Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Il futuro delle aree montane nell'Unione europea"
Gazzetta ufficiale n. C 061 del 14/03/2003 pag. 0113 - 0122
Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Il futuro delle aree montane nell'Unione europea" (2003/C 61/19) Il Comitato economico e sociale, in data 16 gennaio 2002, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 23, paragrafo 3, del Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema "Il futuro delle aree montane nell'Unione europea". La sezione Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Bastian in data 25 giugno 2002. Il Comitato economico e sociale ha adottato il seguente parere il 18 settembre 2002, nel corso della 393a sessione plenaria, con 66 voti favorevoli, 1 voto contrario e 12 astensioni. 1. Introduzione 1.1. L'Assemblea generale dell'ONU ha proclamato il 2002 Anno internazionale delle montagne. Ciò dovrebbe indurre l'Unione europea a riflettere sull'importanza che intende dare alle proprie aree montane. 1.2. Sia il Comitato economico e sociale europeo che il Parlamento europeo e il Comitato delle regioni hanno ripetutamente manifestato interesse per le aree montane, invitando l'Unione europea a riconoscerne le peculiarità e a condurre nei loro riguardi una politica trasversale appropriata. Giova citare in particolare i seguenti documenti: - parere del CES del 28 aprile 1988 sul tema "Una politica per le aree montane", - parere del CES del 25 aprile 1996 sul tema "L'arco alpino - Un'occasione di sviluppo e di integrazione", - parere del CdR del 21 aprile 1995 in merito alla "Carta europea delle regioni di montagna", - parere del CdR del 18 settembre 1997 sul tema "Una politica per l'agricoltura montana in Europa", - relazione della commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del PE del 16 ottobre 1998 sul tema "Una nuova strategia per le zone di montagna", compilata sulla base dello studio precedente della direzione generale Studi del Parlamento europeo "Vers une politique européenne des montagnes" (AGRI 111/FR - Verso una politica europea delle montagne), - risoluzione del Parlamento europeo del 6 settembre 2001 sul tema "I 25 anni di applicazione della normativa comunitaria in favore dell'agricoltura montana". 1.3. Il Comitato constata con soddisfazione che, nella prima relazione intermedia che fa seguito al secondo forum sulla coesione economica e sociale, la Commissione procede ad una riflessione sul futuro dei fondi strutturali in cui valuta la possibilità di stabilire nuovi criteri di ammissione che tengano conto delle sfide e degli svantaggi territoriali, in particolare nelle zone di montagna. Il convegno che la Commissione ha organizzato il 27 e 28 maggio 2002, sulle priorità regionali dell'Unione per la definizione di un valore aggiunto comunitario, sembra confermare in modo incoraggiante il perseguimento di un'evoluzione in questo senso della politica dei fondi strutturali. 2. Le peculiarità delle aree montane in Europa 2.1. Le aree montane sono caratterizzate anzitutto da un marcato svantaggio geofisico derivante dalla pendenza, dall'altitudine, dal clima e da una posizione generalmente isolata. Esse dispongono di un considerevole patrimonio naturale e di risorse naturali importanti, al tempo stesso eccezionali e fragili. Si tratta quindi di aree che pongono sfide uniche, che hanno assolutamente bisogno di una politica pubblica che limiti gli eccessi della speculazione. 2.2. Nell'UE le montagne rappresentano il 30 % del territorio e sono abitate da 30 milioni di persone. Con l'ampliamento tale quota crescerà ulteriormente. 2.3. Sia pure con differenze talvolta considerevoli tra una zona e l'altra, le peculiarità delle aree montane che richiedono una politica di finanziamento o di intervento pubblico riguardano in generale le seguenti problematiche, tutte con una forte dimensione transnazionale. 2.4. Situazione demografica Nonostante vi siano alcuni centri di attività particolarmente dinamici, la struttura demografica delle aree montane è generalmente vulnerabile (bassa densità e invecchiamento, dovuti all'emigrazione dei giovani e/o all'insediamento di pensionati), in particolare nei paesi montagnosi candidati all'adesione. 2.5. Servizi pubblici Dato il loro impatto sociale i servizi pubblici, in particolare la posta, l'istruzione e la sanità, sono determinanti per la dinamica territoriale delle zone di montagna. Tali servizi presuppongono quindi un grado di prossimità e di adattamento (in termini di polivalenza degli operatori e/o di natura delle prestazioni) che sono direttamente minacciati dalla liberalizzazione frutto del diritto comunitario della concorrenza. Infatti, un'azione risoluta di pianificazione del territorio attraverso i servizi pubblici è possibile solo se l'ambito del servizio pubblico universale loro attribuito è abbastanza esteso da comprendere prestazioni remunerative che possano compensare, almeno parzialmente, gli inevitabili costi aggiuntivi che un'azione del genere comporta. 2.6. Comunicazioni Le infrastrutture e le reti di comunicazione costituiscono una sfida di primaria importanza in montagna, dato che l'isolamento riduce considerevolmente la competitività e che la crescita dei trasporti di merci all'interno della Comunità comporta, per le zone montane attraversate e per le relative popolazioni, una pressione che occorre controllare e controbilanciare. 2.6.1. In questo senso si rivela sempre più urgente sviluppare le modalità di trasporto combinato, in particolare il trasporto misto treno-strada. Lo si può fare solo in ambito comunitario, sia per poter affrontare la problematica alla scala più appropriata, specialmente nel contesto dello Schema di sviluppo dello spazio europeo (SSSE)(1), sia per garantire che l'Unione partecipi al finanziamento delle infrastrutture necessarie. 