ridotto la rispettiva quota globale del 10,5%.

L'adesione della Spagna e del Portogallo alla Comunità, nel 1986, venne negoziata sulla base di una quota nazionale di 5,4 milioni di tonnellate per la Spagna, mentre il Portogallo beneficiò di un periodo transitorio durante il quale era esentato dall'applicazione della sua quota di 1,9 milioni di tonnellate fino alla campagna di commercializzazione 1990/91. L'anno dopo, a seguito dell'unificazione tedesca, l'integrazione dei nuovi Länder tedeschi venne accompagnata da una quota supplementare di 6,5 milioni di tonnellate per tali zone. L'insieme dei summenzionati fattori determinò una quota globale di circa 106,9 milioni di tonnellate nel 1992/93 (figura 7).

Nei primi anni '90, in una situazione di migliore equilibrio del mercato e di scorte d'intervento decrescenti (cfr. figure 1 e 2), il Consiglio si trovò in condizione di accogliere le vecchie richieste dell'Italia, della Spagna e della Grecia, aumentando le rispettive quote di complessivamente 1,6 milioni di tonnellate a decorrere dalla campagna di commercializzazione 1993/94. Tale concessione fece sì che la riduzione complessiva definitiva per la CE a 10 risultasse soltanto dell'8,7% rispetto al 1984. Se si escludono i quantitativi nazionali di riferimento -complessivamente 8,4 milioni di tonnellate - negoziati dalla Comunità per i tre Stati membri (Austria, Svezia e Finlandia) che hanno aderito nel 1995, si è trattato degli ultimi adeguamenti delle quote fino all'entrata in vigore, nella campagna di commercializzazione 2000/2001, degli aumenti concordati nell'ambito dell'Agenda 2000.

La figura 8 riporta, in equivalente latte, l'andamento della produzione, del consumo e delle eccedenze sul mercato comunitario, in una situazione di quote in evoluzione. Tra il 1973 e il 1984 risultano chiaramente in crescita i quantitativi destinati all'esportazione, in conseguenza di una crescente produzione comunitaria a fronte di consumi interni praticamente stabili. Dall'introduzione delle quote, la produzione si è fondamentalmente allineata ai livelli della quota e l'eccedenza, in termini di equivalente latte, è diminuita progressivamente rispetto al record storico di 22,3 milioni di tonnellate del 1983.

3.2. Spesa di bilancio

In termini di bilancio, la figura 9 indica che, dall'introduzione delle quote, la spesa PAC nel settore del latte è scesa da circa 5 224 milioni di EUR nel 1984 (28,5% dei 18 330 milioni di EUR di spesa totale per la PAC) a 2 800 milioni di EUR negli ultimi anni (6,5% dei 40 447 milioni di EUR di spesa totale per la PAC).

Inoltre, da quando sono state introdotte le quote, il meccanismo del superprelievo, destinato a garantire il rispetto delle quote, ha fruttato al bilancio comunitario circa 3 200 milioni di EUR, mentre nel periodo 1977-1993 il prelievo di corresponsabilità aveva totalizzato circa 6 000 milioni di EUR senza influire in modo significativo sul contenimento della produzione.

Nell'ambito della spesa per il settore del latte, la figura 10 mostra che la spesa per l'ammasso d'intervento è scesa dal suo massimo livello di 1 972 milioni di EUR nel 1985 agli attuali livelli residuali, mentre, le restituzioni all'esportazione e gli aiuti al consumo interno si sono dimezzati rispetto ai livelli massimi del 1987/88. La relativa spesa annuale ammonta, rispettivamente, a circa 1 500 milioni di EUR e a 1 300 milioni di EUR.

Al paragrafo VI della sua relazione sulle quote latte la Corte dei conti ha criticato tale spesa ricorrente per le restituzioni all'esportazione e gli aiuti al consumo interno, sostenendo che con le quote "la produzione di latte non è stata portata al livello del consumo interno non sovvenzionato e delle esportazioni non sovvenzionate".

Secondo altri studi indipendenti, il sovvenzionamento dei consumi non solo ha contribuito all'obiettivo di evitare il regime d'intervento per parte della produzione, ma ha anche incentivato efficacemente l'impiego di prodotti lattiero-caseari comunitari in particolari settori del mercato interno e il mantenimento della posizione strategica dei prodotti lattiero-caseari comunitari sul mercato mondiale.

3.3. Evoluzione strutturale nell'ambito del regime delle quote

Quando venne introdotto il regime delle quote, il trasferimento delle quote tra produttori non era permesso senza corrispondente trasferimento di terra, per un periodo minimo. Tuttavia, vennero istituiti regimi di prepensionamento ed altri regimi di acquisto di quote al fine di incoraggiare i produttori più anziani ad abbandonare la produzione lattiera. Inoltre, agli Stati membri, che avevano assegnato quote ai produttori delle zone svantaggiate, nelle quali la produzione lattiera era considerata una componente importante dell'economia agricola, venne consentito di stabilire norme per evitare l'abbandono dell'attività produttiva in tali zone.

Successivamente vennero adottate alcune misure complementari per fronteggiare situazioni particolari in cui non era auspicabile un nesso troppo stretto tra la quota e la terra, ad esempio in relazione a programmi di ristrutturazione o ambientali. Nel 1999 venne adottata l'importantissima disposizione che consentiva agli Stati membri di scindere la terra dalla quota, qualora il detentore non fosse più produttore attivo [10].

[10] Regolamento (CEE) n. 3950/92 del Consiglio (GU L 405 del 31.12.1992, pag. 1), modificato dal regolamento (CE) n. 1256/1999.

Le summenzionate misure, abbinate alla graduale riduzione del livello delle quote nella CE a 10 fino al 1992, ebbero effetti importanti sull'evoluzione strutturale del settore.

La riduzione del numero di aziende lattiere nella Comunità nel periodo 1975-1997 è riportata nella figura 11. Prendendo ad esempio la CE a 9 ai fini del raffronto tra la situazione precedente l'introduzione delle quote e quella in regime di quote, si osserva che il ritmo di diminuzione del numero di aziende lattiere è aumentato in regime di quote fino ad un tasso del -4,6% l'anno circa, a fronte di un -4,1% l'anno nel periodo 1975-1985.

La figura 12 riporta l'andamento del patrimonio bovino da latte. Il numero di vacche, praticamente stabile nel periodo 1975-1985, diminuì bruscamente con l'introduzione delle quote, riducendosi in media del 2,7% l'anno nella CE a 9 fino al 1993, dato che i produttori tentavano di abbassare i costi di produzione per quote relativamente fisse riducendo il numero di capi ed aumentando le rese per capo. Dal 1993, in conseguenza dell'aumento della quota in alcuni Stati membri e di un minore incremento delle rese medie, la diminuzione del numero di bovine lattifere si è rallentata, assestandosi attorno al -1,3% l'anno.

Se si combinano le due tendenze nella figura 13, si osserva che il numero medio di capi per azienda lattiera ha continuato ad aumentare in regime di quote, in quanto i produttori che hanno proseguito l'attività nel settore hanno cercato di far fronte alla necessità di migliorare la struttura dei costi aziendali. Tale evoluzione della struttura aziendale è stata particolarmente evidente nelle aziende più piccole. La figura 14 indica inoltre che, nella CE a 9, la quota di aziende con meno di 19 vacche è scesa dal 66,0% del 1985 al 41,7% del 1997, mentre nello stesso periodo la quota di aziende con più di 50 vacche è passata dal 7,7% al 18,0%.

A livello regionale, a fronte di una diminuzione generalizzata delle aziende lattiere nel periodo in questione, la quota di produttori delle zone svantaggiate rispetto a quella dei produttori delle zone non svantaggiate è passata dal 39% del 1983 al 49% del 1993, dopodiché si è stabilizzata. Con un analogo andamento tendenziale, la quota rappresentata dal patrimonio lattifero totale nelle zone svantaggiate è salita dal 25% al 36% [11] (figura 15, tutti i dati si riferiscono alla CE a 9). Da allora, la quota di produttori di latte e di vacche lattifere nelle zone svantaggiate è stabile.

[11] Secondo le stime disponibili per il 1997, un terzo di tutto il latte UE viene prodotto nelle zone svantaggiate.

Nel settore della trasformazione, in regime di quote è proseguito il processo di concentrazione e consolidamento già osservato prima dell'introduzione del regime stesso. In risposta all'esigenza di mantenere i margini a fronte di un'offerta di latte limitata, si sono verificate numerose importanti acquisizioni e fusioni di imprese. Tale evoluzione si rispecchia nella figura 16, ove si osserva che in regime di quote il numero di latterie è diminuito progressivamente mentre la capacità è aumentata, passando mediamente da 19 711 tonnellate nel 1985 a 29 710 tonnellate nel 1997. Il fatto che attualmente nell'UE 40 latterie trasformino circa il 65% di tutto il latte crudo prodotto dà un'idea del grado di concentrazione raggiunto.

Nonostante la persistente cospicua spesa per il consumo interno e le esportazioni, in regime di quote i margini per chilogrammo di latte sono rimasti fondamentalmente stabili, o si sono lievemente ridotti [12]. In tale contesto, l'andamento positivo dei redditi dei produttori, espressi in termini di valore aggiunto netto dell'azienda e di valore aggiunto netto dell'azienda per unità di valore annuo, come illustrato per il periodo 1989-1999 nella figura 17, è dovuto esclusivamente alla ristrutturazione in corso e all'aumento delle quote per azienda.

[12] Fonte: analisi del margine lordo nello studio indipendente finanziato dalla Commissione "Les coûts de production des principaux produits agricoles de la Communauté européenne", settembre 1990 e marzo 2001 (Contratto AGRI/A-3/2000/002).

3.4. Effetti economici del regime UE di quote latte

3.4.1. Il concetto di "rendita delle quote"

Le quote latte limitano la produzione. Abbinata alle esportazioni sovvenzionate e alla protezione all'importazione, la quota globale mira a mantenere l'offerta sul mercato interno inferiore alla domanda interna globale (sovvenzionata e non sovvenzionata). La quota permette così di mantenere il sostegno e i prezzi di mercato dell'UE al di sopra del prezzo di equilibrio del mercato, senza accumulare scorte in regime d'intervento pubblico.

Tuttavia, prezzi d'intervento garantiti e relativamente elevati costituiscono un forte incentivo a produrre cosicché, qualora non esista una limitazione dell'offerta mediante quote, molti allevatori aumentano la produzione. Dato che le possibilità di aumentare le esportazioni e/o il consumo interno tramite sovvenzioni non sono illimitate, si accumulano scorte in regime d'intervento pubblico. Se, inoltre, la garanzia del prezzo d'intervento viene ridotta o eliminata, la maggiore produzione determina la riduzione dei prezzi. Tali prezzi ridotti stimolano la domanda e rendono la produzione meno proficua, riducendo quindi l'incentivo a produrre. Ad un certo punto si raggiunge un equilibrio tra l'offerta e la domanda interna.

Le stime sembrerebbero indicare che nell'UE si potrebbe prevedere tale equilibrio ad un livello di prezzo considerevolmente al di sotto degli attuali prezzi di sostegno. A tale livello rifornirebbero il mercato soltanto i produttori economicamente più efficienti, ossia quelli con i costi di produzione più bassi, e gli acquirenti di latte e di prodotti lattiero-caseari beneficerebbero di prezzi molto più bassi.

Dato che il regime delle quote, abbinato al sostegno dei prezzi, contribuisce a mantenere i prezzi a livelli relativamente elevati, si può considerare che il meccanismo di sostegno dei prezzi mediante quote generi per i produttori una "rendita economica" per ogni chilogrammo di latte prodotto e venduto nell'ambito della quota.

Più precisamente, in termini economici, per "rendita del produttore in regime di quote", ossia per "rendita delle quote" si intende la differenza, espressa in EUR/kg, tra il prezzo attuale di mercato in regime di quote e il "prezzo di costo" stimato, o "prezzo ombra" del latte. Il "prezzo ombra del latte" equivale al costo variabile aggiuntivo per produrre un chilogrammo supplementare di latte, in una determinata zona di produzione in cui vige il regime delle quote.

