52002DC0009

Relatorio della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni - Relazione redatta su richiesta del Consiglio europeo di Stoccolma: "Accrescere il tasso di attività e prolungare la vita attiva" /* COM/2002/0009 def. */


RELATORIO DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE E AL COMITATO DELLE REGIONI - Relazione redatta su richiesta del Consiglio europeo di Stoccolma: "Accrescere il tasso di attività e prolungare la vita attiva"

1. L'esigenza di una più fattiva partecipazione

2. Tendenze e determinanti della partecipazione della mano d'opera

2.1 Principali tendenze della partecipazione della mano d'opera

2.2. Fattori chiave che influenzano la partecipazione al mercato del lavoro

3. Considerazioni strategiche

3.1 Accrescere il tasso di partecipazione tramite un approccio globale

3.2 Azioni prioritarie

a) Un'iniziativa congiunta governo/parti sociali per prolungare la vita attiva dei lavoratori

b) Una revisione mirata dei regimi fiscali e previdenziali

c) Un approccio pluridisciplinare per risolvere le disparità tra i sessi a livello di retribuzione e di accesso al mercato del lavoro

d) Favorire la presenza sul mercato del lavoro di coloro su cui grava l'onere degli impegni familiari

e) Riesame delle misure intese a ridurre i tassi di abbandono degli studi

3.3 Seguito del programma d'azione

Il Consiglio europeo di Stoccolma ha invitato "il Consiglio e la Commissione a presentare una relazione congiunta, entro la riunione primaverile del Consiglio del 2002, su come accrescere il tasso di attività e prolungare la vita attiva". La presente relazione è stata elaborata per rispondere a tale richiesta.

La relazione verte essenzialmente sulla questione della partecipazione della manodopera al mercato del lavoro alla luce dei recenti sviluppi demografici; un'analisi approfondita degli aspetti connessi con tale questione e la formulazione di risposte strategiche pertinenti andrebberro, tuttavia, molto al di là dell'obiettivo della presente relazione. Tali argomenti vengono, infatti, trattati in maniera esplicita in altri documenti inclusi nel fascicolo globale, messo a punto per il Consiglio europeo di Barcellona sugli affari economici e sociali, che avrà luogo nella primavera del 2002.

Tra le le questioni che non sono prese in considerazione dalla presente relazione vi sono, ad esempio, le pensioni e la sostenibilità finanziaria dei regimi previdenziali, rispetto ai quali una crescita della partecipazione della popolazione attiva contribuirebbe in maniera importante a mantenere un coefficiente di dipendenza sostenibile, nonché quella dei sistemi sanitari, in quanto la prolungazione della vita attiva influisce sensibilmente sullo stato di salute della popolazione più anziana e, quindi, sulle priorità sociali e sulla sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari.

La realizzazione degli obiettivi di Lisbona e di Stoccolma rischia di essere rallentata qualora, a causa del recente deterioramento della situazione macroeconomica, le riforme non dovessero attuate nei termini previsti. È importante che la strategia a medio e lungo termine non sia interrotta da considerazioni che trovano giustificazione solo nell'immediato. È adesso che si deve intervenire per accrescere il tasso di partecipazione come componente fondamentale degli sforzi volti a gestire i cambiamenti e a realizzare uno sviluppo economico e sociale duraturo.

Prolungando la vita attiva si contribuisce, inoltre, in maniera decisiva, alla realizzazione dell'obiettivo globale della Comunità europea, vale a dire al miglioramento della qualità della vita, come sancito dall'articolo 2 del trattato che istituisce la Comunità europea. La strategia di Lisbona, che ha trovato conferma a Stoccolma, affronta di già questo aspetto della questione, cercando di creare le condizioni politiche adatte per migliorare il tenore e la qualità della vita. La presente relazione, insieme agli altri contributi che saranno presentati al Consiglio europeo di Barcellona, dovrà chiarire tale approccio e fissare precise priorità.

1. L'esigenza di una più fattiva partecipazione

I Consigli europei di Lisbona e di Stoccolma si sono imposti obiettivi lungimiranti per quanto concerne la crescita dell'occupazione nell'Unione da qui al 2010: un tasso di crescita del 70% circa per la popolazione attiva nel suo insieme, del 60% e più per le donne e del 50% per i lavoratori anziani. Ciò presuppone la creazione di 20 milioni circa di posti di lavoro in più, di cui 11-12 milioni destinati alle donne e 5 milioni ai lavoratori anziani. Affinché gli obiettivi prefissati a Lisbona e Stoccolma siano raggiunti dovrà fare essere ammessa al mercato del lavoro gran parte della popolazione attualmente inattiva.