2.6.2. L'accessibilità delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione (NTIC) in montagna è essenziale. Gli ingenti costi aggiuntivi legati alle difficoltà tecniche poste dal rilievo (ostacoli alla propagazione delle onde, distanze notevoli a livello del suolo) minacciano seriamente di determinare una frattura tra le zone di montagna e gli altri territori. 2.7. Turismo Sebbene la montagna abbia un'indubbia vocazione turistica, occorre orientare lo sviluppo del turismo in un'ottica di sviluppo sostenibile. Quest'osservazione è particolarmente valida per i paesi candidati dell'Europa centrale e orientale, nei quali il potenziale turistico delle zone di montagna è in larga misura ancora da sfruttare. Il turismo, come l'agricoltura, non può costituire da solo la base dell'economia montana, che deve quindi essere diversificata e composita. 2.7.1. È pertanto necessario, anche in considerazione dei limiti imposti dai principi dello sviluppo sostenibile, che l'offerta turistica montana sia diversificata in maniera da distribuirsi meglio sia nel tempo (maggiore equilibrio della presenza turistica tra le stagioni) che nello spazio (migliore ripartizione dei flussi turistici sul territorio). 2.8. Utilizzazione del territorio L'agricoltura costituisce un pilastro fondamentale dell'economia di montagna; in particolare ha un ruolo insostituibile ai fini della necessaria conservazione del territorio montano e contribuisce alla produzione di prodotti agricoli e agroalimentari di qualità. Pertanto, la politica agricola comune deve dedicare all'agricoltura montana un approccio particolare, che ne garantisca il radicamento permanente nei territori in questione. 2.8.1. L'antropizzazione del territorio montano rappresenta una questione importante, sia sotto il profilo urbanistico (rischio di frammentazione) che a causa dei rischi naturali. 2.9. Patrimonio naturale La fauna e la flora delle montagne europee, eccezionali e particolarmente ricche, hanno tra l'altro l'effetto di esercitare una pressione sui terreni. 2.10. Suoli Essendo particolarmente sensibili all'erosione a causa dell'onnipresenza dei pendii, i suoli costituiscono una questione particolarmente importante, sia per le montagne stesse (impoverimento del suolo) che per le zone a valle (rischi naturali). 2.11. Acqua Le montagne sono sede di un'importante produzione, quantitativa e qualitativa, di risorse idriche e svolgono sotto tale profilo un'essenziale funzione territoriale che costituisce un servizio di interesse collettivo. I vincoli che ne derivano dovrebbero essere indennizzati. 2.12. Energia Occorre in particolare tenere pienamente conto del contributo delle aree montane alla produzione di energia di origine non fossile (principalmente energia idroelettrica, ma anche energia eolica e solare), per il ruolo che tale produzione riveste ai fini del rispetto degli impegni di cui al protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Bisogna quindi promuovere una politica di incoraggiamento che preveda tariffe preferenziali a vantaggio delle energie rinnovabili, come pure una perequazione a beneficio delle regioni che forniscono energia di questo tipo. 2.12.1. Tra l'altro il forte potenziale delle zone di montagna rispetto all'energia eolica dovrà essere oggetto di uno sviluppo controllato, che eviti un degrado complessivo della qualità del paesaggio montano grazie a un quadro giuridico che costringa gli enti locali ad elaborare una strategia collettiva in materia di impianti e garantisca loro, in cambio, un'equa retribuzione sotto forma di imposte locali. 2.13. Habitat e edilizia L'urbanistica in montagna presenta un'importante peculiarità: la gestione di un patrimonio edilizio vivente richiede da un lato che sia possibile edificare, dall'altro che le costruzioni esistenti siano salvate dall'abbandono, senza tuttavia compromettere l'integrità dei paesaggi e delle aree naturali importanti né devitalizzare l'habitat montano permanente attraverso l'aumento delle seconde case. Va quindi lanciata un'apposita iniziativa volta a coinvolgere adeguatamente i loro proprietari nella vita locale. 2.14. Rischi naturali Numerosi rischi naturali, quali le valanghe, le piene torrenziali e la caduta di pietre, sono tipici delle aree montane. Il territorio di montagna è quindi particolarmente esposto e potenzialmente pericoloso, e richiede una continua azione di studio, previsione e prevenzione. 2.15. Economia Infine l'economia delle aree montane presenta un certo numero di vantaggi e di punti deboli che richiedono anch'essi un trattamento particolare: la spiccata stagionalità di attività essenziali quali l'agricoltura o il turismo, all'origine di una propensione alla pluriattività, all'innovazione e talvolta all'eccellenza (industria micromeccanica, per esempio), la prevalenza delle piccole imprese in un contesto poco favorevole per effetto del relativo isolamento rispetto alle strutture di consulenza o ai fornitori. 