La "rendita delle quote" può essere stimata per l'insieme del settore e quindi dare un'indicazione approssimativa dell'effetto del regime delle quote e del sostegno ai prezzi che determina [13].

[13] Il concetto di "rendita delle quote" e il suo ordine di grandezza stimato sono presentati in modo dettagliato nell'allegato.

3.4.2. Scambio di quote ed efficienza

Fintantoché un produttore prevede di continuare a ricavare un profitto dalla produzione o dalla vendita di latte, avrà interesse ad aumentare la produzione. Tanto più efficiente è il produttore, tanto più bassi saranno i suoi costi di produzione e tanto più elevato è il prezzo di mercato, tanto maggiore sarà il profitto ricavato dall'aumento della produzione.

Dall'assegnazione iniziale di quote ai produttori, ossia dal 1984 in poi, gli Stati membri hanno applicato diversi sistemi per ridistribuire le quote nuove o inutilizzate (ad esempio ai produttori che iniziano l'attività o a quelli che aumentano la produzione). Nel quadro della normativa comunitaria nel settore, alcuni Stati membri hanno scelto di affidarsi completamente alle regole di mercato, mentre altri hanno deciso di continuare a riservare allo Stato la gestione delle quote, o di organizzare aste di quote, a livello nazionale o regionale. Inoltre, alcuni Stati membri ammettono il trasferimento temporaneo (affitto annuale) delle quote inutilizzate.

Nell'ambito di un regime di quote, ciascun produttore dispone di "diritti di produzione" limitati, ma ove è consentito lo scambio di quote può essere disposto a pagare per ottenere diritti supplementari da altri produttori se prevede ancora un utile sufficiente, al netto del costo di tali diritti supplementari. Altri produttori che ricavano dall'attività nel settore lattiero-caseario utili molto più bassi o che desiderano ridurre o cessare tale attività per altri motivi, ad esempio per lavorare in settori non agricoli o andare in pensione, possono essere interessati a vendere o affittare la loro quota, ricavandone un reddito aggiuntivo.

Nel caso in cui le quote vengano trasferite insieme alla terra, il prezzo della quota risulta incorporato nel prezzo della terra. Tuttavia, la terra è un fattore immobile della produzione e la frequente rigidità dei mercati fondiari la rende uno strumento assai imperfetto per il trasferimento di quote latte. Negli Stati membri che consentono i trasferimenti di quote si è fatto strada il concetto di affitto ed acquisto di quote, per aumentare la produzione di latte. Le quote hanno quindi cominciato a tradursi in maggiori costi variabili tangibili, in caso di affitto di quote, o di maggiori costi fissi, in caso di acquisto.

I costi variabili dell'affitto di quote sono diventati funzione del prezzo del latte, delle probabilità di superamento della quota nazionale in un determinato Stato membro e della fluidità del regime di trasferimento delle quote. Le suddette circostanze fanno sì che il prezzo di affitto di una quota possa variare considerevolmente da un anno all'altro.

I costi fissi dell'acquisto di quote sono diventati espressione della strategia commerciale a medio e lungo termine dei produttori e hanno cominciato quindi ad essere trattati come costi d'investimento, che possono essere ammortizzati in molti modi, in funzione principalmente delle previsioni sulla durata del prezzo e del regime in vigore per quanto riguarda le quote nonché delle disposizioni in materia fiscale dello Stato membro in questione.

Complessivamente, si può prevedere che, agevolando i trasferimenti di quote mediante l'affitto e l'acquisto, si determini progressivamente una situazione in cui i produttori economicamente più efficienti aumenteranno la produzione mentre quelli meno efficienti la ridurranno o interromperanno l'attività. Contemporaneamente, benché il concetto di "rendita delle quote" si applichi al settore nel suo insieme e vada oltre le singole transazioni, queste ultime rendono visibile almeno parte della "rendita delle quote" sotto forma di costo per il produttore della locazione della quota supplementare o, viceversa, di utile o reddito percepito dal titolare che dà in affitto la quota.

Qualora invece lo scambio di quote non sia consentito, dal punto di vista del mercato non è possibile determinare il valore della "rendita delle quote" perché, per definizione, esso non può essere espresso come prezzo commerciale. In tal caso, il valore della "rendita delle quote" rispecchia il costo occulto per il settore lattiero, connesso all'esistenza di quote restrittive e mascherato dal regime di trasferimenti amministrativi.

Infine, in caso di acquisto della quota di un titolare che si è ritirato dalla produzione lattiera o di quota data in affitto da un titolare che non contribuisce direttamente a tale produzione, si può dedurre che una parte della "rendita delle quote" nel settore fuoriesca dal comparto del latte. Per questo, nel 1999 sono state adottate nuove disposizioni che impediscono a titolari non in attività di dare in affitto la quota.

In conclusione, entro i limiti del concetto, si osserva che la "rendita delle quote", ossia la "rendita del produttore in regime di quote", non soltanto incide direttamente sui produttori e sulle loro percezioni, ma dà anche un'utile indicazione della misura in cui, in una situazione di offerta insufficiente imposta dalle quote, i costi di produzione del settore, e il prezzo stesso del latte, vengono spinti più in alto di quanto avverrebbe in assenza di quote. È pertanto necessario analizzare le implicazioni dell'economia delle quote per il benessere del settore lattiero dell'UE e il suo ruolo nell'agricoltura europea.

3.4.3. L'effetto delle quote sulla competitività della produzione lattiera dell'UE

Nella misura in cui il regime delle quote, abbinato ad altri meccanismi di sostegno dei prezzi, contribuisce a mantenere i prezzi UE prossimi al prezzo indicativo fissato dal Consiglio, si può sostenere che le quote contribuiscono a rendere i prodotti lattiero-caseari dell'UE meno concorrenziali tanto sul mercato interno, rispetto ai succedanei del latte, quanto sul mercato dell'esportazione.

Tuttavia, in questo contesto è importante rilevare che l'elevato prezzo del latte UE non è dovuto interamente al regime delle quote: parte del prezzo è riconducibile ad altri fattori economici [14] e parte rappresenta il costo della fornitura alla società in generale di benefici non economici mediante il regime delle quote.

[14] Al riguardo, la Commissione sta preparando un importante studio sulla trasmissione del prezzo dei prodotti agricoli.

Innanzitutto, anche con la liberalizzazione del mercato è già stato rilevato che molti incrementi potenziali di efficienza in realtà non vengono realizzati dai produttori, che non trovano il modo di aumentare la produzione a basso costo. Altrimenti detto, c'è sempre un divario tra la possibilità teorica di maggiore efficienza e quella effettivamente realizzata.

Ad esempio, la produzione efficiente in una determinata regione può benissimo essere limitata da qualche altro fattore di produzione fisso (ad esempio terra, attrezzature o infrastrutture aziendali) e in un'altra regione le possibilità di espansione a basso costo possono essere ostacolate dall'inerzia del sistema produttivo, ad esempio la mancanza di spirito imprenditoriale o la mancata comunicazione dei "segnali del mercato" a produttori potenzialmente efficienti.

La moderna produzione lattiera richiede molto senso commerciale, know-how in materia di gestione ed investimenti specifici a lungo termine in fabbricati, attrezzature e bestiame. Sistemi economicamente sostenibili richiedono inoltre superfici adeguate su cui coltivare in proprio foraggi di qualità a basso costo mantenendo livelli equilibrati di carico.

È ovvio che la limitazione di uno qualsiasi dei summenzionati fattori economici renderebbe impossibile superare a breve o anche a medio termine parte dell'inefficienza dei costi della produzione lattiera UE.

In secondo luogo, in riferimento al concetto secondo cui la redditività economica sul lungo periodo delle aziende lattiere dipende dalla disponibilità di superfici adeguate, è opportuno rilevare che, in molti Stati membri, e in regioni specifiche del loro territorio, l'applicazione della normativa europea in materia ambientale determina crescenti vincoli ambientali (ad esempio carico di letame) che potrebbero limitare l'espansione della produzione lattiera in quelle che sono attualmente le regioni UE con il comparto lattiero-caseario economicamente più efficiente. Si rischierebbe inoltre una maggiore concentrazione di vacche lattifere in altri Stati membri o regioni man mano che i produttori sostituiscono altri sistemi con la produzione lattiero-casearia, aumentando così la pressione ambientale.

Inoltre, norme sempre più severe in materia di assetto territoriale delle zone rurali potrebbero anch'esse limitare, in generale, la realizzazione dell'efficienza della produzione lattiera, nella misura in cui incidono sulle decisioni commerciali dei produttori riguardanti l'entità e il costo dei miglioramenti aziendali, il trasferimento di fabbricati ed altre considerazioni infrastrutturali. I crescenti costi economici connessi al rispetto delle norme UE in materia di igiene del latte, sicurezza alimentare e benessere degli animali, che attualmente avviene nell'ambito delle restrizioni della capacità operate dalle quote, in futuro potrebbero frenare i produttori di latte UE più efficienti dal punto di vista dei costi.

Infine, la politica delle quote è caratterizzata dalla scelta di mantenere la produzione lattiera nelle zone svantaggiate, che come precedentemente indicato fornivano nel 1997 il 33% della produzione lattiera totale dell'UE. In molte zone svantaggiate la produzione lattiera estensiva rappresenta una forma molto valida di utilizzazione del suolo e di gestione del territorio.

Le zone svantaggiate sono oggetto di specifiche disposizioni in materia di sviluppo rurale trattandosi, per definizione, di regioni con un sistema produttivo agricolo in difficoltà. La salvaguardia delle quote latte assegnate alle zone svantaggiate, nonostante il costo economico ivi connesso, fa quindi parte di tale politica, che riconosce il rapporto esistente tra produzione, dinamica occupazionale e plurifunzionalità della produzione lattiera nelle zone svantaggiate.

Inoltre, a tali zone è spesso associato un elevato valore ricreativo dal punto di vista naturale o paesaggistico. Se il loro contributo all'"inefficienza" della produzione lattiera dell'UE venisse valutato secondo criteri fondati su concetti economici troppo ristretti, si trascurerebbe il ruolo che svolge l'agricoltura, in particolare la produzione lattiera, nella fornitura di tali beni pubblici.

3.5. Attuazione e gestione del regime delle quote

Le suesposte considerazioni sull'andamento economico del mercato lattiero in regime di quote illustrano come la politica delle quote, che in origine aveva un obiettivo chiarissimo (ossia controllare le eccedenze e sostenere i prezzi con una spesa ridotta) abbia avuto considerevoli e complesse ripercussioni su tutti gli aspetti del comparto.

Considerando le quote come una politica di controllo dell'offerta, la sfida principale consiste nell'attuazione efficace del meccanismo del superprelievo. Pur confermando la sua opinione secondo cui le inesattezze riscontrate per quanto riguarda l'applicazione in alcuni Stati membri della normativa comunitaria in materia di quote latte non siano state "mai a un livello tale da compromettere il funzionamento del regime" [15], la Commissione ribadisce l'impegno incondizionato ai fini dell'applicazione uniforme del superprelievo, per evitare le distorsioni che il lassismo in questo campo può creare.

[15] Risposta della Commissione alla relazione speciale della Corte dei conti n. 6/2001 sulle quote latte, ottobre 2001.

Tuttavia, è chiaro che la politica delle quote latte, attuata mediante rigorosi disincentivi finanziari, al fine di dissuadere il produttore dalla sovrapproduzione, è destinata ad avere un'applicazione difficoltosa quando il beneficio generale del regime delle quote per i produttori di tutta la Comunità non è immediatamente percettibile dal produttore in questione. Inoltre, il contenzioso in corso, riguardante l'applicazione del meccanismo del superprelievo, serve soltanto a dimostrare quanto sia intrinsecamente complesso realizzare l'obiettivo che sta alla base di tale politica.

In merito ai trasferimenti di quote, il Consiglio era consapevole fin dagli inizi del regime delle quote che l'istituzione di un quadro normativo comune per la distribuzione dei diritti di produzione del latte, con la determinazione di un nuovo valore economico, avrebbe richiesto modalità di applicazione che prevedessero una certa flessibilità, per adeguarsi alle varie situazioni strutturali e regionali all'interno degli Stati membri.