Si riusciranno a realizzare tali obiettivi solo migliorando il funzionamento dei mercati dei capitali, dei beni e servizi e del lavoro, in un clima di stabilità macroeconomica che favorisca una crescita duratura, necessaria ai fini della coesione sociale e della sostenibilità delle spese pubbliche, segnatamente nel campo delle pensioni e dei sistemi sanitari. Tali obiettivi interessano, dunque, il tasso di occupazione, ma è evidente che se la crescita dell'occupazione è direttamente correlata con la crescita dei livelli di partecipazione, riveste un ruolo determinante in tale processo anche la riduzione del tasso di disoccupazione.

Accrescere il tasso di attività non sarà cosa facile, sia perché bisognerà cambiare fattori culturali e socio-psicologici, in particolare, la considerazione degli anziani attivi, sia perché sarà necessario operare un radicale cambiamento degli strumenti politici che consentano di modificare i comportamenti dei datori di lavoro e dei lavoratori. I governi e le parti sociali dovranno cooperare alla riforma del quadro giuridico e istituzionale per incoraggiare nuovi comportamenti. L'aumento del tasso di attività presuppone anche l'intensificazione degli sforzi di investimento nelle risorse umane e una maggiore sensibilizzazione nei confronti dell'importanza della formazione della manodopera, che figura, peraltro, tra gli obiettivi prefissati dagli orientamenti per l'occupazione.

Le misure politiche da adottare devono essere applicabili a tutte le categorie di età della popolazione attiva, a motivo anche - e soprattutto - della sempre diversa composizione delle forze di lavoro come conseguenza dell'invecchiamento demografico. Tuttavia, l'impatto di tali misure sarà diverso, a seconda dei vari gruppi di età lungo l'intero ciclo di vita. La presente relazione affronta, pertanto, la questione della partecipazione al mercato del lavoro secondo un approccio basato sul ciclo di vita - mantenendo per altro la distinzione tra donne e uomini - al fine di identificare le tendenze che sono alla base di tale processo e quindi di elaborare risposte strategiche utili per influire su tali tendenze. Particolare attenzione viene prestata a coloro che devono affrontare problemi specifici per accedere al mercato del lavoro.

2. Tendenze e determinanti della partecipazione della mano d'opera

Un'analisi delle recenti tendenze e dei fattori determinanti la partecipazione della manodopera figura in allegato [1]. In appresso, una sintesi delle principali conclusioni.

[1] Basato essenzialmente sui dati forniti dall'Indagine sulle forze di lavoro e dal Panel comunitario delle famiglie.

2.1 Principali tendenze della partecipazione della manodopera

Notevoli cambiamenti nei modelli di partecipazione al mercato del lavoro hanno segnato gli ultimi trent'anni. Dal 1970, infatti, il tasso di partecipazione delle donne di età compresa tra 25 e 60 anni ha subito un netto aumento, al contrario di quello dei maschi di ogni età. La presenza sul mercato del lavoro è cresciuta dalla metà degli anni 80, -allora non era neppure del 66%-, fino a raggiungere nel 2000 il 69%. Tuttavia, questo quadro generale maschera tendenze assai diverse a seconda dell'età e del sesso della forza di lavoro, nonchè disparità tra Stati membri e regioni.

Giovani (15-24)

La presenza dei giovani si è intensificata a partire dalla metà degli anni 90, come riflesso non solo della positiva svolta congiunturale, bensi' anche di un'evoluzione del comportamento: si assiste, infatti, ad un flusso sempre più consistente di giovani sul mercato del lavoro, che non abbandonano, tuttavia, necessariamente gli studi. Tra coloro che lavorano, molti sono i giovani che abbinano un'attività professionale a tempo parziale ad una qualsivoglia forma di istruzione o formazione, ma molti sono ancora quelli che non lo fanno (l'8% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni e il 40% e oltre dei giovani tra i 20 e i 24 anni lavorano soltanto). Quanto alla disparità tra i due sessi in proposito, essa risulta relativamente bassa per entrambe le categorie di età (5% e 10%).

Gruppi di età adulta con maggior tasso di attività (25-49)

E' in questa fascia d'età che i modelli di partecipazione sono cambiati maggiormente negli ultimi trent'anni, mostrandosi in lieve ribasso quella maschile e nettamente in rialzo quella femminile: il tasso di presenza generale sul mercato del lavoro di questo gruppo d'età è passato, infatti, da meno del 40% a oltre il 70%. La partecipazione in tale fascia di età registra, pertanto, i massimi punti in percentuale, ma anche divergenze tra impieghi al maschile e al femminile e impieghi qualificati e meno qualificati. La futura evoluzione della partecipazione al mercato del lavoro è potenzialmente influenzata da tale situazione.