3. Bilancio dell'azione comunitaria relativa alla montagna 3.1. Individuazione delle aree montane: un approccio variabile dovuto ad una realtà molto eterogenea 3.1.1. Nell'ambito delle politiche comunitarie le aree montane hanno occupato un posto variabile nel corso del tempo e sono state oggetto di un'attenzione più o meno forte. Di fatto, allo stato attuale del diritto comunitario e in mancanza di un riconoscimento delle specificità delle aree montane, il concetto di "montagna" non è pienamente affermato a livello comunitario. Tale concetto compare infatti solo nella direttiva 75/268/CEE, la cui adozione ha rappresentato un avvenimento storico per la definizione delle zone interessate dall'indennità compensativa degli svantaggi naturali permanenti e per l'individuazione dei relativi beneficiari. Avendo posto le basi per il versamento di indennità compensative a favore di tali zone, la direttiva ha rappresentato un'iniziativa a lungo termine ed è stata corredata di misure concrete di applicazione e sviluppo. Tuttavia l'impegno molto disuguale degli Stati membri in quest'ambito, legato soprattutto alla libertà di cui hanno goduto nel fissare i parametri d'applicazione dei criteri di altitudine, pendenza e clima contenuti nella definizione comunitaria, ha dato luogo a divergenze sia quantitative che qualitative che persistono a tutt'oggi. 3.1.2. Vi sono quindi differenze considerevoli da uno Stato membro all'altro (obiettivamente giustificate, perché ad una stessa altitudine vi possono essere situazioni molto differenti tra una regione e l'altra sul piano sia del clima che della vegetazione); in Germania, Francia e Italia sono considerate aree montane quelle al di sopra dei 700 metri di altitudine, mentre in Spagna tale soglia è di 1000 metri. In Francia e in Spagna vengono prese in considerazione le zone caratterizzate da una pendenza superiore al 20 %, in Italia il limite di pendenza non è quantificato e in Germania non è addirittura previsto. Può sorprendere il fatto che nel Regno Unito non vi siano aree definite montane ai sensi della direttiva 75/268/CEE, mentre le Highlands scozzesi, in particolare, corrispondono all'immagine che si può avere della montagna. Nei trattati di adesione le regioni della Svezia e della Finlandia al di là del 62o parallelo sono state equiparate ad aree montane dal momento che presentano gli stessi problemi e le stesse condizioni. 3.1.3. Rispetto alle altre zone svantaggiate, le aree montane si distinguono principalmente per condizioni climatiche particolarmente sfavorevoli e una topografia più complessa. I criteri della pendenza, dell'altitudine e del clima rimangono perciò pertinenti per delimitare la realtà montana perché la definiscono sulla base delle sue caratteristiche contingenti. Proprio per questa ragione, tuttavia, non è né coerente né auspicabile che ciò che è considerato area montana in un paese non lo sia in un altro. Pertanto, pur mantenendo un certo livello di sussidiarietà nell'individuazione finale delle zone in questione, sarebbe opportuno armonizzare la nozione europea di montagna, adattando di conseguenza l'attuale definizione comunitaria con valori massimi e minimi per ciascuno dei tre criteri (o quantomeno per quelli dell'altitudine e della pendenza). 3.1.4. Il fattore topografico e quello climatico influiscono in modo permanente sull'economia delle regioni montane svantaggiate: di qui la necessità di misure compensative dirette a conservare il loro carattere multifunzionale. Per mettere meglio in risalto i tratti comuni delle aree montane dell'Unione europea e rendere più coerente la classificazione delle zone svantaggiate in diverse categorie, nel rispetto del principio di sussidiarietà, sarebbe opportuno annoverare tra i fattori tipici delle aree montane anche le caratteristiche climatiche e topografiche che hanno in comune. 3.1.5. La realtà montana rimane tuttavia molto diversificata tra un massiccio e l'altro: pascoli, colline, zone montane aride, alta montagna ecc. Al fine di utilizzare in vari modi la ripartizione in zone, sarebbe opportuno prevedere delle suddivisioni che permettessero di distinguere, ad esempio, i massicci di mezza montagna da quelli d'alta montagna, oppure quelli di montagna arida da quelli di montagna innevata. Distinzioni del genere sono già previste in alcuni Stati membri (ad esempio, nel catasto austriaco) e sarebbe opportuno conoscerle meglio a livello comunitario in modo da poterne fare un uso ottimale per un quadro comunitario armonizzato. 3.2. Azioni numerose ma prive di un filo conduttore 3.2.1. Sebbene non vi sia ufficialmente una politica comune delle aree montane, queste sono interessate più o meno direttamente da numerose misure e/o disposizioni comunitarie. 3.2.2. La prima, nonché la più esplicita, di queste misure è l'indennità compensativa degli svantaggi naturali permanenti, istituita dalla direttiva 75/268/CEE. Tale misura ha introdotto nel diritto comunitario una delimitazione delle zone montane che, nonostante la sua importanza ai fini dell'assetto territoriale, rimane confinata nell'ambito della PAC. 3.2.3. Vi sono inoltre tre tipi di azioni comunitarie che rivestono particolare importanza per la montagna o la riguardano in modo considerevole pur senza essere specificamente mirate ad essa: anzitutto la politica dei fondi strutturali e, nel quadro di tale politica, i programmi Interreg, in secondo luogo le direttive sugli uccelli e sugli habitat naturali. 3.2.3.1. La politica dei fondi strutturali I fondi strutturali europei, che mirano ad avvicinare alla media comunitaria il livello dei risultati economici delle zone caratterizzate da difficoltà strutturali o in ritardo di sviluppo, hanno avuto (con l'ex obiettivo 5b) ed hanno ancora (con l'attuale obiettivo 2) una forte incidenza in numerose zone montane: oggi il 95 % di queste ultime è infatti ammissibile agli obiettivi 1 e 2. È però un dato di fatto che quest'ammissibilità non si fonda sul carattere prettamente montano dei loro svantaggi, cosa che potrebbe in effetti indicare un'inadeguatezza dei programmi effettivamente finanziati alla realtà dei problemi da affrontare. 