Alcuni Stati membri istituirono, fin dagli inizi, un regime esclusivamente amministrativo di distribuzione delle quote; la maggior parte degli Stati membri optò per la partecipazione degli operatori economici alla distribuzione delle quote.

Inoltre, alla luce dell'andamento della distribuzione delle quote di cui alla precedente sezione 3.4, si osserva che, nel 1992 e dopo l'Agenda 2000 [16], è risultata necessaria una crescente flessibilità per quanto riguarda le modalità di applicazione della politica delle quote.

[16] Il regolamento (CE) n. 1392/2001 della Commissione è entrato in vigore appena il 31 marzo 2002.

L'esigenza di mantenere tale flessibilità, ma anche di fissarne i limiti nell'ambito dell'impostazione "amministrativa" e "commerciale", ha determinato inevitabilmente un complesso corpus di norme nazionali e comunitarie, onde permettere di distribuire equamente le quote latte tra i produttori.

4. PROSPETTIVE DEL SETTORE LATTIERO DELL'UE NELL'AMBITO DELL'AGENDA 2000

4.1. Finalità della riforma dell'Agenda 2000

Benché alla fine degli anni '90 l'equilibrio del mercato interno fosse senz'altro migliorato, all'epoca della preparazione delle proposte dell'Agenda 2000 persistevano dubbi riguardo alle prospettive di equilibrio del mercato a causa delle difficoltà connesse alla stima di tendenze coerenti della domanda dei quattro principali prodotti lattiero-caseari [17] e all'elaborazione delle relative proiezioni per il futuro.

[17] PAC 2000, Situazione e prospettive - Settore lattiero-caseario, aprile 1997.

In tale situazione la Commissione ritenne che le quote rimanessero necessarie "per mantenere un certo equilibrio di mercato". Tuttavia, venne proposta una proroga di soli sei anni del regime delle quote in quanto si riteneva che sarebbe stato fuorviante dare ai produttori l'impressione che "i regimi attuali [di quote], con le loro rigidità intrinseche, siano destinati a durare per sempre" [18].

[18] Sezione 7.1 della relazione del documento COM(1998) 158 def.

La Commissione preparò quindi, le sue proposte dell'Agenda 2000 con l'obiettivo generale di reagire alle incerte prospettive del settore lasciando aperte varie possibilità per il futuro. I prezzi di mercato sarebbero stati abbassati riducendo, in quattro fasi successive, i prezzi d'intervento del 15%, mentre le quote sarebbero state aumentate del 2% [19]. Da un punto di vista economico si può prevedere che tale impostazione cominci ad avere l'effetto di sollevare il mercato dall'onere economico delle quote, ridimensionare la "rendita delle quote" e migliorare la competitività del settore.

[19] Destinandole ai produttori delle zone montane e ai giovani agricoltori che intendevano avviare o espandere la produzione lattiera.

Per compensare il previsto calo dei prezzi, la Commissione propose anche di erogare ai produttori aiuti diretti in base al quantitativo di riferimento individuale diviso per la resa lattiera media della Comunità. Vennero preferiti i pagamenti diretti perché sono uno strumento più efficiente di sostegno dei redditi dei produttori, sono compatibili con altre politiche comunitarie (ad esempio i pagamenti diretti nel settore delle carni bovine) e possono essere collegati ad altri obiettivi politici mediante norme in materia di condizionalità ecologica.

Tuttavia, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Berlino del marzo 1999, venne deciso di ritardare l'entrata in vigore dei principali elementi della riforma [20], in modo da:

[20] Regolamento (CE) n. 1255/1999 del Consiglio.

- ridurre del 15% i prezzi d'intervento, che con tre riduzioni di uguale entità a decorrere dalla campagna di commercializzazione 2005/06 scenderanno a 2 798,7 EUR/t per il burro e a 1 746,9 EUR/t per l'LSP;

- introdurre, in tre fasi a decorrere dalla campagna di commercializzazione 2005/06, pagamenti diretti sotto forma di premio per i prodotti lattiero-caseari (importo di 5,75 EUR, che aumenta progressivamente a 17,24 EUR/t della quota) e di pagamenti supplementari (integrazione del premio e pagamento per superficie);

- aumentare la quota del 2,4% circa rispetto al quantitativo di riferimento 1999/2000, portandola a 120,3 milioni di tonnellate, mediante aumenti nazionali specifici per alcuni Stati membri nel periodo 2000/01 - 2001/02 e un aumento forfettario dell'1,5% per il rimanente periodo 2005/06 - 2007/08.

4.2. Proiezione dell'evoluzione del mercato nell'ambito dell'Agenda 2000

4.2.1. Premesse

Per preparare la presente relazione destinata al riesame intermedio del settore lattiero-caseario nell'ambito dell'Agenda 2000 e la relativa valutazione dell'impatto della politica adottata, i servizi della Commissione si sono avvalsi dell'assistenza tecnica di esperti che hanno utilizzato un modello econometrico [21]. Fondamentalmente, gli elementi interattivi del modello generano proiezioni riguardanti l'evoluzione del mercato, compresa l'offerta, la domanda e il prezzo di tutti i principali prodotti lattiero-caseari [22] per il mercato lattiero comunitario a livello di Stato membro. Per tale motivo il modello non si presta ad elaborare proiezioni dell'evoluzione a livello microeconomico, regionale o di zone svantaggiate.

[21] Studio indipendente finanziato dalla Commissione intitolato "Study to assess the impact of future options for the reform of the present milk quota system and the common market organisation for milk and milk products", concepito originariamente nell'ambito del programma di ricerca finanziato dalla Commissione FAIR-5-PL-3481. All'allegato 2 figura una breve descrizione del modello.

[22] Lo studio abbraccia la produzione primaria di latte e la sua trasformazione, fondamentalmente in prodotti lattiero-caseari di base e alcuni prodotti trasformati primari. Sono interessati i seguenti prodotti: burro, latte intero in polvere e latte scremato in polvere, caseina, latte liquido, latte condensato, latticini freschi, formaggi a pasta molle, formaggi a pasta erborinata, formaggi a pasta semidura, formaggi a pasta dura, formaggi freschi e formaggi fusi. Non sono comprese proiezioni di mercato relative a prodotti trasformati quali gli iogurt aromatizzati, il cioccolato, i gelati, gli alimenti per la prima infanzia, le creme liquore, gli ingredienti e le preparazioni alimentari a base di latte, i prodotti della panetteria. Non viene pertanto valutato l'eventuale impatto sull'economia del comparto dell'industria alimentare UE che trasforma tali prodotti.

Va tenuto presente che lo studio è stato realizzato indipendentemente dalle stime della Commissione riguardanti le prospettive a medio termine dei mercati comunitari dei principali prodotti agricoli, compreso il mercato lattiero [23]. L'evoluzione prevista del mercato di seguito illustrata rappresenta l'interpretazione, da parte della Commissione, dei risultati dello studio di simulazione indipendente. Le eventuali differenze tra le previsioni a medio termine della Commissione e quelle illustrate nel presente documento, possono essere attribuite al fatto che i modelli utilizzati presentano qualche differenza per quanto riguarda le ipotesi di base.

[23] "Prospettive dei mercati agricoli", documento di lavoro della DG Agricoltura, pubblicato annualmente.

Ad esempio, per collocare il mercato comunitario nel suo contesto mondiale, il modello cui fa riferimento la presente relazione ipotizza prudentemente che non vi sia crescita della domanda mondiale di prodotti lattiero-caseari UE, anche se altre proiezioni indicano un andamento più favorevole della domanda mondiale globale [24]. Lo studio ha preferito una stima prudente, data l'incertezza di siffatte ipotesi e del loro impatto sulle esportazioni di prodotti lattiero-caseari UE [25]. Per quanto riguarda l'effetto di eventuali futuri sviluppi nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) sulle proiezioni del modello relative al futuro del mercato UE, come ipotesi di lavoro è stata adottata la pura e semplice applicazione ai negoziati in corso - che si dovrebbero concludere nel 2004 - dei risultati dell'Uruguay Round [26].

[24] OCSE, FAPRI. Ai fini del presente studio ci si è limitati a formulare considerazioni su quattro regioni del mercato delle esportazioni (USA, Confederazione degli Stati indipendenti, PECO e resto del mondo); il modello non ha preso esplicitamente in considerazione grandi paesi esportatori quali la Nuova Zelanda e l'Australia.

[25] Inoltre, sottoponendo la stima ad un'analisi di sensibilità comprendente una covariabile relativa alla crescita demografica mondiale, è risultato che essa aveva scarso impatto globale sui risultati generati dal modello.

[26] Pertanto, tutti gli scenari previsti dal modello presuppongono la diminuzione (fino al 26,5%) del volume massimo ammesso di esportazioni sovvenzionate, l'aumento (raddoppiamento) dell'accesso minimo e la riduzione dei dazi all'importazione sui quantitativi eccedenti i contingenti.

Una caratteristica importante del modello di simulazione utilizzato consiste nella possibilità di elaborare proiezioni per diversi parametri di produzione, quali il numero di bovine lattifere e l'attività complementare di produzione di vacche nutrici. Tale possibilità consente di effettuare proiezioni sulle previste variazioni della produzione di carni bovine. Inoltre, il modello è stato elaborato in modo che le simulazioni generate rispettino i parametri ambientali della direttiva comunitaria sui nitrati, attualmente applicata a livello regionale e nazionale dagli Stati membri. Siffatta componente del modello ha particolare rilevanza all'atto dell'interpretazione degli scenari, che danno luogo ad un aumento del numero di vacche.

In una prima fase, i risultati del modello di simulazione sopradescritto sono stati utilizzati per esaminare le prospettive del settore lattiero dell'UE nel periodo 2000-2008, nell'ambito dell'Agenda 2000. I dati riportati rappresentano i valori medi per il quantitativo totale di formaggi, latticini freschi (ad esempio yogurt e altri tipi di latte fermentato), latte scremato in polvere (LSP) e burro. A fini di completezza, sono riportati anche i dati relativi al latte intero in polvere (LIP) senza ulteriori osservazioni, per facilitare la lettura. Il latte crudo rappresenta il quantitativo totale di latte commercializzato, ossia consegnato o venduto, a livello del produttore, escluso l'autoconsumo. Nella relazione, con il riferimento all'anno 2000 si intende il "2000/01" [27], con l'anno 2008 si intende il "2008/09" e con l'anno 2015 il "2014/15". Nel capitolo 5, lo stesso modello è utilizzato per illustrare le diverse opzioni secondo le quali è possibile orientare la politica UE nel settore lattiero nel periodo 2008-2015.

[27] Si noti che, di conseguenza, l'anno di riferimento 2000 tiene già conto dell'aumento dello 0,7% della quota latte UE nel 2000/01.

4.2.2. Tendenze del mercato dei prodotti lattiero-caseari nell'ambito dell'Agenda 2000

Nella tabella 1 è riportata una sintesi delle proiezioni del modello relative alle prospettive del mercato lattiero dell'UE fino al 2008, nell'ambito dell'Agenda 2000.

Tabella 1. Impatto dell'Agenda 2000 sul mercato lattiero-caseario dell'UE, 2000-2008

>SPAZIO PER TABELLA>

Per i formaggi, le proiezioni indicano il persistere di consumi elevati, in aumento di circa l'1,1% l'anno, con un incremento quindi lievemente inferiore rispetto alla domanda a lungo termine di formaggi rilevata nell'UE, che negli ultimi anni è aumentata costantemente del 2,0% l'anno.

Si prevede che tale crescita della domanda interna verrà soddisfatta non soltanto mediante l'aumento della produzione interna (+7,1% fino al 2008) ma anche con l'importazione di considerevoli quantitativi di prodotti di valore inferiore (+48,7% fino al 2008, ossia alla scadenza del periodo considerato dalle ipotesi OMC del modello). Secondo le proiezioni, le esportazioni di formaggi dell'UE diminuiranno dell'1,4% l'anno in quanto, con tali tendenze favorevoli dei consumi interni, i prezzi interni dei formaggi, che nel 2008 si saranno stabilizzati al 95,4% del loro valore del 2000, risulteranno per gli operatori europei più interessanti di quelli che si possono spuntare sui mercati esterni.