La presenza delle donne ha registrato un aumento costante nel corso degli ultimi 30 anni, al punto tale che il loro modello di partecipazione non differisce granchè, oggigiorno, da quello degli uomini. Tuttavia, è marcato lo scarto tra i sessi a partire dai 25 anni, anche quando si tratta di donne senza figli. Le percentuali di donne con figli che lavorano variano in funzione dell'età di questi ultimi, con una differenza del 6-7% in tutta l'Unione tra il tasso d'attività delle donne senza figli (72%), con figli in età scolare (65%) e con figli in età prescolare (59%). Tali scarti si sono leggermente attenuati nel corso degli anni 90. Un caso a parte costituisce, a questo proposito, la situazione dei genitori soli: il loro tasso d'attività è in genere più elevato di quello delle altre donne. Fanno eccezione i Paesi Bassi e il Regno Unito, dove l'offerta di infrastrutture d'accoglienza e di custodia dell'infanzia è inferiore alla media dell'Unione.

I lavoratori altamente qualificati partecipano in maniera più assidua a programmi di formazione che non i lavoratori scarsamente qualificati, il cui tasso di partecipazione decresce più rapidamente. Il 68% dei lavoratori più qualificati lavora in imprese che mette a loro disposizione corsi di formazione, rispetto al 34% soltanto dei lavoratori meno qualificati; l'indice di formazione dei lavoratori specializzati è del 40% circa, mentre raggiunge solo il 17% quello dei lavoratori semplici.

Gruppi di età più avanzata (50-65)

I tassi di partecipazione e di occupazione dei lavoratori anziani è calato costantemente nel corso degli ultimi 30 anni.

L'indice di partecipazione degli uomini, in particolare di quelli che svolgono lavori manuali scarsamente qualificati, decresce rapidamente a partire dai 50 anni, e non dai 60, come succedeva nel 1970; quello delle donne, invece, ancor prima, verso i 45 anni, ma ad un ritmo meno sostenuto, e la presenza sul mercato del lavoro delle 50-60enni è più marcata che nel 1970. La regressione del tasso di partecipazione è imputabile, in parte, ai casi di pensionamento anticipato indotti da misure di riconversione economica e, in parte, all'impatto dei regimi di prepensionamento.

La partecipazione a programmi di formazione si riduce considerevolmente tra i lavoratori ultracinquantenni e raggiunge tassi minimi tra i lavoratori non specializzati. Anche se il 50% circa dei lavoratori anziani è occupato in imprese che prevedono corsi di formazione, meno del 15% vi partecipa effettivamente, sia che si tratti di iniziative private o promosse dall'impresa; solo il 7% dei lavoratori in età più avanzata e meno qualificati riceve una formazione rispetto al 20% dei lavoratori dello stesso gruppo d'età, ma più qualificati.

Qualificazione e partecipazione

Quanto più elevato è il livello di qualificazione, tanto maggiore è il tasso di attività a tutte le età. Questo fatto è molto più accentuato tra le donne che tra gli uomini, benché tra gli impieghi al femminile altamente qualificati si registrino cifre inferiori a quelle della popolazione maschile dotata di qualifiche equivalenti. Le differenze tra gli Stati membri sono tali che le disparità tra uomini e donne altamente qualificati sono nettamente meno pronunciate nei paesi scandinavi e in Portogallo che nella maggior parte dei paesi comunitari meridionali.

Persone che incontrano difficoltà specifiche sul mercato del lavoro

Spesso si constata che la scarsa partecipazione al mercato del lavoro è associata a determinati fattori socioeconomici.

La partecipazione al mercato del lavoro, ad esempio, dei lavoratori migranti non cittadini dell'UE, varia considerevolmente da un paese all'altro. Il tasso di attività globale dei cittadini stranieri è del 61% circa, rispetto al 72% circa dei cittadini dell'Unione europea. Tale scarto è nettamente più marcato agli estremi inferiore e superiore della scala delle professioni/qualificazioni. Tra i cittadini dell'UE, gli indici d'attività risultano molto più elevati per i lavoratori non manuali, altamente qualificati, mentre, tra i lavoratori migranti, lo sono per quanto riguarda i lavori manuali, non specializzati. I portatori di handicap sono molto più esposti al rischio di inattività dei normodotati a motivo delle difficoltà iniziali a trovare lavoro e a conservarlo. Due terzi di coloro che presentano una qualche menomazione sono inattivi. Anche la metà circa delle persone, che non sono impedite dal loro handicap nell'esercizio delle normali attività quotidiane, è senza lavoro.

Disparità regionali

I tassi d'attività e di occupazione a livello regionale sono positivamente correlati. Le regioni che presentano una favorevole situazione congiunturale e cifre positive riguardanti l'occupazione, registrano anche indici più elevati di attività, in particolare tra i lavoratori più giovani e quelli più anziani. Nelle regioni in cui la situazione è meno favorevole, il miglioramento dei risultati nel campo dell'occupazione e della crescita economica dipenderà, in larga parte, dalla loro capacità di sfruttare al massimo le loro risorse potenziali di manodopera, di investire nell'istruzione e nella formazione dell'attuale forza di lavoro e di attirare nuovo capitale umano.

