Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo , al Comitato Economico e Sociale europeo e al Comitato delle Regioni - Progetto di una Relazione congiunta della Commissione e del Consiglio in materia di pensioni adeguate e sostenibili /* COM/2002/0737 def. */
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI - Progetto di una Relazione congiunta della Commissione e del Consiglio in materia di pensioni adeguate e sostenibili Sintesi preliminare Adeguatezza delle pensioni Sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici Modernizzazione dei sistemi pensionistici Valutazione generale 1. Introduzione 2. La sfida dell'invecchiamento della popolazione: tendenze demografiche e percezioni dei cittadini 2.2 Invecchiamento demografico 2.3 Percezioni dei cittadini 3. Adeguatezza delle pensioni 3.2 Obiettivo 1: prevenire l'esclusione sociale 3.1.1. Pensioni minime garantite 3.1.2. Il rischio della povertà tra gli anziani 3.1.3. Conclusioni: eliminare il rischio della povertà tra gli anziani 3.3 Obiettivo 2: consentire il mantenimento di un tenore di vita adeguato 3.1.4. Accesso a meccanismi studiati per consentire il mantenimento di un tenore di vita adeguato dopo il pensionamento 3.1.5. Probabile evoluzione dei tassi di sostituzione 3.2. Obiettivo 3: promuovere la solidarietà 3.2.1. Solidarietà tra le generazioni 3.2.2. Solidarietà tra gli anziani 3.2.3. Invecchiamento e probabile evoluzione delle sperequazioni 3.2.4. Conclusioni: il futuro della solidarietà 4. Sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici 4.1. Obiettivo 4: aumentare i livelli di occupazione 4.1.1. Breve analisi della situazione attuale del mercato del lavoro (ad esempio potenziale occupazionale inutilizzato) 4.1.2. Principali misure previste per promuovere l'occupazione 4.1.3. Analisi dell'impatto finanziario della prevista crescita del tasso di occupazione (esclusi i lavoratori anziani) sui regimi pensionistici 4.1.3. Conclusioni 4.2. Obiettivo 5: prolungare la vita lavorativa 4.2.1. Attuale partecipazione dei lavoratori anziani al mercato del lavoro 4.2.2. Obiettivi a medio e lungo termine relativi all'occupazione dei lavoratori anziani 4.2.3. Misure per aumentare i tassi di occupazione dei lavoratori anziani 4.2.4. Valutazione dell'impatto finanziario del prolungamento della vita lavorativa 4.2.5. Conclusioni: il prolungamento della vita attiva come valido strumento per garantire la sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici 4.3. Obiettivo 6: sistemi pensionistici sostenibili in un contesto di solidità delle finanze pubbliche 4.3.1. Impatto attuale e previsto dei sistemi pensionistici sulla spesa pubblica 4.4. Contributi ai sistemi pensionistici pubblici 4.3.3. Misure generali intese a garantire il finanziamento della spesa pensionistica pubblica 4.3.4. Conclusioni: sostenibilità finanziaria dei regimi pensionistici pubblici e solidità delle finanze pubbliche 4.4. Obiettivo 7: un corretto equilibrio tra prestazioni e contributi 4.4.1. Ridurre l'onere per le generazioni future 4.5. Mantenere l'adeguatezza delle pensioni 4.4.3. Conclusioni: ripartizione dei rischi tra popolazione attiva e pensionati 4.6. Obiettivo 8: garantire che i sistemi pensionistici privati siano adeguati e finanziariamente solidi 4.5.1. Ruolo attuale e previsto dei regimi pensionistici professionali e privati 4.5.2. Quadri normativi per i regimi pensionistici privati 4.5.3. Ridurre i costi amministrativi 4.5.4. Conclusioni: contributo dei regimi a capitalizzazione alle prestazioni pensionistiche future 5. Modernizzazione: rispondere a nuove esigenze 5.1. Obiettivo 9: adeguarsi a modelli occupazionali e professionali più flessibili 5.1.1. Accesso ai diritti a pensione 5.1.2. Trasferibilità dei diritti a pensione 5.1.3. Conclusioni: miglioramenti necessari nei regimi pensionistici del secondo pilastro 5.2. Obiettivo 10: realizzare le aspirazioni di maggiore uguaglianza tra donne e uomini 5.2.1. Differenze nella situazione previdenziale di uomini e donne 5.2.2. Discriminazioni tra i due sessi nella legislazione sulle pensioni 5.2.3. Misure per promuovere la parità tra i due sessi nei sistemi pensionistici 5.2.4. Conclusioni: impatto dei sistemi pensionistici sulla parità tra i sessi 5.3. Obiettivo 11: dimostrare la capacità dei sistemi pensionistici di affrontare le sfide 5.3.1. Monitoraggio dei sistemi pensionistici 5.3.2. Meccanismi per la creazione del consenso politico 5.3.3. Informazioni ai beneficiari 5.3.4. Conclusioni: l'informazione come motore del cambiamento 6. Conclusioni generali e passi successivi 6.1. Conseguire gli obiettivi comuni 6.2. Ulteriore cooperazione a livello UE ALLEGATO - Sommari dei paesi BELGIO DANIMARCA GERMANIA GRECIA SPAGNA FRANCIA IRLANDA ITALIA. LUSSEMBURGO PAESI BASSI AUSTRIA PORTOGALLO FINLANDIA SVEZIA REGNO UNITO COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Proposta di una Relazione congiunta della Commissione e del Consiglio in materia di pensioni adeguate e sostenibili Sintesi preliminare Numerosi Consigli europei, da Lisbona a Barcellona, hanno messo in rilievo la sfida dell'invecchiamento demografico e le sue implicazioni per il mantenimento di pensioni adeguate e sostenibili. Questa sfida è stata sottolineata nelle conclusioni del Consiglio europeo di Stoccolma del marzo 2001, che ha posto le basi per il metodo di coordinamento aperto nel settore delle pensioni, in seguito varato dal Consiglio europeo di Laeken nel dicembre 2001 sulla base di undici obiettivi comuni nel quadro di tre grandi principi: "tutelare la capacità dei sistemi di conseguire gli obiettivi sociali prefissi, mantenere la sostenibilità finanziaria e soddisfare le esigenze societali che cambiano". Nel settembre 2002 sono state presentate la relazioni strategiche nazionali, nelle quali gli Stati membri illustrano in dettaglio in che modo stanno cercando di conseguire gli undici obiettivi comuni. Successivamente, i servizi della Commissione hanno analizzato le relazioni strategiche nazionali nell'intento di valutare i risultati ottenuti nella realizzazione degli undici obiettivi comuni. Adeguatezza delle pensioni Tutti gli Stati membri garantiscono i diritti a pensione alla maggior parte dei cittadini e forniscono un reddito minimo agli anziani che hanno maturato diritti insufficienti. Un importante risultato dei sistemi pensionistici è il fatto che la vecchiaia non è più sinonimo di povertà. In molti Stati membri, il rischio della povertà è minore per gli anziani che per i giovani. In particolare, negli Stati membri dove il rischio della povertà resta elevato, si stanno introducendo un'ampia gamma di misure volte a migliorare le garanzie di un reddito minimo e vari sussidi in contanti e in natura. I sistemi previdenziali, attraverso i regimi pubblici basati sul reddito (primo pilastro), i regimi professionali privati (secondo pilastro) e i piani pensionistici individuali (terzo pilastro) offrono alla maggior parte degli europei buone opportunità di mantenere invariato il proprio tenore di vita dopo il pensionamento. Di conseguenza, e anche grazie ad altre politiche fiscali/previdenziali a favore dei pensionati, nella maggior parte degli Stati membri gli anziani in generale godono di un tenore di vita decente, e in alcuni Stati membri anche relativamente elevato. La maturazione dei sistemi pensionistici e la maggiore partecipazione delle donne hanno contribuito ad aumentare i livelli medi delle pensioni. In futuro, molti Stati membri prevedono di migliorare ulteriormente le prestazioni pensionistiche, tra l'altro offrendo ai singoli individui la possibilità di maturare diritti a pensione aggiuntivi posticipando il pensionamento e incoraggiando le parti sociali a istituire piani pensionistici settoriali basati su contratti collettivi obbligatori. La maggior parte del reddito da pensione continuerà a provenire dai regimi del primo pilastro, ma gli Stati membri stanno promuovendo anche le pensioni private. Gli Stati membri hanno inserito forti elementi ridistributivi nei sistemi pensionistici del primo pilastro, in particolare sotto forma di pensioni minime garantite o di crediti per i periodi privi di un reddito che faccia maturare diritti a pensione (ad esempio disoccupazione, congedo parentale, ecc.). Queste misure hanno contribuito a ridurre le differenze di reddito tra pensionati, spesso più accentuate che tra la popolazione nel suo complesso. La maggiore dipendenza dalle pensioni professionali, spesso sostenute da contratti collettivi, e la presenza di regimi pensionistici pubblici con solide componenti di solidarietà e con un forte legame tra contributi e prestazioni serviranno a promuovere l'adeguatezza delle pensioni e l'equità tra le generazioni. Sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici Negli ultimi anni, gli Stati membri hanno riconosciuto l'urgenza di conseguire la stabilità finanziaria dei sistemi pensionistici in considerazione della limitata finestra di opportunità disponibile prima che si comincino a sentire gli effetti dell'invecchiamento demografico. A questo proposito, le strategie degli Stati membri hanno ampiamente adottato un approccio che prevede l'aumento dei tassi di occupazione, la riduzione del debito pubblico e la riforma dei sistemi pensionistici, e che è anche alla base degli Orientamenti generali di politica economica. Per tutti gli Stati membri le misure volte ad aumentare i tassi di occupazione sono un elemento importante delle rispettive strategie a lungo termine mirate alla sostenibilità delle pensioni. Grazie all'aumento dei tassi di occupazione, un maggior numero di lavoratori possono contribuire a finanziare le prestazioni e quindi a mantenere le pensioni a livelli adeguati. Le proiezioni sulla spesa pensionistica pubblica [1] indicano che, se si realizzassero gli obiettivi di occupazione stabiliti a Lisbona, con una crescita costante dell'occupazione oltre il 2010 l'aumento della spesa pensionistica pubblica in percentuale sul PIL si potrebbe ridurre di circa un terzo nel 2050, rispetto allo scenario di base delle attuali politiche. Ne consegue che il solo aumento dei tassi di occupazione non risolverà il problema della sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici. [1] Effettuate dagli Stati membri nel 2001 sotto gli auspici del comitato di politica economica. Attualmente la maggior parte degli europei si ritira dal lavoro prima di raggiungere l'età di pensionamento obbligatoria. Se si potesse innalzare di un anno l'età di pensionamento effettiva senza aumentare i diritti a pensione maturati, l'atteso incremento della spesa pensionistica nel 2050 risulterebbe ridotto dello 0,6-1% del PIL. Ciò significa che aumentando di un solo anno l'età di pensionamento effettiva si assorbirebbe il 20% circa dell'incremento atteso della spesa pensionistica nel 2050. Gli Stati membri hanno dichiarato il loro impegno a ritardare la riscossione anticipata delle pensioni e stanno riformando i sistemi di pensionamento anticipato e le politiche sul mercato del lavoro. Tuttavia, in molti casi il ritmo delle riforme è più lento di quello necessario per realizzare gli obiettivi di Stoccolma e Barcellona in merito al tasso di occupazione dei lavoratori anziani (50% entro il 2010 rispetto all'attuale 38,5%) e all'innalzamento dell'età di pensionamento effettiva (cinque anni entro il 2010). Alcuni Stati membri hanno già varato, o stanno mettendo in atto, delle strategie globali per garantire la sostenibilità dei sistemi pensionistici e delle finanze pubbliche, in linea con la triplice strategia contenuta negli Orientamenti generali di politica economica. Tuttavia, la maggior parte degli Stati membri prevedono consistenti aumenti della spesa pensionistica pubblica e per di più alcuni paesi sono ancora frenati da un elevato indice di indebitamento e dalla necessità di risanare il bilancio. Occorrono riforme aggiuntive in tutte e tre i settori, in particolare ulteriori misure di riforma delle pensioni negli Stati membri che non hanno ancora provveduto a salvaguardare la sostenibilità a lungo termine dei sistemi pensionistici. Gli Stati membri sono consapevoli del fatto che, a causa dell'elevato onere finanziario dato dal rapido deterioramento degli indici di dipendenza, sarà messa a rischio l'equità tra generazioni. Al fine di prevenire effetti negativi sull'occupazione, sarebbe opportuno evitare l'aumento del carico fiscale complessivo, in particolare sul lavoro, e perseguire un equilibrio sostenibile tra le imposte sul lavoro da un lato e altre forme di tassazione, ivi comprese le imposte sul capitale, dall'altro. Sono numerosi gli Stati membri che si sono preparati ad affrontare le conseguenze dell'invecchiamento della generazione del boom demografico sui sistemi pensionistici istituendo dei fondi di riserva nei regimi pensionistici pubblici, nell'intento di evitare forti aumenti delle aliquote di contribuzione. Molti Stati membri hanno anche promosso migliori opportunità di accesso a pensioni integrative private e al finanziamento privato, riducendo così le pressioni ad aumentare la spesa pubblica. Alcuni paesi hanno trasformato i propri sistemi pensionistici pubblici in sistemi figurativi a contribuzione definita, nell'intento di stabilizzare le aliquote di contribuzione tra le generazioni e di offrire maggiori incentivi al lavoro, contribuendo così al conseguimento dell'obiettivo di aumentare i tassi di occupazione. La sostenibilità finanziaria delle pensioni a capitalizzazione dipende da una valida gestione dei fondi e dall'andamento dei mercati finanziari. I rischi per i sistemi a capitalizzazione si possono ridurre in larga misure grazie a una efficace supervisione e a una gestione prudente del patrimonio. La direttiva sugli enti pensionistici professionali attualmente in discussione presso il Consiglio e il Parlamento europeo sarà un importante passo avanti in proposito. Modernizzazione dei sistemi pensionistici I regimi obbligatori in linea di massima sono in grado di rispondere bene alla sfida di corrispondere una pensione ai lavoratori atipici (a tempo parziale, temporanei, autonomi) e mobili. Per contro, la situazione dei regimi del secondo pilastro non si può ancora considerare soddisfacente: i lavoratori atipici continuano a essere discriminati nei regimi professionali e in molti Stati membri chi cambia frequentemente lavoro tende a concludere la carriera maturando meno diritti a pensione rispetto ai lavoratori che rimangono con lo stesso datore di lavoro. Gli Stati membri stanno gradualmente adeguando i sistemi pensionistici all'evoluzione del ruolo sociale ed economico di uomini e donne e tendono ad adottare nuove norme intese ad agevolare entrambi i genitori nel conciliare le responsabilità famigliari con il lavoro. Tuttavia, nonostante queste misure e la maggiore partecipazione femminile alla forza lavoro, persisteranno ancora per molto tempo notevoli differenze tra le pensioni delle donne e degli uomini. Infine, nella maggior parte degli Stati membri si sono prese misure per migliorare la trasparenza dei sistemi pensionistici, nel complesso e per quanto riguarda i diritti individuali. Inoltre, si riconosce l'importanza della creazione del consenso per lo sviluppo e la riforma dei sistemi pensionistici. Valutazione generale Dalla prima valutazione globale dei sistemi pensionistici e delle politiche previdenziali a livello comunitario emerge che gli Stati membri si stanno muovendo verso regimi pensionistici finanziariamente sostenibili che in futuro saranno in grado di fornire pensioni adeguate, in particolare nel momento di accelerazione dell'invecchiamento della popolazione. Gli Stati membri sono pienamente consapevoli dell'interdipendenza tra sostenibilità finanziaria e adeguatezza nel contesto di una società che invecchia: la sostenibilità finanziaria dei regimi previdenziali è un presupposto indispensabile per fornire pensioni adeguate in futuro, mentre la garanzia dell'adeguatezza è una condizione fondamentale per ottenere il sostegno politico per le necessarie riforme dei sistemi pensionistici. La relazioni strategiche nazionali presentano un'ampia gamma di sviluppi positivi in merito agli obiettivi comuni. Benché siano state le sfide finanziarie a dare il maggiore impulso alle riforme, gli Stati membri hanno avuto cura di non indebolire gli obiettivi sociali dei rispettivi sistemi pensionistici e si stanno impegnando per adeguarli all'evoluzione delle esigenze sociali. L'equilibrio tra preoccupazioni sociali e finanziarie è la chiave per il successo politico delle riforme previdenziali. Tutti gli Stati membri hanno varato un processo di riforma e nel corso degli anni '90 una serie di paesi hanno attuato riforme importanti, in alcuni casi addirittura radicali. Ciononostante, un gran numero di paesi riconosce l'esigenza di ulteriori interventi di riforma, al fine di salvaguardare la sostenibilità dei regimi pensionistici nel lungo periodo e la solidità delle finanze pubbliche. Occorre mantenere lo slancio del processo di riforma per garantire la sostenibilità di pensioni adeguate. Queste riforme andrebbero considerate nel contesto delle azioni coordinate degli Stati membri per l'attuazione della strategia di crescita definita al vertice di Lisbona, che comprende riforme strutturali e fiscali e investimenti pubblici più efficaci e produttivi. In molti Stati membri, con le attuali politiche si profilano aumenti molto elevati della spesa pensionistica, ma non si sono ancora prese le misure necessarie per far fronte a queste sfide finanziarie senza pregiudicare l'adeguatezza delle pensioni. Un aspetto particolarmente importante sarà il miglioramento degli incentivi per indurre i lavoratori anziani a restare più a lungo sul mercato del lavoro, segnatamente rafforzando il legame tra contributi e prestazioni. Inoltre, è possibile consolidare la base finanziaria dei sistemi pensionistici aumentando i finanziamenti pubblici e privati. Infine, la futura adeguatezza dipende anche dalla capacità dei regimi pensionistici di adattarsi a forme di occupazione e modelli professionali più flessibili e all'evoluzione del ruolo degli uomini e delle donne nella società. In molti Stati membri l'invecchiamento comincerà a far sentire i suoi effetti sui sistemi pensionistici nei prossimi dieci anni. E' quindi urgente mettere in atto strategie credibili ed efficaci e fornire ai cittadini indicazioni chiare in merito a quello che possono aspettarsi dai sistemi pensionistici e a quello che devono fare per garantirsi un tenore di vita adeguato dopo il pensionamento. 1. Introduzione Numerosi Consigli europei hanno messo in rilievo la sfida dell'invecchiamento demografico e in particolare le sue implicazioni per il mantenimento di pensioni adeguate e sostenibili. Il Consiglio di Lisbona (2000) ha sottolineato la necessità di "uno studio sulla futura evoluzione della protezione sociale in un'ottica di lungo periodo, ponendo in particolare risalto la sostenibilità dei sistemi pensionistici in contesti temporali diversi sino al 2020 e oltre, se necessario". Successivamente il Consiglio di G(teborg (2001) ha approvato i tre grandi principi per la modernizzazione dei sistemi pensionistici: "tutelare la capacità dei sistemi di conseguire gli obiettivi sociali prefissi, mantenere la sostenibilità finanziaria e soddisfare le esigenze societali che cambiano". Una relazione congiunta [2] del comitato per la protezione sociale e del comitato di politica economica presentata al Consiglio europeo di Laeken (dicembre 2001) invoca l'utilizzo del metodo di coordinamento aperto nel settore delle pensioni "per aiutare gli Stati membri a formulare progressivamente le loro politiche al fine di salvaguardare l'adeguatezza delle pensioni mantenendone la sostenibilità finanziaria e affrontando le sfide delle esigenze sociali che cambiano". La relazione elenca undici obiettivi comuni nel quadro dei tre principi approvati a G(teborg. [2] Qualità e sostenibilità delle pensioni - Relazione congiunta sugli obiettivi e i metodi di lavoro nel settore delle pensioni Infine, il Consiglio di Barcellona (2002) esorta "ad accelerare la riforma dei sistemi pensionistici per garantire che essi siano finanziariamente sostenibili i conseguano i loro obiettivi sociali" e in tale contesto "sottolinea l'importanza della relazione congiunta della Commissione e del Consiglio sulle pensioni, da presentare al Consiglio europeo di primavera 2003, e da elaborare sulla scorta delle relazioni sulle strategie nazionali attese per settembre 2002". Ai fini di quest'ultima relazione, nel settembre 2002 gli Stati membri hanno presentato le relazioni strategiche nazionali, nelle quali illustrano in dettaglio in che modo stanno cercando di conseguire gli undici obiettivi comuni. Dalle relazioni emerge che gli Stati membri hanno già adottato svariate misure per realizzare gli undici obiettivi e stanno procedendo nella direzione intrapresa. Per quanto concerne l'obiettivo della sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici, gli Stati membri hanno fatto riferimento alla triplice strategia formulata al Consiglio di Stoccolma per affrontare le implicazioni di bilancio dell'invecchiamento demografico e in seguito inserita negli Orientamenti generali di politica economica 2002. Le tre componenti della strategia sono le seguenti: aumento dei tassi di occupazione, riduzione del debito pubblico e riforma dei sistemi pensionistici. L'intento è quello di contenere le pressioni sulle finanze pubbliche e di fornire ai sistemi pensionistici una solida base finanziaria. Le misure prese dagli Stati membri comprendono, in particolare, la limitazione del ricorso al pensionamento anticipato, l'aumento degli incentivi al prolungamento della vita lavorativa e al pensionamento posticipato e l'incremento dei futuri margini di bilancio grazie alla riduzione del debito pubblico o alla costituzione di fondi di riserva nei sistemi pensionistici pubblici. La responsabilità di strutturare e gestire i sistemi pensionistici spetta agli Stati membri, conformemente al principio di sussidiarietà. Pur non intendendo modificare questa impostazione, è ormai opinione diffusa che l'adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi pensionistici presentino implicazioni che vanno oltre i confini nazionali. Quest'idea è stata accettata innanzitutto nei settori della politica economica e delle finanze pubbliche: la stabilità della moneta comune dipende dalla presenza di valide politiche fiscali. L'invecchiamento della popolazione rappresenta una sfida importante per le finanze pubbliche, poiché circa un decimo del PIL dell'UE attualmente è destinato alla spesa pubblica previdenziale. Tuttavia, l'invecchiamento della popolazione può compromettere anche la capacità dei sistemi pensionistici di conseguire i loro obiettivi sociali, in particolare di fornire un reddito equo e adeguato agli anziani e prevenire la povertà nella vecchiaia. In un'ottica europea è importante anche garantire che il numero crescente di lavoratori migranti che hanno maturato diritti alla pensione in diversi Stati membri abbiano la garanzia di ricevere le prestazioni promesse e non siano costretti a rivolgersi all'assistenza sociale nel paese di residenza. Come stabilito dai Consigli europei di Stoccolma e Barcellona, l'impatto sulle finanze pubbliche dell'aumento della spesa legata all'invecchiamento viene valutato nel quadro dei programmi di stabilità e convergenza. Ogni anno, gli Stati membri presentano i rispettivi programmi di stabilità e convergenza che definiscono gli obiettivi da perseguire ai fini della sostenibilità delle finanze pubbliche nel lungo periodo. Inoltre, il Consiglio europeo di Laeken, che ha approvato i metodi di lavoro e gli obiettivi comuni del metodo di coordinamento aperto nel settore delle pensioni, dichiara che quest'ultimo processo "si affianca a una serie di processi UE ben funzionanti che nell'ambito di un mandato più ampio trattano anche aspetti delle politiche pensionistiche". Inoltre, auspica che questo processo "non muti le rispettive responsabilità dei politici a livello europeo e nazionale". Il metodo di coordinamento aperto varato al Consiglio europeo di Laeken istituisce un quadro integrato che terrà conto delle attività di coordinamento politico già esistenti in altri settori (in particolare politica economica, finanze pubbliche e occupazione) e con i suoi risultati contribuirà all'ulteriore sviluppo di tali altri processi. Un notevole vantaggio di questa nuova impostazione sarà quello di promuovere l'apprendimento reciproco. Gli Stati membri devono confrontarsi con molti problemi simili, prima fra tutti la sfida comune dell'invecchiamento demografico. Lungi dall'imporre costrizioni ai responsabili delle politiche nazionali, il metodo di coordinamento aperto servirà ad aumentare la capacità di valutare i risultati relativi dei singoli Stati e a promuovere la consapevolezza delle possibili alternative politiche, comprendendone meglio vantaggi e problemi. La presente relazione è la prima analisi organica delle strategie nazionali in materia di pensioni, che illustra in che modo gli Stati membri stanno rispondendo alla sfida dell'invecchiamento demografico, tenendo conto dei tre grandi obiettivi dell'adeguatezza, della sostenibilità e della modernizzazione. 2. La sfida dell'invecchiamento della popolazione: tendenze demografiche e percezioni dei cittadini 2.2 Invecchiamento demografico Nei prossimi decenni, l'UE dovrà affrontare una consistente accelerazione dell'invecchiamento demografico, dovuta a tre fattori principali: (i) l'età del pensionamento della generazione del boom demografico, (ii) il costante aumento della speranza di vita e (iii) il calo della fertilità a partire dagli anni '70. Il primo di questi fattori creerà uno squilibrio demografico temporaneo, mentre gli effetti degli altri due fattori sono costanti, Tuttavia, la combinazione dei tre fattori porrà una notevole sfida finanziaria ai sistemi pensionistici nei prossimi decenni, quando il numero dei pensionati aumenterà rapidamente a fronte di una diminuzione della popolazione in età lavorativa. Esiste il rischio che il conseguente aumento dell'indice di dipendenza degli anziani in futuro rappresenti un onere finanziario insostenibile per la popolazione attiva, e nel contempo influisca negativamente sul potenziale di crescita economica dell'Europa. Si prevede che entro il 2050 gli europei vivranno almeno quattro-cinque anni più a lungo rispetto a oggi (cfr. grafico 1 che segue). Attualmente, la speranza di vita a 65 anni è circa 15 ½ anni per gli uomini e 19 ½ per le donne: con un prolungamento di 5 anni i costi per fornire lo stesso livello di pensioni aumenteranno del 25-30%. Ma questa è solo la metà della sfida demografica alla quale si deve preparare l'Europa. L'altro fenomeno rilevante deriva dal fatto che la generazione del "baby boom", nata nel secondo dopoguerra, raggiungerà l'età pensionabile, mentre le generazioni successive sono molto meno numerose in conseguenza del calo delle nascite. Questa situazione è ben illustrata dalla piramide della popolazione europea (cfr. grafico 2) dove la fascia di età tra 35 e 55 anni attualmente è molto consistente. Nei prossimi 10-15 anni, questa ampia fetta della popolazione comincerà a ritirarsi dalla vita lavorativa e a percepire la pensione. Grafico 1 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> Fonte: EUROSTAT, Proiezioni demografiche - Scenario base Grafico 2 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> Fonte: EUROSTAT, Proiezioni demografiche - Scenario base L'effetto combinato di fattori quali il pensionamento di una moltitudine di persone e l'aumento della speranza di vita farà raddoppiare l'indice di dipendenza degli anziani, ossia il numero di pensionati (ultrasessantacinquenni) in rapporto alla popolazione in età lavorativa (15-64 anni). Nel 2000, gli ultrasessantacinquenni rappresentavano circa un quarto della popolazione in età lavorativa; nel 2050 sfioreranno il 50%. Grafico 3 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> a) Numero di persone di età pari o superiore a 65 anni in percentuale sul numero di persone tra 15 e 64 anni. Fonte: EUROSTAT, Proiezioni demografiche - Scenario base Nel marzo 2001 il Consiglio europeo di Stoccolma ha affrontato il problema della sfida demografica di una popolazione che invecchia, nella quale le persone in età lavorativa rappresenteranno una percentuale ridotta del totale, e ha sottolineato che "il numero di donne e uomini pensionati aumenterà rapidamente, mentre la percentuale di popolazione in età lavorativa inizierà a diminuire entro il 2010. Questo creerà pressioni considerevoli sui sistemi previdenziali, in particolare sulle pensioni e sui sistemi di assistenza sanitaria e di assistenza agli anziani. [3] L'Unione e gli Stati membri si stanno adoperando attraverso la definizione di nuove impostazioni (...) Il prossimo decennio offre l'opportunità di affrontare la sfida demografica aumentando i tassi di occupazione, riducendo il debito pubblico e adeguando i sistemi di protezione sociale, inclusi i regimi pensionistici." [3] La Commissione prenderà in esame gli aspetti dell'accessibilità, della sostenibilità finanziaria e della qualità dell'assistenza sanitaria e a lungo termine agli anziani in una comunicazione separata. 2.3 Percezioni dei cittadini Le potenziali ripercussioni di questa evoluzione demografica sui sistemi pensionistici e sulle finanze pubbliche in generale sono fonte di forti preoccupazioni in tutti gli Stati membri. La consapevolezza del problema è aumentata in tutti i paesi, sia tra i politici che tra i cittadini, come dimostrano i risultati dell'indagine Eurobarometro condotta dalla Commissione nell'autunno del 2001 (cfr. grafico che segue). [4] [4] La Commissione ha annunciato l'intenzione di effettuare un'indagine sulle pensioni e sulla relativa riforma nella sua Comunicazione dell'11.10.2000 circa "La futura evoluzione della protezione sociale nel lungo periodo: pensioni sicure e sostenibili" (COM(2000) 622 def.). L'intento era quello di valutare la consapevolezza e le aspettative dei cittadini in merito alla modernizzazione dei sistemi pensionistici. In questa sezione viene presentata solo una selezione limitata dei risultati, di particolare rilevanza nel contesto della presente relazione. E' imminente un'analisi più generale dei risultati. Le domande sono state poste a campioni rappresentativi della popolazione a partire dai 15 anni di età in ogni Stato membro. Il normale campione nelle indagini standard Eurobarometro è di 1000 persone per paese, salvo Lussemburgo (600) e Regno Unito (1000 in Gran Bretagna e 300 nell'Irlanda del nord). Grafico 4 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> La consapevolezza di queste sfide demografiche, viste come un problema soprattutto per i regimi pensionistici pubblici, probabilmente induce molti europei a farsi un'opinione piuttosto pessimistica delle future pensioni statali. La maggioranza degli europei prevede di avere qualche difficoltà a tirare avanti con la pensione statale, e una larga percentuale non ha le idee chiare su cosa aspettarsi. Quasi il 30% degli intervistati ha risposto "Non so". Grafico 5 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> I risultati rispecchiano qualche dubbio sulla futura sostenibilità finanziaria dei regimi pensionistici obbligatori e una mancanza di fiducia nelle politiche governative, ma anche, almeno in alcuni paesi, una certa confusione su che cosa s'intende per "pensione statale". In ogni caso, emerge un atteggiamento piuttosto fiducioso in merito alla situazione finanziaria dopo il pensionamento, che non dipende solo dal reddito derivante da diversi regimi pensionistici, ma anche da altri fattori quali i risparmi accumulati e la proprietà dell'abitazione. Dalle risposte alla domanda più generale sulla probabile situazione personale dopo il pensionamento emerge che circa il 20% degli europei sono preoccupati, mentre più del 60% si dichiarano fiduciosi. I livelli più elevati di fiducia si riscontrano nei paesi nordici. E' interessante anche notare che meno persone hanno risposto "Non so" a questa domanda sulla loro situazione generale dopo il pensionamento. Grafico 6 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> Una risposta politica ovvia all'aumento della speranza di vita sarebbe l'innalzamento dell'età di pensionamento, affinché l'equilibrio tra gli anni lavorativi e gli anni di pensionamento rimanga invariato. In questo modo sarebbe possibile mantenere le pensioni a livelli adeguati senza dover aumentare le aliquote di contribuzione o di imposizione per finanziare i regimi pensionistici. E' probabile che non sia necessario innalzare l'età pensionabile obbligatoria, tipicamente di 65 anni nella maggior parte degli Stati membri. In pratica, solo una minoranza delle persone lavora fino al raggiungimento dell'età pensionabile obbligatoria. La maggior parte degli europei intendono ritirarsi dal lavoro tra i 56 e i 60 anni, e molto pochi prevedono di lavorare ancora dopo i 65 anni (cfr. grafico 7). Grafico 7 A che età intendete andare in pensione? >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> Il cambiamento degli atteggiamenti nei confronti del pensionamento sarà una grossa sfida per i politici. E' chiaro che l'innalzamento dell'età pensionabile obbligatoria non sarà una risposta politica popolare alla sfida dell'invecchiamento demografico: meno di un quarto degli europei appoggerebbero una simile decisione (cfr. grafico 8). Grafico 8 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> Tuttavia, pur mantenendo la normale età di pensionamento attuale è comunque possibile elevare l'età dell'effettiva uscita dal mercato del lavoro, avvicinandola all'età pensionabile obbligatoria. Inoltre, vale la pena notare che l'età media di pensionamento era più alta negli anni '60 rispetto ad oggi, anche se a quell'epoca la speranza di vita a 65 anni era molto più bassa e lo stato di salute dei sessantacinquenni era meno buono rispetto ad oggi e alla probabile situazione nei prossimi decenni. L'innalzamento dell'età effettiva di pensionamento impone di inserire nei regimi pensionistici degli incentivi a prolungare la partecipazione alla forza lavoro, ad esempio rafforzando il legame attuariale tra contributi e prestazioni, un'idea che, almeno in linea di principio, è accolta favorevolmente dall'opinione pubblica (cfr. grafico 9). Grafico 9 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> L'opinione che i lavoratori più anziani dovrebbero lasciare spazio ai più giovani e ai disoccupati è ancora ampiamente diffusa. L'idea sbagliata della "massa di lavoro", ossia l'ipotesi che esista un dato numero di posti di lavoro da suddividere nel modo più equo possibile, appare ancora profondamente radicata nell'opinione pubblica. Ma non è così dappertutto. In Danimarca, nei Paesi Bassi, nel Regno Unito e in Irlanda, dove la consapevolezza dell'opinione pubblica in merito alle discriminazioni basate sull'età recentemente è aumentata grazie ad ampi dibattiti e a campagne di sensibilizzazione di agenzie governative, la maggioranza è in netto disaccordo con quanto affermato sopra. Poiché non è passato molto tempo da quando le convinzioni generali in questi paesi erano simili all'idea attualmente sostenuta dalla maggioranza, sembrerebbe che le opinioni si possano evolvere e modificare dopo aver tenuto per un certo periodo continui dibattiti sull'argomento in questione. Grafico 10 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> La maggioranza degli europei inoltre pensa ancora che il pensionamento dovrebbe essere obbligatorio a una data età, ma anche in questo caso le opinioni variano in misura considerevole tra gli Stati membri. Il caso dell'Italia è interessante: appare evidente un forte sostegno per il pensionamento obbligatorio, che tuttavia non impedisce al governo di introdurre (per un periodo transitorio) un sistema altamente flessibile, dove i singoli godono di un ampio margine di libertà nel decidere quando ritirarsi e possono determinare il livello della propria pensione scegliendo il momento del pensionamento. Grafico 11 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> Quello di accumulare ulteriori diritti a pensione posticipando il pensionamento può essere un modo efficace di garantire che le prestazioni pensionistiche restino adeguate in un contesto dove i tassi di sostituzione si stanno riducendo in conseguenza di un equilibrio meno favorevole tra la popolazione attiva e i pensionati. Tuttavia quest'idea, già attuata in alcuni sistemi pensionistici riformati, non trova ancora ampio consenso nell'opinione pubblica (cfr. grafico 12). Grafico 12 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> L'idea che ai pensionati dovrebbe essere permesso di aggiungere un altro reddito alla pensione - un'altra soluzione per incoraggiare i lavoratori anziani a restare sul mercato del lavoro e per garantire ai pensionati un tenore di vita migliore - è maggiormente accettata, ma una percentuale considerevole di europei sono ancora convinti che non dovrebbe essere possibile combinare il reddito da lavoro con una pensione (grafico 13). Grafico 13 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> I risultati delle indagini Eurobarometro indicano che in molti Stati membri l'opinione pubblica è rimasta indietro rispetto a un processo di riforma già ben avviato. Quindi, è da considerarsi prioritaria una maggiore sensibilizzazione in merito a quali misure di riforma sono necessarie e a quali possono essere i vantaggi per lavoratori anziani, contribuenti e pensionati, in particolare per quanto concerne il collegamento tra occupazione e regimi pensionistici. 3. Adeguatezza delle pensioni I sistemi pensionistici sono una delle maggiori conquiste sociali del nostro tempo. Sono serviti a ridurre il rischio della povertà tra gli anziani, in misura tale che spesso il rischio di povertà è minore per gli anziani che per i giovani. I sistemi pensionistici sono anche un elemento importante delle economie moderne, in quando rendono gli anziani economicamente indipendenti dai loro discendenti, consentendo alla popolazione in età lavorativa una mobilità maggiore di quanta ne avrebbero se vivessero in nuclei famigliari tradizionali a tre generazioni. La maggior parte delle persone possono godere della pensione ad un'età in cui sono ancora in forma e in buona salute. Quindi il pensionamento è considerato una ricompensa importante al termine della vita lavorativa, che consente alle persone di avviare nuovi progetti e di cambiare stile di vita. Nonostante differiscano notevolmente nei diversi Stati membri, tutti i sistemi pensionistici perseguono obiettivi sociali analoghi, come descritto nella relazione congiunta presentata a Laeken sulla qualità e sostenibilità delle pensioni: prevenire la povertà tra gli anziani; consentire in misura ragionevole il mantenimento di un tenore di vita invariato dopo il pensionamento: promuovere la solidarietà all'interno della stessa generazione e tra generazioni diverse. 3.2 Obiettivo 1: prevenire l'esclusione sociale Garantire che gli anziani non siano soggetti al rischio della povertà e possano godere di un tenore di vita decente, condividere il benessere economico del loro paese e partecipare attivamente alla vita pubblica, sociale e culturale [5]. [5] A questo proposito, si dovrebbe tenere conto di sussidi e vantaggi fiscali diversi dalle pensioni, se del caso. 3.1.1. Pensioni minime garantite Una caratteristica importante dei sistemi previdenziali europei è l'esistenza di disposizioni volte a garantire l'erogazione di un livello minimo di risorse. Nel caso delle persone in età lavorativa, può esistere il problema dell'interazione tra prestazioni assistenziali soggette all'accertamento delle condizioni economiche e gli incentivi al lavoro. Nel caso delle persone sopra l'età pensionabile il problema non sussiste. Inoltre, è sicuramente più accettabile l'idea che siano gli anziani a ricevere un reddito garantito dallo stato piuttosto che i giovani, che potrebbero guadagnarsi da vivere lavorando. Di conseguenza, in genere gli anziani godono di un livello di protezione minima migliore rispetto alle persone in età lavorativa. Danimarca e Paesi Bassi prevedono una pensione forfetaria universale non soggetta all'accertamento delle condizioni economiche, collegata al reddito (indirettamente nel caso dei Paesi Bassi), per tutte le persone che siano state residenti nel paese in età lavorativa. Il nuovo regime pensionistico svedese prevede una pensione garantita soggetta esclusivamente all'accertamento del reddito derivante dal sistema pensionistico obbligatorio basato sul reddito. In altri paesi, è probabile l'applicazione di accertamenti più severi delle condizioni economiche per l'erogazione dei sussidi studiati per portare i redditi al livello minimo garantito. Tuttavia, gli accertamenti generali delle condizioni economiche possono avere l'effetto di disincentivare il risparmio personale in vista del pensionamento. Il Regno Unito cerca di ovviare al problema con il nuovo "credito pensionistico", un diritto soggetto all'accertamento delle condizioni economiche che consente ai beneficiari di combinare il reddito da pensione con un sussidio definito in base alle condizioni economiche, in modo da far aumentare il reddito sopra il minimo garantito. E' importante notare la natura sussidiaria di molti di questi regimi. In generale, i sistemi pensionistici sono studiati per prevenire la povertà tra gli anziani, piuttosto che per alleviarla, garantendo che tutti maturino sufficienti diritti a prestazioni pubbliche e/o private per mantenersi finanziariamente indipendenti dai parenti o dall'assistenza sociale pubblica. In genere le pensioni minime garantite fungono da ammortizzatore sociale per le persone con carriere professionali incomplete (ad es. donne, immigrati) o redditi molto bassi. Germania e Francia sottolineano che il numero dei beneficiari di pensioni minime si è ridotto sostanzialmente negli ultimi decenni in conseguenza del computo più favorevole dei diritti alla pensione maturati nell'ambito del sistema pensionistico. Grecia e Italia segnalano una tendenza opposta, dovuta all'innalzamento degli importi minimi. La tabella 1 illustra le varie misure adottate negli Stati membri a garanzia di un reddito minimo; tuttavia, le diverse modalità di applicazione di tali meccanismi rendono difficile un confronto, a volte anche all'interno di uno stesso paese. In alcuni paesi, il reddito minimo garantito prende la forma di un sussidio forfetario corrisposto dopo aver completato il periodo di contribuzione (UK, IRL) o sulla base della residenza (NL, DK). La maggioranza degli Stati membri offre la possibilità di pagamenti integrativi per portare la pensione basata sul reddito a un determinato livello minimo. Di solito questi meccanismi sono sufficienti per garantire un minimo adeguato, salvo per le persone che non hanno completato il periodo di contribuzione o con un periodo di residenza troppo breve nel paese. In questi casi sono disponibili forme di assistenza sociale per i meno abbienti. Tabella 1: Reddito minimo garantito per gli anziani >SPAZIO PER TABELLA> 3.1.2. Il rischio della povertà tra gli anziani Molti di questi meccanismi sono stati introdotti solo di recente o sono in fase di introduzione. Inoltre, molti Stati membri segnalano misure prese di recente per aumentare i livelli minimi di protezione degli anziani, fatto di cui occorre tenere conto nell'analizzare i risultati del Gruppo "nuclei famigliari" della Comunità europea (ECHP), poiché gli ultimi dati disponibili rispecchiano la situazione dei redditi nel 1998. I dati ECHP sui redditi omettono di considerare un elemento determinante del tenore di vita poiché non tengono conto della proprietà dell'abitazione (come rendita figurativa). I dati non coprono neppure l'ampia gamma di prestazioni in natura (ad esempio servizi sanitari e sociali, trasporto pubblico gratuito, prezzi ridotti per beni e servizi quali allacciamenti telefonici, energia, ecc.) disponibili a favore degli anziani in alcuni Stati membri. Inoltre, occorre tenere presente che i dati ECHP vengono valutati con riferimento a nuclei famigliari e in seguito individualizzati in base a una scala di equivalenza. [6] Quindi, i dati sul reddito basati sulle indicazioni ECHP non sono i singoli redditi di uomini e donne o di anziani e giovani, bensì una quota del reddito del nucleo famigliare dove vivono i singoli individui. Di conseguenza, i maggiori rischi di povertà per le donne, o i redditi medi inferiori, significano che le donne hanno maggiori probabilità di vivere in una famiglia a rischio di povertà o con un reddito famigliare più basso. I dati ECHP inoltre non coprono le persone che non vivono in abitazioni private ma, ad esempio, in case di cura. Infine, i rischi di povertà valutati con riferimento a una soglia di reddito (ad esempio 60% del reddito medio) forniscono un quadro incompleto della situazione. Un reddito minimo garantito appena superiore alla soglia darà percentuali molto basse di rischio di povertà, anche se l'effettiva situazione reddituale differisce solo marginalmente da quella derivante da un reddito minimo garantito leggermente inferiore alla soglia. Questo effetto può spiegare ad esempio il grande divario rilevato in numerosi Stati membri tra la percentuale di persone appartenenti a nuclei famigliari con meno del 60% del reddito medio e nuclei famigliari con meno del 50% del reddito medio (cfr. grafico 14). [6] Per maggiori dettagli, cfr. la nota metodologica sulle statistiche di riferimento nelle sintesi per paese allegate. I dati presentati nel grafico 14 mostrano che i rischi di povertà variano in misura considerevole a seconda del paese e di norma sono più elevati per le donne che per gli uomini. Tuttavia, il quadro può cambiare in misura sostanziale con l'introduzione di un nuovo reddito minimo garantito o un aumento del livello minimo. Un esempio potrebbe essere il caso del Regno Unito, dove il nuovo credito pensionistico consentirà di compiere progressi significativi verso l'eliminazione della povertà tra i pensionati. Purtroppo però, gli effetti del miglioramento dei redditi minimi garantiti si potranno osservare solo in tempi piuttosto lunghi nei dati delle indagini europee sui redditi. Grafico 14 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> a) Cfr. nota metodologica alle statistiche di riferimento nelle sintesi per paese allegate. Fonte: ECHP-UDB, Eurostat, versione dicembre 2002. I dati per il Regno Unito sono provvisori. Le ponderazioni per i dati della Spagna saranno riviste. I dati per la Svezia coprono solo le persone di età inferiore a 85 anni; cfr. nota metodologica. Tabella 2: Rischio di povertà (% di persone sotto la linea di povertà) e livello di reddito degli ultrasessantacinquenni in percentuale sul reddito della popolazione tra 0 e 64 anni, 1998 (ECHP) >SPAZIO PER TABELLA> Per l'UE nel suo complesso, il rischio di povertà per gli anziani è risultato solo leggermente superiore a quello per la popolazione di età inferiore a 65 anni, soprattutto a causa dei redditi inferiori delle donne. Gli uomini ultrasessantacinquenni non sono più esposti al rischio di povertà degli uomini al di sotto dei 65 anni. Tuttavia, i dati 1998 indicano che il 17% circa della popolazione sopra i 65 anni è a rischio di povertà se si utilizza come soglia il 60% del reddito medio, mentre la percentuale scende a circa la metà se si utilizza come soglia il 50% del reddito medio. [7] Quindi gli anziani sono esposti a un rischio di povertà analogo alla popolazione nel suo complesso. [7] I 65 anni si possono considerare rappresentativi dell'età pensionabile obbligatoria nella maggior parte degli Stati membri. Tuttavia, in alcuni paesi la normale età di pensionamento è inferiore per le donne, o per uomini e donne (Francia: 60 anni). Inoltre, in pratica la maggior parte delle persone si ritirano dal lavoro prima di raggiungere l'età di 65 anni. Utilizzando come soglia i 60 anni si osserverebbe una riduzione del rischio di povertà e un aumento del tenore di vita relativo degli anziani. Grafico 15 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> a) Cfr. nota metodologica alle statistiche di riferimento nelle sintesi per paese allegate. Fonte: ECHP-UDB, Eurostat, versione Dicembre 2002. I dati per il Regno Unito sono provvisori. Le ponderazioni per i dati relativi alla Spagna saranno riviste. I dati per la Svezia coprono solo le persone di età inferiore a 85 anni; cfr. nota metodologica. Per i pensionati più anziani (a partire dai 75 anni) il rischio di povertà tende ad essere più elevato che per i pensionati più giovani. Questo può essere dovuto a diversi fattori: le fasce più anziane della popolazione possono aver maturato diritti a pensione inferiori (per aver lavorato in settori con prestazioni pensionistiche meno efficienti o nel quadro di una legislazione risultante in pensioni meno generose); l'inflazione può avere eroso il potere d'acquisto della pensione dal momento in cui è stata percepita per la prima volta; può essere aumentato il numero di vedove o vedovi che non beneficiano di prestazioni di reversibilità sufficienti a garantire lo stesso reddito equivalente. La maggioranza di questi pensionati sopra i 75 anni di età sono donne. Grafico 16 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> a) Cfr. nota metodologica alle statistiche di riferimento nelle sintesi per paese allegate. Fonte: ECHP-UDB, Eurostat, versione Dicembre 2002. I dati per il Regno Unito sono provvisori. Le ponderazioni per i dati relativi alla Spagna saranno riviste. I dati per la Svezia coprono solo le persone di età inferiore a 85 anni; cfr. nota metodologica. La futura necessità di questi redditi minimi garantiti, e il relativo costo, dipenderanno molto dalla possibilità, per i futuri pensionati, di maturare diritti alla pensione sufficienti a superare i livelli minimi garantiti nel quadro di sistemi pensionistici pubblici e privati. I cambiamenti strutturali nei paesi dell'Europa meridionale hanno avuto come conseguenza un aumento del numero di persone che completano lunghe carriere professionali con una buona copertura previdenziale. La maggiore partecipazione femminile alla forza lavoro risulterà in un aumento dei diritti individuali alla pensione per le donne. Infine, come verrà illustrato nel quadro dell'obiettivo 2 che segue, in molti paesi lo sviluppo dei regimi privati integrativi dovrebbe compensare il calo delle prestazioni pensionistiche pubbliche, in particolare in conseguenza dell'indicizzazione ai prezzi invece che ai redditi e di meccanismi automatici di adeguamento talvolta collegati al passaggio a sistemi a contribuzione definita. Nella maggior parte degli Stati membri si prevede che le pensioni minime garantite continueranno a svolgere un ruolo marginale e non riguarderanno una percentuale rilevante della popolazione dei pensionati. 3.1.3. Conclusioni: eliminare il rischio della povertà tra gli anziani Tutti gli Stati membri garantiscono un livello minimo di reddito agli anziani che per un qualsiasi motivo non hanno maturato autonomamente sufficienti diritti alla pensione. Nel 1998, gli anziani nell'UE in generale erano esposti più o meno allo stesso rischio di povertà della popolazione di età inferiore a 65 anni. In numerosi Stati membri però il rischio di povertà è notevolmente più elevato per gli anziani. Resta da vedere se nei prossimi anni le misure per migliorare le pensioni minime e le dinamiche dei sistemi pensionistici (più pensionati che completano la carriera, ecc.) consentiranno di ridurre il rischio di povertà. 3.3 Obiettivo 2: consentire il mantenimento di un tenore di vita adeguato Garantire che tutti i cittadini possano accedere a regimi pensionistici adeguati, pubblici o privati, onde maturare diritti alla pensione che consentano di mantenere, in misura ragionevole, lo stesso tenore di vita anche dopo il pensionamento. I regimi pensionistici non hanno il solo scopo di evitare agli anziani di vivere in povertà, ma dovrebbero anche essere strutturati in modo da consentire alle persone di mantenere, in misura ragionevole, il tenore di vita acquisito prima del pensionamento. [8] Gli Stati membri riconoscono questa necessità e per la maggior parte vi provvedono in misura significativa nel quadro dei regimi pensionistici obbligatori (basati sul reddito). Inoltre, promuovono anche la possibilità di beneficiare di prestazioni aggiuntive private nel quadro di regimi collettivi (secondo pilastro) o individuali (terzo pilastro), incoraggiando forme di risparmio a fini pensionistici, in particolare attraverso incentivi fiscali. [8] Normalmente sarebbe sufficiente un reddito più basso, poiché gli anziani tendono ad avere meno obblighi familiari, nessuna spesa relativa al lavoro e maggiori probabilità di essere i proprietari della loro abitazione. In genere gli Stati membri non hanno obiettivi espliciti per quanto concerne il livello del tenore di vita dopo il pensionamento rispetto alla situazione precedente. La Germania si impegna a garantire livelli di sostituzione del 67-68% nel 2030, nel quadro del primo pilastro per lavoratori con un reddito medio e 45 anni di contribuzione, ma si tratta di una cifra teorica e non necessariamente rappresentativa delle reali prestazioni pensionistiche. Recentemente, la Grecia ha adottato una legge intesa ad adeguare i tassi di sostituzione del sistema pensionistico primario al 70% per tutti i dipendenti, riducendo i tassi di sostituzione per le fasce più anziane e aumentando quelli per le fasce più giovani. La Finlandia si pone l'obiettivo di sostituire il 60% del reddito attraverso il regime obbligatorio, a prescindere dallo scaglione di reddito (livello massimo per una carriera completa di 40 anni). Questi esempi si riferiscono tutti al primo pilastro. Per quanto riguarda le prestazioni del secondo e terzo pilastro, talvolta gli obiettivi impliciti si possono dedurre dalla normativa fiscale. I contributi versati a regimi pensionistici sono deducibili dai redditi solo fino a un certo importo. Nei Paesi Bassi, la deduzione è limitata all'importo necessario per ottenere un livello di sostituzione lordo pari al 70% del reddito finale lordo percepito dopo 40 anni di lavoro. 