Per i latticini freschi, il modello prevede una crescita dei consumi del 2,8% l'anno circa nel periodo in esame, abbinata, data la deperibilità del prodotto, ad un analogo incremento della produzione. La tendenza favorevole della domanda fa prevedere prezzi ai livelli del 2000, nonostante la riduzione dei prezzi di sostegno del mercato.

Per il latte scremato in polvere (LSP), le proiezioni del modello sono un po' meno favorevoli di quelle relative ai formaggi. Si prevede che nel 2008 il consumo totale di LSP sarà diminuito del 9,0% rispetto al 2000. A fronte di un modesto incremento per quanto riguarda i prodotti a base di latte scremato destinati al consumo umano, conseguente al crescente impiego di LSP nei formaggi e in altri prodotti freschi, si prevede che l'impiego di LSP nell'alimentazione animale diminuirà ad un ritmo maggiore, parallelamente al tasso minimo di incorporazione di LSP nel latte artificiale, al prezzo concorrenziale dei succedanei e alla minore produzione di vitelli. Per tale motivo, benché si preveda che nel 2008 gli aiuti allo smercio di LSP saranno scesi all'incirca al 30% del loro valore per tonnellata del 2000, sarà ancora necessario sovvenzionare il consumo per evitare le scorte d'intervento.

Le suesposte proiezioni sui consumi e i prezzi, accompagnate dalla maggiore domanda di latte crudo per la produzione di formaggi e di latticini freschi, si ripercuotono sulla produzione interna, che si prevede diminuirà del 16,2% nel periodo 2000-2008. A fronte di minori eccedenze interne, si prevede che le esportazioni scenderanno entro il 2008 all'89,7% del livello del 2000. La riduzione dei quantitativi presenti sul mercato mondiale avrà a sua volta un effetto positivo sui prezzi mondiali. Di conseguenza, dato il prezzo di sostegno inferiore per l'LSP esportato, si prevede che i prezzi UE scenderanno a livelli più concorrenziali (83,4% del livello del 2000 entro il 2008), e che quindi dopo il 2008 saranno necessari soltanto bassi livelli di spesa per le restituzioni all'esportazione [28].

[28] Secondo l'autorevole parere degli ideatori del modello, le restituzioni alle esportazioni di LSP e gli aiuti al consumo di burro potrebbero addirittura non essere più necessari dopo il 2008.

Per il burro, nonostante la diminuzione del prezzo di mercato, che entro il 2008 scenderebbe all'84,5% circa del prezzo del 2000 conformemente al taglio del 15% previsto dall'Agenda 2000, si prevede che nel periodo 2000-2008 il consumo totale tenderà a diminuire lievemente (-0,1% l'anno) dato il calo previsto dei consumi industriali. Dato che il latte crudo viene progressivamente dirottato dalla produzione di burro e di LSP verso quella di formaggi e di latticini freschi, si prevede che nel 2008 la produzione di burro sarà scesa al 91% dei livelli del 2000.

La riduzione dell'offerta interna e i prezzi più bassi avranno effetti considerevoli sugli aiuti allo smercio interno e sulle restituzioni all'esportazione di burro.

In una situazione di riduzione dei prezzi e di contrazione dell'offerta, gli aiuti allo smercio interno diventano meno necessari e il modello prevede, insieme ad un certo aumento delle importazioni di prodotti meno cari, che nel 2008 la maggior parte del burro UE potrà essere consumata ai prezzi in vigore sul mercato interno. Secondo le proiezioni, le esportazioni scenderanno entro il 2008 al 36,5% dei livelli del 2000 e avranno luogo a prezzi più concorrenziali rispetto al periodo pre-Agenda 2000; si prevede quindi che diminuirà la dipendenza degli operatori dalle sovvenzioni alle esportazioni. Il modello prevede pertanto che nel 2008 i minori quantitativi potranno essere esportati con restituzioni pari all'incirca al 60% del valore del 2000.

4.2.3. Effetti a livello di produzione

Per la produzione di latte crudo la prevista interazione tra le summenzionate tendenze del consumo e della produzione di prodotti lattiero-caseari avranno come effetto netto l'innalzamento della produzione aziendale fino al nuovo livello della quota. Ciò implica un incremento totale del 2,4%, ossia dell'1,7% nel periodo 2000-2008 che si somma all'incremento dello 0,7% avvenuto nella campagna di commercializzazione 2000/2001. In tale situazione è previsto che il prezzo alla produzione del latte crudo nel 2008 sarà diminuito del 12,3% rispetto al livello del 2000, quindi in misura inferiore rispetto alla corrispondente diminuzione del 15% del prezzo d'intervento del burro e dell'LSP.

Per quanto riguarda il numero di bovine lattifere, il modello prevede che il patrimonio lattifero dell'UE continuerà a diminuire, ad un tasso del -6% entro il 2008, in quanto si prevede che, nonostante l'aumento della quota totale, le rese per vacca continueranno ad aumentare lentamente durante il periodo in questione, in conseguenza dei costanti progressi nella produzione e nell'allevamento animale.

Si prevede che tale calo del patrimonio di vacche lattifere stimolerà un modesto incremento del numero di vacche nutrici, tale da far prevedere che nel periodo fino al 2008 la produzione totale di carni bovine scenderà a livelli inferiori a quelli dell'Agenda 2000.

4.2.4. Reddito nel settore lattiero

In base alle suesposte proiezioni di mercato è possibile calcolare l'impatto dell'Agenda 2000 sul reddito del settore lattiero nel periodo 2000-2008. A tal fine, il reddito del settore lattiero è definito come il totale delle entrate del settore provenienti dal latte e dalle carni bovine meno i costi variabili totali (ad esempio mangimi, manodopera retribuita e altri fattori di produzione).

Tuttavia, all'atto della valutazione dell'entità delle variazioni del reddito nel settore lattiero è importante rammentare che, dato che il modello di simulazione opera a livello macroeconomico, esso non genera proiezioni relative alle variazioni strutturali del settore. Pertanto, il modello non permette di elaborare stime sugli eventuali impatti a livello di produttore. La proiezione del reddito deve pertanto essere considerata un indicatore della variazione prevista del reddito del settore nel suo insieme, e non un indicatore del reddito per azienda o per unità di lavoro.

Fatte tali premesse, a livello globale, i prezzi del latte inferiori e i maggiori livelli di quote dell'Agenda 2000 dovrebbero determinare secondo la proiezione un reddito del settore lattiero-caseario nel 2008 inferiore di 5 600 milioni di EUR a quello del 2000. Tuttavia, in conseguenza degli importi compensativi concordati a favore dei produttori a fronte dei tagli dei prezzi d'intervento, si calcola che, rispetto al 2000, la perdita di reddito del settore lattiero ammonterà complessivamente nel 2008 a 2 664 milioni di EUR.

4.3. Valutazione delle prospettive del settore nell'ambito dell'Agenda 2000

Complessivamente, i risultati previsti dello scenario Agenda 2000 risultano assai favorevoli:

- migliora l'equilibrio del mercato e si prevede che le scorte d'intervento si stabilizzino a livelli bassi;

- si ridurrebbe la dipendenza dalle restituzioni all'esportazione e dagli aiuti allo smercio interno, nonché la relativa spesa;

- la diminuzione del numero di vacche e, di conseguenza, della produzione di carni bovine potrebbero contribuire ad alleggerire la pressione nel settore delle carni bovine;

- la prevista ma contenuta diversificazione verso la produzione di vacche nutrici è in linea con la tendenza dei consumatori a preferire metodi più estensivi di produzione zootecnica; insieme alla riduzione del numero di vacche, ciò potrebbe avere effetti benefici sull'ambiente;

- l'aumento della quota e le riduzioni dei prezzi dovrebbero determinare la diminuzione della "rendita della quota" e quindi sollevare parzialmente il settore dall'onere delle quote. Sarebbe questo, quindi, un primo passo verso l'abolizione del regime delle quote.

Tenuto conto di tutti i suddetti elementi, le proiezioni indicano che la riforma dell'Agenda 2000 ha anticipato la richiesta della Corte dei conti di "una riforma radicale del settore lattiero-caseario volta a raggiungere l'equilibrio fra, da un lato, la produzione lattiera globale e, dall'altro, il consumo interno non sovvenzionato e le potenziali esportazioni non sovvenzionate, garantendo al contempo un equo tenore di vita agli agricoltori del settore lattiero e consentendo al regime delle quote di giungere a scadenza" [29]. Con la piena attuazione delle misure decise nell'ambito della riforma dell'Agenda 2000 verrà data una risposta soddisfacente a molte delle critiche espresse recentemente dalla Corte.

[29] Era stata effettuata una simulazione di uno dei possibili scenari sottintesi dalla relazione della Corte dei conti, ossia la riduzione della quota fino al livello necessario per coprire l'attuale consumo non sovvenzionato, ma non è stata oggetto di esame più approfondito nell'ambito della presente relazione visti i risultati dello scenario Agenda 2000. In generale, il taglio delle quote determina aumenti considerevoli dei prezzi e pone fine alle esportazioni. Il reddito del settore lattiero aumenta e la spesa pubblica è per definizione nulla ma, di conseguenza, sono i consumatori a pagare prezzi ancora più elevati per il latte acquistato. Inoltre, dato che tale scenario aumenta ulteriormente la "rendita delle quote" rispetto alla situazione attuale, la sua attuazione sarebbe estremamente difficoltosa e rende irrealistica qualsiasi ipotesi di liberalizzazione futura del settore.

Tuttavia, gli effetti benefici della riforma dell'Agenda 2000 verranno purtroppo avvertiti appieno soltanto intorno al 2008 e negli anni successivi. Ci si chiede quindi se non sarebbe stato meglio avviare l'attuazione della riforma sin dal 2000, come inizialmente proposto dalla Commissione. Ritardando fino al 2005 l'entrata in vigore dei tagli dei prezzi di sostengo previsti dall'Agenda 2000 si è perso e si continuerà a perdere tempo prezioso.

Nonostante gli innegabili progressi che la riforma dell'Agenda 2000 consentirà di realizzare, rimangono aperte alcune questioni. Innanzitutto, il settore lattiero continua a funzionare nell'ambito di un regime di quote che comporta inefficienze economiche e difficoltà in termini di gestione e distribuzione della quota. Inoltre, contenendo la produzione lattiera a fronte di una domanda interna in crescita, la posizione dell'UE sul mercato delle esportazioni si ridurrà in proporzione. Infine, continueranno ad essere necessari, anche se a livelli sostanzialmente inferiori, le restituzioni all'esportazione e gli aiuti allo smercio.

Più specificamente, in relazione ai tagli dei prezzi di sostegno per il burro e l'LSP, ci si chiede se è stato opportuno ridurli uniformemente del 15% o se invece non sarebbe stata preferibile una riduzione asimmetrica, ad esempio del 25% per il burro e del 5% per l'LSP. Una riduzione asimmetrica del prezzo d'intervento avrebbe avuto il vantaggio di cominciare ad allineare maggiormente i prezzi UE a quelli del mercato mondiale e quindi ridurre la dipendenza dall'intervento, creando una dinamica più in sintonia con le realtà del mercato. Il divario tra i prezzi del mercato mondiale e quelli dell'UE è infatti molto maggiore per il burro che per l'LSP, come si evince dalle figure 5 e 6.

Seguendo questo ragionamento, in sede di analisi delle prospettive per il settore lattiero-caseario nell'ambito dell'Agenda 2000, è stato elaborato un modello dell'effetto che avrebbe un taglio asimmetrico dei prezzi. La proiezione del modello di simulazione indica, discostandosi alquanto dalle previsioni iniziali, che i prezzi del burro avrebbero seguito soltanto parzialmente il taglio del 25% del prezzo d'intervento, raggiungendo entro il 2008 il 77,3% del prezzo del 2000. Ciò è in gran parte spiegato dalla maggiore domanda di burro rispetto a quanto inizialmente previsto nell'ambito dell'Agenda 2000. Per l'LSP i risultati del modello hanno indicato che una riduzione del 5% del prezzo non bastava a determinare un impatto significativo sull'intervento di mercato ed è stato previsto che sarebbero risultati necessari aiuti al consumo interno e restituzioni all'esportazione maggiori di quelli prospettati nello scenario dell'Agenda 2000 di riduzione del 15%.