3.2.3.2. Interreg I complessi montuosi dell'Unione europea, che costituiscono per forza di cose delle frontiere naturali, sono per la maggior parte beneficiari della sezione A dei programmi Interreg. Per le stesse ragioni, numerose regioni site alle frontiere esterne dell'UE partecipano ai programmi Phare o Tacis nei settori dei trasporti, del turismo, dei cambiamenti di destinazione del suolo e della conservazione del patrimonio naturale. Il fatto che le regioni montane siano state inserite nei programmi di cooperazione internazionale della sezione B di Interreg (in particolare l'Europa sudorientale e la regione alpina) è per lo più incidentale. Le aree montane site all'interno di queste vaste unità territoriali devono agire in modo energico per essere riconosciute. Il quadro della cooperazione interregionale nell'ambito della sezione C è molto aperto e sembra favorire la realizzazione di reti di cooperazione tecnica tra regioni montane, che tuttavia devono ancora essere costituite(2). 3.2.3.3. Le direttive relative agli uccelli e agli habitat Nelle zone di montagna la rete "Natura 2000", di cui il Comitato ha sottolineato l'importanza(3), è fortemente presente, come è logico data la ricca e fragile varietà biologica di tali zone. Va osservato inoltre che numerose proposte relative a siti montani "Natura 2000" non rientrano solo nell'area biogeografica alpina, ma anche nelle aree "continentale" (come per es. il Massiccio centrale in Francia), "mediterranea" (il Pindo in Grecia o gli Appennini in Italia), "macronesiana" (Gibilterra) o "atlantica" (Monti cantabrici in Spagna). Ciò sottolinea non solo la qualità ma anche la grande diversità del patrimonio naturale montano. 3.2.4. Le aree montane sono inoltre interessate dalle politiche comunitarie relative alle risorse idriche e dalla PAC. 3.2.4.1. Per quanto riguarda le risorse idriche, giova rammentare che le montagne sono la principale fonte di acque e devono quindi beneficiare di misure atte a salvaguardarne la qualità e la quantità. È dunque legittimo compensare o indennizzare i vincoli che possono derivarne a livello locale. 3.2.4.2. Oltre all'indennità compensativa degli svantaggi naturali, nelle aree montane possono essere applicate numerose altre misure della PAC che rappresentano adeguati strumenti di sostegno all'agricoltura montana: misure agroambientali, forestali, di sviluppo rurale, disciplina dei marchi di qualità dei prodotti agricoli, dell'agricoltura biologica, dell'ammodernamento della catena di produzione, programmi Leader ecc. 3.2.5. Da questa breve sintesi risulta che, sebbene vi sia un ampio complesso di misure comunitarie effettivamente o potenzialmente mirate alle aree montane o che le interessano, manca tuttora una politica europea strutturata, costituita da misure destinate esclusivamente a tali aree in funzione delle loro specificità e rispondenti ad una strategia deliberata, globale e coerente. Da questo punto di vista risulta perciò decisiva la riflessione sul territorio attualmente condotta dalla Commissione: il seminario europeo che quest'ultima organizzerà il 17 ottobre 2002 sulla problematica delle aree montane costituirà un momento essenziale per il loro futuro. 3.3. Il contesto internazionale 3.3.1. La montagna tende ad essere oggetto di un'attenzione sempre maggiore da parte del diritto internazionale, in particolare per quanto riguarda la tutela dell'ambiente. 3.3.2. La convenzione alpina, firmata a Berchtesgaden nel 1989 ed entrata in vigore nel 1998, ha destato l'interesse dell'Unione europea, ma il suo carattere troppo tecnocratico e non abbastanza trasparente ha provocato difficoltà nella negoziazione e nell'applicazione di protocolli realmente operativi. 3.3.3. Il capitolo 13 dell'Agenda 21, adottata al vertice della Terra di Rio nel 1992, impegna principalmente gli Stati firmatari a realizzare strumenti più adeguati per la conoscenza e l'osservazione delle rispettive montagne e a garantire un controllo dei terreni adeguato alla buona gestione dei bacini idrografici elevati. La recente conferenza di Johannesburg (agosto 2002), che ha fatto il bilancio dell'Agenda 21, si è risolta nel rinnovo degli impegni internazionali assunti a Rio in questo settore. In quest'occasione l'Unione europea ha lanciato un appello in favore dello sviluppo sostenibile, il cui conseguimento per le popolazioni montane potrebbe ispirarsi in particolare alla dichiarazione finale del primo forum mondiale delle popolazioni di montagna, che si è svolto a Chambéry (Francia) nel giugno 2000 e che si sta ripetendo a Quito (Ecuador) dal 17 al 22 settembre 2002. 3.3.4. L'Assemblea generale dell'ONU ha deciso di dichiarare il 2002 Anno internazionale delle montagne. 3.3.5. Altre azioni mirano a far emergere sul piano internazionale un approccio alla montagna che combini lo sviluppo e la tutela. Tra queste, il progetto di convenzione europea delle regioni di montagna elaborato dal Consiglio d'Europa, che il Comitato economico e sociale (così come il Comitato delle regioni) invita l'Unione europea a tener presente per avviare una politica europea rivolta alle zone di montagna. 3.4. L'ampliamento 3.4.1. Infine, da un punto di vista più specificamente comunitario, la montagna rappresenta una delle questioni più delicate nella prospettiva dell'ampliamento: - da un lato, perché tra i paesi candidati ve ne sono alcuni che comprendono aree e popolazioni montane considerevoli: Bulgaria, Polonia, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, - dall'altro, perché le linee direttrici di bilancio dell'Unione, a partire dal 2007, rischiano di ridurre drasticamente l'importo dei finanziamenti di cui potranno beneficiare le aree montane degli attuali Stati membri. 