3.1.4. Accesso a meccanismi studiati per consentire il mantenimento di un tenore di vita adeguato dopo il pensionamento Nella maggior parte degli Stati membri i regimi pensionistici obbligatori corrispondono pensioni basate sul reddito, contribuendo così a mantenere invariato il tenore di vita dopo il pensionamento. Le prestazioni fornite nel quadro di questi regimi si riferiscono ai redditi percepiti nel corso di un determinato numero di anni verso la fine della carriera professionale, ovvero progressivamente nel corso dell'intera vita lavorativa. In tre paesi membri (Danimarca, Irlanda e Paesi Bassi) i regimi obbligatori prevedono prevalentemente prestazioni forfetarie. Nel Regno Unito, oltre alla pensione forfetaria è stata introdotta la "seconda pensione statale", una pensione integrativa basata sul reddito rivolta in particolare alle persone a basso reddito. Gli altri possono decidere di optare per piani pensionistici privati, professionali o personali. In questi paesi, la capacità di mantenere invariato il tenore di vita dopo il pensionamento dipende in larga misura dall'accesso a pensioni private professionali o personali. L'aumento dei tassi di copertura dei regimi privati e l'offerta di prestazioni adeguate saranno quindi obiettivi importanti per i politici. La sola introduzione di incentivi fiscali non garantirà automaticamente la copertura totale, e molti Stati membri si affidano al sistema di contrattazione collettiva per migliorare la copertura. La tabella 3 che segue presenta una sintesi delle informazioni ricavate dalle relazioni nazionali in merito all'importanza delle prestazioni pensionistiche private, soprattutto attraverso i regimi professionali. Tabella 3: Accesso ai regimi pensionistici privati >SPAZIO PER TABELLA> Gli strumenti politici per promuovere le pensioni private sono gli incentivi fiscali, tipicamente secondo il modello di tassazione "EET" (contributi Esenti, reddito da investimenti Esente, prestazioni Tassate), il sostegno finanziario diretto sotto forma di sovvenzioni (introdotte ad esempio dalla recente riforma delle pensioni in Germania), o norme che rendano obbligatoria l'adesione a tali regimi. In molti Stati membri un ruolo particolarmente rilevante spetta ai sindacati e alle federazioni dei datori di lavoro. Nei Paesi Bassi, in Danimarca e in Svezia le parti sociali concludono contratti collettivi per pensioni professionali di categoria, con adesione obbligatoria. Di conseguenza, i tassi di copertura di questi regimi sono particolarmente elevati, fino al 91% dei dipendenti nel caso dei Paesi Bassi. Anche altri Paesi (Belgio, Germania, Spagna) stanno seguendo questa impostazione o si stanno preparando a farlo; l'Italia sta valutando se rendere obbligatoria la partecipazione a fondi privati . Grazie ai regimi obbligatori e ad accordi collettivi vincolanti, l'adesione a sistemi pensionistici che garantiscono livelli di sostituzione del reddito piuttosto elevati al termine di una carriera completa è obbligatoria per la maggioranza dei lavoratori nella maggior parte degli Stati membri. Solo in Irlanda non esistono prestazioni obbligatorie basate sul reddito, mentre i livelli delle pensioni basate sul reddito corrisposte dai regimi obbligatori sono relativamente bassi nel Regno Unito e in Belgio per le persone con redditi elevati. Nel Regno Unito, i dipendenti che non versano contributi al sistema previdenziale statale hanno l'obbligo di aderire a un piano pensionistico professionale o personale che soddisfi determinati requisiti. In Belgio il tasso di sostituzione è basso rispetto agli Stati membri con un sistema pensionistico basato sul reddito. Esistono timori in merito a possibili incompatibilità tra regimi pensionistici obbligatori di categoria e le norme europee sulla concorrenza. Questi regimi sono considerati alla stregua di imprese dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, che quindi valuta caso per caso se l'adesione obbligatoria è giustificata dagli scopi sociali. [9] Finora, le norme sulla concorrenza non hanno rappresentato un serio ostacolo allo sviluppo di regimi pensionistici obbligatori di categoria, ma i responsabili delle politiche nazionali possono aver bisogno di una maggiore certezza giuridica. [9] Cfr. in particolare la sentenza della Corte di Giustizia europea del 21 settembre 1999 nella cuasa C-67/96 (Albany International). I dipendenti possono avere facoltà di decidere se versare contributi a un sistema pensionistico aziendale o se aderire a un piano pensionistico personale completamente estraneo al rapporto di lavoro. Tuttavia, l'offerta di una pensione integrativa aziendale ha senso perché l'obiettivo in ultima analisi è quello di sostituire il reddito da lavoro. Normalmente, la stipulazione di assicurazioni collettive è anche più conveniente. Infine, la scelta del prodotto giusto per risparmiare in vista del pensionamento può essere estremamente difficile per la maggior parte dei consumatori. Regno Unito e Irlanda, due paesi con una tradizione di pensioni professionali volontarie, stanno cercando di affrontare i problemi della scarsa copertura e della complessità introducendo nuovi piani pensionistici, le cosiddette "pensioni integrative settoriali" nel Regno Unito e i "conti personali di accantonamento" in Irlanda. Entrambi gli strumenti sono volontari per i dipendenti, ma i datori di lavoro sono obbligati a renderli disponibili in assenza di un piano di pensionamento aziendale. Le prestazioni del terzo pilastro sono anche difficili da distinguere da altre iniziative individuali volte a garantire un tenore di vita adeguato dopo il pensionamento. In particolare, la proprietà di una casa fa una differenza significativa in termini di tenore di vita, ma purtroppo è un dato che non rientra ancora nell'indagine sui nuclei famigliari della Comunità europea (che non comprende l'affitto figurativo tra i redditi). Altri meccanismi che contribuiscono al mantenimento di un tenore di vita adeguato dopo il pensionamento comprendono l'assistenza sanitaria e a lungo termine, che acquista una crescente importanza con l'invecchiamento della popolazione, indennità di alloggio e agevolazioni quali trasporti pubblici gratuiti, esenzione dal canone televisivo, ecc. Anche il regime fiscale può fornire un contributo rilevante all'innalzamento del tenore di vita relativo degli anziani. I tassi di sostituzione al netto delle imposte sono superiori ai tassi di sostituzione lordi, grazie all'applicazione di aliquote fiscali progressive e di disposizioni speciali a favore di pensionati e anziani. Inoltre, i pensionati non sono tenuti a versare determinati contributi sociali. Se non si tiene conto di tutti questi fattori, non è possibile valutare se i livelli delle pensioni sono adeguati. I tassi di sostituzione lordi non sono quindi sufficienti per valutare l'adeguatezza di un sistema pensionistico. Tenendo presenti i limiti dei dati forniti dal gruppo "nuclei famigliari" della Comunità europea (ECHP) analizzati nel paragrafo precedente e nella sezione relativa al primo obiettivo, si può osservare che i redditi degli ultrasessantacinquenni non sono molto inferiori a quelli di contribuenti di età inferiore a 65 anni. In tutti i paesi esistono notevoli differenze tra uomini e donne, con un divario sorprendentemente ampio in Svezia, forse dovuto alla preferenza per le prestazioni individuali rispetto a quelle derivate (reversibilità). [10] Tuttavia, per l'interpretazione dei risultati occorre tener conto della tipologia del nucleo famigliare, poiché i dati ECHP coprono esclusivamente i redditi dei nuclei famigliari, e non dei singoli. [10] La perdita del partner provoca un netto calo del reddito del nucleo famigliare, se il reddito del partner non viene parzialmente sostituito da una pensione di reversibilità. Questo problema riguarda in particolare le donne anziane, che hanno maggiori probabilità degli uomini di sopravvivere al loro partner. Grafico 17 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> a) Cfr. nota metodologica alle statistiche di riferimento nelle sintesi per paese allegate. Fonte: ECHP-UDB, Eurostat, versione dicembre 2002. I dati per il Regno Unito sono provvisori. Le ponderazioni per i dati relativi alla Spagna saranno riviste. I dati per la Svezia coprono solo le persone di età inferiore a 85 anni; cfr. nota metodologica. 3.1.5. Probabile evoluzione dei tassi di sostituzione In futuro, i livelli delle pensioni in relazione al reddito (livelli di sostituzione del reddito) dipenderanno da numerosi fattori diversi. Le relazioni strategiche nazionali evidenziano una tendenza a rendere un po' meno "generosi" i regimi pensionistici pubblici, in conseguenza di una serie di aggiustamenti. Parecchi paesi hanno ampliato, o stanno ampliando, il profilo del reddito individuale su cui si basa il computo della pensione (ad esempio Francia, Spagna, Portogallo e Finlandia). Invece di basarsi sugli anni con i redditi più elevati, verso la fine della carriera, si prendono in considerazione i redditi percepiti nel corso di un periodo molto più lungo, o addirittura nell'arco di tutta la vita lavorativa. Ne consegue una riduzione dei livelli delle pensioni, in particolare se i redditi passati non vengono adeguati pienamente alla crescita dei salari (nominali). I livelli delle pensioni possono essere abbassati anche mediante aggiustamenti nella formula utilizzata per calcolare le prestazioni. Uno sviluppo significativo è stato l'introduzione di un fattore di aggiustamento demografico. Nei nuovi sistemi pensionistici svedese e italiano, l'aumento della speranza di vita farà abbassare il tasso di sostituzione, a meno che non si posticipi il pensionamento. Tra i paesi dove predominano le pensioni pubbliche forfetarie, Paesi Bassi e Danimarca si sono impegnati a mantenere il collegamento con i redditi medi, affinché il tasso di sostituzione rimanga invariato. Il Regno Unito garantisce il collegamento ai prezzi (con un minimo del 2,5%) per la pensione statale di base, mentre la prestazione minima soggetta ad accertamento delle condizioni economiche (credito pensionistico) è collegato al reddito. L'Irlanda si impegna ad aumentare la pensione minima sociale in misura sostanziale entro il 2007 e probabilmente aumenterà le pensioni di tipo contributivo per garantire che rimangano al di sopra delle pensioni sociali; di conseguenza, i tassi di sostituzione dovrebbero aumentare nel medio termine. Occorre operare una distinzione tra tassi di sostituzione teorici ed empirici. In alcuni paesi, i regimi pensionistici obbligatori basati sul reddito producono tassi di sostituzione molto elevati dopo una carriera lavorativa regolare. Tuttavia, in certi casi i livelli medi delle pensioni risultano bassi rispetto ai redditi attuali, poiché i sistemi pensionistici sono ancora in fase di maturazione, o in conseguenza di interruzioni nella carriera o di redditi non dichiarati in passato. Nei paesi dell'Europa meridionale, la modernizzazione dell'economia e i conseguenti cambiamenti nei modelli occupazionali produrrà un miglioramento nelle prestazioni previdenziali future. Anche l'aumento della partecipazione femminile alla forza lavoro in tutti gli Stati membri contribuirà ad aumentare le pensioni medie. Quindi, la tendenza ad adottare norme meno generose sulle prestazioni sarà compensata in misura significativa dagli effetti del prolungamento della vita lavorativa e dell'aumento dei redditi. Un modo importante di preservare l'adeguatezza delle pensioni obbligatorie sarà quello di consentire alle persone di accumulare ulteriori diritti a pensione lavorando più a lungo. In particolare, è il caso dei sistemi pensionistici svedese e italiano, che si stanno indirizzando verso la neutralità attuariale. La relazione italiana mostra che con 40 anni di lavoro e il pensionamento a 65 anni sarà possibile ottenere un tasso di sostituzione analogo a quello del lavoratore tipico attuale, che va in pensione dopo 35 anni di lavoro all'età di 60 anni. La Francia non intende innalzare l'età di pensionamento attuale (60 anni), ma il numero di anni di contribuzione necessari per ricevere la pensione massima è stato portato da 37 ½ a 40, una misura che imporrà a molti impiegati di prolungare la vita lavorativa, mentre gli operai (che cominciano a lavorare prima e tendono ad avere una speranza di vita inferiore) potranno continuare a ritirarsi dal lavoro a 60 anni. Benché in una serie di paesi siano state introdotte integrazioni alla pensione per posticipare il pensionamento, nella maggior parte degli Stati membri sono necessarie ulteriori riforme per consentire ai lavoratori di accumulare maggiori diritti a prestazioni pensionistiche lavorando più a lungo (cfr. obiettivo 5, che segue). Per quanto concerne le pensioni private, si può prevedere che il loro contributo ai redditi aumenterà nella maggior parte degli Stati membri, in considerazione del fatto che lo sviluppo di sistemi pensionistici professionali anche nei paesi con i tassi di copertura più elevati è ancora recente (secondo gli standard dei sistemi pensionistici). Quindi, è prevedibile che nei prossimi decenni il numero di pensionati che avranno completato il periodo di contribuzione aumenti in misura significativa . Le informazioni presentate nelle relazioni strategiche nazionali non consentono di operare confronti sistematici tra i livelli di sostituzione attuali o futuri negli Stati membri. Il sottogruppo "Indicatori" del comitato per la protezione sociale sta lavorando per cercare di calcolare i tassi di sostituzione e la relativa evoluzione a seguito delle riforme delle pensioni. Non è possibile valutare se la fiducia espressa nelle relazioni strategiche nazionali sia giustificata, poiché le proiezioni sui livelli futuri delle pensioni risultano difficili, alla luce delle ulteriori misure di riforma necessarie e dell'incertezza in merito all'andamento dei mercati finanziari. 3.2. Obiettivo 3: promuovere la solidarietà Promuovere la solidarietà fra le generazioni e all'interno di una stessa generazione. 3.2.1. Solidarietà tra le generazioni Gli Stati membri intendono garantire che i pensionati percepiscano un reddito decente in relazione alla popolazione nel suo complesso. A questo proposito, la maggior parte degli Stati membri rilevano che la situazione relativa dei redditi degli anziani in generale è buona, o comunque soddisfacente. Questo punto è ampiamente supportato dai dati ECHP presentati nel grafico 17, soprattutto se si tiene conto del fatto che i dati ECHP possono sottovalutare il benessere relativo delle famiglie di anziani. Grecia e Francia dichiarano che gli anziani probabilmente dispongono di un maggior patrimonio, dato in particolare dall'abitazione di proprietà. Secondo le statistiche nazionali francesi, le famiglie di pensionati dispongono di un reddito equivalente al 91% della media. La Finlandia indica per i pensionati un reddito medio pari al 90% di quello della popolazione nel suo complesso (durante la crisi economica dei primi anni '90, la cifra superava il 100%). Nella maggior parte delle relazioni strategiche nazionali, il sistema pubblico a ripartizione viene indicato come il principale meccanismo per garantire la solidarietà tra giovani e anziani. Tuttavia, questo sistema non andrebbe inteso come sinonimo di solidarietà. Ovviamente, la prima generazione di pensionati in un regime a ripartizione ha effettivamente beneficiato della solidarietà nazionale (invece della solidarietà in ambito famigliare). Ma per le generazioni successive può esistere un chiaro collegamento tra contributi e prestazioni che implica una scarsa ridistribuzione. Inoltre, anche nei regimi pensionistici a capitalizzazione si possono riscontrare elementi di solidarietà. La relazione olandese cita il fatto che i sistemi a capitalizzazione del secondo pilastro di solito sono a prestazione definita. Anche questo meccanismo può avere un carattere ridistributivo (dalla popolazione attiva a quella dei pensionati), poiché può darsi che la generazione in età lavorativa debba parzialmente compensare i periodi di scarso rendimento degli investimenti versando maggiori contributi, mentre nei periodi di buon rendimento degli investimenti, le eccedenze possono andare a vantaggio della generazione successiva. D'altro canto, anche i sistemi a ripartizione possono presentare caratteristiche contrarie al principio della solidarietà: nei sistemi dove le prestazioni si basano sui redditi finali, la ridistribuzione si verifica a favore dei beneficiari di redditi in progressiva crescita, che normalmente sono già superiori alla media. Questa possibilità di una ridistribuzione iniqua attraverso i sistemi pensionistici è stata una delle motivazioni che ha determinato la sostituzione dei vecchi regimi pensionistici svedese e italiano con nuovi meccanismi basati sulla neutralità attuariale, per cui il valore totale delle pensioni rispecchia la somma dei contributi versati durante la vita lavorativa. Nel regime basato sul reddito, la ridistribuzione avviene tra uomini e donne (attraverso fattori attuariali validi per entrambi i sessi) e a favore di altre categorie mediante crediti pensionistici e minimi garantiti, finanziati dal bilancio statale e quindi dall'imposizione fiscale. La neutralità attuariale nei sistemi pensionistici non impedisce alle autorità pubbliche di concedere diritti pensionistici aggiuntivi ai contribuenti a basso reddito o a chi in determinati periodi non ha percepito un reddito e non è stato in grado di versare i contributi. I meccanismi intesi a garantire un reddito minimo garantito agli anziani o a migliorarne il tenore di vita (cfr. obiettivi 1 e 2) sono una evidente espressione di solidarietà. Gli Stati membri concedono la copertura previdenziale anche senza versamento dei contributi per determinati periodi, ad esempio dedicati alla cura dei figli o all'assistenza di anziani o disabili, o per l'istruzione superiore, ovvero periodi di disoccupazione o invalidità e malattia. Negli Stati membri si sta evidenziando una tendenza a rafforzare questi meccanismi di solidarietà, spesso finanziati dal bilancio generale piuttosto che dagli introiti derivanti dal versamento dei contributi. 3.2.2. Solidarietà tra gli anziani Numerosi Stati membri dichiarano come obiettivo esplicito, o comunque implicito, dei rispettivi sistemi pensionistici la promozione di una distribuzione più equa del reddito tra i pensionati rispetto alla popolazione nel suo complesso (Spagna, Belgio, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Svezia). Il grafico 18 mostra che lo scarto tra i redditi del 20% al livello più alto della distribuzione e il 20% al livello più basso è meno accentuato tra la popolazione sopra i 65 anni rispetto alla fascia di età compresa tra 0 e 64 anni, con l'eccezione di Grecia, Danimarca, Germania, Austria e Belgio, dove altri fattori pesano più dell'effetto perequativo delle pensioni pubbliche. Grafico18 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> a) Rapporto tra il reddito complessivo percepito dal 20% con il reddito più elevato all'interno di una data popolazione (quintile più alto) e quello percepito dal 20% della stessa popolazione con il reddito più basso (quintile più basso). Si veda anche la nota metodologica alle statistiche di riferimento. Fonte: ECHP-UDB, Eurostat, versione dicembre 2002. I dati per il Regno Unito sono provvisori. Le ponderazioni per i dati relativi alla Spagna saranno riviste. I dati per la Svezia coprono solo persone di età inferiore a 85 anni; cfr. la nota metodologica. Gli Stati membri fanno rilevare una serie di caratteristiche dei rispettivi sistemi del primo pilastro che dovrebbero ridurre le sperequazioni tra i redditi degli anziani. In effetti, la maggior parte degli Stati membri citano in proposito i meccanismi ridistributivi presenti nei rispettivi sistemi e in particolare le pensioni o i redditi minimi garantiti per gli anziani e i crediti pensionistici per i periodi dedicati alla cura dei figli, o per i periodi di malattia o disoccupazione. Ad esempio, i Paesi Bassi fanno notare che nel loro sistema a ripartizione (primo pilastro) tutti i residenti accumulano un diritto annuale ad un'aliquota equa. Il Belgio elenca una serie di disposizioni per la ridistribuzione del reddito dai pensionati più ricchi ai più poveri, che prevedono aliquote minime e massime, una tassa (cotisation de solidarité) applicata alle pensioni più elevate e contributi per l'assicurazione sanitaria prelevati solo al di sopra di una certa soglia. I meccanismi di solidarietà all'interno dei sistemi pensionistici presentano implicazioni importanti per la parità tra i sessi. A causa della minore partecipazione al mondo del lavoro, attualmente e in passato, le donne percepiscono pensioni inferiori agli uomini, ma beneficiano maggiormente delle pensioni minime garantite e dei crediti pensionistici per i periodi dedicati alla cura dei figli. I Paesi Bassi e la Svezia rilevano inoltre che utilizzando gli stessi fattori attuariali per i due sessi si opera una ridistribuzione a favore delle donne che, grazie alla maggiore speranza di vita, ricevono la pensione per un periodo più lungo degli uomini. Nella maggior parte delle relazioni nazionali si nota che i pensionati più anziani tendono a percepire pensioni inferiori rispetto ai pensionati più giovani. Questa situazione è dovuta a una serie di fattori. Il calcolo della pensione con riferimento ai salari finali conferisce un vantaggio ai pensionati più recenti. I progressivi miglioramenti nella copertura e nei parametri di calcolo dei diritti all'assicurazione sono andati a vantaggio di coloro che sono entrati più di recente nel mercato del lavoro. Nelle fasce di età più avanzata è in aumento la percentuale delle donne che, godendo di diritti individuali inferiori e di pensioni di reversibilità basse, determinano l'abbassamento del reddito medio in tali fasce di età. Di conseguenza, i pensionati più anziani rappresentano una quota sproporzionata dei beneficiari di pensioni minime. Pur prendendo atto di questa tendenza, gli Stati membri fanno rilevare che la costante attenzione al miglioramento delle prestazioni minime e altri meccanismi di solidarietà contribuiscono in certa misura a correggere la distribuzione del reddito. La Francia cita cifre nazionali che dimostrano che la pensione lorda media dei pensionati più anziani è pari al 60% di quella dei pensionati più giovani. Tuttavia, tenendo conto delle imposte e di altre detrazioni, nonché delle agevolazioni concesse ai pensionati, la cifra sale al 90%. Belgio e Italia riconoscono che le sperequazioni tra i redditi dei pensionati sono una costante preoccupazione. L'Italia dichiara che le maggiori differenze si notano tra i redditi dei pensionati più giovani, a causa della crescente importanza delle pensioni professionali (che contengono meno elementi ridistributivi) e del reddito da altre fonti (in particolare finanziarie) per questo gruppo. Il Regno Unito dichiara che i redditi del 20% più ricco dei pensionati sono aumentati dell'80% tra il 1979 e il 1996-97, mentre quelli del 20% più povero sono aumentati solo del 30%. Questo dato è attribuibile alla crescita delle pensioni private e professionali, secondo una tendenza di cui non hanno beneficiato i pensionati più poveri. Le riforme introdotte dal 1997 hanno pertanto concentrato le risorse sui gruppi più poveri. Infine, Italia e Grecia rilevano che la creazione nel corso del tempo di fondi pensione diversi per i vari gruppi professionali, con tassi di rendimento diversi per i rispettivi membri, rappresenta un'altra dimensione della sperequazione tra pensionati. Di conseguenza, le misure di unificazione e la promozione dell'equità tra i sistemi sono state, e sono tuttora, un aspetto importante delle rispettive politiche. 3.2.3. Invecchiamento e probabile evoluzione delle sperequazioni Numerose relazioni strategiche nazionali prendono in esame la probabile evoluzione delle disuguaglianze e la possibilità di conservare gli elementi di solidarietà alla luce dell'invecchiamento demografico. La Danimarca sostiene che i nuovi pensionati, attuali e futuri, hanno maggiori probabilità di beneficiare di pensioni professionali o basate su altri tipi di fondi di accantonamento. Di conseguenza, la Danimarca prevede un costante innalzamento dei tassi di sostituzione e nel contempo una distribuzione più equa del reddito tra i pensionati. Quindi, in base alle attuali caratteristiche del sistema danese, è possibile mantenere la solidarietà tra le generazioni e al loro interno. Per la maggior parte, gli Stati membri sostengono che i rispettivi sistemi previdenziali in futuro risponderanno con maggiore efficacia a questi due obiettivi di solidarietà, alla luce delle attuali tendenze sociali (ad esempio l'aumento della presenza femminile nel mondo del lavoro) e grazie ai miglioramenti apportati nelle pensioni minime garantite. Solo alcuni Stati membri segnalano possibili effetti negativi sugli obiettivi di solidarietà a seguito degli aggiustamenti introdotti ai fini della sostenibilità finanziaria dei sistemi pubblici. Così l'Italia riconosce che gli attuali livelli dei tassi di sostituzione sono destinati a calare; anche la Germania prevede un calo dei tassi di sostituzione del primo pilastro, ma si impegna a sostenere le prestazioni pensionistiche a capitalizzazione per compensare la perdita. Anche l'Italia intende sviluppare la pensioni integrative per compensare la riduzione delle prestazioni pubbliche. Alcuni Stati membri fanno riferimento alla maggiore pressione cui sono sottoposti i sistemi pensionistici a causa dell'aumento della speranza di vita. E' possibile rendere più gestibili le implicazioni finanziarie di questa tendenza optando per regimi a contribuzione definita, in modo da tenere conto dell'allungamento della vita media nel determinare gli importi delle pensioni. Tuttavia, la relazione strategica nazionale dei Paesi Bassi si riferisce esplicitamente al fatto che nel quadro dei regimi a prestazione definita la speranza di vita non presenta implicazioni dirette per l'importo delle pensioni versate. Inoltre, i Paesi Bassi citano uno studio che mette a confronto piani pensionistici a prestazione definita con un elemento di solidarietà intergenerazionale, e piani pensionistici a contribuzione definita, privi di tale meccanismo di solidarietà. Nello studio si è riscontrato che i contributi versati a un sistema a contribuzione definita dovrebbero superare del 25% i contributi versati a un sistema a prestazione definita per coprire lo stesso rischio di calo delle pensioni. La relazione strategica nazionale della Svezia aggiunge una nuova dimensione al concetto di solidarietà. Nel nuovo regime pensionistico obbligatorio, le due componenti a ripartizione e a premio (a capitalizzazione) saranno adeguate in modo da rispecchiare gli aumenti nella speranza di vita delle generazioni successive. La relazione spiega che il meccanismo è studiato per garantire un rendimento costante dei contributi pensionistici per tutti gli individui di tutte le fasce di età. Per ottenere un tasso di rendimento costante, l'aumento della speranza di vita deve tradursi in aliquote di contribuzione più elevate o nel prolungamento della vita lavorativa. Poiché l'aliquota di contribuzione è fissa, le persone sono invitate a prolungare la vita lavorativa, se intendono ricevere una pensione dello stesso livello delle generazioni precedenti. 3.2.4. Conclusioni: il futuro della solidarietà Il sostegno pubblico ai meccanismi di solidarietà nei sistemi pensionistici è forte, e nelle recenti riforme gli Stati membri in molti casi hanno rafforzato questi elementi. Queste scelte dovrebbero garantire una tutela efficace contro il rischio della povertà, ma probabilmente non sono sufficienti a impedire che i redditi medi degli anziani rimangano più bassi di quelli della popolazione più giovane, né a impedire l'aumento delle sperequazioni tra i redditi degli anziani. Anche l'aumento delle adesioni a regimi pensionistici privati potrebbe aumentare le disuguaglianze, in quanto le prestazioni private sono più strettamente collegate al reddito e tendenzialmente sono più accessibili per le persone con redditi elevati. D'altro canto, molti Stati membri promuovono un accesso più ampio a tali regimi. Un fattore determinante per le future disuguaglianze tra giovani e anziani e tra pensionati sarà l'evoluzione dei diritti a pensione per le donne, che rappresentano la maggioranza degli anziani, e attualmente di quelli con i redditi più bassi (cfr. anche l'obiettivo 10 che segue). Occorre migliorare gli strumenti per il monitoraggio dell'efficacia dei meccanismi di solidarietà. Tabella 4: Panoramica delle strategie nazionali mirate a garantire l'adeguatezza delle pensioni >SPAZIO PER TABELLA> 4. SOSTENIBILITÀ FINANZIARIA DEI SISTEMI PENSIONISTICI In futuro l'adeguatezza delle pensioni dipenderà dalla nostra capacità di garantire un finanziamento sostenibile dei sistemi pensionistici a fronte del rapido invecchiamento della società. E' evidente che prestazioni pensionistiche adeguate non possono essere finanziate perennemente dal debito pubblico, né ci si può aspettare che i regimi pensionistici a capitalizzazione garantiscano i livelli attesi di prestazioni effettive se l'economia non produce risorse sufficienti per la popolazione attiva e i pensionati. Tutti i sistemi previdenziali, a prescindere dal meccanismo di finanziamento su cui si basano (a capitalizzazione o ripartizione), trasferiscono una quota della produzione economica corrente dalla popolazione attiva ai pensionati. [11] [11] I paesi che dispongono di consistenti attività estere nette possono utilizzare la produzione di altre economie per fornire risorse alla popolazione dei pensionati, registrando un disavanzo delle partite correnti. In vista della sfida dell'invecchiamento demografico, nella relazione congiunta presentata al Consiglio di Laeken sulla qualità e sostenibilità delle pensioni si dichiara che "gli Stati membri dovrebbero adottare una strategia multiforme per collocare i sistemi pensionistici su solide basi finanziarie". La strategia dovrebbe fondarsi su un'adeguata combinazione di politiche, che rispecchi i cinque obiettivi indicati alla voce "sostenibilità finanziaria". Gli obiettivi intesi a garantire la sostenibilità finanziaria sono i seguenti: - aumentare l'occupazione, - offrire incentivi efficaci alla partecipazione dei lavoratori anziani, in particolare nei sistemi pensionistici (prolungamento della vita attiva); - riformare i sistemi pensionistici nel modo più opportuno, tenendo conto dell'obiettivo generale di garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche. Nel contempo, la sostenibilità dei sistemi pensionistici dev'essere accompagnata da valide politiche fiscali, ivi compresa, dove necessario, la riduzione del debito [12]. Le strategie adottate per conseguire questo obiettivo possono comprendere anche l'istituzione di appositi fondi di riserva per le pensioni; [12] Le strategie degli Stati membri volte a garantire la solidità e sostenibilità delle finanze pubbliche sono riportate e valutate nel quadro degli Orientamenti generali di politica economica e del Patto di stabilità e di crescita, ai quali dovrebbero essere conformi. - garantire che le prestazioni pensionistiche e le misure di riforma mantengano un equilibrio equo tra popolazione attiva e pensionati; - garantire che i sistemi pensionistici privati e pubblici offrano i necessari requisiti di efficienza, affidabilità, trasferibilità e sicurezza. Il metodo di coordinamento aperto, che ha comportato la definizione di questi obiettivi comuni, deve tener conto dei progressi in atto in materia di occupazione e finanze pubbliche, ma il coordinamento delle misure politiche nei due campi continuerà a svolgersi secondo le procedure già consolidate per le politiche economiche e occupazionali. In particolare, la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche, con riguardo anche alle attese tensioni causate dai futuri mutamenti demografici, vengono esaminate nel contesto dei programmi di stabilità/convergenza (conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Stoccolma), mentre l'occupazione dei lavoratori anziani resta una priorità della strategia europea per l'occupazione. Di conseguenza, nel testo che segue si è fatto uno sforzo particolare per garantire che le informazioni fornite dagli Stati membri nelle rispettive relazioni strategiche nazionali sulle pensioni siano coerenti con quelle fornite nei programmi di stabilità/convergenza [13], negli orientamenti generali di politica economica e nei piani d'azione nazionali per l'occupazione. E' importante che le conclusioni di queste diverse attività di coordinamento politico risultino coerenti. Le sezioni che seguono prendono in esame i sistemi pensionistici degli Stati membri e le rispettive strategie per il futuro a fronte dei cinque obiettivi sopra citati. [13] Per l'analisi effettuata nella presente relazione erano disponibili i programmi di stabilità/convergenza dell'autunno 2001, poiché i programmi 2002 sono pervenuti alla Commissione solo nel novembre-dicembre 2002. 4.1. Obiettivo 4: aumentare i livelli di occupazione Raggiungere un elevato livello di occupazione, dove necessario attraverso riforme generali del mercato del lavoro, come previsto dalla strategia europea per l'occupazione e in linea con gli Orientamenti generali di politica economica (BEPG). L'aumento dei tassi di attività e occupazione della popolazione in età lavorativa attualmente inattiva e/o sottoccupata è il miglior modo in cui gli Stati membri possono contrastare il fenomeno della contrazione della popolazione attiva che si verificherà quando la generazione del boom demografico comincerà ad andare in pensione. L'impatto negativo degli sviluppi demografici sull'occupazione e sul potenziale di crescita economica può essere mitigato in parte riducendo la disoccupazione e aumentando il numero di persone in età lavorativa inserite nel mercato del lavoro. I governi esercitano ben poca influenza sull'indice di dipendenza demografica degli anziani; anche l'immigrazione di massa - la variabile demografica più flessibile a breve termine - non potrebbe impedire l'impennata dell'indice di dipendenza degli anziani. Tuttavia, ciò che conta per la sostenibilità dei sistemi pensionistici è l'indice di dipendenza economica, ossia il numero di pensionati in relazione al numero di persone effettivamente occupate. L'Europa ha un notevole margine di manovra per migliorare l'indice di dipendenza economica realizzando gli ambiziosi obiettivi in materia di occupazione stabiliti dai Consigli europei di Lisbona e Stoccolma (cfr. grafico 19). Grafico 19 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> Fonte: UE-LFS, EUROSTAT 4.1.1. Breve analisi della situazione attuale del mercato del lavoro (ad esempio potenziale occupazionale inutilizzato) Tutti i paesi, tranne l'Austria, hanno registrato dei miglioramenti nei tassi complessivi di occupazione dalla metà degli anni '90 e tutti sottolineano il proprio impegno a perseguire gli obiettivi concordati a Lisbona e Stoccolma, benché molti esprimano qualche preoccupazione in merito al recente rallentamento nella crescita dell'occupazione. Inoltre, in una serie di paesi l'andamento dell'occupazione deve migliorare in misura considerevole anche solo per avvicinarsi agli obiettivi generali. Alcuni di essi (Belgio, Spagna e Italia) riconoscono che occorreranno ulteriori sforzi. Tabella 5 >SPAZIO PER TABELLA> Ovviamente, i tre obiettivi relativi al tasso di occupazione (totale, femminile e dei lavoratori anziani) sono strettamente interconnessi. Il tasso di occupazione totale può salire solo se viene mobilitato il potenziale di forza lavoro inutilizzato, individuabile soprattutto tra le donne e le persone più anziane in età lavorativa. I progressi possono subire un rallentamento a causa dell'esigenza di adottare nuove impostazioni, di migliorare l'idoneità al lavoro degli attuali disoccupati e, in particolare per quanto riguarda la partecipazione delle donne alla forza lavoro, per la necessità di consistenti investimenti in strutture di assistenza per bambini e altri famigliari a carico, come si rileva nella relazione della Grecia. Benché i disoccupati costituiscano ancora una importante riserva immediata di forza lavoro in diversi Stati membri, i livelli occupazionali dovranno essere innalzati soprattutto mobilitando le donne e i lavoratori anziani attualmente inattivi (cfr. l'obiettivo 5 che segue). Spagna e Grecia prevedono che gli immigrati forniranno una importante riserva extra di manodopera, anche con la regolarizzazione della situazione degli immigrati già presenti nel paese. La relazione strategica nazionale della Spagna sottolinea il notevole apporto fornito dai lavoratori stranieri all'attuale situazione finanziaria favorevole del sistema previdenziale. Il numero di stranieri coperti dal sistema previdenziale è più che raddoppiato, da 332 000 unità nel 1999 a 792 000 nel 2002. Il miglioramento dei tassi di occupazione degli immigrati e dei loro famigliari rientra nelle strategie di Danimarca e Svezia. In altre strategie nazionali si dedica poca attenzione alla questione dell'immigrazione e dell'integrazione degli immigrati nel mercato del lavoro. In considerazione della situazione piuttosto difficile del mercato del lavoro, Danimarca e Paesi Bassi indicano anche i beneficiari di pensioni d'invalidità e le persone socialmente emarginate quali potenziali riserve di manodopera. Anche se hanno già conseguito gli obiettivi in materia di occupazione, o se sono vicini alla loro realizzazione, gli Stati membri devono comunque intensificare gli sforzi per innalzare ulteriormente i livelli occupazionali. Gli obiettivi di Svezia, Danimarca e Finlandia in fatto di occupazione sono in diretta relazione con la prevista contrazione della forza lavoro. Per compensare il calo della forza lavoro provocato dall'evoluzione demografica, questi Stati membri intendono intensificare gli sforzi per attivare tutta la popolazione in età lavorativa e per anticipare l'ingresso nel mercato del lavoro e posticipare il pensionamento. Un importante obiettivo a medio-lungo termine per Austria, Germania, Spagna, Grecia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi e Portogallo è quello di una costante crescita strutturale del lavoro femminile e dei tassi di occupazione. 4.1.2. Principali misure previste per promuovere l'occupazione Nel quadro della strategia europea per l'occupazione è prevista la formulazione di piani d'azione nazionali per promuovere l'occupazione. Agli Stati membri è stato richiesto di indicare le principali misure adottate a favore dell'occupazione nelle rispettive relazioni strategiche nazionali in materia di pensioni. Italia e Germania stanno preparando importanti misure di riforma del mercato del lavoro che dovrebbero incrementare i livelli occupazionali e ridurre la disoccupazione. La Danimarca sta definendo il piano d'azione "Più persone al lavoro", mirato a garantire che il lavoro renda e a promuovere l'efficienza e la flessibilità nelle iniziative per la ricerca di posti di lavoro. Per la maggior parte degli Stati membri, l'aumento dei tassi di occupazione dovrebbe essere il risultato di molteplici iniziative e misure politiche interconnesse, talvolta di portata limitata. In Svezia, l'impegno generale per promuovere l'occupazione (che comprende la definizione di obiettivi di occupazione nazionali) è articolato attorno a 4 direttrici: 1. maggiori incentivi al lavoro nei sistemi fiscali/previdenziali; 2. politiche proattive per il mercato del lavoro ed efficiente attività di collocamento; 3. qualità del lavoro e condizioni sanitarie migliori nell'attività lavorativa e 4. istruzione e formazione permanente. Le misure a favore dell'occupazione di numerosi Stati membri presentano variazioni su questi quattro temi. La Finlandia si concentra sulla possibilità di migliorare i risultati occupazionali creando un contesto più propizio, anche in termini di sicurezza sul luogo di lavoro, servizi di assistenza sanitaria, iniziative di formazione permanente, programmi di reinserimento, nonché promozione dell'imprenditorialità e del varo di nuove imprese. La Francia esamina gli effetti positivi esercitati sui livelli di occupazione dalla recente legislazione contro le discriminazione e per le pari opportunità. Alcuni paesi forniscono stime dettagliate del contributo relativo fornito dai diversi strumenti alla realizzazione degli obiettivi generali in fatto di occupazione. La Danimarca intende aumentare il numero degli occupati di circa 133 000 unità, di cui 20 000 dovrebbero provenire dalle fila degli attuali disoccupati grazie al miglioramento degli incentivi, mentre la metà dei restanti 113 000 dovrebbero essere lavoratori anziani che posticipano il pensionamento in conseguenza dei nuovi incentivi previsti dai sistemi di prepensionamento e dai regimi pensionistici di invalidità e vecchiaia. Il resto deriverà dalle iniziative volte ad aumentare il tasso di occupazione degli immigrati e dei loro famigliari e a reinserire gruppi sociali emarginati. I paesi con un basso livello di occupazione femminile (quali Spagna, Grecia e Irlanda) in generale prevedono di migliorarlo grazie a una combinazione di cambiamenti culturali e generazionali nei ruoli dei due sessi, a investimenti nella costante espansione di strutture di assistenza per bambini e altri famigliari a carico e a misure intese a conciliare la vita professionale con le responsabilità famigliari. Anche i paesi con tassi di occupazione inferiori rispetto ai paesi sopra citati (quali Austria, Belgio, Germania, Paesi Bassi) tendono a sottolineare la necessità di una maggiore parità tra i due sessi nelle retribuzioni e nelle condizioni di lavoro. Una serie di paesi dove le strutture per l'assistenza all'infanzia sono meno sviluppate offrono un sostegno piuttosto generoso alle donne che optano per un'interruzione prolungata della carriera professionale per accudire i figli nei primi 2-3 anni di vita. Naturalmente, queste politiche rispecchiano in primo luogo le priorità nella politica a favore della famiglia. Tuttavia, in considerazione degli effetti sui tassi di occupazione e delle difficoltà incontrate da molte donne a reinserirsi nel mondo del lavoro dopo un'assenza prolungata, è lecito chiedersi se non sarebbe meglio utilizzare queste risorse per investire nell'espansione dei servizi di assistenza all'infanzia al fine di accelerare il rientro delle donne al termine del congedo per maternità. Numerosi Stati membri (ad esempio Austria, Belgio, Germania, Grecia, Spagna e Portogallo) utilizzano la riduzione dei contributi previdenziali come strumento per creare e rafforzare incentivi sul versante della domanda, al fine di aumentare le opportunità di occupazione per i lavoratori che incontrano maggiori difficoltà. In Austria, queste misure riguardano in particolare i lavoratori più anziani. La Spagna offre esenzioni o riduzioni ai datori di lavoro che assumono donne, giovani e persone di età superiore a 45 anni. Analogamente, si prevedono adeguamenti nelle imposte sul reddito delle persone fisiche (quali regimi fiscali personalizzati o crediti d'imposta) a titolo di incentivo sul versante dell'offerta. Inoltre, molti Stati membri si aspettano che le caratteristiche strutturali di base e le recenti riforme dei rispettivi regimi pensionistici e fiscali avranno l'effetto di promuovere l'occupazione. La Germania fa rilevare gli aspetti favorevoli all'occupazione contenuti nel regime pensionistico pubblico, con lo stretto collegamento tra periodi lavorativi e maturazione di diritti alla pensione, e sottolinea come la recente riforma abbia rafforzato gli incentivi al lavoro nella formula per il computo di contributi/prestazioni. La relazione insiste anche sugli effetti positivi per l'occupazione delle indennità per la riabilitazione medica, intese ad aiutare le persone a rientrare al lavoro o a conservare il posto. A seguito della completa ridefinizione dei rispettivi regimi pensionistici, Svezia e Italia hanno fortemente potenziato le componenti di incentivazione al lavoro e promozione dell'occupazione. Varie misure di rafforzamento degli incentivi, su scala minore, sono state applicate nella maggior parte degli Stati membri. Negli ultimi dieci anni quasi tutti gli Stati membri sono stati meta di un'immigrazione netta sostanziale da paesi terzi. La Spagna conta espressamente su un afflusso costante di immigrati per arginare l'erosione della popolazione in età lavorativa. Anche la Grecia ritiene che l'immigrazione possa fornire un contributo positivo, ma fa notare che pur ampliando i margini di manovra dei sistemi pensionistici a breve-medio termine, anche gli immigrati maturano dei diritti alla pensione che dovranno essere onorati a più lungo termine. Altri Stati membri sono consapevoli del fatto che il potenziale positivo dell'immigrazione si può realizzare solo con la piena integrazione economica e sociale degli immigrati. Paesi Bassi, Svezia e Danimarca sono tra i paesi che indicano tra le priorità l'aumento del tasso di occupazione di immigrati e minoranze etniche. 4.1.3. Analisi dell'impatto finanziario della prevista crescita del tasso di occupazione (esclusi i lavoratori anziani) sui regimi pensionistici Come già accennato, la crescita dell'occupazione comporta la futura maturazione di diritti a pensione aggiuntivi, da cui derivano maggiori prestazioni pensionistiche, in particolare per le donne, e il conseguente aumento della spesa pensionistica. E' anche probabile che la mobilitazione di riserve di manodopera tra le donne e i lavoratori anziani richiederà investimenti extra e spese aggiuntive (formazione, strutture per l'assistenza all'infanzia). D'altro canto, si avranno anche effetti quali entrate fiscali e contributive che non danno origine a nuovi diritti a pensione (ad esempio contributi per le prestazioni mutualistiche), risparmi sui trasferimenti e l'aumento del PIL. Di conseguenza, gli effetti sulle finanze pubbliche e sull'economia in generale sono positivi. Inoltre, grazie all'aumento del numero di donne occupate che maturano diritti a pensione individuali si otterrà un maggior livello di protezione sociale, in quanto le coppie di pensionati disporranno di un reddito famigliare superiore. Solo alcuni Stati membri hanno calcolato l'impatto dell'aumento dei tassi di occupazione sulla spesa pensionistica. Nelle stime fornite dalla Francia l'aumento di 1 punto percentuale nei tassi di occupazione abbasserebbe la quota del PIL assorbita dalla spesa pensionistica di 0,2-0,4 punti percentuali entro il 2040. Per contro, aggiungendo 1 anno all'età media di pensionamento senza aumentare i diritti a pensione si otterrebbe un calo della spesa pensionistica di 0,6 punti percentuali sul PIL. 4.1.3. Conclusioni Tutti gli Stati membri considerano le misure intese a promuovere l'occupazione come un elemento fondamentale delle rispettive strategie a lungo termine ai fini di regimi pensionistici adeguati e finanziariamente sostenibili. Anche in paesi come Danimarca, Svezia e Regno Unito, dove la situazione è già positiva, l'aumento dei tassi di occupazione costituisce una componente importante della strategia in materia di pensioni. Come sottolineato dall'Italia e da altri paesi, l'aumento dell'occupazione è una condizione essenziale per conseguire gli obiettivi di adeguatezza e sostenibilità. L'aumento dei tassi di occupazione implica che un numero maggiore di persone può partecipare al finanziamento delle prestazioni, che quindi possono mantenersi a livelli adeguati. Gli effetti a lungo termine dell'aumento dei livelli di occupazione sulla futura spesa pensionistica sono difficili da valutare e le relazioni strategiche nazionali in generale non contengono delle analisi esaurienti. Tuttavia, le proiezioni del comitato di politica economica sulla spesa pensionistica comprendono una serie di analisi di sensibilità, segnatamente in base al cosiddetto "scenario di Lisbona", che ipotizza un aumento dei tassi di occupazione nel 2010 corrispondente agli obiettivi definiti a Lisbona e una crescita costante dell'occupazione negli anni successivi. Dai risultati emerge che tale crescita costante dei tassi di occupazione assorbirebbe circa un terzo della crescita della spesa pensionistica prevista nello scenario base, poiché l'aumento risulterebbe di circa 2 punti percentuali sul PIL, contro poco più di 3 punti percentuali secondo lo scenario base. In altre parole, l'aumento dei tassi di occupazione può solo mitigare la sfida finanziaria posta dall'invecchiamento demografico, ma non compensarla. Un risultato analogo è emerso anche in uno studio OCSE, dove si stima che un aumento graduale dell'occupazione di 5 punti percentuali in media ridurrebbe di circa 0,5 punti percentuali l'incremento della spesa pensionistica in rapporto al PIL, rispetto allo scenario base senza riforme. Ovviamente, il potenziale impatto dell'aumento dell'occupazione (di donne e anziani in particolare) sarà più elevato negli Stati membri dove è possibile la massima riduzione della dipendenza da prestazioni previdenziali e pensionamento anticipato. Poiché molti di questi paesi sono anche quelli più esposti all'invecchiamento demografico, l'aumento dell'occupazione acquista un'importanza cruciale nelle risposte politiche generali alla sfida dell'invecchiamento, soprattutto nei prossimi due decenni, quando possono mitigare l'effetto finanziario del pensionamento dei figli del "boom demografico". La maggior parte delle relazioni strategiche nazionali contengono una presentazione generale delle misure per promuovere l'occupazione, collegandole alla questione delle pensioni solo in senso lato. Inoltre, l'identificazione delle riserve di manodopera tende ad essere molto generica, con un'analisi poco approfondita dei modi per mobilitarle e dei probabili costi connessi. Gli Stati membri sottovalutano l'importanza dell'aumento dei tassi di occupazione, ma è evidente che nella maggior parte di essi la realizzazione degli obiettivi di Lisbona richiederà ulteriori riforme del mercato del lavoro. Inoltre, la sola realizzazione di questi obiettivi non risolverà il problema della sostenibilità finanziaria dei regimi pensionistici. 4.2. Obiettivo 5: prolungare la vita lavorativa Garantire che nel mercato del lavoro e nelle politiche economiche tutte le componenti pertinenti della protezione sociale, in particolare i sistemi pensionistici, offrano incentivi efficaci alla partecipazione dei lavoratori anziani; che i lavoratori non siano incoraggiati ad accedere al pensionamento anticipato e non siano penalizzati in caso di prolungamento dell'attività lavorativa oltre la normale età di pensionamento; e che i sistemi pensionistici promuovano l'opportunità di un pensionamento graduale. Mentre l'aumento dell'occupazione in generale è importante e necessario per far fronte alla sfida demografica transitoria del pensionamento della generazione del "baby boom", l'aumento della speranza di vita impone misure relative al rapporto tra la durata della vita lavorativa e gli anni di pensionamento. Un modo socialmente accettabile per affrontare la questione della sostenibilità finanziaria è il prolungamento della vita lavorativa. La Svezia sostiene con forza questo argomento: "...poiché la speranza di vita media è in aumento e la salute è in miglioramento, dovrebbe aumentare anche la durata della vita lavorativa." Non sarà possibile mantenere le età pensionabili effettive attuali senza aumentare contributi e imposte o ridurre le prestazioni pensionistiche. Tuttavia, negli ultimi decenni si sono evidenziate tendenze opposte a quello che sarebbe necessario per la sostenibilità dei regimi pensionistici. Mentre la speranza di vita media a 65 anni di età ha continuato ad aumentare di più di 1 anno a decennio, l'età media effettiva di pensionamento è calata ad un ritmo ancora più rapido, con il risultato di un divario sostanziale tra l'età pensionabile obbligatoria e l'età effettiva alla quale le persone smettono di lavorare. Trent'anni fa, i tassi di partecipazione alla forza lavoro dei lavoratori più anziani (uomini) di età compresa tra 55 e 64 anni negli Stati membri dell'UE erano inferiori di soli 10-15 punti percentuali rispetto ai lavoratori più giovani. Oggi la differenza è arrivata a 40-50 punti percentuali in molti Stati membri. La tendenza ad abbassare l'età del pensionamento si è evidenziata in tutti gli Stati membri, in larga misura in conseguenza di pressioni del mercato del lavoro, alle quali le politiche pubbliche e le prassi di contrattazione collettiva hanno risposto agevolando l'accesso al pensionamento anticipato. Tuttavia, è già in atto un'inversione di tendenza. Le politiche degli Stati membri si sono orientate verso una maggiore partecipazione e un aumento dei tassi di occupazione dei lavoratori anziani e negli ultimi anni si sono già evidenziati dei progressi. Al fine di mantenere un'offerta di manodopera sufficiente e di innalzare il tasso di occupazione generale a fronte dell'invecchiamento demografico e della contrazione della forza lavoro più giovane è necessario aumentare i tassi di occupazione dei lavoratori più anziani e di conseguenza l'effettiva età di pensionamento. La carenza di lavoratori giovani potrebbe fornire ai datori di lavoro l'incentivo economico a migliorare le attuali prassi di gestione delle fasce di età nei luoghi di lavoro e sul mercato del lavoro, ma le sole forze di mercato non saranno in grado di indurre i cambiamenti necessari. La modifica delle norme fiscali/previdenziali - in particolare nei sistemi pensionistici - che influiscono sulle decisioni di datori di lavoro e lavoratori in merito al pensionamento avrà un effetto determinante sulle scelte di pensionamento e conseguentemente sull'offerta di manodopera. Questi aspetti rappresentano anche un elemento centrale della strategia europea per l'occupazione e degli Orientamenti generali di politica economica. Il prolungamento della vita lavorativa non implica necessariamente l'innalzamento dell'età pensionabile obbligatoria, poiché l'effettiva età di ritiro dal mercato del lavoro attualmente è molto inferiore all'età di pensionamento prevista in tutti i paesi. In effetti, non è detto che debba esistere un unico limite di età per il pensionamento. Il Regno Unito contesta gli assunti tradizionali circa il modello della vita lavorativa e il taglio netto tra lavoro e pensione e suggerisce che i pensionati non dovrebbero essere considerati un segmento separato della popolazione ormai escluso dalla vita produttiva. Anche altri paesi si stanno orientando verso una maggiore flessibilità riguardo all'età di pensionamento e stanno riesaminando i sistemi di incentivi dei regimi pensionistici, affinché lavorare più a lungo renda di più. La Svezia è particolarmente avanzata in proposito. I singoli individui hanno diverse esigenze e preferenze, e la flessibilità dell'età pensionabile è importante anche per consentire a coniugi e partner di organizzare al meglio l'uscita dal mondo del lavoro. Il pensionamento flessibile e graduale è pertanto un obiettivo auspicabile di per sé, come già riconosciuto in una raccomandazione del Consiglio del 10 dicembre 1982 'sui principi di una politica comunitaria concernente l'età pensionabile'. 4.2.1. Attuale partecipazione dei lavoratori anziani al mercato del lavoro Il grafico 19 e la tabella 6 (cfr. obiettivo 4, sopra) indicano che, con riferimento all'intera UE, il divario più ampio tra l'obiettivo comune in fatto di occupazione e il tasso di occupazione effettivo si riscontra nel gruppo dei lavoratori più anziani (55-64). L'obiettivo di Barcellona di innalzare di 5 anni entro il 2010 l'età effettiva dell'uscita dal mercato del lavoro rappresenta un'ambizione anche maggiore. Nel 2001, quattro Stati membri (Belgio, Italia, Lussemburgo e Austria) erano ancora lontani di 20 punti percentuali dall'obiettivo e per altri cinque paesi (Germania, Grecia, Spagna, Francia e Paesi Bassi) il distacco era di oltre 10 punti percentuali. Per l'UE nel suo complesso, nel 2001 il distacco era di 11,5 punti percentuali. Nel periodo tra il 1995 e il 2001, il tasso di occupazione dei lavoratori più anziani è aumentato in tutti gli Stati membri tranne tre (Grecia, Italia e Austria). Per l'UE in generale il miglioramento è stato di 2,6 punti percentuali, ma due paesi hanno registrato aumenti superiori a 10 punti (Finlandia e Paesi Bassi) e altri quattro superiori a 5 punti (Danimarca, Spagna, Irlanda e Portogallo). Quindi, l'inversione di tendenza rispetto al pensionamento anticipato è già cominciata, anche se occorrerebbe un'accelerazione del ritmo delle riforme per conseguire gli obiettivi di Stoccolma e Barcellona in merito all'occupazione dei lavoratori anziani. A questo proposito saranno determinanti le riforme delle pensioni mirate in particolare alla riduzione degli incentivi a ricorrere al prepensionamento e al miglioramento degli incentivi a prolungare la vita lavorativa. Molti paesi giudicano che riforme quali l'eliminazione dei piani di pensionamento anticipato o l'aumento dell'età alla quale si può averne diritto hanno contribuito ad aumentare i tassi di occupazione dei lavoratori anziani e a posticipare i pensionamenti. La tabella 6 che segue presenta una panoramica degli attuali tassi di occupazione dei lavoratori (uomini e donne) nelle diverse fasce di età, da 50 anni a oltre 70. Inoltre, contiene una stima dell'età di pensionamento effettiva sulla base dei dati di indagini sulla forza lavoro. Tabella 6: Tassi di occupazione e età media di ritiro dal mercato del lavoro, 2001 >SPAZIO PER TABELLA> I dati indicano chiaramente che il ritiro dal mercato del lavoro è influenzato, ma non determinato, dalle età di pensionamento obbligatorie. Tuttavia, occorre tenere presente che uscire dal mercato del lavoro non significa necessariamente percepire una pensione e, allo stesso modo, restare nel mercato del lavoro non implica che non si possa ricevere comunque una pensione. Al contrario, i periodi di occupazione e di riscossione di una pensione si possono sovrapporre e si può prevedere che queste situazioni si diffonderanno maggiormente in futuro, quando il pensionamento a tempo parziale e il cumulo dei redditi di lavoro e da pensione diventeranno più comuni. Quindi, è probabile che l'indicatore dell'età del ritiro dal mercato del lavoro, alla base dei dati presentati nella tabella 6, diventerà meno affidabile per quanto riguarda l'età di effettivo pensionamento, ossia l'età media alla quale si percepisce una pensione. Si rilevano forti differenze tra gli Stati membri nelle soglie e nell'entità del calo. Mentre in alcuni Stati membri i tassi di occupazione della fascia di età di 55-59 anni si sono mantenuti attorno all'80%, in altri la percentuale è meno della metà. In alcuni paesi i tassi di occupazione evidenziano forti cali improvvisi da una fascia di età alla successiva; in altri, il calo è più graduale. Queste differenze rispecchiano un'ampia gamma di meccanismi istituzionali (quali pensionamento anticipato, indennità di disoccupazione e invalidità) e strutture fiscali/previdenziali. Tuttavia, esistono anche altri fattori di influenza. Uno di questi può essere l'ingresso di nuove moltitudini di lavoratori: nei paesi dove le donne hanno cominciato a entrare in massa nel mercato del lavoro negli anni '60 e '70, il fenomeno ha contribuito in misura significativa ad innalzare gli attuali tassi di occupazione dei lavoratori anziani. Questo potrebbe spiegare, in certa misura, i risultati migliori di Danimarca, Svezia e Regno Unito. In altri paesi l'impennata della partecipazione femminile alla forza lavoro si è verificata negli anni '80: in questi casi, l'effetto di innalzamento dei tassi di occupazione dei lavoratori anziani dovrebbe verificarsi nei prossimi due decenni. Tuttavia, la maggiore tendenza delle donne ad andare in pensione prima degli uomini per problemi di salute (o magari per ritirarsi contemporaneamente al coniuge/partner) è considerata una sfida in alcuni paesi dove i tassi di partecipazione di donne di 50-60 anni sono già elevati. In alcuni Stati membri le differenze nei tassi di occupazione di uomini e donne anziani rispecchiano anche le diverse età di pensionamento obbligatorie. 