52002DC0233

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Verso una gestione integrata delle frontiere esterne degli stati membri dell'unione europea /* COM/2002/0233 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO VERSO UNA GESTIONE INTEGRATA DELLE FRONTIERE ESTERNE DEGLI STATI MEMBRI DELL'UNIONE EUROPEA

I. INTRODUZIONE

Il contesto politico e istituzionale

1. Nelle conclusioni del Consiglio europeo di Laeken del 14 e 15 dicembre 2001 si legge:

"Una gestione più efficace del controllo alle frontiere esterne dell'Unione contribuirà alla lotta contro il terrorismo, le organizzazioni d'immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani. Il Consiglio europeo chiede al Consiglio e alla Commissione di definire i meccanismi di cooperazione tra i servizi incaricati dei controlli alle frontiere esterne e di studiare le condizioni per la creazione di un meccanismo o di servizi comuni di controllo delle frontiere esterne (...)". [1]

[1] Conclusione n. 42 del Consiglio europeo di Laeken del 14 e 15 dicembre 2001.

Questa conclusione del Consiglio europeo ricorda che una gestione coerente, efficace e comune delle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione rafforzerà la sicurezza e il sentimento dei cittadini di appartenere a uno spazio e a un destino comuni. Tale conclusione si inserisce inoltre in una linea di continuità con l'azione intrapresa per combattere il terrorismo, le organizzazioni di immigrazione clandestina e la tratta degli essere umani [2]. Il Consiglio europeo sottolinea inoltre in questa occasione la fortissima complementarità dei diversi compiti che vengono esercitati col controllo e la sorveglianza dell'attraversamento delle frontiere esterne, mentre dal punto di vista istituzionale dell'Unione alcuni di questi compiti sono ripartiti fra il primo e il terzo pilastro.

[2] Comunicazione della Commissione su una politica comune in materia di immigrazione illegale, COM(2001) 672 del 15 novembre 2001, e discorso del Presidente Prodi al Collège d'Europe a Bruges del novembre 2001.

L'attraversamento delle frontiere esterne da parte delle persone, ad esempio, è certamente una materia disciplinata dal diritto comunitario nel titolo IV del trattato CE. È certo inoltre che l'arresto di una persona ricercata dalla giustizia o il fatto di trattenere una persona che minaccia l'ordine pubblico per i necessari accertamenti sono materie rientranti nel terzo pilastro. Nell'esercizio dell'attività quotidiana può tuttavia accadere che le autorità di controllo alle frontiere esterne debbano svolgere i due compiti simultaneamente: il controllo d'ingresso sul territorio comincia sempre dal controllo dei passaporti e dei visti, compiti fissati dal diritto comunitario, ma lo stesso controllo d'ingresso può portare a svolgere compiti di polizia o di natura giudiziaria qualora risulti che la persona è ricercata o costituisce una minaccia per la sicurezza.

2. Le potenzialità generate dall'Atto Unico europeo, dal trattato di Maastricht e dal "laboratorio di Schengen" sono sfociate nel trattato di Amsterdam e nei Protocolli allegati. Il 1° maggio 1999, gli strumenti giuridici e l'esperienza operativa dell'acquis di Schengen sono stati incorporati nel quadro istituzionale dell'Unione europea. I dispostivi fondamentali di questo acquis relativo al passaggio delle frontiere esterne da parte delle persone sono stati integrati nel titolo IV del trattato CE, mentre altre disposizioni riguardanti le misure compensative nel settore della sicurezza sono state integrate nel titolo VI del trattato sull'Unione europea. Che si tratti di misure di sicurezza del primo pilastro, come il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne comuni [3], o del terzo pilastro, come la cooperazione di polizia e giudiziaria all'interno dello spazio di libera circolazione [4], esse sono complementari e devono progredire insieme: è la finalità stessa dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia instaurato dal trattato di Amsterdam.

[3] Sulla base del titolo IV del trattato CE, e in primo luogo dell'articolo 62.

[4] L'articolo 61 del trattato CE fa riferimento a "misure nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria (...) in conformità alle disposizioni del trattato sull'Unione europea". L'articolo 29 del trattato sull'Unione europea prevede d'altro lato "un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia", grazie in particolare a una "più stretta cooperazione fra le forze di polizia, le autorità doganali e le altre autorità competenti degli Stati membri (...)".

Integrato nell'Unione europea, l'acquis legislativo e operativo di Schengen non è stato né modificato né alterato, ma gli sono semplicemente state attribuite nuove basi giuridiche [5]. Ciò significa concretamente che:

[5] La decisione 1999/435/CE del Consiglio, del 20 maggio 1999, che definisce l'acquis di Schengen (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale L 176 del 10 luglio 1999, pagg. 1-16), contiene l'insieme delle disposizioni considerate come appartenenti giuridicamente all'acquis di Schengen in vigore.

- le disposizioni dell'acquis hanno attualmente il valore giuridico-istituzionale ad esse attribuito dalla nuova base giuridica nel titolo IV del trattato CE o nel titolo VI del trattato sull'Unione europea;

- la ripartizione dell'acquis di Schengen fra il titolo IV del trattato CE e il titolo VI del trattato sull'Unione europea determina le procedure istituzionali richieste per modificare o sviluppare l'acquis. Tale ripartizione non incide né sulla natura, né sullo status né sull'organizzazione delle forze nazionali che ogni Stato membro designa per applicare le varie disposizioni dell'acquis di Schengen in materia di controlli alle frontiere esterne.

Per dissipare alcuni malintesi che talvolta permangono, occorre insistere sulla distinzione fra queste due nozioni: da un lato la fonte delle norme giuridiche, e d'altro lato l'organizzazione del lavoro delle autorità nazionali interessate.

3. L'attuale acquis dell'Unione in materia di frontiere esterne si è ampiamente sviluppato nell'ambito di Schengen e ai sensi del titolo IV del trattato CE. Nel contesto dello sviluppo di una strategia globale per le frontiere esterne dell'Unione, va osservato che il Regno Unito e l'Irlanda non partecipano automaticamente all'acquis di Schengen né al titolo IV, e sono autorizzati a mantenere i controlli sulle persone che entrano sul loro territorio in provenienza da altri Stati membri. Reciprocamente, gli altri Stati membri sono autorizzati a mantenere controlli sulle persone che entrano sul loro territorio "dal Regno Unito o da altri territori le cui relazioni esterne ricadono sotto la responsabilità di quest'ultimo", nonché sulle persone provenienti dall'Irlanda.

Questi due Stati membri partecipano tuttavia a tutta la cooperazione di cui al titolo VI del trattato UE, e attualmente hanno scelto di partecipare agli aspetti relativi alla cooperazione di polizia e giudiziaria dell'acquis di Schengen, incluse certe misure di lotta contro l'immigrazione clandestina. I due Stati membri hanno ugualmente optato per partecipare in questo campo alle azioni della Comunità rientranti nel titolo IV, come quelle relative alla responsabilità dei trasportatori, all'azione contro l'aiuto ai fini d'ingresso, transito e soggiorno illegale sul territorio, agli accordi di riammissione con i paesi terzi e alle misure per aumentare la sicurezza dei visti.

Nonostante la particolare situazione del Regno Unito e dell'Irlanda, è comunemente riconosciuto che l'azione volta a rafforzare le frontiere esterne dell'Unione riveste un interesse per tutti e 15 gli Stati membri. L'esistenza di frontiere vulnerabili, la necessità di sviluppare delle infrastrutture nei paesi candidati e nei paesi terzi per risolvere il problema dell'immigrazione clandestina, nonché i rischi della criminalità organizzata e del terrorismo hanno conseguenze per tutti gli Stati membri, che essi applichino o meno l'acquis di Schengen nella sua integralità. A tale riguardo, l'accento deve essere posto su una cooperazione operativa che non necessiti in uno primo tempo di una base giuridica formale in settori quali l'individuazione del falso documentale e il rafforzamento delle autorità nei paesi terzi. Ciò può beneficiare dell'esperienza e del contributo di tutti gli Stati membri.

La posta in gioco

4. La sicurezza delle frontiere esterne dell'Unione europea è un tema fondamentale per i cittadini europei. Talvolta le frontiere esterne dell'Unione appaiono ancora, giustamente o meno, come un anello debole che rischia di compromettere il livello di sicurezza interna degli Stati membri, in particolare in uno spazio privo di frontiere interne. L'Unione europea possiede già un acquis comunitario preciso per quanto riguarda le frontiere esterne, ma la principale difficoltà attuale è quella di poter organizzare fra gli Stati membri tutte le sinergie operative che possano permettere di ottenere un maggiore coordinamento nelle azioni e quindi un livello di sicurezza più omogeneo a tutte le frontiere esterne. Inoltre, nell'ottica dell'allargamento, i cittadini ricordano la necessità di mantenere, se non di aumentare, il livello di sicurezza interna di un'Unione europea ampliata. Di fronte a una diversificazione delle minacce che toccano indistintamente il passaggio delle frontiere esterne da parte delle persone e delle merci, sarebbe possibile ottenere delle sinergie, un'accresciuta efficacia e una migliore attribuzione delle risorse grazie a una gestione meno compartimentata dei servizi nazionali, pur rispettando al tempo stesso la realtà istituzionale e geografica.

Le nuove sfide poste alla sicurezza interna spingono un'Unione europea in via di ampliamento a considerare le frontiere esterne come una questione prioritaria. Occorre in effetti rispondere a quattro esigenze principali:

- assicurare la fiducia reciproca fra gli Stati membri che hanno abolito il controllo delle persone e delle merci [6] alle loro frontiere interne, e facilitare di conseguenza la circolazione delle persone;

[6] Il territorio doganale comunitario copre il territorio di tutti gli Stati membri dell'Unione europea. Esso copre in particolare alcune zone ultraperiferiche del territorio degli Stati membri che sono escluse dal campo d'applicazione dell'acquis di Schengen conformemente all'articolo 138 della Convenzione di Schengen, e alle dichiarazioni fatte al momento della firma del trattato di Amsterdam. Il territorio doganale comunitario non copre invece la Norvegia e l'Islanda, né alcuni territori periferici o autonomi che erano inclusi nell'Unione nordica dei passaporti e che restano esplicitamente coperti ai fini dell'applicazione dell'acquis di Schengen.

- aumentare l'efficacia della lotta contro l'immigrazione clandestina nel rispetto dei principi del diritto d'asilo, contro la tratta degli esseri umani e i traffici di tutti i tipi legati alla criminalità organizzata e alla droga;

- predisporre i mezzi per combattere ogni forma di minaccia interna ed esterna che il terrorismo fa pesare sugli Stati membri e sulla sicurezza delle persone;

- garantire un livello elevato di sicurezza all'interno dell'Unione europea dopo l'allargamento, in particolare dopo che nuovi Stati membri saranno stati autorizzati ad applicare l'acquis di Schengen [7], cosa che avrà come conseguenza una considerevole estensione delle frontiere esterne terrestri in un contesto regionale spesso più difficile.