Tale analisi aggiuntiva indica che riduzioni asimmetriche dei prezzi d'intervento diventano estremamente pertinenti ed efficaci allorché i prezzi d'intervento per l'LSP nell'UE si avvicinano a quelli del mercato mondiale. Con la riforma dell'Agenda 2000 si dovrebbe raggiungere tale situazione. Pertanto, dopo aver simulato l'applicazione di una riduzione uniforme dei prezzi del 15% nel suesposto scenario dell'Agenda 2000, nell'ipotesi di seguito illustrata di una ripetizione dell'approccio dell'Agenda 2000 nel periodo 2008-2015 (cfr. sezione 5.2) si è partiti dal presupposto di riduzioni asimmetriche dei prezzi. Dalle suesposte considerazioni risulta evidente che la questione dell'allineamento dei prezzi d'intervento ai prezzi del mercato mondiale merita un esame specifico e che potrà quindi richiedere a tempo debito ulteriori analisi e discussioni.

5. OPZIONI PER IL SETTORE LATTIERO-CASEARIO DELL'UE NEL PERIODO 2008-2015

Nonostante i progressi considerevoli che dovrebbero essere realizzati grazie alla riforma condotta nel quadro dell'Agenda 2000, come delineato sopra, talune questioni di rilievo restano ancora in sospeso, per cui l'UE dovrà decidere quale politica lattiero-casearia risponda al meglio ai suoi obiettivi per il periodo successivo al 2008.

Presentiamo in questo capitolo quattro possibilità di scelta primarie, proposte come punto di partenza e come traccia per il dibattito. Una prima valutazione del loro rispettivo impatto è stata condotta mediante simulazioni su modello, utilizzando lo stesso modello e le stesse ipotesi di base dell'analisi presentata nel capitolo 4 per l'Agenda 2000.

Si suppone che ognuna di tali opzioni sia applicata a decorrere dal 2008. Il punto di partenza è rappresentato dall'esito della simulazione dello scenario relativo all'Agenda 2000 nel 2008. Il risultato finale nel 2014/15 (scenario dell'Agenda 2000 fino al 2008, seguito da una delle opzioni dal 2008/09 al 2014/15) è quindi confrontato con la situazione nel 2000/01, per ottenere proiezioni del consumo, dei prezzi, della produzione, delle esportazioni e delle importazioni di latte e prodotti lattiero-caseari. A conclusione del presente capitolo, per riassumere l'impatto dei vari scenari, viene impiegato come criterio il reddito del settore lattiero-caseario. Il reddito generato da ciascuno scenario alla fine del periodo di riferimento (cioè nel 2015) viene confrontato con la situazione al termine dell'Agenda 2000 (nel 2008), come già indicato al punto 4.2.4.

La prima opzione considerata consiste nel semplice proseguimento dello scenario dell'Agenda 2000, cioè nel mantenere invariata l'Agenda 2000 fino al 2015 (status quo). La seconda opzione è costituita da una generale riduzione del prezzo d'intervento e da un aumento delle quote, secondo un approccio simile a quello dell'Agenda 2000. In considerazione dei possibili vantaggi per le esportazioni, come terza ipotesi si prospetta l'introduzione di un doppio regime di quote, con una quota interna fissata in funzione della domanda interna ed una quota illimitata e non vincolante per le esportazioni non sovvenzionate. Infine, come quarta possibilità, sono state valutate le conseguenze di un eventuale aumento delle quote dei produttori in misura tale che esse cessino di essere vincolanti per la totalità della produzione (il che equivale in pratica all'abolizione delle quote), con corrispondente calo del prezzo d'intervento.

5.1. Status quo: semplice proseguimento dello scenario dell'Agenda 2000

5.1.1. Premesse

Ai fini di una migliore comprensione delle conseguenze delle decisioni prese nel quadro dell'Agenda 2000 sull'evoluzione a lungo termine del mercato lattiero-caseario dell'UE sotto il profilo dell'equilibrio di mercato, dell'andamento dei prezzi e delle tendenze delle esportazioni, sono state effettuate proiezioni delle prospettive del settore nell'ipotesi di un semplice prolungamento nel tempo dei parametri economici che caratterizzano lo scenario dell'Agenda 2000.

5.1.2. Tendenze di mercato per i prodotti lattiero-caseari

In via generale, prolungando fino al 2015 lo scenario dell'Agenda 2000, si verrebbero a protrarre le tendenze del consumo e della produzione osservate nel periodo 2000-2008, ma con un generale rialzo dei prezzi, poiché il livello delle quote diventa sempre più restrittivo verso la fine del periodo.

Nella tabella 2 è riportata una sintesi delle proiezioni dettagliate al 2015 in caso di proseguimento dello scenario dell'Agenda 2000.

Tabella 2. Conseguenze di un prolungamento dell'Agenda 2000 sul mercato lattiero-caseario dell'UE

>SPAZIO PER TABELLA>

Per i formaggi, le proiezioni indicano un aumento del consumo persistente ma meno rapido nel periodo 2008-2015 (appena +0,8% annuo), compensato da un analogo incremento della produzione, dato che le importazioni raggiungono ormai il tetto nelle previste condizioni di protezione alle frontiere e le esportazioni dovrebbero ridursi ulteriormente rispetto al periodo 2000-2008. Stando così l'equilibrio del mercato, i prezzi dei formaggi dovrebbero aumentare progressivamente per raggiungere entro il 2015 il 99% del livello del 2000.

Per i latticini freschi, secondo le proiezioni il consumo mantiene una forte spinta ascendente (+2,6% annuo), mentre i prezzi rimangono stabili, attestandosi entro il 2015 ad un livello del 2,8% superiore a quello dell'anno 2000.

La persistente tendenza negativa del consumo di latte scremato in polvere come mangime per gli animali non è compensata da una svolta positiva nel consumo umano, sicché il livello complessivo del consumo nel 2015 dovrebbe rappresentare l'82,3% di quello del 2000. Poiché una maggiore quantità di latte crudo è destinata alla produzione di formaggi e latticini freschi, la produzione di latte scremato in polvere continua a diminuire, benché ad un ritmo molto attenuato rispetto agli anni precedenti il 2008. Entro il 2015 essa dovrebbe scendere ancora del 3,6%, fino a raggiungere il 76,1% del livello del 2000. In queste circostanze, i prezzi dovrebbero rimanere stabili intorno all'84,3% rispetto al 2000, ossia vicini al prezzo d'intervento.

Con lo spostarsi del consumo di latte scremato in polvere dal settore mangimistico a quello dell'alimentazione umana, si prevede che entro il 2015, nonostante il livello di prezzo relativamente elevato, la spesa destinata ad incentivare il consumo interno di latte scremato in polvere per l'alimentazione degli animali diminuirà sensibilmente, dato che la quantità di LSP incorporata nei mangimi sarà ormai vicina al minimo tecnico richiesto nelle formule degli alimenti per animali, per cui basterà un aiuto minimo per incentivare il consumo. Di conseguenza, verso la fine del periodo, le esportazioni di LSP dovrebbero stabilizzarsi intorno all'87,9% rispetto al 2000, il che significa che, con il rincaro di questo prodotto sul mercato mondiale dovuto alla minore presenza dell'UE sul mercato stesso, le restituzioni all'esportazione necessarie per garantire l'equilibrio del mercato saranno ridotte al minimo.

Per quanto riguarda il burro, il lieve aumento del prezzo proiettato (+2,7% nel periodo 2008-2015, culminante all'87,2% del livello del 2000) dovrebbe intensificare il ritmo di contrazione del consumo (-0,3% annuo), sicché quest'ultimo, per la maggior parte non sovvenzionato dal 2008, raggiungerà nel 2015 il 95,9% del livello del 2000.

Nonostante il modesto aumento del prezzo, la produzione di burro scende all'84,6% rispetto al 2000 e continua anche la china discendente delle esportazioni, dal momento che un quantitativo sempre maggiore di latte crudo è assorbito dalla produzione di formaggi e di latticini freschi. Rimanendo costanti le condizioni dell'Agenda 2000, entro il 2015 le esportazioni di burro dall'UE dovrebbero essere praticamente cessate, rappresentando appena il 5,4% di quelle del 2000.

5.1.3. Effetti a livello di produzione

Per il latte crudo le proiezioni non indicano alcuna variazione della produzione, poiché le quote sono fissate ai livelli del 2008. Tuttavia, il costante aumento della domanda interna di latte dovrebbe consolidare i prezzi alla produzione, che alla fine del periodo di riferimento dovrebbero rappresentare il 93,7% di quelli del 2000, nonostante le diminuite esportazioni di prodotti lattiero-caseari.

In presenza di quote fisse, il numero di bovine lattifere continuerà a scendere, parallelamente alla naturale tendenza all'aumento della resa lattiera. Benché il numero di vacche nutrici sembri dover aumentare un po' più che nel periodo 2000-2008, in risposta ad una minore produzione di carne proveniente dalle mandrie da latte, perdura l'effetto netto determinato da una produzione di carni bovine alquanto inferiore a quella del 2000.

5.1.4. Valutazione dell'opzione

A conclusione, si possono individuare i seguenti aspetti positivi per il settore nell'eventualità di un proseguimento puro e semplice dell'Agenda 2000:

- è garantito l'equilibrio del mercato a lungo termine, nel senso che non rischiano di riapparire le scorte d'intervento;

- la spesa per restituzioni all'esportazione e aiuti al consumo di burro e latte scremato in polvere è sostanzialmente ridotta;

- poiché la contrazione del numero di bovine lattifere non è interamente compensato dall'aumento delle vacche nutrici, il mercato della carne bovina rimane equilibrato grazie ad una minore produzione totale di carne.

L'opzione presenterebbe invece i seguenti svantaggi:

- le esportazioni continuano a ridursi dal 2008 in poi, fin quasi a scomparire per prodotti non concorrenziali come il burro e, peggio ancora, raggiungendo livelli di molto inferiori per prodotti di alto valore come i formaggi;

- mantenendo la quota costante a partire dal 2008, il sollievo procurato dalla riforma dell'Agenda 2000 comincia a perdersi e il settore torna ad essere imprigionato dalle quote.

5.2. Riduzione dei prezzi di sostegno e aumento delle quote, secondo lo stesso approccio dell'Agenda 2000

5.2.1. Premesse

La ripetizione di un approccio analogo a quello su cui è impostata l'Agenda 2000 avrebbe come obiettivo un ulteriore rafforzamento della competitività del settore sia sul mercato interno che sui mercati d'esportazione, con conseguente miglioramento dell'equilibrio di mercato, contenimento della spesa per misure di sostegno dello stesso, nonché ripristino, quanto meno parziale, del potenziale di esportazione dell'UE.

Questo scenario è costruito sulla base di un aumento del 3% delle quote, da realizzarsi in tre fasi, tra il 2008/09 e il 2010/11. I prezzi d'intervento sono stati ridotti in media del 10%, con un taglio asimmetrico del 15% per il burro e del 5% per il latte scremato in polvere, in parallelo con l'aumento delle quote. Per effetto di questa ulteriore riduzione, i prezzi d'intervento vengono a situarsi ad un livello pari al 70% di quello del 2000 nel caso del burro (dopo due tagli consecutivi del 15%) e all'80% per il latte scremato in polvere (un taglio del 15% in virtù dell'Agenda 2000 più un ulteriore taglio del 5%). Il calo dei prezzi ipotizzato in questo scenario è compensato nella proporzione del 58%, mediante aiuti diretti simili a quelli previsti dall'Agenda 2000.

5.2.2. Tendenze di mercato per i prodotti lattiero-caseari

In via generale, questo scenario che può essere definito come "Agenda 2000 bis" dovrebbe avere, secondo le proiezioni, un effetto globalmente positivo sull'equilibrio di mercato, dal momento che la produzione lattiera supplementare resa possibile da tale scenario sarà assorbita da prodotti concorrenziali come i formaggi e i latticini freschi, anziché dai prodotti sfusi destinati all'esportazione. Questo vantaggio è ottenuto grazie ad un prezzo del latte crudo più competitivo di quanto potrebbe esserlo alla fine del periodo di riferimento nell'ipotesi dello status quo.