4.2.2. Obiettivi a medio e lungo termine relativi all'occupazione dei lavoratori anziani La maggioranza degli Stati membri si è impegnata a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di Stoccolma. Solo alcuni citano anche l'obiettivo di Barcellona (innalzamento di 5 anni dell'età pensionabile), senza però riferirsi a piani precisi su come raggiungerlo. Pochi Stati membri (Paesi Bassi, Finlandia e Italia) hanno quantificato degli obiettivi per l'aumento dei tassi di occupazione dei lavoratori anziani. In assenza di obiettivi quantificati alcuni paesi, come la Germania, fanno riferimento alle proprie strategie generali per promuovere i livelli di occupazione lungo tutto l'arco della vita lavorativa. Il Regno Unito sottolinea che i suoi tassi di occupazione sono già conformi agli obiettivi di Lisbona e Stoccolma, ma che si è posto la priorità di aumentare ulteriormente il tasso di occupazione degli ultracinquantenni entro il 2006. Tuttavia, la determinazione degli Stati membri ad aumentare il tasso di occupazione dei lavoratori più anziani non dipende dai risultati attuali. La Svezia, ad esempio, con un tasso del 66,5% per i lavoratori di età compresa tra 55 e 64 anni, ben superiore a quelli di tutti gli altri Stati membri, nota che l'offerta di manodopera più anziana nell'ultimo decennio si è ridotta in conseguenza dell'aumento dei ritiri dal lavoro favorito da pensioni di invalidità e da pensionamenti negoziati e lamenta che nel 2001 solo il 55% della popolazione di età compresa tra 60 e 64 anni partecipava alla forza lavoro. 4.2.3. Misure per aumentare i tassi di occupazione dei lavoratori anziani In linea di principio tutti gli Stati membri riconoscono l'esigenza di garantire che le persone lavorino più a lungo. Tuttavia, le relazioni strategiche nazionali in genere non presentano un'analisi formale degli incentivi previsti dal sistema fiscale/previdenziale in relazione al prolungamento dell'attività lavorativa. Ciononostante, molte relazioni rilevano l'esistenza di disincentivi al lavoro nei sistemi pensionistici e presentano misure per affrontare il problema. Molti Stati membri hanno già preso, o intendono prendere, una serie di misure per incoraggiare il prolungamento della vita lavorativa, che comprendono un'ampia gamma di iniziative, quali l'eliminazione dei regimi di pensionamento anticipato, l'introduzione di riduzioni attuariali in caso di pensionamento anticipato, l'introduzione di contributi per coloro che scelgono il pensionamento anticipato, condizioni più severe per l'ammissione alla pensione di invalidità, al sussidio di disoccupazione prolungato o alla pensione di disoccupazione, coefficienti più elevati di maturazione della pensione per premiare chi continua a lavorare oltre una certa età e l'introduzione di meccanismi flessibili di pensionamento, tra cui l'eliminazione dell'età di pensionamento obbligatoria e modalità flessibili di lavoro a tempo parziale. La tabella 7 presenta una panoramica delle età di pensionamento e delle possibilità di combinare reddito di lavoro e pensione. Tabella 7: >SPAZIO PER TABELLA> Nel 1996 la Danimarca ha chiuso l'accesso al cosiddetto regime di pre-pensionamento anticipato (una forma di previdenza provvisoria a favore dei disoccupati di età compresa tra 50 e 59 anni che negli ultimi 30 anni avevano versato contributi per i sussidi di disoccupazione per almeno 25 anni) che sarà eliminato completamente entro il 2006. La riforma del regime volontario danese di pensionamento anticipato, attuata nel 2001, prevede l'obbligo di versare contributi se si desidera optare per il prepensionamento, incentivando così il prolungamento dell'attività lavorativa. La Finlandia ha deciso di eliminare gradualmente tra il 2009 e il 2014 la pensione di disoccupazione, che consente ai disoccupati di percepire la pensione all'età di 60 anni se hanno ricevuto il sussidio di disoccupazione al massimo per cinque anni. Anche la Finlandia ha stabilito di chiudere il cosiddetto regime di prepensionamento individuale (pensione di invalidità con requisiti di ammissione poco rigorosi) alla fine del 2003. La Germania sta introducendo nel proprio regime pensionistico delle riduzioni (3,6% della prestazione annua) a carico di chi si ritira dal lavoro prima dei 65 anni. In Francia, l'età di pensionamento legale resta 60 anni, ma occorre completare un periodo di contribuzione di 40 anni (37½ nel settore pubblico); in caso di pensionamento prima dei 65 anni senza aver completato il periodo di contribuzione si applicano delle riduzioni. D'altro canto, l'accumulo di diritti a pensione dopo i 60 anni è limitato per chi ha già completato il periodo di contribuzione. L'Austria ha cercato di rafforzare gli incentivi al lavoro introducendo una serie di modifiche, tra cui l'innalzamento dell'età obbligatoria per il pensionamento anticipato, l'abolizione del pensionamento anticipato per motivi di parziale invalidità, l'aumento delle ritenute previdenziali in caso di pensionamento prima dei 60 anni per le donne e 65 anni per gli uomini e l'aumento delle pensioni integrative in caso di pensionamento dopo l'età obbligatoria. Inoltre, è stata abolita la disposizione concernente il divieto di lavorare per i beneficiari di prestazioni pensionistiche. Per contro, è stata mantenuta la possibilità, finanziariamente vantaggiosa, di un'uscita graduale dal mercato del lavoro prima del pensionamento obbligatorio attraverso forme di occupazione a tempo parziale. Queste misure introdotte in Austria rispecchiano l'approccio di vari altri Stati membri. Pur rappresentando dei cambiamenti sostanziali per molti regimi pensionistici, le misure prese finora sono ben lontane dall'eliminare tutte le opportunità di pensionamento anticipato o dal garantire la neutralità attuariale delle decisioni di pensionamento. In particolare, benché aumentino i disincentivi finanziari al pensionamento anticipato, i premi per il prolungamento della vita lavorativa tendono a restare scarsi, con un implicito onere significativo per chi lavora più a lungo. La sfida che devono affrontare gli Stati membri non è solo politica, ma ha molto a che vedere con la difficile situazione del mercato del lavoro. I regimi di prepensionamento sono stati istituiti come risposta a problemi presenti nel mercato del lavoro che altrimenti si sarebbero riversati su altre componenti del sistema di protezione sociale, in particolare sussidi di disoccupazione e invalidità. Alcuni paesi hanno preso delle misure accompagnatorie sul mercato del lavoro, intese ad evitare indebite privazioni ai disoccupati di età avanzata e ad aumentare le opportunità di occupazione per i lavoratori anziani. La Grecia spiega che gli incentivi presenti nel regime pensionistico greco inducono le persone a ritirarsi ufficialmente dal lavoro il prima possibile per poi continuare a lavorare nel "sommerso" mentre percepiscono la pensione. Il pensionamento anticipato in effetti è molto comune e l'età obbligatoria di pensionamento (65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne) ha un significato puramente teorico. Nel 1998, meno del 20% dei lavoratori si sono ritirati alla normale età di pensionamento, mentre l'80% si sono avvalsi di altre prestazioni, quali le pensioni di invalidità. Anche l'Italia cita il problema del lavoro non dichiarato dopo il pensionamento e prevede di adottare misure per far emergere nell'economia ufficiale i pensionati che lavorano. L'uscita prematura dal mercato del lavoro non avviene solo attraverso il pensionamento anticipato. Anche l'accesso a sussidi a lungo termine per disoccupazione, invalidità e malattia può essere un'alternativa funzionale. Quindi, la limitazione dell'accesso al pensionamento anticipato de facto spesso implica dei cambiamenti nelle condizioni di una serie di prestazioni previdenziali. Un esempio è il caso dei Paesi Bassi, dove il governo sta pianificando un pacchetto di iniziative in merito a una serie di disincentivi all'occupazione dei lavoratori anziani, che comprende l'abolizione delle agevolazioni fiscali per i regimi privati di pensionamento anticipato a ripartizione, la riduzione del numero di lavoratori anziani che richiedono il sussidio di disoccupazione (scoraggiando i licenziamenti di dipendenti dai 57( anni di età, obbligando i datori di lavoro a contribuire alla spesa per i sussidi di disoccupazione e reintroducendo l'obbligo di lavorare per le persone di 57½ anni e oltre), una riforma generale intesa a ridurre l'ammissione dei lavoratori (anziani) alle prestazioni di invalidità e l'introduzione di incentivi sul versante della domanda, per assumere e trattenere lavoratori anziani grazie a riduzioni fiscali mirate a favore dei datori di lavoro. Le pensioni di invalidità possono diventare uno strumento alternativo per ritirarsi dal mercato del lavoro, a seconda del rigore con cui vengono applicati i criteri di ammissibilità. Alcuni paesi (Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Grecia, Lussemburgo, Austria e Svezia) hanno effettuato, o avviato, una revisione delle rispettive pensioni di invalidità, nell'intento di rendere più severe le condizioni per la concessione della pensione, rafforzare le misure di riabilitazione e offrire un lavoro alternativo adeguato al posto della pensione. In numerosi Stati membri l'età pensionabile e il passaggio dalla vita lavorativa al pensionamento sono stati resi più flessibili. I nuovi sistemi pensionistici italiano e svedese vanno anche oltre: l'approccio "figurativo a contribuzione definita" garantisce un forte legame attuariale tra contributi e prestazioni e consente di scegliere quando ritirarsi del lavoro e con che livello di reddito da pensione. Nel contempo, il legame attuariale tra contributi e prestazioni funge da potente incentivo all'occupazione. La Finlandia intende introdurre un'età di pensionamento flessibile, tra 62 e 68 anni, a partire dal 2005, e a quest'età offre coefficienti più elevati di maturazione dei diritti a pensione. Anche il Lussemburgo applica coefficienti di maturazione più elevati per i lavoratori anziani. Nel Regno Unito è possibile continuare a ricevere le pensioni statali obbligatorie pur continuando a lavorare e posticipare la riscossione per incrementare l'importo. Tuttavia, in molti Stati membri le norme sul pensionamento restano piuttosto rigide e lavorando più a lungo non si ottiene una remunerazione equa sul piano attuariale. I cambiamenti nei sistemi pensionistici e altri meccanismi che agevolano l'uscita dei lavoratori anziani dal mercato del lavoro talvolta sono accompagnati da iniziative volte a modificare gli atteggiamenti di datori di lavoro e lavoratori. Nella relazione del Regno Unito si spiega che il governo sta promuovendo una serie di iniziative per l'"invecchiamento attivo", dalla campagna Age Positive, contro le discriminazioni basate sull'età nella formulazione della legislazione in materia prevista per il 2006, al New Deal per gli ultracinquantenni in cerca di lavoro, alla condivisione delle migliori prassi in fatto di meccanismi flessibili di pensionamento. Ovviamente, ai fini dell'aumento dei tassi di occupazione dei lavoratori anziani e dell'innalzamento dell'effettiva età di pensionamento non basta introdurre dei cambiamenti nei parametri dei sistemi pensionistici. Nella relazione congiunta del Consiglio e della Commissione circa l'"incremento del tasso di partecipazione al mercato del lavoro e la promozione dell'invecchiamento attivo" in vista del Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002 si sottolinea che la partecipazione al mercato del lavoro dipende dall'interazione di quattro fattori: disponibilità e attrattività del lavoro; equilibrio degli incentivi finanziari; istruzione e formazione; e un ambiente favorevole in termini di strutture di assistenza, trasporti e consulenze. Nella relazione si raccomanda pertanto la formulazione di una strategia globale per l'aumento dell'occupazione, basata su un approccio dinamico che consenta la massima partecipazione al mercato del lavoro lungo tutto l'arco della vita. Il prolungamento della vita attiva richiederà che la capacità di lavorare e l'idoneità al lavoro si mantengano elevate durante tutta la vita lavorativa, grazie a una combinazione di misure volta a fornire più posti di lavoro, a migliorare la qualità del lavoro e a renderlo redditizio, a garantire competenze maggiori e flessibili e a fare del lavoro una opportunità reale per tutti. 4.2.4. Valutazione dell'impatto finanziario del prolungamento della vita lavorativa Le riforme già intraprese o previste nell'intento di promuovere il prolungamento della vita attiva sono passi importanti nella giusta direzione, benché in generale non siano disponibili delle valutazioni sui relativi effetti. In molti casi, sembra che le iniziative intraprese o previste non corrispondano all'entità dei risultati richiesti in termini di tassi di occupazione e quindi non forniscano un contributo adeguato per affrontare la sfida finanziaria posta ai sistemi pensionistici. Tuttavia, sono disponibili alcune importanti valutazioni qualitative. Secondo la Danimarca, l'abolizione del prepensionamento anticipato e il maggior rigore delle norme per beneficiare delle pensioni di invalidità e del pensionamento anticipato non hanno prodotto un aumento del tasso di disoccupazione dei lavoratori anziani, a dimostrazione del fatto che un aumento dell'offerta di manodopera stimola l'occupazione. Alcuni paesi giudicano che i tassi di occupazione non si possono aumentare in misura tale da poter compensare, da soli, una quota rilevante dell'atteso aumento della spesa pensionistica, bensì possono solo ridurre gli aumenti attesi nella spesa futura. Il gruppo di lavoro "Invecchiamento" del comitato di politica economica ha effettuato alcune analisi di sensibilità in merito all'impatto dell'aumento dell'età di pensionamento effettiva sulla spesa pensionistica. Un risultato rilevante è la scoperta che l'impatto sulla spesa pensionistica dipende molto dalla struttura del sistema e dalle modalità di innalzamento dell'età. Più precisamente, se il cambiamento dell'età di pensionamento effettiva implica o meno la concessione di diritti aggiuntivi a prestazioni pensionistiche. Se, per esempio, l'età di pensionamento può essere innalzata di un anno senza aumentare il tasso di sostituzione, magari posticipando la riscossione di una pensione di invalidità o di un'altra prestazione anticipata non attuariale in un sistema a prestazione definita, l'atteso aumento della spesa pensionistica risulterebbe ridotto di 0,6-1 punti percentuali sul PIL (in relazione allo scenario base). Quindi, innalzando di un anno l'età di pensionamento effettiva si assorbirebbe, in media, il 20% circa dell'atteso aumento nella spesa pensionistica nel 2050. In altre parole, posticipando di cinque anni l'età di pensionamento effettiva - come auspicato dal Consiglio europeo di Barcellona - senza prevedere la maturazione di diritti aggiuntivi, la spesa pensionistica pubblica potrebbe mantenersi in linea di massima sui livelli attuali. Se, tuttavia, l'ulteriore anno di occupazione fa maturare diritti aggiuntivi alla pensione, come avviene spesso in particolare nei regimi a contribuzione definita, l'impatto sulla spesa pensionistica risulta molto più limitato. Comunque, anche in questo caso, la riforma risulta vantaggiosa in termini di aumento dei contributi e della produzione economica. Inoltre, consente ai pensionati di migliorare il tenore di vita. Poiché molte delle misure indicate nelle relazioni strategiche nazionali sono molto recenti, i risultati visibili sono ancora piuttosto scarsi nella maggior parte dei paesi, o quasi assenti in alcuni di essi. Per quanto concerne gli incentivi finanziari a lavorare più a lungo, esistono ancora aliquote fiscali implicite relativamente elevate e in molti Stati membri gli anni lavorativi aggiuntivi non producono ancora un aumento delle pensioni. Inoltre, è evidente che il ritmo delle riforme finora è insufficiente per conseguire gli obiettivi di Stoccolma e Barcellona concernenti i lavoratori più anziani. 4.2.5. Conclusioni: il prolungamento della vita attiva come valido strumento per garantire la sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici Il prolungamento della vita lavorativa è una soluzione valida per aumentare i tassi di occupazione in generale e quindi contribuire al miglioramento della sostenibilità finanziaria a fronte dell'invecchiamento demografico. Gli Stati membri ne sono ben consapevoli. Tuttavia, è auspicabile un approccio molto più sistematico che tenga conto dell'impatto delle strutture fiscali/previdenziali, delle prassi occupazionali e delle aspettative degli individui. Se si vuole che i modelli di pensionamento cambino in misura sufficiente entro il 2010, occorre che la maggior parte degli Stati membri rafforzino le rispettive politiche e garantiscano una lungimiranza e un coordinamento superiori a quelli attuali. Consiglio e Commissione hanno già sottolineato in numerosi documenti l'obiettivo prioritario di indurre i lavoratori a prolungare la vita attiva e di eliminare gli incentivi al pensionamento anticipato, nonché di riesaminare gli incentivi contenuti nei regimi fiscali/previdenziali in generale nell'intento di renderli più favorevoli all'occupazione. [14] [14] Cfr. le conclusioni del Consiglio europeo di Barcellona, gli Orientamenti generali di politica economica, gli indirizzi per l'occupazione e la relazione congiunta presentata al Consiglio europeo di Barcellona circa l'Incremento del tasso di partecipazione al mercato del lavoro e la promozione dell'invecchiamento attivo. 4.3. Obiettivo 6: sistemi pensionistici sostenibili in un contesto di solidità delle finanze pubbliche Promuovere un'adeguata riforma dei sistemi pensionistici tenendo conto dell'obiettivo generale di mantenere la sostenibilità delle finanze pubbliche. Nel contempo, la sostenibilità dei regimi pensionistici dev'essere accompagnata da valide politiche fiscali, ivi compresa, ove necessario, una riduzione del debito [15]. Le strategie adottate per raggiungere questo obiettivo possono comprendere anche la creazione di appositi fondi di riserva. [15] Le strategie degli Stati membri per garantire la solidità e sostenibilità delle finanze pubbliche sono riportate e valutate nel quadro degli Orientamenti generali di politica economica e del Patto di stabilità e di crescita, ai quali dovrebbero essere conformi. La Commissione e il Consiglio, in una relazione congiunta presentata al Consiglio europeo di Stoccolma [16] sulla qualità e sostenibilità delle finanze pubbliche e sul loro contributo alla crescita e all'occupazione, hanno delineato una triplice strategia per affrontare le implicazioni di bilancio dell'invecchiamento demografico: [16] Consiglio dell'Unione europea (2001), "Il contributo delle finanze pubbliche alla crescita e all'occupazione: migliorare la qualità e la sostenibilità", relazione della Commissione e del Consiglio (ECOFIN) al Consiglio europeo (Stoccolma, 23-24 marzo 2001), 6997/01; - gli Stati membri dovrebbero ridurre il debito pubblico per prepararsi alle conseguenze di bilancio dell'invecchiamento demografico; - gli Stati membri dovrebbero intraprendere una riforma globale del mercato del lavoro, compresi i sistemi fiscali e previdenziali, onde aumentare i tassi di occupazione, in particolare tra i lavoratori anziani e le donne; - gli Stati membri dovrebbero intraprendere riforme ambiziose dei sistemi pensionistici, al fine di contenere le pressioni sulle finanze pubbliche, fornire una solida base finanziaria ai sistemi pensionistici e garantire l'equilibrio intergenerazionale. Le due sezioni precedenti si sono incentrate sull'aumento dei tassi di occupazione in generale, e dei lavoratori anziani in particolare, nell'intento di valutare in che modo le riforme del mercato del lavoro possono contribuire a far fronte alle sfide poste alla sostenibilità dei regimi pensionistici dall'invecchiamento della popolazione. Questa sezione analizza la possibilità di prevenire le conseguenze di bilancio dell'invecchiamento attraverso le stesse riforme delle pensioni e l'aumento del margine di manovra del bilancio grazie alla riduzione del debito pubblico o all'accumulo di fondi di riserva per le pensioni pubbliche. L'analisi prende in esame le sfide di bilancio che gli Stati membri devono affrontare nei rispettivi sistemi pensionistici e le riforme che intendono introdurre; infine, valuta in che modo tali riforme potranno contribuire al conseguimento dell'obiettivo generale della sostenibilità finanziaria dei regimi pensionistici e di conseguenza anche alla sostenibilità delle finanze pubbliche in generale. Quest'ultimo aspetto viene esaminato nel quadro degli Orientamenti generali di politica economica e nel contesto del patto di stabilità e di crescita, come richiesto nelle conclusioni del Consiglio europeo di Stoccolma e ribadito nella relazione congiunta al Consiglio di Laeken sulla qualità e sostenibilità delle pensioni. Una quota consistente della spesa pensionistica complessiva è finanziata dai bilanci pubblici, fermo restando l'obbligo di riesaminare i sistemi pensionistici e la loro sostenibilità a lungo termine nel contesto del patto di stabilità e di crescita. Occorre garantire che l'aumento della spesa spesa pubblica per le pensioni non metta a rischio la sostenibilità delle finanze pubbliche. Nel contempo, tuttavia, una gestione efficace delle finanze pubbliche e la riduzione del debito consentiranno di alleggerire il carico sulle finanze pubbliche e contribuiranno a far fronte all'impatto budgetario dell'invecchiamento demografico. 4.3.1. Impatto attuale e previsto dei sistemi pensionistici sulla spesa pubblica Alla fine del 1999 il comitato di politica economica ha istituito un gruppo di lavoro (il gruppo di lavoro "Invecchiamento", formato da esperti delle amministrazioni nazionali) incaricato di formulare delle proiezioni in merito alla spesa pubblica per le pensioni. Tutti i calcoli sono stati effettuati da esperti delle amministrazioni nazionali secondo un approccio coordinato, tenendo conto di proiezioni demografiche comuni formulate da Eurostat e di ipotesi concordate sugli sviluppi macroeconomici. L'impatto stimato delle recenti riforme è stato inserito nei calcoli solo se l'entrata in vigore della legislazione concernente la riforma era prevista entro la fine del 2000 (2001 per alcuni paesi). Di conseguenza, i calcoli non comprendono l'impatto stimato delle riforme più recenti attuate o concordate nel 2001 o successivamente, in paesi quali Germania, Portogallo, Grecia, Finlandia e Regno Unito. Dai risultati emerge che la spesa pensionistica pubblica ha assorbito in media il 10,4% del PIL nel 2000, con percentuali variabili tra 4,6% e 14,5%. Il livello ridotto della spesa pensionistica pubblica in Irlanda e nel Regno Unito deriva dal fatto che in questi paesi i regimi pubblici forniscono prevalentemente prestazioni forfetarie, mirate a garantire un livello minimo di reddito, mentre le pensioni integrative sono organizzate in sistemi privati. In Irlanda, il basso livello di spesa si spiega anche con le dimensioni relativamente limitate della popolazione dei pensionati. Per contro, nella maggior parte dei paesi UE le prestazioni previdenziali pubbliche sono fornite da regimi pensionistici basati sul reddito, talvolta integrati da pensioni minime garantite o forme di assistenza sociale per i meno abbienti, con un conseguente aumento della quota delle pensioni pubbliche fino al 10% del PIL e oltre. Secondo le proiezioni del gruppo di lavoro "Invecchiamento", nei prossimi decenni la spesa pensionistica pubblica è destinata ad aumentare di 3-5 punti percentuali in relazione al PIL nella maggior parte degli Stati membri con riferimento allo scenario base, che presuppone il mantenimento delle politiche in vigore nel 2000. Le differenze tra gli Stati membri nell'incremento atteso della spesa pubblica sono piuttosto consistenti. Il Regno Unito è l'unico paese dove le proiezioni indicano un calo della quota del PIL assorbita dalla spesa pensionistica, contro un aumento del tasso di dipendenza demografica degli anziani. Le proiezioni indicano incrementi relativamente limitati per Italia, Svezia e Lussemburgo. In Italia e Svezia, questi scarsi incrementi si possono attribuire in larga misura all'introduzione di nuovi regimi pensionistici a contribuzione definita con legami attuariali più stretti tra contributi e prestazioni e una formula per il computo delle prestazioni che tiene conto della speranza di vita al momento del pensionamento. I maggiori incrementi si prevedono per la Spagna (7,9 punti percentuali sul PIL) e la Grecia (12,2) e sono dovuti in parte alla maturazione dei sistemi pensionistici nei due paesi, dove un numero crescente di pensionati completerà il periodo di contribuzione. Nei restanti paesi dell'UE gli incrementi variano tra 3,7 e 6,2 punti percentuali, mentre per l'UE nel suo complesso dovrebbero ammontare a 3,2 punti percentuali. Tabella 8: Spesa pensionistica pubblica (comprese la maggior parte delle forme pubbliche di reddito sostitutivo a partire dai 55 anni di età) prima delle imposte, in percentuale sul PIL; proiezioni basate sulla legislazione in vigore nel 2000 >SPAZIO PER TABELLA> Nelle relazioni strategiche nazionali in materia di pensioni, la maggior parte degli Stati membri considerano le proiezioni del CPE sufficientemente accurate per illustrare le tendenze previste nella spesa pensionistica pubblica. Alcuni hanno aggiornato le proiezioni del comitato di politica economica, ad esempio tenendo conto di successive riforme, e alcuni presentano dei calcoli alternativi nelle relazioni strategiche nazionali. Come già ricordato sopra, le proiezioni del CPE non comprendono l'impatto delle più recenti riforme in Germania, Portogallo, Grecia, Finlandia e Regno Unito. Il Portogallo indica un aumento stimato della spesa pensionistica pubblica dal 9,7% del PIL nel 2000 al 12,2% del PIL nel 2050, tenendo conto degli effetti della riforma del 2002 (contro l'aumento da 9,8% a 13,2% stimato nelle proiezioni CPE). Tenendo conto della riforma 2002 e sulla base di una revisione delle cifre demografiche e relative all'occupazione, la Grecia stima un incremento dal 12,6% al 22.6% del PIL (CPE: dal 12,6% al 24,8%). Secondo il Regno Unito la spesa pensionistica pubblica dovrebbe mantenersi ampiamente sui livelli del 2000 tenendo conto dell'impatto delle riforme del 2002 (ossia circa 5,5% del PIL invece del 4,4% delle proiezioni del CPE). La Finlandia ritiene che la recente riforma approvata nell'ottobre 2002 consentirà di rafforzare la base contributiva, riducendo di conseguenza la necessità di aumentare il tasso di contribuzione sui salari dai 10 punti percentuali stimati in precedenza a solo 5 punti percentuali entro il 2050. La Germania prevede un incremento di 4,1 punti percentuali sul PIL (invece dei 5 punti percentuali stimati nelle proiezioni del CPE). Altri Stati membri hanno modificato le rispettive proiezioni tenendo conto delle informazioni più recenti, ad esempio sugli sviluppi demografici e occupazionali. Alcuni hanno fornito anche informazioni più dettagliate su alcuni elementi del sistema pensionistico, in particolare il sistema previdenziale contributivo. Il Belgio ha inserito una proiezione aggiornata utilizzata nel piano di stabilità che fornisce un quadro più generale dell'impatto dell'invecchiamento sulla sicurezza sociale nel suo complesso (+3,4 punti percentuali sul PIL). In ogni caso, le cifre modificate sono solo leggermente diverse, per cui è lecito concludere che tutto sommato le proiezioni del CPE sono affidabili e forniscono una valida indicazione dell'ordine di grandezza degli incrementi attesi nella spesa pensionistica. 4.4. Contributi ai sistemi pensionistici pubblici Le proiezioni di spesa presentate sopra evidenziano le pressioni finanziarie cui devono far fronte i regimi pensionistici pubblici. I meccanismi di finanziamento variano a seconda dei paesi. In tutti i casi, la componente basata sul reddito del sistema pensionistico pubblico è generalmente finanziata da contributi prelevati sul reddito da lavoro. In Irlanda, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito le pensioni forfetarie di base sono di tipo contributivo e solo la Danimarca finanzia le pensioni del primo pilastro con il prelievo di imposte. Per contro, in tutti i paesi le pensioni minime soggette all'accertamento delle condizioni economiche sono finanziate da imposte. In generale, i sistemi di assicurazioni sociali obbligatorie sono distinti dal bilancio statale, ma solo in alcuni casi esiste l'obbligo di legge di coprire i deficit all'interno dello stesso sistema previdenziale. Trasferimenti consistenti dal bilancio generale a favore degli enti previdenziali sono comuni, anche in conseguenza degli elementi di solidarietà presenti nei regimi pensionistici obbligatori e finanziati con prelievi fiscali (quali integrazioni previdenziali per i meno abbienti e contributi per i periodi di disoccupazione, assistenza ai figli, ecc.). Nel contesto delle politiche attuali, in quasi tutti i paesi si evidenzierà un fabbisogno aggiuntivo di finanziamenti pubblici, che determinerà l'aumento dei contributi, l'innalzamento dell'età di pensionamento, la riduzione delle prestazioni, l'aumento dei trasferimenti dal bilancio generale - o altre misure volte a promuovere la sostenibilità finanziaria. Gli Stati membri dovranno rispondere con misure politiche il più possibile di ampia portata. Questa sezione, tuttavia, prende in esame innanzitutto le politiche degli Stati membri concernenti le aliquote di contribuzione. Finora, il maggiore impegno ad evitare l'aumento di imposte e contributi si è riscontrato in Svezia, dove l'aliquota di contribuzione al nuovo sistema è fissa e si effettueranno i necessari adeguamenti solo sul versante delle prestazioni. L'Italia si è mossa nella stessa direzione con le sue riforme, ma l'adeguamento sul versante delle prestazioni entrerà in vigore a pieno titolo solo dopo un periodo di transizione molto lungo. La Germania si è impegnata a mantenere le aliquote di contribuzione sotto il 22%, e il governo ha l'obbligo di proporre al parlamento misure adeguate se le proiezioni a 15 anni dovessero indicare che l'obiettivo non sarà conseguito. I Paesi Bassi non intendono aumentare l'aliquota di contribuzione oltre il 18,25%. Il deficit del sistema pensionistico sarà coperto da trasferimenti dal fondo di riserva o dal bilancio generale. L'adeguamento del sistema pensionistico del Lussemburgo sarà effettuato attraverso l'aliquota di contribuzione, molto sensibile a un possibile calo del numero di lavoratori transfrontalieri: se il sistema è in grado di mantenere una crescita tendenziale relativamente elevata in termini di numero di contribuenti, l'impatto dell'invecchiamento demografico potrà essere in larga misura compensato. La stabilità finanziaria del sistema lussemburghese è garantita se l'economia cresce all'incirca del 4% annuo grazie ai lavoratori provenienti dai paesi vicini. Con le politiche attuali, la necessità di finanziamenti aggiuntivi per Irlanda e Regno Unito appare limitata o addirittura inesistente. Nei restanti paesi, la strategia sulle aliquote di contribuzione non è molto chiara. Le relazioni strategiche nazionali non forniscono informazioni precise in merito all'attesa evoluzione dei contributi e sembrano suggerire che l'aliquota di contribuzione sia un parametro che può essere adattato a seconda del fabbisogno finanziario. Tuttavia, questo adeguamento appare possibile anche con mezzi diversi dalle aliquote di contribuzione, quali le sovvenzioni dal bilancio statale o ulteriori misure di riforma delle pensioni. In numerosi paesi, si allargherà il margine di manovra con la riduzione del debito pubblico e/o la costituzione di fondi di riserva. In molti Stati membri occorrerebbe aumentare le aliquote di contribuzione sui salari di 5-10 punti percentuali, corrispondenti a un aumento del carico fiscale complessivo di diversi punti percentuali in relazione al PIL. Per la Grecia la sfida è particolarmente difficile, poiché i trasferimenti dal bilancio generale dovrebbero salire fino al 15,5% del PIL entro il 2050. La tabella 9 che segue presenta una sintesi delle informazioni fornite nelle relazioni nazionali in merito al finanziamento dei sistemi pensionistici pubblici. Tabella 8: Aliquote di contribuzione nei regimi pensionistici pubblici >SPAZIO PER TABELLA> Per valutare lo sforzo finanziario complessivo richiesto per l'erogazione delle prestazioni previdenziali occorre aggiungere ai contributi versati ai regimi pubblici quelli versati a regimi pensionistici privati e professionali. In Danimarca, ad esempio, l'aliquota di contribuzione per le pensioni professionali integrative varia tra l'8 e il 16% dei salari e in Svezia tra il 2 e il 15%. Sempre in Svezia, le aliquote tendono ad essere più alte per chi percepisce un reddito elevato, al fine di garantire un'adeguata sostituzione del reddito che supera il tetto previsto nel regime obbligatorio. In Irlanda, le normali aliquote di contribuzione sono dell'11%, e in Italia del 9,25%. 4.3.3. Misure generali intese a garantire il finanziamento della spesa pensionistica pubblica Tutti gli Stati membri sono consapevoli della sfida finanziaria posta dall'invecchiamento demografico e per la maggior parte hanno già preso importanti iniziative mirate a garantire la sostenibilità finanziaria dei rispettivi regimi pensionistici obbligatori. Molti Stati membri negli ultimi dieci anni hanno intrapreso una serie di riforme dei sistemi pensionistici mirate a contenere la spesa futura. Più recentemente, Svezia e Italia, hanno intrapreso una trasformazione radicale dei rispettivi sistemi pensionistici, trasformandoli in sistemi figurativi a contribuzione definita, nei quali la sostenibilità finanziaria è gestita innanzitutto attraverso uno stretto legame tra contributi e prestazioni. Altri paesi, quali Finlandia, Germania e Portogallo hanno recentemente introdotto importanti aggiustamenti nei parametri dei rispettivi regimi pensionistici nell'intento di contenere la futura crescita della spesa previdenziale preservando la struttura fondamentale dei sistemi pensionistici. Paesi quali Francia, Spagna e Austria hanno riconosciuto l'esigenza di ulteriori riforme sostanziali e intendono formulare nuove proposte di riforma entro uno o due anni. Alcuni Stati membri, in particolare Belgio, Danimarca, Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi, sono intervenuti maggiormente sul versante finanziario con l'intento di garantire la solidità delle finanze pubbliche e costituire riserve per l'aumento della spesa futura, senza pianificare riforme radicali del sistema previdenziale. Nel 2002 la Grecia ha fatto notevoli progressi nella revisione delle condizioni quadro delle prestazioni previdenziali e nel miglioramento della credibilità del sistema pensionistico, mentre le misure per garantirne la sostenibilità finanziaria sono state rimandate ad una fase successiva. La maggior parte degli Stati membri ritengono che la riduzione del debito pubblico o la costituzione di fondi di riserva siano condizioni importanti per prepararsi alle future necessità di spesa derivanti dall'invecchiamento demografico. Numerosi Stati membri sottolineano il loro impegno a garantire la solidità delle finanze pubbliche quale elemento fondamentale della strategia per far fronte all'invecchiamento. Inoltre, questi impegni spesso sono stati sostenuti con la creazione di fondi di riserva spesso al di fuori dei bilanci pubblici, che consentiranno ai governi di mantenere le pensioni a livelli adeguati per la generazione del "baby boom", riducendo così la necessità di aumentare le imposte o i contributi. Inoltre, lo sviluppo di regimi pensionistici professionali e privati fornisce risorse aggiuntive per il finanziamento delle pensioni future. Nel lungo periodo, tuttavia, l'aumento della speranza di vita richiederà adeguamenti permanenti in termini di prestazioni, contributi o durata della vita lavorativa. Consistenti fondi di riserva per i regimi pensionistici obbligatori esistono già in Lussemburgo, Svezia, Danimarca e Finlandia, dove già da tempo sono previste disposizioni per la parziale provvista di fondi. Anche Belgio, Paesi Bassi, Spagna, Grecia, Portogallo, Francia e Irlanda hanno recentemente costituito nuovi fondi di riserva. Tuttavia, gli importi accumulati finora nei fondi di recente costituzione sono limitati (salvo in Irlanda, dove nel 2001 ammontavano all'8% del PIL). In generale, l'intenzione è di aumentare le riserve in misura variabile, attraverso impegni ad effettuare trasferimenti regolari, prima che l'invecchiamento demografico imponga un crescente carico di spesa pensionistica. In Irlanda la legge stabilisce l'obbligo di versare ogni anno l'1% del PNL al fondo di riserva. Allo stesso modo, la Grecia ha creato un fondo nel 2002, impegnandosi a versare un contributo dell'1% del PIL fino al 2015. In Spagna e Portogallo, le eccedenze del settore previdenziale saranno accantonate per coprire le future spese pensionistiche (in Portogallo al fondo è destinato il 2% dei contributi previdenziali dei dipendenti, oltre ad eventuali eccedenze del sistema previdenziale), mentre in Belgio e nei Paesi Bassi i risparmi realizzati grazie al calo degli interessi passivi dovuto alla riduzione del debito pubblico saranno accantonati in un fondo specifico per le spese pensionistiche. Tabella 10: Fondi di riserva dei regimi pensionistici del primo pilastro, in % sul PIL >SPAZIO PER TABELLA> I Paesi Bassi e la Danimarca prevedono anche di beneficiare della tassazione differita delle pensioni private. In cambio della deducibilità fiscale dei contributi versati ai piani pensionistici privati e dell'esenzione del reddito da investimento derivante da tali piani nel periodo di accumulo dei contributi, le prestazioni pensionistiche sono soggette all'imposta sul reddito quando vengono erogate dal fondo. Questo modello di tassazione fa aumentare il gettito fiscale nel momento in cui le prestazioni pensionistiche pubbliche sono elevate, contribuendo così a coprire l'aumento della spesa pubblica dovuto all'invecchiamento. Tuttavia, a causa della riduzione delle aliquote fiscali medie sulle pensioni (dovuta a speciali norme fiscali applicate alle pensioni o all'imposta progressiva sul reddito) la tassazione differita implica una sovvenzione netta. In altri Stati membri, a seconda del livello dei redditi da pensione e del regime fiscale a cui sono soggetti, i governi possono recuperare una parte dell'aumento della spesa pensionistica pubblica e privata attraverso il prelievo fiscale sulle pensioni, cosicché la spesa pubblica netta risulta leggermente inferiore alla spesa lorda. Il finanziamento delle pensioni pubbliche non è ancora interamente garantito dalle misure adottate per riformare i sistemi pensionistici, né dall'accumulo di risorse per far fronte alle spese future. Al fine di evitare aumenti consistenti delle aliquote fiscali o di contribuzione, gli Stati membri devono perseguire valide politiche macroeconomiche e pubbliche, oltre a riforme strutturali studiate per promuovere la crescita stabile, l'aumento dei tassi di occupazione e la riduzione del debito. Molti Stati membri, quali Belgio, Danimarca, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia, considerano la riduzione del debito pubblico come una condizione fondamentale nella strategia di risposta alle sfide dell'invecchiamento e hanno stabilito obiettivi specifici per chiudere in attivo i conti pubblici nei prossimi anni. Inoltre, tutti gli Stati membri riconoscono l'importanza dell'aumento dei tassi di occupazione ai fini del rafforzamento della base contributiva e della solidità delle finanze pubbliche. Infine, una serie di Stati membri si sono impegnati a introdurre ulteriori riforme nei rispettivi sistemi pensionistici. Tabella 11: Disavanzi dei conti pubblici e debiti lordi, in % sul PIL >SPAZIO PER TABELLA> Tuttavia, dagli sviluppi più recenti nei disavanzi e nel debito pubblico si deduce che per molti paesi anche il conseguimento di una situazione di bilancio equilibrata rappresenta una grossa sfida e nella maggior parte dei casi occorre agire con determinazione per realizzare delle eccedenze, nell'intento di ridurre il debito pubblico o di costituire fondi di riserva. Secondo le previsioni, solo cinque paesi (DK, E, L, FIN e S) registreranno un avanzo nel 2002; cinque paesi (B, IRL, NL, A e UK) passeranno da un avanzo nell'anno precedente a un disavanzo; nei restanti paesi (D, EL, F, I, P) il disavanzo dovrebbe addirittura aumentare rispetto al 2001, con l'eccezione del Portogallo, che sta già prendendo delle misure per ridurre il deficit eccessivo verso il pareggio. Nell'UE in generale, la situazione di bilancio è peggiorata notevolmente nel 2002, e il disavanzo è passato dallo 0,8% del PIL all'1,9%. Benché in parte sia dovuto a fluttuazioni cicliche, questo peggioramento è anche una conseguenza della lentezza dei progressi nell'attuazione delle riforme strutturali negli Stati membri e segna una battuta d'arresto per le strategie in materia previdenziale. . Tabella 12: Panoramica delle strategie nazionali intese a garantire la sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici >SPAZIO PER TABELLA> 4.3.4. Conclusioni: sostenibilità finanziaria dei regimi pensionistici pubblici e solidità delle finanze pubbliche Le dimensioni della sfida posta ai sistemi pensionistici pubblici variano nei diversi Stati membri, a causa di molti fattori, quali le diverse strutture dei sistemi pensionistici, l'incisività e la natura delle riforme intraprese finora, la situazione generale delle finanze pubbliche e l'entità e i tempi della futura evoluzione demografica. In ogni caso, tutti gli Stati membri riconoscono queste problematiche nelle rispettive relazioni nazionali e stanno preparando le strategie per il futuro. Gli elementi raccomandati negli Orientamenti generali di politica economica per garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche nel lungo periodo, ossia aumentare i tassi di occupazione, ridurre il debito pubblico e riformare i sistemi previdenziali, sono tutti contenuti nelle strategie delineate dagli Stati membri. Nel Regno Unito, la struttura di base del sistema pensionistico e in particolare i metodi di indicizzazione delle pensioni spiegano perché il finanziamento dei sistemi pensionistici pubblici non pone grossi problemi. La sfida è limitata anche in Svezia, grazie alla riforma generale del sistema pensionistico, che ora appare ben preparato all'invecchiamento della popolazione e ad altre trasformazioni sociali. In un gran numero di paesi sono già state varate strategie generali per affrontare i complessi problemi posti dall'invecchiamento demografico, tra cui riforme nel sistema pensionistico pubblico, misure per aumentare gli incentivi a lavorare e a posticipare il pensionamento e iniziative per attuare politiche pubbliche efficaci e accumulare riserve per i futuri incrementi di spesa. Questo gruppo comprende paesi quali Belgio, Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Lussemburgo, Portogallo e Finlandia, dove i regimi pensionistici pubblici sembrano avvicinarsi alla sostenibilità finanziaria. Questo significa che nonostante i consistenti aumenti previsti nella spesa pensionistica, le strategie adottate dovrebbero garantire che gli aumenti delle aliquote di contribuzione, le sovvenzioni dal bilancio statale o il debito pubblico siano gestibili senza introdurre modifiche consistenti negli stessi sistemi pensionistici. Tuttavia, il successo delle strategie spesso dipende fortemente dagli ambiziosi obiettivi stabiliti in particolare per le politiche relative a finanze pubbliche e occupazione, oltre che dagli sviluppi macroeconomici generali. L'Italia ha già attuato una riforma generale del suo sistema pensionistico pubblico negli anni '90. Tuttavia per il futuro si prevedono disavanzi considerevoli. Inoltre, il livello elevato del debito pubblico rappresenta un vincolo notevole, che comporta limitazioni più rigide anche per il sistema pensionistico. Si renderanno pertanto necessarie ulteriori riforme. Questo vale anche per la Germania, dove grazie alla riforma del 2001 il previsto aumento della spesa pensionistica pubblica dovrebbe ridursi di circa 1 punto percentuale sul PIL, restando comunque al di sopra dell'incremento medio per l'UE. Nel restante gruppo di paesi, che comprende Grecia, Spagna, Francia e Austria, il previsto aumento della spesa pensionistica pubblica è notevole e superiore alla media UE. In questi paesi, le riforme annunciate sono effettivamente necessarie. Quest'analisi conferma ampiamente che le raccomandazioni fornite a nove Stati membri negli Orientamenti generali di politica economica del 2002 erano opportune, e nella maggior parte dei casi lo sono tuttora. In molti casi, le stesse relazioni strategiche nazionali sottolineano la necessità delle riforme e in alcuni casi fanno riferimento a misure già prese quest'anno, ad esempio in Portogallo e Finlandia. La sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici pubblici è in larga misura collegata alla sostenibilità delle finanze pubbliche nel loro complesso. Questo è dovuto al fatto che le pensioni sono una componente rilevante della spesa pubblica di tutti i governi centrali e il loro finanziamento spesso comporta interventi dal bilancio statale. In alcuni paesi, i sistemi pensionistici pubblici sono organizzati quasi completamente all'interno dell'amministrazione pubblica centrale, mentre in altri l'amministrazione dei sistemi pensionistici pubblici è organizzata nell'ambito del settore più generale della sicurezza sociale. Anche nei casi in cui le pensioni sono finanziate da contributi accantonati e gestiti in fondi separati, tali contributi rientrano nel carico fiscale complessivo, e il loro aumento equivarrebbe a un aumento delle imposte, a meno che non diano diritto a prestazioni migliori. L'onere dei previsti aumenti di spesa sarà suddiviso tra contributi, imposte e fondi di riserva, o trasmesso alle generazioni future attraverso l'aumento del debito. Benché i governi stiano costituendo fondi di riserva a copertura delle spese future, le sovvenzioni da fondi fiscali e/o l'indebitamento dovrebbero aumentare in molti paesi nel momento in cui si concretizzerà il problema dell'invecchiamento demografico. Infine, occorre tenere presente che l'invecchiamento demografico influisce anche su altre spese, in particolare nel campo dell'assistenza sanitaria e a lungo termine, anch'esse finanziate prevalentemente mediante l'imposizione fiscale e il versamento di contributi in tutti gli Stati membri. Inoltre, la situazione di partenza dei bilanci pubblici e il livello del debito pubblico influiscono sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche. La sostenibilità generale delle finanze pubbliche viene valutata nel contesto del patto di stabilità e di crescita sulla base delle informazioni fornite nei programmi di stabilità e convergenza. Secondo le valutazioni più recenti, presentate nella relazione sulle finanze pubbliche nell'UEM - 2002, esiste la possibilità che emergano squilibri di bilancio a lungo termine nella metà degli Stati membri (Germania, Spagna, Grecia, Finlandia, Italia, Austria e Portogallo) con diversi livelli di rischio e diversi motivi soggiacenti (cfr. Commissione europea: finanze pubbliche nell'UEM - 2002). 4.4. Obiettivo 7: un corretto equilibrio tra prestazioni e contributi Garantire che i regimi pensionistici e le riforme mantengano un corretto equilibrio tra la popolazione attiva e quella in pensione, evitando oneri eccessivi per la prima e fornendo prestazioni adeguate alla seconda. Nel quadro dell'obiettivo 3 gli Stati membri hanno definito le rispettive politiche intese a garantire che i sistemi pensionistici rispettino i loro tradizionali obiettivi di solidarietà, ossia fornire ai pensionati una quota decente del benessere sociale e prevedere la ridistribuzione del reddito a favore degli anziani più poveri. Nel quadro dell'obiettivo 7, il concetto di solidarietà è considerato nel contesto delle misure necessarie per mantenere la sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici in una società che invecchia. E' chiaro che gli Stati membri cercano di evitare interventi dolorosi nei livelli delle prestazioni e dei contributi, con misure intese a promuovere l'occupazione e a risanare le finanze pubbliche prima che si facciano sentire le ripercussioni finanziarie dell'invecchiamento. Tuttavia, in molti Stati membri questi interventi non saranno sufficienti in vista dell'aumento degli indici di dipendenza degli anziani. In questi casi, occorre garantire che l'impatto finanziario dell'invecchiamento demografico venga equamente condiviso tra le generazioni. Quindi, l'obiettivo 7 esorta gli Stati membri a evitare i due estremi di imporre un onere eccessivo alla generazione attiva aumentando i contributi, da un lato, e di ridurre le pensioni al di sotto di un livello adeguato, dall'altro. 4.4.1. Ridurre l'onere per le generazioni future Nella maggior parte delle relazioni strategiche nazionali si spiega chiaramente che l'aumento della spesa pensionistica derivante dall'invecchiamento della popolazione non può essere finanziato con l'aumento dei contributi, che rappresenterebbe un onere troppo pesante a carico della popolazione attiva. Numerosi Stati membri si sono impegnati a mantenere i contributi al di sotto di un livello specifico, o escludono categoricamente di aumentarli. In Germania, la legge impone al governo di proporre misure adeguate se l'aliquota di contribuzione rischia di superare il 20% (fino al 2020) o il 22% (fino al 2030). L'aliquota di contribuzione nei Paesi Bassi non deve superare il 18,25%, mentre la Svezia intende mantenere i contributi al 18,5%. La relazione strategica nazionale della Grecia esclude aumenti dei contributi. Questi impegni dimostrano la determinazione degli Stati membri a limitare l'entità del trasferimento delle conseguenze finanziarie dell'invecchiamento sulle generazioni future. Una soluzione può essere quella di riformare i sistemi pensionistici in modo tale da frenare gli aumenti della futura spesa pensionistica pubblica. Molti Stati membri cercano di ottenere questo risultato modificando i metodi di indicizzazione applicati alle erogazioni pensionistiche o ai redditi passati utilizzati per il calcolo della pensione maturata. Le modifiche nella formula per il computo delle prestazioni, come quelle segnalate da Austria e Finlandia, (misure analoghe sono state prese anche in Francia) possono avere lo stesso effetto e non hanno l'unico obiettivo di far risparmiare dei costi al sistema pensionistico; nella misura in cui rafforzano gli incentivi a prolungare il periodo di contribuzione, dovrebbero stimolare l'aumento dell'occupazione e il prolungamento della vita attiva. Alcuni Stati membri descrivono nel dettaglio gli aggiustamenti introdotti in alcuni aspetti particolari dei regimi pensionistici, onde evitare l'accumulo di costi eccessivi nel futuro, pur conservando la struttura fondamentale dei rispettivi sistemi. La Finlandia elenca una serie di misure di riforma intraprese nel corso degli anni '90 concernenti le pensioni di reversibilità e del pubblico impiego, l'innalzamento del limite inferiore per l'ammissibilità al pensionamento anticipato, i cambiamenti nel computo dei redditi da pensione e nel metodo di indicizzazione. Grazie all'effetto combinato di queste riforme, la spesa pensionistica nel lungo termine sarà molto più bassa di quanto sarebbe stata altrimenti. L'Austria ha stilato un elenco analogo, anch'esso incentrato sul pensionamento anticipato, sulle pensioni di reversibilità e sulle modifiche introdotte nella formula per il computo delle prestazioni in base ai redditi. I cambiamenti sociali possono offrire delle opportunità per ridurre alcune prestazioni a favore degli anziani. Grazie alla crescente probabilità che le donne maturino adeguati diritti individuali alla pensione, Finlandia e Austria prevedono che saranno in grado di ridurre la spesa per le pensioni di reversibilità. Questa opinione è condivisa anche dai Paesi Bassi. Nell'evidenziare la tendenza verso l'individualizzazione dei diritti alla pensione, gli Stati membri promuovono una maggiore partecipazione alla forza lavoro e cercano di trarne vantaggio come strumento per istituire un nuovo equilibrio sostenibile tra lavoro e pensione. Allo stesso modo, gli interventi relativi al pensionamento anticipato perseguono un duplice obiettivo politico: ridurre l'onere sui sistemi pensionistici (o di prepensionamento) e aumentare gli incentivi a lavorare per i lavoratori anziani. Due Stati membri, Svezia e Italia, hanno perseguito l'obiettivo di rafforzare il legame tra contributi e prestazioni e hanno optato per un sistema pensionistico pubblico (figurativo) a contribuzione definita. In entrambi i casi, l'obiettivo primario delle riforme è stato quello di rafforzare il rapporto attuariale tra contributi e prestazioni. Secondo la Svezia, significa "che il contratto tra le generazioni ora sarà più equo che in precedenza ...". Le prestazioni a contribuzione definita sono la norma anche nei regimi danesi del secondo pilastro e probabilmente acquisiranno un'importanza crescente anche nei regimi pensionistici di Regno Unito, Irlanda e Paesi Bassi. Lo spostamento verso i sistemi a contribuzione definita dovrebbe contribuire a promuovere il prolungamento della vita attiva. Svezia e Italia dichiarano entrambe che si tratta di un obiettivo importante. I sistemi a contribuzione definita rappresentano uno spostamento qualitativo nell'equilibrio tra le generazioni. Certi rischi che in precedenza erano prevalentemente a carico dei contribuenti o del sistema vengono automaticamente trasferiti a carico dei beneficiari [17]: il rischio che i fondi pensione non forniscano un buon rendimento e il rischio di un aumento dei costi dato dal fatto che le generazioni successive vivono più a lungo e percepiscono la pensione per un periodo più lungo. Nel caso della Svezia, il nuovo sistema è sostenuto da politiche di informazione ben consolidate (descritte nell'obiettivo 11) mirate ad informare le persone nel corso della vita lavorativa in merito a quello che dovrebbero fare per assicurarsi una buona pensione. In particolare, l'idea di lavorare più a lungo è presentata come un modo efficace per mitigare gli altri rischi. [17] Nei regimi a prestazione definita si verificano cambiamenti discrezionali nei parametri, cosicché i beneficiari sono comunque esposti a rischi finanziari. Nonostante il fermo proposito (cfr. obiettivo 3) di mantenere l'impostazione a prestazione definita, secondo i Paesi Bassi sarebbe auspicabile che le parti sociali in futuro adeguassero le pensioni del secondo pilastro in modo da tenere conto dell'aumento della speranza di vita, attuale e previsto. Le riforme dei sistemi pensionistici pubblici si riflettono in uno dei fattori alla base dell'aumento della futura spesa pensionistica pubblica: l'indice di prestazione, ossia la pensione media in relazione alla produzione per lavoratore. Secondo le proiezioni del comitato di politica economica sulla spesa pensionistica pubblica, il solo indice di dipendenza degli anziani (definito in questo caso come il rapporto tra la popolazione sopra i 55 anni e la fascia di età tra 15 e 54 anni) farebbe salire la spesa pubblica per le pensioni (UE15) di 6,4 punti percentuali sul PIL tra il 2000 e il 2050, contro un aumento complessivo previsto di circa 3 punti percentuali. Il calo dell'indice di prestazione, come definito sopra, è il principale motivo per cui la spesa pensionistica pubblica non rispecchia esattamente le future tendenze demografiche. 