2.2. Fattori chiave che influenzano la partecipazione al mercato del lavoro [2]

[2] Analisi basata sui dati desunti dall'Indagine sulle forze di lavoro e dal Panel comunitario delle famiglie

L'insieme dell'UE dispone di un notevole potenziale di manodopera. Un sesto circa dei 77 milioni di inattivi vorrebbe essere messo in condizioni di poter lavorare immediatamente. Inoltre, il 56% degli uomini e il 49% delle donne che non svolgono attualmente un lavoro retribuito, si augurano di trovare un impiego entro i prossimi cinque anni, mentre solo un terzo non ha alcuna intenzione di lavorare, neppure in futuro.

Le cause principali dell'inattività sono: impegni personali o familiari (20% circa del totale degli inattivi), una malattia o un handicap (9%), il livello d'istruzione e formazione (27%, di cui quasi il 90% nella categoria dei 15-24enni) e la pensione (16%, all'incirca il 90% tra i 55-64enni).

Le disparità all'interno di tali cause sono molto marcate a seconda del sesso. Gli uomini sono prevalentemente inattivi a causa del livello di istruzione o perchè pensionati, mentre la metà circa delle donne di età compresa tra 25 e 54 anni lo è per ragioni familiari e domestiche. La malattia e l'handicap rappresentano la sola ragione prevalente tra gli uomini di 25-54 anni e la seconda tra le donne dello stesso gruppo d'età. Sono stati identificati quattro grandi determinanti della partecipazione al mercato del lavoro. Benché ciascuno di essi produca i propri effetti, essi sono tuttavia fortemente interagenti.

Disponibilità e attrattiva del lavoro

Due sono i fattori che condizionano l'offerta di impiego. Da un lato, la situazione macroeconomica generale influenza, in un preciso momento, la domanda di manodopera nell'economia. Dall'altro, le tendenze secolari su cui si basano la struttura dell'impiego e il funzionamento del mercato del lavoro, ivi inclusi i livelli salariali, determinano l'ampiezza delle offerte di impiego da parte dei datori di lavoro. Inoltre, possono esservi differenze regionali nella domanda di manodopera a seconda della struttura e della concentrazione di attività nelle diverse regioni.

L'offerta di impieghi adeguati costituisce il principale fattore di stimolo ad accedere al mercato del lavoro o a esservi reintegrati. La domanda di manodopera crea l'offerta che, a sua volta, favorisce una maggiore domanda. D'altro canto, la convinzione che non vi siano posti di lavoro disponibili, può distogliere la gente dal ricercare un lavoro e "scoraggiarla". L'intensità della risposta dipenderà dalla qualità di tali impieghi in termini di retribuzione e di produttività, di condizioni di lavoro e di sicurezza sul posto di lavoro, in particolare per i lavoratori più anziani, di orario di lavoro e di flessibilità, di capacità di conciliare gli impegni professionali con quelli familiari e di sicurezza delle condizioni contrattuali.

Un giusto dosaggio degli incentivi finanziari.

La partecipazione al mercato del lavoro dipende dall'equilibrio tra reddito da lavoro e alternative esistenti e dai costi correlati. L'interazione tra regimi fiscali e previdenziali e livelli salariali è determinante ai fini dell'ampiezza della disoccupazione e della povertà. L'effetto reale sull'offerta di manodopera dipende dalla reazione specifica degli agenti economici all'evoluzione degli incentivi. Un livello di disoccupazione elevato ed altre prestazioni associate ad una lunga durata e ad un'amministrazione permissiva delle norme di ammissibilità possono pregiudicare gli incentivi all'inserimento professionale, nonché aumentare i rischi a di dipendenza a lungo termine dalle prestazioni sociali. D'altro canto, i regimi della sicurezza sociale basati sull'esercizio di una professione, in particolare l'assicurazione contro la disoccupazione, possono costituire incentivi concreti ad accettare un posto di lavoro dichiarato (o a trasformare un impiego non dichiarato in un impiego dichiarato). Inoltre, l'assicurazione contro la disoccupazione, più di qualsivoglia altro regime di prestazioni sociali, consente a coloro che ne beneficiano di conservare un più stretto legame con il mercato del lavoro, soprattutto nel caso in cui siano applicate rigorosamente le condizioni di ammissibilità al lavoro e sia incoraggiata la ricerca di un impiego.

Alcuni gruppi risultano essere più sensibili di altri ai cambiamenti dei regimi fiscali e previdenziali. L'offerta di manodopera maschile, ad esempio, nel gruppo d'età degli adulti o tra coloro che hanno maggiori prospettive salariali in futuro, sembra meno influenzata dall'evoluzione degli incentivi dei regimi fiscali e previdenziali. Per contro, le coppie in cui uno dei coniugi non lavora (di solito, la donna) e le famiglie monoparentali reagiscono in genere in maniera più positiva a tali incentivi, quanto a partecipazione al mercato del lavoro. Le imposizioni fiscali possono dissuadere le donne dal partecipare al mercato del lavoro, in particolare quando onerate anche da responsabilità familiari e tenuto conto della persistenza delle disparità salariali tra i sessi, che possono compromettere la prospettiva di un reddito più elevato.