Nella tabella 3 è riportata una sintesi delle proiezioni al 2015 in caso di reiterazione dell'approccio già adottato per l'Agenda 2000, nel periodo 2008-2015.

Tabella 3. Conseguenze di ulteriori riduzioni del prezzo del latte e aumenti delle quote sul mercato lattiero-caseario dell'UE

>SPAZIO PER TABELLA>

Per i formaggi, si mantiene la tendenza di mercato generalmente positiva, con un previsto ulteriore aumento del consumo, anche se più lento rispetto al periodo coperto dall'Agenda 2000 (2000-2008), di circa lo 0,9% annuo. La produzione dovrebbe anch'essa aumentare, in risposta all'accresciuta domanda, e i prezzi dovrebbero quindi rimanere stabili, raggiungendo nel 2015 un livello pari a circa il 95,1% di quello del 2000. Con una maggiore disponibilità di latte sul mercato, le esportazioni dovrebbero mantenersi stabili, raggiungendo entro il 2015 l'89,4% del livello del 2000.

Anche per i latticini freschi, le prospettive si annunciano più brillanti, con un'espansione sostenuta del consumo (del 2,6% l'anno) e un analogo incremento della produzione. I prezzi dovrebbero aumentare ad un ritmo leggermente inferiore rispetto all'ipotesi dello status quo, culminando nel 2015 al 101,3% del livello 2000.

Quanto al latte scremato in polvere, l'effetto combinato della riduzione del prezzo d'intervento e dell'aumento della quota determina un calo del 5% del prezzo di mercato, il quale risulta pari al 79,3% del valore del 2000, incoraggiando l'uso di questo prodotto nell'alimentazione animale. Pertanto, la tendenza fino ad allora negativa del consumo di LSP come mangime per gli animali dovrebbe attenuarsi nel periodo 2008-2015, favorendo una proporzionale diminuzione degli aiuti al consumo. Entro il 2015, il consumo dovrebbe globalmente raggiungere l'87% del livello 2000 e la produzione l'81,4%. Le esportazioni, per la totalità non sovvenzionate, sembrano stabilizzarsi intorno al 93,5% del livello 2000.

Per il burro si prevede un'evoluzione simile a quella del latte scremato in polvere. Il prezzo di mercato dovrebbe abbassarsi mediamente del 6,5%, raggiungendo l'80,7% del valore che aveva nel 2000, per l'effetto congiunto dell'aumento delle quote e della riduzione dei prezzi d'intervento [30]. Quest'evoluzione favorisce, ancora una volta, l'uso industriale non sovvenzionato del burro, tanto che il consumo e la produzione globali dovrebbero rimanere stabili durante il periodo 2008-2015. Le esportazioni si stabilizzano, entro il 2015, sul 17,6% del livello raggiunto nel 2000, guadagnando quindi un 12,2% rispetto allo scenario dello status quo, mentre il prezzo del mercato mondiale reso più favorevole dalla contrazione dei quantitativi esportati dall'UE dovrebbe comprimere la spesa necessaria per le restituzioni.

[30] Benché nel 2015 il prezzo del burro nell'UE risulti superiore di circa il 10,7% al prezzo d'intervento, in realtà, secondo le proiezioni, il prezzo di mercato scende al 77,5% nel 2010 e risale successivamente in virtù delle condizioni di mercato che caratterizzano questo scenario.

5.2.3. Effetti a livello di produzione

Per il latte crudo, la produzione dovrebbe aumentare entro il nuovo limite consentito dall'aumento del 3% delle quote, sicché nel 2015 essa dovrebbe risultare superiore del 4,7% al livello del 2000. Le variazioni dei prezzi alla produzione, tuttavia, non rispecchiano interamente il calo del 25% del prezzo d'intervento verificatosi a partire dal 2000. A causa della crescente domanda interna, entro il 2015 i prezzi del latte diminuiscono soltanto del 15,6% rispetto al 2000.

Quanto agli effetti sul numero di bovine lattifere e nutrici, le proiezioni indicano per il 2015 un numero di poco inferiore a quello del periodo coperto dall'Agenda 2000, sicché la produzione totale di carne rimane praticamente invariata.

5.2.4. Valutazione dell'opzione

A conclusione, si possono individuare i seguenti aspetti positivi per il settore nell'eventualità di un approccio del tipo "Agenda 2000 bis":

- un notevole progresso verso l'equilibrio di mercato a lungo termine. Il settore della trasformazione si caratterizza per una maggiore abbondanza di prodotti di elevato valore economico, con ricadute positive sui prezzi al produttore;

- non ricompaiono le scorte d'intervento e sono meno necessarie sia le restituzioni all'esportazione che gli aiuti al consumo per il burro e il latte scremato in polvere;

- rispetto allo scenario Agenda 2000 puro e semplice, aumentano sensibilmente le esportazioni non sovvenzionate, soprattutto di prodotti di maggior valore come i formaggi;

- aumentando la quota globale e abbassandosi i prezzi, l'onere della cosiddetta "rendita delle quote" diminuisce, a tutto vantaggio dei consumatori che beneficiano di prezzi più economici;

- il settore diventa più atto a rispondere ai segnali del mercato e ha meno bisogno di appoggiarsi sui meccanismi di sostegno, il che rappresenta un ulteriore passo avanti verso l'abolizione del regime delle quote.

In questo scenario è stata valutata anche la possibile introduzione della trasferibilità delle quote tra Stati membri, intesa a ridurre ulteriormente la rendita media delle quote nell'UE. Nonostante le implicazioni politiche e le complicazioni amministrative che un simile precedente comporterebbe, l'analisi econometrica ha dimostrato che la trasferibilità avrebbe un effetto relativamente modesto sull'economia del mercato lattiero-caseario e che l'eventuale risparmio, stimato a complessivi 1 000 milioni di EUR nel periodo 2008-2015, sarebbe di breve durata a causa della generale penuria di quote nell'UE.

L'opzione presenterebbe invece i seguenti svantaggi:

- lo scenario "Agenda 2000 bis" gonfia notevolmente la spesa di bilancio dell'UE attraverso un nuovo ciclo di pagamenti diretti;

- il sistema delle quote continua a frenare lo spostamento della produzione verso i segmenti di mercato a basso costo, con conseguente perdita di potenziale valore aggiunto e di reddito per l'insieme del settore.

5.3. Doppio regime di quote, esportazioni più concorrenziali

5.3.1. Premesse

Un altro metodo per equilibrare il mercato interno, rendendo nel contempo competitive le esportazioni, consiste nel ridurre la quota sul mercato interno (cosiddetta "quota A"), portandola al livello del consumo interno non sovvenzionato, e introdurre una quota aperta e autogestita per le esportazioni (cosiddetta "quota C").

Analoghi regimi contingentali vigenti in altri settori agricoli, come quello dell'OCM zucchero, affidano al settore stesso la responsabilità di gestire la quota. Supponendo che la quota interna sia fissata al livello del consumo non sovvenzionato, un siffatto regime non disporrebbe più che della protezione alle frontiere e dell'ammasso privato o, all'occorrenza, dell'intervento, per assorbire le fluttuazioni della domanda. In questo scenario sono quindi soppressi aiuti allo smercio e restituzioni all'esportazione.

Va tuttavia segnalato che, al momento in cui è redatta la presente relazione, la legalità del doppio regime di quote latte canadese, dal punto di vista delle norme OMC, è ancora al vaglio di un secondo panel, le cui conclusioni non saranno note prima della fine di maggio 2002. Inoltre, in caso di ricorso, l'organo di appello emetterebbe il proprio rapporto non prima dell'autunno 2002. Considerate tali circostanze, la Commissione si vede costretta ad avanzare riserve circa l'opportunità di una simile opzione nell'attesa di una delibera definitiva da parte dell'OMC.

5.3.2. Tendenze di mercato per i prodotti lattiero-caseari

In via generale, l'introduzione di un doppio regime di quote dovrebbe avere come conseguenza un sostanziale aumento della produzione totale di latte nell'UE, a prezzi più bassi, e quindi un notevole incremento delle esportazioni. In questo senso, tenuto conto dei limiti del modello utilizzato e delle ipotesi che caratterizzano lo scenario, le proiezioni dimostrano in che misura il settore lattiero comunitario sarebbe in grado di ristabilire una capacità di esportazione concorrenziale, qualora gliene fosse concessa la libertà.

Nella tabella 4 è riportata una sintesi delle proiezioni al 2015 in caso di introduzione di un doppio regime di quote latte, nel periodo 2008-2015.

Tabella 4. Conseguenze di un doppio regime di quote latte sul mercato lattiero-caseario dell'UE

>SPAZIO PER TABELLA>

Per i formaggi, la riduzione del 5% della quota interna influisce sulla disponibilità di latte destinato all'approvvigionamento del mercato caseario, per cui il consumo dovrebbe crescere ad un ritmo più lento (+0,9% annuo) rispetto al periodo 2000-2008. La relativa scarsità dell'offerta interna dovrebbe pertanto mantenere i prezzi stabili durante l'intero periodo. Le esportazioni, che rappresentano il 6,5% della produzione totale di formaggi, possono beneficiare, secondo questo scenario, di un approvvigionamento illimitato di latte e risultano quindi abbastanza competitive da crescere in ragione dell'1,1% l'anno, fino a raggiungere nel 2015 il 116,1% del livello del 2000.

Per i latticini freschi, è previsto un tasso d'incremento del consumo simile a quello degli altri scenari (142,7% del livello 2000 entro il 2015), il che contribuisce a mantenere i prezzi sostenuti e a stimolare la produzione interna in misura sufficiente ad approvvigionare il mercato dei prodotti freschi.

Per il latte scremato in polvere, il consumo interno nel 2015 dovrebbe ritrovarsi più o meno al livello del 2000 (91,8%). Si calcola che il 29,7% dell'aumento di produzione sarà assorbito dalle esportazioni, che alla fine del periodo avranno superato del 6,3% il livello del 2000. L'effetto congiunto dell'afflusso delle produzioni A e C sui rispettivi mercati differenziati farà abbassare il prezzo medio dell'LSP del 2,2% annuo durante il periodo considerato, fino a raggiungere il 73,7% del livello 2000.

Nel settore del burro, la riduzione del 5% della quota interna avrà un effetto negativo sul consumo, che nel 2015 sarà sceso al 90,6% del livello di partenza, dal momento che l'accresciuta domanda di altri prodotti lattiero-caseari sottrae una parte dell'offerta di latte ai fabbricanti di burro. Ingenti quantitativi di burro dovrebbero comunque trovare sbocco nelle esportazioni non sovvenzionate (17,4% della produzione complessiva dell'UE), a prezzi vicini a quelli del mercato mondiale. Entro il 2015, le esportazioni di burro dovrebbero rappresentare il 143% di quelle del 2000. Queste interazioni tra domanda e offerta dovrebbero favorire il prezzo medio del burro sul mercato interno, che nel 2015 rappresenterebbe il 96% di quello del 2000.

5.3.3. Effetti a livello di produzione

Lo scenario in esame ha effetti positivi sulla produzione di latte crudo; infatti, benché la quota A sia, per definizione, del 5% inferiore a quella del 2008, la quota C è libera di fluttuare in funzione della domanda sul mercato delle esportazioni, portando il livello di produzione nel 2015 al 108,8% di quello del 2000. Le due quote, commercializzate indipendentemente l'una dall'altra, determinano prezzi differenziati, di modo che, nel 2015, il latte A rappresenta l'85,8% e il latte C il 49% dei livelli 2000.

L'aumento della produzione lattiera prospettato da questo scenario dovrebbe stabilizzare la mandria lattifera rispetto alla situazione dell'Agenda 2000, con pochissime variazioni per quanto riguarda la produzione di carne.

5.3.4. Valutazione dell'opzione

A conclusione, si possono individuare i seguenti aspetti positivi per il settore nell'eventualità dell'introduzione di una doppia quota:

- l'equilibrio del mercato interno è garantito da una politica ancora più restrittiva di quella attuale per quanto riguarda la gestione della quota interna;

- è ripristinata la capacità di esportazione dell'UE, ridottasi nel quadro dell'Agenda 200;

- restituzioni all'esportazione e aiuti al consumo sono soppressi per definizione;

- i costi di ammasso pubblico e privato sono drasticamente decurtati.

