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Comunicazione della Commissione - Governance europea: Legiferare meglio /* COM/2002/0275 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE - Governance europea: Legiferare meglio

Responsabilità, efficacia, proporzionalità

Nel luglio 2001, la Commissione ha presentato un Libro bianco dedicato alla governance europea. L'idea direttrice era semplice e conserva tutta la sua attualità: è necessario governare meglio insieme, istituzioni europee e Stati membri; è possibile farlo a "trattato costante", senza attendere necessariamente la conclusione di una nuova conferenza intergovernativa. Governare meglio insieme, vale a dire cooperare attivamente tra il Parlamento, il Consiglio, la Commissione e i governi nazionali, affinché i cittadini si riconoscano maggiormente tanto nei progetti più importanti quanto negli atti quotidiani dell'Unione.

Occorre constatare la ricchezza del metodo comunitario. Rispetto ad altri sistemi di relazioni internazionali, esso produce norme applicabili in ciascun contesto nazionale e accompagnate dalla sicurezza giuridica. Questo successo comporta oggi questioni nuove.

La sfida di una buona legislazione europea, rispettosa dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, è ormai complessa. I cittadini di oggi si interessano tanto all'efficacia delle norme che vengono "da Bruxelles" quanto alle condizioni della loro elaborazione. L'emergere di una coscienza democratica rafforza la necessità di responsabilità e proporzionalità nell'esercizio dei poteri conferiti alle istituzioni europee. Questa necessità è in particolare soddisfatta dalla trasparenza, dalla chiarezza e dalla disponibilità a sottoporsi ad esame critico. Si può in proposito parlare di una vera e propria esigenza etica.

La risoluzione adottata dal Parlamento europeo nel novembre 2001 in seguito alla relazione Kaufmann rafforza ulteriormente questa esigenza. Sottolineando chiaramente il primato della responsabilità politica nell'atto legislativo, detta risoluzione presenta bene la sfida di una consultazione più trasparente, equa e, persino, dialettica: è la qualità stessa della legislazione ad essere in causa.

Tre comunicazioni per legiferare meglio

Facendo tesoro di detta risoluzione e dei primi pareri ricevuti nel corso della consultazione sul Libro bianco attorno al tema "legiferare meglio", la Commissione, tenendo anche conto delle raccomandazioni del gruppo ad alto livello presieduto dal sig. Mandelkern, ritiene che sia tempo di agire e di rispondere così alla strategia del Consiglio europeo di Lisbona. È questo l'oggetto delle tre comunicazioni presentate qui di seguito.

Queste tre comunicazioni formano un insieme imperniato sul quadro normativo di base dell'Unione europea, ivi inclusa la trasposizione di quest'ultimo in diritto nazionale. Esse sono applicabili a tutti i settori di regolamentazione dell'Unione europea, non soltanto al "pilastro" comunitario, ma anche al terzo "pilastro" nel settore della giustizia e degli affari interni, tenendo conto del quadro istituzionale e delle modalità decisionali proprie di ciascun "pilastro". La Commissione ritiene che potrebbero essere attuate a partire dall'inizio del 2003, tenendo presente che una parte delle disposizioni proposte rientrerà in un accordo interistituzionale.

"Semplificare e migliorare l'ambiente normativo", un piano d'azione

In quale modo le varie istituzioni e gli Stati membri possono legiferare meglio- Questa è la domanda alla quale risponde la prima comunicazione sotto forma di piano d'azione. In ordine cronologico, essa tratta delle varie fasi del ciclo legislativo. Tale approccio consente di analizzare le responsabilità proprie di ogni istituzione europea e di sottolineare ciò che si dovrebbe fare nel contesto di un accordo interistituzionale.

La Commissione si impegna anzitutto a esercitare il suo diritto d'iniziativa in maniera più intelligibile e più rispettosa delle diversità; in particolare, essa mostra in quale modo stabilisce chiaramente le motivazioni delle sue iniziative; essa cerca di limitare la formulazione delle sue proposte legislative alle esigenze essenziali. Il Parlamento e il Consiglio, responsabili in ultima istanza della proporzionalità degli strumenti e della semplicità della normativa, sono invitati a impegnarsi energicamente in questo senso: ritorno al concetto di direttiva così come previsto dal trattato, definizione di criteri comuni e partecipazione del Legislatore per la coregolamentazione, voto a maggioranza qualificata, condotta della codecisione, ricorso alla valutazione d'impatto. Infine, il piano d'azione suggerisce misure rientranti nella responsabilità diretta degli Stati membri che potrebbero migliorare sensibilmente la qualità del contesto normativo.

Promuovere una cultura di dialogo e di partecipazione

Chi viene realmente consultato nel processo legislativo comunitario- Le voci più deboli sono veramente e sempre sentite- Su cosa verte questa consultazione- In quale misura si tiene conto dei pareri così ottenuti- Questo è l'oggetto della seconda comunicazione, che dà un carattere pratico all'emergere di una cultura di dialogo e di partecipazione.