4.5. Mantenere l'adeguatezza delle pensioni Quindi, le riforme stanno cominciando a ridurre l'onere che l'invecchiamento demografico pone a carico delle future generazioni attive. Tuttavia, le strategie degli Stati membri non si basano solo sulla limitazione della crescita futura delle prestazioni. Un elemento importante della strategia consiste nell'aumentare le risorse finanziarie che saranno disponibili in futuro. Questo obiettivo si può realizzare in particolare riducendo il debito pubblico o accumulando fondi di riserva. I fondi di riserva per le pensioni pubbliche, previsti o già in essere nella maggioranza degli Stati membri, sono uno strumento particolarmente visibile per evitare di imporre oneri eccessivi sulla futura popolazione attiva nel momento del pensionamento della generazione del boom demografico. La creazione dei fondi mira a garantire che le prestazioni pensionistiche si possano mantenere ai livelli attuali o subiscano solo un calo limitato. Tuttavia, in molti paesi questi fondi sono stati costituiti solo di recente e le riserve accumulate sono ancora piuttosto limitate. Benché l'importanza di questi fondi sia in costante crescita, nella maggior parte delle relazioni strategiche nazionali mancano le stime delle loro dimensioni future. Inoltre, in alcuni paesi gli impegni a effettuare accantonamenti a favore di questi fondi sono soggetti alla realizzazione di un avanzo nel settore previdenziale, cosa che sarà possibile solo nei prossimi 10-15 anni. I fondi di riserva per le pensioni pubbliche consentono di mantenerle ad un livello più elevato di quanto non sarebbe altrimenti, mentre lo sviluppo dei regimi pensionistici privati a capitalizzazione fornisce una prestazione aggiuntiva che in molti Stati membri andrà a compensare la riduzione dei livelli delle pensioni pubbliche. Lo sforzo finanziario per la costituzione di riserve pubbliche o private, in ogni caso, è a carico dei futuri pensionati, affinché sia possibile contenere i contributi a carico delle future generazioni attive. Tuttavia, occorre tenere presente che, in termini reali, solo le risorse prodotte dalle future generazioni attive possono essere distribuite tra popolazione attiva e pensionati, benché con un'eccedenza delle partite correnti le attività dei fondi di riserva per le pensioni si possano investire all'estero, preferibilmente in paesi esenti dal problema dell'invecchiamento, prima del pensionamento della generazione del baby boom nei paesi europei, in modo da potersi permettere in un momento successivo un disavanzo delle partite correnti e aumentare di conseguenza le risorse reali da suddividere tra la popolazione attiva e i pensionati. La provvista di fondi può servire al massimo ad affrontare il problema transitorio dell'invecchiamento demografico provocato dalla generazione del boom demografico. Le conseguenze di un aumento permanente della speranza di vita vanno affrontate con misure più durevoli, che perseguano un equilibrio tra vita attiva e pensionamento. Questo obiettivo richiede il prolungamento della vita attiva, che si può promuovere rafforzando il legame tra contributi e prestazioni e adeguando le prestazioni all'evoluzione della speranza di vita, come nel caso dei nuovi sistemi pensionistici svedese e italiano, che comunque consentono agli aderenti di mantenere le pensioni a livelli adeguati posticipando il pensionamento. In assenza di un sistema pensionistico strutturato in modo da offrire incentivi adeguati al lavoro e meccanismi per l'adeguamento delle prestazioni alla speranza di vita, occorrerà intervenire con aggiustamenti ad hoc nelle prestazioni e nei contributi. 4.4.3. Conclusioni: ripartizione dei rischi tra popolazione attiva e pensionati Dalle relazioni strategiche nazionali emerge che la maggior parte degli Stati membri intendono evitare di imporre oneri eccessivi alle generazioni future e hanno preso misure studiate per frenare la crescita futura della spesa pensionistica o aumentare le risorse da utilizzare per finanziare la spesa futura, in particolare costituendo fondi di riserva e riducendo il debito pubblico. Nei casi in cui si prevede che le prestazioni pensionistiche pubbliche si riducano in relazione ai redditi, gli Stati membri promuovono lo sviluppo di pensioni integrative private. Italia e Svezia hanno trasformato i rispettivi regimi pensionistici pubblici in sistemi figurativi a contribuzione definita che garantiscono prestazioni adeguate senza aumentare i contributi, ma offrendo l'opportunità di maturare una pensione sufficiente lavorando più a lungo. 4.6. Obiettivo 8: garantire che i sistemi pensionistici privati siano adeguati e finanziariamente solidi Garantire, attraverso quadri normativi adeguati e una gestione corretta, che i regimi pensionistici privati e pubblici a capitalizzazione continuino a erogare le pensioni assicurando la necessaria efficienza, convenienza, trasferibilità e sicurezza. 4.5.1. Ruolo attuale e previsto dei regimi pensionistici professionali e privati Nella maggior parte degli Stati membri, le pensioni private stanno assumendo un ruolo sempre più importante nel garantire un'adeguata protezione del reddito degli anziani. Questa evoluzione dev'essere rispecchiata da un valido quadro normativo che garantisca l'efficienza, la convenienza e la sicurezza dei regimi pensionistici privati (la trasferibilità sarà trattata nel quadro dell'obiettivo 9). Inoltre, poiché numerosi Stati membri accumulano riserve per i regimi del primo pilastro, sorge il problema di come gestire queste risorse. L'importanza delle pensioni private di vecchiaia si può misurare i diversi modi. La tabella 3 (accesso ai regimi pensionistici privati, cfr. obiettivo 2) fornisce qualche indicazione in merito al numero di persone che aderiscono a regimi pensionistici integrativi (per lo più professionali) o fruiscono delle relative prestazioni. Un altro parametro per valutare l'importanza di questi sistemi è l'ammontare complessivo delle prestazioni erogate. Alcuni Stati membri hanno fornito informazioni sulle pensioni erogate dai regimi del secondo pilastro. Nel Regno Unito e nei Paesi Bassi forniscono il 40% circa del reddito dei pensionati, con una spesa pensionistica pari all'incirca a 5-6 punti percentuali del PIL. In Danimarca e Irlanda le pensioni del secondo pilastro coprono il 25-35% circa del reddito dei pensionati, mentre in Belgio, Lussemburgo e Svezia la quota di copertura oscilla tra il 10 e il 25%. Nei restanti paesi dell'UE, la quota delle pensioni del secondo pilastro attualmente è inferiore al 10% e in alcuni casi è quasi inesistente (Grecia, Francia, Austria). L'importanza dei regimi pensionistici del secondo pilastro dovrebbe aumentare nella maggior parte dei paesi, poiché il loro sviluppo viene incoraggiato e un numero crescente di lavoratori vi aderisce. In molti paesi (Regno Unito, Paesi Bassi, Danimarca, Irlanda, Belgio e Svezia) la copertura dei regimi del secondo pilastro è già relativamente estesa e in costante aumento, per cui le pensioni del secondo pilastro acquistano un ruolo molto più rilevante nella formazione del reddito dei futuri pensionati. Inoltre, numerosi paesi (Germania, Spagna, Grecia, Portogallo) hanno preso misure volte a rafforzare le condizioni quadro, quali le disposizioni legislative e di vigilanza per gli enti previdenziali privati, e hanno introdotto incentivi o sgravi fiscali nell'intento di promuovere l'adesione a regimi del secondo pilastro e a forme di risparmio previdenziale con polizze assicurative individuali. Il ruolo delle polizze assicurative individuali e di altre forme di risparmio in vista della pensione è particolarmente pronunciato in Belgio, dove il 45% della popolazione aderisce a regimi del terzo pilastro grazie agli incentivi fiscali relativi all'assicurazione sulla vita e al risparmio previdenziale. Anche in Danimarca, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito il terzo pilastro fornisce un contributo consistente ai redditi da pensione. In Germania, la riforma del 2001 ha introdotto sovvenzioni e incentivi fiscali per l'adesione a regimi pensionistici privati. Le sovvenzioni dovrebbero ammontare all'incirca allo 0,5% del PIL nel 2008, con la completa introduzione del nuovo regime. Il Regno Unito ha introdotto un nuovo tipo di pensione privata, la cosiddetta "pensione integrativa settoriale", nel 2001, nell'intento di promuovere il risparmio privato e consentire alle persone di pianificare il proprio pensionamento in modo più agevole, più semplice, più economico e più flessibile. Un modo più lungimirante di valutare l'importanza delle pensioni private consiste nell'esaminare l'ammontare del patrimonio di tali regimi. La tabella 13 che segue riunisce le informazioni sul patrimonio detenuto prevalentemente da regimi pensionistici del secondo pilastro, sulla base della relazione della European Federation for Retirement Provision (EFRP) (Federazione europea degli enti previdenziali), integrata per alcuni paesi dalle informazioni contenute nelle relazioni strategiche nazionali. Tuttavia, le cifre non si devono considerare confrontabili. Le definizioni, in particolare sulle forme di assicurazione e di risparmio da includere nel terzo pilastro, variano in misura considerevole a seconda dello Stato membro. Inoltre, il valore del patrimonio può essere cambiato dall'anno in cui è stata fatta la rilevazione. Tabella 13: Patrimonio dei regimi pensionistici nel 2000 (in % sul PIL) // Patrimonio totale B1) // 15 DK1) // 80 D // 13 GR // - E // 5 F // 5 IRL 1,2) // 43 I // 22 L // 0,2 NL 1) // 166 A // 12 P 1) // 12 FIN 1) // 6.5 S // 112 UK // 91 Fonte: EFRP (European Federation for Retirement Provision) 1) Fonte: relazione strategica nazionale 2) Irlanda: % del PNL Benché i regimi pensionistici privati stiano crescendo di importanza in quasi tutti gli Stati membri, è probabile che i sistemi pubblici rimangano la principale fonte di reddito per gli anziani quasi ovunque, con l'eccezione di Danimarca, Paesi Bassi e Irlanda, tre paesi dove i sistemi pensionistici pubblici sono prevalentemente forfetari e Regno Unito, che permette di optare per l'uscita dal regime statale basato sul reddito. Tuttavia, anche se le pensioni private dovessero superare quelle pubbliche in termini di prestazioni complessive, è probabile che per una quota molto ampia dei pensionati, se non per la maggioranza, le pensioni pubbliche restino la maggior fonte di reddito per la vecchiaia. Nei paesi dove le pensioni del primo pilastro sono alte (Francia, Finlandia, Austria, Lussemburgo) la domanda di regimi pensionistici professionali attualmente è limitata. Inoltre, le parti sociali possono avere scarso interesse a istituirli, in particolare se svolgono già un ruolo rilevante nella gestione dei sistemi del primo pilastro (come avviene in Francia e in Finlandia). Comunque l'Austria intende trasformare il trattamento di fine rapporto in una pensione professionale. In Lussemburgo, le pensioni professionali si sono sviluppate prevalentemente nelle grandi aziende internazionali di origine straniera e nel settore bancario. Nel 1999 è stato introdotto un nuovo quadro giuridico ed è in corso di definizione un nuovo strumento di risparmio previdenziale. Inoltre, nel 2002 è stato introdotto un nuovo tipo di piano previdenziale personale. In Spagna, Italia e Portogallo, i quadri giuridici sono stati definiti abbastanza recentemente, e i regimi professionali non sono ancora diventati una componente significativa dei sistemi previdenziali nazionali, nonostante le iniziative intraprese per promuoverne lo sviluppo. Si renderà anche necessario sviluppare un mercato per le rendite. Nel gennaio 2002 la Spagna ha introdotto una nuova legislazione per favorire la crescita dei piani pensionistici professionali, in particolare nelle PMI attraverso contratti collettivi. Con la riforma del 2002 la Grecia intende trasformare gradualmente i "fondi ausiliari" attualmente rientranti nel primo pilastro, in regimi professionali a capitalizzazione. In Italia lo sviluppo delle pensioni private, professionali o personali, è una priorità strategica del governo. La previdenza integrativa svolgerà un ruolo di primo piano per garantire livelli di reddito adeguati ai pensionati nel nuovo regime a contribuzione definita. Si prevede che acquisiranno importanza i cosiddetti fondi pensione professionali "chiusi", di solito basati su accordi collettivi di categoria, poiché l'adesione ai "fondi aperti" è possibile solo in assenza di un fondo chiuso. In Portogallo recentemente si è registrato un lieve calo degli iscritti ai fondi chiusi, e il governo intende definire un nuovo quadro normativo per promuovere in misura significativa gli strumenti previdenziali del secondo e terzo pilastro. Numerosi paesi stanno seguendo l'esempio di Paesi Bassi, Danimarca e Svezia riguardo al ruolo rilevante della contrattazione collettiva settoriale per lo sviluppo dei regimi pensionistici professionali. Il Belgio si sta muovendo decisamente in questa direzione con la legge sulle pensioni integrative attualmente in discussione in parlamento, intesa anche a estendere la copertura dei regimi complementari e a introdurvi elementi di solidarietà. Anche Spagna, Germania e Italia prevedono di estendere la copertura attraverso accordi collettivi. Irlanda e Regno Unito favoriscono l'adesione volontaria alle pensioni integrative e recentemente hanno incentrato l'attenzione sullo studio di prodotti previdenziali più accessibili ("pensioni integrative settoriali" nel Regno Unito e "conti personali di accantonamento" in Irlanda) e, nel Regno Unito, sulla semplificazione della normativa sui regimi professionali, per agevolare i datori di lavoro nell'offerta di pensioni professionali valide. 4.5.2. Quadri normativi per i regimi pensionistici privati Lo sviluppo dei regimi pensionistici privati richiede un contesto adeguato: il fatto che le pensioni pubbliche siano inadeguate non è sufficiente per promuovere la diffusione dei sistemi privati. Occorrono meccanismi di vigilanza prudenziale, norme concernenti contributi, reddito da investimenti e prestazioni, nonché chiarezza sui ruoli di datori di lavoro e dipendenti e sulla portata della contrattazione collettiva. L'Unione europea svolge un ruolo rilevante nella definizione del quadro normativo per le prestazioni pensionistiche private. L'assicurazione sulla vita è coperta dalle norme prudenziali delle direttive emesse in materia. Presso il Consiglio e il Parlamento europeo è attualmente in discussione un quadro giuridico analogo per i fondi pensione, ovvero gli enti pensionistici professionali. La direttiva mira a tutelare i diritti dei futuri pensionati, ad aumentare l'accessibilità delle pensioni professionali e a consentire la libera erogazione di prestazioni pensionistiche professionali, anche transfrontaliera. In materia di diritto sociale e del lavoro, l'Unione europea impone il principio della parità di trattamento tra uomini e donne nei regimi previdenziali professionali (le cui prestazioni sono considerate una retribuzione ai sensi dell'articolo 141 del trattato). La direttiva 80/987/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro obbliga gli Stati membri a garantire il mantenimento dei diritti alla pensione professionale in caso di insolvenza del datore di lavoro, un obiettivo che si può conseguire istituendo un fondo pensione separato dall'impresa promotrice o attraverso un'assicurazione. L'introduzione di un moderno quadro normativo per i regimi previdenziali professionali è piuttosto recente in molti Stati membri. Leggi importanti sono state adottate solo negli ultimi due decenni e si possono prevedere ulteriori miglioramenti in conseguenza dell'imminente direttiva in materia di enti pensionistici professionali. Esistono diversi approcci alla regolamentazione dei regimi pensionistici integrativi. Un'impostazione adottata ad esempio in Svezia, Danimarca e Francia obbliga gli operatori a rispettare la normativa sulle assicurazioni consolidata da tempo, anche a livello UE. Tuttavia, le pensioni professionali hanno dato origine a istituzioni e organizzazioni specifiche che saranno coperte dalla nuova direttiva sugli enti pensionistici professionali. Nel Regno Unito e in Irlanda i fondi pensione sono disciplinati dal diritto fiduciario, che attribuisce la responsabilità della gestione a una terza parte giuridicamente distinta dal datore di lavoro e dagli iscritti. Il fiduciario ha il dovere di agire nel migliore interesse degli aderenti e/o beneficiari di un regime pensionistico professionale. La responsabilità primaria dell'amministrazione efficace del fondo spetta ai fiduciari, che si assumono la responsabilità in prima persona. Nei Paesi Bassi sono le parti sociali ad assumersi la responsabilità primaria della gestione delle pensioni complementari, nell'ambito del quadro normativo definito dalla legge di garanzia sui fondi pensione e di risparmio (PSW). In Italia, associazioni o fondazioni senza scopo di lucro e con personalità giuridica autonoma possono istituire "fondi chiusi", mentre i "fondi aperti" possono essere istituiti da intermediari finanziari specialisti nella gestione patrimoniale. Un tipo particolare di pensione professionale non rientrerà nella direttiva sugli enti pensionistici professionali poiché non implica la creazione di un ente di gestione separato. Certi sistemi consistono semplicemente nella promessa del datore di lavoro di pagare una pensione. Le passività corrispondenti sono iscritte nello stato patrimoniale ("riserve contabili") e rappresentano una fonte di finanziamento conveniente per l'azienda. Sistemi di questo tipo esistono ad esempio in Germania, Finlandia, Svezia, Lussemburgo e Spagna (dove sono in progressiva eliminazione, salvo per le società di servizi finanziari). Anche il trattamento di fine rapporto vigente in Italia si basa sulle riserve contabili, ma è previsto lo spostamento in fondi separati a seguito della sua trasformazione in una pensione professionale. Ai fini della sicurezza delle prestazioni pensionistiche, questi sistemi devono essere sostenuti da un'assicurazione che garantisca l'erogazione delle pensione in caso di insolvenza del datore di lavoro. In Germania e Lussemburgo le riserve contabili sono soggette a un'assicurazione obbligatoria contro l'insolvenza. La sicurezza dei fondi pensione dipende dalla gestione prudente del patrimonio. Gli investimenti nell'impresa del datore di lavoro devono essere rigorosamente limitati o garantiti da un'assicurazione, come nel caso delle riserve contabili. Altrimenti, in caso di insolvenza i lavoratori rischierebbero di perdere sia il reddito corrente sia la pensione futura. Nei Paesi Bassi, ai fondi pensione aziendali è consentito di investire un massimo del 10% delle attività nella società promotrice. A parte questo principio generale, le strategie di investimento variano nei diversi Stati membri. Regno Unito, Paesi Bassi e Irlanda privilegiano la qualità dell'investimento (il cosiddetto "principio dell'uomo prudente"), mentre altri paesi, come Francia e Lussemburgo, preferiscono porre dei limiti quantitativi per determinate categorie patrimoniali, per aumentare la sicurezza del fondo, anche se al prezzo di rendimenti più bassi. Esiste anche il rischio di interferenze politiche nella gestione finanziaria dei fondi pensione, che potrebbero far confluire il denaro in investimenti a scarso rendimento. A quanto pare il problema si è verificato in Grecia, dove il coinvolgimento dello Stato nella gestione patrimoniale dei fondi pensione è stato oggetto di forti critiche, che a partire dal 1990 hanno determinato l'approvazione di una serie di leggi intese a garantire che la gestione patrimoniale vada a vantaggio degli assicurati. I rischi finanziari, presenti in qualsiasi forma di prestazione previdenziale, possono essere ripartiti secondo modalità diverse tra chi versa i contributi e i beneficiari. I regimi a prestazione definita, spesso ancora basati sui redditi finali, garantiscono una pensione di un certo livello, a seconda del reddito percepito e della durata della carriera. Spetta al sistema pensionistico, o al datore di lavoro, garantire che il fondo disponga di risorse sufficienti per erogare le pensioni dovute. Poiché i valori patrimoniali fluttuano, i fondi pensione devono avere la possibilità di accumulare delle eccedenze come margine di sicurezza (che tuttavia possono essere limitate per motivi fiscali, poiché l'aumento delle contribuzioni diminuisce le entrate fiscali) o essere obbligati a prendere altre misure per affrontare il rischio del sottofinanziamento. I livelli di tolleranza in merito alla gestione del sottofinanziamento variano a seconda degli Stati membri. In Danimarca, ad esempio, un'assicurazione sulla vita o un fondo pensione che non soddisfano gli standard di investimento sono tenuti a presentare un piano di recupero all'Autorità di vigilanza finanziaria. Se il piano non funziona, l'istituto entra in amministrazione controllata e si fanno dei tentativi per cercare di trasferire le prestazioni previdenziali ad altre società o fondi pensione dotati di un capitale adeguato. La definizione del finanziamento adeguato delle obbligazioni future dipende da vari presupposti economici e attuariali assunti per il calcolo delle prestazioni tecniche (o obbligazioni future) quando i sistemi pensionistici professionali forniscono una copertura a fronte dei rischi biometrici e/o garantiscono il rendimento di un investimento o un dato livello di prestazioni. Il tasso di interesse (o tasso di sconto) è un presupposto importante per il calcolo del valore attuariale della pensione maturata. La direttiva proposta non mira all'armonizzazione di questo tasso di interesse, ma sottolinea la necessità di un attento monitoraggio del problema. Per contro, la direttiva richiederà la piena disponibilità di fondi in qualsiasi momento ai fondi pensione che forniscono servizi transfrontalieri. Nel caso dei regimi pensionistici a contribuzione definita, l'impegno del datore di lavoro si limita al versamento di un determinato ammontare di contributi in un fondo di risparmio. Il rischio di rendimenti bassi è interamente a carico del beneficiario. Al momento del pensionamento, per ottenere una pensione, il capitale accumulato nel quadro di un regime a contribuzione definita dev'essere convertito in un reddito regolare, il cui ammontare dipenderà dai tassi di interesse vigenti al momento dell'acquisto della rendita vitalizia. Anche in questo caso il beneficiario è esposto a un rischio consistente. Infine, nei regimi privati il rischio dell'inflazione spesso risulta, almeno parzialmente, a carico dei beneficiari, con un conseguente calo dei valori reali del reddito da pensione. Le relazioni strategiche nazionali di Paesi Bassi e Irlanda spiegano che molti regimi pensionistici professionali cercano di tutelare i rispettivi beneficiari dal rischio inflazione, ma non si tratta di un obbligo di legge. La capacità dei regimi pensionistici di assicurare gli iscritti contro i rischi di instabilità finanziaria o inflazione dipende dalla disponibilità di attività adeguate, quali obbligazioni indicizzate. E' prassi comune per i fondi pensione e i singoli adattare il rispettivo portafoglio di attività in base a profili di età. Quanto più vicini al pensionamento sono i futuri beneficiari, tanto più sicuri dovrebbero essere gli investimenti (tipicamente si passa da azioni societarie a obbligazioni statali). La riduzione del debito pubblico può incidere sulla capacità dei fondi pensione di fornire una copertura contro i rischi finanziari investendo in titoli di stato, ma questo punto non è stato discusso nelle relazioni. La relazioni nazionali presentano una serie di organismi di vigilanza, alcuni dei quali creati o ristrutturati solo di recente. In base alla direttiva sugli enti pensionistici professionali tutti gli Stati membri dovranno disporre di valide autorità di vigilanza. La gestione efficace del patrimonio dei regimi pensionistici non riguarda solo gli operatori dei regimi privati. Numerosi Stati membri stanno costituendo fondi di riserva nel quadro dei rispettivi regimi previdenziali, al fine di coprire le future necessità della generazione del boom demografico. In Finlandia, le riserve sono detenute dagli istituti che gestiscono il regime pensionistico obbligatorio basato sul reddito. Negli altri Stati membri i fondi di riserva sono detenuti a livello centrale, ma normalmente sono oggetto di una gestione separata dal bilancio del governo centrale. In Irlanda il fondo è controllato e gestito da una commissione indipendente, che ha la facoltà di definire e attuare, a sua discrezione, una strategia di investimento mirata a ottenere un ritorno finanziario ottimale, fatta salva la gestione prudente del rischio. In alcuni Stati membri (ad esempio Spagna e Lussemburgo) la gestione del fondo di riserva è ancora in discussione. 4.5.3. Ridurre i costi amministrativi Solo alcuni Stati membri hanno indicato i costi amministrativi dei regimi pensionistici. Grazie alle economie di scala e al fatto che non è richiesta una gestione patrimoniale complessa, i costi amministrativi tendono ad essere molto più bassi nei regimi pensionistici pubblici a ripartizione, rispetto ai regimi privati a capitalizzazione. Secondo le stime OCSE, i costi amministrativi dei regimi pensionistici privati vanno dal 10% al 35% dei contributi. In Belgio, le commissioni di gestione per le pensioni di vecchiaia e reversibilità nel 2001 rappresentavano l'1% delle spese totali, contro il 4% rappresentato dai costi di gestione per le prestazioni del secondo e terzo pilastro. In Finlandia, il totale delle spese operative del sistema di assicurazione previdenziale nel 2000 era pari al 2,7% dei premi riscossi, ivi comprese le spese operative della pensione obbligatoria basata sul reddito, della pensione nazionale e dell'assicurazione integrativa facoltativa. Le spese operative della componente di assicurazione sulla vita ammontavano all'incirca al 4,9% dei premi riscossi. In Irlanda i costi amministrativi di tutte le pensioni sociali di vecchiaia su base contributiva rappresentano circa l'1,5%-2% dei versamenti totali, mentre i costi amministrativi dei regimi professionali nel 1994 erano dell'ordine del 5% dei contributi, con variazioni consistenti a seconda della tipologia, della struttura e delle dimensioni del sistema, nonché dell'entità dei contributi versati. In Francia, i costi di gestione dei regimi integrativi volontari in generale corrispondono al 4% delle spese totali. Nel Regno Unito, le spese amministrative per le pensioni integrative settoriali sono limitate per legge all'1% annuo del valore del fondo. Tuttavia, è ancora possibile introdurre dei miglioramenti nei regimi pubblici attraverso misure di razionalizzazione (quali operazioni di fusione di enti previdenziali). In Austria, dove i costi amministrativi attualmente assorbono l'1,8% della spesa previdenziale, sono previste ulteriori riduzioni grazie alla creazione di un'unica società di elaborazione dati per tutti gli enti previdenziali. In Germania, la quota dei costi di gestione ha evidenziato un calo costante negli ultimi tre decenni, e nel 2000 i costi amministrativi rappresentavano l'1,6% delle entrate complessive dell'assicurazione previdenziale obbligatoria. Nel Lussemburgo, l'amministrazione del sistema previdenziale generale nel 2001 ha assorbito l'1,4% delle spese correnti. In Italia, i costi generali di gestione dei fondi pensione chiusi sono stati stimati allo 0,57% del valore delle attività e comportano una riduzione consistente dei rendimenti effettivi. Tuttavia, grazie agli sforzi delle parti sociali si è evidenziata una tendenza al calo. Inoltre, la legge consente agli enti previdenziali di sostenere i fondi pensione provvedendo a riscuotere i contributi e a erogare le pensioni. I fondi aperti sostengono costi molto più elevati, ma non quanto i regimi pensionistici privati operanti attraverso polizze di assicurazione sulla vita. L'esigenza di ridurre i costi amministrativi è ampiamente riconosciuta e affrontata in modi diversi. Le "pensioni integrative settoriali" nel Regno Unito e i "conti personali di accantonamento" in Irlanda sono un tentativo di rendere le pensioni private meno onerose e quindi più accessibili per i contribuenti a basso reddito. Il governo del Regno Unito è determinato a semplificare ulteriormente i regimi pensionistici professionali e personali al fine di renderli più comprensibili e di ridurre i costi. In particolare, la relazione commissionata da Alan Pickering del luglio 2002 propone una radicale semplificazione della legislazione previdenziale per ridurre gli oneri amministrativi che gravano sui sistemi pensionistici e sui datori di lavoro. In Germania, la recente riforma del sistema previdenziale ha introdotto l'obbligo, per i gestori di pensioni integrative sostenute dal governo, di fornire ai clienti informazioni scritte sulle spese di gestione previste, prima della firma del contratto. Un obbligo analogo esiste anche in Danimarca, dove le assicurazioni sulla vita e i fondi pensione sono tenuti a fornire informazioni adeguate su diritti e obblighi prima e durante l'adesione al piano previdenziale. A partire dall'aprile 2003 i sistemi a contribuzione definita (pensioni professionali, personali e integrative settoriali) nel Regno Unito saranno tenuti a fornire agli aderenti una stima annuale della probabile entità della futura pensione (ivi compresi futuri contributi, rendite, ecc.). Ulteriori obblighi di informativa probabilmente saranno introdotti a seguito della direttiva sugli enti pensionistici professionali. 4.5.4. Conclusioni: contributo dei regimi a capitalizzazione alle prestazioni pensionistiche future In tutta l'UE si stanno compiendo notevoli progressi verso un quadro normativo efficace per i regimi pensionistici a capitalizzazione, al quale contribuirà l'imminente direttiva sugli enti pensionistici professionali. Tuttavia, gli Stati membri continuano ad affrontare i rischi finanziari in modi diversi ed è auspicabile approfondire la cooperazione ai fini di una maggiore convergenza. La difficoltà di gestire rischi quali l'instabilità dei mercati finanziari e l'inflazione può indurre a farli pesare sempre di più sui beneficiari, con possibili conseguenze negative per la futura adeguatezza delle pensioni. Occorre monitorare gli sviluppi in questo campo, mentre c'è spazio per uno scambio di informazioni più approfondito sui modi per ottenere il miglior equilibrio tra gestione del rischio e adeguatezza delle pensioni. Si segnalano progressi anche nella riduzione dei costi di gestione. Questa tendenza può produrre notevoli vantaggi in termini di costo dei regimi privati, e quindi anche di accesso agli stessi. Il contributo dei regimi privati alla sostenibilità delle finanze pubbliche è indiretto, ma può essere significativo in molti Stati membri. Nel Regno Unito, ad esempio, i costi del "credito pensionistico" dipenderanno dalla capacità dei regimi privati di innalzare i redditi al di sopra dei livelli garantiti dal meccanismo del credito. La Germania è stata in grado di abbassare leggermente i livelli di sostituzione nel sistema pubblico, sostenendo lo sviluppo di regimi privati che offrono l'opportunità di compensare gli effetti della riforma. In altri Stati membri il successo dei regimi pensionistici privati può contribuire a ridurre le pressioni per un aumento della spesa pensionistica pubblica e dare ai governi una maggiore libertà di frenare la futura crescita della spesa nei sistemi pubblici. 5. MODERNIZZAZIONE: RISPONDERE A NUOVE ESIGENZE I sistemi pensionistici devono evolversi per rispecchiare le trasformazioni della società e del mercato del lavoro. Spesso le norme sui regimi previdenziali sono state formulate in un contesto sociale diverso, e rispondono a esigenze e aspirazioni diverse. In ogni caso, se si basano su ipotesi antiquate circa i modelli famigliari e occupazionali, non sono in grado di garantire le prestazioni previdenziali necessarie ad un numero crescente di persone e rischiano di creare incentivi indesiderati. I regimi pensionistici tradizionali si adattano bene a una vita di lavoro a tempo pieno sempre nella stessa azienda, e pertanto non rispecchiano le esigenze del moderno mercato del lavoro, né le aspirazioni dei singoli individui. I regimi pensionistici non devono penalizzare le forme flessibili di occupazione e la mobilità del lavoro. Una buona copertura previdenziale delle forme di occupazione più flessibili contribuisce anche a promuovere la parità tra uomini e donne, poiché queste ultime rappresentano la maggioranza dei lavoratori a tempo parziale o che interrompono la carriera professionale per motivi famigliari. In alcuni paesi, la legislazione sulle pensioni non prevede ancora la parità di trattamento tra uomini e donne, soprattutto per quanto riguarda l'età pensionabile e la pensione di reversibilità. Infine, la modernizzazione dei sistemi pensionistici comporta anche una maggiore trasparenza. I responsabili delle politiche necessitano di informazioni chiare sulle sfide future e sulle alternative politiche di cui dispongono e dovrebbero perseguire un ampio consenso sulle misure di riforma, al fine di evitare cambiamenti politici frequenti e inattesi. In questo modo è possibile anche fornire migliori informazioni ai singoli in merito a quello che si possono attendere dal sistema previdenziale e ai possibili sforzi aggiuntivi necessari per ottenere il tenore di vita desiderato dopo il pensionamento. 5.1. Obiettivo 9: adeguarsi a modelli occupazionali e professionali più flessibili Garantire la compatibilità dei sistemi pensionistici con le esigenze di flessibilità e di sicurezza del mercato del lavoro; ferma restando la coerenza dei regimi fiscali degli Stati membri, assicurare che la mobilità nel mercato del lavoro all'interno degli Stati membri e oltre i rispettivi confini e le forme di occupazione inusuali non penalizzino i diritti a pensione delle persone e che il lavoro autonomo non venga scoraggiato dai sistemi pensionistici. Molti regimi pensionistici si adattano bene a modelli occupazionali regolari (lavoro a tempo pieno e posto fisso) ma tendono a fornire prestazioni inferiori ai lavoratori atipici o con carriere professionali irregolari e con frequenti interruzioni. Sia i regimi pensionistici obbligatori che quelli professionali devono adeguarsi a forme di occupazione più flessibili e alla maggiore mobilità, migliorando l'accesso ai diritti a pensione e la loro trasferibilità. 5.1.1. Accesso ai diritti a pensione Le prestazioni previdenziali del primo pilastro sono praticamente universali in tutti gli Stati membri, anche se possono esistere regimi separati per certe categorie di lavoratori. In particolare, i dipendenti pubblici, i lavoratori autonomi e gli agricoltori sono soggetti a regimi speciali in molti Stati membri. Le relazioni nazionali descrivono un certo numero di adeguamenti introdotti nei regimi del primo pilastro per rispondere alle esigenze dei lavoratori atipici. Molti di essi riguardano i "nuovi lavoratori autonomi", ossia le persone che non sono dipendenti ma forniscono i loro servizi ad un'unica azienda. In Austria questo gruppo di lavoratori gode degli stessi diritti degli altri lavoratori autonomi non agricoli. La Germania ha inserito i lavoratori autonomi privi di dipendenti nel regime pensionistico obbligatorio e ha introdotto dei controlli mirati a identificare le dichiarazioni fittizie di lavoro autonomo intese a evitare gli obblighi previdenziali. In Italia nel 1996 è stato istituito un regime obbligatorio per i lavoratori atipici (i cosiddetti 'parasubordinati', una forma di occupazione flessibile che presenta analogie con il lavoro autonomo, ma è caratterizzata da un rapporto stretto e continuo con un'unica azienda) all'interno del sistema previdenziale obbligatorio INPS, con circa 2 milioni di iscritti e introiti netti per quasi 11 miliardi di euro. Una caratteristica interessante del sistema spagnolo è il fatto che i lavoratori autonomi possono scegliere liberamente la base contributiva, tra un minimo e un massimo fissati ogni anno nel bilancio dello stato. Questa misura risponde alla difficoltà di valutare il reddito effettivo dei lavoratori autonomi. Tuttavia, per i lavoratori autonomi che superano i 50 anni di età la scelta è limitata, per impedire il versamento di contributi elevati solo negli anni che contano per il computo della pensione. In Austria e Germania è stata estesa la copertura dei lavoratori marginali a tempo parziale, che in precedenza erano esenti dal versamento dei contributi previdenziali e non maturavano diritti a pensione. In Austria a questi lavoratori è stata offerta un'assicurazione personale facoltativa a basso costo nell'ambito del sistema mutualistico e previdenziale. In altri Stati membri, i dipendenti marginali hanno l'obbligo di versare i contributi, ma a volte non riescono a maturare i diritti alle prestazioni. Per affrontare questo problema, molti paesi hanno reso meno rigide le condizioni di ammissibilità per i lavoratori a tempo parziale e marginali. In Francia, 200 ore di lavoro pagato al salario minimo (l'equivalente di cinque settimane di lavoro a tempo pieno) sono sufficienti per maturare tre mesi di contributi. Se il reddito derivante da contratti di lavoro a breve termine o comunque atipici supera EUR690,97 annui (nel 2002) in Finlandia i lavoratori sono coperti dalle assicurazioni sociali e accumulano diritti a pensione. Un'eccezione a questa tendenza generale a migliorare la copertura previdenziale obbligatoria dei lavoratori atipici è il Portogallo, dove recentemente sono state introdotte condizioni più severe (120 giorni di lavoro all'anno rispetto a un giorno all'anno). In questo modo si impediscono gli abusi, ma si possono anche pregiudicare i diritti a pensione di lavoratori a tempo parziale, temporanei e stagionali. L'Italia segnala che il passaggio dal lavoro a tempo pieno a quello a tempo parziale è ancora penalizzante ai fini pensionistici. La copertura previdenziale del primo pilastro per le forme di occupazione atipiche in linea di massima è soddisfacente e comporta anche forti componenti di solidarietà a favore di questi gruppi, segnatamente attraverso i meccanismi discussi agli obiettivi 1 e 3. Per contro, la situazione è meno favorevole per quanto concerne le pensioni professionali. Numerosi Stati membri si stanno impegnando per migliorare l'accesso ai regimi pensionistici professionali. Nei Paesi Bassi, ai sensi della legislazione entrata in vigore nel 1994 è illegale escludere i lavoratori a tempo parziale dai regimi pensionistici integrativi; la legge sancisce che i dipendenti con contratti di lavoro temporaneo non dovrebbero ricevere un trattamento meno favorevole rispetto a colleghi assunti con contratto di lavoro permanente. Gli accordi collettivi di categoria sulle pensioni professionali sembrano uno strumento valido per garantire una copertura globale, anche nei settori dove predominano le PMI, che normalmente non offrono l'accesso a pensioni professionali. Gli accordi collettivi consentono anche di introdurre meccanismi di solidarietà nel secondo pilastro, come previsto dalle misure di riforma recentemente presentate in Belgio, che mirano a promuovere lo sviluppo dei regimi pensionistici professionali, con l'intento di coprire anche i periodi di interruzione della carriera per disoccupazione o malattia. 5.1.2. Trasferibilità dei diritti a pensione La trasferibilità dei diritti a pensione nel quadro del primo pilastro non è un problema nei paesi con un unico regime pensionistico. Il cambiamento del posto di lavoro non richiede l'adesione a un sistema pensionistico diverso. I paesi con diversi regimi obbligatori per categorie specifiche di lavoratori di solito prevedono dei meccanismi di coordinamento tra i diversi sistemi a tutela dei diritti a pensione maturati dai lavoratori, citati ad esempio nelle relazioni strategiche nazionali di Francia e Lussemburgo. Tuttavia, in Grecia la mobilità sembra creare dei problemi tra i vari fondi ausiliari, in particolare quando un lavoratore passa da un fondo generoso (di solito nel settore pubblico) ad un altro meno prodigo senza aver maturato il pieno diritto a pensione. Molte relazioni strategiche nazionali fanno riferimento anche al regolamento (CEE) n. 1408/71 che garantisce l'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori migranti. Spesso i migranti extra-UE sono coperti da accordi previdenziali bilaterali. Nei regimi del secondo pilastro i problemi di trasferibilità dei diritti a pensione spesso sono rilevanti. Tutti gli Stati membri dove i regimi pensionistici del secondo pilastro sono ben consolidati (ad esempio Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito) cercano di garantire per legge, o mediante accordi tra le parti sociali, che gli ostacoli alla mobilità siano ridotti al minimo. Questo obiettivo implica la riduzione dei periodi contributivi massimi richiesti (il periodo al termine del quale si acquisisce un diritto garantito alla pensione) tipicamente di nove mesi in Danimarca, un anno in Belgio e due anni in Irlanda e nel Regno Unito. I diritti acquisiti possono restare nel regime pensionistico precedente o essere trasferiti nel regime del nuovo datore di lavoro. Se non vengono trasferiti, è importante che i diritti vengano protetti contro l'inflazione. Il Regno Unito impone che siano rivalutati in linea con l'inflazione fino a un massimo del 5%. Poiché i redditi tendono ad aumentare più rapidamente dei prezzi, questo meccanismo potrebbe comunque discriminare un lavoratore più mobile rispetto ad un altro con lo stesso reddito e una carriera ininterrotta con lo stesso datore di lavoro. Nei Paesi Bassi e nel Regno Unito, i dipendenti hanno il diritto di trasferire in un nuovo regime il valore capitale dei diritti a pensione maturati (purché il nuovo regime rispetti determinati requisiti di qualità). In caso contrario, i diritti acquisiti si conservano nel piano pensionistico del precedente datore di lavoro fino al pensionamento del dipendente. I diritti a pensione così conservati devono essere rivalutati allo stesso modo delle pensioni erogate dal piano. Alcuni paesi dove le pensioni integrative non sono molto diffuse devono ancora prendere le necessarie misure per affrontare la questione della trasferibilità e promuovere l'attrattiva dei regimi pensionistici complementari. In Portogallo, il 54% dei fondi pensione non garantisce alcun diritto a pensione se un lavoratore abbandona il piano prima del pensionamento. In Italia sono necessari cinque anni di adesione ad un fondo per maturare diritti acquisiti e poterli trasferire in un altro fondo (tuttavia, la trasferibilità ad un altro fondo è possibile dopo tre anni di adesione se il fondo esisteva già da più di cinque anni). Le misure per migliorare la trasferibilità dei diritti nei regimi pensionistici professionali sono ritenute un necessario corollario delle riforme intese a promuovere le prestazioni del secondo pilastro. Spagna, Italia e Portogallo hanno annunciato l'intenzione di affrontare la questione della trasferibilità. Nel quadro della recente riforma delle pensioni, la Germania ha dimezzato da dieci a cinque anni i periodi contributivi massimi consentiti dalla legge e garantisce l'acquisizione immediata del diritto alla pensione professionale sulla base dei contributi versati dal lavoratore. Inoltre, la soglia di età alla quale si possono acquisire diritti a pensione è stata abbassata a 30 anni. In Belgio, la riforma del secondo pilastro proposta di recente contribuirà a migliorare notevolmente la trasferibilità dei diritti a pensioni integrative, offrendo al beneficiario l'opzione di conservare i diritti acquisiti nel regime precedente oppure di trasferirli nel piano di pensionamento del nuovo datore di lavoro. Normalmente, nei regimi a contribuzione definita o nei piani di pensionamento personali non sorgono problemi di trasferibilità. Nel caso dei sistemi a contribuzione definita, ciascun aderente ha un conto individuale, con un importo che può essere facilmente conservato o trasferito ad un altro piano previdenziale dello stesso tipo. Tuttavia, esiste lo svantaggio che il rischio dell'investimento è tutto a carico dei beneficiari, che quindi si trovano in una situazione di maggiore incertezza in merito al futuro reddito da pensione. I piani di pensionamento personali sarebbero indipendenti dal rapporto di lavoro, ma sono un'alternativa solo se i datori di lavoro accettano di versare i contributi al piano personale, invece che a quello aziendale. Inoltre, i piani previdenziali individuali tendono ad essere più costosi dei sistemi collettivi del secondo pilastro e resta da vedere se i nuovi prodotti proposti nel Regno Unito ("pensioni integrative settoriali") e in Irlanda ("conti personali di accantonamento") riescono a ovviare a questi svantaggi. In ogni caso, i lavoratori che cambiano frequentemente posto di lavoro, e di conseguenza aderiscono a vari piani pensionistici integrativi nel corso della loro vita professionale, probabilmente avranno maturato meno diritti a pensione al momento del pensionamento. Quindi la questione della trasferibilità resta sull'agenda politica, anche a livello europeo. La Commissione recentemente ha consultato le parti sociali sulla questione della trasferibilità dei diritti a pensione nei regimi integrativi (Migliorare la trasferibilità dei diritti a pensione nei regimi integrativi, prima fase di consultazione delle parti sociali europee SEC/2002/597 del 27/05/2002). Una seconda fase di consultazione si terrà nella prima metà del 2003, prima di stabilire se occorra intraprendere un'azione a livello UE. 5.1.3. Conclusioni: miglioramenti necessari nei regimi pensionistici del secondo pilastro I regimi obbligatori in linea di massima sono in grado di rispondere alla sfida di corrispondere una pensione ai lavoratori atipici e mobili. Per contro, i regimi del secondo pilastro presentano ancora dei problemi su entrambi i fronti e gli Stati membri che intendono promuoverne lo sviluppo stanno lavorando per superare queste difficoltà. Continua l'azione per agevolare la trasferibilità transfrontaliera delle pensioni professionali. 5.2. Obiettivo 10: realizzare le aspirazioni di maggiore uguaglianza tra donne e uomini Riesaminare i sistemi pensionistici nell'intento di garantire l'applicazione del principio della parità di trattamento tra donne e uomini, tenendo conto degli obblighi previsti dal diritto comunitario. Le donne rappresentano la maggioranza degli anziani, quasi il 60% degli ultrasessantacinquenni e quasi i due terzi degli ultrasettantacinquenni. Tuttavia, i sistemi pensionistici non sono particolarmente orientati a soddisfare le nuove esigenze della popolazione femminile. La maggior parte dei sistemi pensionistici erano studiati per uomini con il ruolo di capifamiglia, con un lavoro a tempo pieno e senza interruzioni di carriera. Le esigenze delle donne venivano coperte dal reddito del marito o, dopo la sua morte, dalle pensioni di reversibilità integrate da assegni famigliari. Questa impostazione è ancora confermata nei principi di base di molti regimi pensionistici, benché molti Stati membri stiano progressivamente adeguando i rispettivi sistemi in conformità del diritto comunitario vigente e alla luce della crescente partecipazione delle donne al mercato del lavoro, nonché delle aspirazioni a una maggiore uguaglianza tra i sessi. 5.2.1. Differenze nella situazione previdenziale di uomini e donne Poiché i sistemi pensionistici non sono studiati solo per fornire un reddito forfetario universale, bensì per sostituire il reddito da lavoro e mantenere il tenore di vita raggiunto durante la vita lavorativa, le differenze di trattamento tra i due sessi nel mercato del lavoro si riflettono inevitabilmente nei diritti alla pensione. Gli attuali tassi di occupazione femminile restano ben al di sotto di quelli maschili, con una tendenza a ridurre i divari nel lungo termine. La differenza è maggiore per i lavoratori più anziani e si riduce nelle fasce di età più giovani. Di conseguenza, le donne che oggi sono pensionate o si stanno avvicinando all'età della pensione sono state occupate per periodi più limitati degli uomini e con salari più bassi. Inoltre, è più probabile che abbiano lavorato a tempo parziale e in aziende che non offrivano pensioni integrative. Queste differenze nei profili professionali di uomini e donne si riflettono nelle pensioni attuali. Il divario tra le pensioni percepite da uomini e donne può essere più ampio rispetto alla differenza di retribuzione. [18] Così la Finlandia dichiara che nel 2000 la pensione totale media delle donne era pari a 841 euro, contro a una media di 1151 euro per gli uomini, con uno scarto del 27 % [19] rispetto a un divario salariale pari solo al 20%. In Spagna, nel 2001 la pensione contributiva media era di 405 euro per le donne e 650 euro per gli uomini, con un divario del 37% (divario salariale basato su cifre ECHP 1998: 14%). In Austria, la pensione obbligatoria media nel 2000 era di 734 euro per le donne e 1334 euro per gli uomini, con un divario del 45% (divario salariale: 21%). In Francia, nel 1997 la pensione media mensile per gli uomini era di 1342 euro contro 767 euro per le donne, con un divario del 43% (divario salariale: 11%). Nel Regno Unito nel 2001 il divario era del 16% (183 sterline a settimana per gli uomini contro 153 sterline per le donne) contro un divario salariale del 24%, e le differenze derivano principalmente dalle prestazioni fornite dai regimi professionali, che tendono ad essere notevolmente inferiori per le donne. [18] Va notato che il confronto tra i livelli delle pensioni di uomini e donne riguarda i diritti individuali. L'effettiva situazione reddituale dipende anche da prestazioni derivate. [19] Il divario viene calcolato come differenza tra le pensioni medie di uomini e donne in percentuale sulle pensioni medie degli uomini. Un livello così basso di diritti individuali alla pensione tende ad aumentare il rischio di povertà per le donne, in particolare se vivono sole e non hanno altre fonti di reddito quali prestazioni derivate (pensione di reversibilità). I rischi di povertà alla fine degli anni '90 in effetti erano più elevati per le donne anziane che per gli uomini nella maggior parte degli Stati membri (cfr. grafico 14, obiettivo 1). Solo in Spagna e nei Paesi Bassi le donne risultavano esposte a un rischio inferiore rispetto agli uomini, mentre in Belgio la differenza è minima. Tuttavia, in generale il divario si allarga nel caso degli anziani che vivono soli. Molte delle misure studiate per promuovere l'adeguatezza dei sistemi pensionistici dovrebbero avvantaggiare in particolare le donne, che più spesso degli uomini dipendono da un reddito minimo garantito. Le donne sono anche i principali beneficiari di crediti pensionistici per la cura dei figli o l'assistenza ai famigliari. Lo sviluppo dei regimi del secondo e del terzo pilastro pone una nuova sfida. Il mantenimento e il miglioramento dei livelli delle prestazioni a favore delle donne richiederà una maggiore partecipazione al mercato del lavoro. L'accesso ai regimi del secondo e terzo pilastro sta migliorando, ma le componenti di solidarietà (quali crediti pensionistici per il congedo parentale) restano scarse e le donne possono risultare penalizzate dalla speranza di vita superiore (di circa quattro anni) che si traduce in una riduzione delle rendite. Grafico 20 >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> Fonte: statistiche demografiche, EUROSTAT 5.2.2. Discriminazioni tra i due sessi nella legislazione sulle pensioni La normativa comunitaria impone la parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, ma prevede alcune eccezioni per quanto concerne l'età pensionabile, le pensioni di reversibilità e i diritti a pensione per i periodi dedicati alla cura dei figli (direttiva 79/7/CEE). Queste deroghe sono state interpretate in modo molto restrittivo dalla Corte di Giustizia europea. Ai sensi della direttiva queste eccezioni sono chiaramente transitorie e si richiede agli Stati membri di valutare periodicamente, alla luce dell'evoluzione sociale, se tali deroghe dal principio della parità di trattamento siano ancora giustificate. In materia di pensioni professionali, la direttiva 96/97/CE ha modificato la direttiva 86/378/CE allineandola all'articolo 141 secondo l'interpretazione della Corte di Giustizia europea. La nuova direttiva inoltre limita le possibili deroghe rispetto alla direttiva 79/7/CEE, in quanto l'articolo 141 del trattato prevede che donne e uomini debbano ricevere un'identica retribuzione per lo stesso lavoro. Questa disposizione non riguarda solo i pagamenti diretti, ma anche altre forme di remunerazione, quali le pensioni professionali. In generale, gli Stati membri si sono impegnati ad assicurare la piena parità di trattamento nelle rispettive legislazioni sulle pensioni, benché alcuni paesi debbano ancora garantirla pienamente nelle loro diverse disposizioni. La relazione della Svezia sottolinea l'importanza di questo aspetto e rileva che, compensando nei sistemi previdenziali le discriminazioni di genere nel mercato del lavoro, non si fa altro che cementare i ruoli tradizionalmente attribuiti ai due sessi. Il fatto di offrire alle donne pensioni di reversibilità più generose o indennità e crediti pensionistici più elevati per la cura dei figli può fungere da incentivo finanziario al mantenimento dei ruoli tradizionali e scoraggiare gli uomini a prevedere dei periodi di interruzione della carriera. L'equiparazione dell'età pensionabile di uomini e donne nei regimi professionali o equivalenti si ottiene portando l'età di pensionamento delle donne allo stesso livello degli uomini. In questo modo si contribuisce in misura rilevante all'innalzamento dei tassi di occupazione dei lavoratori anziani e alla riduzione della spesa pensionistica futura. Per quanto concerne l'età pensionabile, il Belgio prevede di equipararla nel 2009, il Regno Unito nel 2020 e l'Austria entro il 2033. Alcuni Stati membri, tra cui Svezia, Italia e Spagna, offrono possibilità di pensionamento flessibile, consentendo alle persone con una carriera professionale più breve, e quindi a molte donne, di maturare una pensione intera. Con l'introduzione del nuovo regime pensionistico in Italia, a uomini e donne si applicherà la stessa età di pensionamento flessibile. Tuttavia, le madri avranno la facoltà di ritirarsi dal lavoro un anno prima (con tre o più figli) o di ottenere una pensione più elevata corrispondente ad un massimo di due anni aggiuntivi di occupazione (con tre o più figli). Occorrerà equiparare molte altre prestazioni o agevolazioni collegate all'età di pensionamento o allo status di pensionato (in particolare sussidi di invalidità e vantaggi offerti ai pensionati quali le tariffe di trasporto ridotte). Un'altra discriminazione tra i due sessi accettata dalla direttiva 79/7/CEE riguarda l'indennità per la cura dei figli. Austria, Germania, Grecia, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Regno Unito e molto recentemente la Svezia prevedono questa opzione. Come ha dichiarato di recente la Corte di Giustizia europea, questa opzione dovrebbe essere concessa su base paritaria a uomini e donne nei regimi previdenziali del settore pubblico. La parità di trattamento di madri e padri dev'essere applicata ai regimi dove le pensioni sono considerate una remunerazione, e alcuni regimi del settore pubblico dovranno essere adattati di conseguenza. La Francia assegna alle madri dei periodi di contribuzione, a prescindere dal fatto che abbiano interrotto o meno la carriera professionale, a titolo di risarcimento per il doppio onere professionale e famigliare. Il Lussemburgo ha introdotto gli "anni baby" (minimo due anni) per uno dei due genitori. In Germania i crediti pensionistici per la cura dei figli si possono assegnare sia al padre che alla madre, e spetta ai genitori dichiarare chi dei due deve beneficiare di questi diritti. Tuttavia, in assenza di una dichiarazione congiunta dei genitori, i periodi di contribuzione per la cura dei figli devono essere accreditati alla madre. In Svezia questa possibilità sarà offerta al genitore con il reddito più basso, se i genitori non specificano chi dei due dovrebbe ricevere il credito pensionistico. 