Istruzione e formazione

Le qualifiche e le competenze sono elementi che determinano non solo la misura in cui coloro che accedono al mercato del lavoro o vi fanno ritorno adempiono le condizioni necessarie per ottenere l'impiego offerto o per creare la propria attività, ma anche - cosa ancor più fondamentale - fino a che punto coloro che occupano già un posto di lavoro sono in grado di conservarlo, in un ambiente tecnologico ed economico in costante evoluzione, e con quali prospettive professionali.

Più la manodopera è qualificata, più sono, in proporzione, elevati i tassi d'attività a tutte le età. Nel 2000, le percentuali rilevate su scala comunitaria risultavano pari all'87% per i lavoratori altamente qualificati e al 57% per quelli scarsamente qualificati. Le differenze più evidenti emergono tra la popolazione femminile: le lavoratrici semplici sono l'unico gruppo di cui oltre la metà è inattiva.

La percentuale dei giovani che hanno completato un corso di studi superiore (che sono, cioè, altamente qualificati) aumenta ogni anno. Il numero di persone che sul mercato del lavoro sono considerate scarsamente qualificate (vale a dire, coloro che hanno un titolo di studio inferiore a quello secondario superiore) sembra calare, ma resta tuttora importante.

Da sondaggi effettuati nel mondo dell'impresa sull'evoluzione preconizzabile del livello di qualificazione che si richiederà in futuro alla manodopera, è emerso chiaramente che l'impiego di lavoratori qualificati continuerà ad aumentare, mentre diminuirà quello dei meno qualificati; la crescita dell'occupazione sarà costante e più marcata nel settore dei servizi e, molto probabilmente, nei settori ad alto contenuto tecnologico, che richiedono una gamma di qualifiche nelle TIC, nella comunicazione, ecc.

Un ambiente favorevole

Molti decidono di partecipare al mercato del lavoro non in funzione dei suddetti fattori, che determinano innanzitutto l'attrattiva del lavoro, bensì in funzione di criteri, quali la disponibilità di infrastrutture per la custodia dei bambini e l'accessibilità a tali strutture, l'esistenza di servizi di trasporto e di consulenza o di aspetti connessi con l'ambiente culturale.

Dalle strutture d'accoglienza e di trasporto pubblico adeguate dipendono anche le possibilità, offerte a coloro che ne hanno bisogno per migliorare la loro posizione lavorativa, di accedere a biblioteche e strutture di formazione degli adulti. Tali strutture sono per lo più di competenza dello Stato e soggette, quindi, a decisioni politiche. Tuttavia, non sono molti finora gli Stati membri che hanno adottato misure in questo campo.

Servizi pubblici dell'occupazione

Tali servizi svolgono con le loro attività un ruolo importante: la divulgazione d'informazioni riguardo ai posti disponibili, l'adeguamento di domanda e offerta e il sostegno alla mobilità possono risultare di grande aiuto allo sviluppo del mercato del lavoro.

Strutture d'accoglienza per l'infanzia e le persone anziane

Per molte donne, in particolare, il fatto di doversi occupare di persone a carico -figli o genitori- rappresenta un ostacolo notevole all'esercizio di una professione quando non dispongono di alternative. Le iniziative alquanto diverse, adottate dagli Stati membri, consistono, generalmente, in misure isolate che, data la limitata accessibilità, non hanno ancora prodotto risultati visibili per quanto riguarda la partecipazione delle donne ed evidenziano, pertanto, la necessità di investire maggiormente nelle strutture per l'infanzia.

In realtà, i servizi di supporto hanno un duplice effetto sulla loro partecipazione: da un lato, facilitano agli utenti l'accesso al mercato del lavoro, dall'altro, creano già di per sè un numero considerevole di posti di lavoro. E' cosi', infatti, che, dal 1995 in poi, sono nati più di due milioni di posti di lavoro nei settori dell'assistenza sanitaria e dei servizi sociali.

Sostegno alla mobilità

L'inserimento o il reinserimento sul mercato del lavoro sono spesso impediti dalla semplice incapacità di accedere ad un mercato del lavoro locale. I sistemi di trasporto nelle zone rurali non sono sempre adattati agli orari di lavoro e mancano, a volte, soluzioni alternative. Un luogo di lavoro, facilmente accessibile con mezzi di trasporto a costi contenuti, o lo sviluppo di attività commerciali alternative, in particolare, il telelavoro, possono avere un impatto decisivo sulla sempre più massiccia presenza dei lavoratori sul mercato del lavoro.