3.4.2. Pur tenendo conto degli imperativi imposti da questo contesto, e in particolare delle enormi esigenze dei futuri Stati membri in termini di aiuto allo sviluppo economico locale e regionale, è pur sempre vero che: - numerose aree dell'Unione attualmente beneficiarie di fondi strutturali nell'ambito degli obiettivi 1 e 2 non avranno raggiunto nel 2006 dei risultati pari alla media comunitaria, - la politica strutturale deve quindi adottare un nuovo approccio territoriale, onde mantenere, su una base necessariamente selettiva, l'ammissibilità di determinate zone caratterizzate da difficoltà strutturali particolarmente ricorrenti e incompatibili con i principi fondamentali dei trattati. 4. L'inserimento della montagna nella futura politica dei fondi strutturali 4.1. Gestire l'evoluzione dei fondi strutturali senza provocare rotture 4.1.1. I limiti di bilancio non devono far sì che la futura politica strutturale sia incentrata sui nuovi Stati membri in considerazione del loro PIL più modesto. La vastità delle sfide derivanti dall'ampliamento non deve condurre l'Unione a mettere da parte il modello di sviluppo che si è prefissa per fare invece fronte a delle urgenze che richiedono comunque mezzi eccezionali e un'azione di adeguamento del tutto particolare. Ai fini dell'ampliamento è quindi necessario che gli Stati membri compiano un ulteriore sforzo sul piano del bilancio, soprattutto nei confronti del Fondo di coesione al quale questa problematica dovrebbe far capo in via prioritaria (rendendo così necessario un riassetto delle sue modalità d'intervento), in modo da dosare le possibilità d'intervento dei fondi strutturali. 4.1.2. Anche se non è prevista l'eventualità di un sistematico abbandono progressivo ("phasing out") dell'intervento destinato alle regioni che beneficiano attualmente dei fondi strutturali, è essenziale che il livello di PIL usato come riferimento per determinare l'ammissibilità ai fondi strutturali non escluda in maniera artificiale delle regioni degli Stati membri attuali il cui PIL medio risulterebbe più elevato solo a causa dell'adesione dei nuovi paesi candidati, onde evitare di dover correggere fortemente al ribasso le ambizioni espresse inizialmente. 4.2. Sviluppare un'autentica politica comunitaria di assetto territoriale 4.2.1. La politica regionale ha perseguito sinora delle finalità socioeconomiche. Costretta ad una maggiore selettività, essa potrebbe perseguire in futuro una concezione globale dell'assetto territoriale, mirante a distribuire sul territorio in maniera armoniosa ed equilibrata le popolazioni e le attività. In questo senso si può interpretare l'obiettivo dello "sviluppo armonioso" di cui al titolo XVII "Coesione economica e sociale", articolo 158, del trattato(4). 4.2.2. Affinché l'Unione europea svolga un'autentica azione trainante, e non già un mero ruolo di coordinamento, nel campo dell'assetto territoriale, è sempre più importante che i relativi principi e obiettivi siano definiti a livello comunitario. Tra i principi che dovrebbero sovrintendere, nell'ottica di uno sviluppo armonioso, all'assetto del territorio o dello spazio comunitario, vi sono i seguenti: 4.2.2.1. ripartizione equilibrata delle persone e delle attività sull'intero territorio, e di conseguenza: - contenimento delle concentrazioni urbane eccessive, fonti di problemi a livello di occupazione, sicurezza, ambiente e qualità della vita. Senza mettere in causa l'idoneità dei sistemi urbani a svolgere il ruolo di protagonisti delle economie nazionali, si tratta di prevenire, mediante strumenti adatti, il deperimento delle aree montane dovuto alla capacità d'attrazione delle città nei casi in cui quest'ultima è solo frutto di una carenza di attrezzature e di servizi nel contesto in cui operano le imprese e le famiglie. È quindi un principio cui dare applicazione più con un'azione positiva in favore delle aree montane che con una penalizzazione della città, - prevenzione dello spopolamento e, nella stessa ottica, dell'elevazione della natura a santuario, secondo un modello "all'americana" incompatibile con la storia del nostro continente. Infatti tutto il territorio europeo, salvo rare eccezioni, ha subito l'intervento umano, - interazione positiva tra attività umane e territori, laddove le prime garantiscono la cura, l'accessibilità e anche la biodiversità. 4.2.3. La nuova politica dovrà quindi dedicare speciale attenzione al mantenimento di una relazione tra popolazione e territorio che garantisca una buona gestione dello spazio. Essa interverrà pertanto nelle zone dove la suddetta relazione è più fragile o minacciata. 4.2.4. L'azione dovrà essere volta anche a gestire le questioni territoriali e/o gli svantaggi oggettivi importanti che sono generalmente presenti in tali zone. 4.2.5. Le suddette zone dispongono inoltre di importanti risorse (che in genere sono importanti quanto le sfide menzionate in precedenza); quelle delle aree montane consistono nell'eccezionale valore dell'ambiente montano e nella qualità dei prodotti e delle conoscenze che vi si trovano e che ne fanno territori d'eccellenza; ma queste risorse non possono essere valorizzate pienamente se non si tiene adeguatamente conto, al tempo stesso, degli svantaggi che le circondano. 