[7] L'articolo 8 del Protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea dispone che "l'acquis di Schengen e le ulteriori misure adottate dalle istituzioni nell'ambito del suo campo d'applicazione sono considerati un acquis che deve essere accettato integralmente da tutti gli Stati candidati all'adesione". Tuttavia, l'acquis di Schengen non si applicherà ai nuovi Stati membri fin dal momento della loro adesione all'Unione europea, a differenza dell'acquis comunitario in materia doganale.

Può essere ricordato in questa sede che per i nuovi Stati membri l'applicazione dell'acquis di Schengen avrà luogo in due fasi distinte, così come è avvenuto in passato per tutti gli altri Stati membri [8]: l'adesione all'Unione europea non significa automaticamente che un nuovo Stato membro sia autorizzato ad applicare l'integralità dell'acquis di Schengen, poiché a tal fine è necessaria una specifica decisione del Consiglio previa constatazione che lo Stato membro ha raggiunto il livello richiesto di sicurezza alle frontiere esterne. I paesi candidati si preparano con serietà da diversi anni alle esigenze dell'acquis nel settore della Giustizia e Affari interni. Essi beneficiano a tal fine di finanziamenti molto cospicui e delle competenze dell'Unione europea. L'adeguamento del loro sistema istituzionale e giuridico così come la modernizzazione delle infrastrutture e delle attrezzature per la gestione delle loro frontiere progrediscono in maniera incoraggiante.

[8] Fra gli ultimi esempi, in ordine cronologico, che più sono comparabili alla situazione degli attuali paesi candidati figurano in particolare l'Austria, la Finlandia e la Svezia, che sono divenute membri dell'Unione europea il 1° gennaio 1995. L'Austria ha aderito alla Convenzione di Schengen il 28 aprile 1996 ma è stata autorizzata ad applicare pienamente l'acquis di Schengen solo il 31 marzo 1998; la Finlandia e la Svezia hanno aderito alla Convenzione di Schengen il 19 dicembre 1996 ma sono state autorizzate ad applicare pienamente l'acquis di Schengen solo il 26 marzo 2001.

Può essere inoltre ricordato che una maggiore efficacia nelle procedure di controllo alle frontiere esterne non è solo tale da accrescere la sicurezza interna degli Stati membri, ma anche da accelerare la circolazione delle persone, dei beni e delle merci fra l'Unione europea e i paesi terzi. Gli scambi economici e culturali, in particolare con i paesi terzi geograficamente più vicini, dovrebbero così trovarsi ad essere favoriti, e questo nell'interesse reciproco.

5. Le frontiere esterne dell'Unione europea sono anche un luogo in cui si afferma un'identità comune di sicurezza interna. La mancanza di una visione comune e di una politica comune chiaramente formulate in materia di frontiere esterne può comportare rischi politici e strategici considerevoli, che potrebbero in futuro ostacolare l'affermazione di una politica valida dell'Unione europea nel settore della Giustizia e Affari interni. Si possono mettere in evidenza diversi punti deboli:

- una gestione delle frontiere esterne a carattere puramente nazionale o realizzata tramite accordi fra paesi limitrofi: questo scenario sarebbe poco favorevole allo sviluppo di quella fiducia reciproca indispensabile al mantenimento dell'abolizione dei controlli delle persone alle frontiere interne;

- l'impossibilità di dotarsi di un quadro di bilancio strutturato, prevedibile e garante di una determinata continuità d'azione: è una delle condizioni affinché l'Unione europea possa raggiungere obiettivi più ambiziosi della semplice successione di specifiche operazioni. La posta in gioco riguarda qui la capacità degli Stati membri e dell'Unione di attuare un'equa ripartizione degli oneri finanziari, e la capacità di realizzare nuove sinergie che generino economie di scala e risorse;

- l'impossibilità di far fronte, ad una sola voce, alla dimensione esterna della politica di controllo e di sorveglianza delle frontiere esterne: la capacità dell'Unione di affermare la propria politica è messa alla prova nei negoziati o nelle discussioni con i paesi terzi, o in occasioni di lavori tecnici in seno a organizzazioni internazionali in settori riguardanti direttamente o indirettamente i controlli alle frontiere.

Gli obiettivi

6. Una delle ambizioni della presente comunicazione è di proporre dei meccanismi di lavoro e di cooperazione a livello dell'Unione europea, per permettere agli esperti dei controlli alle frontiere esterne di sedersi attorno a uno stesso tavolo per coordinare le loro azioni operative nell'ambito di una strategia integrata che tenga conto a mano a mano della pluralità delle dimensioni della gestione delle frontiere esterne. Si tratta di giungere a un quadro coerente per un'azione comune a medio e a lungo termine. La presente comunicazione è incentrata sulle persone e si basa quindi sull'acquis di Schengen, che è oggi la sola realtà di diritto comunitario in materia. Gli orientamenti e le misure raccomandati da questa comunicazione hanno un carattere dinamico nel tempo, e sono concepiti per essere introdotti in un primo tempo come uno sviluppo dell'acquis di Schengen, nel quadro dei trattati attualmente vigenti. Non si tratta di negare la realtà istituzionale dei tre pilastri dell'Unione, che è inevitabile per creare delle norme di diritto. Si tratta innanzitutto di lanciare una dinamica d'azioni operative costruita a partire dalla dimensione Giustizia e Affari interni delle frontiere esterne. A mano a mano che questa dinamica si svilupperà, essa rivelerà probabilmente esigenze istituzionali nuove a cui la Convenzione sul futuro dell'Europa dovrà con ogni probabilità interessarsi. Comunque sia, e per completare la riflessione sulle frontiere esterne nel quadro esistente, questa comunicazione sarà seguita da una seconda comunicazione incentrata sulle merci e sui beni di ogni tipo. Basandosi su due esperienze diverse, queste due comunicazioni dovrebbero contribuire insieme a impostare una strategia globale che tenda a una maggiore efficienza nella gestione integrata delle frontiere esterne.

L'allargamento lancerà inoltre nuove sfide in materia di protezione delle frontiere esterne. I futuri Stati membri diventeranno in larga misura responsabili della sicurezza interna dell'Unione, proprio mentre staranno ancora subendo gli effetti di un processo di transizione economica e sociale. La gestione di queste future frontiere esterne svolgerà un ruolo decisivo per le prospettive di sviluppo delle relazioni dell'Unione con i suoi futuri vicini, quali la Bielorussia e l'Ucraina. Occorre di conseguenza adottare un approccio coerente in stretta cooperazione con i futuri Stati membri, sulla scia delle azioni condotte da diversi anni dall'Unione europea.

7. La presente comunicazione comincia con una constatazione (parte II), descrivendo l'acquis comunitario e le prassi operative esistenti in modo da formulare una diagnosi delle necessità dell'Unione europea in via d'ampliamento. In base a tale diagnosi viene proposto (parte III) lo sviluppo di una politica comune di gestione delle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea, che integri le componenti considerate inseparabili le une dalle altre.

II. UNA CONSTATAZIONE: L'ACQUIS COMUNITARIO IN MATERIA DI ATTRAVERSAMENTO DELLE FRONTIERE ESTERNE È ANCORA PRIVO DI UN VERO E PROPRIO COORDINAMENTO OPERATIVO

Occorre in primo luogo descrivere brevemente il quadro giuridico e istituzionale risultante dall'acquis di Schengen e le prassi operative attuali in modo da formulare una diagnosi delle necessità.

II. a) Il quadro giuridico e istituzionale per la gestione delle frontiere esterne

8. L'acquis comunitario e le fonti di diritto positivo in vigore

Dall'applicazione della Convenzione di Schengen, il 26 marzo 1995 [9], i controlli e la sorveglianza alle frontiere esterne degli Stati membri partecipanti sono disciplinati da principi comuni e uniformi. Il contenuto di questi principi comuni e uniformi è stato stabilito dal capitolo 2 del titolo II di detta Convenzione, e le loro più specifiche modalità d'applicazione sono state fissate ed esposte in dettaglio nel Manuale comune per le frontiere esterne [10]. L'insieme di queste disposizioni ha ricevuto una nuova base giuridica nel titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) [11].

[9] Per facilità si parla della "Convenzione di Schengen", ma il riferimento corretto è "Convenzione d'applicazione dell'accordo di Schengen, del 14 giugno 1985, tra i governi degli Stati dell'Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen il 19 giugno 1990". Il testo integrale di questa Convenzione è pubblicato sulla Gazzetta ufficiale L 239 del 22 settembre 2000 (pagg. 19-62).

[10] La decisione del Comitato esecutivo Schengen che ha adottato questo manuale è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale L 239 del 22 settembre 2000 (pag. 317). Essa ha ricevuto una base giuridica nell'Unione europea conformemente alla decisione 1999/436/CE del Consiglio del 20 maggio 1999.

[11] Si veda la decisione 1999/436/CE del Consiglio, del 20 maggio 1999, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale L 176 del 10 luglio 1999.

L'articolo 3 della Convenzione di Schengen dispone che: "Le frontiere esterne possono essere attraversate, in via di principio, soltanto ai valichi di frontiera e durante le ore di apertura". L'articolo 5 della stessa Convenzione fissa i principi di una legislazione comunitaria relativa all'ingresso degli stranieri per un soggiorno non superiore a tre mesi nella spazio comune di libera circolazione; esso fissa inoltre disposizioni legislative che determinano la condotta da tenersi da parte delle guardie di frontiera qualora delle persone siano segnalate ai fini della non ammissione ai sensi dell'articolo 96 della Convenzione.

L'articolo 6 della Convenzione di Schengen determina gli obblighi degli Stati membri nel settore del controllo e della sorveglianza delle frontiere esterne [12]. I controlli sono effettuati sulle persone che attraversano legalmente le frontiere esterne. In materia di controlli sulle persone, gli obblighi degli Stati membri sono relativamente vasti. È obbligatoria la verifica sistematica dell'identità, anche per i cittadini dell'Unione europea e per i beneficiari del diritto comunitario. Quanto alla sorveglianza, essa è esercitata nei punti situati fra i valichi autorizzati per dissuadere le persone ad attraversare illegalmente la frontiera esterna. Gli Stati membri devono fare in modo che il suo livello sia equivalente lungo tutte le frontiere esterne.

[12] Si veda l'allegato I per la definizione della terminologia utilizzata.

9. Altri elementi dell'acquis di Schengen sono indissociabili dal controllo e dalla sorveglianza delle frontiere esterne:

- le disposizioni dell'acquis di Schengen degli articoli 26 (responsabilità dei trasportatori) e 27 (responsabilità in materia di aiuto all'immigrazione clandestina a scopo di lucro) della Convenzione, nonché le disposizioni ad esse seguite [13] per prevenire l'immigrazione illegale;

[13] Direttiva 2001/51/CE del Consiglio, del 28 giugno 2001, che integra le disposizioni dell'articolo 26 della Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985 (Gazzetta ufficiale L 187 del 10 luglio 2001, pagg. 45-46).

- le disposizioni dell'articolo 71, paragrafo 3, relative al potenziamento dei controlli della circolazione delle persone e delle merci, e dei trasporti, alle frontiere esterne, "allo scopo di lottare contro l'importazione illegale di stupefacenti e di sostanze psicotrope...".