5.2.3. Misure per promuovere la parità tra i due sessi nei sistemi pensionistici Il motivo principale delle carriere professionali limitate delle donne è la necessità di assumersi la maggior parte delle responsabilità relative alla cura dei famigliari e alle incombenze domestiche. L'educazione dei figli spesso comporta dei sacrifici professionali per il genitore che si assume la maggior parte delle responsabilità: di solito si tratta della madre, che maturerà meno diritti a pensione. Molti sistemi pensionistici obbligatori riconoscono le interruzioni di carriera per la cura dei figli, accreditando diritti a pensione o conteggiando i periodi di interruzione nel numero di anni necessari per ottenere il diritto alla pensione. Spesso questi crediti vengono calcolati al livello della pensione minima. Anche alcuni regimi professionali con forti elementi di solidarietà assegnano dei crediti pensionistici per i periodi di interruzione, ma su base rigorosamente paritaria per uomini e donne, in conformità dell'articolo 141 del trattato (parità della retribuzione per uomini e donne). I permessi, come i congedi parentali, sono strumenti importanti per consentire a donne e uomini di conciliare il lavoro con le responsabilità famigliari. Le disposizioni concernenti sussidi e crediti pensionistici sono molto contrastanti nei diversi Stati membri. 11 Stati membri tengono conto in qualche modo dei periodi di congedo nel conteggio della pensione minima. Da un lato, forme di sostegno generose, con sussidi diretti in contanti o crediti pensionistici, possono incoraggiare i padri a richiedere il congedo, ma dall'altro, se associate a interruzioni più lunghe della carriera professionale, possono esercitare un impatto negativo sull'occupazione nel suo complesso e pregiudicare le possibilità della madre di riprendere la vita lavorativa. In termini di pari opportunità sul mercato del lavoro, una soluzione efficiente potrebbe essere quella di ridistribuire parte delle risorse da assegni generosi per congedi a tempo pieno a strumenti che consentono di combinare le responsabilità famigliari e il lavoro, anche sviluppando i servizi di assistenza all'infanzia, come suggeriscono alcuni Stati membri. Alcuni paesi offrono la possibilità del lavoro a tempo parziale. Il Lussemburgo, ad esempio, offre un sussidio per congedo parentale di 1650 euro al mese, ovvero di 825 euro per un genitore che lavora a tempo parziale, e accredita i contributi per tutto il periodo. In Francia è attualmente in discussione un'indennità facoltativa che sostituirebbe i vari sussidi esistenti e potrebbe essere utilizzata dai genitori per stare a casa o per pagare i servizi di assistenza. Considerando la minore partecipazione alla forza lavoro e i redditi inferiori delle donne, le pensioni di reversibilità restano uno strumento importante per garantire un tenore di vita adeguato alle donne anziane. Diversi paesi (Austria, Germania, Paesi Bassi, Svezia, Regno Unito) stanno riducendo queste prestazioni poiché le donne dipendono sempre meno da questa fonte di reddito, grazie al miglioramento delle opportunità lavorative e quindi dei periodi di contribuzione, o in conseguenza di altre misure politiche intese ad aumentare i diritti a pensione individuali delle donne. La Germania ha abbassato le pensioni di reversibilità dal 60% al 55% della pensione del coniuge, aumentando nel contempo i crediti pensionistici per la cura dei figli. Nella relazione della Grecia si rileva che le condizioni per la riscossione delle pensioni di reversibilità possono creare degli incentivi perversi, garantendo alle donne sposate un reddito superiore attraverso le prestazioni derivate dalla pensione del marito, rispetto a quanto sarebbero in grado di ottenere con il proprio lavoro. E' probabile che anche altre prestazioni di reversibilità interferiscano in modo inopportuno nelle scelte individuali riguardo al lavoro o a un nuovo matrimonio, ma questi aspetti non vengono trattati in altre relazioni strategiche nazionali. In Svezia, dove la partecipazione femminile alla forza lavoro è elevata già da tempo, si pone l'accento sui diritti individuali piuttosto che sulle prestazioni derivate; anche i crediti pensionistici per i periodi dedicati alla cura dei figli contribuiscono all'acquisizione di diritti individuali alla pensione. Dal 1990 le pensioni di reversibilità sono disponibili a uguali condizioni per uomini e donne, nella forma di "sussidio di adeguamento", che fornisce un 'sostegno economico ragionevole per un certo periodo dopo la morte del partner'. Per i coniugi superstiti sotto i 65 anni il periodo è limitato a 10 mesi (12 nel 2005). Il sussidio di adeguamento è comunque concesso finché il figlio più giovane raggiunge l'età di 12 anni. Una pensione di reversibilità riservata alle donne esiste ancora, ma sarà gradualmente eliminata; in generale, potranno ancora percepirla le vedove che si sono sposate prima del 1990. I regimi pensionistici professionali solitamente offrono prestazioni di reversibilità. La relazione strategica nazionale della Svezia non prende in esame le ripercussioni sociali del taglio delle pensioni di reversibilità, ma la morte del partner potrebbe comportare un abbassamento significativo del tenore di vita del coniuge superstite. E' interessante notare che in Svezia esiste un ampio divario tra uomini e donne nel reddito relativo degli ultrasessantacinquenni rispetto alla fascia di età compresa tra 0 e 64 anni (cfr. grafico 17, obiettivo 2). Sempre in Svezia, è consentito il trasferimento al coniuge dei diritti individuali a premio (la componente a capitalizzazione del nuovo regime pensionistico svedese, finanziata dal 2,5% dei contributi). La decisione si può prendere ogni anno per la totalità dei diritti a premio acquisiti nel corso dell'anno. Tuttavia, pochi si avvalgono di questa facoltà, e la spesa per il trasferimento ammonta al 14%. Un aspetto rilevante è la ripartizione dei diritti a pensione in caso di divorzio. La relazione del Regno Unito spiega che 'in molti casi, il fatto che le mogli si siano assunte le responsabilità domestiche e della cura dei famigliari ha consentito ai rispettivi mariti di lavorare e maturare una pensione decente. Quindi la pensione del marito rispecchia il contributo che entrambi i coniugi hanno apportato al matrimonio'. Dal dicembre 2001, nei procedimenti di divorzio è possibile suddividere il valore dei diritti a pensione, benché non sia obbligatorio. La ripartizione della pensione è possibile anche in Danimarca, Irlanda e Germania ed è obbligatoria nei Paesi Bassi. La Germania ha introdotto anche la possibilità di ripartire i diritti a pensione tra i coniugi che vivono insieme, che così maturano diritti individuali. Possibilità analoghe sono in discussione anche in Austria. 5.2.4. Conclusioni: impatto dei sistemi pensionistici sulla parità tra i sessi Gli Stati membri stanno gradualmente adeguando i rispettivi sistemi pensionistici all'evoluzione del ruolo sociale ed economico di uomini e donne, passando dalla discriminazione diretta, nella legislazione sulle pensioni, a favore delle casalinghe a carico, a nuove norme intese ad agevolare l'assunzione di responsabilità famigliari e lavorative da parte di entrambi i genitori. Tuttavia, nonostante queste misure e l'aumento della partecipazione femminile alla forza lavoro, persisteranno ancora per molto tempo notevoli differenze tra le pensioni delle donne e degli uomini. Occorre una valutazione più approfondita delle tematiche di genere per comprendere gli effetti delle recenti riforme sulla situazione relativa di uomini e donne. E' probabile che il rafforzamento dei redditi minimi garantiti riduca i rischi di povertà, mentre i crediti pensionistici per i periodi dedicati alla cura dei figli o all'assistenza di famigliari anziani dovrebbero far aumentare i diritti individuali. Per contro, si evidenzia la tendenza a ridurre le prestazioni di reversibilità, e a promuovere l'acquisizione di diritti individuali, resa possibile da una maggiore partecipazione delle donne alla forza lavoro. La crescente importanza delle pensioni integrative potrebbe influire negativamente sull'uguaglianza tra i due sessi, benché in molti Stati membri l'accesso ai regimi pensionistici professionali stia migliorando. Mentre nei regimi pensionistici professionali a prestazione definita è chiaro che le donne hanno diritto alle stesse prestazioni previdenziali degli uomini, nei regimi privati a contribuzione definita le donne potrebbero beneficiare di prestazioni pensionistiche inferiori, a causa dell'applicazione di fattori attuariali specifici in relazione al sesso, che rispecchiano la maggiore speranza di vita delle donne. Tuttavia, nei regimi pubblici a contribuzione definita (Svezia, Italia) saranno utilizzati fattori attuariali uguali per i due sessi, cosicché donne e uomini percepiscano la stessa pensione annuale per lo stesso importo di contributi. I Paesi Bassi hanno introdotto una disposizione di legge per la parità delle prestazioni a favore di uomini e donne anche nei regimi a contribuzione definita, che entrerà in vigore nel 2005. L'obiettivo di Lisbona di portare al 60% il tasso di occupazione femminile resta ben al di sotto del tasso di occupazione degli uomini. Tuttavia, il conseguimento di questo obiettivo contribuirà certamente a far crescere i futuri diritti a pensione delle donne. Per compiere ulteriori progressi occorrerà uno sforzo combinato in tre settori politici importanti quali la protezione sociale, l'occupazione e la famiglia, che dovrebbe puntare a migliorare la condivisione dei diritti e delle responsabilità all'interno delle famiglie, la ripartizione del lavoro retribuito e non retribuito tra uomini e donne, la remunerazione delle responsabilità famigliari assunte da uomini e donne e i servizi professionali di assistenza come alternativa alle interruzioni di carriera. 5.3. Obiettivo 11: dimostrare la capacità dei sistemi pensionistici di affrontare le sfide Rendere i sistemi pensionistici più trasparenti e adattabili alle circostanze in evoluzione, affinché i cittadini possano continuare a riporvi fiducia. Fornire informazioni affidabili e di facile comprensione circa le prospettive a lungo termine dei sistemi pensionistici, in particolare riguardo alla possibile evoluzione dei livelli delle prestazioni e delle aliquote di contribuzione. Promuovere il più ampio consenso possibile in merito alle politiche e alle riforme in materia previdenziale e migliorare la base metodologica per un monitoraggio efficiente di tali riforme e politiche. La realizzazione dei 10 obiettivi comuni fin qui discussi garantirà la sostenibilità futura dei sistemi pensionistici europei. Tuttavia, non si tratta semplicemente di un compito per i tecnocrati. In assenza di una guida politica determinata e di un forte sostegno dell'opinione pubblica alle necessarie misure di riforma, non sarà possibile costruire regimi pensionistici solidi. La costruzione di pensioni sicure e sostenibili pone delle sfide particolari in termini di buona amministrazione: si tratta di questioni complesse, l'impatto delle riforme è lento e non si concilia il normale ritmo del cambiamento politico, ma i suoi effetti sulla vita dei cittadini sono profondi. La preparazione e la pubblicazione delle relazioni strategiche nazionali dovrebbe contribuire al dibattito aperto sulle riforme dei sistemi pensionistici. Tuttavia, un dibattito razionale deve basarsi su informazioni valide in merito alla situazione attuale e futura dei regimi pensionistici. Questa dovrebbe essere la base per la creazione di un ampio consenso, necessario per evitare frequenti cambi di direzione post-elettorali. I politici dovrebbero cercare di fornire ai cittadini un'idea chiara di quello che si possono aspettare dai rispettivi sistemi previdenziali e di che cosa devono fare in prima persona per prepararsi al pensionamento. 5.3.1. Monitoraggio dei sistemi pensionistici Molti Stati membri hanno migliorato notevolmente i meccanismi per il monitoraggio della situazione finanziaria complessiva dei sistemi pensionistici e, in misura crescente, anche del loro impatto sulla situazione sociale. Alcuni paesi hanno introdotto l'obbligo di fornire informazioni sui regimi pensionistici pubblici. Il governo tedesco è tenuto a presentare al legislatore una relazione annuale sulle pensioni, che deve comprendere delle proiezioni concernenti il livello di contribuzione necessario per i successivi 15 anni. Nel corso di ciascuna legislatura, va presentata anche una relazione contenente un'indagine sulla situazione reddituale dei pensionati. In Irlanda, la legge prevede una revisione attuariale del Fondo previdenziale ogni cinque anni e la prima relazione copre il periodo dal 2001 al 2056. Inoltre, l'indagine nazionale trimestrale sui nuclei famigliari è stata adattata per individuare i miglioramenti nella copertura delle pensioni professionali (il governo si è posto l'obiettivo di una copertura del 70% per le persone di età superiore a 30 anni e deve verificare la situazione entro il 2005). Il monitoraggio periodico dei principali parametri di un regime pensionistico è un presupposto fondamentale per l'introduzione di meccanismi di adeguamento più o meno automatici. Svezia e Italia sono i paesi più avanzati in questa direzione, poiché hanno fissato l'aliquota di contribuzione e introdotto nel sistema degli stabilizzatori automatici per adeguare le prestazioni all'aumento della speranza di vita ovvero al calo del numero di contribuenti; per il monitoraggio del sistema, la commissione nazionale della previdenza sociale è tenuta per legge a presentare ogni anno una relazione. Nel caso della Germania, il governo ha l'obbligo di proporre degli adeguamenti qualora le proiezioni sopra citate dovessero indicare che gli obiettivi in termini di aliquote di contribuzione o di livello delle prestazioni non saranno rispettati. La Grecia e la Francia sostengono che la complessità dei rispettivi sistemi pensionistici rende difficoltoso fornire informazioni valide in merito alle prospettive future. Comunque, la Francia ha messo a punto vari strumenti statistici che consentiranno anche simulazioni a medio e lungo termine in merito all'andamento dei regimi pensionistici, e sta centralizzando le informazioni provenienti dai diversi regimi. Anche la Finlandia prevede di migliorare la raccolta di dati armonizzati dagli enti previdenziali e dovrebbe pubblicare i primi risultati nel 2003. Il Regno Unito sta mettendo a punto un nuovo modello dinamico di microsimulazione per l'analisi a lungo termine della politica in materia previdenziale. Il nuovo meccanismo consentirà di valutare la situazione reddituale dei pensionati a fronte di diverse ipotesi sui regimi pensionistici pubblici e privati e sui parametri economici, creando così un collegamento tra aspetti sociali e finanziari. Per quanto concerne le informazioni sui regimi pensionistici privati, nella relazione strategica nazionale i Paesi Bassi spiegano che dal 1994 l'autorità di vigilanza PVK è obbligata a raccogliere dati annuali sulle pensioni integrative, anche relativi a copertura e prestazioni offerte. In Danimarca, dove prevalgono i regimi a contribuzione definita, si pone l'accento sui dati relativi all'andamento finanziario. L'autorità di vigilanza finanziaria danese pubblica una serie di indici finanziari confrontabili che coprono i costi amministrativi dei sistemi e i rendimenti delle attività. In alcuni paesi sono state commissionate relazioni ad hoc su cui basare il dibattito sulle riforme. L'ampia analisi economica degli effetti dell'invecchiamento sulle finanze statali, sull'assistenza sanitaria e sulla previdenza nei Paesi Bassi, pubblicata dall'Ufficio centrale di pianificazione, funge da base per la definizione delle politiche e, secondo quanto raccomandato, dovrebbe essere aggiornata ogni quattro anni. La Finlandia è stata l'unico paese a citare i sondaggi di opinione sulla fiducia dei cittadini nei sistemi pensionistici, che di volta in volta permettono di monitorare le percezioni dell'opinione pubblica in merito ai sistemi pensionistici. Dall'ultimo sondaggio, che si è svolto alla fine del 2001, è emerso un aumento della fiducia. Sicuramente c'è ancora molto da migliorare nella maggior parte degli Stati membri, ma solo la Grecia presenta una valutazione molto critica della propria situazione in merito al monitoraggio del sistema pensionistico. Il tema centrale della relazione della Grecia è la costruzione della fiducia nel sistema; la relazione sottolinea che l'attuazione delle politiche di informazione previste dall'obiettivo impone un cambiamento strutturale. La trasparenza è ostacolata dalla frammentazione del sistema e dalla complessità della legislazione. Inoltre, molti fondi non rispettano l'obbligo di legge di effettuare studi attuariali ogni cinque anni. La situazione dovrebbe migliorare grazie al consolidamento dei fondi in raggruppamenti più ampi e alla creazione di una autorità attuariale nazionale. 5.3.2. Meccanismi per la creazione del consenso politico Le misure sopra descritte consentiranno un dibattito politico più informato negli Stati membri ed è auspicabile che rafforzino il consenso in merito alle risposte politiche necessarie. L'esigenza della costruzione del consenso è ampiamente riconosciuta e nelle relazioni di molti Stati membri sono citate strutture che riuniscono tutte le parti interessate nella definizione delle politiche. In parecchie relazioni strategiche nazionali si insiste sul ruolo di primo piano delle parti sociali, ovvio nel caso di sistemi pensionistici professionali basati su contratti collettivi (come in Danimarca e nei Paesi Bassi). Tuttavia, le parti sociali svolgono un ruolo rilevante anche in alcuni regimi pubblici obbligatori. In Finlandia, il futuro del sistema pensionistico basato sul reddito viene definito nei negoziati tra le parti sociali, che in seguito si traducono in leggi approvate dal parlamento. Inoltre, le parti sociali sono rappresentate anche in molti degli organismi consultivi esistenti nell'UE. Due paesi in particolare insistono su accordi trasversali tra i partiti. La Svezia spiega che il nuovo regime pensionistico è il risultato del lavoro svolto da esponenti di tutti i partiti tra il 1991 e il 1994. Cinque dei sette partiti rappresentati nel Riksdag hanno appoggiato la proposta di riforma e hanno collaborato nell'ambito di un gruppo di lavoro che ha preparato l'adozione della riforma nel 1998 e continua a monitorarne l'attuazione. Il "patto di Toledo", in Spagna, è costituito da una serie di raccomandazioni emesse dal parlamento nel 1995 a seguito della consultazione di esperti in una commissione parlamentare composta da esponenti di tutti i partiti politici. Tuttavia, diversamente dalla Svezia, le raccomandazioni fornite dal parlamento non si sono tradotte direttamente in politiche governative, ma sono state prima sottoposte ai principali organismi sindacali, che hanno raggiunto un accordo con il governo nell'ottobre 1996. Un nuovo accordo sulle riforme tra governo e parti sociali è entrato in vigore nell'aprile 2001 per un periodo fino al 2004, e riguarda in particolare le pensioni minime, il fondo di riserva e il pensionamento flessibile. Il partenariato e la creazione del consenso sono considerati una componente essenziale della formulazione e dell'attuazione di politiche in Irlanda, dove la strategia previdenziale si basa su ampie consultazioni e sull'accordo con parti sociali, gruppi di interesse e industria; gli obiettivi e i traguardi vengono poi inseriti in accordi nazionali di partenariato. Il Regno Unito segue un'impostazione meno istituzionalizzata della maggior parte degli altri Stati membri: le riforme vengono preparate con documenti consultivi, utilizzati come base di discussione con un ampio ventaglio di parti interessate, tra cui i rappresentanti della direzione e dei lavoratori, ma anche organizzazioni di pensionati e enti previdenziali. 5.3.3. Informazioni ai beneficiari Un impegno fondamentale è quello di fornire ai beneficiari informazioni in merito a diritti acquisiti e probabili livelli delle pensioni. Formalmente, queste informazioni non sono da ritenersi vincolanti sul piano contrattuale, ma creano delle aspettative e impegnano i responsabili dei regimi pensionistici a fornire le prestazioni attese. Quindi, il miglioramento delle informazioni ai beneficiari può essere un indicatore del fatto che governi e enti previdenziali sono fiduciosi in merito alla loro capacità futura di garantire buoni risultati. Gli Stati membri segnalano notevoli miglioramenti nelle informazioni fornite ai beneficiari in merito alla pensione obbligatoria. Secondo l'approccio tradizionale, le informazioni vengono fornite solo su richiesta e principalmente alle persone prossime al pensionamento, ma si sta evidenziando la nuova tendenza a fornire a tutti gli iscritti al sistema rendiconti periodici sui diritti a pensione maturati. La Svezia è stata il primo paese ad adottare questa impostazione con la "busta arancio" che dal 1999 viene inviata ogni anno a tutti i beneficiari del regime pensionistico pubblico. La busta contiene informazioni sui diritti a pensione acquisiti nell'anno precedente e sul capitale figurativo complessivo accumulato, nonché una previsione della pensione futura in base a diverse ipotesi relative a crescita economica, tassi di rendimento e età di pensionamento. La Germania seguirà una strada analoga a partire dal 2004, quando gli enti previdenziali dovranno inviare ogni anno "relazioni informative sulla pensione" a tutti gli assicurati sopra i 27 anni di età. Nella relazione saranno indicati i diritti a pensione maturati fino a quel momento e l'ammontare della pensione che verrebbe corrisposto in caso di invalidità. Inoltre, conterrà una stima della futura pensione di vecchiaia, basata sul presupposto che l'attuale occupazione venga mantenuta fino all'età del pensionamento. Agli assicurati di età superiore a 54 anni sarà fornito un rendiconto triennale con informazioni sull'ammontare della pensione ai sensi della legislazione vigente. In Finlandia, entro 12 mesi dal termine di un contratto di lavoro nel settore privato vengono inviati rendiconti sulle pensioni. I dipendenti comunali sopra i 35 anni di età ricevono un rendiconto ogni cinque anni. La nuova legislazione introdotta nel 2000 in Portogallo sancisce l'obbligo di fornire informazioni regolari agli assicurati in merito ai diritti a pensione. Numerose relazioni strategiche nazionali presentano inziative per consentire l'accesso via Internet alle informazioni previdenziali. Si può trattare di informazioni generali sulla legislazione vigente (Austria) o di informazioni su situazioni previdenziali individuali (Finlandia, Danimarca, Portogallo). In Francia, gli iscritti al sistema pensionistico generale hanno diritto per legge a ricevere informazioni personalizzate sui rispettivi diritti a pensione non appena raggiungono l'età di 58 anni; su Internet sono disponibili simulazioni dei diritti a pensione basate su casi tipici. Il miglioramento dell'accesso alle informazioni non riguarda solo i regimi obbligatori. In alcuni casi, la legislazione sulla diffusione di informazioni può essere più avanzata per i regimi pensionistici privati che per quelli pubblici. In Belgio i datori di lavoro sono obbligati a fornire informazioni annuali sui diritti acquisiti e sulla relativa scadenza. In Danimarca, le compagnie di assicurazione sulla vita e i fondi pensione di categoria sono già soggetti ad obblighi di informativa che dovrebbero estendersi anche ai fondi pensione aziendali. Il sito web PensionsInfo è un'iniziativa congiunta delle autorità pubbliche e degli enti previdenziali privati che mira a fornire ai singoli beneficiari un quadro generale della propria situazione previdenziale. I titolari dei nuovi conti personali di accantonamento in Irlanda avranno diritto ad aggiornamenti periodici in merito al valore attuale e previsto delle prestazioni che si possono attendere. Gli aderenti a regimi pensionistici professionali nel Lussemburgo hanno diritto a informazioni regolari in merito alle prestazioni previdenziali previste alla fine della carriera e ai diritti garantiti in caso di un cambio di lavoro o di insolvenza del datore di lavoro. Il governo del Regno Unito sta lavorando con datori di lavoro e enti previdenziali per fornire, su base volontaria, "previsioni previdenziali combinate" concernenti i diritti a pensione in regimi statali e privati. Inoltre, a partire dall'aprile 2003 i regimi a contribuzione definita avranno l'obbligo di fornire ai rispettivi aderenti un prospetto annuale della futura pensione sulla base di diverse ipotesi. Il miglioramento delle informazioni individuali servirà ad aumentare la consapevolezza in merito a questioni previdenziali, ma non necessariamente consentirà ai singoli di prendere misure adeguate se sentono di dover fare qualcosa di più per provvedere alla propria vecchiaia. Il Regno Unito ha varato una "campagna di educazione sulle pensioni" per sensibilizzare la popolazione sull'esigenza di risparmiare in vista del pensionamento e sulle alternative disponibili. 5.3.4. Conclusioni: l'informazione come motore del cambiamento L'obiettivo 11 può apparire secondario rispetto ai precedenti 10 obiettivi, ma potrebbe avere un profondo impatto sul futuro dei sistemi pensionistici. La creazione di un forte consenso è stata una condizione sine qua non per l'introduzione delle riforme. La maggior parte delle iniziative di riforma di cui si fa menzione hanno comportato anche la creazione di meccanismi mirati a garantire la continuità e una base sulla quale intraprendere ulteriori dibattiti sulle riforme, dove necessario. Un'informazione di qualità sui sistemi previdenziali, rivolta ai politici e ai cittadini, dovrebbe agevolare la costruzione del consenso necessario per le riforme e potrebbe, ad esempio, promuovere il sostegno per meccanismi automatici di stabilizzazione, se è possibile dimostrare che i rischi sono accettabili. L'informazione periodica in merito ai diritti a pensione maturati crea un senso di proprietà nei singoli individui, che possono assumersi in prima persona la responsabilità della loro pensione; potrebbe cambiare la natura stessa di certi regimi pensionistici e accelerare la transizione verso sistemi dove l'acquisizione dei diritti è più lineare e più strettamente connessa ai contributi versati o ad altre attività che possono essere remunerate con diritti a pensione (ad esempio le funzioni di assistenza). E' chiaro che la possibilità di fornire informazioni valide dipende molto dalla natura del sistema. I meccanismi sviluppati all'interno del sistema svedese, fortemente integrato, o previsti per il sistema tedesco, non possono trasferirsi facilmente in altri sistemi. Ciononostante, è evidente che gli Stati membri attribuiscono un'importanza notevole a questo aspetto e che esiste un ampio margine di manovra per organizzare scambi in merito alle buone prassi in questo campo. 6. CONCLUSIONI GENERALI E PASSI SUCCESSIVI 6.1. Conseguire gli obiettivi comuni Le relazioni strategiche nazionali presentano un'ampia gamma di sviluppi positivi riguardo agli obiettivi comuni e dimostrano la determinazione degli Stati membri ad affrontare le sfide finanziarie senza pregiudicare gli obiettivi sociali dei rispettivi sistemi pensionistici. L'equilibrio tra preoccupazioni sociali e finanziarie è la chiave per il successo politico delle riforme previdenziali. Adeguatezza delle pensioni Prevenire l'esclusione sociale - Attraverso l'adesione obbligatoria ai sistemi pensionistici, i cittadini di tutti gli Stati membri hanno la garanzia di acquisire dei diritti a ricevere una pensione che contribuirà, dove possibile, alla loro autonomia finanziaria nella vecchiaia. Inoltre, tutti gli Stati membri prevedono dei meccanismi per fornire un reddito minimo agli anziani che per un qualsiasi motivo non hanno maturato autonomamente sufficienti diritti alla pensione. Grazie ai sistemi pensionistici, la vecchiaia non è più sinonimo di povertà per una vasta percentuale della popolazione. Dai dati sui redditi forniti dal gruppo "nuclei famigliari" della Comunità europea (ECHP) risulta che nel 1998 il rischio della povertà (ossia di vivere con un reddito inferiore al 60% del reddito medio) per gli ultrasessantacinquenni era solo leggermente superiore rispetto alle persone sotto i 65 anni di età. Tuttavia, in alcuni paesi persistono rischi di povertà più elevati per gli anziani, in particolare le donne. Le relazioni strategiche nazionali presentano una serie di misure intese a ridurre il rischio della povertà, tra cui redditi minimi garantiti e vari sussidi in contanti e in natura. Inoltre, è probabile che i futuri pensionati, e in particolare le donne, acquisiscano più diritti a pensione durante la vita lavorativa. Consentire il mantenimento di un tenore di vita adeguato - I sistemi pensionistici, attraverso i regimi pubblici basati sul reddito o forfetari (primo pilastro), i regimi professionali privati (secondo pilastro) e i piani pensionistici individuali (terzo pilastro) offrono alla maggior parte degli europei buone opportunità di mantenere invariato il proprio tenore di vita dopo il pensionamento. Lo confermano i livelli dei redditi medi degli ultrasessantacinquenni, che si avvicinano al 90% dei redditi medi della popolazione sotto i 65 anni di età. La maggior parte dei redditi da pensione deriva dai regimi del primo pilastro, che probabilmente resteranno la principale fonte di reddito degli anziani in gran parte degli Stati membri. Tuttavia, le relazioni strategiche nazionali presentano un'ampia gamma di misure di riforma attuate fino ad oggi nell'intento di contenere la futura crescita della spesa pensionistica pubblica, lasciando più spazio alle prestazioni private. In questo contesto, un modo importante per garantire la futura adeguatezza delle pensioni è quello di consentire alle persone di maturare ulteriori diritti a pensione posticipando il pensionamento. In molti Stati membri si stanno sviluppando anche le pensioni professionali e personali, cosicché la riduzione dei redditi forniti dai sistemi del primo pilastro venga compensata da prestazioni superiori dei regimi privati. Tuttavia, è improbabile che le pensioni private volontarie riescano automaticamente a compensare la riduzione delle prestazioni pubbliche. Di conseguenza, un numero crescente di paesi ha consentito alle parti sociali di istituire regimi pensionistici di categoria, basati su accordi collettivi obbligatori, che rendono possibili tassi elevati di copertura. Promuovere la solidarietà - Gli Stati membri hanno inserito forti elementi ridistributivi nei sistemi pensionistici del primo pilastro, in particolare sotto forma di pensioni minime garantite o di crediti per i periodi privi di un reddito pensionabile (ad esempio disoccupazione, studio, congedo parentale, ecc.). Queste misure non sono incompatibili con il rafforzamento dei legami tra contribuzioni e prestazioni, in particolare se gli elementi di solidarietà sono finanziati dai bilanci statali. Forti componenti di solidarietà si possono riscontrare anche nei regimi pensionistici professionali basati su accordi collettivi. Dalle ultime rilevazioni disponibili emerge, per l'UE nel suo complesso, che le differenze di reddito sono meno accentuate tra gli anziani rispetto alla popolazione in generale. Sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici Aumentare i livelli di occupazione - Per tutti gli Stati membri le misure volte ad aumentare i tassi di occupazione sono un elemento importante delle strategie a lungo termine mirate alla sostenibilità delle pensioni. Grazie all'aumento dei tassi di occupazione, un maggior numero di lavoratori possono contribuire a finanziare le prestazioni e quindi a mantenere le pensioni a livelli adeguati. Le proiezioni sulla spesa pensionistica pubblica [20] indicano che, se si realizzassero gli obiettivi di occupazione stabiliti a Lisbona, con una crescita costante dell'occupazione oltre il 2010 l'aumento della spesa pensionistica pubblica in percentuale sul PIL si potrebbe ridurre di circa un terzo nel 2050, rispetto allo scenario base delle attuali politiche. Ne consegue che il solo aumento dei tassi di occupazione non risolverà il problema della sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici. [20] Effettuate dagli Stati membri nel 2001 sotto gli auspici del comitato di politica economica. Prolungare la vita lavorativa - Attualmente la maggior parte degli europei si ritira dal lavoro prima di raggiungere l'età di pensionamento obbligatoria. Se si potesse innalzare di un anno l'età di pensionamento effettiva senza aumentare i diritti a pensione maturati, l'atteso incremento della spesa pensionistica nel 2050 risulterebbe ridotto di 0,6-1% del PIL. Ciò significa che aumentando di un solo anno l'età di pensionamento effettiva si assorbirebbe il 20% circa dell'incremento atteso della spesa pensionistica nel 2050. Gli Stati membri hanno dichiarato il loro impegno a ritardare la riscossione anticipata delle pensioni e stanno riformando i sistemi di pensionamento anticipato e le politiche sul mercato del lavoro e promuovendo l'invecchiamento attivo [21]. Tuttavia, in molti casi il ritmo delle riforme è più lento di quello necessario per realizzare gli obiettivi di Stoccolma e Barcellona in merito al tasso di occupazione dei lavoratori anziani (50% entro il 2010 rispetto all'attuale 38,5%) e all'innalzamento dell'età di pensionamento effettiva (cinque anni entro il 2010). [21] Relazione congiunta presentata al Consiglio europeo di Barcellona circa l'Incremento del tasso di partecipazione al mercato del lavoro e la promozione dell'invecchiamento attivo. Sistemi pensionistici sostenibili in un contesto di solidità delle finanze pubbliche - Alcuni Stati membri hanno già varato, o stanno mettendo in atto, delle strategie globali per garantire la sostenibilità dei sistemi pensionistici e delle finanze pubbliche, in linea con la triplice strategia contenuta negli Orientamenti generali di politica economica (BEPG). Tuttavia, la maggior parte degli Stati membri prevedono consistenti aumenti della spesa pensionistica pubblica e per di più alcuni paesi sono ancora frenati da un elevato indice di indebitamento e dalla necessità di risanare il bilancio. Occorrono riforme aggiuntive in tutte e tre i settori, in particolare ulteriori misure di riforma delle pensioni negli Stati membri che non hanno ancora provveduto a salvaguardare la sostenibilità a lungo termine dei sistemi pensionistici. E' quanto si rileva negli Orientamenti generali di politica economica 2002, che sottolineano l'esigenza di riformare i sistemi pensionistici per collocarli su "solide basi finanziarie" e rivolgono specifiche raccomandazioni in proposito a un gran numero di Stati membri. Un corretto equilibrio tra prestazioni e contributi - Gli Stati membri si sono impegnati a mantenere le pensioni a livelli adeguati nonostante l'invecchiamento demografico, ma sono anche consapevoli del fatto che non possono realizzare questo obiettivo facendo gravare un onere eccessivo sulle future generazioni attive. Al fine di prevenire effetti negativi sull'occupazione, sarebbe opportuno evitare l'aumento del carico fiscale complessivo, in particolare sul lavoro, e perseguire un equilibrio sostenibile tra le imposte sul lavoro da un lato e altre forme di tassazione, ivi comprese le imposte sul capitale, dall'altro. Nessuno Stato membro prevede di finanziare l'aumento della spesa pensionistica esclusivamente con l'aumento delle aliquote di contribuzione. Molti Stati membri hanno fissato un tetto massimo per i contributi. Nel caso dei nuovi sistemi pensionistici figurativi a contribuzione definita, le prestazioni si adeguano automaticamente per mantenere l'equilibrio finanziario dei sistemi, soprattutto a fronte dell'aumento della speranza di vita. In vista dell'impatto finanziario del pensionamento della generazione del boom demografico sui sistemi pensionistici nei prossimi decenni, molti Stati membri hanno istituito fondi di riserva nei sistemi pensionistici pubblici che dovrebbero consentire di evitare aumenti rilevanti dei contributi. Alcuni ritengono di essere in grado di effettuare maggiori trasferimenti dal bilancio generale grazie alla riduzione del debito nei prossimi anni e al conseguente calo degli interessi passivi futuri, ovvero grazie all'aumento delle entrate fiscali derivanti dalle future prestazioni pensionistiche soggette a tassazione differita. Numerosi Stati membri hanno preso misure per ridurre gradualmente i tassi di sostituzione forniti dai regimi pubblici, offrendo nel contempo migliori opportunità per le pensioni integrative private. Garantire che i sistemi pensionistici a capitalizzazione siano adeguati e finanziariamente solidi - Il problema della sostenibilità finanziaria non riguarda solo i sistemi pensionistici pubblici a ripartizione. La sostenibilità delle pensioni a capitalizzazione dipende dall'andamento dei mercati finanziari. I rischi per i sistemi a capitalizzazione si possono ridurre in larga misure grazie a una efficace supervisione e a una gestione prudente delle attività. In tutta l'UE si registrano progressi significativi verso l'istituzione di validi quadri normativi per le pensioni a capitalizzazione; a questo proposito, svolgerà un ruolo rilevante la direttiva sugli enti pensionistici professionali attualmente in discussione presso il Consiglio e il Parlamento europeo. Si segnalano progressi anche nella riduzione dei costi di gestione dei regimi privati, di solito molto più elevati di quelli dei regimi pubblici. Questa tendenza può produrre notevoli vantaggi in termini di costo dei regimi privati, e quindi anche di accesso agli stessi. Modernizzazione dei sistemi pensionistici Adeguarsi a modelli occupazionali e professionali più flessibili - I regimi obbligatori in linea di massima sono in grado di rispondere bene alla sfida di corrispondere una pensione ai lavoratori atipici (a tempo parziale, temporanei, autonomi) e mobili. Per contro, la situazione dei regimi del secondo pilastro è ancora problematica su entrambi i fronti. Gli Stati membri dove i sistemi pensionistici professionali sono molto sviluppati sono consapevoli del problema e hanno cominciato ad affrontarlo con misure legislative o la contrattazione collettiva. Tuttavia, nonostante i miglioramenti ottenuti in molti Stati membri, la situazione non si può ancora considerare soddisfacente: i lavoratori atipici continuano a essere discriminati nei regimi professionali e in molti Stati membri chi cambia frequentemente lavoro tende a concludere la carriera maturando meno diritti a pensione rispetto ai lavoratori che rimangono con lo stesso datore di lavoro. Realizzare le aspirazioni di maggiore uguaglianza tra donne e uomini - Gli Stati membri stanno gradualmente adeguando i sistemi pensionistici all'evoluzione del ruolo sociale ed economico di uomini e donne, passando dalla discriminazione diretta, nella legislazione sulle pensioni, a favore delle casalinghe a carico, a nuove norme intese ad agevolare l'assunzione di responsabilità famigliari e lavorative da parte di entrambi i genitori. Tuttavia, nonostante queste misure e l'aumento della partecipazione femminile alla forza lavoro, persisteranno ancora per molto tempo notevoli differenze tra le pensioni delle donne e degli uomini. Occorre una valutazione più approfondita delle tematiche di genere per comprendere gli effetti delle recenti riforme, e in particolare dello sviluppo delle pensioni integrative, sulla situazione relativa di uomini e donne. Dimostrare la capacità dei sistemi pensionistici di affrontare le sfide - Nella maggior parte degli Stati membri si sono prese misure per migliorare la trasparenza dei sistemi pensionistici, fornendo informazioni sistematiche ai cittadini in merito ai diritti acquisiti ed effettuando un monitoraggio periodico dell'andamento complessivo e della sostenibilità dei sistemi pensionistici nel loro complesso. Si tratta di misure importanti per consentire ai singoli di pianificare il proprio pensionamento e prendere provvedimenti in modo da ottenere il tenore di vita desiderato, e anche per garantire la sostenibilità e stabilità del sistema nel lungo periodo e, di conseguenza, la fiducia dei cittadini nel futuro dei sistemi pensionistici. Un'informazione di qualità sui sistemi previdenziali, rivolta ai politici e ai cittadini, dovrebbe anche agevolare la costruzione del consenso necessario per le riforme. L'informazione periodica in merito ai diritti a pensione maturati crea un senso di proprietà nei singoli individui, che possono assumersi in prima persona la responsabilità della loro pensione; potrebbe cambiare la natura stessa di certi regimi pensionistici e accelerare la transizione verso sistemi dove l'acquisizione dei diritti è più lineare e più strettamente connessa ai contributi versati o ad altre attività che possono essere remunerate con diritti a pensione (ad esempio le funzioni di assistenza). *** Occorre mantenere lo slancio del processo di riforma per garantire la sostenibilità di pensioni adeguate. Queste riforme andrebbero considerate nel contesto delle azioni coordinate degli Stati membri per l'attuazione della strategia di crescita definita al vertice di Lisbona, che comprende riforme strutturali e fiscali e investimenti pubblici più efficaci e produttivi. Nella maggior parte degli Stati membri l'invecchiamento comincerà a far sentire i suoi effetti sui sistemi pensionistici nei prossimi dieci anni. E' quindi urgente mettere in atto strategie credibili ed efficaci e fornire ai cittadini indicazioni chiare in merito a quello che possono aspettarsi dai sistemi pensionistici e a quello che devono fare per garantirsi un tenore di vita adeguato dopo il pensionamento. 6.2. Ulteriore cooperazione a livello UE La riforma delle pensioni è un processo quasi continuo nella maggior parte dei paesi e occorre valutare l'impatto delle riforme passate per verificare se i risultati attesi in termini finanziari e sociali si sono concretizzati. A questo primo scambio generale di informazioni bisognerebbe dare seguito in una serie di modi diversi. Una priorità è quella di lavorare su indicatori comuni che consentirebbero di valutare in che misura si stanno realizzando gli obiettivi comuni. Il lavoro in merito a questo aspetto sta procedendo nel sottogruppo "Indicatori" del comitato per la protezione sociale e, per quanto concerne la sostenibilità finanziaria, nel gruppo di lavoro "Invecchiamento" istituito dal comitato di politica economica. Gli indicatori non si dovrebbero concentrare solo sul presente o sul passato recente (i dati ECHP rispecchiano la situazione fino a quattro-cinque anni fa). Nei limiti del possibile, dovrebbero anche comprendere proiezioni sulla situazione futura, come nel caso degli indicatori della sostenibilità a lungo termine utilizzati nel contesto della valutazione dei programmi di stabilità e convergenza. Altri esempi sono le proiezioni di spesa effettuate all'interno del gruppo di lavoro "Invecchiamento" o il tentativo di calcolare i futuri tassi di sostituzione nel sottogruppo "Indicatori" del comitato per la protezione sociale. Oltre agli indicatori relativi a singoli obiettivi, potrebbe essere utile anche valutare a intervalli regolari la fiducia generale nei sistemi pensionistici, come avviene in Finlandia. Gli ultimi dati ECHP forniscono un quadro della situazione dei redditi nel 1998, prima dell'introduzione di molte delle riforme più significative presentate nelle relazioni strategiche nazionali, dal quale risulta che circa il 20% degli anziani europei erano a rischio di povertà. Il miglioramento della qualità e della tempestività dei dati sul reddito dovrebbe essere una priorità ai fini di un corretto monitoraggio dell'adeguatezza delle pensioni. Inoltre, occorre lavorare sugli indicatori della futura adeguatezza, in particolare con riferimento alle riforme dei sistemi pensionistici e allo sviluppo di regimi del secondo pilastro. Le relazioni strategiche nazionali e la prima verifica inter pares in materia previdenziale, tenutasi il 23-24 ottobre 2002 sulla base delle relazioni, hanno confermato che c'è ancora molto spazio per l'apprendimento reciproco. Gli scambi di informazioni e di esperienze potrebbero continuare in modo più approfondito concentrandosi su argomenti specifici. La collaborazione in materia previdenziale dovrà essere estesa anche ai nuovi Stati membri. Il Consiglio europeo di Göteborg ha invitato i paesi candidati a "recepire gli obiettivi economici, sociali e ambientali dell'Unione nelle loro politiche nazionali". La costruzione di sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e moderni rientra negli obiettivi da recepire nelle politiche nazionali e il Consiglio e la Commissione incoraggiano i paesi candidati ad avvalersi dell'esperienza degli Stati membri presentata in questa relazione. In particolare, i paesi candidati potrebbero essere invitati a preparare le loro relazioni strategiche nazionali sulla base degli 11 obiettivi comuni. Si potrebbero tenere incontri preparatori con la Commissione nella tarda primavera o all'inizio dell'estate, cosicché i paesi candidati possano formulare le loro strategie e presentare le relazioni immediatamente dopo l'adesione. Infine, occorre ricordare che la relazione congiunta del comitato per la protezione sociale e del comitato di politica economica sugli obiettivi e i metodi di lavoro nel settore delle pensioni presentata al Consiglio europeo di Laeken nel dicembre 2001 esorta la Commissione e il Consiglio a valutare, prima della fine del 2004, obiettivi e metodi di lavoro e a decidere in merito agli obiettivi, alle metodologie e alla tabella di marcia per la prosecuzione del coordinamento nel settore delle pensioni. A tal fine, occorrerà tenere conto delle relazioni dei nuovi Stati membri e di eventuali aggiornamenti delle relazioni strategiche presentate dagli attuali 15 Stati membri. ALLEGATO - Sommari dei paesi Questa sezione presenta brevemente, per ogni Stato membro, le caratteristiche principali del sistema pensionistico, le principali sfide che esso deve affrontare e le misure di riforma adottate in materia. Vengono inoltre presentate alcune statistiche di base sulla situazione del reddito dei pensionati, sul livello attuale e la tendenza prevista della spesa pubblica per le pensioni in percentuale del PIL e sulle possibilità di un'azione politica per migliorare la sostenibilità finanziaria dei regimi pensionistici. Inevitabilmente, queste statistiche non forniscono una spiegazione esauriente, ma costituiscono un mezzo utile per facilitare la comprensione della situazione dei pensionati e dei sistemi pensionistici degli Stati membri. Il sottogruppo "indicatori" del comitato per la protezione sociale e il gruppo di lavoro "invecchiamento della popolazione" del comitato di politica economica stanno compiendo un lavoro importante su una serie completa di indicatori comuni. I dati di queste tabelle non dovrebbero perciò essere utilizzati per stabilire una graduatoria dei risultati nazionali. Le proiezioni della spesa pubblica per le pensioni fino all'anno 2050 sono il primo tentativo di questo tipo a livello europeo. Esse sono, prima di tutto, stime sull'impatto dell'invecchiamento della popolazione sulla spesa pubblica per le pensioni. Come per tutti gli esercizi che coprono un periodo molto lungo, i risultati delle proiezioni vanno interpretati con cautela. L'obiettivo di queste proiezioni era di esaminare, su una base comparabile in tutti i paesi dell'UE, la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche. Il Consiglio ECOFIN ha deciso che questo esercizio sarà ripetuto possibilmente nel 2005, quando saranno disponibili i nuovi dati dei censimenti, che forniranno una base solida per le nuove previsioni demografiche. Sono inoltre previsti altri perfezionamenti della metodologia delle proiezioni delle spese, fra cui, ad esempio, l'inclusione dei redditi futuri e di altri tipi di spese sociali su cui i cambiamenti demografici possono influire (in particolare la sanità e l'assistenza a lungo termine). Le questioni sono oggetto di esame da parte del gruppo di lavoro "invecchiamento della popolazione" del comitato di politica economica. Queste proiezioni si concentrano inoltre sulla spesa pubblica per le pensioni, comprese le prestazioni di vecchiaia con accertamento delle fonti di reddito, ma non coprono le pensioni private. Va notato che alcuni Stati membri hanno un livello di erogazione privata molto più elevato di altri. Per quanto riguarda il futuro tenore di vita degli anziani, sono in corso lavori sugli indicatori per descrivere l'evoluzione futura dei tassi di sostituzione per i pensionati in una serie di casi ipotetici, anche con l'utilizzo di tecniche di microsimulazione. Statistiche generali per la relazione congiunta sulle pensioni: nota metodologica Il tasso a rischio di povertà è definito come la percentuale di persone con un reddito disponibile equivalente al di sotto della soglia di povertà. Il reddito disponibile equivalente è definito come il reddito disponibile totale della famiglia diviso per la sua "grandezza equivalente" per tenere conto della sua grandezza e composizione [22]. La soglia di povertà si colloca al 50% e 60% del reddito disponibile equivalente mediano nazionale. Va notato che i redditi derivanti da alloggi occupati dai proprietari o da alloggi al di sotto degli affitti di mercato, cioè i fitti figurativi, non sono compresi nella definizione del reddito. L'inclusione di quest'elemento del reddito potrebbe comportare una differenza notevole nella misurazione di tassi di rischio di povertà. Fonte: Panel europeo delle famiglie (ECHP), dati del 1999 (versione della banca dati degli utenti del dicembre 2002. I dati del Regno Unito sono provvisori; i pesi per i dati spagnoli devono essere riveduti). I dati si riferiscono alle circostanze socioeconomiche degli individui nel 1999 e alla situazione del loro reddito nell'anno precedente, il 1998, poiché nell'ECHP il reddito annuo, costituito da tutte le componenti del reddito a livello individuale e familiare, si riferisce all'anno che precede l'indagine. [22] I dati utilizzano la scala modificata dell'OCSE che dà un peso di 1,0 al primo adulto, 0,5 agli altri familiari di età superiore a 14 anni e 0,3 a ciascun bambino minore di 14 anni. La disparità della distribuzione del reddito (o quoziente dei quintili del reddito) è definita come il rapporto tra il reddito totale percepito dal 20% di una data popolazione con il reddito più alto (quintile superiore) e quello percepito dal 20% della stessa popolazione con il reddito più basso (quintile inferiore). Il reddito va inteso come reddito disponibile equivalente ed è definito come il reddito disponibile totale della famiglia diviso per la sua "grandezza equivalente". La definizione del reddito non comprende il fitto figurativo. Fonte: Panel europeo delle famiglie, dati del 1999. I dati si riferiscono alle circostanze sociodemografiche degli individui nel 1999 e alla situazione dei loro redditi nell'anno precedente, il 1998, poiché nell'ECHP il reddito annuo, costituito da tutte le componenti del reddito a livello individuale e familiare, si riferisce all'anno che precede l'indagine. Anche per l'indicatore del reddito delle persone di età uguale e superiore a 65 anni in percentuale del reddito delle persone di età 0-64, il reddito è inteso come reddito disponibile equivalente, come definito sopra. Fattori che determinano l'evoluzione della spesa pubblica per le pensioni (2000-2050): l'aumento totale previsto della spesa pubblica per pensioni tra il 2000 e il 2050, espresso in punti percentuali del PIL, è decomposto nei suoi principali fattori determinanti. La somma algebrica di questi contributi, più un resto, corrisponde al totale. Queste proiezioni forniscono stime dell'impatto dell'invecchiamento demografico sulla spesa pubblica per le pensioni. Lo scenario di base, i cui risultati sono presentati nelle tabelle, presuppone che non vi siano mutamenti del regime pensionistico. Le ipotesi relative alla popolazione e agli sviluppi macroeconomici sono state concordate nel gruppo di lavoro "invecchiamento della popolazione" del comitato di politica economica, pur nella consapevolezza che un grado considerevole d'incertezza è necessariamente inerente a questi calcoli che coprono un periodo molto lungo. È stata effettuata una serie di analisi di sensibilità per verificare l'incidenza delle varie supposizioni sui risultati. In generale queste prove hanno portato alla conclusione che i risultati dello scenario di base sono solidi e forniscono una rappresentazione adeguata della grandezza della sfida demografica futura. Inoltre, anche se le cifre per le "pensioni pubbliche" di questi calcoli si riferiscono a tutti i redditi pubblici per anziani e non solo alle pensioni di vecchiaia, la copertura delle proiezioni può variare leggermente da un paese all'altro. Inoltre, le riforme molto recenti in alcuni Stati membri non sono riflesse nelle proiezioni, ma il testo dei sommari dei paesi presenta le loro caratteristiche e, se i dati sono disponibili, il loro impatto sulla spesa prevista per le pensioni. L'aggregato "spesa per le pensioni" secondo la definizione del Sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) va oltre la definizione di spesa pubblica e comprende le spese dei regimi privati di previdenza sociale. La "spesa per le pensioni" è la somma di sette categorie di prestazioni diverse, definite nella guida SESPROS del 1996: la pensione di invalidità, le prestazioni di pensionamento anticipato per ridotte capacità di lavoro, la pensione di vecchiaia, la pensione di vecchiaia anticipata, la pensione parziale, la pensione ai superstiti e la prestazione di pensionamento anticipato per ragioni di mercato del lavoro. Alcune di queste prestazioni (ad esempio le pensioni di invalidità) possono essere erogate a persone che non hanno ancora raggiunto l'età del pensionamento. BELGIO Caratteristiche principali del sistema pensionistico Il sistema pensionistico del primo pilastro basato sulla ripartizione e legato al reddito è composto da un regime generale obbligatorio che copre tutti i lavoratori dipendenti del settore privato (il 70% circa dei pensionati riceve una prestazione da questo regime), da un regime per i lavoratori autonomi (liberi professionisti, agricoltori, commercianti, artigiani) e da un regime per i funzionari. Il finanziamento e i metodi di calcolo delle prestazioni variano da un regime all'altro. Nel 1995 è stato introdotta una gestione finanziaria globale della previdenza sociale. Il finanziamento dei vari settori della previdenza sociale si basa sui contributi per la previdenza sociale e sui trasferimenti statali. Dal 1995 una percentuale definita annualmente dell'imposta sul valore aggiunto è destinata alla previdenza sociale (25% nel 2002). Il totale dei contributi per la previdenza sociale ammonta attualmente al 37,9% delle retribuzioni (24,9% a carico del datore di lavoro e 13% del lavoratore). Le pensioni del settore privato sono calcolare in base all'intera carriera contributiva, fino a 45 anni di contributi, con gli stessi coefficienti di calcolo per uomini e donne, cioè il 60% (per una persona sola) o il 75% (per un capofamiglia) dei redditi percepiti nell'intera carriera contributiva. Nel regime per i funzionari, le pensioni sono calcolate in base al reddito medio degli ultimi cinque anni. Il pensionamento anticipato è possibile dall'età di 60 anni, a condizione che il beneficiario abbia cumulato 35 anni di contributi (a partire dal 2005, mentre nel 1997 la carriera contributiva minima era di 20 anni). I sistemi pensionistici del secondo pilastro hanno la forma di fondi pensione volontari delle imprese, istituiti su iniziativa del tutto autonoma del datore di lavoro. I diritti alla pensione di lavoro sono acquisiti dopo un anno d'iscrizione al fondo pensione e sono trasferibili al fondo del nuovo datore di lavoro. Il tasso di penetrazione dei regimi pensionistici del secondo pilastro era del 35% nel 1999, ma solo dell'8,3% per i lavoratori autonomi. La prestazione pensionistica del terzo pilastro può avere la forma di risparmi pensione o di un'assicurazione sulla vita. Il 44,4% della popolazione totale partecipa a conti di risparmio pensione del terzo pilastro grazie a vantaggi fiscali. Quindi il livello di penetrazione del terzo pilastro supera quello del secondo pilastro. Circa il 90% dei pensionati ha diritto a una pensione minima o maggiore. Gli anziani (di età superiore a 62 anni o 65 anni dal 2009) con reddito insufficiente sono protetti da un regime di assistenza sociale per anziani (GRAPA- Garantie de ressources aux personnes agées). Sfide Il rischio di povertà per gli anziani è vicino alla media europea, ma un po' più alto che per la popolazione belga al di sotto dei 65 anni. Le prestazioni del primo pilastro per il settore privato garantiscono solo tassi di sostituzione bassi, poiché le pensioni sono calcolate in base al reddito di tutta la carriera, entro un massimale. I redditi passati sono indicizzati in base a un indice dei prezzi per il calcolo dello stipendio pensionabile. Il fatto che le pensioni erogate nel settore privato siano anche legate ai prezzi piuttosto che alle retribuzioni può comportare un'erosione progressiva della pensione di un beneficiario negli anni successivi al pensionamento. Ciò può essere evitato con rideterminazioni periodiche supplementari. Nonostante l'effetto equilibratore delle pensioni del primo pilastro, la disparità di reddito fra i pensionati è elevata rispetto agli altri Stati membri, ed è soprattutto notevole in confronto alla popolazione belga di età inferiore a 65 anni. L'aumento previsto dell'indice di dipendenza degli anziani è leggermente inferiore in Belgio rispetto all'UE in generale. A causa del basso tasso di occupazione, l'effettiva dipendenza da redditi di trasferimento è tuttavia molto alta: nel 2000 su 100 lavoratori dipendenti circa 86 avevano diritto a un reddito di sostituzione e il 43% di questi era al di sotto dei 65 anni. Questo riflette in particolare uno dei tassi d'occupazione più bassi dell'UE per i lavoratori anziani (26,3% nel 2001). Secondo le proiezioni del comitato per la politica economica, la spesa pubblica per le pensioni (comprese le pensioni di vecchiaia, di invalidità e le pensioni anticipate) è destinata ad aumentare dal 10,4% del PIL nel 2000 al 13,4% nel 2050. Il sistema di previdenza sociale, comprese le pensioni pubbliche, è finanziato parzialmente con trasferimenti del governo federale. Secondo proiezioni nazionali (vedere tabella sotto) si prevede che l'aumento di questi trasferimenti sarà finanziato dalla riduzione dei pagamenti di interessi e dall'avanzo di bilancio accumulato. Costo di bilancio dell'invecchiamento e finanze pubbliche: livello del 2000 e proiezioni (2000-2050) in % del PIL >SPAZIO PER TABELLA> Sono necessari ulteriori adattamenti del sistema pensionistico per rispondere in particolare alle esigenze dei lavoratori atipici ed autonomi. Il rapporto di strategia nazionale sottolinea anche la necessità di altri miglioramenti della trasparenza del sistema e delle informazioni per i beneficiari. Risposte alle sfide Il governo affronta la questione dei rischi di povertà aumentando la pensione minima per i lavoratori dipendenti introdotta nel 1980. Questo minimo è corrisposto a chi ha lavorato a tempo pieno per 30 anni, cioè 2/3 della carriera richiesta per una pensione completa. La riforma del 1997 ha introdotto un "diritto minimo per anno di carriera" per chi ha lavorato almeno 15 anni. Il diritto minimo è garantito per ogni anno di carriera corrispondente ad almeno 1/3 dell'occupazione a tempo pieno. La somma così garantita è legata al salario minimo. La pensione minima applicabile ai lavoratori autonomi è stata riformata nel 1994, in modo da adattarla maggiormente al reddito minimo garantito per le persone anziane, sebbene la somma minima applicabile per i lavoratori autonomi rimanga ancora inferiore a quella per i lavoratori dipendenti. Questa situazione è in corso di esame. Il regime di assistenza sociale con accertamento delle fonti di reddito per gli anziani che non hanno mezzi di sussistenza sufficienti (GRAPA) è stato modernizzato nel 2001, in particolare per quanto riguarda l'individualizzazione dei diritti. Allo scopo di ridurre il divario fra i redditi finali e le prestazioni pensionistiche, il governo è impegnato a sviluppare ampiamente i regimi pensionistici del secondo pilastro sia per i lavoratori dipendenti che per quelli autonomi. A tal fine, esso ha presentato un progetto di legge al Parlamento. Questi regimi saranno basati su contratti di lavoro collettivi e dovranno presentare elementi di solidarietà. Per migliorare lo sviluppo del secondo pilastro saranno utilizzati incentivi fiscali. La strategia del governo per affrontare la sfida finanziaria del sistema delle pensioni dipende fortemente dalla riduzione del debito pubblico e quindi dalla riduzione dei pagamenti di interessi, che secondo le proiezioni è maggiore dell'aumento della spesa dovuta all'invecchiamento della popolazione. Tuttavia, l'avanzo del bilancio era solo dello 0,4% del PIL nel 2001 e nel 2002 si è passati a un deficit stimato dello 0,4% del PIL; il debito pubblico supera ancora il 100% del PIL. Perché la strategia del governo possa avere successo, il bilancio dovrà essere in attivo per vari decenni. Il governo si è impegnato ad affrontare la sfida finanziaria dell'invecchiamento della popolazione con la costituzione di un fondo di riserva nel 2001. Il risparmio risultante dalla riduzione del debito pubblico sarà trasferito a questo fondo e destinato quindi alle future spese per le necessità legate all'invecchiamento. Tuttavia, il fondo è ancora in una fase iniziale e nel 2001 costituiva solo lo 0,5% del PIL. L'aumento delle spese future è stato già frenato dalla riforma delle pensioni del 1997 che ha adattato il modo di calcolare le prestazioni pensionistiche in modo tale che con il tempo i tassi di sostituzione continueranno a diminuire. Quindi i tassi di sostituzione per i dipendenti del settore privato diminuiranno probabilmente dal 29,9% del reddito finale nel 2000 al 25,5% nel 2050. È stato inoltre deciso di aumentare entro il 2009 al livelle degli uomini l'età della pensione per le donne, nonché il numero di anni richiesto per una pensione completa. Sono state adottate varie misure per aumentare il tasso d'occupazione dei lavoratori anziani, ad esempio condizioni più severe per il pensionamento anticipato (riforma del 1997), alcuni miglioramenti del livello delle pensioni dei lavoratori che prolungano la carriera, sussidi ai datori di lavoro che occupano lavoratori anziani, miglioramenti delle condizioni di lavoro e dell'accesso alla formazione e la possibilità di ridurre gradualmente l'orario di lavoro prima del pensionamento. Le possibilità di cumulare retribuzione e pensione sono state migliorate aumentando il massimale della retribuzione. Queste occupazioni per i pensionati non determinano tuttavia ulteriori diritti a pensione. Sebbene siano stati registrati progressi nell'aumento del tasso di occupazione per i lavoratori anziani, il ritmo è lento e sembrano necessarie altre riforme per avvicinarsi all'obiettivo europeo di un tasso di occupazione del 50% dei lavoratori anziani entro il 2010. Conclusioni Sebbene si preveda che la spesa pubblica per le pensioni aumenterà notevolmente a causa dell'invecchiamento della popolazione, sembra possibile farvi fronte, a condizione che si registrino per alcuni decenni considerevoli avanzi primari. Le finanze pubbliche saranno però in deficit nel 2002. Ciò dà adito a preoccupazioni sulle probabilità di successo di questa politica. Altre riforme sembrano necessarie per quanto riguarda il pensionamento anticipato, per incoraggiare una maggiore partecipazione al mercato del lavoro delle persone di età compresa fra 50 e 60 anni. Questo contribuirebbe alla sostenibilità finanziaria. La promozione dei regimi pensionistici professionali potrebbe aumentare i tassi di sostituzione a lungo termine e quindi il tenore di vita relativo dei pensionati. Resta da vedere se questa o altre misure per migliorare l'adeguatezza ridurranno anche le disparità tra i pensionati. Statistiche generali >SPAZIO PER TABELLA> DANIMARCA Caratteristiche principali del sistema pensionistico Il primo pilastro del sistema pensionistico danese consiste in un regime di pensioni di vecchiaia obbligatorio e universale, basato sulla residenza e non contributivo, finanziato mediante le imposte generali e consistente in una prestazione forfetaria e in un elemento di accertamento del reddito. È destinato a garantire un tenore di vita minimo decoroso a tutti i cittadini di età superiore a 65 anni. Una pensione di vecchiaia completa è corrisposta a condizione che si abbia una residenza di 40 anni in Danimarca. La prestazione è indicizzata alle retribuzioni del settore privato ed è soggetta a imposta. Essa consiste in due parti, una somma di base corrisposta a tutti e un supplemento, corrisposto in base ad un accertamento del reddito. Il valore, al netto d'imposta dei due elementi della prestazione corrisponde al 47% della retribuzione netta media di un lavoratore. Attualmente la pensione di base è corrisposta al 99% dei residenti al di sopra dell'età della pensione. Di questi, il 99% riceve la somma di base completa e il 64% il supplemento completo. La pensione di base per i pensionati soli costituisce il 61% del loro reddito. Un secondo livello del primo pilastro consiste nel regime obbligatorio ATP, legato al periodo di lavoro e completamente finanziato (che è disponibile per tutte le persone economicamente attive, ma offre prestazioni solo di livello modesto, equivalente al 20% della pensione del primo pilastro) e nel regime pensionistico obbligatorio complementare del mercato del lavoro per i beneficiari di pensioni anticipate (SAP). Il regime ATP prevede una somma notevole di ridistribuzione in particolare a favore dei disoccupati e degli invalidi. Nel primo pilastro sono compresi inoltre i regimi pensionistici per i funzionari, che sono obbligatori e finanziati dal gettito fiscale. Il secondo pilastro consiste soprattutto in regimi professionali basati su contratti di lavoro collettivi al livello settoriale che sono regimi completamente finanziati a contribuzione definita. Questi regimi sono stati estesi notevolmente dagli anni 80 e ora coprono più dell'80% della popolazione attiva occupata. Basati su conti individuali, questi regimi promossi dai sindacati presentano importanti elementi di solidarietà, in particolare l'assicurazione contro l'invalidità e l'assenza di requisiti sanitari. Inoltre, essi non pongono ostacoli alla mobilità della manodopera grazie all'acquisizione immediata e alla trasferibilità fra regimi. Gli effetti di distribuzione normalmente regressivi e i costi del bilancio pubblico degli incentivi fiscali per prestazioni pensionistiche supplementari sono moderati dal fatto che l'esenzione fiscale è applicata solo all'imposta sul reddito a un tasso standard e che gli utili degli investimenti sono tassati. Nel 2002 il regime speciale di risparmio pensione è stato ridefinito come regime di risparmio senza alcun obiettivo di ridistribuzione e basato su conti individuali. Il terzo pilastro consiste in regimi pensionistici di risparmio individuali, molti dei quali danno diritto a prestazioni forfetarie anziché a pagamenti annuali. L'accesso a una serie di prestazioni supplementari in denaro subordinate all'accertamento del reddito e delle necessità (p. es. indennità per l'alloggio, il riscaldamento e i medicinali), all'assistenza sanitaria e a lungo termine gratuita e ad attività ricreative contribuiscono a garantire a tutti un tenore di vita minimo decoroso. Sfide Se il sistema danese sembra offrire attualmente un livello di reddito solido e decente a tutti i residenti a lungo termine, punti deboli esistono per quanto riguarda il tenore di vita relativo degli anziani, anche se i dati nazionali presentano un quadro diverso dai dati ECHP. Considerando il fatto che una parte significativa dei lavoratori dipendenti sono stati coperti dai regimi professionali solo recentemente, probabilmente molte persone che andranno in pensione nei prossimi 15-20 anni non avranno avuto sufficiente accesso ai regimi che consentono di mantenere il livello del reddito dopo il pensionamento. Si prevede che a lungo termine la situazione potrà migliorare grazie al graduale accrescimento di diritti alla pensione professionale basati su contratti di lavoro collettivi. Tuttavia, potrebbe essere migliorato l'accesso al mantenimento del reddito con regimi professionali per le persone aventi occupazioni atipiche. La crescente importanza dei regimi pensionistici professionali che riflettono i redditi potrebbe determinare un maggiore divario tra le pensioni di uomini e donne. La spesa per le pensioni di vecchiaia pubbliche ammonta al 4,4% del PIL ed aumenterà probabilmente del 3,4% del PIL entro il 2035 circa. La spesa totale, compresi tutti i regimi pensionistici pubblici (come le pensioni di invalidità, le pensioni per funzionari e le pensioni obbligatorie complementari), ammontava al 10% del PIL nel 2000 e probabilmente aumenterà al 14,5% entro il 2030 e diminuirà al 13,3% entro il 2050 (proiezioni del comitato per la politica economica). La strategia per la sostenibilità finanziaria si basa sul mantenimento di un surplus sui fondi pubblici in media dell'1½-2½% del PIL fino al 2010 e su un aumento della popolazione attiva di 133.000 persone ugualmente entro il 2010. Entrambi questi obiettivi sono ambiziosi e contemporaneamente cruciali per il successo della strategia, dato il periodo relativamente breve disponibile per reagire se le previsioni sull'evoluzione dell'economia non dovessero avverarsi. Poiché la Danimarca ha uno dei tassi d'occupazione più alti dell'UE, le riserve di manodopera sono ridotte. Le riforme delle pensioni realizzate negli anni 90 aumenteranno probabilmente in questo decennio il tasso di attività dei lavoratori anziani, ma solo più o meno nella misura necessaria per compensare l'effetto dell'invecchiamento della forza lavoro. Inoltre, l'occupazione va aumentata accrescendo sostanzialmente il tasso d'occupazione degli immigrati e integrando meglio nel mondo del lavoro i disabili, nonché rendendo più efficaci le politiche del mercato del lavoro. Risposte alle sfide Il rapporto di strategia nazionale danese esprime soddisfazione per le riforme effettuate recentemente e sottolinea che attualmente non è prevista alcuna modifica sostanziale del sistema. Esso si basa su un ampio consenso tra i maggiori partiti riguardo alla struttura globale e al ruolo relativo dei suoi vari elementi. Nel 2000 una vasta maggioranza parlamentare si è inoltre espressa a favore del principio che la pensione pubblica di vecchiaia debba formare una solida base di reddito per i pensionati attuali e futuri. Si prevede che l'espansione dei regimi pensionistici professionali aumenterà notevolmente i tassi di sostituzione, riducendo quindi l'attuale divario del mantenimento dei redditi. Il primo pilastro continuerà tuttavia a svolgere un ruolo preminente nelle prestazioni. Entro il 2045, il reddito del pilastro di base costituirà ancora il 50% del reddito medio dei pensionati. Un potenziale inconveniente dei regimi professionali a contributi definiti in termini di uguaglianza dei sessi, cioè pensioni per donne che riflettono l'aspettativa di vita più lunga, è evitato calcolando le prestazioni pensionistiche su una base paritaria. Uno degli obiettivi principali delle riforme degli anni 90 era la promozione dell'occupazione con maggiori incentivi al lavoro e migliori condizioni per i lavoratori più anziani. Il regime di prepensionamento anticipato, una prestazione transitoria per le persone di età compresa tra 50 e 59 anni che erano disoccupate ed avevano contribuito al regime di indennità di disoccupazione per almeno 30 anni, è stato chiuso a nuovi ingressi nel 1996 e sarà completamente eliminato entro il 2006. Il regime di pensionamento anticipato volontario è stato reso meno attraente nel 2001 con l'obbligo di contribuire al regime se una persona sceglie il pensionamento anticipato. È stata inoltre introdotta una speciale esenzione fiscale per i contributi per le persone che differiscono il percepimento di una pensione anticipata volontaria. Tuttavia, l'imposta figurativa per chi lavora oltre l'età di 60, 62 e 65 anni rimane sostanziale ancora in molti casi. Per quanto riguarda la pensione d'invalidità, sono state rinforzate le misure di riabilitazione e si è preferito incoraggiare le persone a continuare a lavorare facendo leva sulla capacità di lavorare che conserva chi desidera beneficiare del regime. Le misure adottate hanno già portato a una riduzione del numero di nuove richieste di pensione d'invalidità. Un aumento della popolazione attiva e un'ulteriore riduzione della disoccupazione sono anche considerati essenziali per consentire al governo di affrontare le spese crescenti che comporta l'applicazione della strategia di rimborso dei debiti. Il governo intende mantenere in media un avanzo di bilancio generale dell'1½ - 2½% del PIL fino al 2010. La complessa struttura del sistema danese (elementi di accertamento delle fonti di reddito, ATP, regimi a contributi definiti) può rendere difficile avere un'idea chiara sulla situazione del reddito di una persona dopo il pensionamento. Questo problema è affrontato con l'obbligo dei regimi pensionistici di rendere pubblici i costi amministrativi e le prestazioni fornite. Il regime ATP, in cooperazione con quasi tutti gli altri enti erogatori di pensioni, ha inoltre un sito Internet su cui è possibile calcolare il futuro reddito netto di vari regimi pensionistici. Conclusioni La strategia per garantire l'adeguatezza e la sostenibilità finanziaria del regime pensionistico sembra appropriata. Le riforme necessarie per raggiungere gli obiettivi di adeguatezza e solidarietà sono state effettuate negli ultimi dieci anni con il sostegno della vasta maggioranza del Parlamento. Una politica di bilancio che porta ad una rapida riduzione del debito è già stata sostenuta per alcuni anni e tutti i maggiori partiti sono a favore della continuazione di questa politica fino al 2010, quando il debito pubblico sarà stato in gran parte eliminato. Un ulteriore aumento dell'occupazione sarà difficile da raggiungere viste le riserve limitate di forza lavoro, ma è plausibile considerati i dati della Danimarca in fatto di occupazione. In particolare, potrebbero essere ancora rafforzati gli incentivi per far posticipare il pensionamento dei lavoratori anziani. In definitiva il sistema pensionistico sembra essere sostenibile finanziariamente a lungo termine con le attuali politiche attraverso una divisione abbastanza equa dell'onere tra le generazioni. Creando pensioni professionali si aumenteranno in futuro i tassi di sostituzione e in questo modo si allevierà la potenziale pressione per un aumento dei tassi della pensione pubblica. Tuttavia, i calcoli di sostenibilità si basano in modo critico sul mantenimento di grandi avanzi delle finanze pubbliche nel corso di questo decennio. Sembrano necessarie altre riforme del mercato del lavoro per garantire l'aumento dell'offerta della forza lavoro, a sua volta indispensabile per garantire la strategia di riduzione del debito necessaria per la sostenibilità finanziaria. Statistiche generali >SPAZIO PER TABELLA> GERMANIA Caratteristiche principali del sistema pensionistico Il regime pensionistico generale a ripartizione legato al reddito copre circa l'82% degli occupati in Germania (33 milioni di persone). L'aliquota dei contributi è attualmente del 19,1%, a carico in parti uguali del datore di lavoro e del lavoratore. Tale contributo copre il 63% della spesa per questo regime pensionistico, mentre il 37% è a carico del bilancio pubblico federale. Le pensioni dei funzionari sono direttamente a carico dei bilanci pubblici. Esistono regimi speciali, in particolare per gli agricoltori e i liberi professionisti (regimi con costituzione di riserve, ad esempio per medici, avvocati, architetti). I regimi del primo pilastro rappresentano il 78% di tutti i redditi delle persone di età superiore a 65 anni. Il regime generale elargisce da solo il 60% di tutti i redditi degli anziani nella Germania occidentale e più del 90% nella Germania dell'est. I lavoratori autonomi in genere non sono assicurati obbligatoriamente con il regime generale, ma hanno la possibilità di contribuirvi. Nel 1999 il 96% della popolazione di età superiore a 65 anni riceveva prestazioni dai regimi di pensioni di vecchiaia interamente o parzialmente finanziate con fondi pubblici. La prestazioni di sopravvivenza sono disponibili con il regime obbligatorio. La riforma delle pensioni del 2001 ha inoltre introdotto la possibilità di dividere i diritti alla pensione fra i coniugi (in precedenza i diritti alla pensione venivano divisi solo in caso di divorzio). Il regime del secondo pilastro tende ad essere organizzato a livello delle imprese nel settore privato. Sono possibili diversi modelli di finanziamento: riserve contabili (finanziamento interno garantito da assicurazioni obbligatorie d'insolvenza), fondi esterni e assicurazioni di gruppo. La riforma del 2001 favorisce lo sviluppo di regimi contributivi, anche a livello settoriale. I regimi professionali esistono anche per gli impiegati del settore pubblico che non sono funzionari. Questi regimi contribuiscono per il 7% al reddito totale degli anziani. Il regime individuale del terzo pilastro (assicurazione sulla vita) rappresenta circa il 10% del reddito totale nella vecchiaia. Gli anziani con un reddito insufficiente hanno diritto a prestazioni con un accertamento delle fonti di reddito. Dalla riforma pensionistica del 2001 le risorse dei discendenti non sono più prese in considerazione. Questo dovrebbe migliorare l'ottenimento delle prestazioni. Sfide La sfida principale consiste nel mantenere la sostenibilità finanziaria di fronte al raddoppio dell'indice di dipendenza degli anziani previsto nei prossimi decenni. Secondo il comitato per la politica economica, la spesa pubblica per le pensioni sarebbe probabilmente aumentata di 5 punti percentuali, passando dall'11,9% del PIL nel 2000 al 16,9% del PIL entro il 2050 prima dell'impatto della riforma del 2001. Le ultime stime rivedute, che prendono in considerazione anche l'impatto della riforma, prevedono un aumento della spesa pubblica per le pensioni dal 10,8% del PIL nel 2000 al 14,9% nel 2050, un aumento di 4,1 punti percentuali. Uno dei principali fattori di riduzione del previsto aumento di spesa sarà costituito dalla maggiore severità dei requisiti di ammissione alla pensione che ridurrà il numero di persone che percepiscono una pensione anticipata. La sostenibilità finanziaria sarà rafforzata anche per il fatto che la rideterminazione delle pensioni è stata modificata in modo tale da rallentare l'aumento delle pensioni. In particolare saranno ridotte le pensioni pubbliche in linea con la quota crescente di nuovi regimi pensionistici privati a capitalizzazione; questo sarà ottenuto mediante una riduzione della rideterminazione delle pensioni fino al 2010. L'aliquota dei contributi è attualmente del 19,1% del reddito lordo. Sono inoltre necessari notevoli sussidi del bilancio federale per finanziare la spesa attuale per le pensioni, che ammontano al 37% degli attuali pagamenti di pensione. Con la riforma pensionistica del 2001, il governo si è impegnato fermamente a mantenere l'aliquota dei contributi del regime pubblico generale a un livello ragionevole (20% entro il 2020 e 22% entro il 2030). A questo fine, la riforma pensionistica prevede una modesta riduzione dei livelli di sostituzione delle pensioni pubbliche, accompagnata da un generoso sostegno dei risparmi nelle pensioni private prevalentemente volontarie. Ciò dovrebbe garantire che il livello delle pensioni rimanga adeguato, ma a causa dell'esigua riduzione dei livelli delle pensioni pubbliche e dell'assenza di meccanismi di rideterminazione automatici, persistono rilevanti problemi finanziari. A parte la recente riforma pensionistica, la strategia del governo per affrontare la sfida finanziaria si basa sull'aumento dell'occupazione e della produttività, in altre parole sul rafforzamento della base contributiva. Si intende abbassare il tasso di disoccupazione e aumentare la partecipazione al mercato del lavoro, in particolare delle donne e dei lavoratori anziani. L'introduzione di riduzioni attuariali per le pensioni anticipate darà probabilmente risultati nei prossimi anni. Il governo intende inoltre pareggiare il bilancio entro il 2006. Il risanamento delle finanze pubbliche sarà importante per affrontare le spese future dovute all'invecchiamento della popolazione, comprese quelle per l'assistenza sanitaria e a lungo termine, per le pensioni dei funzionari e per i maggiori trasferimenti al regime pensionistico generale. Con lo sviluppo delle pensioni private, diventa sempre più importante garantire che le persone dispongano di informazioni sufficienti per poter compiere le scelte giuste, che siano rese largamente accessibili le pensioni professionali (in particolare grazie a contratti di lavoro collettivi) e che queste non escludano certi gruppi di lavoratori (in particolare i lavoratori a metà tempo e temporanei) e scoraggino la mobilità dei lavoratori. Poiché i tassi di attività e le retribuzioni delle donne probabilmente rimarranno inferiori a quelli degli uomini (sebbene la situazione stia migliorando), i diritti pensionistici individuali delle donne continueranno ad essere comparativamente limitati. L'erogazione di pensioni adeguate per le donne continuerà quindi a dipendere dalle prestazioni ai superstiti, dalla divisione dei diritti alla pensione in caso di divorzio e dalla concessione di diritti alla pensione per le interruzioni di carriera. Il ruolo delle prestazioni derivate può essere adattato man mano che la partecipazione al mercato del lavoro delle donne e degli uomini diventa più simile. Risposte alle sfide Il sistema pensionistico tedesco è stato adattato gradualmente, a partire dagli anni 90, alle sfide dell'invecchiamento demografico. Un obiettivo principale delle misure del 1992, 1997 e 2000 era quello di ridurre la necessità di futuri aumenti delle aliquote contributive, in particolare aumentando il tasso di attività dei lavoratori anziani e quindi l'età di pensionamento effettiva. L'età di pensionamento legale è stata aumentata a 65 anni per tutti i tipi di pensioni fuorché le pensioni di invalidità. Il pensionamento anticipato è possibile solo a livelli pensionistici ridotti. Quindi sono state rese più severe le condizioni per il pensionamento anticipato e sono stati introdotti incentivi finanziari per lavorare più a lungo. L'ultima riforma importante è stata realizzata nel 2001 con lo scopo di ridurre il livello di delle pensioni "standard" del regime pubblico dal 70% al 67-68% entro il 2030 e promuovendo lo sviluppo dei fondi pensione privati. L'aliquota contributiva massima è stata fissata al 20% fino al 2020 e al 22% fino al 2030. Il governo è tenuto per legge a proporre misure appropriate al Parlamento se dalle proiezioni per 15 anni emerge il rischio di un aumento dell'aliquota contributiva. L'ultima riforma ha migliorato anche la protezione degli anziani contro il rischio di povertà. Sebbene non esista una pensione minima garantita, la concessione dell'assistenza sociale agli anziani non è più soggetta a un accertamento delle fonti di reddito nei riguardi dei figli (anche se hanno risorse sufficienti per sostenere i genitori) e non si tiene più conto del reddito dei familiari, se non di quello del coniuge. Gli enti di assicurazione pensionistica obbligatoria sono tenuti ad informare gli anziani dei loro diritti. Questo dovrebbe aumentare il tasso di erogazione delle prestazioni e quindi migliorare la situazione finanziaria dei pensionati più poveri. Per compensare la prevista riduzione dei livelli di sostituzione nel regime obbligatorio, è stato dato un considerevole sostegno allo sviluppo delle pensioni private non solo sotto forma di detraibilità fiscale, ma anche con sovvenzioni dirette alle persone con redditi più bassi e alle famiglie con bambini che non hanno potuto fruire delle detrazioni fiscali. A seconda dell'adesione a questi regimi pensionistici sostenuti dal governo, il costo totale di questa misura potrebbe aumentare a più di EUR12 miliardi all'anno. Il sostegno finanziario è disponibile per un'ampia gamma di regimi pensionistici del secondo e terzo pilastro. Lo sviluppo delle pensioni professionali, che tradizionalmente erano prestazioni volontarie fornite dal datore di lavoro, sarà stimolato con la concessione ai lavoratori dipendenti del diritto di esigere che una parte della loro retribuzione sia convertita in contributi pensionistici (Entgeltumwandlung). Generalmente questi contributi non sono soggetti all'imposta sul reddito, né, per un periodo limitato, ai contributi di previdenza sociale. I diritti alla pensione basati su questi contributi del lavoratore sono acquisiti immediatamente. I limiti legali per i periodi di acquisizione validi per le pensioni finanziate dai datori di lavoro sono stati ridotti da 10 a 5 anni e l'età minima per fruire di un diritto alla pensione acquisito è diminuita da 35 a 30 anni. Questo sarà un vantaggio per le persone che interrompono le loro carriere o cambiano lavoro e dovrebbe migliorare le prestazioni pensionistiche professionali per le donne. Questo migliore contesto per le pensioni professionali porterà probabilmente alla creazione di più regimi pensionistici basati su contratti collettivi, anche a livello dei settori in cui alcuni accordi sono già stati conclusi. La riforma delle pensioni del 2001 ha cercato anche di migliorare ulteriormente i diritti alla pensione delle donne. In considerazione del fatto che allevare i figli spesso comporta una diminuzione del reddito (p. es. per lavoro a metà tempo o interruzioni di carriera), i diritti alla pensione sono concessi supponendo redditi medi durante i primi tre anni dalla nascita di un bambino. In seguito e fino al decimo anno, i diritti alla pensione bassi a causa del lavoro a metà tempo possono essere completati. Se si hanno almeno due figli, quest'aumento aggiuntivo è concesso anche nel caso di un'interruzione della carriera. Le pensioni ai superstiti sono state abbassate dal 60% al 55% della pensione del coniuge deceduto, ma la pensione ai superstiti è aumentata per ogni figlio. I diritti alla pensione individuali delle donne potrebbero essere rafforzati dalla possibilità introdotta recentemente di dividere i diritti alla pensione acquisiti durante la vita matrimoniale. In precedenza la divisione poteva avvenire solo in caso di divorzio. Essa avrebbe il vantaggio che questi diritti individualizzati non sono soggetti ad un accertamento delle fonti di reddito (come le pensioni ai superstiti) e non vanno persi nel caso che ci si risposi. È stata migliorata anche l'informazione disponibile agli assicurati sui loro futuri diritti alla pensione. Dal 2003 le istituzioni di assicurazione pensionistica obbligatoria devono presentare dichiarazioni annuali sui diritti alla pensione maturati dalle persone di età superiore a 27 anni. Inoltre, queste istituzioni possono fornire informazioni su come acquisire altri diritti a pensioni integrative. Conclusioni La riforma delle pensioni del 2001 ha ottenuto progressi significativi in termini di adeguatezza e di modernizzazione del sistema pensionistico e qualche progresso per la sostenibilità finanziaria. Per garantire quest'ultima, sono necessari ulteriori sforzi. Può essere previsto qualche progresso nell'aumento dei tassi di occupazione, in particolare quello dei lavoratori anziani, ma non si può fare affidamento su questo per garantire l'equilibrio finanziario del sistema pensionistico. Sarebbe importante infine che le parti sociali creino regimi pensionistici professionali che siano accessibili a tutti e non penalizzino la mobilità. Statistiche generali >SPAZIO PER TABELLA> GRECIA Caratteristiche principali del sistema pensionistico Il primo pilastro consiste in una serie di regimi finanziati a ripartizione che sono distribuiti nei settori d'attività ed erogano diversi livelli di pensioni. I fondi maggiori sono l'IKA (settore privato) e l'OGA (agricoltori); esiste anche un regime separato per i lavoratori autonomi. Le pensioni dei lavoratori dipendenti sono del tipo a prestazioni definite e possono essere versate anche ai lavoratori autonomi. Questi fondi assicurativi primari offrono in genere tassi di sostituzione fino all'80%. Tuttavia, le pensioni sono soggette a un limite massimo. Nel 2001 le pensioni primarie hanno rappresentato il 10,6% del PIL (84% delle pensioni totali). Un secondo livello del primo pilastro consiste in fondi ausiliari basati sull'occupazione che erogano pensioni complementari. Essi coprono tutti i lavoratori dipendenti e una piccola percentuale di lavoratori autonomi e offrono in genere tassi di sostituzione aggiuntivi fino al 20%. Nel 2001 essi rappresentavano l'1,8% del PIL (14,5% della spesa totale per le pensioni), una percentuale che è in aumento. Nel settore pubblico, infine, sono comuni anche le indennità di licenziamento forfetarie. Tutti i fondi sono finanziati con il sistema a ripartizione e i livelli delle prestazioni sono garantiti implicitamente dallo Stato. I tassi di rendimento impliciti (considerando i contributi, i limiti di età e le prestazioni) variano da fondo a fondo. All'interno di un fondo, inoltre, varie categorie professionali possono essere soggette a condizioni diverse. Le pensioni professionali del secondo pilastro non sono diffuse. Le pensioni del terzo pilastro sono soggette alla legislazione che disciplina le assicurazioni sulla vita e le prestazioni in genere sono erogate sotto forma di una somma forfetaria e solo raramente come rendita. Le prestazioni con accertamento delle fonti di reddito sono erogate a chi non ha un'assicurazione e numerosi pensionati ricevono pensioni contributive a un livello minimo garantito. I pensionati con un reddito pensionistico totale inferiore a un minimo (superiore alle pensioni minime) e con altri redditi e situazione familiare che rispondono a criteri aggiuntivi, percepiscono un supplemento di pensione detto EKAS. Negli ultimi 20 anni ci sono state frequenti modifiche delle norme che hanno determinato differenze di trattamento significative, a seconda del momento della prima affiliazione al sistema. Sfide Il rapporto di strategia nazionale della Grecia afferma che la sfida principale è ristabilire la fiducia dei cittadini nel sistema e nelle sue prospettive. La situazione si può così riassumere: - Nonostante una spesa per le pensioni superiore al 12% del PIL, gli anziani rimangono uno dei gruppi sociali vulnerabili. - La frammentazione e la complessità della legislazione fanno sì che casi simili siano trattati in modi diversi. Queste ingiustizie compromettono l'accettazione sociale del sistema. - Le frequenti riforme del quadro legislativo hanno creato una sensazione di continuo cambiamento e di insicurezza. Inoltre, esiste anche una enorme sfida finanziaria. Secondo il rapporto di strategia nazionale, la proiezione della spesa pubblica per le pensioni aumenta fortemente: dal 12,4% del PIL nel 2000 al 17,3% nel 2030 e al 22,6% nel 2050, il maggiore aumento previsto fra gli Stati membri dell'UE nel 2050. Al confronto con le proiezioni CPE, la riforma attuata nel 2002 e le cifre rivedute sulla popolazione e l'occupazione comprese nell'ultima proiezione nazionale ridurrebbero l'aumento previsto nel 2050 di soli 2 punti percentuali. Come conseguenza del forte aumento delle spese, il finanziamento fiscale delle pensioni con il bilancio statale dovrà aumentare dall'attuale 4,8% del PIL all'8,7% nel 2030 e al 15,5% del PIL nel 2050, mantenendo le attuali aliquote contributive (il rapporto di strategia nazionale esclude infatti tali aumenti). Non prendendo in considerazione l'impatto della riforma del 2001, che ha adottato misure per aumentare il livello minimo delle pensioni, la situazione del reddito degli anziani contrasta con quella di altri paese dell'UE in vari modi. A differenza degli altri Stati membri, la vecchiaia era ancora il fattore più importante nel determinare il rischio di povertà, come dimostrano i dati ECHP della fine degli anni 90. Nell'interpretazione di questi dati, va tenuto presente che rispetto agli altri paesi dell'UE è molto più raro che gli anziani alloggino in ospizi, ospedali o istituzioni comunali (meno del 3% dei pensionati). Anche il tasso di proprietà degli alloggi era più alto. Entrambi questi fattori determinano una sopravvalutazione dei rischi di povertà. In parte per il fatto che un'alta percentuale di pensionati vive con i figli, le pensioni costituivano una quota del reddito familiare minore che in altri paesi: le dichiarazioni dei redditi dimostravano che altre fonti di reddito significative per gli anziani comprendevano l'agricoltura, l'attività commerciale, gli affitti e l'occupazione. Nonostante ciò numerosi pensionati fanno affidamento sulla protezione delle pensioni minime e della pensione integrativa con accertamento delle fonti di reddito EKAS. L'introduzione, nel 1992, di un sistema molto meno generoso per i nuovi iscritti, in particolare perché prevede una protezione del reddito minimo radicalmente decurtata, suscita preoccupazioni sull'equità intergenerazionale in termini di diritti. L'adeguatezza dell'erogazione di pensioni è vista come una notevole debolezza strutturale del sistema greco. Affrontare le questioni dell'adeguatezza e della modernizzazione è considerato essenziale per poter risolvere il problema della sostenibilità finanziaria dovuto all'invecchiamento demografico. La Grecia, insieme ad altri Stati membri, si trova di fronte alla prospettiva di un peggioramento del tasso di dipendenza demografica, sebbene il censimento del 2001 dimostri che l'impatto sarà differito e mitigato leggermente dal recente alto livello di migrazione netta delle persone in età economicamente attiva. I tassi di occupazione globali sono bassi (il 55,4% rispetto alla media UE del 63,9% nel 2001). Il rapporto di strategia nazionale prevede inoltre che ci sarà un indebolimento della tradizionale solidarietà familiare, cosicché le pensioni avranno probabilmente un ruolo maggiore nell'assicurare il benessere futuro degli anziani in Grecia. Risposte alle sfide La strategia greca si basa su due premesse: - La maggiore partecipazione ai regimi pensionistici negli anni 80 e 90 dovrebbe avere come conseguenza un miglioramento del livello delle pensioni erogate ai futuri pensionati. - Tra adesso e il 2015 ci si trova di fronte a un "periodo propizio" in cui la pressione sul sistema di sicurezza sociale e sul debito pubblico diminuirà e in cui ci saranno buone possibilità di accelerare la crescita economica e dell'occupazione e di modernizzare il sistema di previdenza sociale. La riforma effettuata dalla Grecia intende affrontare le debolezze strutturali del sistema pensionistico, come descritto sopra, e creare il quadro istituzionale necessario per affrontare le altre sfide derivanti dall'invecchiamento demografico. L'obiettivo principale è aumentare la fiducia nel sistema pensionistico, promuovere il cambiamento strutturale e, quindi, affrontare la sfida dell'invecchiamento demografico, nel modo seguente: - promuovendo l'adeguatezza delle pensioni e migliorando la qualità dei servizi; - consolidando il sistema per garantire un trattamento uniforme e per ridurre l'evasione; - garantendo l'autonomia finanziaria del fondo pubblico principale (IKA) fino al 2030, con la creazione di un fondo di riserva che sfrutta l'attuale "periodo propizio" per garantire il pagamento delle prestazioni dopo il 2015; - creando un quadro legislativo stabile per le pensioni del primo pilastro; - distinguendo più chiaramente le pensioni ausiliarie da quelle primarie e trasformando gradualmente i fondi ausiliari in regimi professionali a capitalizzazione gestiti dalle parti sociali; - promuovendo un contesto istituzionale e normativo che permetta l'emergere di regimi pensionistici del secondo pilastro, in modo da diversificare il sistema e ridurre la spesa pubblica a medio termine; - garantendo riforme attraverso il dialogo sociale; - creando un'autorità attuariale nazionale per la regolamentazione per tutti gli enti erogatori di pensioni. Il rapporto di strategia nazionale greco dà molta importanza all'aumento della crescita economica e al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona sui tassi d'occupazione, in particolare mediante misure già applicate per aumentare gradualmente l'età del pensionamento e lottare contro l'evasione contributiva. Tuttavia, i recenti risultati sul mercato del lavoro non sono stati particolarmente buoni: il tasso d'occupazione globale era più alto che nel 1995 solo marginalmente e il tasso d'occupazione dei lavoratori più anziani era sceso di 3 punti percentuali, al contrario di quanto avvenuto in quasi tutti gli altri Stati membri dell'UE. Sono necessarie serie riforme del mercato del lavoro per aumentare considerevolmente i tassi d'occupazione. Mentre la riforma del 2002 affronta numerose questioni allo scopo di rendere più credibile e socialmente sostenibile il sistema, la previsione di un aumento ancora elevato della spesa, nonostante l'alto livello di partenza, suggerisce che sono necessari notevoli sforzi ulteriori. Molte misure sembrano destinate a risolvere i problemi esistenti piuttosto che a contribuire ad affrontare il problema dell'invecchiamento. Il fondo di riserva è stato costituito soprattutto con l'obiettivo di poter coprire le passività esistenti nel principale fondo pensionistico privato (IKA). Conclusioni L'attuazione delle riforme stabilite nel rapporto di strategia nazionale sarà essenziale per ricreare la fiducia nel sistema pensionistico e renderlo politicamente e socialmente vitale. Tuttavia, la solidità politica e globale a lungo termine del sistema pensionistico non può essere garantita senza affrontare anche la sua sostenibilità finanziaria. L'impatto previsto della riforma più recente sulla spesa per le pensioni non risolve tutti i problemi. Esistono ampi margini d'azione per migliorare il sistema pensionistico aumentando i tassi d'occupazione e riducendo l'evasione contributiva, mentre lo sviluppo graduale dei regimi del secondo pilastro diminuirà le pressioni sulle finanze pubbliche. Sarà comunque necessario stabilizzare la crescita della spesa, al fine di garantire la continuità e la sostenibilità finanziaria a lungo termine del sistema pensionistico. Occorrono inoltre profonde riforme del mercato del lavoro per aumentare i tassi d'occupazione, come richiesto dagli obiettivi quantitativi di Lisbona e di Stoccolma. Statistiche generali >SPAZIO PER TABELLA> SPAGNA Caratteristiche principali del sistema pensionistico Il primo pilastro del sistema pensionistico spagnolo consiste in un regime generale legato al reddito finanziato con contributi e in regimi speciali per funzionari delle amministrazioni centrali o del sistema giudiziario e per le persone che lavorano per le forze armate. Il regime generale è obbligatorio per tutti i lavoratori dipendenti e autonomi e dà diritto alla pensione dopo un periodo contributivo minimo di 15 anni. L'aliquota dei contributi è pari al 28,3% del reddito (4,7% a carico del lavoratore dipendente e 23,6% del datore di lavoro). Le prestazioni sono calcolate in percentuale di una cosiddetta "pensione di base", che prende in considerazione i contributi legati al reddito versati nei 15 anni (prima 8 anni) che precedono il pensionamento. La percentuale della pensione di base erogata dipende dal numero di anni per cui la persona ha contribuito al sistema e dall'età di pensionamento: la pensione completa si raggiunge dopo 35 anni contributivi e il pensionamento a 65 anni. Le pensioni sono, in linea di principio, rideterminate annualmente secondo l'indice dei prezzi al consumo, ma in pratica sono aumentate in termini reali negli ultimi 5 anni, in particolare le pensioni minime garantite che innalzano al livello garantito i diritti alla pensione contributiva. Il numero di pensionati che hanno bisogno di un completamento per raggiungere il livello garantito è calato dal 25% nel 1995 al 20% nel 2001 nel regime generale in seguito all'aumento dei diritti pensionistici dei nuovi pensionati. I regimi pensionistici supplementari del secondo e terzo pilastro coprono quasi 6 milioni di persone, ma solo il 10% di queste sono iscritte a un regime professionale stabilito con un contratto collettivo. L'adesione ai sistemi pensionistici avviene prevalentemente su base individuale o attraverso la partecipazione a un gruppo (associazione, sindacato, ecc.). Le prestazioni possono essere percepite sotto forma di erogazioni regolari o forfetarie, e comprendono le prestazioni per il pensionamento, l'invalidità, la morte e per i superstiti. Il sistema di finanziamento di riserva (book reserve financing system) utilizzato tradizionalmente per il regime pensionistico professionale sta per essere abolito (fuorché nel settore dei servizi finanziari) a favore dei fondi esterni per aumentare la sicurezza delle pensioni in caso di fallimento. Le pensioni non contributive forniscono un reddito minimo garantito con accertamento delle fonti di reddito per chi non percepisce prestazioni della pensione contributiva (p. es. per insufficienza dei periodi di contribuzione o per mancanza di contributi). Sfide Nei prossimi 50 anni la Spagna dovrà affrontare uno dei maggiori aumenti dell'indice di dipendenza degli anziani dell'UE. Tuttavia, a causa del basso tasso di natalità durante la guerra civile spagnola, l'aumento del numero di pensionati nei prossimi anni sarà ridotto, mentre si prevede che la popolazione di età compresa tra 20 e 64 anni aumenterà fino al 2013, prima di iniziare a calare. La Spagna sentirà quindi l'impatto dell'invecchiamento un po' più tardi della maggior parte degli altri Stati membri. Secondo il rapporto di strategia nazionale, nel 2000 la spesa per le pensioni del sistema contributivo di previdenza sociale era pari all'8,4% del PIL. Essa diminuirà leggermente fino al 2010 ed aumenterà in seguito. Fino al 2015 si prevede che le entrate contributive supereranno ampiamente le spese per le pensioni del regime di previdenza sociale. Il rapporto di strategia nazionale non presenta stime oltre il 2015 e quindi non copre il periodo del maggiore impatto degli squilibri demografici. Secondo le proiezioni CPE, la spesa pubblica per le pensioni dovrebbe aumentare di 7,9 punti percentuali del PIL tra il 2000 e il 2050 (6,7 punti percentuali secondo le ipotesi più favorevoli sull'occupazione dello "scenario di Lisbona".) Si prevede che quest'aumento, uno dei maggiori dell'UE, avverrà quasi interamente tra il 2020 e il 2050. Analogamente, altri studi sulla questione riguardanti la Spagna confermano che è previsto un peggioramento notevole della futura situazione finanziaria a causa dell'evoluzione demografica dal 2020 in poi. I tassi d'occupazione della Spagna per i lavoratori anziani e per le donne sono fra i più bassi e il tasso di disoccupazione è il più alto dell'UE; esiste quindi un considerevole potenziale di crescita dell'occupazione e perciò della base contributiva per il finanziamento delle pensioni. Si prevede inoltre che il forte aumento del numero di lavoratori stranieri continuerà a sostenere la crescita dell'occupazione relativamente rapida in Spagna. Il sistema delle pensioni sembra efficace nella riduzione dei rischi di povertà fra gli anziani (minori che per il resto della popolazione). Il tenore di vita relativo degli anziani è alto e il divario tra uomini e donne sembra essere piccolo in termini di tenore di vita e rischio di povertà, ma non in termini di diritti individuali alla pensione. Nonostante ciò il governo desidera rafforzare l'erogazione delle pensioni professionali, di cui attualmente fruisce solo una percentuale ridotta di lavoratori dipendenti. Risposte alle sfide La Spagna sta cercando di risolvere la questione delle pensioni adeguate e sostenibili sulla base di un ampio consenso politico. Il cosiddetto patto di Toledo, concluso nel 1995 ed entrato in vigore nel 1997, ha rappresentato un passo avanti importante nel facilitare la gestione del finanziamento del sistema di sicurezza sociale, separando le prestazioni contributive da quelle non contributive finanziate con il bilancio generale. È stato anche deciso che l'avanzo del sistema di previdenza sociale previsto fino al 2015 sarà trasferito a un fondo di riserva istituito recentemente per aiutare a coprire in futuro la maggiore spesa per le pensioni. Tuttavia, le risorse del fondo ammontavano solo all'1% del PIL nel 2002 e, a causa del periodo limitato per accumulare riserve, il fondo non crescerà sufficientemente per contribuire in modo sostanziale al finanziamento delle pensioni del gran numero di persone che andranno in pensione dopo il 2015. Grazie alla disciplina richiesta dalla legge sulla stabilità del bilancio, la Spagna ha compiuto sforzi notevoli per raggiungere un bilancio in pareggio sia a livello delle amministrazioni centrali che nei sottosettori delle amministrazioni pubbliche (Comunità autonome ed enti locali). Con una serie di riforme si intendono affrontare i bassi tassi di attività e gli alti tassi di disoccupazione, in particolare fra anziani e donne. Le misure per ridurre la disoccupazione femminile si concentrano sulla promozione dell'istruzione e della formazione e sulla riduzione dei contributi sociali dei datori di lavoro in caso di assunzione di donne con contratti a tempo indeterminato. Sono stati compiuti progressi per conciliare le responsabilità della famiglia e del lavoro con misure come l'estensione del diritto ad orari di lavoro ridotti o a congedi per chi assiste persone dipendenti (non solo i figli) e per facilitare il congedo di paternità (come alternativa al congedo di maternità) allo scopo di migliorare la partecipazione femminile al mondo del lavoro. Si prevede che l'integrazione degli immigrati nel mercato del lavoro spagnolo continuerà a svolgere un ruolo significativo nell'aumento dell'occupazione totale e, di conseguenza, del numero di contribuenti al sistema di previdenza sociale. Recentemente sono stati adottati provvedimenti per aumentare il tasso d'occupazione degli anziani, in particolare con migliori possibilità di un pensionamento flessibile e graduale. Lavorando dopo i 65 anni, si possono ora accumulare più diritti alla pensione. È possibile anche riscuotere una pensione (parziale) continuando a lavorare dopo i 65 anni. La Spagna cerca inoltre di promuovere l'occupazione delle persone di età superiore ai 45 anni con notevoli riduzioni dei contributi di previdenza sociale. Un inconveniente considerevole è tuttavia rappresentato dal fatto che non sono stati riformati i regimi di pensionamento anticipato per aumentare gli incentivi alla continuazione del lavoro. La legislazione introdotta nel gennaio 2002 cerca di promuovere lo sviluppo dei regimi pensionistici professionali, in particolare nelle piccole e medie imprese, mediante la contrattazione collettiva. Conclusioni Il sistema pensionistico spagnolo sembra funzionare bene in termini di adeguatezza, ma si trova di fronte a una sfida considerevole per quanto riguarda la sostenibilità finanziaria. Mentre la riorganizzazione del finanziamento del sistema di sicurezza sociale, compresa l'istituzione di un fondo di riserva, e alcuni aggiustamenti dei parametri del sistema pensionistico sono provvedimenti nella direzione giusta, gli sforzi di riforma sembrano finora insufficienti per rispondere alla sfida della sostenibilità finanziaria. Sono in corso di preparazione e saranno necessarie riforme significative per garantire la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico. A causa dei bassi tassi di occupazione femminile e di attività degli anziani, sono anche necessari altri sforzi per permettere a queste persone di partecipare attivamente al mercato del lavoro e per offrire loro gli incentivi giusti per farlo. Statistiche generali >SPAZIO PER TABELLA> FRANCIA Caratteristiche principali del sistema pensionistico Il sistema pensionistico francese si basa su regimi a ripartizione obbligatori, che coprono il 98% delle spesa totale per le pensioni e sono finanziati con i contributi di previdenza sociale e con le imposte. L'architettura dei regimi varia a seconda del settore di attività. I regimi pensionistici per i lavoratori dipendenti del settore privato coprono il 63% della spesa totale per le pensioni. Accanto a un regime di base generale con forti elementi di solidarietà, esistono regimi pensionistici supplementari obbligatori con contratti collettivi e finanziati a ripartizione. La formula delle prestazioni di questi regimi supplementari si basa su un sistema a punti e garantisce uno stretto legame tra contributi e prestazioni erogate. Fra i diversi regimi esistono meccanismi di compensazione finanziaria. I regimi obbligatori per gli agricoltori e i liberi professionisti hanno una struttura a due livelli comparabile. I dipendenti della pubblica amministrazione e delle imprese statali sono coperti da vari regimi speciali che sono organizzati in un unico pilastro e coprono il 28% della spesa totale per le pensioni. Questi regimi speciali sono generalmente più generosi di quelli per i dipendenti del settore privato. Un livello minimo garantito di risorse per gli anziani e le loro famiglie è assicurato infine tramite un complemento alle pensioni erogate da altri regimi e soggetto a un accertamento delle fonti di reddito. L'importanza assunta dai regimi obbligatori a ripartizione del