4.3. Una politica per le zone fortemente svantaggiate 4.3.1. Le aree ammesse a beneficiare dei fondi strutturali (intesi come strumento di assetto territoriale invece che solo di sviluppo locale) andrebbero definite attraverso i seguenti criteri: 4.3.1.1. interesse collettivo: valutato non soltanto in base alla qualità del patrimonio naturale e alla struttura della popolazione, ma anche attraverso i servizi ricreativi offerti alla società dall'uno e dall'altra (dalla produzione di beni commerciali o di infrastrutture alla disponibilità di spazi per lo svago o ai giacimenti di risorse naturali); in ogni caso questo criterio non deve essere limitato alla considerazione delle risorse naturali e deve comprendere sia il valore attribuito dai cittadini ai servizi ricreativi prodotti, sia il parere formulato dalle popolazioni locali interessate; 4.3.1.2. minacce reali o potenziali: esse giustificano in parte l'intervento pubblico; il territorio può subire pressioni di vario tipo: eccessiva presenza umana connessa al turismo o ai trasporti di merci, spopolamento dovuto all'esodo dalle campagne, all'abbandono dei terreni o addirittura al rimboschimento eccessivo, rischio di sviluppo economico sregolato ecc.; 4.3.1.3. specificità delle misure richieste: è giustificato ricorrere a un'apposita politica o strategia perché le misure operative da finanziare, come ad esempio la prevenzione dei rischi naturali della montagna, saranno specifiche e non applicabili in altre aree. 4.3.2. Questa analisi può essere applicata, oltre che alla montagna, ad altri tipi di territorio, quali le regioni ultraperiferiche, le isole, le zone costiere, le regioni boreali, le aree rurali isolate, che hanno costituito l'oggetto di vari pareri del Comitato(5). 4.3.3. Dal momento che questo approccio esiste già in alcuni Stati membri (ad esempio i piani dei servizi collettivi in Francia), è opportuno che l'Unione europea operi un'armonizzazione e ne garantisca la coerenza, in particolare alla luce delle prospettive dell'SSSE. 4.4. Percepire in maniera differente la ricchezza delle popolazioni 4.4.1. Anche se in futuro si dovrà stabilire l'ammissibilità di una determinata area a beneficiare dei fondi strutturali sulla base di criteri di valutazione fisica degli svantaggi presenti e dell'importanza che essi rivestono per la collettività, occorrerà comunque tenere conto della prosperità della zona in questione, che costituisce uno strumento rilevante per valutare i risultati della politica strutturale. Il nuovo approccio dei fondi strutturali dovrà quindi combinare criteri territoriali e criteri socioeconomici. 4.4.2. Inoltre il criterio della valutazione della ricchezza locale non potrà determinare l'esclusione da qualsiasi misura volta a compensare gli svantaggi oggettivi, permanenti e all'origine di costi aggiuntivi costanti, come l'indennità compensativa degli svantaggi naturali per le aree montane. 4.4.3. Ma per intervenire nel modo più efficace là dove le necessità sono più acute, bisognerà poter valutare la prosperità prendendo in esame aree quanto più possibile limitate, ovvero al livello NUTS V (comunale), in modo che l'approccio alla prosperità del territorio sia quanto più possibile preciso. Occorre fare ogni sforzo per mettere gli strumenti statistici degli Stati membri in condizione di raggiungere tale livello di precisione. Tuttavia, data la gravosità e i rischi d'imprecisione di un approccio del genere, occorre anche assoggettare ad un tetto massimo gli aiuti specifici e garantire così che le aree montane restino ammissibili senza discriminazioni, in modo da evitare che gli aiuti costituiscano per alcune di loro una rendita di posizione non commisurata ai punti deboli che dovrebbero controbilanciare. 4.4.4. In questa prospettiva, sulla base della ripartizione in zone dei comuni montani di cui dispone la Commissione, si potrebbe pensare alla creazione di un osservatorio europeo della montagna. 4.5. Andare oltre la compensazione degli svantaggi 4.5.1. Permanenza e limiti del diritto alla compensazione degli svantaggi. È legittimo applicare un sistema di sostegno diretto del reddito volto a compensare lo svantaggio economico direttamente legato ad uno svantaggio fisico che non può essere corretto (ad esempio, la minore resa agricola dovuta alla qualità dei terreni e alla minore stagionalità ecc.). Tale sostegno può essere invece concepito come misura di accompagnamento transitoria nel caso di svantaggi strutturali che possono essere corretti (come la situazione di isolamento, cui si può in parte rimediare grazie a delle reti efficienti di trasporti e di nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione). 4.5.1.1. Bisogna quindi individuare tutti gli svantaggi di cui risentono le varie zone, distinguendo quelli che richiedono una compensazione finanziaria permanente da quelli per cui occorre un'azione temporanea, che consenta di eliminarli o quanto meno di ridurli. 4.5.2. In altri termini, le aree montane si attendono una politica volta ad eliminare materialmente gli svantaggi di cui soffrono e non già a compensarli attraverso una rendita. Occorre dunque agire nei seguenti campi: 4.5.2.1. le aree montane devono conciliare la libera circolazione delle merci con la fragilità dei loro ambienti naturali ed umani. Esse devono essere dotate delle infrastrutture necessarie per affrontare la pressione cui sono soggette, anzitutto in materia di trasporti intracomunitari, ma anche per far sì che la loro popolazione benefici di condizioni analoghe a quelle della popolazione di altre aree (servizi di trasporto locali che permettano raccordi con le principali vie di comunicazione o con le reti di comunicazione ad alta velocità, o ancora, copertura attraverso le reti di telefonia mobile); 4.5.2.2. in materia di regolamentazione, riconoscere la peculiarità delle aree montane dovrebbe consentire di adattare determinate regole (in particolare in materia di norme tecniche) al fine di non ostacolare lo sviluppo di iniziative e di soluzioni originali, spesso di modeste dimensioni ma pur sempre essenziali sul piano locale, senza con ciò prevedere deroghe tali da provocare una riduzione della sicurezza o della qualità. Tali azioni permettono inoltre di fare delle aree montane un luogo di sperimentazione i cui risultati potrebbero essere utili in altre zone; 4.5.2.3. sempre in materia di regolamentazione, grazie a disposizioni specifiche, valide solo per alcune zone, si può effettuare una discriminazione positiva a loro favore, valorizzandone l'identità attraverso le produzioni tipiche e le competenze specifiche. 