- disposizioni orizzontali come il Sistema d'informazione Schengen (SIS [14]), che trovano applicazione anche alle frontiere esterne.

[14] Si vedano gli articoli da 92 a 101 della Convenzione di Schengen.

L'articolo 101, paragrafo 1, lettera a) della Convenzione di Schengen prevede che le "autorità competenti in materia di controlli alle frontiere" abbiano accesso alla totalità dei "dati inseriti nel SIS e il diritto di consultarli direttamente". Lo scopo di questa disposizione è di far sì che la frontiera esterna, in occasione dei controlli di ingresso e di uscita dal territorio effettuati sulle persone, abbia un ruolo di barriera o di filtro ai fini della sicurezza interna in senso lato. Le autorità consolari hanno inoltre accesso alle segnalazioni emanate ai sensi dell'articolo 96 della Convenzione di Schengen ai fini della non ammissione di talune persone straniere sul territorio. Tali autorità devono obbligatoriamente consultare il SIS prima di rilasciare un visto a uno straniero [15].

[15] I cittadini dell'Unione europea, i cittadini di paesi dello Spazio economico europeo così come i membri delle famiglie di questi beneficiari del diritto comunitario, quale che sia la loro nazionalità, non possono in linea di principio essere segnalati ai sensi dell'articolo 96.

10. Come viene garantita la corretta applicazione delle norme comuni per l'attraversamento delle frontiere esterne

La cooperazione intergovernativa di Schengen aveva instaurato un meccanismo di sorveglianza reciproca denominato Commissione permanente di valutazione e di applicazione di Schengen, dotata di un mandato relativo a settori precisi [16]. In base a questo mandato possono generalmente essere valutati, per ogni Stato membro, i legami e le interazioni fra il modo di effettuare i controlli e la sorveglianza delle frontiere esterne, la prassi relativa al rilascio dei visti, la cooperazione di polizia e giudiziaria alle frontiere interne e l'utilizzo del SIS. Il meccanismo di valutazione ha due scopi distinti:

[16] Si veda la decisione del Comitato esecutivo Schengen SCH/Com-ex (98) 26 def. del 16 settembre 1998, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale L 239 del 22 settembre 2000 (pag. 138).

- valutare i nuovi Stati membri in vista della preparazione della decisione del Consiglio che li autorizzerà ad applicare l'acquis di Schengen [17]

[17] L'ultima valutazione di questo tipo ha riguardato il gruppo formato da Danimarca, Finlandia, Svezia, Norvegia e Islanda dal primo trimestre 2000 al primo trimestre 2001.

- verificare in seguito che gli Stati membri applichino correttamente l'acquis di Schengen [18].

[18] L'ultima valutazione di questo tipo ha riguardato la Francia nel primo trimestre 2002.

Questo meccanismo di valutazione ha ricevuto una doppia base giuridica nell'articolo 66 del TCE e negli articoli 30 e 31 del trattato sull'Unione europea (TUE) [19].

[19] Si veda la decisione 1999/436/CE del Consiglio, del 20 maggio 1999, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale L 176 del 10 luglio 1999.

11. Attualmente il meccanismo di valutazione non permette visite improvvise, e non conferisce alle visite il carattere di vere e proprie ispezioni. Esso non permette così di osservare fenomeni o malfunzionamenti che riguardano simultaneamente più Stati membri: ad esempio certi tipi di frontiere esterne (marittime, terrestri o aeree), o i consolati di più Stati membri nella stessa area del mondo.

Nel caso degli Stati membri che applicano l'acquis di Schengen, la visita di valutazione dà luogo a una relazione. Di tale relazione non è tuttavia possibile trarre tutte le conseguenze logiche, ad esempio nella forma di sanzioni oppure di aiuti operativi e finanziari per uno o più Stati membri. Questo meccanismo risultante dalla Commissione permanente di valutazione e di applicazione di Schengen offre comunque un prezioso punto di partenza per rafforzare, in un'ottica di sicurezza interna, l'attività di valutazione delle frontiere esterne. Esso merita di essere approfondito nel rispetto della dichiarazione fatta dalla Commissione al momento dell'integrazione dell'acquis di Schengen nell'Unione europea [20], e nel rispetto del normale esercizio istituzionale previsto in caso di applicazione non corretta del diritto comunitario da parte di uno Stato membro.

[20] "Conformemente all'articolo 1 del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea, la cooperazione rafforzata Schengen 'è realizzata nell'ambito istituzionale e giuridico dell'Unione europea e nel rispetto delle pertinenti disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea'. La Commissione ritiene quindi che l'integrazione della decisione del Comitato esecutivo relativa alla creazione di una commissione permanente di valutazione e di applicazione di Schengen [SCH/Com-ex (98) 26 fin. del 16.9.1998] nell'ambito dell'Unione lasci del tutto impregiudicate le competenze che le sono conferite dai trattati e segnatamente la sua responsabilità in quanto custode dei trattati" (si veda la Gazzetta ufficiale L 176 del 10 luglio 1999, pag. 30).

II. b) Le attuali prassi operative

12. Chi sono oggi le guardie di frontiera degli Stati membri dell'Unione europea

L'articolo 6 della Convenzione di Schengen prevede che le procedure uniformi di controllo siano effettuate "nel quadro delle competenze nazionali e della legislazione nazionale, tenendo conto degli interessi di tutte le Parti contraenti". Ne deriva che ogni Stato membro è libero di affidare il controllo e la sorveglianza delle frontiere esterne alle autorità di propria scelta secondo la sua struttura nazionale interna. Questi compiti sono affidati in certi Stati a un solo corpo, e in altri Stati a più corpi che dipendono da diversi dipartimenti ministeriali. Il coordinamento fra questi vari servizi avviene su scala nazionale e centrale oppure su scala regionale, come raccomandato dal "Catalogo delle migliori pratiche Schengen" [21].

[21] UE Catalogo Schengen: Controllo delle frontiere esterne, allontanamento e riammissione: Raccomandazioni e migliori pratiche (documento adottato dal Consiglio JAI il 28 febbraio 2002 e pubblicato dal Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea).

13. La natura dei compiti affidati dagli Stati membri alle varie autorità nazionali presenti alle frontiere esterne comporta un ampio ventaglio di attività. Non tutti i servizi nazionali di uno Stato membro trovano sempre in un altro Stato membro l'esatto omologo, con gli stessi compiti e gli stessi poteri ai fini della repressione, della prevenzione o dell'investigazione. Questa diversità nelle organizzazioni amministrative nazionali è certo legittima ma deve tuttavia potersi inserire in pratica nel quadro di una strategia comune di gestione delle frontiere esterne a livello dell'Unione europea. Per tale ragione occorrerebbe quindi sviluppare nei responsabili e negli agenti di questi diversi servizi la consapevolezza di essere di fatto fin da ora le guardie di frontiera degli Stati membri dell'Unione, ed è di conseguenza necessario che questi servizi concepiscano la loro azione come il contributo a una rete europea di controllo e di sorveglianza. Complessivamente, la somma delle attività e dei compiti dell'insieme di questi servizi dovrebbe assicurare un'applicazione omogenea dell'acquis di Schengen, del Codice doganale comunitario e di tutte le altre disposizioni del diritto CE/UE che possono trovare applicazione alle frontiere esterne. Si tratta di aumentare il coordinamento fra le diverse amministrazioni interessate - cosa che apporterebbe un valore aggiunto, ad esempio nello scambio dei loro metodi d'analisi del rischio.

14. Sul piano finanziario il costo del personale e delle attrezzature è a carico del bilancio nazionale dei singoli Stati membri, cosa che può comportare un onere finanziario particolarmente pesante per alcuni di essi a causa della loro configurazione geografica, specialmente per la sorveglianza delle frontiere marittime. I metodi di lavoro, l'impiego del personale e del materiale nonché le loro regole di gestione dipendono essenzialmente da considerazioni nazionali, nonostante le disposizioni dell'articolo 6 della Convenzione di Schengen [22]. Si può tuttavia osservare che la situazione è diversa per quanto riguarda il settore doganale. Gli Stati membri trattengono il 25% delle risorse proprie della Comunità derivanti dalla riscossione dei dazi doganali per le necessità delle infrastrutture della frontiera esterna doganale [23]. Per azioni congiunte lungo le frontiere esterne dell'Unione, comprese le frontiere marittime, nel campo della cooperazione di polizia, doganale e giudiziaria, sono disponibili aiuti comunitari. Da parte dell'Unione, azioni di questo tipo sono ammissibili a fruire degli aiuti dell'Iniziativa comunitaria INTERREG, che sostiene le cooperazioni transfrontaliere, transnazionali e interregionali. Esse possono venire messe in corrispondenza con azioni dall'altra parte della frontiera, utilizzando strumenti diversi a seconda del contesto geografico (TACIS, PHARE, CARDS, MEDA). L'iniziativa INTERREG sarà ampliata per coprire i nuovi Stati membri dopo l'allargamento.

[22] "[Gli Stati membri] si impegnano a costituire un organo [SIC] appropriato e in numero sufficiente per esercitare il controllo e la sorveglianza delle frontiere esterne. (...) Un controllo di livello equivalente è effettuato alle frontiere esterne".

[23] Conformemente alla decisione 2000/597/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee, entrata in vigore il 1° marzo 2002, gli Stati membri sono autorizzati a trattenere il 25% a titolo di spese legate alla riscossione delle risorse proprie tradizionali.

15. Quali sono le difficoltà d'applicazione dell'acquis comunitario in materia di attraversamento delle frontiere esterne da parte delle persone-

L'articolo 5 della Convenzione di Schengen dispone che uno straniero, per essere ammesso nello spazio comune di libera circolazione, non deve essere "considerato pericoloso per l'ordine pubblico, la sicurezza nazionale o le relazioni internazionali di [uno degli Stati membri]". Questo principio appare delicato da attuare in maniera omogenea alle frontiere esterne, poiché la situazione delle persone è valutata in funzione di criteri nazionali che non sono equivalenti da uno Stato membro all'altro. La stessa difficoltà può presentarsi per l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 6 della Convenzione di Schengen relative all'individuazione e alla prevenzione delle minacce [24].

[24] "Il controllo delle persone (...) comprende (...) anche l'individuazione e la prevenzione di minacce per la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico [degli Stati membri]. Il controllo riguarda anche i veicoli e gli oggetti in possesso delle persone che attraversano la frontiera".

Eventuali differenze fra le legislazioni nazionali e le prassi amministrative possono portare a delle disparità di sicurezza fra segmenti di frontiere esterne controllati da Stati membri diversi. L'interpretazione delle regole relative alla segnalazione al SIS possono variare da uno Stato membro all'altro. Esistono inoltre delle differenze per quanto riguarda l'accesso al SIS per i diversi servizi che si occupano del controllo e della sorveglianza delle frontiere esterne. Questi fattori incidono necessariamente sull'omogeneità della gestione delle frontiere esterne in una prospettiva di sicurezza interna dello spazio comune di libera circolazione.