sistema pensionistico francese lasciano poco spazio allo sviluppo di altri programmi volontari professionali o individuali, che tuttavia fruiscono di incentivi fiscali. Il reddito della pensione rappresenta più di tre quarti del reddito complessivo delle persone di età superiore a 65 anni. Prendendo in considerazione tutte le fonti di reddito, le condizioni di vita dei pensionati sono molto simili a quelle della popolazione attiva. In particolare, le famiglie dei pensionati non sono esposte a un maggiore rischio di povertà rispetto alle altre famiglie. Sfide La Francia sarà fra i primi Stati membri ad affrontare il problema dell'invecchiamento (già nel 2007, anche se le implicazioni finanziarie non saranno avvertite fino al 2010). Si ritiene che mantenere la sostenibilità finanziaria di fronte al previsto aumento dell'indice di dipendenza degli anziani nei prossimi decenni sia la sfida principale. [23] Il governo ha quindi annunciato la sua intenzione di avviare discussioni con le parti sociali all'inizio dell'anno prossimo per definire un programma di riforme la cui attuazione inizierà nella seconda metà dell'anno. [23] Secondo le proiezioni di EUROSTAT, l'indice di dipendenza degli anziani aumenterà dell'89% tra il 2000 e il 2050. Le proiezioni nazionali si basano su un maggiore aumento della speranza di vita e prevedono un incremento dell'indice di dipendenza degli anziani pari al 112%. Secondo le stime riportate nel rapporto di strategia nazionale, la spesa pubblica per le pensioni, esclusa quella per le pensioni minime garantite, dovrà aumentare rapidamente nei prossimi decenni, da un livello del 12,6% del PIL nel 2000 al 16,3% nel 2040. Questa stima è più alta della proiezione del comitato per la politica economica (12,1% del PIL nel 2000 e 15,8% nel 2040, escluse le pensioni minime). Con le attuali regolamentazioni, il bilancio del sistema pensionistico passerebbe quindi da un avanzo dello 0,6% del PIL nel 2005 a un deficit dell'1,8% nel 2020 e del 3,8% nel 2040, a meno che l'aliquota dei contributi sia aumentata di 10 punti percentuali. L'utilizzazione di varianti più favorevoli alle ipotesi demografiche ed economiche su cui si basano queste stime corregge solo parzialmente le esigenze di finanziamento del sistema. Ad esempio, un tasso di fertilità leggermente più alto o un'aspettativa di vita più breve o un tasso di disoccupazione ridotto di un punto percentuale comporterebbero ciascuno una riduzione del fabbisogno finanziario del sistema pensionistico di soli 0,2 - 0,4 punti percentuali circa del PIL. Si stima che l'aumento dell'età effettiva di uscita dal mercato del lavoro (senza aumento dei diritti alla pensione) abbia un impatto relativamente ampio: l'aggiunta di un anno all'età media di pensionamento da ora fino al 2040 permetterebbe di ridurre di 0,6 punti percentuali del PIL il fabbisogno finanziario del sistema pensionistico. Attualmente il tasso d'occupazione dei lavoratori anziani è ancora molto basso e l'età stimata di uscita dal mercato del lavoro è, a 58 anni, una delle più basse dei paesi dell'UE. C'è quindi ampio spazio per aumentare l'offerta di lavoro degli anziani. Il governo non intende aumentare l'età di pensionamento minima prevista per legge, che ora è di 60 anni, ma cerca piuttosto di introdurre incentivi per differire l'uscita effettiva dal mercato del lavoro. L'attuale sistema pensionistico offre pochi incentivi a contribuire dopo l'età di acquisizione dei pieni diritti alla pensione, cioè oltre i 60 anni e dopo 40 anni contributivi (37,5 nel settore pubblico). Una volta soddisfatte queste condizioni, esistono ben pochi incentivi per continuare a lavorare: un anno di lavoro in più significa rinunciare a un anno di pensione poiché ci sono restrizioni al cumulo di pensioni e di retribuzioni e si pagano contributi pensionistici senza alcun aumento o un aumento esiguo dei diritti alla pensione acquisiti. La strategia del governo per affrontare la sfida finanziaria ricorre anche all'aumento dell'occupazione fra altri gruppi, in modo da rafforzare la base contributiva. C'è spazio per abbassare la disoccupazione ed aumentare i tassi d'occupazione dei giovani e delle donne. Tuttavia, la strategia per aumentare il tasso d'occupazione dei giovani comporta costi significativi, poiché è fortemente basata su sussidi, in particolare sotto forma di minori contributi di previdenza sociale. Costruire il consenso richiesto per riformare il sistema pensionistico francese è difficile a causa della sua natura frammentaria e in particolare per l'esistenza di regimi speciali e più generosi nel settore pubblico. Ciò rappresenta una sfida notevole e spiega in certa misura perché i progressi della riforma pensionistica sono stati irregolari. La grande varietà di regimi pensionistici con diverse condizioni per avervi diritto e formule di pensionamento rendono importante anche migliorare la trasparenza del sistema pensionistico nel suo complesso. Benché si possa affermare che il sistema pensionistico francese è stato in grado di garantire l'adeguatezza permettendo alle persone di mantenere il loro tenore di vita dopo il pensionamento, c'è ancora molto da fare per raggiungere l'obiettivo della solidarietà intragenerazionale. Questo richiederebbe la garanzia di una maggiore uguaglianza fra i lavoratori dei diversi regimi, in particolare fra i lavoratori del settore pubblico e privato. A questo riguardo, le parti sociali hanno sottolineato la necessità di dare una maggiore visibilità alla probabile evoluzione dei tassi di sostituzione per i lavoratori dipendenti del settore privato. Risposte alle sfide Il governo attuale intende proporre una nuova riforma del sistema pensionistico nel corso del primo semestre del prossimo anno. È stato istituito un comitato di orientamento sulle pensioni composto da rappresentanti del Parlamento, e delle parti sociali e da esperti per promuovere il dialogo e fornire relazioni e consulenze in materia di pensioni. Un principio fondamentale della prossima riforma è quello di salvaguardare i regimi obbligatori finanziati a ripartizione, che il rapporto di strategia nazionale considera una condizione essenziale per la solidarietà tra le generazioni e all'interno delle generazioni. Il governo intende impegnarsi nel processo di riforma mediante il dialogo con le parti sociali e nel quadro del sistema frammentato esistente dei regimi pensionistici. La prossima riforma si baserà sulle precedenti riforme del sistema pensionistico francese. La più significativa è stata la riforma di Simone Veil del regime generale per i dipendenti del settore privato, entrata in vigore nel 1993. Essa ha aumentato gradualmente, nel corso di un periodo di dieci anni, da 37,5 a 40 il numero di anni di servizio richiesti per ottenere la pensione completa prima dei 65 anni. Inoltre, il periodo di reddito su cui sono calcolate le pensioni è stato aumentato dai 10 ai 25 anni migliori, al ritmo di un anno all'anno, iniziando dal gennaio 1994. La rideterminazione delle pensioni è stata cambiata utilizzando i prezzi invece dei salari, anche se è stato lasciato spazio per alcune rideterminazioni aggiuntive nel caso di una situazione economica favorevole. Per rafforzare il carattere assicurativo del sistema, è stato infine istituito un "fondo di solidarietà" finanziato con imposte, allo scopo di finanziare certi elementi di solidarietà (prestazione minima di vecchiaia, indennità concesse in base al numero di figli, periodi di servizio nazionale, contributi di vecchiaia per i disoccupati). Queste misure sono state adottate in risposta alla richiesta delle parti sociali che queste spese fossero di competenza dello Stato. In seguito alla riforma del 1993, si prevede che il tasso di sostituzione fornito dal regime generale diminuirà fino al 2020. Nel 1996 sono stati introdotti cambiamenti anche nei regimi complementari per i dipendenti del settore privato (AGIRC e ARRCO) allo scopo di rafforzare il loro carattere assicurativo. I regimi dei dipendenti del settore pubblico sono invece rimasti inalterati dalle riforme. Nel 1999 è stato creato un fondo di riserva per le pensioni, al fine di appianare le aliquote contributive durante il pensionamento del gran numero di persone nate negli anni quaranta. Le risorse del fondo di riserva, tuttavia, costituiscono attualmente meno dell'1% del PIL e difficilmente potranno essere aumentate poiché l'invecchiamento inizierà già a partire dal 2007. Il governo prevede che le riserve aumenteranno a EUR 150 miliardi entro il 2020 (circa il 7% del PIL), ma ciò non sarà sufficiente per coprire i futuri squilibri delle pensioni. Conclusioni Il finanziamento del sistema pensionistico per i prossimi decenni attualmente non è garantito e sono necessari altri considerevoli sforzi di riforma. Il rapporto di strategia nazionale prevede una riforma sostanziale nel 2003; non sono state presentate misure specifiche, ma è chiaro che questo non cambierà l'architettura di base del sistema attuale. Tuttavia, sono necessarie altre riforme sostanziali per mettere il sistema pensionistico in una condizione finanziariamente sostenibile. A causa della complessità del sistema attuale, ciò richiederà un forte consenso politico. La frammentazione del sistema pensionistico in una grande quantità di regimi e le discussioni tra il governo e le parti sociali all'interno di ciascuno di questi regimi non dovrebbe rallentare il processo di riforma. Una questione cruciale riguarda la misura in cui sarà possibile garantire un trattamento equo dei membri dei diversi regimi e, in particolare, dei dipendenti del settore pubblico e privato. Occorre anche che il governo elabori una strategia efficace e sostenibile per garantire una maggiore partecipazione dei lavoratori anziani al mercato del lavoro e per aumentare l'occupazione in generale. Statistiche generali >SPAZIO PER TABELLA> IRLANDA Caratteristiche principali del sistema pensionistico Il primo pilastro eroga prestazioni forfetarie ed è finanziato con contributi legati alla retribuzione dei datori di lavoro e dei lavoratori dipendenti e autonomi. Le persone dipendenti, chi vive solo e i pensionati di età superiore a 80 anni hanno diritto a un supplemento. Pensioni di assistenza sociale strutturate in modo simile sono versate, previo accertamento delle fonti di reddito, a chi è privo di un'assicurazione sociale sufficiente. La pensione di vecchiaia (basata sull'assicurazione) è costituita attualmente da una somma equivalente al 31% circa della retribuzione media lorda nell'industria; l'importo della pensione con accertamento delle fonti di reddito è leggermente inferiore. I tassi di pagamento sono aumentati considerevolmente negli ultimi anni e il governo si è impegnato ad aumentare progressivamente i tassi di base delle pensioni fino al 2007. Contemporaneamente la percentuale della popolazione dipendente da pensioni con accertamento delle fonti di reddito è in diminuzione e dovrebbe continuare a diminuire. Il secondo pilastro consiste in pensioni professionali volontarie fornite in genere dai singoli datori di lavoro. Il terzo pilastro è costituito da pensioni individuali. Lo Stato facilita e incoraggia le pensioni del secondo e terzo pilastro con un trattamento fiscale favorevole di contributi e rendimenti di investimenti e con un sistema normativo destinato a salvaguardare i diritti alla pensione. Il 68% circa degli iscritti ai regimi pensionistici professionali fruisce di prestazioni definite, mentre i rimanenti sono iscritti a regimi a contributi definiti. L'iscrizione a regimi del secondo e terzo pilastro è aumentata in media del 5% in ciascuno degli ultimi cinque anni, essendo aumentata rapidamente la popolazione attiva. Attualmente poco più del 50% dei lavoratori ha una copertura pensionistica supplementare. Le prestazioni in natura non monetarie sono notevoli: comprendono viaggi gratuiti per i pensionati; assistenza sanitaria gratuita; spese telefoniche fisse e canone TV; indennità per elettricità/gas/combustibile sono pagate a tutti coloro che hanno compiuto 70 anni, previo accertamento delle fonti di reddito. Sfide Secondo il dati ECHP degli ultimi anni 90, rea alto il rischio di povertà per le donne anziane ed era piuttosto basso il tenore di vita degli anziani rispetto alla popolazione di età inferiore a 64 anni. Il rapporto di strategia nazionale sottolinea tuttavia che nel periodo dal 1994 al 2000 la percentuale di famiglie con un capofamiglia di età superiore a 65 anni in povertà costante è diminuita dal 12,5% al 7,2%. [24] L'obiettivo attuale del governo è ridurre questa percentuale al 2% entro il 2007 e, se possibile, eliminare la povertà costante per questo gruppo. [24] Una persona in povertà costante vive con meno del 60% del reddito medio ed è priva di beni essenziali come un pasto caldo, un cappotto caldo e un alloggio adeguato. La situazione del reddito relativo degli anziani riflette in particolare il fatto che attualmente l'Irlanda è il solo Stato membro in cui la maggioranza dei lavoratori non beneficia di una qualche forma di regime pensionistico obbligatorio legato al reddito. Inoltre, ci vorrà tempo prima che l'allargamento della copertura delle pensioni professionali (e l'occupazione in settori con una copertura elevata) produca il suo pieno impatto sui redditi dei pensionati. Per quanto riguarda la sostenibilità finanziaria, l'Irlanda si distingue per la percentuale più bassa di anziani dell'UE: l'11,2% della popolazione ha un'età superiore a 65 anni. Questa percentuale rimarrà più o meno allo stesso livello per i prossimi 10 anni, dopodiché si prevede che aumenterà rapidamente al 15% nel 2021, al 19% nel 2031 e al 28% nel 2056. L'invecchiamento presenta quindi le stesse sfide per l'Irlanda che per gli altri Stati membri, sebbene l'Irlanda disponga di un periodo un po' più lungo per prepararsi al pieno impatto dell'invecchiamento. Si prevede che la spesa pubblica per le pensioni del primo pilastro (comprese le pensioni del servizio pubblico) aumenterà dal 4,6% del PIL nel 2000 al 6,7% nel 2020 e al 9% nel 2050. Queste proiezioni presumono un tasso di attività molto alto dell'80% entro il 2050 (68% nel 2001). Se il tasso di attività dovesse aumentare al 75% circa, l'aumento della spesa pubblica sarebbe più alto di 0,7 punti percentuali. Le attuali aliquote contributive al fondo di previdenza sociale sono ritenute (più che) sufficienti, ma potrebbero essere necessari aumenti notevoli delle aliquote contributive (più del doppio) se le prestazioni fossero indicizzate alle retribuzioni o se le pensioni minime dovessero essere aumentate in termini reali. Aumentare la copertura delle pensioni supplementari è un mezzo essenziale per permettere ai pensionati di mantenere un tenore di vita adeguato e per contribuire a distribuire il futuro onere finanziario. Attualmente circa il 50% dei lavoratori dipendenti è coperto da regimi professionali e privati ed esistono tassi di copertura particolarmente bassi in certi settori, come quello degli alberghi, dei ristoranti e del commercio all'ingrosso e al dettaglio. Il governo intende aumentare la copertura al 70% dei lavoratori dipendenti. Visto il ruolo significativo dei regimi professionali nel sistema pensionistico irlandese, sarà importante garantire non solo un accesso migliore a tutti i lavoratori, ma anche una maggiore trasferibilità dei diritti alla pensione, in particolare nell'ambito dei regimi a prestazioni definite. La legge sulle pensioni del 2002 ha ridotto i periodi massimi di acquisizione a due anni ed ha anche migliorato il trasferimento, la conservazione e la rivalutazione dei diritti per gli iscritti ai regimi pensionistici professionali. Risposte alle sfide In conseguenza della progressiva estensione dell'assicurazione obbligatoria avvenuta fra la metà degli anni 70 e metà anni 90, entro il 2016 l'86% delle pensioni sarà basato sull'assicurazione sociale. La mancanza di accertamento delle fonti di reddito e il fatto che queste pensioni contributive siano erogate a un tasso più alto delle pensioni di assistenza sociale dovrebbero ridurre il numero di pensionati con redditi molto bassi. Il governo ha inoltre comunicato la sua intenzione di aumentare notevolmente le pensioni di base e i supplementi per i coniugi e i partner dipendenti, cosicché entro il 2007 la pensione minima sarà di EUR 200 alla settimana. Il governo ha fissato anche un obiettivo per le pensioni supplementari che dovrebbero giungere a coprire il 70% della popolazione attiva. A tal fine a partire dal 2003 il governo introdurrà conti di risparmio pensione personali (PRSA - Personal Retirement Savings Accounts) come mezzo principale per aumentare la copertura. I PSRA saranno soggetti a limiti di legge per i costi amministrativi e i diritti alla pensione potranno essere mantenuti senza penale se il titolare di un conto cambia o lascia la sua occupazione. La partecipazione a un PRSA sarà comunque volontaria per gli individui, ma i datori di lavoro saranno tenuti a facilitarla a meno che non provvedano già a un regime pensionistico professionale. Ci sarà anche una campagna d'informazione pubblica. La normativa entrata in vigore recentemente prevede un esame della situazione entro tre anni. L'indagine nazionale trimestrale sulle famiglie (Quarterly National Household Survey) è stata migliorata per consentire il controllo della copertura pensionistica. Il rapporto di strategia nazionale annuncia un documento di consultazione che dovrebbe comprendere due misure che miglioreranno le opportunità di acquisire adeguati diritti alla pensione: l'eliminazione della condizione del pensionamento a 65 anni (è nuovamente possibile percepire simultaneamente una pensione e un reddito da lavoro a 66 anni) e la possibilità di differire il pensionamento in cambio di prestazioni migliori. Un elemento chiave della strategia irlandese è la costituzione di un fondo di riserva per prefinanziare parzialmente le pensioni pubbliche erogate dopo il 2025. I mezzi del fondo di riserva saranno utilizzati dai futuri ministri delle finanze a partire dal 2025 fino almeno al 2055. L'entità di queste utilizzazioni aumenterà insieme alla crescita della percentuale della popolazione di ultrasessantacinquenni. Il governo è tenuto per legge a contribuire al fondo con l'1% del PIL all'anno. Si prevede che i fondi, che attualmente rappresentano l'8% del PIL, raggiungeranno il 43% entro il 2025. Potranno essere aggiunti anche altri contributi (il fondo è stato costituito con i ricavi della privatizzazione dell'ente pubblico per le telecomunicazioni). Riconoscendo la necessità di controllare la sostenibilità del sistema pensionistico irlandese, nel 1998 il governo ha deciso di effettuare revisioni attuariali regolari della situazione finanziaria del fondo di previdenza sociale (SIF - Social Insurance Fund); anche la capacità del fondo di riserva nazionale per le pensioni (National Pension Reserve Fund) di rispettare le future obbligazioni pensionistiche deve essere regolarmente esaminata. La prima e finora unica revisione del SIF ha coperto il periodo 2001-2056 e ha esaminato in particolare l'adeguatezza delle attuali aliquote contributive in scenari alternativi per l'indicizzazione e i livelli delle pensioni fissati come obiettivo. Conclusioni Il rapporto di strategia nazionale irlandese contiene un chiaro impegno a migliorare l'adeguatezza aumentando le pensioni più basse ed estendendo rapidamente la copertura delle pensioni supplementari volontarie al 70% della popolazione attiva. Questa estesa copertura è importante per garantire l'efficacia della funzione di sostituzione del reddito dei sistemi pensionistici e rimane da vedere se questo può essere raggiunto tramite l'approccio attuale puramente volontario. L'Irlanda ha compiuto notevoli progressi nel garantire la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico, raccogliendo contemporaneamente fondi per accrescere l'adeguatezza delle pensioni. Nonostante il considerevole aumento previsto della futura spesa per le pensioni, in generale il sistema pubblico sembra essere sostenibile finanziariamente, grazie all'impegno del governo di accumulare un cospicuo fondo di riserva per le obbligazioni future. C'è inoltre l'impegno di controllare l'adeguatezza delle aliquote contributive mediante revisioni attuariali regolari che possono essere d'aiuto per reagire ai segnali di necessità di una rideterminazione, in caso di un aumento dei tassi di attività più basso del previsto, o dell'introduzione dell'indicizzazione o di nuovi obiettivi per i livelli di prestazione, e che possono quindi contribuire a mantenere il sistema a un livello sostenibile. Statistiche generali >SPAZIO PER TABELLA> ITALIA Caratteristiche principali del sistema pensionistico Se il primo pilastro rimane frammentato in più di cinquanta regimi differenti, le riforme degli anni Novanta hanno progressivamente unificato le norme fondamentali, e la maggior parte dei regimi è amministrata dall'ente di sicurezza sociale del settore privato (INPS), cui corrispondono 2/3 della spesa e che copre la maggior parte dei lavoratori dipendenti privati e dei lavoratori autonomi. Le pensioni dei dipendenti del settore pubblico sono amministrate da un ente separato (INPDAP). I cinque sistemi più importanti coprono circa l'80% della spesa pubblica totale per le pensioni. Il primo pilastro copre il 100% della popolazione ufficialmente occupata in Italia e comprende le pensioni di anzianità, di invalidità e ai superstiti. Le pensioni di anzianità nel 2000 corrispondevano al 70% della spesa pubblica pensionistica, le pensioni di disabilità erano al 13% e quelle ai superstiti assorbivano il restante 17%. L'aliquota contributiva per i dipendenti è del 32,7%, e fra il 13,5 e il 17% per gli autonomi (ma si prevede un aumento al 19% per i prossimi anni). I trasferimenti dal bilancio generale ammontavano allo 0,8% del PIL nel 2001. Si è inoltre utilizzato un ulteriore 2,2% del PIL per finanziare le prestazioni comprese nella spesa pensionistica ma classificate come assistenza sociale e finanziate mediante la tassazione generale. Le pensioni e le prestazioni di assistenza sociale rappresentano la più importante fonte di reddito per gli anziani, soprattutto nelle fasce meno benestanti della popolazione: si tratta di una cifra tra l'86,2 e il 54,5% del reddito delle persone con più di 65 anni. La riforma delle pensioni del primo pilastro varata nel 1995 sta causando un riorientamento graduale dall'attuale sistema retributivo a un sistema contributivo figurativo, che dal 31 dicembre 1995 si applica appieno a tutti coloro che entrano sul mercato del lavoro. Ciò implica che pensioni pienamente contributive cominceranno ad essere versate solo dal 2035 in poi. Nel frattempo, durante il periodo di transizione, le vecchie generazioni manterranno, almeno parzialmente, i propri diritti maturati secondo le vecchie norme. I lavoratori con almeno 18 anni di contributi alla fine del 1995 continuano a far capo al metodo retributivo del vecchio sistema per il calcolo delle prestazioni loro spettanti. Il nuovo sistema originerà prestazioni pensionistiche decisamente più basse se saranno mantenute la durata della carriera e l'età pensionabile attuali: per quanto riguarda il regime pensionistico pubblico, il tasso di sostituzione di un impiegato tipico che vada in pensione a 60 anni con alle spalle 35 anni di contributi scenderà dal 67,1% del 2010 al 56% del 2020 e, principalmente a causa della crescente longevità, al 48,1% nel 2050. Il calo sarà maggiore per i lavoratori autonomi, il che darà luogo a una maggiore convergenza dei tassi di sostituzione netti fra lavoratori dipendenti e autonomi. Col nuovo sistema, le prestazioni saranno calcolate in base all'entità dei contributi pagati durante l'intera carriera e capitalizzate al tasso di crescita del PIL. Il valore dei contributi accumulati è trasformato in una pensione sulla base dell'equivalenza attuariale, tenuto conto della speranza di vita rimanente al momento in cui si va in pensione. Il pensionamento sarà possibile fra i 57 e i 65 anni sia per gli uomini che per le donne, ma non prima che il lavoratore abbia raggiunto un livello di pensione pari ad almeno 1,2 volte la pensione minima garantita a partire dai 65 anni (indennità di vecchiaia). Per controbilanciare gli effetti della maggiore longevità, i coefficienti utilizzati per convertire i contributi in pensioni sono rivisti ogni dieci anni su base attuariale. Le riforme pensionistiche degli anni Novanta hanno introdotto un nuovo quadro giuridico per servizi di pensione integrativa. Le pensioni integrative possono avere tre forme: fondi chiusi (negoziati) basati su accordi collettivi; fondi aperti gestiti da intermediari finanziari; e, dal 2000, piani pensionistici individuali mediante polizze di assicurazione sulla vita (terzo pilastro). I lavoratori possono aderire ai fondi aperti in modo individuale o collettivo. La partecipazione a un fondo pensionistico è sempre volontaria per i lavoratori dipendenti e le prestazioni sono calcolate, con poche eccezioni, su una base a contributi definiti. Nel 2001, la partecipazione a fondi chiusi e aperti era leggermente al di sotto del 10% della popolazione occupata; per gli autonomi, la percentuale corrispondeva soltanto al 4%, ed era praticamente pari a zero per i dipendenti pubblici. Sono previste integrazioni al minimo per portare le pensioni più basse almeno al livello minimo. Gli anziani privi di redditi sufficienti possono richiedere l'assistenza sociale. Sfide L'Italia avrà il più alto indice di dipendenza degli anziani dei 15 Stati attualmente membri dell'UE: più del 60% nel 2050, con un aumento del 26% rispetto al 2000. Il governo ha iniziato negli anni Novanta a elaborare soluzioni che garantiscano sia la sostenibilità finanziaria che servizi adeguati. Si è calcolato che, a causa dell'invecchiamento della popolazione, con le norme in vigore nel 1990 la spesa per le pensioni ammonterebbe ora al 23% del PIL. Le riforme degli anni Novanta hanno frenato la crescita della spesa pensionistica, e continueranno a farlo in futuro. Si prevede che la spesa per le pensioni aumenterà dal 13,8% del PIL registrato nel 2000 al 16% del PIL del 2033, anno di raggiungimento del picco, dopodiché comincerà gradualmente a calare. Il sistema pensionistico, comunque, è già in deficit: lo 0,8% del PIL è impegnato solo dalla previdenza, malgrado un'aliquota contributiva assai alta, pari al 32,7% delle retribuzioni (20% per gli autonomi). Includendo le pensioni assistenziali, i sussidi erogati dal bilancio statale arrivano al 3% del PIL, quota che dovrebbe aumentare al 4,5% entro il 2010, per poi rimanere stabile attorno a quel livello fino al 2030. Quest'elevata necessità di finanziamenti riflette il lungo periodo di transizione della riforma del primo pilastro, troppo lungo per poter far fronte agli squilibri demografici causati dall'invecchiamento della fascia di popolazione del baby-boom. Una sfida di particolare rilievo - e un'opportunità che si offre per garantire adeguatezza e sostenibilità finanziaria in futuro - è data dal ridotto tasso di occupazione generale (55% nel 2001), delle donne (41%) e degli anziani (28%) in particolare.<0} Finché i lavoratori anziani attuali potranno andare in pensione anticipatamente secondo le vecchie regole, vi saranno forti disincentivi a continuare a lavorare, mentre col nuovo sistema pubblico riformato, che istituisce un forte legame tra contributi e prestazioni percepite e prevede dei meccanismi di adeguamento attuariale, vi sarà un effetto di aumento e prolungamento del lavoro con conseguente maturazione di prestazioni più elevate, il che aiuterà a fronteggiare i potenziali problemi di adeguatezza. Sarà necessario arrestare il diffuso ricorso al pensionamento anticipato come strumento di riequilibrio del mercato del lavoro, e migliorare le opportunità di impiego per i lavoratori anziani. Inoltre, occorrerà aiutare l'alta quota di lavoro nero - in buona parte appannaggio dei pensionati - a uscire dall'economia sommersa. Per prevenire futuri problemi di adeguatezza delle prestazioni bisognerà anche apportare miglioramenti alla protezione sociale dei lavoratori che partecipano alle nuove forme di occupazione flessibili, in particolare il tempo parziale (part-time), che ha ripercussioni negative sui diritti pensionistici di chi precedentemente lavorava a tempo pieno. Vi è anche un elevato numero di lavoratori con uno status particolare di lavoratore autonomo caratterizzato da una relazione stretta e continuativa con una singola azienda ("parasubordinati"). La protezione sociale di questi lavoratori è stata migliorata nel 1996, con l'istituzione di un regime speciale. Le pensioni integrative al momento svolgono un ruolo secondario nel sistema, ma si stanno sviluppando, in particolare grazie a vari incentivi fiscali. Tali sistemi potrebbero compensare il più basso tasso di sostituzione nel quadro del primo pilastro, ma devono ancora essere sviluppati appieno in molte aziende e settori. Circa due milioni di lavoratori per il momento si sono affiliati a un sistema di pensione integrativa. Gli impiegati del settore pubblico sono interessati dalle stesse riforme del settore privato, ma non è ancora stato istituito un sistema di pensioni integrative per questa categoria di lavoratori. Risposte alle sfide Tre importanti riforme effettuate negli anni Novanta (nel 1992, 1995 e 1997) hanno raccolto la sfida di garantire pensioni finanziariamente sostenibili, e hanno trasformato radicalmente il sistema pensionistico italiano. Altri meccanismi di taglio dei costi introdotti negli anni Novanta, già realizzati, comprendono l'eliminazione dell'indicizzazione delle pensioni alle retribuzioni, l'aumento dell'età pensionabile, criteri minimi di idoneità più severi per il pensionamento nel periodo di transizione, criteri più severi per gli aventi diritto alle pensioni d'invalidità e l'applicazione ai regimi del settore pubblico di norme equivalenti a quelle del sistema pensionistico del riformato settore privato. Il progetto di legge relativo a una nuova riforma pensionistica attualmente in discussione al Parlamento non contiene misure volte a promuovere le pensioni del secondo e terzo pilastro per compensare la riduzione dei tassi di sostituzione che riguarda il primo pilastro. I provvedimenti previsti comprendono un trattamento favorevole per tali pensioni dal punto di vista della tassazione e dei contributi di sicurezza sociale, nonché la possibilità di stornare i contributi obbligatori destinati al TFR ("trattamento di fine rapporto") verso regimi di pensioni da lavoro. Il TFR è attualmente finanziato mediante un contributo pari al 6,91% della retribuzione lorda e gestito come riserva contabile dall'azienda interessata a un tasso d'interesse basso ma garantito. Con la riforma, saranno istituiti dei fondi pensionistici e queste disponibilità finanziarie saranno separate dalla gestione aziendale, col risultato che le aziende perderanno una fonte di finanziamenti a basso costo. Alcune categorie di lavoratori stanno già stornando il TFR verso fondi pensionistici volontari, e il governo sta provvedendo a estendere ulteriormente questa possibilità a tutti i dipendenti pubblici e privati. Conclusioni Negli anni Novanta, l'Italia ha avviato un consistente sforzo di riforma che ha iniziato a stabilizzare la spesa pubblica per le pensioni, e controllerà la dinamica della spesa anche nel futuro. Il passaggio verso un sistema figurativo a contributi definiti introduce una profonda modernizzazione del primo pilastro, di importanza cruciale anche per la sostenibilità finanziaria. Tuttavia, il livello complessivo elevato di contributi per il sistema pensionistico (comprese le prestazioni di sicurezza sociale, l'indennità di buonuscita e i contributi ad altri regimi pensionistici) e la necessità di ingenti trasferimenti dal bilancio statale continuano a rappresentare problemi rilevanti. Per risolvere questi problemi sarà fondamentale aumentare il tasso di occupazione, in particolare per le donne e i lavoratori anziani. Nel periodo di transizione al nuovo sistema, i lavoratori anziani continueranno ad andare in pensione secondo le vecchie regole, che prevedono scarsi incentivi a lavorare più a lungo. Per coloro che sono entrati sul mercato del lavoro dopo il 1995, il nuovo sistema pensionistico offre incentivi appropriati al lavoro, grazie alla neutralità attuariale, per cui nel loro caso si può prevedere un aumento del tasso di occupazione. Allo stesso tempo, una permanenza maggiore in attività consentirà di acquisire diritti pensionistici adeguati. L'adeguatezza futura dipenderà anche dallo sviluppo delle pensioni integrative. La trasformazione dell'indennità di buonuscita in un regime di pensioni da lavoro è un'opportunità importante. Garantire l'adeguatezza significherà anche affrontare il problema dei diritti pensionistici dei lavoratori atipici. Statistiche generali >SPAZIO PER TABELLA> LUSSEMBURGO Caratteristiche principali del sistema pensionistico Il primo pilastro del sistema pensionistico lussemburghese è costituito da un regime generale per i lavoratori dipendenti del settore privato e per i lavoratori autonomi, nonché da un regime speciale per i dipendenti pubblici. Le prestazioni pensionistiche dipendono dalla retribuzione. Il regime pensionistico generale è finanziato mediante contributi sui salari pari al 24%, corrisposti in egual misura dai datori di lavoro, dai lavoratori e dal bilancio statale. L'aliquota contributiva è determinata per un periodo di sette anni sulla base di una valutazione attuariale del sistema. Questo impegno a lungo termine ad aliquote contributive stabili è reso possibile da un consistente fondo di riserva, che non può essere inferiore a 1,5 volte l'importo annuale delle prestazioni. Attualmente, la riserva ammonta a tre volte l'importo annuo delle prestazioni pagate. I tassi di sostituzione netti per una persona con carriera assicurativa piena nel quadro del regime generale sono elevati, e raggiungono quasi il 100% del reddito precedente il pensionamento per un lavoratore che abbia una retribuzione media dopo 40 anni di assicurazione. Dopo 40 anni di assicurazione è garantita una pensione minima pari a 1190 euro. Pertanto, vi è un bisogno limitato di regimi integrativi. I sistemi di pensioni da lavoro si sono sviluppati principalmente all'interno di aziende industriali o commerciali straniere o di grandi dimensioni, nonché nel settore bancario. Le pensioni individuali beneficiano di incentivi fiscali. Il reddito minimo garantito (RMG), subordinato a particolari condizioni di reddito, assicura entrate minime a chi non abbia diritti pensionistici adeguati o altre risorse. L'importo mensile per una persona sola è pari a 942 euro. Le condizioni di vita dei pensionati sono molto simili a quelle della popolazione attiva, e gli anziani non risultano esposti a un rischio di povertà superiore al resto della popolazione. Sfide L'invecchiamento demografico dovrebbe essere un po' meno pronunciato in Lussemburgo rispetto alla media UE. Ciononostante, il sistema pensionistico lussemburghese è strettamente legato all'alto livello di occupazione di non residenti. In ragione del tasso di disoccupazione ridotto del Granducato, la maggior parte dei nuovi posti di lavoro - 75% dei posti creati nel 2001 - è occupata da residenti dei paesi vicini. Se sarà mantenuto l'attuale tasso di crescita dell'occupazione, il Lussemburgo non incontrerà difficoltà nel finanziare le pensioni pubbliche fino al 2050. Questo calcolo si basa però sull'ipotesi di un tasso annuo di crescita economica del 4%, e quindi sul proseguire dell'afflusso di lavoratori da fuori. Se tale tasso di crescita dovesse dimezzarsi, il livello dei contributi dovrebbe aumentare dall'attuale 24% al 46% secondo le ultime informazioni fornite dal Lussemburgo. La gestione del fondo di riserva svolgerà un ruolo importante nella preparazione a una situazione di aumento dei pensionati. Sul mercato del lavoro nazionale è ancora possibile aumentare i tassi di occupazione, in modo da allargare la base contributiva. Nonostante un tasso di disoccupazione piuttosto basso, il tasso occupazionale dei residenti fra i 15 e i 64 anni era del 62,9% nel 2001, cioè sotto la media UE. Anche il tasso d'occupazione delle donne, attestato sul 50,9%, era relativamente basso. Meno di un quarto dei residenti fra i 55 e i 64 anni lavora - la metà dell'obiettivo fissato dal Consiglio europeo di Stoccolma. Risposte alle sfide Nel 2001 si è aperta una tavola rotonda sulle pensioni, con la partecipazione di sindacati, rappresentanti dei datori di lavoro e partiti politici. La tavola rotonda ha analizzato i problemi relativi ai minimi pensionistici e alla convergenza del livello delle pensioni corrisposte dai regimi previdenziali per i dipendenti del settore privato e del settore pubblico. Alcuni dei provvedimenti decisi in occasione della tavola rotonda comprendono un aumento delle pensioni minime di anzianità e ai superstiti, nonché un aumento proporzionale del 3,9% dell'importo delle pensioni. I partecipanti alla tavola rotonda si sono però trovati d'accordo sul fatto che alcuni miglioramenti potrebbero essere revocati se la prossima valutazione attuariale mostrasse che il fondo di riserva potrebbe ridursi a meno del minimo obbligatorio di 1,5 volte le spese annuali. Tale considerazione non dovrebbe però toccare le pensioni più basse. Due riforme recenti cercano di affrontare il problema del basso tasso occupazionale dei lavoratori anziani. Una è la riforma delle pensioni di invalidità, al fine di promuovere il reinserimento al posto del ritiro dal lavoro. La nuova legge prevede diversi provvedimenti per aiutare il lavoratore che rimane invalido a continuare la propria attività. Anzitutto sono effettuati degli esami per accertare se il lavoratore possa tornare al posto precedente. Nel caso ciò non risulti possibile, è previsto un trasferimento interno del lavoratore per tutte le aziende con più di 25 dipendenti. Se un trasferimento interno non è possibile, il lavoratore è registrato come disoccupato e ha diritto alle indennità di disoccupazione durante la ricerca di opportunità di impiego adeguate. Se non risulta possibile impiegare l'invalido in un altro posto entro il periodo di legge in cui vengono versate le indennità di disoccupazione, il lavoratore ha diritto a un'indennità di attesa corrispondente al livello di una pensione di invalidità. L'altra riforma consiste nell'introduzione di un nuovo meccanismo di accrescimento scaglionato delle pensioni in base all'età e ai contributi versati per i lavoratori con almeno 55 anni di età e 38 di contributi. Questa novità dovrebbe incoraggiare i lavoratori a prolungare la propria permanenza in attività. Il governo si è impegnato a definire un quadro giuridico per una politica d'investimento più dinamica, anche se prudente, per il fondo di riserva. Nel 2001 è stato avviato uno studio in materia, ed è in preparazione una legge. Il rapporto di strategia nazionale rileva che la strategia d'investimenti conservatrice seguita in passato ha protetto il fondo di riserva dal recente ribasso dei mercati finanziari. Una legge dell'8 giugno 1999 istituisce un quadro giuridico per le pensioni integrative organizzate dai datori di lavoro. La legge lascia le aziende libere di scegliere se introdurre o meno un sistema integrativo, e definisce i diritti dei lavoratori garantendo la parità di trattamento per quanto riguarda la tassazione dei diversi tipi di regimi (riserve contabili, fondi esterni, assicurazioni collettive). Il governo prevede inoltre l'introduzione di un nuovo tipo di piano pensionistico individuale. Detti piani dovrebbero versare un forfait fino al 50% dei risparmi accumulati. Il rapporto di strategia nazionale presenta una serie di provvedimenti volti a migliorare i diritti pensionistici dei genitori - in particolare delle madri - che interrompono la carriera per occuparsi dei figli. In questo modo si dovrebbe ridurre il divario fra le pensioni medie degli uomini e delle donne. In seguito alla tavola rotonda sulle pensioni si è creato un gruppo di lavoro incaricato di esaminare come rafforzare i diritti pensionistici individuali delle donne. Conclusioni Il sistema pensionistico lussemburghese è basato su un forte consenso politico e garantisce un alto livello di adeguatezza. La sua sostenibilità finanziaria dipende però non soltanto dal contributo di tassi relativamente alti di crescita economica futura, ma anche dal fondamentale contributo dei lavoratori non residenti all'economia e al sistema pensionistico del Lussemburgo. Eventuali fluttuazioni nel numero di lavoratori stranieri potrebbero amplificare gli effetti dell'invecchiamento della popolazione residente. Per il Lussemburgo, la differenza fra l'indice di dipendenza demografica (persone oltre i 65 anni rispetto alla popolazione di età compresa fra 15 e 64 anni) e l'indice di dipendenza economica (persone che ricevono prestazioni rispetto alle persone che lavorano) potrebbe diventare molto maggiore che altrove. Nel caso di un calo del tasso di occupazione dei lavoratori non residenti, la popolazione residente, che sta invecchiando, dovrebbe sobbarcarsi non soltanto il peso del trattamento dei pensionati residenti, ma anche quello di un largo numero di pensionati che vivono fuori dal paese. Di questo rischio si dovrebbe tener conto al momento di decidere l'importo delle riserve che devono essere mantenute dal regime pensionistico generale. La sostenibilità finanziaria dipenderebbe meno dalla disponibilità di manodopera non residente se il tasso d'occupazione dei residenti aumentasse - in particolare per quanto riguarda le donne e i lavoratori oltre i 55 anni. Statistiche generali >SPAZIO PER TABELLA> PAESI BASSI Caratteristiche principali del sistema pensionistico Il primo pilastro del sistema pensionistico olandese è costituito da un regime statale di base di pensioni di anzianità che fornisce prestazioni fisse a tutti i residenti di età superiore a 65 anni. Tale sistema è finanziato dai contributi prelevati sulle retribuzioni a un tasso limitato per legge sotto il tetto del 18,25%, ma il diritto alla pensione di base matura grazie alla residenza nei Paesi Bassi fra i 15 e i 65 anni. Il valore attuale della pensione di base per una persona sola è di circa 825 euro al mese, il che elimina quasi completamente il rischio di povertà per le persone di età superiore ai 65 anni. L'importo della pensione di base è legato al salario minimo che, a sua volta, segue lo sviluppo delle retribuzioni medie. Nel 1999, per più di tre quarti delle persone sopra i 65 anni, la pensione di base ha rappresentato più di metà del reddito lordo totale. Il secondo pilastro delle pensioni da lavoro è più sviluppato che in qualunque altro paese dell'UE, grazie ad accordi collettivi che nel 2001 garantivano una copertura obbligatoria pari ad almeno il 91% di tutti i lavoratori dipendenti. Si tratta di sistemi completamente ad accantonamento, compresi quelli per i dipendenti pubblici e gli insegnanti, e il livello di finanziamento alla fine del 2001 si avvicinava al 120% delle passività (108 % del PIL nel 2001), anche se questa cifra potrebbe essere scesa successivamente in ragione del recente calo del mercato azionario. I regimi sono solitamente del tipo a prestazioni definite; solo il 4% dei lavoratori dipendenti che hanno sottoscritto una pensione integrativa fa capo a un piano a contributi definiti puro. La percentuale dei sistemi basati solo sulla retribuzione finale è scesa dal 14% dei lavoratori dipendenti affiliati a un sistema di pensioni da lavoro del 1995 al 7% del 2001, mentre la maggior parte dei sistemi a prestazioni definite non tiene conto degli aumenti retributivi degli ultimi anni precedenti il pensionamento. Il 30% degli affiliati ai sistemi pensionistici fa capo a sistemi basati sulla media retributiva lungo la carriera. Per quanto riguarda il terzo pilastro, le prestazioni pensionistiche individuali godono di agevolazioni fiscali. I contributi sono deducibili fino al livello richiesto per costituire diritti pensionistici totali equivalenti al 70% della retribuzione finale. Le attività dei sistemi del terzo pilastro ammontavano nel 2001 al 58% del PIL. Sfide Mantenendo il legame (indiretto) fra i redditi e la pensione statale di base, e a fronte dei crescenti pagamenti effettuati dai regimi professionali in via di maturazione, l'adeguatezza non sarà un problema per il sistema pensionistico olandese. Il divario fra uomini e donne anziani in termini di livello di vita relativo sembra però destinato a rimanere assai ampio, in conseguenza del fatto che l'importanza dei sistemi di pensioni da lavoro aumenta ancora e che le prestazioni di tali sistemi riflettono le situazioni occupazionali e retributive del passato. Inoltre, fino al 1994 era possibile escludere i lavoratori a tempo parziale - prevalentemente donne - dai regimi di pensioni professionali. Il rapporto di strategia nazionale dei Paesi Bassi presenta stime secondo le quali l'invecchiamento demografico causerà un aumento della spesa pubblica di circa il 9% del PIL, con picco nel 2040: il 4,3% per le pensioni di anzianità di base, il 3,6% per l'assistenza sanitaria, lo 0,7% per l'invalidità e lo 0,4% per altre voci. Le proiezioni effettuate per il comitato di politica economica indicano un aumento del 6,2% del PIL (comprendendo tutti i redditi sostitutivi erogati dalla mano pubblica per le persone dai 55 anni in su, compresi gli assegni d'invalidità), uno degli aumenti più elevati dell'UE, anche se il livello previsto per il 2050 sarà vicino alla media europea. È possibile aumentare ancora l'occupazione nei Paesi Bassi. Il tasso d'occupazione complessivo e quello delle donne sono oltre gli obiettivi fissati a Lisbona e Stoccolma, ma la proporzione di donne che lavorano a tempo parziale è molto elevata (69% nel 2000). Anche il tasso di occupazione dei lavoratori anziani resta basso, con un po' meno del 40% secondo dati del 2001. Ne consegue in particolare la necessità di modifiche al funzionamento del sistema di pensioni di invalidità e delle strutture di incentivi dei regimi di pensioni da lavoro. Il rapporto dei Paesi Bassi evidenzia anche come una sfida importante l'aumento delle influenze internazionali sul sistema pensionistico nazionale. Il sistema dev'essere adattato alla crescente mobilità transfrontaliera dei lavoratori e dei capitali. Inoltre, la situazione finanziaria dei fondi pensionistici e la loro capacità di fornire prestazioni adeguate dipenderanno dall'inflazione nell'area dell'euro e, più in generale, dagli sviluppi sui mercati finanziari. Il rapporto di strategia nazionale insiste pertanto sull'importanza di mantenere politiche macroeconomiche improntate alla stabilità, compreso un rigido rispetto del Patto di stabilità e crescita. Infine, in occasione dell'esame d'esperti (peer review) tenutosi nell'ottobre 2002, i Paesi Bassi hanno espresso preoccupazione per l'incertezza giuridica causata dai ricorsi, basati sulle norme europee in materia di concorrenza, nei confronti dell'affiliazione obbligatoria a regimi di pensioni da lavoro. Finora questi ricorsi non sono mai stati accolti, ma si è confermato che la posizione dominante dei sistemi di pensioni da lavoro che beneficiano dell'affiliazione obbligatoria dev'essere giustificata da elementi di solidarietà. Risposte alle sfide Il governo e le parti sociali si sono impegnati ad aumentare ulteriormente il tasso di partecipazione ai regimi di pensioni da lavoro. Le parti sociali a livello centrale hanno emesso raccomandazioni in materia per i processi di contrattazione collettiva decentrata nella primavera del 2001. Un ulteriore passo avanti verso un tasso di partecipazione del 100% (nel 2001 si era a quota 91%) sarebbe l'affiliazione obbligatoria al sistema di pensioni da lavoro per il settore delle agenzie di lavoro interinale, attualmente in discussione. Nel 2006 il governo deciderà, in base a un esame dei risultati ottenuti dalle parti sociali, se sia necessario varare una normativa che renda impossibile escludere individui o gruppi di dipendenti dai regimi pensionistici. Le parti sociali hanno anche concordato un insieme di raccomandazioni riguardanti l'indicizzazione delle pensioni da lavoro. Malgrado il significativo aumento della spesa pubblica causato dall'invecchiamento della popolazione, i Paesi Bassi si sono impegnati a mantenere il sistema pensionistico statale di base nella sua forma attuale. Il finanziamento di quest'ultimo sarà garantito da trasferimenti dal bilancio generale non appena il tasso massimo di contribuzione del 18,25% non sarà più sufficiente per coprire le spese, come probabilmente accadrà attorno al 2010. Il governo ritiene che vi saranno le risorse finanziarie necessarie, e farà in modo che sia così mediante un'ulteriore riduzione del debito pubblico. È in via di costituzione un fondo di risparmio virtuale per le pensioni di anzianità in cui i risparmi saranno accantonati per finanziare le pensioni dal 2020 in poi. Non trattandosi di un fondo vero e proprio, l'uso delle risorse accantonate implica un possibile aumento del debito pubblico dopo il 2020. La necessità di un indebitamento dello Stato sarà mitigata dal fatto che la tassazione differita delle pensioni integrative genererà un aumento delle entrate al momento in cui saranno corrisposte maggiori prestazioni da parte pubblica. Il governo prevede che queste entrate fiscali extra rappresenteranno un 5% del PIL nel 2040. Anche l'aumento del tasso di occupazione dovrà apportare un contributo significativo per garantire il futuro finanziamento delle pensioni. Espresso come occupazione equivalente a tempo pieno, il tasso occupazionale dei Paesi Bassi è vicino alla media europea, il che significa che vi è una possibilità di miglioramento creando maggiori opportunità di lavoro a tempo pieno, in particolare per le donne. Ciò aiuterà a creare il margine finanziario necessario, dal momento che l'aumento dei redditi non crea diritti aggiuntivi alle prestazioni pensionistiche pubbliche fisse. Si calcola che un aumento di 5 punti percentuali del tasso d'occupazione possa creare un margine finanziario dell'1,2% del PIL. Per quanto riguarda il tasso d'occupazione dei lavoratori anziani, il governo mira ad aumentare la partecipazione di tali lavoratori dello 0,75% all'anno, tramite diversi provvedimenti: il trattamento fiscale favorevole per i regimi di pensionamento anticipato è in via di abolizione e le parti sociali hanno già riformato tali regimi, che coprono l'83% dei lavoratori dipendenti anziani. Gli affiliati che rinviano il proprio ritiro anticipato avranno diritto a una pensione integrativa maggiore a partire dai 65 anni. Il numero degli anziani aventi diritto a indennità di disoccupazione sarà ridotto imponendo ai datori di lavoro di contribuire alle spese per tali indennità per i dipendenti dai 57 anni e mezzo in su e introducendo l'obbligo di cercare lavoro per coloro che si trovano in tale fascia d'età. La legge finanziaria del 2002 ha introdotto incentivi finanziari per l'occupazione dei lavoratori anziani sotto forma di sussidi diretti e di riduzioni dei contributi. Sono previsti nuovi provvedimenti normativi che avranno altri effetti positivi sull'occupazione dei lavoratori anziani. Il governo introdurrà norme per vietare la discriminazione basata sull'età in campo occupazionale e rispetto alla formazione. Tali norme garantiranno anche che i lavoratori anziani che terminano la propria carriera con una retribuzione ridotta non risultino eccessivamente penalizzati per quanto riguarda i diritti pensionistici nel quadro di un regime basato sulla retribuzione finale. È poi prevista una riforma delle pensioni di invalidità intesa a ridurre il numero delle persone attualmente classificate come totalmente o parzialmente incapaci di lavorare, che adesso sono quasi un milione. La strategia per affrontare la sfida al sistema pensionistico pubblico e alle finanze pubbliche nel loro complesso si basa sulla cancellazione del debito pubblico entro il 2010, il che richiederà un avanzo annuo fra l'1,25 e l'1,75% del PIL fino al 2010. In questo modo si ridurrà il pagamento di interessi, in modo che possano essere accantonate risorse per un fondo pensionistico di riserva figurativo. Inoltre, un aumento del gettito fiscale pagato dai futuri pensionati, in particolare su pensioni facenti capo a fondi del secondo pilastro, aiuterà a risolvere il problema finanziario, in particolare a partire dal 2020. Ciononostante, l'utilizzazione di risorse dal fondo di riserva figurativo causerà un aumento del debito. La sostenibilità finanziaria dei regimi rientranti nel secondo pilastro dipende largamente dalla stabilità degli sviluppi macroeconomici e da una bassa inflazione, obiettivi importanti per quanto riguarda le politiche economiche generali. Inoltre, i requisiti relativi al livello di finanziamento di questi regimi sono elevati, il che fornisce un utile margine di sicurezza nei confronti dei cali del mercato azionario. Malgrado tutto questo, i cali recenti hanno ridotto il valore delle attività di alcuni fondi al di sotto del livello previsto. Un ulteriore declino potrebbe causare modifiche al livello dei contributi o una sospensione dell'indicizzazione delle prestazioni per un buon numero di fondi pensionistici. Conclusioni La strategia olandese per il primo pilastro si affida largamente all'ambizioso obiettivo di ottenere avanzi di bilancio per un lungo periodo di tempo, col sostegno di politiche occupazionali più intense e di una riforma delle pensioni di invalidità, nell'ottica di eliminare il debito pubblico. Dovrebbe così essere possibile ottenere il sostanziale aumento delle risorse pubbliche che sarà necessario per finanziare le pensioni statali. Le finanze pubbliche però nel 2002 si sono avviate verso il deficit, il che solleva alcune preoccupazioni quanto alle possibilità di successo della politica prevista. Per quanto concerne le pensioni del secondo pilastro, la strategia si affida alla conduzione di politiche macroeconomiche virtuose, nonché a margini di finanziamento sicuri. Il sistema pensionistico olandese dà buoni risultati in termini di adeguatezza, essendo basato su pensioni pubbliche fisse universali e su pensioni integrative legate al reddito che coprono una quota molto ampia di popolazione. Rimane però da vedere se una maggiore partecipazione della forza lavoro e l'inserimento dei lavoratori a tempo parziale nei regimi di pensioni da lavoro consentirà alle donne di recuperare lo svantaggio rispetto agli uomini in termini di redditi in età avanzata. Statistiche generali >SPAZIO PER TABELLA> AUSTRIA Caratteristiche principali del sistema pensionistico Il primo pilastro è costituito da un sistema generale per i lavoratori dipendenti del settore privato e da regimi speciali per i lavoratori autonomi, gli agricoltori e i dipendenti pubblici. Nel 2001, circa il 95% della popolazione attiva era coperta dall'assicurazione pensionistica obbligatoria. I suddetti regimi sono finanziati per la maggior parte da contributi. L'aliquota contributiva attuale è del 22,8% della retribuzione pensionabile e negli ultimi anni è sempre rimasta stabile a tale livello. I lavoratori pagano il 10,25 e i datori di lavoro il 12,55%. I dipendenti pubblici contribuiscono col 12,55% dello stipendio al proprio regime pensionistico. È interessante notare che i dipendenti pubblici in pensione devono comunque versare un 2,3% di contributi, calcolato sulla loro pensione. Il bilancio statale fornisce il 21,5% della spesa pensionistica totale dell'Austria. In percentuale del PIL, questo contributo è sceso dal 2,85% del 1991 al 2,4%. L'età pensionabile tipica è di 65 anni per gli uomini e 60 per le donne. È possibile il pensionamento anticipato a partire dai 61 anni e mezzo per gli uomini e dai 56 e mezzo per le donne. L'importo della pensione dipende dall'anzianità contributiva (compresi determinati periodi assimilati, come il servizio militare o periodi in cui sono state corrisposte determinate prestazioni sociali) e dal livello della retribuzione valida ai fini assicurativi (limitata a