3. Considerazioni strategiche

Per realizzare gli obiettivi prefissati dai Consigli di Lisbona e di Stoccolma è necessario che tutti gli Stati membri si impegnino in maniera decisiva, anche se a diversi livelli. L'analisi di cui sopra ha messo in evidenza le principali sfide e i principali fattori che condizionano la partecipazione al mercato del lavoro. Le politiche da adottare dovranno essere dosate in modo da esprimere l'interdipendenza di tali fattori in modo esauriente ed equilibrato.

I progressi realizzati nel quadro della strategia di Lussemburgo e di Lisbona forniscono agli Stati membri una base utile per attuare strategie che sollecitino la partecipazione e migliorino la capacità di inserimento professionale della manodopera. Tramite un approccio preventivo e fattivo, tale strategia accresce le opportunità di inserimento professionale e di effettiva integrazione sul mercato del lavoro. D'altro canto, la strategia crea le condizioni per un adeguamento al cambiamento strutturale, stabilendo un giusto equilibrio tra sicurezza e flessibilità sul mercato del lavoro.

In tale contesto, si dovranno sfruttare i momenti di stasi congiunturale per preparare la manodopera alla successiva ripresa. Andranno evitate misure scoraggianti, ad esempio, l'applicazione di programmi di pensionamento anticipato; tali misure destinate a risolvere problemi di breve durata generati da una insufficiente domanda globale, sono solitamente difficilmente reversibili allorché la situazione congiunturale migliora.

L'obiettivo globale deve consistere:

* nel garantire alle generazioni presenti e future di restare più a lungo attive quando invecchieranno;

* nell'attirare, su base duratura, sul mercato del lavoro, quella frangia della popolazione attualmente inattiva, ma abile al lavoro, in particolare le donne;

* nel garantire la partecipazione, anche in futuro, degli attuali lavoratori anziani, tra i quali, quelli oltre i 50 sono maggiormente a rischio di prepensionamento.

Le attuali linee direttive per l'occupazione e gli orientamenti di massima della politica economica contengono numerose disposizioni che puntano alla realizzazione immediata di tale obiettivo, tra cui, l'apprendimento continuo, le politiche attive, i regimi fiscali o previdenziali, la promozione dell'invecchiamento attivo, la qualità del lavoro o le pari opportunità. Tuttavia, come risulta dalla relazione congiunta sull'occupazione del 2001, la maggior parte degli Stati membri seguono a questo proposito un metodo frammentario, non una strategia globale per raggiungere il difficile traguardo della crescente partecipazione al mercato del lavoro. Inoltre, sono pochissimi gli Stati membri che si sono prefissati delle mete per realizzare gli obiettivi comunitari per l'occupazione di Lisbona e Stoccolma, inscindibili dalla partecipazione.

La Commissione e il Consiglio invitano, pertanto, ogni Stato membro, in funzione della loro situazione interna, a definire obiettivi nazionali in materia di impiego che traducano in impegni concreti gli obiettivi prefissati dal Consiglio di Lisbona, nonché la strategia più adeguata per accrescere il tasso di attività e realizzare così tali obiettivi, conformemente ai principi enunciati al punto 3.1 in appresso.

Nell'ottica di un tale approccio, andrà accordata massima priorità a talune iniziative fondamentali descritte al punto 3.2.

3.1 Accrescere il tasso di partecipazione tramite un approccio globale

Spetta ai singoli Stati membri, in funzione della loro situazione interna, stabilire le misure più appropriate per intensificare la partecipazione al mercato del lavoro. È fondamentale, tuttavia, che tali azioni siano integrate in un approccio globale, dinamico ed equilibrato, che tenga conto di tutti i principali fattori identificati dianzi. Tale approccio dovrà mirare alla partecipazione lungo l'intero arco della vita, che si articolerà nelle seguenti quattro finalità: più posti di lavoro e di migliore qualità; lavoro remunerativo; competenze professionali più elevate e adattabili; il lavoro, come una scelta reale per tutti. Infine, la messa in pratica di tale approccio sarà affidata a partenariati.

Un approccio dinamico, basato sul ciclo di vita

L'obiettivo di una strategia globale deve consistere nell'ottimizzare la partecipazione di ogni singola persona lungo l'intero arco della sua esistenza. Prevenzione è la parola chiave per garantire l'integrazione e la presenza dei lavoratori sul mercato del lavoro. L'obiettivo consiste nell'assicurare una positiva interazione tra le politiche economiche, sociali e dell'occupazione, al fine di promuovere una vita attiva sostenibile, a lungo termine, in cui vengano sfruttate appieno tutte le risorse umane disponibili nella società.

Pertanto, il livello d'istruzione di base raggiunto incide in maniera determinante e a lungo termine sulla partecipazione. Quanto più è elevato il livello di formazione dei lavoratori, tanto più elevati sono i tassi di attività a tutte le età.