L'articolo 6 della Convenzione di Schengen prevede inoltre il controllo all'ingresso e all'uscita su tutte le persone che attraversano le frontiere esterne, ma la sua formulazione [25] può suggerire che i controlli all'uscita siano secondari. Questa situazione merita un esame approfondito in relazione alla valida applicazione dei divieti d'uscita dal territorio o delle misure di sorveglianza discreta delle persone che possono costituire una minaccia per la sicurezza. Per i controlli di uscita dal territorio, in particolare, appare possibile migliorare la complementarità fra i servizi incaricati del controllo delle persone e quelli incaricati dei controlli di carattere doganale o fiscale.

[25] "(...) All'uscita, il controllo richiesto è effettuato nell'interesse di tutte le Parti contraenti in base alla normativa sugli stranieri ed ai fini di individuare e prevenire minacce per la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico delle Parti contraenti. Tale controllo è effettuato in ogni caso nei confronti degli stranieri. Se per circostanze particolari non è possibile effettuare tali controlli, devono essere stabilite delle priorità. A tale riguardo, il controllo della circolazione all'ingresso ha la precedenza, in linea di massima, sul controllo all'uscita (...)".

16. Forme di cooperazione fra gli Stati membri alle frontiere esterne dell'Unione europea

Nel settore del controllo e della sorveglianza delle frontiere esterne, gli Stati membri si avvalgono oggi di due tipi di ambiti di cooperazione in applicazione dell'acquis di Schengen:

- Gli scambi di funzionari di collegamento previsti dall'articolo 7 della Convenzione di Schengen [26]: essi hanno come scopo l'assistenza e la continua collaborazione fra gli Stati membri "ai fini di un'efficace esercizio dei controlli e delle sorveglianze", e "promuoveranno la formazione e l'aggiornamento uniforme del personale addetto ai controlli".

[26] L'articolo 7 della Convenzione di Schengen ha ricevuto una base giuridica nell'articolo 66 del trattato CE "qualora tali disposizioni non riguardino forme di cooperazione tra forze di polizia ai sensi delle disposizioni del titolo III della Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen", conformemente alla decisione 1999/436/CE del Consiglio, del 20 maggio 1999, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale L 176 del 10 luglio 1999.

- Gli accordi bilaterali di cooperazione di polizia conclusi fra gli Stati membri sulla base dell'articolo 47 della Convenzione di Schengen [27]: il loro utilizzo alle frontiere esterne ha come obiettivo fondamentale la lotta contro l'immigrazione clandestina e la prevenzione della criminalità organizzata, secondo gli orientamenti fissati dal Comitato esecutivo Schengen [28].

[27] Questa disposizione ha ricevuto una base giuridica negli articoli 34 e 30, paragrafo 1 del trattato sull'Unione europea, conformemente alla decisione 1999/436/CE del Consiglio del 20 maggio 1999. L'articolo 47 della Convenzione di Schengen figura nel capitolo "Cooperazione tra forze di polizia", mentre il sopra citato articolo 7 figura nel capitolo "Passaggio delle frontiere esterne".

[28] Si veda la decisione del Comitato esecutivo SCH/Com-ex (99) 7, 2a rev., del 28 aprile 1999, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale L 239 del 22 settembre 2000.

17. Alcuni di questi accordi bilaterali di cooperazione di polizia sono a volte utilizzati come supporto per sperimentare squadre miste binazionali distaccate alle frontiere esterne. La loro dimensione, i loro compiti e la loro capacità d'azione sono ancora limitate, ed esse sembrano poter difficilmente uscire da un contesto bilaterale per raggiungere realmente una dimensione europea. Per il momento i funzionari distaccati sul territorio di un altro Stato membro in base a questi accordi non possono esercitare le prerogative d'autorità pubblica che sarebbero loro necessarie per svolgere i compiti di controllo e di sorveglianza delle frontiere esterne. Inoltre, queste forme di cooperazione bilaterale fra Stati membri derivanti dall'acquis di Schengen non risultano coordinate con altre forme di cooperazione, come la gestione delle frontiere esterne in un'ottica doganale.

II. c) Le principali necessità individuate

18. Le iniziative presentate dalle successive Presidenze e dagli Stati membri sembrano riflettere la necessità di un organo comune di cooperazione e di coordinamento più operativo per gli esperti [29] dei controlli e della sorveglianza delle frontiere esterne. Esse sembrano altresì cercare una maggiore integrazione fra i compiti svolti alle frontiere esterne e quelli esercitati da altre autorità situate all'interno dello spazio comune di libera circolazione [30].

[29] Nota della Presidenza belga al Consiglio del 27 novembre 2001, relativa a un "Concetto di gestione delle frontiere" (documento del Consiglio 14570/01 FRONT 69).

[30] Si veda il "Workshop Police and Border Security" organizzato a Neusiedl/See (Austria) il 10 e 11 gennaio 2002, e finanziato dal programma OISIN.

19. Tenuto conto delle discussioni degli ultimi mesi in seno al Consiglio, la Commissione individua diversi poli di esigenze da colmare a livello dell'Unione europea:

- Come armonizzare maggiormente e come migliorare le prassi delle unità nazionali incaricate di effettuare i controlli e di assicurare la sorveglianza alle frontiere esterne-

- Come assicurare una maggiore coerenza operativa fra le azioni svolte alle frontiere esterne e quelle condotte all'interno del territorio dello spazio comune di libera circolazione-

- Dove e come stabilire un riscontro regolare fra i responsabili della gestione e della previsione operativa per l'impiego del personale e delle attrezzature-

- Come consentire ai responsabili dei servizi operativi di condividere un'analisi comune delle minacce, per gerarchizzare e coordinare i loro obiettivi operativi a livello dell'Unione europea-

- Occorre modificare alcune disposizioni legislative esistenti in materia di controllo e di sorveglianza delle frontiere esterne-

- Come organizzare una ripartizione finanziaria e operativa degli oneri-

- Come organizzare una base comune di formazione delle guardie di frontiera-

III. PER UNA POLITICA COMUNE DI GESTIONE DELLE FRONTIERE ESTERNE: VERSO UN CORPO EUROPEO DI GUARDIE DI FRONTIERA

20. Per rispondere in maniera coerente all'insieme delle necessità espresse alla rinfusa dagli Stati membri e sopra descritte, la Commissione raccomanda di strutturare le azioni e di garantirne la continuità nel quadro di una politica comune di gestione integrata delle frontiere esterne. Questa politica comune dovrebbe comportare almeno cinque componenti, che appaiono collegate le une alle altre:

a) Un corpus legislativo comune

b) Un meccanismo comune di concertazione e di cooperazione operativa

c) Una valutazione comune e integrata dei rischi

d) Personale formato alla dimensione europea e attrezzature interoperative

e) Una ripartizione degli oneri fra gli Stati membri nella prospettiva di un Corpo europeo di guardie di frontiera.

Il controllo democratico e giudiziario dell'insieme di queste attività deve essere garantito.

21. Per ciascuna di queste componenti, si tratta di precisare gli orientamenti da seguire e le azioni da realizzare.

Per chiarezza, l'allegato I fornisce una definizione di tutta la terminologia utilizzata nella parte III, senza conferire un valore giuridico a queste nozioni: controllo alle frontiere esterne, sorveglianza delle frontiere esterne, sicurezza interna dello spazio comune di libera circolazione, sicurezza delle frontiere esterne, guardia di frontiera, gestione delle frontiere esterne.

III. a) Un corpus legislativo comune

22. Il titolo IV e in particolare gli articoli 62 e 66 del trattato CE offrono ricche potenzialità giuridiche per strutturare la strategia, così come per creare e fare funzionare l'insieme delle componenti della politica comune di gestione integrata delle frontiere esterne.

23. La Commissione raccomanda quattro misure relative all'attraversamento delle frontiere esterne, che possono essere realizzate a breve termine:

- Procedere a una rielaborazione del Manuale comune per le frontiere esterne, allo scopo di chiarire la natura giuridica delle sue varie disposizioni e farne una fonte di diritto come complemento ad altri strumenti giuridici vigenti, come quelli che disciplinano la libera circolazione dei cittadini dell'Unione, quelli diretti a sviluppare l'acquis di Schengen, o come le convenzioni di diritto internazionale pubblico che sono pertinenti per il controllo delle frontiere; a tale riguardo la Commissione intende prendere un'iniziativa legislativa.

- Introdurre nel Manuale comune alcune "migliori pratiche" ispirandosi al Catalogo delle migliori pratiche Schengen, e renderle obbligatorie.

- Realizzare un memorandum pratico utilizzabile da parte delle guardie di frontiera e disponibile anche su supporto elettronico: lo scopo è quello di dotare ogni agente dei servizi della guardia di frontiera di un promemoria maneggevole e consultabile in qualsiasi momento. Questo memorandum non sarebbe una fonte di diritto, ma una compilazione sistematica e coerente di tutte le regole di controllo e di sorveglianza derivanti dagli strumenti giuridici pertinenti.

- Definire e adottare misure comuni in materia di "piccolo traffico di frontiera" [31], in particolare in vista dell'allargamento. La Commissione intende lanciare un'iniziativa tesa a precisare i principi fondamentali e le modalità di un tale regime e, all'occorrenza, a prendere in considerazione accordi fra la Comunità e i paesi terzi limitrofi.

[31] L'articolo 3 della Convenzione di Schengen dispone che: "Il Comitato esecutivo adotta disposizioni più dettagliate e stabilisce le eccezioni e le modalità relative al piccolo traffico di frontiera". Né il Comitato esecutivo Schengen né il Consiglio ad esso succeduto dopo l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam si sono avvalsi di questa disposizione.

24. La Commissione raccomanda a medio termine che le "misure relative all'attraversamento delle frontiere esterne" siano completate da nuove "procedure cui gli Stati membri devono attenersi per l'effettuazione di controlli sulle persone alle suddette frontiere" [32]:

[32] Testuale formulazione dell'articolo 62, paragrafo 2, lettera a) del trattato CE.

- Inclusione, fra le "procedure cui gli Stati membri devono attenersi per l'effettuazione di controlli sulle persone alle suddette frontiere" esterne, nel rispetto dell'articolo 64, paragrafo 1 del trattato CE, di un processo di scambio e di trattamento di dati e di informazioni, che sarebbe formalizzato fra le autorità operanti alle frontiere esterne e quelle operanti all'interno del territorio dello spazio comune di libera circolazione.

- Fissazione delle competenze che potrebbero all'occorrenza essere conferite a un Corpo europeo di guardie di frontiera.

- Fissazione dei limiti geografici entro i quali un tale Corpo europeo di guardie di frontiera sarebbe abilitato a svolgere i suoi compiti.

25. Per garantire un livello oggettivo di sicurezza interna in uno spazio senza frontiere appare inoltre necessario prevedere un quadro giuridico per l'esercizio di una vera e propria funzione di ispezione alle frontiere esterne. Un tale meccanismo di ispezione a carattere operativo dovrebbe poter agire su richiesta di uno Stato membro oppure d'ufficio, in particolare quando è chiaro che l'insieme degli Stati membri dovrebbe dispiegare rinforzi a una frontiera esterna il cui controllo o la cui sorveglianza presentino difficoltà temporanee ed oggettive.