un tetto di 3270 euro al mese nel 2002). La pensione è basata sulla retribuzione media durante i 15 anni migliori di tutta la carriera assicurativa. I diritti pensionistici maturano a un tasso del 2% di tale media per ogni di assicurazione. L'importo pensionistico massimo che può essere raggiunto nel quadro del regime generale è di 2309 euro (pagati 14 volte l'anno). Il secondo pilastro è volontario. Si calcola che 300 000 persone abbiano già acquisito diritti nel quadro di regimi professionali, anche se tale cifra non comprende gli impegni diretti più tradizionali da parte dei datori di lavoro (riserve contabili). Il terzo pilastro è stato potenziato dalla riforma fiscale del 2000, che ha introdotto crediti d'imposta per i piani individuali di risparmio per la pensione e per i contributi dei dipendenti a un regime facente capo al secondo pilastro. Le prestazioni di questi regimi agevolati sono esenti da imposte. È garantita una pensione minima di 630 euro per le persone sole e di 900 euro per le coppie (versata 14 volte all'anno), mediante prestazioni compensative subordinate a particolari condizioni di reddito. Sfide Per chi ha un'anzianità contributiva sufficiente, il primo pilastro del sistema pensionistico austriaco prevede prestazioni adeguate con tassi netti di sostituzione in eccesso dell'80%. A metà del 2002 però più dell'11% delle pensioni necessitava di un'integrazione per portare i redditi dei pensionati al livello minimo. La dipendenza da questo sostegno subordinato a particolari condizioni di reddito è elevata fra i pensionati affiliati al regime degli agricoltori, nonché tra i beneficiari di pensioni ai superstiti. Il rischio di povertà in età avanzata è molto più elevato nel caso delle donne. Il sistema pensionistico austriaco si basa quasi completamente sul sistema pensionistico pubblico facente capo al primo pilastro, come si vede dalla spesa pubblica per le pensioni in percentuale del PIL: 14,5% nel 2000, il livello più alto dell'UE e ben al di sopra della media europea, pari al 10,4%. L'indice di dipendenza degli anziani in Austria aumenterà più rapidamente della media UE, fino a circa 1,3 volte il livello attuale entro il 2050. L'aumento previsto della spesa pubblica per le pensioni appare comunque moderato rispetto alle dimensioni dell'invecchiamento demografico, in particolare grazie al fatto che il tasso di occupazione delle donne e quello dei lavoratori anziani dovrebbero aumentare secondo le stime, grazie all'aumento dell'età pensionabile delle donne e dell'età minima per il pensionamento anticipato. Nel 2050, la spesa ammonterà al 17% del PIL, con 2,5 punti percentuali in più di oggi ma, al momento del picco intorno al 2035, la spesa aumenterà di 4,2 punti - una sfida decisamente più impegnativa. L'Austria ha grosso modo raggiunto gli obiettivi di Lisbona in materia di occupazione per tutte le persone in età da lavoro e per le donne. Il tasso occupazionale degli anziani, invece, è fra i più bassi dell'Unione, col 28,6% registrato nel 2001. Inoltre, tale cifra è scesa leggermente fra il 1995 e il 2001, mentre molti Stati membri sono riusciti ad aumentarla. Il ridotto tasso occupazionale dei lavoratori anziani è in gran parte dovuto all'uscita precoce dal mercato del lavoro per motivi d'invalidità. L'Austria è uno dei pochi paesi in cui rimangono età pensionabili diverse per gli uomini e le donne - tranne nel caso particolare dei dipendenti pubblici. È prevista un'equiparazione mediante un aumento dell'età pensionabile delle donne pari a cinque anni, ma questa novità sarà realizzata soltanto fra il 2019 e il 2029 per il pensionamento anticipato e fra il 2024 e il 2033 per quello ordinario. Se l'equiparazione avvenisse prima, si potrebbero aumentare ulteriormente i tassi di occupazione. I diritti pensionistici individuali delle donne continueranno a essere sensibilmente più bassi di quelli degli uomini, in conseguenza di retribuzioni più basse e di una minore partecipazione al mercato del lavoro, fenomeni che a loro volta rispecchiano la divisione dei ruoli all'interno delle famiglie. Si tratta di una sfida che può essere affrontata conferendo diritti pensionistici per i periodi in cui i lavoratori si occupano dei figli. È però parimenti necessario garantire che le donne ottengano una quota equa dei diritti pensionistici combinati spettanti alle coppie nel caso di rottura della famiglia. Risposte alle sfide L'Austria sta cercando di colmare il divario nell'adeguatezza delle prestazioni per le donne garantendo diritti pensionistici migliori per quanto riguarda i periodi in cui i lavoratori si occupano dei figli. L'indennità di congedo parentale è versata per 36 mesi per figlio (se entrambi i genitori la richiedono), di questi, sono riconosciuti come periodi di assicurazione fino a 18 mesi. In questo modo risulta più agevole per le donne ottenere i 15 anni necessari per maturare il diritto alla pensione. Se da una parte i tassi di sostituzione nel quadro del primo pilastro dovrebbero rimanere alti, d'altra parte il governo desidera rafforzare il secondo pilastro. Dal 1° luglio 2002, l'indennità di buonuscita può essere investita a condizioni favorevoli in un contratto di assicurazione sulla vita. Tale prestazione è finanziata mediante un contributo dell'1,53% della retribuzione e dev'essere gestita da appositi fondi previdenziali per i lavoratori dipendenti (Mitarbeitervorsorgekassen). I lavoratori avranno la scelta fra il pagamento dell'indennità di buonuscita e l'investimento del proprio capitale nella pensione. Quest'ultima opzione gode di un'esenzione fiscale totale. Attualmente l'Austria sta lavorando per unificare tutti i regimi pensionistici del primo pilastro in un sistema solo. Il regime speciale per i dipendenti pubblici è il più favorevole, in quanto garantisce l'80% della retribuzione finale (anziché l'80% della retribuzione dei 15 anni migliori della carriera), e anche perché la retribuzione valida ai fini assicurativi non è soggetta a limitazioni. Tuttavia, la base retributiva per il calcolo dei diritti pensionistici è progressivamente estesa a 15 anni, e i dipendenti pubblici di nuova assunzione saranno affiliati al sistema generale, con conseguente soppressione del regime speciale per questa categoria. L'età media di pensionamento si colloca attorno ai 59 anni per gli uomini, ai 57 per le donne. L'Austria ha iniziato ad affrontare il problema con una serie di provvedimenti adottati nel 2000. Fra questi, l'innalzamento dell'età minima per il pensionamento anticipato, l'abolizione dello stesso per ragioni di idoneità al lavoro ridotta, deduzioni più elevate per il pensionamento prima dell'età canonica e incrementi maggiori per i pensionamenti ritardati. Queste modifiche per il pensionamento anticipato e ritardato non sono però ancora neutrali dal punto di vista attuariale. Ai pensionati è anche consentito avere altri redditi oltre alla pensione, il che facilita una transizione graduale verso la pensione. Il pensionamento graduale è agevolato anche dalla possibilità, a partire dai 50 anni per le donne e dai 55 per gli uomini, di lavorare a tempo parziale per un periodo di 6 anni e mezzo ricevendo una compensazione per la riduzione degli introiti. Tuttavia, è probabile che questo sistema conduca all'atto pratico a una partecipazione ridotta dei lavoratori anziani al mercato del lavoro anziché aumentarla (l'alternativa non sarebbe un ritiro completo anticipato dal mercato del lavoro, ma il lavoro a tempo pieno). Inoltre, è possibile concentrare il tempo di lavoro ridotto nella prima parte dei 6 anni e mezzo, smettendo così completamente di lavorare prima dell'età minima pensionabile. Si tratta dunque di uno strumento da rivedere. Anche le pensioni d'invalidità sono soggette a riforma. Secondo il sistema attuale, l'invalidità parziale non è riconosciuta, col risultato che i lavoratori anziani si ritirano completamente dal mercato del lavoro anziché optare per un impegno più limitato compatibile col loro stato di salute. Un comitato di esperti sta esaminando le diverse possibilità nell'ottica di prestazioni di invalidità parziali. La strategia del governo per affrontare la sfida finanziaria al sistema pensionistico pubblico si basa sull'aumento del tasso di occupazione in generale e dei lavoratori anziani in particolare, in modo da rafforzare la base contributiva. Per il 2003 è prevista una nuova proposta di riforma del sistema pensionistico. Il rapporto di strategia nazionale delinea alcuni principi generali di riforma, come il rafforzamento dei principi attuariali e la promozione delle pensioni integrative private, pur non mettendo in discussione l'importanza del sistema facente capo al primo pilastro. Conclusioni Il rapporto di strategia nazionale austriaco presenta una descrizione dettagliata delle varie misure già adottate per rafforzare la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico, ma non è stata presentata una stima globale dell'incidenza di queste misure. L'alto livello di spesa e la previsione di un suo significativo aumento lancia sfide di tutto rispetto per le finanze pubbliche. L'intenzione dichiarata dal governo austriaco di riformare il sistema pensionistico è pertanto un segnale molto positivo. Statistiche generali >SPAZIO PER TABELLA> PORTOGALLO Caratteristiche principali del sistema pensionistico Il primo pilastro del sistema pensionistico portoghese è costituito da un sistema generale obbligatorio per tutti i lavoratori autonomi e dipendenti del settore privato. Esiste un sistema speciale per i dipendenti pubblici, la polizia e le forze armate. Vi è anche un sistema volontario aperto ai residenti in Portogallo non coperti dalla sicurezza sociale portoghese; i cittadini portoghesi che risiedono o lavorano all'estero possono parimenti affiliarsi a tale regime. I contributi pensionistici al sistema generale del primo pilastro non sono separati dai contributi relativi ad altre prestazioni erogate del sistema generale di sicurezza sociale, comprensivo di indennità per malattia, maternità, malattie professionali, disoccupazione, invalidità, anzianità, assegni ai superstiti e assegni familiari. L'aliquota contributiva è pari al 34,75% della retribuzione dei lavoratori dipendenti (l'11% è corrisposto dal lavoratore e il 23,75 dal datore di lavoro) e varia fra il 25,4% e il 32% per gli autonomi. Il sistema previdenziale volontario è finanziato dal pagamento di un contributo del 16% di un importo che dev'essere coperto dall'assicurazione pensionistica; l'importo può essere scelto dall'assicurato. Nel settore bancario e delle telecomunicazioni, esistono regimi professionali che sostituiscono quello generale. Dal 2000, l'età pensionabile è di 65 anni sia per gli uomini che per le donne. Per maturare il diritto a una pensione di anzianità i beneficiari devono aver completato un periodo di 15 anni di assicurazione, con almeno 120 giorni all'anno di redditi dichiarati. Dal 1994, le pensioni di anzianità e di invalidità sono calcolate in base al reddito medio dei dieci anni migliori fra gli ultimi 15 (anziché al reddito medio mensile dei cinque anni migliori fra gli ultimi dieci, com'era prima) [25]. Il ritmo di maturazione dei diritti pensionistici è del 2% (contro il precedente 2,2%) per ogni anno di assicurazione. [25] Dall'ultima riforma della sicurezza sociale, che risale al 2000, si tiene conto dei redditi dell'intera carriera assicurativa per calcolare il livello della pensione (con un tetto massimo di 40 anni). Il secondo pilastro praticamente non esiste, e l'affiliazione ai relativi regimi, addirittura, è leggermente calata negli ultimi anni. Il settore è disciplinato dalla legge quadro sulla sicurezza sociale. I fondi pensionistici sono amministrati da enti privati, principalmente compagnie assicurative e società di gestione dei fondi. Il terzo pilastro può assumere diverse forme, compresa la sottoscrizione di una polizza di assicurazione sulla vita o l'affiliazione volontaria a un fondo pensione. L'assicurazione pensionistica individuale è incoraggiata tramite incentivi fiscali. Un sistema non contributivo finanziato dal gettito fiscale prevede prestazioni subordinate a particolari condizioni di reddito per le persone dai 65 anni in su prive di prestazioni adeguate provenienti da altre fonti. Le persone con un reddito al di sotto del 30% del salario minimo nazionale (50% per le coppie) hanno diritto a un'integrazione dei redditi nel quadro di questo regime. Sfide Il sistema pensionistico portoghese si trova ad affrontare due importanti sfide: migliorare l'adeguatezza delle pensioni di anzianità in modo da garantire livelli di vita dignitosi dopo il pensionamento a tutti i lavoratori con redditi bassi, e assicurare allo stesso tempo la sostenibilità finanziaria del sistema. Una percentuale significativa della popolazione ha una carriera assicurativa breve o una retribuzione valida a fini assicurativi molto bassa. Secondo dati del Panel europeo delle famiglie risalenti alla seconda parte degli anni Novanta, molti anziani sono esposti al rischio di povertà, in particolare i pensionati più vecchi. Questi dati però non tengono conto degli effetti avuti dall'aumento delle pensioni minime voluto dall'ultima riforma. Anche il reddito relativo delle persone oltre i 65 anni nel confronto coi giovani è fra i più bassi dell'UE, situandosi al 72% del reddito delle persone sotto i 65, nonostante il fatto che il primo pilastro può ottenere un tasso di sostituzione massimo dell'80% della retribuzione media [26]. Nel tempo, col raggiungimento dell'età pensionabile da parte di fasce della popolazione con carriere assicurative migliori, il livello di adeguatezza dovrebbe migliorare in modo automatico. [26] In base alla riforma della sicurezza sociale varata nel 2000, il tasso di sostituzione massimo può salire al 92% della retribuzione media per i beneficiari con 21 o più anni di contributi. L'indice di dipendenza degli anziani in Portogallo dovrebbe all'incirca raddoppiare di qui al 2050, secondo un tasso del 44,5%. Una recente proiezione nazionale che teneva conto della riforma di quest'anno ha previsto un aumento della spesa pubblica per le pensioni dal 10% del PIL del 2001 al 12,1% del 2050, mentre il comitato di politica economica prevede un aumento dal 9,8% del 2000 a un picco del 13,8% per il 2040 (13,2% nel 2050). Un fattore importante nell'aumento della spesa, pari a un terzo dello stesso, sono le pensioni dei dipendenti del settore pubblico, più generose di quelle del settore privato per coloro che erano già stati assunti nel pubblico prima del 1993. Se si vogliono sviluppare i regimi pensionistici del secondo pilastro sarà assolutamente indispensabile garantire l'acquisizione dei diritti pensionistici, e renderli trasferibili. Risposte alle sfide Negli ultimi anni si è considerato prioritario migliorare il livello delle pensioni minime di anzianità. Livelli minimi garantiti per le pensioni di anzianità e di invalidità nel quadro del sistema contributivo sono stati introdotti per la prima volta nel 1998 [27] e dipendono dal numero degli anni di contribuzione. In base alla nuova legge quadro del 2002, il relativo importo sarà fatto convergere in direzione del salario minimo nel periodo 2003-2007. Le pensioni minime di natura non contributiva saranno aumentate al 50% del salario minimo nazionale meno i contributi del lavoratore per la sicurezza sociale (11%). La possibilità di lavorare dopo il pensionamento e di combinare la pensione con un reddito da lavoro dovrebbe contribuire a migliorare a breve termine il livello di vita degli anziani. A lungo termine, si dovrebbero sentire gli effetti benefici della maturazione del sistema pensionistico (più pensioni a carriera piena) e magari dello sviluppo di sistemi di pensioni integrative. [27] Precedentemente era versata un'integrazione sociale alle persone la cui pensione obbligatoria non raggiungeva l'importo minimo del 30% del reddito medio. Negli anni Novanta sono state apportate varie modifiche per ridurre il futuro aumento della spesa pubblica per le pensioni. Nel 1993, le norme di calcolo dei diritti pensionistici nel quadro del regime speciale per i nuovi dipendenti pubblici sono diventate le stesse per i nuovi arrivi in questo regime e per il sistema di sicurezza sociale generale. Nel 1994, le condizioni per avere diritto a una pensione di anzianità e il coefficiente di calcolo delle prestazioni pensionistiche sono stati resi più rigidi. Dall'ultima riforma della sicurezza sociale, che risale al 2000, si tiene conto dei redditi dell'intera carriera assicurativa per calcolare l'importo della pensione (con un tetto massimo di 40 anni). Le nuove misure saranno introdotte gradualmente ed entreranno in vigore a pieno titolo nel 2016. La legge sulla sicurezza sociale del 2002 introduce un tetto per la retribuzione valida a fini assicurativi, che limiterà anche le prestazioni erogate alle future generazioni di pensionati, con una conseguente riduzione di lungo termine della spesa. Nel 1999 il pensionamento è stato reso più flessibile: tutti i lavoratori che hanno completato il periodo previsto di 15 anni di contributi nel corso di 30 anni solari hanno il diritto di andare in pensione, con prestazioni ridotte, a partire dai 55 anni. I lavoratori possono anche rimandare il giorno del pensionamento fino all'età di 70 anni, ricevendo così una pensione maggiore. Inoltre, le pensioni di anzianità possono essere combinate liberamente con redditi da lavoro. Gli assicurati che richiedono il pensionamento anticipato e che hanno smesso di lavorare possono versare contributi volontari per aumentare l'importo della propria pensione di anzianità. È stata introdotta anche la possibilità di cumulare il lavoro a tempo parziale con una pensione parziale. Nel 1989 è stato creato un fondo di riserva per la sicurezza sociale. Conformemente alla legge di riforma della sicurezza sociale varata nel 2000, l'obiettivo è quello di costituire, a medio termine, una riserva equivalente a 2 anni di spesa pensionistica, pari a circa il 12% del PIL. Oltre all'avanzo del sistema di sicurezza sociale, che si prevede continuerà fino a circa il 2015, il fondo riceverà il 2% dei contributi di sicurezza sociale versati dai lavoratori dipendenti. Nel dicembre 2001 il fondo vantava attività pari a 3,8 miliardi di euro, cifra uguale al 5% del PIL. Un deficit in tema di sicurezza sociale dovrebbe emergere fra il 2015 e il 2020; il fondo sarà allora utilizzato per un periodo di 15-20 anni al fine di coprire l'aumento delle spese e per colmare il buco nelle entrate. Poi, dal 2029 in poi, vi sarà un deficit pari all'1-2% del PIL che dovrà essere affrontato con altre risorse. Al fine di promuovere lo sviluppo dei regimi di pensioni integrative, nel 2000 si è varato un ampio quadro giuridico con norme sulla gestione e l'investimento e sul regime fiscale di tali servizi privati. Nel 2002 sono stati introdotti ulteriori benefici fiscali, ed è stato creato un meccanismo di controllo per i sistemi di pensioni integrative. La già citata introduzione del tetto sui redditi coperti dall'assicurazione pensionistica statale dovrebbe lasciare uno spazio maggiore alle pensioni private. Al fine di migliorare l'accesso alle pensioni integrative, la nuova legge quadro sulla sicurezza sociale migliora le condizioni previste per l'acquisizione del diritto a una pensione integrativa e introduce il principio della trasferibilità. Conclusioni Se l'adeguatezza rimane un problema di fondo, le recenti misure introdotte per aumentare le pensioni minime dovrebbero alleviare i rischi di povertà a breve termine. Le opzioni di pensionamento più flessibili e la possibilità di aumentare i propri diritti pensionistici rimandando il momento del ritiro dovrebbero aumentare l'adeguatezza dei redditi da pensione per coloro che possono ottenere un impiego. Inoltre, carriere assicurative più complete e impieghi meglio pagati garantiranno pensioni più elevate alle nuove generazioni di pensionati. L'ultima riforma delle pensioni ha anche segnato un progresso nell'affrontare la sfida finanziaria del sistema pensionistico, e il rapporto di strategia nazionale spiega come il Portogallo si muoverà in proposito fin circa al 2030, ma non dice come il deficit dovuto alla sicurezza sociale sarà finanziato in seguito. Considerato lo scarso effetto delle recenti riforme sull'aumento previsto della spesa pubblica per le pensioni, vi è spazio per ulteriori riforme, tenuto conto del fatto che equilibrare il bilancio statale resta un'impresa difficile. In questo contesto sembra anche esservi spazio per lo sviluppo delle pensioni private. Resta da vedere se la modernizzazione del quadro giuridico che disciplina le pensioni private (norme su acquisizione e trasferibilità comprese) sarà sufficiente per consentire ai regimi di pensioni da lavoro di svolgere un ruolo significativo. Statistiche generali >SPAZIO PER TABELLA> FINLANDIA Caratteristiche principali del sistema pensionistico Il sistema pensionistico obbligatorio comprende un regime nazionale di base inteso a garantire un reddito minimo a tutti i pensionati e un sistema legato al reddito che consente ai lavoratori di mantenere il proprio stile di vita a un livello ragionevole una volta andati in pensione. I due regimi formano il primo pilastro, che può essere integrato da sistemi pensionistici volontari. Il sistema pensionistico nazionale fornisce una pensione minima legata alla residenza che può raggiungere i 488 euro mensili (purché il beneficiario abbia 40 anni di residenza nel paese). La pensione nazionale cala con l'aumentare del reddito dovuto all'altra pensione. Nel 2001, solo il 10% dei pensionati riceveva la cifra piena secondo il regime pensionistico nazionale, mentre una porzione subordinata a particolari condizioni di reddito integrava la pensione legata al reddito del 55% dei pensionati. La quota di pensionati che riceve solo la pensione nazionale di base sta calando. Il sistema legato al reddito garantisce pensioni assicurative e copre tutti i dipendenti e gli autonomi senza limiti di reddito. Una pensione di anzianità attualmente comincia a maturare dall'età di 23 anni a un tasso dell'1,5% all'anno, fino all'età di 60 anni, quando matura al tasso del 2,5%, per un massimo di 40 anni (le suddette norme cambieranno nel 2005). Il tasso di sostituzione (massimo) pianificato è del 60%. La pensione è calcolata in base ai redditi medi degli ultimi 10 anni in ciascun rapporto di lavoro (dal 2005 si prenderà in considerazione l'intera carriera lavorativa). Alla fine del 2000, la pensione media totale per chi beneficia di pensioni di anzianità (comprese quelle ai superstiti) era di circa 962 euro al mese, cioè il 47% del reddito medio dei lavoratori dipendenti. Vi è una differenza fra i sessi (1 151 euro per gli uomini, 841 per le donne) dovuta alla media retributiva più bassa delle donne (80%), a una loro minore partecipazione al mercato del lavoro nei tempi passati e a più frequenti interruzioni della carriera. Mentre le pensioni nazionali sono adeguate in linea coi prezzi al consumo, le pensioni legate al reddito sono vincolate a un indice ponderato basato sui prezzi al consumo e sui redditi. Al momento si può godere di una pensione di disoccupazione o di anzianità anticipata all'età di 60 anni, di una pensione per pensionati part time a 56 anni. Vi sono diverse prestazioni per disabilità, disoccupazione, pensionamento anticipato o part time che possono essere corrisposte prima dei 65 anni. L'inabilità al lavoro è il motivo più comune dei pensionamenti anticipati. Nel 2000, la Finlandia ha speso circa l'1% del PIL per misure di riabilitazione atte a mantenere e sviluppare l'idoneità al lavoro. Le pensioni legate al reddito sono parzialmente finanziate mediante fondi. Per i lavoratori dipendenti del settore privato, tali fondi sono gestiti da enti pensionistici privati che competono sulla base dei loro servizi ai clienti e del ritorno degli investimenti, nel rispetto di un dettagliato quadro normativo. Un sistema di garanzia assicura il pagamento delle prestazioni in caso di insolvibilità di un ente pensionistico. Inoltre, per le pensioni statali e degli enti locali, sono stati istituiti dei fondi di riserva, al fine di portare i finanziamenti allo stesso livello dei regimi pensionistici del settore privato. Nel complesso, le riserve del primo pilastro ammontavano al 60% del PIL nel 1999 e se ne prevede un aumento fin quasi all'80% del PIL entro il 2030. In ragione dell'ampia copertura del sistema obbligatorio, la richiesta di pensioni integrative a sottoscrizione volontaria è molto ridotta. Le prestazioni erogate dai regimi del secondo e terzo pilastro erano pari al 4% del totale, mentre i contributi versati a tali regimi arrivavano al 6% del totale nel 1999. Sfide In genere, il rischio di povertà degli anziani è mantenuto basso dal sistema pensionistico obbligatorio. Il livello di reddito dei pensionati è paragonabile a quello del resto della popolazione e il tasso di anziani a rischio di povertà in Finlandia, alla fine degli anni Novanta, era uno dei più bassi dell'Unione. Restano però alcuni rischi di povertà, soprattutto fra le donne particolarmente anziane. In ragione del concetto generale che presiede al sistema pensionistico, i diritti delle persone con redditi bassi aumentano solo leggermente grazie ai loro contributi, dal momento che l'importo della loro pensione nazionale diminuisce con la crescita delle pensioni legate al reddito. Le sfide principali per la sostenibilità finanziaria vengono dall'invecchiamento della popolazione, dal momento che la generazione del baby-boom sta raggiungendo l'età pensionabile, nonché in ragione dell'aumento della speranza di vita e del basso tasso di fertilità. Il numero delle persone al di sopra dell'età pensionabile aumenterà rapidamente dopo il 2020, e nel 2030 un finlandese su quattro avrà almeno 65 anni. Un'insufficiente creazione di posti di lavoro aggraverebbe il problema demografico. L'attuale tasso di occupazione complessivo è del 67,7%, ma per le persone fra i 55 e i 64 si ferma al 46%, mentre l'86% dei finlandesi va in pensione prima dell'età pensionabile obbligatoria: l'età di pensionamento effettiva è di soli 59 anni. Per ridurre il pensionamento anticipato è necessario aumentare gli incentivi e mantenere l'idoneità al lavoro dei singoli. Se la proporzione fra lavoratori e pensionati non sarà migliorata mediante sforzi adeguati volti a promuovere l'impiego dei disoccupati e degli anziani, vi sarà sempre il rischio che l'onere fiscale diventi insostenibile. La spesa per le pensioni pubbliche era all'11,3% del PIL nel 2000, e secondo il comitato di politica economica aumenterà fino al 16% entro il 2040, rimanendo poi relativamente stabile fino al 2050. La spesa per le pensioni legate al reddito dovrebbe aumentare di 6 punti in percentuale del PIL, con un aumento delle aliquote contributive pari a 10 punti; la spesa per le pensioni nazionali scenderà di circa un punto del PIL, soprattutto per la maturazione del sistema legato al reddito, che ridurrà la necessità di pensioni garantite subordinate a particolari condizioni di reddito. Anche l'indicizzazione della pensione nazionale ai prezzi dovrebbe mitigare l'aumento. Le ultime riforme delle pensioni del settore privato, del 2001 e 2002, dovrebbero ridurre in modo significativo l'aumento della spesa pensionistica in percentuale del PIL. Ciò si deve in larga parte al rafforzamento della base contributiva, ottenuto restringendo l'accesso al pensionamento anticipato e migliorando gli incentivi per continuare a lavorare. Di conseguenza, il grado in cui le aliquote contributive rapportate ai salari dovrebbero essere aumentate per mantenere l'equilibro finanziario è calcolato a 5 punti percentuali. Nonostante i progressi ottenuti resta la necessità di affrontare la sfida finanziaria rimanente e di introdurre riforme corrispondenti relativamente ai regimi del settore pubblico. Una serie di leggi e modifiche ha reso la normativa sulle pensioni legate al reddito estremamente complessa, ma ha anche reso più simili i diversi regimi, aprendo così la possibilità di uno snellimento e di una modernizzazione ulteriori. La legislazione avrebbe tutto da guadagnare se fosse semplificata e consolidata grazie a un'armonizzazione dei principi operativi interni dei regimi pensionistici. Una sfida di primaria importanza per la modernizzazione è concepire il sistema pensionistico in modo che i regimi si adattino automaticamente a circostanze mutate. Risposte alle sfide Un certo numero di provvedimenti di riforma aventi l'obiettivo di ridurre la futura spesa pensionistica è stato adottato fin dal 1990: durante gli anni Novanta sono state introdotte misure fra l'altro per adeguare le pensioni ai superstiti a quelle individuali, allineare le pensioni del settore pubblico con quelle del settore privato, aumentare il limite d'età minimo per il pensionamento anticipato, estendere il periodo retributivo considerato ai fini pensionistici da 4 a 10 anni e per ridurre il peso delle retribuzioni nell'indice utilizzato per gli adeguamenti pensionistici. Secondo le previsioni, le misure varate per i regimi pensionistici pubblici durante gli anni Novanta dovrebbero ridurre la spesa per le pensioni di quasi un quinto del livello previsto per il 2040 qualora non vi fossero cambiamenti e rimanessero in vigore le norme del 1990. Sono appena state definite ulteriori misure nel quadro del pacchetto di riforma del 2001: tale riforma mira a scoraggiare il pensionamento anticipato e ad aumentare gli incentivi a continuare a lavorare. Fra le misure vi sono l'introduzione del pensionamento flessibile tra i 62 e i 68 anni, accompagnato da maggiori tassi di maturazione dei diritti pensionistici per gli ultimi anni di lavoro; un aumento dell'età per il pensionamento part time da 56 a 58 anni con anche una riduzione del tasso di maturazione; una riduzione del limite minimo d'età per la maturazione di diritti pensionistici da 23 a 18 anni; l'abolizione graduale delle pensioni di disoccupazione (fra il 2009 e il 2014); l'abolizione del pensionamento anticipato individuale per invalidità nel 2003. Nel settembre del 2002, il governo ha presentato una legge basata su un suo accordo con le parti sociali relativa a misure che si aggiungono alla riforma del 2001, la maggior parte delle quali entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2005. Il calcolo delle prestazioni pensionistiche si baserà sulla retribuzione di tutta la carriera, adeguata tramite un indice ponderato migliorato (80% salari e 20% prezzi invece dell'equiparazione precedente); la maturazione di diritti pensionistici è ulteriormente aumentata per i lavoratori anziani (1,9% all'anno fra i 53 e i 62 anni di età e 4,5% fra i 63 e i 68 al posto del normale tasso di maturazione dell'1,5%); il pensionamento anticipato prima dei 62 anni non sarà più possibile; l'aliquota contributiva per i lavoratori dipendenti oltre i 53 anni di età sale al 30%; il tetto del 60% previsto per il tasso di sostituzione sarà abolito; le prestazioni saranno adeguate alla speranza di vita (a partire dal 2009); le pensioni matureranno anche durante i periodi non retribuiti per custodia dei figli, disoccupazione, formazione, malattia e riabilitazione; infine, il livello di finanziamento del regime pensionistico aumenterà, in modo da rendere armonica l'evoluzione dei contributi. Si è fissato l'obiettivo di aumentare il tasso di occupazione dei lavoratori anziani dal 46% del 2001 al 55% del 2010, il che produrrebbe un aumento dell'età pensionabile effettiva di due anni. Ciononostante, le nuove proiezioni sull'impatto delle ultime riforme prevedono un aumento dell'età pensionabile effettiva di soli tre anni entro il 2050, che si manifesterà soprattutto dopo il 2015. Si tratterebbe di un risultato insufficiente rispetto agli obiettivi fissati dal governo in materia di età pensionabile effettiva (che deve aumentare di 2-3 anni) e di tasso di occupazione dei lavoratori anziani, per cui si renderebbe necessaria una più rapida attuazione delle riforme. La strategia complessiva del governo per far fronte alle significative pressioni della spesa pensionistica si basa su elementi quali garantire la crescita economica, ridurre il debito pubblico e aumentare i fondi pensionistici di riserva (oltre i limiti minimi di legge), nonché sull'aumento della produttività del lavoro (che ha un impatto sulla crescita della spesa pensionistica in percentuale del PIL superiore alla crescita dell'occupazione) e dei tassi di occupazione, in particolare dei lavoratori anziani, in modo che ne risulti aumentata l'effettiva età pensionabile. La strategia richiederà avanzi elevati e continui delle finanze statali per diversi decenni. Conclusioni La Finlandia ha compiuto progressi significativi per far fronte alla seria sfida della sostenibilità finanziaria del suo sistema pensionistico, garantendo nel contempo un livello adeguato delle pensioni e un basso rischio di povertà degli anziani, nonché modificando il sistema per adattarlo alla diversa situazione sociale. Le riforme del 2001 e 2002 rappresentano passi importanti, ma il lungo periodo di attuazione dei provvedimenti ritarderà il loro effetto sulla spesa pensionistica un po' oltre il momento in cui la popolazione del baby-boom comincerà ad andare in pensione, così che gran parte di questa popolazione potrà ancora beneficiare delle attuali possibilità di pensionamento anticipato. La spesa per le pensioni statali dovrebbe ancora aumentare. Inoltre, la strategia complessiva dipende in modo molto pronunciato dal mantenimento di ampi avanzi nel bilancio statale per un lungo periodo di tempo. Statistiche generali >SPAZIO PER TABELLA> SVEZIA Caratteristiche principali del sistema pensionistico Il nuovo sistema del primo pilastro introdotto nel 1999 consiste in un regime legato al reddito (contributivo) e in un sistema di pensione garantita di anzianità (non contributivo). Il sistema legato al reddito è del tipo a contributi definiti e finanziato con un'aliquota contributiva del 18,5% della retribuzione pensionabile per l'intera carriera. Il 16% dei contributi è utilizzato per il finanziamento a ripartizione ed è accumulato a un tasso d'interesse determinato come capitale pensione figurativo (che si accumula all'incirca in linea coi redditi). Il 2,5% è investito in uno dei vari fondi pensionistici scelti dall'affiliato (il cosiddetto regime di pensione per premi unici). Il sistema pensionistico legato al reddito è distinto dal bilancio statale e si dovrebbe finanziare unicamente mediante i contributi, mantenuti costanti al 18,5%. Il capitale figurativo a ripartizione e il capitale accumulato nel quadro del regime di pensione per premi unici sono convertiti al momento del ritiro in una pensione il cui importo dipende dalla speranza media di vita all'età del pensionamento. La pensione garantita di anzianità prevede una pensione minima per le persone oltre i 65 anni dopo 40 anni di residenza in Svezia. Essa compensa i diritti pensionistici del regime obbligatorio legato al reddito in modo che raggiunga la quota garantita, ed è finanziata dal gettito fiscale. Una nuova forma di sostegno subordinato a particolari condizioni di reddito per gli anziani che non hanno diritto alla pensione garantita (in gran parte immigrati) sarà introdotta nel 2003. Inoltre, le indennità di alloggio subordinate a particolari condizioni di reddito contribuiscono in modo significativo al bilancio personale di molti pensionati. Il secondo pilastro è costituito da grossi regimi di pensioni da lavoro basati su accordi collettivi, che coprono circa il 90% dei lavoratori dipendenti. L'aliquota tipica dei contributi si situa fra il 2 e il 5% delle retribuzioni. Tradizionalmente, questi regimi pensionistici sono a prestazioni definite, ma stanno diventando sempre più a contributi definiti. Nel 2000, le pensioni erogate da questi regimi erano a quota 14% dell'intera spesa pensionistica. I sistemi del terzo pilastro contribuivano nel 2000 a circa il 5% dell'intera spesa pensionistica. Si tratta di un'assicurazione pensionistica individuale e volontaria, deducibile dalle tasse. Sfide L'aumento previsto dell'indice di dipendenza degli anziani è molto minore nel caso della Svezia che per l'UE nel suo complesso. Inoltre, la concezione del nuovo sistema pensionistico limiterà la crescita futura della spesa per le pensioni. La spesa per le pensioni di anzianità nel quadro del sistema pubblico dovrebbe aumentare dal 9% del PIL del 2000 all'11,4% del 2040, per poi cominciare a scendere. Si tratta di un aumento relativamente ridotto, che non dovrebbe rappresentare un problema finanziario di particolare entità. Il tasso occupazionale dei lavoratori anziani è il più alto dell'Unione, e il pensionamento anticipato non rappresenta un grosso problema. Ciononostante, il numero di lavoratori anziani in malattia è cresciuto rapidamente negli ultimi anni, il che solleva dei problemi per quanto riguarda l'ambiente di lavoro in cui tali lavoratori sono inseriti. Dal momento che la pensione garantita è legata solo all'indice dei prezzi, un aumento dei redditi reali porterà a un crescente divario nei redditi fra coloro che lavorano e ricevono un salario e i pensionati, con pensioni legate al reddito al di sopra del livello garantito da una parte e pensionati con diritto soltanto alla pensione garantita dall'altra. Nel lungo periodo, ciò potrebbe portare a maggiori rischi di povertà relativa, a meno che la dipendenza dalla pensione garantita non sia ridotta da maggiori diritti a pensioni legate al reddito. Le donne potrebbero essere particolarmente colpite da questa evoluzione, dal momento che i loro redditi tendono a essere inferiori rispetto a quelli degli uomini. A causa di ridotte prestazioni ai superstiti, anche le donne anziane sono più esposte degli uomini a un calo netto dei loro livelli di vita una volta perduto il marito. Risposte alle sfide La risposta alla sfida dell'invecchiamento e a proposito di determinati aspetti di iniquità del precedente sistema a prestazioni definite (pensioni più alte per le persone con profili retributivi irregolari, ma stesso sforzo per quanto riguarda i contributi) è stata una riforma profonda del sistema pensionistico nel 1999, che entrerà pienamente in vigore nel 2003. Il sistema legato al reddito si pone l'obiettivo della piena neutralità attuariale. Fra gli elementi redistributivi troviamo: crediti pensionistici per i disoccupati o per i genitori nei primi quattro anni di vita dei figli; la pensione garantita. Questi meccanismi sono finanziati dal bilancio generale. La sfida della sostenibilità finanziaria è affrontata attraverso un meccanismo di riequilibrio automatico inserito nel sistema pensionistico legato al reddito. Tale meccanismo è concepito in modo da mantenere l'aliquota contributiva costante al 18,5% dei redditi e funziona mediante un adeguamento dell'indice applicato al capitale pensionistico figurativo della parte a ripartizione. Se la base contributiva del sistema si deteriora a causa di un rallentamento economico o di sviluppi demografici sfavorevoli, l'indice è rivisto al ribasso. Inoltre, la conversione del capitale pensionistico figurativo tiene conto della speranza di vita all'età del pensionamento e, pertanto, neutralizza una causa importante di aumento della spesa per le pensioni. Vincere la sfida della sostenibilità finanziaria sarà più semplice grazie al consistente fondo cuscinetto istituito già nel 1960 per appianare le fluttuazioni nel flusso di contributi ed erogazioni pensionistiche. Tale fondo dovrebbe contribuire al finanziamento a lungo termine del sistema pensionistico. Le sue attività nel 2001 ammontavano al 26% del PIL. Tutti i rischi finanziari del nuovo sistema pensionistico legato al reddito (longevità, calo della base contributiva) sono a carico dei beneficiari. Tuttavia, il sistema prevede un alto grado di flessibilità, sia per quanto riguarda la scelta dell'età pensionabile sia per la possibilità di combinare il reddito da lavoro con una pensione completa o parziale. La neutralità attuariale consentirà ai singoli di progettare la propria vita lavorativa in modo da ottenere una pensione adeguata e pertanto offre forti incentivi a una maggiore partecipazione al mercato del lavoro da parte dei lavoratori anziani (già la più alta dell'UE). Ne consegue però la necessità di mantenere occupabilità e idoneità al lavoro. Attualmente, il governo cerca di fronteggiare il problema dell'aumento dei congedi malattia mediante un programma di ampio respiro volto a promuovere una migliore salute nell'ambito della vita lavorativa. Se un gran numero di persone non sono in grado di ottenere diritti pensionistici adeguati, i rischi finanziari sono dirottati sul bilancio generale (mediante la pensione garantita o di invalidità). La riforma svedese si basa su un ampio consenso politico ed è accompagnata da un notevole sforzo volto a migliorare l'informazione degli affiliati al sistema pensionistico. Questi ultimi ricevono un'attestazione annuale del capitale pensionistico, nonché previsioni riguardanti la loro pensione futura sulla base di diverse ipotesi (tasso di crescita, tasso di rendimento, età pensionabile). Conclusioni Il sistema pensionistico svedese riformato dovrebbe essere in grado di fornire pensioni adeguate in modo finanziariamente sostenibile, grazie alla sua concezione e ai previsti meccanismi di adeguamento ai cambiamenti economici e demografici. Vi è anche un'equa condivisione della responsabilità finanziaria tra le generazioni, nonché una risposta agli imperativi della modernizzazione, grazie a un buon adeguamento a schemi occupazionali flessibili. Gli elementi di solidarietà finanziata dal gettito fiscale sono forti al momento attuale, e comprendono le pensioni garantite, d'invalidità, ai superstiti, nonché i crediti pensionistici nei confronti del sistema legato al reddito nei periodi di interruzione della carriera, come in caso di disoccupazione, congedo parentale, ecc.). Tuttavia, ci si può aspettare che il livello della pensione garantita scenda rispetto ai redditi. I sistemi di pensioni professionali basati su accordi collettivi sono ben sviluppati e possono apportare un contributo significativo al mantenimento del livello dei redditi dopo il pensionamento. Statistiche generali >SPAZIO PER TABELLA> REGNO UNITO Caratteristiche principali del sistema pensionistico Il primo pilastro del sistema pensionistico del Regno Unito è costituito da una pensione di base fissa e una pensione integrativa legata al reddito, la State Second Pension che sostituisce il precedente State Earnings-Related Pension Scheme (SERPS, introdotto nel 1978). Questo doppio regime del primo pilastro è finanziato da contributi rientranti nell'Assicurazione nazionale legata al reddito. L'età pensionabile è di 65 anni per gli uomini e 60 per le donne. Sono in vigore norme che equipareranno l'età per una pensione statale a 65 anni entro il 2020. Una pensione fissa piena richiede 44 anni di contributi all'Assicurazione nazionale per gli uomini e 39 per le donne. Non è possibile ottenere la pensione prima di queste età, ma si può ritardarla in cambio di prestazioni superiori in seguito (7½% per anno di rinvio). Una caratteristica unica del sistema pensionistico britannico è la possibilità di non aderire al livello legato al reddito del primo pilastro finanziato a ripartizione. Ciò richiede la copertura da parte di un sistema pensionistico professionale o personale che fornisca prestazioni equivalenti o migliori rispetto alla componente legata al reddito del regime obbligatorio. Circa il 60% dei lavoratori dipendenti aderisce a simili sistemi alternativi e ha diritto a una riduzione dei contributi versati all'Assicurazione nazionale. I regimi pensionistici professionali tendono a essere costituiti da un singolo datore di lavoro e sono generalmente del tipo a prestazioni definite: forniscono pensioni basate sugli anni di servizi e sulla retribuzione finale. Tuttavia, vi è una tendenza verso un sistema a contributi definiti. Circa il 44% della popolazione in età da lavoro contribuiva a un sistema pensionistico professionale o personale nel 2000/01, e il 60% delle famiglie di pensionati godeva di entrate da un regime pensionistico professionale, mentre il 71% aveva redditi da investimenti (comprese le pensioni personali). Le pensioni personali sono state introdotte nel 1988 per offrire una seconda pensione privata alle persone che non possono accedere a un regime professionale o che cambiano lavoro frequentemente (anche se già prima del 1988 erano possibili dei Retirement Annuity Contracts simili alle prestazioni pensionistiche). Il 12% dei lavoratori dipendenti e il 44% degli autonomi sta provvedendo a costituirsi pensioni personali. Per rendere più allettanti le seconde pensioni, nell'aprile 2001 si sono introdotte le Stakeholder Pensions, con oneri semplici e bassi (al massimo l'1% annuo di valore dei fondi), flessibilità per i partecipanti che possono cambiare i contributi o spostarsi da un regime all'altro senza sanzioni finanziarie, meccanismi fiscali semplificati con un limite contributivo di 3,600 £ all'anno, il tutto per la prima volta aperto a chi non percepisce una retribuzione. Fino a marzo 2002 sono state vendute 815 000 stakeholder pensions. Il reddito minimo garantito (MIG), di natura non contributiva, fornisce un sostegno vincolato a particolari condizioni di reddito alle persone oltre i 60 anni, a seconda delle loro entrate e del loro capitale. Per una persona sola che soddisfa le condizioni, è garantito un reddito settimanale pari ad almeno 98,15 sterline, che corrisponde a circa il 30% in più di una pensione statale fissa di base piena, pari a 75,50 sterline. Nel periodo 1999/2000, il 57% dei redditi da pensione è venuto da fonti statali, il 43% dal settore privato. Sfide Tra il 1979 e il 1996, il reddito netto medio delle famiglie di pensionati è cresciuto del 64%, a fronte di un aumento medio dei redditi pari al 36%; tuttavia, le entrate del quinto più povero dei pensionati sono aumentate soltanto del 30%. Questa differenza è dovuta soprattutto alla crescita dei redditi dovuti alle pensioni professionali e private, che ha beneficiato tutti tranne i pensionati più poveri. Per aumentare i redditi di tale categoria, è stato introdotto il reddito minimo garantito. Tale meccanismo ha aumentato le entrate degli anziani più poveri, ma l'equivalenza sterlina per sterlina (pound-for-pound withdrawal") ha fatto sì che gli sforzi di risparmio di molte persone dal reddito basso non si sia trasformato in livelli di vita post-pensionamento più alti. Circa un quinto dei pensionati vive in famiglie con un reddito sotto il 60% del reddito mediano. Il SERPS ha erogato pensioni del 20% del reddito medio percepito durante tutta la vita rivalutato ai soli lavoratori dipendenti; i beneficiari di redditi bassi hanno maturato diritti molto limitati a questo meccanismo. Circa il 60% dei lavori dipendenti che sono usciti dal SERPS per aderire a regimi professionali/privati ha di solito tassi di sostituzione del reddito sensibilmente migliori. Una grossa sfida sarà garantire che un numero maggiore di persone abbia accesso all'opportunità di un livello di vita più elevato dopo il pensionamento, e che faccia ricorso a tale opportunità. Se l'adeguatezza è diventata una sfida di primo piano negli anni Ottanta e Novanta, la sostenibilità finanziaria sembra ben garantita anche per il futuro. La spesa pubblica per le pensioni nel 2000 equivaleva al 5,5% del PIL, e secondo il comitato di politica economica scenderà al 4,4% entro il 2050, in conseguenza di un minore aumento dell'indice di dipendenza degli anziani rispetto al resto dell'UE e, soprattutto, per via dell'indicizzazione delle pensioni di base ai prezzi, in modo che il loro valore a fronte dei redditi scenderà. Le proiezioni non hanno però tenuto conto del nuovo Pension Credit (credito pensionistico) e della State Second Pension, a causa dei quali la spesa pubblica per le pensioni rimarrà grosso modo al livello attuale. In considerazione dell'importanza delle pensioni private, l'attuale diversità e complessità dei relativi regimi apre sfide particolari. Gli individui si trovano davanti una gran possibilità di scelta quando iniziano a lavorare o cambiano impiego. Il gran numero di regimi solleva il problema della realizzabilità di una sorveglianza efficiente. Molti regimi pensionistici detengono pacchetti azionari significativi, che storicamente hanno dato rendite elevate ma introducono un elemento di volatilità. Molti regimi pensionistici e varie assicurazioni sulla vita hanno subito pesantemente gli effetti del recente calo dei mercati azionari mondiali. Per i datori di lavoro che garantiscono un regime a prestazioni definite, ciò aumenta i costi potenziali futuri dell'erogazione delle prestazioni, e potrebbe essere una concausa del passaggio a regimi a contributi definiti, in cui il rischio degli investimenti è maggiormente a carico dei beneficiari. Anche se il Regno Unito ha già raggiunto gli obiettivi di Lisbona e Stoccolma in materia di occupazione, vi è comunque spazio per un miglioramento. L'età media del pensionamento effettivo è di 62 anni per gli uomini e 59 per le donne. Il 55% degli uomini e un terzo delle donne va in pensione prima di aver raggiunto l'età per una pensione statale; il 10% dei pensionamenti anticipati è dovuto alle condizioni offerte dai regimi professionali, il 30% a problemi di salute e il 14% è stato incoraggiato dai datori di lavoro. Se la pensione statale non offre possibilità di pensionamento anticipato, il reddito minimo garantito può essere richiesto dall'età di 60 anni sia per gli uomini che per le donne. Gli uomini fra i 60 e i 64 anni che chiedono il reddito minimo garantito non sono tenuti a cercare lavoro. I fondi pensionistici professionali spesso prevedono pacchetti di pensionamento anticipato. Risposte alle sfide Negli ultimi anni è stata adottata una serie di misure per affrontare i problemi di adeguatezza. Dal 2003 il nuovo Pension Credit sostituirà il reddito minimo garantito. Questo nuovo istituto dovrebbe raggiungere non soltanto il 25% più povero delle famiglie, ma circa la metà di tutte le famiglie di persone oltre i 60 anni. Per le persone sole dai 60 anni in su vi sarà il diritto a un reddito di almeno 100 £ la settimana (154 per le coppie), e alle persone con più di 65 anni saranno garantite somme aggiuntive da altre pensioni/risparmi fino a un certo limite oltre il livello minimo garantito senza che ciò comporti la perdita dei crediti pensionistici. Anche l'accertamento dei redditi per il Pension Credit è meno severo che per le prestazioni tradizionali legate al reddito. A partire dai 60 anni, gli interessati non dovranno dichiarare i risparmi sotto le 6 000 sterline e, dai 65, la maggior parte delle persone non dovrà dichiarare eventuali cambiamenti di reddito per periodi fissi di cinque anni. Il governo britannico si è impegnato a indicizzare l'elemento garantito del Pension Credit ai redditi per il resto del proprio mandato. L'introduzione della State Second Pension nell'aprile 2002 consentirà alle fasce di reddito più basse di maturare maggiori diritti pensionistici. Inoltre, ai singoli saranno accreditati diritti di seconda pensione per i periodi in cui non possono lavorare in ragione di responsabilità di cura dei familiari o di invalidità. Le persone il cui reddito si situa fra il limite del reddito basso (3 900 £ all'anno) e 10 800 £ matureranno diritti pensionistici pari a quelli che avrebbero avuto guadagnando 10 800 £. Dal 2002, le persone che percepiscono salari bassi o modesti e decidono di uscire dal sistema pubblico a favore di un regime professionale ricevono un'integrazione, che garantisce loro il godimento dei miglioramenti risultanti dalla State Second Pension. Per quanto riguarda l'occupazione dei lavoratori anziani, il rapporto di strategia nazionale presenta diverse iniziative che dovrebbero avere effetti positivi. L'integrazione fra enti che si occupano delle indennità e enti competenti per l'occupazione renderà possibile raggiungere le persone che percepiscono prestazioni per invalidità o malattia. I disabili possono ottenere un sostegno specializzato per aiutarli a rimanere sul mercato del lavoro (New Deal for Disabled People). Le persone in cerca di impiego di età superiore ai 50 anni possono ricevere un'integrazione dei redditi (Employment Credit) per un massimo di 52 settimane se accettano un posto o avviano un'attività in proprio; in base al sistema New Deal 50 plus vi sono anche dei contributi per la formazione. Esiste inoltre una politica volta a incoraggiare le persone a lavorare oltre l'età pensionabile. È possibile ritardare il pensionamento o addirittura "de-pensionarsi" una volta ritirati, ottenendo così degli aumenti. Attualmente, il periodo massimo di rinvio è di 5 anni. Dall'aprile 2010 non vi sarà alcun limite, e il tasso d'incremento aumenterà a circa il 10,4% per ogni anno di lavoro in più. La strategia allargata di invecchiamento attivo cerca di promuovere prassi occupazionali positive nei confronti dell'età avanzata fra i datori di lavoro prima dell'entrata in vigore delle norme sul settore nel 2006. Le sfide esistenti in materia di pensioni private sono attualmente all'ordine del giorno della politica. Recentemente sono state presentate due relazioni commissionate dal governo (Pickering e Sandler), con proposte concernenti la semplificazione dei prodotti pensionistici e della normativa in materia di pensioni, migliore consulenza ai consumatori, più facile accesso ai prodotti di risparmio per i consumatori a reddito basso e riduzione degli oneri amministrativi per regimi e datori di lavoro. La relazione Pickering suggerisce anche di cambiare la funzione del regolatore. Le relazioni faranno da base a un futuro libro verde sulle pensioni che affronterà una vasta gamma di problemi, comprese le questioni di promuovere l'occupazione fra i lavoratori anziani e di mettere le persone in grado di risparmiare per soddisfare le proprie aspettative in materia di pensionamento. Anche il ruolo dell'Autorità di regolamentazione delle pensioni professionali (OPRA) è sottoposto a una revisione, i cui risultati contribuiranno al libro verde. Dato che il livello della spesa pubblica per le pensioni è basso e, nel futuro, rimarrà largamente al di sotto del livello di spesa di tutti gli altri Stati membri, la sostenibilità finanziaria dei regimi pubblici non pone problemi. La strategia volta a garantire la sostenibilità finanziaria dell'intero sistema pensionistico mira a finanziare una proporzione crescente della spesa pensionistica attraverso i risparmi accumulati dalle persone durante la vita lavorativa. Il Regno Unito cerca di garantire la stabilità degli investimenti pensionistici in regimi di accantonamento seguendo politiche macroeconomiche appropriate, e sta pensando a migliorare il quadro normativo e di controllo. Conclusioni Il Regno Unito ha compiuto progressi significativi nell'affrontare i problemi di adeguatezza, ma resta da vedere in che misura tali progressi ridurranno i rischi di povertà per gli anziani e aumenteranno il livello di vita relativo dei pensionati. Se alcune misure avranno un forte impatto in tempi brevi, altre richiederanno decenni per sviluppare appieno i propri effetti. Per chi si avvicina all'età pensionabile, lavorare più a lungo rimane il modo più efficace per innalzare il proprio livello di vita, e le recenti riforme hanno aumentato notevolmente gli incentivi in questa direzione. La sostenibilità finanziaria sembra essere sotto controllo, ma dipenderà in misura superiore che in altri paesi dal rendimento delle pensioni private. Il rapporto di strategia nazionale non consente di trarre conclusioni sulla sostenibilità finanziaria dei regimi privati. Se le pensioni private dovessero risultare in una copertura significativamente inferiore rispetto a quella prevista, o in un minor livello di pensioni, i governi futuri potrebbero trovarsi ad affrontare una domanda crescente di prestazioni di reddito minimo garantito. Statistiche generali >SPAZIO PER TABELLA>