L'opzione presenterebbe invece i seguenti svantaggi:

- rimane un grosso punto interrogativo sulla compatibilità con l'OMC;

- questa opzione richiederebbe un apparato amministrativo ancora più complesso di quello attuale per controllare le quote e la distribuzione del latte;

- l'onere inerente a questi controlli ricadrebbe ancora più di prima sugli operatori economici. A questo proposito, si dovrebbe esaminare attentamente la fattibilità di un simile sistema nelle condizioni commerciali che caratterizzano l'UE.

5.4. Abolizione delle quote e completa liberalizzazione della produzione di latte

5.4.1. Premesse

Nelle precedenti sezioni sono state analizzate diverse possibilità per adattare il vigente regime delle quote latte, nell'intento di ridurre i prezzi sul mercato interno e sostenere la capacità di esportazione grazie ad un aumento del volume delle quote.

La principale opzione che resta ancora da esplorare è quella di aumentare le quote fino al punto che cessino di essere vincolanti (il che equivale in pratica ad abolirle).

Per modellizzare questo scenario si è supposto che le quote siano soppresse dal 2008/09. Poiché la soppressione delle quote provocherà probabilmente un aumento immediato della produzione, dato che i produttori a basso costo cercheranno di incrementare i loro guadagni o potenziando la resa per capo o accrescendo il patrimonio lattifero, si può presumere che, su scala macroeconomica, i prezzi di mercato scenderanno, almeno nel breve periodo.

Per questo motivo, lo scenario in esame si fonda sulla premessa di una contemporanea riduzione del prezzo d'intervento per il burro e il latte scremato in polvere, forse nella misura del 25%, in aggiunta ai tagli già operati nel quadro dell'Agenda 2000, tanto che esso verrebbe confinato al ruolo di semplice rete di sicurezza. Questo calo dei prezzi verrebbe compensato con pagamenti diretti disaccoppiati, complementari a quelli erogati nel quadro dell'Agenda 2000. Al fine di semplificare le simulazioni sul modello, per il calcolo dei pagamenti compensativi si è preso come base il raddoppio forfettario degli importi previsti dall'Agenda 2000. Pertanto, al momento di definire lo scenario, i pagamenti diretti non sono stati calcolati in modo da compensare un determinato calo dei prezzi ricavato dalle proiezioni.

5.4.2. Tendenze di mercato per i prodotti lattiero-caseari

La principale caratteristica di questo scenario, in cui la produzione non è più limitata dalle quote, è che il mercato entra in una dinamica finalizzata al graduale raggiungimento dell'equilibrio tra offerta e domanda, cioè tra produzione e consumo, per effetto del prezzo di mercato (prezzo di equilibrio). Fatte salve le variazioni prevedibili della domanda, il consumo di tutti i principali prodotti lattiero-caseari dovrebbe crescere in risposta al calo generalizzato dei prezzi di mercato, determinato da un'offerta più abbondante.

Nella tabella 5 è riportata una sintesi degli effetti della soppressione delle quote sul mercato lattiero-caseario, risultanti dal modello elaborato in base alle ipotesi summenzionate.

Tabella 5. Conseguenze dell'abolizione delle quote sul mercato lattiero-caseario dell'UE

>SPAZIO PER TABELLA>

Il consumo di formaggi dovrebbe raggiungere, entro il 2015, il 118,9% del livello 2000, mentre le esportazioni, secondo le ipotesi del modello, dovrebbero riconquistare tutti i principali mercati e totalizzare il 108% del livello 2000. Questa impennata del consumo interno e delle esportazioni è innescata dal declino dei prezzi dei formaggi nell'UE, che scendono all'84,1% tra il 2000 e il 2015. Al prezzo di equilibrio, il volume della produzione dovrebbe raggiungere, a fine periodo, il 117,5% di quello del 2000.

Per i latticini freschi, le proiezioni indicano un aumento del consumo fino al 143% del livello di partenza. Per di più, i prezzi dovrebbero mantenersi ai livelli del 2000 grazie alla tendenza favorevole del consumo.

Per il latte scremato in polvere, l'equilibrio del mercato è raggiunto quando il consumo arriva al 99,2% e la produzione al 96,1% dei rispettivi livelli di partenza. Ne risulta un prezzo di mercato pari al 65,7% di quello del 2000, che consente alle esportazioni di salire fino al 111,9% del volume registrato nel 2000.

Per il burro, le tendenze del mercato appaiono ancora più favorevoli, in quanto la domanda interna può essere soddisfatta ad un prezzo inferiore, il che a sua volta stimola il consumo interno. Di conseguenza, le proiezioni danno un aumento del consumo dello 0,6% l'anno (109,1% del livello 2000 nel 2015) ad un prezzo pari al 65,9% di quello del 2000. Poiché il prezzo UE risulta competitivo anche sul mercato mondiale, le esportazioni registrano una ripresa, anche se alla fine del periodo esse raggiungono soltanto il 50,6% del livello del 2000. Per soddisfare questa domanda crescente, la produzione complessiva dovrebbe aumentare fino al 102,0% tra il 2000 e il 2015.

5.4.3. Effetti a livello di produzione

La somma di questi incrementi del consumo di prodotti lattiero-caseari farà presumibilmente aumentare la produzione di latte crudo del 12,6% rispetto al 2000, un volume di produzione che a sua volta determinerà un calo del prezzo di mercato del 38,6% rispetto allo stesso anno. Questa cifra rappresenta un'ulteriore flessione del 26,2% in confronto al prezzo di mercato proiettato per il 2008, cioè alla fine del periodo coperto dall'Agenda 2000.

Dalla tabella 5 si desume che, in seguito all'abolizione delle quote, il prezzo del latte crudo diminuisce mediamente in misura maggiore di quello di tutti gli altri prodotti lattiero-caseari. Questa differenza si spiega con la struttura dei costi di trasformazione del latte. In primo luogo, il latte crudo rappresenta circa la metà dei costi di trasformazione. In secondo luogo, il modello utilizzato per la simulazione è stato costruito sulla base di funzioni dei costi marginali, che indicano di quanto aumenta il costo di trasformazione per ogni chilogrammo supplementare di latte trasformato. Da questa analisi si ricava una prima stima della proporzione in cui il calo dei prezzi alla produzione si ripercuote sui prezzi al consumo. Va pertanto rilevato, a questo proposito, che occorre un ulteriore approfondimento per poter valutare esattamente l'impatto dell'abolizione delle quote sui prezzi alla produzione.

Anche se, in questo scenario, all'orizzonte 2015, la produzione aumenta, tale aumento è largamente influenzato dalla naturale tendenza al rialzo della resa lattiera, tanto che il patrimonio bovino da latte sembra dover rimanere praticamente invariato rispetto al 2000. Di conseguenza, sono attese variazioni minime del numero di vacche nutrici e quasi nessun cambiamento per quanto riguarda la produzione di carne.

5.4.4. Valutazione dell'opzione

A conclusione, si possono individuare i seguenti aspetti positivi per il settore nell'eventualità dell'abolizione delle quote:

- è soppresso l'onere economico delle quote gravante sulle aziende potenzialmente efficienti e della "rendita delle quote";

- il mercato lattiero-caseario dell'UE è liberalizzato, ossia sono abolite le misure di sostegno artificiale del mercato e i prezzi al consumo rispecchiano il costo di produzione del latte ottenuto con i procedimenti più efficienti;

- si crea una capacità di esportazione autosufficiente, non più sovvenzionata;

- il mercato diventa più trasparente e si semplifica l'amministrazione del settore lattiero dell'UE.

L'opzione presenterebbe invece i seguenti svantaggi:

- i prezzi diminuiscono in misura eccessiva senza essere adeguatamente compensati, in termini di reddito settoriale, dagli accresciuti sbocchi di mercato per il latte a basso prezzo;

- il potenziale impatto strutturale sui singoli produttori e sulla distribuzione regionale della produzione lattiera è difficilmente valutabile e potrebbe comunque essere considerevole.

5.5. Raffronto tra le quattro opzioni

5.5.1. Reddito del settore lattiero-caseario

Nella tabella 6 è riportata una sintesi delle proiezioni del mercato lattiero-caseario per le quattro opzioni esaminate, nel periodo 2000-2015.

Tabella 6. Raffronto tra le quattro opzioni, 2008-2015

>SPAZIO PER TABELLA>

Si riscontra generalmente una tendenza positiva per quanto riguarda il consumo di tutti i principali prodotti lattiero-caseari man mano che si passa dallo scenario di status quo dell'Agenda 2000 agli scenari sempre più liberalizzati, fino ad arrivare all'abolizione delle quote. In quest'ultimo scenario, il proiettato aumento del consumo di formaggi, latte scremato in polvere e burro rende l'idea del potenziale smercio dei prodotti lattiero-caseari esistente nell'UE.

Le variazioni del consumo da uno scenario all'altro sono la conseguenza logica delle corrispondenti differenze quanto al volume della produzione e ai prezzi di mercato. L'aumento della produzione nello scenario più liberale è accompagnato da un notevole calo dei prezzi.

I dati della tabella 6 relativi alle esportazioni mostrano come, in funzione della differenza tra consumo interno e produzione, il potenziale di esportazione dell'UE si mantenga o addirittura cresca negli scenari meno restrittivi per la produzione di latte e caratterizzati da prezzi più competitivi.

Per riassumere l'impatto globale di ciascuna opzione sui produttori di latte, sono state calcolate, all'orizzonte 2015, le maggiorazioni o le perdite di reddito del settore lattiero-caseario in ciascuno dei quattro scenari rispetto alla situazione nel 2008, alla scadenza dell'Agenda 2000; questi dati sono presentati nella figura 18. Ancora una volta, è utile ricordare che le proiezioni dei redditi dei produttori sono da considerarsi alla stregua di semplici indicatori delle variazioni di reddito dell'insieme del settore.

In primo luogo, nell'ipotesi del mantenimento dello status quo, si osserva che le brillanti prospettive del mercato e i prezzi sostenuti determinano, entro il 2015, un aumento del reddito settoriale, che guadagna 2 046 milioni di EUR rispetto al 2008. In questo contesto si suppone che i pagamenti diretti corrisposti ai produttori di latte nel 2008 siano mantenuti (non vi è quindi nessun cambiamento durante il periodo 2008-2015, cfr. fig. 18).

Per quanto riguarda l'opzione consistente nel ripetere una seconda volta lo stesso approccio dell'Agenda 2000, la figura 18 mostra che, nonostante l'aumentata produzione, il reddito del settore lattiero diminuisce per effetto del prezzo del latte più basso, perdendo 733 milioni di EUR rispetto al 2008. Nondimeno, grazie ad un ulteriore aumento dei pagamenti compensativi ipotizzato in quest'opzione (dell'ammontare di 1 957 milioni di EUR fino al 2015, conformemente al metodo dell'Agenda 2000), nel 2015 il reddito complessivo del settore dovrebbe aver guadagnato 1 224 milioni di EUR rispetto al livello consentito dall'Agenda 2000 nel 2008.

In caso d'introduzione di un doppio regime di quote, il settore lattiero-caseario dovrebbe registrare un incremento complessivo del reddito di 862 milioni di EUR tra il 2008 e il 2015. Nell'ipotesi che siano mantenuti i pagamenti compensativi dell'Agenda 2000 (cioè senza alcun aumento durante il periodo 2008-2015, cfr. fig. 18), questo incremento di 862 milioni di EUR rappresenta il miglioramento netto della situazione del settore nel 2015, con il doppio regime di quote, rispetto al 2008, al termine dell'Agenda 2000.