26. È altresì opportuno prevedere il finanziamento di questa politica comune al di là degli apporti nazionali, ricorrendo in particolare all'articolo 66 del trattato CE relativo a una cooperazione amministrativa fra i servizi degli Stati membri e fra questi ultimi e la Commissione europea.

III. b) Come stabilire un meccanismo comune e operativo di concertazione e di cooperazione

27. Un meccanismo comune di concertazione e di cooperazione operativa potrebbe basarsi su due strumenti:

- un Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne, che occorrerebbe creare;

- un processo permanente di scambio e di trattamento di dati e di informazioni che occorrerebbe instaurare progressivamente, a medio termine, fra le autorità dei diversi Stati membri che operano alle frontiere esterne e quelle che operano all'interno del territorio dello spazio comune di libera circolazione.

28. L'Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne

La Commissione raccomanda di istituire un Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne [33] incaricato delle funzioni seguenti:

[33] Al Consiglio europeo straordinario del 20.09.01 e al Consiglio JAI del 16.11.01 la Finlandia aveva già evocato l'idea di un "Forum per le frontiere esterne".

- agire come la "testa" della politica comune di gestione delle frontiere esterne per effettuare la valutazione comune e integrata dei rischi;

- agire come un "direttore d'orchestra", coordinando e dirigendo azioni operative sul campo, in particolare in situazioni di crisi;

- agire come gestore e come stratega per assicurare una maggiore convergenza fra le politiche nazionali per le questioni relative al personale e alle attrezzature;

- esercitare una forma di potere di ispezione, in particolare in situazioni di crisi o se la valutazione dei rischi dovesse richiederlo.

29. L'Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne, costituito principalmente per unire responsabili ed esperti del controllo e della sorveglianza di tali frontiere, non sarebbe strettamente limitato ai settori contemplati dall'articolo 62, paragrafo 2, lettera a) del trattato CE [34]. Esso dovrebbe svolgere un pieno ruolo multidisciplinare e orizzontale per far collaborare responsabili ed esperti i cui compiti possono essere collegati con la sicurezza delle frontiere esterne:

[34] "Norme e procedure cui gli Stati membri devono attenersi per l'effettuazione di controlli sulle persone alle suddette frontiere".

- le autorità incaricate del rilascio dei visti di soggiorno di breve durata e dei visti di soggiorno di lunga durata, i cui compiti sono coperti rispettivamente dall'articolo 62, paragrafo 2, lettera b), punto ii) [35] e dall'articolo 63, paragrafo 3, lettera a) [36] del trattato CE;

[35] "Le procedure e condizioni per il rilascio dei visti da parte degli Stati membri".

[36] "Condizioni di ingresso e soggiorno e norme sulle procedure per il rilascio da parte degli Stati membri di visti a lungo termine e di permessi di soggiorno, compresi quelli rilasciati a scopo di ricongiungimento familiare".

- le autorità incaricate di applicare l'insieme delle misure compensative di cui all'articolo 61, lettera e) [37] e 62, paragrafo 1 [38] del trattato CE, dirette a instaurare uno "spazio di libertà, sicurezza e giustizia": concretamente può trattarsi delle autorità di polizia, giudiziarie, doganali e di Europol, ai sensi del trattato sull'Unione europea [39].

[37] "Misure nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale volte ad assicurare alle persone un elevato livello di sicurezza mediante la prevenzione e la lotta contro la criminalità all'interno dell'Unione, in conformità alle disposizioni del trattato sull'Unione europea".

[38] "Misure volte a garantire, in conformità all'articolo 14 [del TCE], che non vi siano controlli sulle persone, sia cittadini dell'Unione sia cittadini di paesi terzi, all'atto dell'attraversamento delle frontiere interne".

[39] Le disposizioni dell'articolo 61, lettera e) del trattato CE fanno riferimento a delle disposizioni del trattato sull'Unione europea, in particolare all'articolo 29 la cui formulazione è la seguente: "Fatte salve le competenze della Comunità europea, l'obiettivo che l'Unione si prefigge è fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia (...), mediante una più stretta cooperazione fra le forze di polizia, le autorità doganali e le altre autorità competenti degli Stati membri, sia direttamente che tramite l'Ufficio europeo di polizia (Europol)...."

30. Gli orientamenti politici generali dell'Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne sarebbero fissati dal Consiglio, nella misura in cui tale Organo comune di esperti dovrebbe svilupparsi con ogni probabilità a partire dal gruppo di lavoro SCIFA (Strategic Committee for Immigration, Frontiers and Asylum, "Comitato strategico su immigrazione, frontiere e asilo"), composto nella fattispecie dai responsabili dei servizi degli Stati membri incaricati del controllo delle frontiere esterne. In questa prima fase d'attività l'ambito di lavoro di quest'Organo di esperti sarebbe l'articolo 66 del trattato CE, poiché esso riunirebbe i responsabili gerarchici abilitati a impegnare le proprie amministrazioni nazionali in azioni concrete di cooperazione amministrativa per il controllo e la sorveglianza delle frontiere esterne nei settori coperti dall'acquis di Schengen e dal titolo IV del trattato CE. Appare tuttavia evidente che il solo ambito dello SCIFA, se non addirittura quello dell'articolo 66 del trattato CE, si rivelerà abbastanza presto insufficiente perché quest'Organo di esperti possa realmente essere multidisciplinare garantendo così le utili sinergie con la cooperazione doganale e soprattutto con la cooperazione di polizia del terzo pilastro.

Occorrerà quindi che, almeno per l'esercizio di una parte delle sue funzioni, l'Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne possa progressivamente ampliare la sua attività al di là dell'articolo 66 del trattato CE, e se necessario al di fuori della struttura dei gruppi di lavoro del Consiglio, in particolare se la costituzione di un Corpo europeo di guardie di frontiera facesse nascere l'esigenza di una struttura permanente di Stato maggiore incaricata del suo comando operativo, della gestione del suo personale e delle gestione delle attrezzature.

Per l'esercizio della funzione di ispezione, questo Organo di esperti utilizzerebbe come punto di partenza il mandato della Commissione permanente di applicazione e di valutazione Schengen, che fa parte dell'acquis ma che occorrerebbe forse migliorare e rafforzare senza sciogliere il legame orizzontale instaurato da questo mandato fra attività regolate dal primo e dal terzo pilastro. Questo modo di procedere sembra il più pragmatico, poiché attualmente questo mandato è eseguito dal gruppo del Consiglio Schengen-Evaluation (SCH/EVAL), posto di fatto sotto l'autorità dello SCIFA che dovrebbe essere l'ambito di nascita dell'Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne. Non vi sarebbe quindi alcuna moltiplicazione delle strutture: la funzione di ispezione in situazioni di crisi sarebbe in pratica svolta dai superiori gerarchici degli esperti che oggi effettuano le visite di valutazione "di routine" del gruppo di lavoro SCH/EVAL.

Comunque stiano le cose, che sia a breve o a più lungo termine, le funzioni esercitate da questo Organo comune di esperti comporterebbero attività destinate a migliorare l'efficacia dell'applicazione delle norme di diritto dell'Unione, ma non comporterebbero alcuna attività di proposta legislativa o di misure d'esecuzione nel senso assunto da quest'ultimo termine all'articolo 202 del trattato CE.

La Commissione partecipa alla formazione di questo Organo comune di esperti e vi esercita il suo ruolo istituzionale di iniziativa e di controllo attribuitole dal trattato CE.

31. L'ambito delle attività esercitate da questo Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne, da concepire come uno sviluppo dell'acquis di Schengen, sarebbe inoltre il quadro ideale per accogliere progressivamente i nuovi Stati candidati all'adesione all'Unione. La piena partecipazione dei nuovi Stati membri alle varie attività dell'Organo comune di esperti e alla politica comune di gestione integrata delle frontiere esterne dovrà seguire lo stesso ritmo dell'applicazione, da parte di ogni Stato membro, delle disposizioni dell'acquis di Schengen. Sarebbe tuttavia auspicabile che, rispetto a questo calendario, le questioni di convergenza delle politiche in materia di personale e di attrezzature potessero venire anticipate, così come eventuali azioni tematiche che potrebbero di volta in volta coinvolgere i nuovi Stati membri o i paesi candidati.

32. Nell'ambito della sua funzione d'analisi dei rischi, l'Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne potrebbe essere chiamato a svolgere un'analisi destinata a mettere a punto il secondo strumento del meccanismo comune di concertazione e di cooperazione operativa, ossia il processo di scambio e di trattamento permanente di dati e di informazioni che è oggetto dei paragrafi seguenti.

33. Uno scambio e un trattamento permanente di dati e di informazioni

Il previsto meccanismo di scambio e di trattamento permanente di dati e di informazioni non corrisponde a una base dati o a una rete informatica, né alla creazione di una struttura amministrativa. Si tratta di una procedura o di un codice di condotta che, secondo la natura delle informazioni e dei rischi individuati, avrebbe lo scopo di stabilire collegamenti e scambi diretti fra le autorità interessate in materia di sicurezza delle frontiere esterne. Questa procedura di sicurezza (PROSECUR [40], da "PROcédure de SECURité" o "PROcedure of SECURity") si baserebbe su una pluralità di strumenti e di modalità tecniche di scambio, di cui alcune già esistono mentre altre dovrebbero essere progressivamente istituite. Per dare una spiegazione concreta, PROSECUR potrebbe disporre ad esempio degli strumenti seguenti, che sarebbero complementari gli uni agli altri in modo da coprire se possibile in modo integrale la sicurezza delle frontiere esterne:

[40] Si propone di chiamarla così per comodità nel seguito del testo.

- il SIS, utilizzato per consultare le informazioni in occasione dei controlli alle frontiere esterne;

- le varie banche dati elettroniche attualmente sviluppate (ad es. la rete dei visti rilasciati e rifiutati), per consultare le informazioni messe a disposizione da altre autorità;

- i canali di scambi di informazioni relative alla prevenzione dei traffici di droga;

- un Intranet criptato che colleghi punti di contatto nazionali per scambiare in modo interattivo informazioni, o per concertarsi su azioni molto precise da condurre in termini molto brevi nei confronti di una persona che attraversi la frontiera esterna;

- i mezzi classici di telecomunicazione per telefono o radio, passando se necessario attraverso punti di contatto nazionali [41].

[41] Per comodità linguistica, oppure quando si tratta di informazioni che interessano i servizi di sicurezza nazionale.

34. Nell'ambito di PROSECUR, potrebbe inoltre venir chiesto a un servizio di trasmettere a un altro servizio le informazioni e i documenti necessari per consentire che vengano trattati in modo completo casi di infrazioni, reati o minacce constatati a una frontiera esterna. Ciò potrebbe avvenire qualora, per ragioni giuridiche o pratiche, un servizio non possa garantire di poter trattare e seguire questi casi in modo completo. Il risultato sperato da PROSECUR in una tale situazione sarebbe quello di superare la compartimentazione fra i servizi senza compromettere le competenze e i poteri ad essi affidati dalla legislazione nazionale. Dovrebbero inoltre essere previste da PROSECUR procedure d'allarme dei servizi doganali e procedure per fare intervenire i servizi fitosanitari o i laboratori scientifici. Reciprocamente, i servizi di informazione di uno Stato membro dovrebbero poter fornire subito a tutti servizi di guardia di frontiera e ai consolati degli Stati membri dati sufficientemente pertinenti e precisi per permettere loro di esercitare per un dato periodo una vigilanza mirata su certi tipi di profili di persone, oggetti, provenienze geografiche, modi di trasporto.