Sulla base di un'ampia esperienza di consultazione obbligatoria o informale, sono enunciati cinque standard minimi di consultazione che i servizi della Commissione devono applicare. La loro applicazione deve permettere al Legislatore di assicurarsi della qualità, in particolare dell'equità, delle consultazioni riguardanti proposte politiche di notevole importanza. Tre esigenze giustificano detti standard: l'esigenza di sistematizzare e razionalizzare le molteplici prassi e procedure di consultazione, garantendo anche la fattibilità e l'efficienza; quella di garantire la trasparenza della consultazione, dal punto di vista sia degli organi o soggetti consultati, sia del Legislatore europeo; quella di dar prova di responsabilità nei confronti dei soggetti o organi consultati, rendendo pubblici per quanto possibile i risultati della consultazione e le lezioni che ne sono state tratte.

Sistematizzare la valutazione d'impatto da parte della Commissione

Come tenere conto ex ante dell'"impatto" di una normativa futura, vale a dire dei benefici, ma anche dei costi della sua attuazione- È questo l'oggetto della terza comunicazione, nella quale viene presentato l'approccio sistematico di valutazione d'impatto delle iniziative - sostanzialmente legislative - che la Commissione intende ormai adottare.

Pratico, adeguato ad ogni strumento, l'approccio è misurato, perché occorre evitare che il processo legislativo si blocchi in attesa di una valutazione troppo lunga o troppo costosa. Esso consiste in uno strumento d'analisi dell'impatto di portata generale, applicabile all'insieme delle iniziative che figurano nel programma di lavoro della Commissione.

La valutazione d'impatto si inserisce nella logica della strategia europea di sviluppo sostenibile. Essa è destinata a svolgere un ruolo fondamentale in tutto il processo di miglioramento della legislazione europea, fornendo un ausilio per decidere senza, però, sostituirsi al giudizio politico. Infatti, in primo luogo essa orienterà e giustificherà la scelta dello strumento adatto al livello d'intensità adeguato dell'azione europea. In secondo luogo, metterà a disposizione del Legislatore elementi d'informazione più precisi e meglio strutturati sugli effetti positivi e negativi, tenendo conto degli aspetti economici, sociali ed ambientali. In terzo luogo, costituirà un mezzo per selezionare, in occasione della programmazione del lavoro, le iniziative realmente necessarie.

Ridefinizione politica e qualità dell'esecuzione: due facce di una stessa sfida

Il piano d'azione per "legiferare meglio" e le due comunicazioni che l'accompagnano scaturiscono da una stessa filosofia: mettere le tre istituzioni - Parlamento, Consiglio e Commissione - in grado di legiferare meglio; il loro sforzo congiunto con quello degli Stati membri avrà come risultato un quadro normativo di base più semplice, più efficace e più comprensibile.

Tuttavia, il Libro bianco sulla governance europea non limitava a questo la "ridefinizione politica". Esso rilevava che i cittadini percepiscono le disposizioni di esecuzione, le condizioni concrete dell'applicazione sul campo e il quadro normativo di base come un insieme indissociabile. Effettivamente, i fatti e i dati sulle tendenze confermano la crescente importanza delle funzioni esecutive: mentre il numero dei testi legislativi - direttive o regolamenti - adottati dal Parlamento e dal Consiglio resta di duecento l'anno, quello degli atti esecutivi adottati dalla Commissione è di varie migliaia e cresce regolarmente. L'accelerazione tecnologica e l'aumento del numero di Stati membri spiegano in gran parte questa dinamica.

Dinanzi a questa proliferazione, si pongono la questione dei "compiti essenziali" dell'esecutivo, la questione del controllo di tali compiti da parte del Legislatore e, infine, la questione della piena partecipazione degli organi amministrativi sul campo, nazionali o locali, all'applicazione finale delle norme europee.

A queste domande, la governance risponde con una logica di decentramento e di maggiore responsabilità per i suoi beneficiari. Esso si applica in quattro settori per i quali saranno presentate proposte dettagliate nell'autunno 2002. Fin da ora, si possono sottoporre a discussione alcuni orientamenti.

Chiarire le responsabilità esecutive

Occorre, in primo luogo, chiarire in generale l'esercizio delle responsabilità esecutive, vale a dire l'attuale settore della "comitatologia". L'approccio proposto si fonda su una definizione netta dei compiti di ogni istituzione: in quanto delegata alla funzione esecutiva, la Commissione deve assumere interamente la responsabilità delle relative decisioni, attingendo all'esperienza delle amministrazioni nazionali nel quadro di comitati puramente consultivi. Dal canto suo, il Legislatore deve esercitare il controllo sull'attività dell'esecutivo. Nell'esercizio di questo controllo, i due rami dell'autorità legislativa devono essere messi, almeno nelle materie sottoposte a codecisione, su un piede di parità. La Commissione ha così espresso, nel Libro bianco sulla governance, l'intenzione di lanciare una riflessione sulla modifica dell'articolo 202 del trattato in vista della prossima Conferenza intergovernativa. Essa ritiene tuttavia che siano possibili adeguamenti senza attendere una revisione del trattato e proporrà a tal fine, dal prossimo autunno, una modifica della decisione del Consiglio che definisce le modalità di applicazione dell'articolo 202 del trattato.