4.5.3. Legare la compensazione degli svantaggi ad una contropartita. La compensazione degli svantaggi geofisici trae la propria legittimità non tanto da un'esigenza di equità, quanto dall'interesse generale e dalla contropartita materiale che ne deriva per la collettività. Occorre analizzare globalmente tale contropartita, tenendo conto degli obiettivi stabiliti in materia di assetto territoriale. 4.5.3.1. Alla luce di questo principio si potrebbero adeguare i requisiti ambientali applicati al regime dell'indennità compensativa degli svantaggi naturali, dato che le buone prassi richieste attualmente per beneficiare del premio non tengono necessariamente conto della realtà montana e fanno parte piuttosto di un'azione agroambientale che della gestione del territorio. 4.5.3.2. Bisogna quindi valutare la contropartita in base al criterio della funzionalità delle aree, in modo che la compensazione degli svantaggi remuneri le funzioni svolte da tali aree, tra queste giova menzionare: - la produzione agricola e/o silvicola: queste due importanti attività, che occupano spazi considerevoli, devono mantenere prioritariamente la loro finalità economica, giustificando comunque la possibilità di beneficiare di aiuti diretti al reddito, laddove non sia più assicurata la loro redditività, onde preservare la funzione di utilizzazione e di cura del territorio, come pure la prevenzione di importanti rischi naturali, - la sicurezza: in montagna più che altrove la cura del territorio previene i danni delle catastrofi naturali, danni i cui effetti sono percepibili anche nelle zone circostanti, - il paesaggio: formatosi nel corso della storia, costituisce un elemento di primo piano del patrimonio naturale e culturale; la produzione di paesaggi viene ormai riconosciuta come una prestazione a pieno titolo, - gli spazi ricreativi: grazie alle loro qualità, le aree montane hanno una vocazione intrinseca ad accogliere visitatori motivati da ragioni di turismo o di svago. Occorre curare e mantenere sotto controllo la funzionalità turistica della montagna, in modo da adattarla alle esigenze della domanda, - la produzione e conservazione di risorse naturali: le risorse naturali sono necessariamente legate al territorio; alcuni ambienti le producono in misura maggiore e fungono da riserve: ciò vale per la funzione svolta dalle foreste nei confronti dell'aria e per quella delle montagne nei confronti dell'acqua. Pur non dimenticando la biodiversità, va osservato che l'aria e l'acqua costituiscono le principali risorse naturali alla luce delle sfide dirette che pongono in termini di consumo. 5. Impegnarsi in una politica europea della montagna che funga da esempio 5.1. Nell'ottica di promuovere e di definire una specifica politica dell'Unione europea per le aree montane occorre, al di là dell'analisi che precede e dei principi che ne sono stati tratti, individuare un certo numero di azioni da realizzare sulla base del diritto comunitario in vigore. 5.2. Garantire una visione comune della montagna 5.2.1. Bisogna innanzi tutto garantire una visione comune delle aree montane, riconoscendone la specificità nei trattati, alla stregua di quanto si è fatto per le isole e le regioni periferiche nell'articolo 158 del Trattato CE e nella Dichiarazione n. 30 adottata dalla Conferenza di Amsterdam. Gli svantaggi e le sfide cui le aree montane devono far fronte giustificano questo riconoscimento, che potrebbe realizzarsi con la concessione del diritto alla solidarietà, alla differenza e alla sperimentazione. 5.2.2. Come ha suggerito anche il Comitato delle regioni, l'Unione europea dovrebbe inoltre far propri lo spirito e il contenuto del progetto di Convenzione della montagna del Consiglio d'Europa, invitando gli Stati membri e i paesi candidati, nella prospettiva dell'ampliamento, a fare altrettanto in modo da garantire la convergenza delle politiche nazionali per le aree montane. 5.3. Attuare una strategia basata su tre linee di azione 5.3.1. La compensazione degli svantaggi irriducibili Considerato che alcuni svantaggi geofisici delle aree montane sono costanti e non possono essere limitati, si deve proseguire la politica volta a compensarli. Vi è quindi motivo di rendere permanente l'indennità compensativa degli svantaggi naturali destinata agli agricoltori di montagna. In quest'ottica, e tenendo conto dei negoziati commerciali internazionali nel quadro dell'OMC, è importante disgiungere questi aiuti comunitari dalla produzione, affinché non rientrino negli impegni di riduzione che saranno decisi al termine dei negoziati commerciali internazionali. 5.3.1.1. Considerando inoltre che i vincoli e i costi aggiuntivi derivanti dall'altitudine, dalla pendenza e dal clima possono penalizzare anche altre attività, sarebbe utile valutare l'eventuale estensione del regime di aiuti o la creazione di un regime analogo per dette attività, anch'esse importanti per la vitalità e la cura delle aree montane. 5.3.2. La riduzione attiva dei fattori di svantaggio Occorre nondimeno cercare pure di limitare i fattori di svantaggio delle aree montane che possono essere sostanzialmente ridotti, in particolare l'isolamento, attraverso la realizzazione di infrastrutture adeguate. Si sottolinea al riguardo l'urgenza del collegamento alle reti delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione, che rappresenta già adesso il fattore determinante della futura competitività locale. 