35. Per poter funzionare correttamente, PROSECUR dovrebbe successivamente essere formalizzato attraverso uno strumento giuridico [42] che precisi a livello dell'Unione i doveri e i diritti reciproci:

[42] Questo strumento giuridico potrebbe essere adottato sulla base dell'articolo 62, paragrafo 1 e dell'articolo 62, paragrafo 2, lettera a) del trattato CE, poiché completerebbe le modalità di controllo delle persone alle frontiere esterne per poter tenere conto della sicurezza dello spazio comune di libera circolazione nello spirito delle disposizioni dell'articolo 6 della Convenzione di Schengen.

- fra i vari servizi di guardie di frontiera competenti per il controllo e la sorveglianza dell'attraversamento delle frontiere esterne da parte delle persone e delle merci;

- fra questi servizi di guardie di frontiera e altri servizi amministrativi, di polizia o giudiziari situati all'interno del territorio e che partecipano alla sicurezza dello spazio comune di libera circolazione.

Nella misura del possibile, lo scambio di dati e di informazioni rientrante nel codice di condotta PROSECUR dovrebbe applicarsi nello stesso modo fra autorità di uno stesso Stato membro o fra autorità di Stati membri diversi. Secondo la natura delle informazioni e dei rischi, secondo le modalità tecniche dello scambio e secondo il grado d'urgenza delle informazioni, PROSECUR dovrebbe stabilire legami privilegiati con EUROPOL, nonché con gli altri meccanismi di cooperazione di polizia, doganale o giudiziaria esistenti.

III. c) Come strutturare la valutazione comune e integrata dei rischi

36. La valutazione comune e integrata dei rischi è anch'essa una componente essenziale per trattare in modo congiunto tre linee strategiche di protezione delle frontiere esterne: i paesi terzi, la frontiera esterna e l'interno dello spazio comune di libera circolazione.

Dovrebbero essere distinte due fasi successive:

- la determinazione iniziale degli indicatori considerati come pertinenti per l'analisi e l'evoluzione dei rischi;

- dopo l'adozione degli indicatori comuni, il controllo costante e continuo della loro evoluzione per trarne le conseguenze operative sul campo.

Per giungere a questo obiettivo sarebbe auspicabile che l'Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne fosse incaricato di strutturare l'attività e di valutare le necessità operative immediate. Il carattere multidisciplinare dell'Organo comune di esperti dovrebbe inoltre permettergli di stabilire tutte le sinergie necessarie con EUROPOL e con gli organismi di cooperazione di polizia per selezionare i rischi che presentano un interesse particolare per le frontiere esterne.

37. Agire nei paesi terzi e con i paesi terzi per individuare i rischi a monte della frontiera esterna

Due assi possono strutturare l'analisi dei rischi nei paesi terzi per garantire un elevato livello di sicurezza delle frontiere esterne dell'Unione europea: un'azione rispetto ai consolati degli Stati membri [43], e un'azione rispetto ai funzionari di collegamento e agli addetti di polizia. La cooperazione consolare locale stabilita dall'Istruzione consolare comune [44] e la politica in materia di visti devono contribuire alla protezione delle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione. L'invio di funzionari di collegamento nei paesi terzi potrebbe essere meno puntuale in termini temporali e spaziali. Il ruolo dei funzionari di collegamento e degli addetti di polizia distaccati presso le ambasciate di alcuni Stati membri potrebbe essere accresciuto e andare a vantaggio di tutti gli Stati membri, affinché la cooperazione consolare copra settori più vasti e contribuisca meglio alla prevenzione del rischio terrorismo.

[43] All'occorrenza gli uffici comuni di rilascio dei visti.

[44] La decisione del Comitato esecutivo Schengen che ha adottato l'Istruzione consolare comune è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale L 239 del 22 settembre 2000 (pag. 317). Essa ha ricevuto una base giuridica nell'Unione europea conformemente alla decisione 1999/436/CE del Consiglio del 20 maggio 1999.

38. Come individuare i rischi alle frontiere esterne

Diversi assi potrebbero orientare il lavoro di analisi dei rischi ai posti di frontiera:

a) L'ottimizzazione delle migliori pratiche di controllo e di sorveglianza: il Catalogo delle migliori pratiche Schengen dovrebbe facilitare l'analisi dei rischi, in particolare nel settore delle frontiere marittime. Le varie forme d'organizzazione del lavoro potrebbero essere analizzate sotto l'aspetto della loro affidabilità rispetto alla sicurezza delle frontiere esterne e della loro elasticità d'adattamento a necessità mutevoli.

b) La sorveglianza tecnologica: l'analisi del rischio dovrebbe anticipare le conseguenze dei progressi tecnologici sul lavoro delle guardie di frontiera, ad esempio per l'utilizzo delle basi dati elettroniche, dei dati biometrici digitalizzati o dei mezzi di sorveglianza delle frontiere esterne mediante telerilevamento. Ora che l'Unione ha scelto di sviluppare uno strumento quale Galileo, vanno segnalate le sue possibilità di utilizzo per la sorveglianza dei flussi che attraversano le frontiere esterne.

c) Le questioni pratiche di cooperazione quotidiana con i paesi terzi limitrofi alle frontiere esterne terrestri: l'analisi dei rischi potrebbe mirare a un'organizzazione dei controlli che faccia risparmiare tempo e infrastrutture [45], e che promuova la cooperazione transfrontaliera. Senza delegare di fatto una parte della sorveglianza o del controllo della frontiera esterna a un paese terzo, si tratterebbe di individuare i flussi a rischio fin dal loro passaggio o dalla loro nascita in paesi o territori terzi, spesso limitrofi, con la collaborazione di questi ultimi.

[45] Gli uffici per i controlli nazionali giustapposti sono apprezzati dagli Stati membri che li hanno messi in pratica fra di loro per vari decenni prima dell'applicazione della Convenzione di Schengen, e che continuano a svilupparli alle frontiere esterne con dei paesi terzi.

d) Le "distorsioni nella sicurezza" legate alla topografia della frontiera e alle condizioni regionali.

e) Il miglioramento e lo sviluppo di un'attività di raccolta delle informazioni: l'analisi dei rischi dovrebbe in questo caso determinare come ottimizzare l'utilizzo della frontiera esterna come "ricettore di informazioni" sui movimenti di persone, beni, oggetti e veicoli, e anche, all'occorrenza, sui rischi di traffici di stupefacenti.

39. Come individuare e come affrontare i rischi che richiedono una continuità d'azione fra le guardie di frontiera e altre autorità all'interno del territorio

Nella fase iniziale di determinazione degli indicatori pertinenti per l'analisi dei rischi, il nuovo Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne dovrebbe esaminare il tipo di informazioni utili da raccogliere alle frontiere esterne. Questa analisi dovrebbe inoltre riguardare l'utilizzo che di queste informazioni andrebbe fatto ai fini della sicurezza interna dello spazio comune di libera circolazione. Si tratterebbe di:

a) selezionare i tipi di compiti che sarebbe vantaggioso collegare fra di loro, esercitati rispettivamente dai servizi delle guardie di frontiera e dai servizi situati all'interno del territorio;

b) determinare delle categorie di informazioni che dovrebbero essere scambiate fra i servizi delle guardie di frontiera e i servizi situati all'interno del territorio per condurre un'azione di lotta, prevenzione o investigazione legata a un rischio sufficientemente preciso e tale da potersi manifestare alle frontiere esterne.

Al termine di questa analisi, l'Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne dovrebbe essere in grado di precisare quale potrebbe essere il contenuto di PROSECUR.

III. d) Come dotare di personale e di attrezzature interoperative la politica comune di gestione integrata delle frontiere esterne

40. Il personale e le attrezzature operative utilizzati per il controllo e la sorveglianza rappresentano la componente più tangibile della politica comune di gestione integrata delle frontiere esterne. La loro efficacia dovrebbe essere accresciuta mirando a una maggiore convergenza fra le politiche nazionali in questo settore.

41. Come sviluppare la complementarità fra le politiche nazionali in materia di personale e di formazione

La convergenza fra le politiche nazionali in materia di personale dovrebbe avere l'obiettivo di ridurre progressivamente le disparità quantitative e qualitative tali da poter creare alle frontiere esterne delle "distorsioni nella sicurezza" fra gli Stati membri.

A brevissimo termine si potrebbero prevedere la messa a punto di una base comune per la formazione delle guardie di frontiera e dei quadri intermedi e l'organizzazione regolare di stage di perfezionamento. Un'attenzione del tutto particolare dovrebbe andare alla formazione delle guardie di frontiera alla dimensione europea dei loro compiti, specialmente attraverso l'apprendimento delle lingue, l'acquisizione delle nozioni essenziali sulle competenze e lo status delle guardie di frontiera degli altri Stati membri, e l'organizzazione di stage "d'immersione totale" in un servizio di guardie di frontiera di un altro Stato membro [46]. La formazione degli agenti potrebbe inoltre rafforzare il carattere integrato della gestione delle frontiere esterne, familiarizzandoli con i compiti dei servizi che concorrono a provvedere alla sicurezza interna dello spazio comune di libera circolazione e con i compiti dei servizi consolari e dei funzionari di collegamento distaccati nei paesi terzi. È altresì importante assicurare una formazione delle guardie di frontiera per il rispetto dei diritti e della tutela dei richiedenti asilo.

[46] Il nuovo programma ARGO servirà probabilmente di supporto in un primo tempo.

42. A tale proposito sarebbe opportuno affidare all'Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne il compito di elaborare uno specifico curriculum di formazione delle guardie di frontiera, basandosi sulla rete di istituti di formazione nazionale, per giungere alla fine a un'accademia europea delle guardie di frontiera.

43. Come sviluppare la complementarità fra le politiche nazionali per quanto riguarda le attrezzature operative

La convergenza fra le politiche nazionali dovrebbe anche essere cercata in materia di attrezzature dei servizi delle guardie di frontiera, di infrastrutture fisse, di attrezzature mobili e di telecomunicazione.

Lo sviluppo dei valichi autorizzati alle frontiere esterne terrestri (posti di confine stradali o ferroviari), nei porti e negli aeroporti dipende soprattutto dall'evoluzione dei movimenti delle persone, degli scambi economici e dei servizi. Sarebbe auspicabile instaurare una valida concertazione fra i pubblici poteri e gli operatori economici privati per l'apertura di nuovi valichi autorizzati, così come garantire la coerenza con le grandi politiche in materia di trasporti decise a livello dell'Unione europea. A tale riguardo, all'avvicinarsi del momento in cui nuovi Stati membri saranno autorizzati ad applicare pienamente l'acquis di Schengen, sarebbe opportuno che le strategie degli investimenti degli Stati membri e dei paesi candidati alle future frontiere interne terrestri fossero adattate e rese coerenti con la politica comune di gestione delle frontiere esterne.