L'abolizione delle quote, infine, ha un impatto particolarmente negativo sui prezzi del latte e quindi sul reddito del settore. Come si può osservare nella figura 18, il reddito del settore lattiero-caseario diminuisce in misura di gran lunga maggiore che in qualunque altra delle opzioni considerate, perdendo 7 296 milioni di EUR tra il 2008 e il 2015. Si ricorda che, per calcolare la compensazione del calo dei prezzi previsto in questo scenario, era stato preso come base un semplice raddoppio degli importi dell'Agenda 2000. Questa compensazione supplementare, che entro il 2015 dovrebbe rappresentare una spesa annua aggiuntiva di 2 937 milioni di EUR in pagamenti diretti, avrà per effetto di sottrarre ulteriori 4 359 milioni di EUR al reddito globale del settore.

5.5.2. Considerazioni di bilancio

La tabella 7 riassume la spesa di bilancio nel 2010 e nel 2015 nelle quattro opzioni considerate, secondo i calcoli ricavati dal modello. Si può constatare che, a causa dell'evoluzione proiettata del mercato o delle ipotesi assunte dal modello summenzionato, entro il 2015 gli aiuti interni al consumo e le restituzioni all'esportazione sono uguali o vicini allo zero in tutti gli scenari. Tra le ipotesi del modello rientra il fatto che non dovrebbero formarsi scorte d'intervento fintantoché sussiste la possibilità di aiuti interni o di restituzioni all'esportazione. Pertanto, le implicazioni di bilancio di ciascuno scenario dipendono in gran parte dal regime di pagamenti diretti prospettato. Negli scenari "status quo" e "doppia quota", non è prevista alcuna variazione dell'ammontare dei pagamenti diretti rispetto all'Agenda 2000. Nello scenario "Agenda 2000 bis", invece, i pagamenti diretti aumentano per compensare l'ulteriore calo del 10% del prezzo d'intervento, mentre lo scenario "abolizione delle quote" prevede addirittura il raddoppio dei pagamenti diretti.

Tabella 7. Raffronto tra le implicazioni di bilancio delle quattro opzioni, 2010/11 e 2014/15

>SPAZIO PER TABELLA>

5.5.3. Aspetti ambientali

Per quanto riguarda l'eventuale impatto ambientale dei vari scenari, si possono trarre soltanto conclusioni limitate dai risultati ottenuti, in quanto il modello utilizzato per le proiezioni era basato essenzialmente su parametri macroeconomici (cfr. sezione 4.2.1).

Il fattore più incisivo da questo punto di vista è il fatto che, supponendosi una crescita naturale della resa lattiera, nessuno dei quattro scenari prospetta un aumento del patrimonio lattifero nel periodo 2000-2015, neanche i due scenari che prevedono aumenti della produzione (doppia quota e abolizione delle quote). Ne consegue che gli scenari con i livelli di produzione più bassi (status quo e Agenda 2000 bis) presentano la maggiore riduzione del patrimonio vaccino e quindi il minore impatto in termini di emissione di gas di serra dagli allevamenti. L'intensità della produzione lattiera in termini di consumo di mangimi e utilizzo della terra non dovrebbe variare in misura significativa.

6. CONCLUSIONI

La presente relazione dimostra che, nell'ipotesi plausibile che nei prossimi anni continui a crescere nell'UE il consumo di prodotti concorrenziali come i formaggi e i latticini freschi e diminuisca invece quello dei prodotti sfusi (latte scremato in polvere e burro), le prospettive offerte dall'Agenda 2000 per il settore lattiero-caseario comunitario rimangono generalmente positive fino al 2008 in termini di equilibrio di mercato, prezzi alla produzione, redditi dei produttori e adempimento dei futuri impegni nell'ambito dell'OMC.

Tuttavia, perdurando lo status quo, la crescente penuria di latte sul mercato interno contingentato da quote fisse farà sí che il consumo interno aumenti ad un ritmo inferiore a quello che si sarebbe avuto con prezzi più bassi ed un'offerta più abbondante, e quindi molti sbocchi di mercato andranno persi. Rimanendo invariate le quote attuali, l'economia lattiera dell'UE subirà un grave pregiudizio a causa della sostanziale riduzione delle esportazioni, non tanto di prodotti sfusi, quanto di prodotti di alto valore commerciale sui mercati mondiali emergenti. Questo spreco di capacità di esportazione dell'UE nel comparto dei latticini pregiati può essere evitato, in futuro, con un regime lattiero più competitivo.

Sono state quindi esaminate altre tre opzioni intese a potenziare la competitività dell'UE attraverso una progressiva liberalizzazione delle quote accompagnata da riduzioni dei prezzi (Agenda 2000 bis, doppio regime di quote e completa abolizione delle quote). Per ognuna di queste opzioni, sono stati presentati i pro e i contro dal punto di vista dell'andamento del mercato e del reddito del settore lattiero-caseario.

La scelta della strada giusta per il futuro del settore lattiero-caseario dell'UE dipende, in ultima analisi, dalla ponderazione dei vantaggi e degli svantaggi delle varie possibilità prospettate, rispetto alla necessità di una politica lattiera realistica e sostenibile, che sia coerente, in particolare, con l'obiettivo sancito dall'articolo 33 del trattato, con il modello europeo di agricoltura e con gli sviluppi del processo di allargamento in corso. La Commissione auspica perciò che la presente relazione, esponendo tutti gli elementi di giudizio necessari, costituisca il punto di partenza per un'approfondita revisione intermedia della politica comunitaria nel settore lattiero-caseario.

ALLEGATO La rendita delle quote

Nel contesto dello studio valutativo dell'impatto economico delle quote latte e delle possibili opzioni per il futuro del regime [31], gli esperti hanno stimato la rendita media delle quote nei 15 Stati membri dell'UE. Tuttavia, prima di interpretare tale cifra, si deve considerare attentamente la sua base di calcolo, tenendo presente in particolare che la "rendita delle quote" è calcolata nel modo seguente:

[31] Cfr. sezione 4.2.1.

- unicamente come funzione del prezzo di mercato del latte e dei costi marginali variabili di produzione. Non sono stati quindi dedotti i principali costi fissi relativi alla terra, ai fabbricati, al rimborso di interessi e alle spese generali. Ovviamente, soltanto nel caso di un proprietario-conduttore che non allarghi la propria azienda, non investa in fabbricati e non debba far fronte a spese generali onerose, la "rendita delle quote" rappresenterebbe l'insieme del suo reddito o dei proventi ricavati dalla vendita del latte;

- non sono stati presi in considerazione alcuni importanti costi variabili, come il lavoro familiare, che sono particolarmente difficili da calcolare. Ciò significa che, per le aziende che dipendono dal lavoro familiare, i costi variabili di produzione sono in realtà superiori a quelli che appaiono nel calcolo della "rendita delle quote". Di conseguenza, soltanto un produttore esente dai costi fissi summenzionati e che assuma interamente a proprio carico il costo del proprio lavoro o di quello dei suoi familiari sotto forma di salari pagati fruirebbe della totalità della "rendita delle quote" come profitto della vendita del latte al prezzo di mercato in regime di quote;

- il calcolo riposa sull'ipotesi, altamente probabile, che, in assenza di quote, i produttori più efficienti sarebbero in grado di incrementare la produzione e, producendo ad un costo ancora più basso, potrebbero persino continuare a trarre profitto anche ad un prezzo di mercato inferiore.

Il calcolo della "rendita delle quote" è di grande aiuto per capire l'andamento della produzione in regime di quote e merita un'analisi più approfondita.

La rendita delle quote sarà percepita diversamente dai singoli produttori e a seconda delle regioni, dal momento che, a livello del produttore, essa dipende dalla particolare struttura dei costi della produzione lattiera, nonché dalla disponibilità di quote e dal prezzo di mercato nella rispettiva regione.

I produttori o le regioni a basso costo, per esempio, traggono vantaggio dal prezzo relativamente alto del latte in un sistema di approvvigionamento contingentato, ma giudicheranno le quote come un impedimento a realizzare maggiori profitti. D'altra parte, i produttori o le regioni con costi elevati - siano essi dovuti a svantaggi naturali o ad un uso inefficiente delle risorse disponibili - saranno propensi a ritenere che le quote, mantenendo alto il prezzo del latte, sono necessarie alla loro sopravvivenza.

Secondo l'analisi condotta nell'ambito del suddetto studio, la rendita delle quote potrebbe rappresentare fino ad un terzo del valore del latte agli attuali prezzi alla produzione nell'UE.

ALLEGATO Descrizione del modello econometrico dal quale sono state ottenute le proiezioni di mercato

Il sistema di simulazione INRA-Wageningen per il settore lattiero-caseario dell'UE è costituito da due modelli a se stanti, uno per la produzione di latte e carne nelle aziende, l'altro per la trasformazione del latte in prodotti lattiero-caseari e la loro ripartizione tra i mercati interni ed esteri. I modelli simulano la produzione e trasformazione di latte e l'equilibrio di mercato in 14 Stati membri dell'UE (il Lussemburgo è stato aggregato al Belgio).

Il modello per la produzione, messo a punto presso l'Università di Wageningen, si basa su una duplice funzione di profitto a breve termine e di "netput", alla quale è stata aggiunta una componente di adeguamento della superficie e del patrimonio. Tutte le equazioni comportamentali sono stimate econometricamente. L'INRA-Rennes ha fornito un contributo complementare per parametrizzare la funzione di "offerta ombra" di latte. Il modello relativo alla trasformazione e alla domanda, sviluppato dall'INRA-Toulouse, scompone l'offerta totale di latte nelle sue componenti grasse e proteiche. La domanda di mercato dei prodotti lattiero-caseari induce la domanda derivata delle componenti del latte, le quali sono ricostituite in prodotti lattiero-caseari a livello di mercato. Questo procedimento garantisce la concordanza tra offerta di latte crudo e offerta di prodotti lattiero-caseari. Completano il modello i mercati interni ed esteri di 14 prodotti lattiero-caseari. Il modello utilizza parametri comportamentali e coefficienti tecnici provenienti da svariate fonti.

I due modelli possono essere adoperati separatamente (per simulare scenari in regime di quote) o in maniera interattiva (per simulare scenari in assenza di quote). Questi modelli permettono di calcolare il volume della produzione e i prezzi del latte e dei prodotti lattiero-caseari, la quantità di prodotti smerciati sui mercati interni ed esteri, l'entità delle scorte, la produzione di carne, l'utilizzo nell'alimentazione animale e le densità di bestiame nei singoli Stati membri e nell'insieme dell'UE. Vengono calcolate anche le eccedenze a livello di produzione e di consumo, nonché i costi finanziari di tutta una gamma di interventi politici. Tra le politiche simulate figurano variazioni delle quote e dei prezzi, vari tipi e importi di pagamenti diretti ai produttori di latte e di carne (secondo diverse ipotesi di disaccoppiamento), modifiche delle misure di smercio sul mercato interno e una serie di opzioni di politica commerciale. Sono state simulate anche politiche che implicano una deregolamentazione (per esempio abolizione delle quote senza alcun sostegno).

ILLUSTRAZIONI

1. Scorte e consumo di latte scremato in polvere nell'UE, 1980-2000

2. Scorte e consumo di burro nell'UE, 1980-2000

3. Consumo sovvenzionato e non sovvenzionato di latte scremato in polvere nell'UE, 1980-1999

4. Consumo sovvenzionato e non sovvenzionato di burro nell'UE, 1980-1999

5. Evoluzione dei prezzi del latte scremato in polvere nell'UE e sul mercato mondiale, 1991-2000

6. Evoluzione dei prezzi del burro nell'UE e sul mercato mondiale, 1991-2000

7. Evoluzione delle quote latte nell'UE dal 1984

8. Produzione, consumo interno ed esportazioni di latte dell'UE, in equivalente latte

9. Raffronto tra il bilancio del FEAOG e la spesa per il settore lattiero-caseario

10. Bilancio del settore lattiero-caseario

11. Numero di aziende lattiere nell'UE

12. Patrimonio bovino da latte dell'UE

13. Consistenza della mandria lattifera per azienda

14. Evoluzione del patrimonio lattifero (UE-9)

15. Percentuale di aziende e di capi da latte nelle zone svantaggiate (UE-9)

16. Numero di latterie e produzione di latte per latteria nell'UE

17. Reddito dei produttori lattiero-caseari specializzati

18. Proiezioni dei guadagni e delle perdite di reddito del settore lattiero-caseario e dei pagamenti diretti in quattro diversi scenari, 2008-2015.

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