La prevenzione dell'erosione delle qualifiche nel corso della vita professionale degli adulti accrescerà le possibilità dei lavoratori di restare più a lungo attivi. Tassi di occupazione e di attività elevati nel gruppo di età che registra una più intensa attività consentiranno ai lavoratori più anziani di restare attivi per almeno altri 10 anni, optando per un approccio dinamico per prolungare la permanenza di tali lavoratori sul mercato del lavoro, offrendo loro migliori condizioni di lavoro e attività più gratificanti.

Inoltre, adottando misure di incentivo appropriate ed offrendo servizi adeguati nelle fasi decisive della vita, ad esempio, strutture di accoglienza e di custodia dell'infanzia ad uso delle famiglie, nonché soluzioni più adeguate per conciliare al meglio impegni professionali e responsabilità familiari, sarà possibile evitare l'abbandono, anzitempo, del mercato del lavoro.

Nel quadro di tale approccio dinamico, la decisione di ridurre la partecipazione al mercato del lavoro in determinati momenti della vita - giovani che intraprendono degli studi, adulti che scelgono un'attività a tempo parziale - dovrà essere ponderata, tenendo conto del vantaggio di una più assidua presenza nel mondo del lavoro nell'arco dell'intera esistenza. In altri termini, oltre ad attirare l'interesse dei giovani aspiranti al lavoro, sia donne che uomini, le politiche dovrebbero incoraggiarli a seguire gli studi e ad intraprendere una formazione professionale, in particolare coloro che abbandonano prematuramente gli studi e che rischiano la disoccupazione o l'inattività.

Impieghi qualitativamente e quantitativamente migliori

L'esistenza di una domanda di mano d'opera inciderà direttamente sulla decisione di partecipare al mercato del lavoro. Tale domanda dipende da una serie di fattori quali la situazione macroeconomica generale e il funzionamento - che è alla base di tale situazione - del mercato del lavoro, nonché la promozione di un ambiente favorevole alla creazione di imprese e di attività autonome.

La qualità dell'offerta influirà sull'accesso al mercato del lavoro, ma ancor più specificamente sulla decisione di conservare un impiego e di mantenere la presenza sul mercato del lavoro.

L'attrattiva generale di un impiego dipende da tutta una serie di fattori, tra cui condizioni salariali e di lavoro soddisfacenti; la salute e la sicurezza sul posto di lavoro (spetta alle autorità e ai datori di lavoro valutare e controllare i fattori di rischio connessi con la presenza di una manodopera sempre più anziana), l'equilibrio tra flessibilità e sicurezza delle condizioni contrattuali (percentuali elevate di lavoro volontario a tempo parziale coincidono con tassi di partecipazione più elevata delle donne e dei lavoratori anziani); di contro, le attività involontarie a tempo parziale e i contratti a tempo determinato incidono negativamente sui tassi di transizione verso la disoccupazione (15%) o verso l'inattività (10%).), i miglioramenti della produttività, la flessibilità dell'organizzazione del lavoro e degli orari di lavoro, il che consente, in particolare alle donne e ai lavoratori più anziani, di accedere più facilmente al lavoro e di avere maggiori opportunità.

Il posto di lavoro deve essere oggetto di interventi di modifica e di adeguamento che consentano ai lavoratori disabili di trovare un lavoro adatto e di conservarlo.

Le politiche relative al mercato del lavoro dovranno essere concepite in modo tale da non assicurare solamente la stabilità di impieghi decorosi e di qualità, bensì aiutare anche coloro che sono svantaggiati, condannati a svolgere attività scarsamente qualificate, ad ottenere migliori posti di lavoro. Bisognerà innanzitutto evitare l'applicazione di restrizioni all'accesso al mercato del lavoro.

Migliorare la retribuzione

La scelta di partecipare o meno al mercato del lavoro dipende, tra l'altro, dalle condizioni finanziarie dell'individuo e dalle alternative a sua disposizione. Il reddito da lavoro è comparato con altre fonti di reddito ed eventuali costi. Le diverse ripercussioni dei sistemi fiscali e previdenziali, nonché dei sistemi salariali su donne e uomini dovranno essere rivisti alla luce del loro impatto sulla decisione di lavorare, in particolare nelle famiglie in cui le prestazioni sociali sono calcolate in funzione delle risorse. Massima priorità va attribuita alle norme relative all'ammissibilità globale al beneficio delle prestazioni, ivi incluso il livello delle prestazioni e la durata del beneficio, alle condizioni da rispettare e all'offerta disponibile sul mercato del lavoro.

Per far sì che valga la pena esercitare una attività, è necessario valutare l'interazione tra livelli salariali, in particolare quelli più bassi della scala salariale, e misure di incentivo e di dissuasione implicite nei sistemi di imposizione fiscale e di previdenza sociale. Il rapporto tra i salari minimi, le prestazioni sociali e la fiscalizzazione del lavoro condiziona la decisione di gran parte della mano d'opera semplice di partecipare o meno al mercato del lavoro.