44. Una politica comune nel campo delle infrastrutture fisse potrebbe altresì includere lo sviluppo di nuove tecnologie tali da facilitare i controlli ai valichi di frontiera e la sorveglianza fra i valichi. Per la sorveglianza delle coste tramite radar o satellite sarebbe opportuna una politica maggiormente coordinata fra gli Stati membri, per garantire un livello più omogeneo di sicurezza. La situazione geografica di certi Stati membri richiederebbe una ripartizione degli oneri per un buon funzionamento delle infrastrutture fisse e mobili di controllo o di sorveglianza, che andrà a vantaggio di tutti gli Stati membri. Il sistema Galileo è un esempio di strumento europeo di alta tecnologia in grado di conferire una nuova dimensione alla politica comune di sorveglianza e di controllo delle frontiere esterne [47].

[47] L'Unione europea si sta attualmente dotando del sistema GALILEO di radionavigazione via satellite, che dovrebbe essere operativo a partire dal 2008. Questo sistema, che sarà rafforzato da stazioni terrestri, comporterà in particolare la possibilità, per le autorità pubbliche, di emettere segnali criptati e protetti.

La convergenza fra le politiche nazionali dovrebbe inoltre mirare alla più grande interoperabilità fra le attrezzature mobili degli Stati membri [48]. Si tratterebbe anche di mirare alla loro più grande mobilità geografica, in modo da poter spostare facilmente tali attrezzature da uno Stato membro all'altro in funzione dell'evoluzione delle necessità. All'occorrenza, attrezzature particolarmente costose come una rete di sorveglianza via satellite delle frontiere marittime dovrebbero essere comuni.

[48] Veicoli per effettuare pattugliamenti alle frontiere terrestri, motovedette per la sorveglianza delle coste, elicotteri o aerei da sorveglianza in grado di fornire informazioni ai veicoli terrestri o alle motovedette.

III. e) Da una ripartizione degli oneri finanziari fra gli Stati membri a un Corpo europeo di guardie di frontiera

45. La Commissione ritiene che occorrerebbe in futuro stabilire un meccanismo di ripartizione degli oneri finanziari fra gli Stati membri, ricorrendo ai mezzi nazionali di finanziamento esistenti e a un sostegno di bilancio dell'Unione. La ripartizione degli oneri finanziari dovrebbe essere successivamente completata da una ripartizione degli oneri in termini di forze operative, grazie all'istituzione di un Corpo europeo di guardie di frontiera, una volta superate le difficoltà costituzionali degli Stati membri. La Commissione non mancherà di procedere a una prima valutazione dell'incidenza finanziaria, quando saranno individuate azioni precise in funzione delle opzioni che potrebbero essere adottate.

46. Sostegno di bilancio per una ripartizione degli oneri finanziari

La politica comune di gestione integrata delle frontiere esterne dovrebbe altresì prefiggersi come obiettivo un'effettiva ripartizione degli oneri finanziari, nonché una ripartizione degli oneri rappresentati dalle attrezzature e dalle risorse umane. Attualmente questi oneri non sono ripartiti in maniera equilibrata fra gli Stati membri. Alcuni di essi, a causa della loro posizione geografica, devono controllare e sorvegliare nell'interesse comune frontiere esterne marittime o terrestri molto esposte e molto estese, mentre ad altri, come unica frontiera esterna, rimangono ormai solo gli aeroporti. Partecipare allo sforzo comune di protezione di tutte le frontiere esterne è anche nell'interesse di questi ultimi Stati membri, dato che da esso dipende la sicurezza dell'insieme dello spazio senza frontiere interne. Una ripartizione degli oneri non dovrebbe mirare a finanziare l'integralità dei controlli e della sorveglianza delle frontiere esterne attraverso il bilancio comunitario: i bilanci nazionali resterebbero le principali risorse destinate a questa spesa. Una possibilità potrebbe comunque consistere nell'utilizzare il sostegno di bilancio della Comunità per predisporre un meccanismo di ridistribuzione finanziaria fra gli Stati membri, nonché per finanziare a più lungo termine acquisti di materiale comune, in particolare nell'ipotesi della creazione di un Corpo europeo di guardie di frontiera. A breve termine, il programma ARGO dovrebbe poter finanziare le necessità più urgenti, ad esempio di formazione comune. Va poi ricordato che i paesi candidati beneficiano già di finanziamenti molto cospicui nell'ambito dei programmi PHARE per dotarsi di mezzi di controllo e di sorveglianza delle frontiere esterne efficaci e compatibili con la loro adesione all'Unione europea.

In ogni caso, quali che siano le opzioni per l'utilizzo del supporto di bilancio comunitario, esse dovrebbero avere come finalità principale quella di evitare i contributi finanziari fissati da accordi bilaterali fra Stati membri, che si complicano rapidamente e sono poco equi. Ciò potrebbe inoltre costituire una garanzia di stabilità e di prevedibilità per gli Stati membri, di maggiore trasparenza per il Parlamento, e di gestione razionale grazie al controllo della Corte dei conti. Una ripartizione degli oneri fra gli Stati potrebbe altresì permettere in futuro di prendere in considerazione una ripartizione degli oneri finanziari fra i servizi, unificando nello stesso quadro di bilancio il finanziamento:

- delle attività di controllo e di sorveglianza dell'attraversamento delle frontiere esterne per le persone e per le merci [49];

[49] Potrebbero essere esaminate delle sinergie con il finanziamento del funzionamento delle frontiere esterne nel settore doganale, anche se nel bilancio comunitario non è previsto alcun finanziamento esplicito dato che gli Stati membri trattengono il 25% delle risorse proprie percepite dalle loro amministrazioni doganali.

- degli strumenti utilizzati per lo scambio e il trattamento di dati e di informazioni eventualmente stabilito fra le autorità operanti alle frontiere esterne e quelle operanti all'interno del territorio dello spazio comune di libera circolazione.

Al momento opportuno la Commissione esaminerà in modo approfondito tutti gli aspetti di bilancio, giuridici e istituzionali che possono derivare dalle varie opzioni possibili.

47. Verso un Corpo europeo di guardie di frontiera

La Commissione raccomanda che i servizi nazionali degli Stati membri possano ricevere l'appoggio di un Corpo europeo di guardie di frontiera. Tale Corpo potrebbe esercitare in un primo tempo veri e propri compiti di sorveglianza alle frontiere esterne con squadre miste composte da diverse nazionalità, cominciando forse dalle frontiere marittime. È in questo campo in effetti che l'esperienza comune sembra per il momento meno sviluppata, rispetto a certe cooperazioni bilaterali esistenti fra gli Stati membri per le frontiere terrestri o aeree. I compiti operativi dovranno naturalmente essere oggetto di testi legislativi, poiché ne va della chiarezza e della certezza del diritto delle mansioni stesse di questo Corpo europeo, senza dimenticare il necessario controllo giudiziario e democratico cui devono poter essere soggette queste mansioni. In ogni caso, nell'immediato, questo Corpo non potrà sostituirsi alle autorità nazionali per il mantenimento dell'ordine pubblico e per la salvaguardia della sicurezza interna dello Stato ospitante, nel rispetto dell'articolo 64, paragrafo 1 del trattato CE.

48. Data la situazione attuale, si può ritenere che un Corpo europeo di guardie di frontiera dovrebbe essere concepito e dovrebbe funzionare nel rispetto dei seguenti principi di base [50]:

[50] Lo studio di fattibilità sul tema di una "Polizia europea di frontiera", la cui responsabilità è stata affidata all'Italia, apporterà un contributo alla riflessione su quello che si potrebbe chiamare un "Corpo europeo di guardie di frontiera". Questa terminologia permette di trascendere le differenze di denominazione, di status e di competenze degli agenti che svolgono attualmente compiti di controllo e di sorveglianza.

- dovrebbe svolgere in un primo tempo compiti di sorveglianza alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea [51]; in un secondo tempo potrebbe svolgere compiti di controllo ai valichi di frontiera;

[51] Si tratterebbe in un primo tempo di sorvegliare o controllare le frontiere esterne degli Stati membri autorizzati ad applicare l'acquis di Schengen nella sua integralità. In una fase successiva, forme di cooperazione rafforzata potrebbero eventualmente permettere di impegnare il Corpo europeo di guardie di frontiera in compiti di sorveglianza delle frontiere esterne dello spazio doganale comunitario, anche sul territorio di Stati membri che non applicano integralmente l'acquis di Schengen.

- dovrebbe essere composto da agenti che possiedano pienamente le prerogative d'autorità pubblica necessarie all'adempimento dei compiti sopra menzionati, indipendentemente dalla loro nazionalità e dal luogo d'assegnazione;

- dovrebbe essere posto sotto il comando operativo dell'Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne;

- dovrebbe rispettare le competenze delle autorità nazionali locali per i settori non contemplati dal titolo IV [52] o dal titolo X [53] del trattato CE, né da alcun'altra disposizione di diritto comunitario di diretta applicazione;

[52] "Visti, asilo, immigrazione e altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone".

[53] "Cooperazione doganale".

- dovrebbe essere aperto a tutti i livelli gerarchici a ogni cittadino di Stati membri dell'Unione europea [54] che possegga i requisiti professionali e deontologici richiesti.

[54] Anche la Norvegia e l'Islanda dovrebbero essere associate ai compiti del Corpo europeo di guardie di frontiera derivante dall'applicazione dell'acquis di Schengen.

49. La principale difficoltà da superare per costituire un Corpo europeo di guardie di frontiera sembra legata alla concessione di prerogative d'autorità pubblica ad agenti di tale Corpo che non possiedono la nazionalità dello Stato membro in cui sono distaccati. Si tratta di una questione fondamentale per ragioni costituzionali. Altri scogli potrebbero essere le modalità di reclutamento degli agenti così come le loro condizioni statutarie e disciplinari. Il grosso degli effettivi di tale Corpo europeo dovrebbe probabilmente essere costituito da personale posto temporaneamente a disposizione dagli Stati membri per un periodo determinato. In situazioni di crisi, questo nucleo stabile di effettivi potrebbe essere integrato, se necessario, da un vivaio di agenti nazionali, che sarebbero oggetto di una preselezione e che sarebbero considerati come dei riservisti che possono venire rapidamente mobilitati dall'Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne.

Le attrezzature del Corpo europeo dovrebbero essere previste dal bilancio della Comunità, affinché l'Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne non si trovi a dover svolgere il delicato compito di arbitrare fra priorità nazionali e priorità dell'Unione per l'utilizzo di certe attrezzature mobili.

50. Per svolgere effettivamente i compiti insiti nell'adempimento di missioni comuni di sorveglianza, sarebbe necessaria l'autorizzazione a:

- controllare i documenti di identità, i documenti di viaggio e i visti delle persone che attraversano legalmente o illegalmente la frontiera esterna;

- interrogare gli stranieri sui motivi del loro soggiorno nello spazio comune di libera circolazione, o sui motivi che li hanno portati ad attraversare la frontiera esterna al di fuori dei valichi autorizzati;

- salire a bordo di una nave civile o di un'imbarcazione nelle acque territoriali di uno Stato membro per interrogare il capitano sulla sua rotta e verificare l'identità dei passeggeri;

- notificare a una persona l'ammissione o il rifiuto d'ingresso nello spazio comune di libera circolazione;

- trattenere una persona per consegnarla alle autorità nazionali competenti, allo scopo di prendere all'occorrenza le adeguate misure preventive o repressive di natura amministrativa, di polizia, doganale o giudiziaria.