5.3.2.1. In questa prospettiva si può ricorrere agli aiuti di Stato a finalità regionale, in particolare per le PMI delle aree montane, che per il loro numero molto elevato costituiscono una componente fondamentale dell'economia di tali aree e, rispetto a quelle situate in altre parti del territorio, si trovano in un contesto fortemente svantaggiato sotto il profilo non soltanto fisico ma anche tecnico. A tal fine è indispensabile che l'Unione riconosca la specificità delle aree montane, in modo da garantire la conformità di questo tipo di aiuti pubblici al diritto comunitario in materia di concorrenza. 5.3.2.2. Un'adeguata politica di individuazione e prevenzione dei rischi naturali, che renda più sicure le zone di montagna, rappresenta un altro obiettivo importante ai fini dello sviluppo di un'economia locale immune da questo tipo di imprevisti. 5.3.3. La valorizzazione dell'identità e delle risorse della montagna Un'azione decisa e positiva di sviluppo delle risorse della montagna è altrettanto importante delle azioni volte a compensare e a ridurre gli svantaggi. L'immagine positiva della montagna, la qualità e l'originalità dei prodotti e delle competenze che vi si trovano, costituiscono infatti un enorme potenziale, che va promosso con un'apposita strategia. Nell'immediato si potrebbe fare quanto segue: - riconoscere a livello comunitario il termine "montagna" in quanto definizione applicabile ai prodotti elaborati e trattati in montagna nonché utilizzare come indicazioni geografiche protette o come denominazioni di origine protetta le indicazioni di provenienza relative alla montagna (nomi di cime o di valli), cosa che permetterebbe di rafforzare e di promuovere l'immagine positiva della montagna, - contribuire a rafforzare la coesione delle regioni montane incoraggiandone la cooperazione e il collegamento in rete con l'aiuto, tra l'altro, della sezione C di Interreg, - inserire nelle politiche comunitarie un approccio specifico per le aree montane adottando, se del caso, deroghe o programmi specifici, in particolare nell'ambito di ciascuno degli obiettivi dei fondi strutturali. - facilitare l'esercizio di attività nelle aree montane tenendo conto delle specificità della loro economia, in particolare: - armonizzando e semplificando le condizioni per l'esercizio della pluriattività, - dando la priorità allo sviluppo di servizi di prossimità destinati alle imprese, - incoraggiando la costituzione e lo sviluppo di PMI e imprese artigianali. 5.4. Fare della politica per le aree montane un modello di sviluppo sostenibile ed equo 5.4.1. Le aree montane dell'UE hanno dimostrato di saper far valere le loro risorse quando viene attuata nei loro confronti una politica di solidarietà volta ad attenuarne gli svantaggi. Esse si attendono adesso un riconoscimento che permetta loro di consolidare determinati principi di base e di affermarsi come zone caratterizzate da autenticità e diversificazione. 5.4.2. Occorre quindi adottare una vera e propria strategia normativa e finanziaria comunitaria per le aree montane, che garantisca loro una relativa autonomia economica. Solo a tale condizione le aree montane possono rimanere dinamiche a lunga scadenza e quindi essere mantenute in buono stato. 5.4.3. I destinatari principali di questa strategia devono pertanto essere gli abitanti delle aree montane, che costituiscono l'elemento di collegamento indispensabile, che si tratti di persone attive professionalmente o di specifici gruppi sociali (donne, giovani, anziani). Le azioni che rientrano in tale quadro devono coinvolgere il più possibile gli abitanti delle zone montane, anzitutto attraverso informazioni adeguate che permettano loro di conoscere gli obiettivi perseguiti e di far proprie le relative misure. 5.4.4. In un contesto in cui le questioni economiche ed ambientali divengono globali, le aree montane si pongono come modello di sviluppo sostenibile ed equo, che può, in altri termini, contribuire ad una gestione parsimoniosa del territorio e delle risorse nel rispetto degli interessi delle popolazioni locali. È opportuno non solo salvaguardare e difendere questo modello, ma anche promuoverlo come riferimento sia nei confronti di altre entità territoriali che sul piano internazionale. Bruxelles, 18 settembre 2002. Il Presidente del Comitato economico e sociale Göke Frerichs (1) Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Schema di sviluppo dello spazio europeo (SSSE) - Prima bozza ufficiale", GU C 407 del 28.12.1998. (2) Parere del CESE in merito alla "Comunicazione della Commissione agli Stati membri che stabilisce gli orientamenti di un'iniziativa comunitaria relativa alla cooperazione transeuropea e destinata a favorire uno sviluppo armonioso ed equilibrato del territorio europeo (Interreg)", GU C 51 del 23.2.2000, pag. 92. Parere del CESE sul tema "La politica europea di cooperazione transfrontaliera e l'esperienza del programma Interreg", GU C 155 del 29.5.2001. Parere del CESE sul tema "Le PMI nelle regioni insulari dell'Unione europea", GU C 149 del 21.6.2002. (3) Parere CESE sul tema "La natura e la tutela della natura in Europa", GU C 221 del7.8.2001. (4) Art. 158: "Per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme della Comunità, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica e sociale. In particolare la Comunità mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite o insulari, comprese le zone rurali". (5) Parere CESE "Una strategia per il futuro delle regioni ultraperiferiche dell'Unione europea", GU C 221 del 17.9.2002. Parere CESE "Le PMI nelle regioni insulari dell'Unione europea", GU C 149 del 21.6.2002. Parere CESE "L'estensione delle reti transeuropee verso le isole europee", GU C 149 del 21.6.2002.