Inquadrare la creazione di agenzie europee

Tuttavia, la responsabilizzazione della Commissione nell'esercizio delle competenze esecutive non comporta - anzi - che essa debba conservare tutti i compiti esecutivi, a volte molto dettagliati, che oggi, in linea di massima, le spettano. Il decentramento di alcuni dei suoi compiti a favore di agenzie europee di regolamentazione, entro limiti previamente e precisamente definiti, va di pari passo con una responsabilità effettiva: il Libro bianco sulla governance annunciava al riguardo che la Commissione "definirà nel 2002 i criteri per costituire nuove agenzie di regolamentazione e l'ambito nel quale esse dovranno operare". Concretamente, la Commissione presenterà al Parlamento e al Consiglio, nel contesto di un accordo interistituzionale, una cornice delle condizioni per la creazione di queste agenzie, basata sui principi di una chiara separazione delle responsabilità.

Tenere conto dei contesti regionali, urbani e locali

Verrà presentata una prima fase di attuazione, in via sperimentale, di contratti tripartiti. Si prevede di procedere alla conclusione di un numero limitato di contratti pilota tra la Commissione, alcuni Stati membri ed enti regionali o comunali per conseguire obiettivi comunitari di sviluppo sostenibile, come la gestione sostenibile delle zone costiere e la mobilità urbana, salvo il rispetto delle disposizioni costituzionali vigenti in ciascuno Stato membro. Questi contratti avranno carattere volontario e non comporteranno impegni giuridici vincolanti. Sulla base di questo esperimento pilota si avvierà una seconda fase che potrebbe condurre alla modifica di alcuni testi legislativi allo scopo di consentire la semplificazione delle loro modalità d'esecuzione, tenendo meglio conto dei contesti locali.

Un approccio nuovo per il controllo dell'applicazione del diritto

Nello stesso spirito di decentramento, la Commissione definirà il quadro di un nuovo approccio per l'esercizio della responsabilità, ad essa incombente, del controllo dell'applicazione del diritto comunitario. Quest'iniziativa partirà dalla constatazione che le risorse della Commissione sono inevitabilmente limitate e lo saranno ancor più quando la Comunità avrà circa 470 milioni di cittadini. In tale contesto sarà necessario prestare maggiore attenzione ai ritardi, talvolta inaccettabili, accumulati nell'attuazione dei provvedimenti nazionali di applicazione.

Il metodo comunitario, una base su cui fondare l'Unione

Cambiare ciò che può essere cambiato, senza attendere necessariamente la riforma dei nostri trattati; in tal modo, preservare le condizioni della sicurezza giuridica, chiarire l'approfondimento dei trattati e agevolarne così la riforma. È questo il filo conduttore scaturito dal concetto della governance europea.

Questo modo di procedere può inizialmente ispirare il funzionamento delle tre istituzioni - Parlamento, Consiglio, Commissione - e migliorarne la collaborazione. La Commissione, con la sua riforma interna completata dal Libro bianco sulla governance, il Parlamento europeo, con la relazione Corbett riguardante l'insieme delle sue norme di funzionamento, e il Consiglio dei ministri, con le proposte del suo Segretario generale, si sono impegnati su questa via. Occorre portare avanti e approfondire queste riforme.

Ma questo modo di procedere assume tutto il suo significato rispetto al compito della Convenzione europea stessa, incaricata di gettare le basi costituzionali della nostra Unione, nello spirito del messaggio che la Commissione le ha inviato con il suo "progetto per l'Unione europea".

Rivoluzione tranquilla dei nostri modi di fare, la governance europea illustra in realtà il potenziale e la flessibilità del metodo comunitario, elemento fondatore dell'Unione europea. Pietra angolare di questo metodo, il diritto d'iniziativa della Commissione è la contropartita indispensabile del voto a maggioranza nel Consiglio, in quanto tale diritto garantisce il rispetto degli interessi vitali minoritari nella definizione dell'interesse generale. In futuro, questa concezione equilibrata dell'interesse generale sarà ancor più importante per garantirne l'autonomia, nel medesimo spirito del piano d'azione per legiferare meglio.

Ugualmente, la complementarità tra le istituzioni - il nodo centrale dell'originalità del sistema comunitario - richiederà il consolidamento della ridefinizione politica cui invitano, per ragioni di responsabilità, proporzionalità, trasparenza e sicurezza giuridica, le riforme della governance. Infine, con la razionalizzazione delle consultazioni e con la presa in considerazione sistematica ed ex ante degli effetti della normativa, si tocca la questione vitale della intensità dell'azione comunitaria, questione decisiva per l'equilibrio tra efficienza e preservazione delle diversità che, secondo la dichiarazione di Laeken, dovrebbe condurre a chiarire l'esercizio delle competenze condivise dall'Unione e dagli Stati membri.