51. Queste competenze conferite agli agenti del Corpo europeo delle guardie di frontiera potrebbero essere limitate territorialmente alle strette esigenze della sorveglianza e dei controlli previsti all'articolo 62 del trattato CE, ferme restando le attività di cooperazione di polizia svolte in virtù di accordi basati sugli articoli 7 e 47 della Convenzione di Schengen. Si potrebbe prendere in considerazione l'idea di limitarle, ai fini della sorveglianza, a un'area territoriale di alcune centinaia di metri di larghezza alle frontiere esterne terrestri, nonché a una parte delle acque territoriali. Si potrebbero eventualmente includere alcuni valichi terrestri, marittimi e aerei, ai fini dei controlli. Queste aree di territorio a regime derogatorio dovrebbero essere elencate esaustivamente e delimitate con precisione da carte e mappe, che potrebbero essere allegate al Manuale comune per le frontiere esterne.

IV. SOMMARIO DELLE AZIONI PRIORITARIE

52. L'Unione europea possiede una legislazione comunitaria relativamente completa e dettagliata nel settore del controllo dell'attraversamento delle frontiere esterne da parte delle persone. Questo acquis comunitario è costituito essenzialmente dall'acquis di Schengen, che ora ha ricevuto nuove basi giuridiche al titolo IV del trattato CE. La difficoltà attuale risiede piuttosto nella necessità di un maggiore coordinamento operativo e di una maggiore complementarità d'azione fra i servizi nazionali che si occupano delle frontiere esterne. Si può inoltre osservare che esiste una reale esigenza di tenere maggiormente conto delle molteplici dimensioni della sicurezza delle frontiere esterne, che possono avere conseguenze sulla sicurezza interna dello spazio comune di libera circolazione dove sono stati aboliti i controlli sulle persone fra gli Stati membri.

Le azioni previste si inseriscono in un'evoluzione temporale dinamica, che consiste nello sviluppare una politica comune di gestione delle frontiere esterne. Alcune di queste azioni possono cominciare nell'attuale quadro istituzionale senza alcuna modifica dei trattati. Altre azioni, per poter essere pienamente sviluppate, richiederanno probabilmente un'evoluzione dei trattati riguardo ad alcuni punti. Per avere un'idea dell'orizzonte temporale previsto dalla Commissione per le misure di cui sopra, si può considerare che il breve termine indichi circa un anno. Il medio termine significa che sarebbe auspicabile che la misura potesse essere operativa prima che nuovi Stati membri siano autorizzati ad applicare l'acquis di Schengen.

La Commissione ritiene che a breve e a medio termine sia opportuno intraprendere le azioni seguenti:

a) Un corpus legislativo comune

* A breve termine e senza modifiche nei trattati, procedere a una rielaborazione del Manuale comune per le frontiere esterne, in seguito a una proposta che la Commissione intende presentare entro un termine ragionevole.

* Rendere normative alcune raccomandazioni del Catalogo delle migliori pratiche Schengen.

* Realizzare un memorandum pratico per le guardie di frontiera che costituirebbe una compilazione completa delle regole di controllo e di sorveglianza, derivanti dagli strumenti giuridici pertinenti.

* Precisare il quadro giuridico e le modalità pratiche in materia di "piccolo traffico di frontiera", sulla base di un'iniziativa che la Commissione intende presentare entro breve.

* A medio termine e se necessario previa modifica dei trattati, precisare il quadro istituzionale e giuridico degli agenti di un futuro Corpo europeo di guardie di frontiera.

b) Un meccanismo comune e operativo di concertazione e di cooperazione

* A breve termine, creare un Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne, che unisca i responsabili dei servizi delle guardie di frontiera degli Stati membri nonché, in uno spirito multidisciplinare, i rappresentanti di diversi servizi che con i loro compiti contribuiscono anch'essi alla sicurezza delle frontiere esterne. A tal fine questo Organo comune dovrebbe avere un ruolo di "pilotaggio" per effettuare la valutazione integrata dei rischi, coordinare azioni sul campo, favorire un'ampia convergenza nel settore del personale e delle attrezzature, esercitare una funzione di ispezione e proporre misure operative d'urgenza. La Commissione valuterà, al momento opportuno, gli aspetti giuridico-istituzionali di questo Organo comune, in particolare per determinare le misure che richiederebbero una modifica dei trattati.

* A medio termine e senza modifiche nei trattati, l'Organo comune di esperti dovrebbe esaminare la fattibilità e la pertinenza di una procedura di sicurezza delle frontiere esterne, che consisterebbe nell'instaurare scambi di dati e un trattamento delle informazioni fra le autorità interessate in materia di sicurezza delle frontiere, stabilendo eventualmente punti di contatto permanenti.

c) Valutazione comune e integrata dei rischi

* A breve termine e senza modifiche dei trattati, l'Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne dovrebbe stabilire la griglia comune d'analisi dei rischi.

* A medio termine e senza modifiche dei trattati, l'Organo comune dovrebbe assicurare il controllo costante dell'evoluzione dei rischi per trarne le conseguenze pratiche per l'impiego del personale e delle attrezzature alle frontiere esterne.

d) Personale e attrezzature interoperative

* A breve termine e senza modifiche dei trattati, l'Organo comune di esperti in materia di frontiere esterne dovrebbe mettere a punto una base comune di formazione delle guardie di frontiera dell'Unione europea.

* Esso potrebbe favorire l'utilizzo comune di attrezzature mobili di sorveglianza.

* A medio termine, e senza modifiche dei trattati, potrebbe essere creata una rete comune di sorveglianza delle frontiere esterne via radar o satellite (in particolare grazie al sistema Galileo), e potrebbe essere instaurato un maggior coordinamento a livello dell'Unione europea per le infrastrutture fisse di controllo alle frontiere esterne.

* Analogamente, basandosi sulle reti di istituti di formazione nazionali, sarebbe opportuno prevedere l'introduzione di un'accademia europea delle guardie di frontiera.

e) La ripartizione degli oneri fra gli Stati membri e l'Unione

* A breve termine e senza modifiche dei trattati, organizzare le basi di un finanziamento comunitario delle attività della politica di gestione delle frontiere esterne coperte dal titolo IV del trattato CE. La Commissione non mancherà di procedere a una prima valutazione delle conseguenze finanziarie delle misure previste.

* A medio termine, e probabilmente previa modifica dei trattati, istituire un Corpo europeo di guardie di frontiera, il cui primo compito sarebbe la "sorveglianza comune" dei luoghi più vulnerabili, in particolare alle frontiere marittime, prima di svolgere incarichi di controllo ai valichi di frontiera. La Commissione valuterà, al momento opportuno, la natura giuridica e istituzionale di questa struttura.

* Stabilire a medio termine una complementarità d'azione con i servizi doganali e instaurare sinergie per creare economie di scala in materia di finanziamento comunitario della gestione delle frontiere esterne nella misura in cui i trattati lo consentono.

ALLEGATO 1

TERMINOLOGIA UTILIZZATA PER LA PRESENTE COMUNICAZIONE:

Controllo alle frontiere esterne

Insieme delle operazioni effettuate dalle pubbliche autorità degli Stati membri ai valichi di frontiera per assicurarsi, in applicazione dell'articolo 6 della Convenzione di Schengen, che le persone, il loro veicolo e gli oggetti in loro possesso possano essere autorizzati a entrare nello spazio comune di libera circolazione, o che siano autorizzati a uscirne.

Sorveglianza delle frontiere esterne

Insieme delle attività e operazioni effettuate dalle pubbliche autorità degli Stati membri alle frontiere esterne terrestri, marittime e aeree, per impedire, in applicazione dell'articolo 6 della Convenzione di Schengen, che le persone aggirino i valichi di frontiera per sottrarsi ai controlli ed entrare illegalmente nello spazio comune di libera circolazione.

Sicurezza interna dello spazio comune di libera circolazione

Livello di protezione di cui beneficiano, nello spazio comune di libera circolazione, le persone fisiche e le persone giuridiche, le merci e i beni di ogni tipo, i capitali, le prestazioni di servizi e ogni operazione commerciale lecita, così come i diritti di proprietà intellettuale o artistica, contro i pregiudizi arrecati ai loro interessi o le minacce per la loro integrità causati:

- dall'inosservanza delle regolamentazioni comunitarie o nazionali;

- dalla criminalità, il terrorismo, la tratta degli esseri umani, i reati contro i minori, il traffico di armi, la corruzione e la frode, così come queste nozioni vengono intese ai sensi dell'articolo 29 del trattato UE, nonché dal traffico di stupefacenti.

Sicurezza delle frontiere esterne

Capacità delle frontiere esterne di costituire per gli Stati membri una barriera, o perlomeno un filtro affidabile, contro le minacce che possono compromettere:

- l'efficacia dei controlli e della sorveglianza;

- il rispetto delle regolamentazioni comunitarie o nazionali;

- il livello di sicurezza interna dello spazio comune di libera circolazione;

- l'ordine pubblico o la sicurezza nazionale degli Stati membri, ad esclusione della difesa militare delle frontiere esterne dell'Unione europea contro un'aggressione condotta apertamente o rivendicata da uno o più paesi terzi.

Guardia di frontiera

Agente pubblico assegnato a un valico di frontiera terrestre, marittimo o aereo, oppure lungo la frontiera esterna terrestre o marittima o nelle immediate vicinanze di quest'ultima, e che è investito delle prerogative d'autorità pubblica per svolgere uno o più compiti seguenti:

- effettuare i controlli o la sorveglianza delle frontiere esterne;

- adottare alla frontiera esterna le misure preventive o repressive necessarie per il rispetto delle regolamentazioni comunitarie, per la sicurezza interna dello spazio comune di libera circolazione, per l'ordine pubblico o per la sicurezza nazionale;

- condurre le indagini il cui fatto generatore è stato constatato al momento dell'esercizio dei controlli o della sorveglianza delle frontiere esterne.

Gestione delle frontiere esterne

Insieme delle attività esercitate dalle pubbliche autorità degli Stati membri allo scopo di:

- effettuare i controlli e la sorveglianza delle frontiere esterne previsti agli articoli 5 e 6 della Convenzione di Schengen;

- raccogliere, analizzare e scambiare ogni informazione particolare o generale che possa permettere alle guardie di frontiera di valutare il rischio che una persona, un oggetto o un bene rappresentano per la sicurezza interna dello spazio comune di libera circolazione, per l'ordine pubblico o per la sicurezza nazionale degli Stati membri, e per il rispetto generale delle regolamentazioni comunitarie;

- analizzare l'evoluzione delle minacce tali da poter compromettere la sicurezza delle frontiere esterne e fissare di conseguenza la priorità delle azioni delle guardie di frontiera;

- prevedere le necessità di personale e di attrezzature per garantire la sicurezza delle frontiere esterne.