Un approccio dei sistemi fiscali e previdenziali più favorevole al mondo del lavoro (imposte, disoccupazione, handicap, prestazioni di assistenza e pensioni) dovrà far sì che le riforme non indeboliscano ulteriormente la posizione di coloro che rientrano nelle fasce di reddito più basse o che si trovano al limite della povertà. Valide politiche sociali associate alla ricerca di un impiego contribuiscono in modo determinante a garantire un reddito e a rafforzare le capacità di attrazione del lavoro, ma è altresì essenziale attuare il passaggio da politiche del mercato del lavoro passive a politiche attive e mirate affinché disoccupati e inattivi possano beneficiare di maggiori opportunità.

Al fine di garantire la coerenza tra un'equità a lungo termine e la sostenibilità del finanziamento pubblico delle pensioni, va eliminata qualsivoglia contraddittoria associazione di politiche fiscali e previdenziali, qual è il caso, ad esempio, delle misure pubbliche intese ad incoraggiare i lavoratori anziani a restare più a lungo attivi e quelle delle imprese che cercano invece di convincerli a ritirarsi anzitempo.

Competenze professionali di livello più elevato e adattabili alle esigenze

Per poter ottenere un livello di attività massimo a tutte le età della vita professionale, è fondamentale assicurare qualifiche e competenze commisurate all'offerta di impiego.

Per poter mantenere più a lungo in attività i lavoratori anziani, è necessario un aggiornamento continuo delle loro qualifiche nel corso della loro vita professionale, per adattarsi alle nuove esigenze del mercato del lavoro. Un aspetto della questione che merita la massima attenzione è l'accesso alla formazione di coloro che sono più di altri minacciati dall'esclusione dal mercato del lavoro, come i lavoratori non specializzati e le donne. I poteri pubblici e le imprese devono investire in maniera più sostanziale nella formazione di tali categorie di lavoratori.

Dando maggior impulso alle politiche attive del mercato del lavoro, attente alle esigenze degli individui e dei datori di lavoro, va favorito l'accesso a formazioni mirate ai disoccupati e agli inattivi (ad esempio, donne che potrebbero essere reintegrate sul mercato del lavoro).

Il lavoro deve diventare una possibilità di scelta reale per tutti

La disponibilità e la capacità di attrazione del lavoro non sono forse fattori sufficientemente stimolanti perché il lavoro possa diventare una scelta reale per tutti. Altre sono le condizioni importanti da soddisfare al fine di creare un ambiente favorevole a tutti. Ciò implica l'esistenza di servizi dell'occupazione moderni e funzionali, nonché un rafforzamento del loro ruolo nel campo dell'informazione e della ricerca di impieghi adeguati sia per le persone inattive che per quelle disoccupate; ciò comporta inoltre l'adeguamento dei metodi e delle procedure alle esigenze e alle situazioni delle singole persone, sia che si tratti di donne, anziani o persone svantaggiate. Importante è a questo proposito soddisfare i bisogni delle persone handicappate e dei lavoratori migranti che incontrano particolari difficoltà nella ricerca di un impiego e nell'accedere al mercato del lavoro.

I genitori che lavorano, in particolare le famiglie monoparentali, hanno difficoltà a trovare per i loro figli strutture di accoglienza che siano di qualità, sicure e non costose. Vi è inoltre bisogno di servizi di assistenza e di accoglienza per le persone non autonome.

Il tragitto da casa al lavoro e viceversa rappresenta per molti un problema importante che li porta a volte a rifiutare un'offerta. Anche la messa a punto di strutture di trasporto appropriate e a costi contenuti per i gruppi di persone a basso reddito e svantaggiate avrà pertanto un impatto positivo sul tasso di attività.

Un approccio sul piano del partenariato

Alle autorità statali spetta il compito fondamentale di elaborare e attuare un approccio globale finalizzato alla crescita del tasso di attività. Tuttavia, esse saranno in grado di conseguire tale obiettivo solo collaborando con numerosi partner.

L'impegno attivo delle parti sociali è uno degli elementi cruciali del successo dell'approccio politico globale proposto. Esse dovranno - senza compromettere la propria autonomia - negoziare condizioni di lavoro commisurate al contesto specifico in modo tale da garantire ai lavoratori anziani di lavorare nell'interesse sia degli stessi dipendenti che dei datori di lavoro, nonché dell'economia e della società nel suo insieme.

In linea con la responsabilità sociale delle imprese, i datori di lavoro devono fornire un importante contributo, attuando, ad esempio, azioni mirate alla realizzazione di un determinato obiettivo, quale l'ambiente e la qualità del lavoro, o creando condizioni che consentano ai lavoratori più anziani di prolungare la loro presenza nel mondo del lavoro.

Nei diversi contesti istituzionali, le autorità regionali e locali dovranno assumere la loro parte di responsabilità nel coordinamento delle politiche regionali e nazionali.

Infrastrutture e personale nel campo dell'educazione e della formazione devono rispondere alle esigenze di formazione delle imprese, elaborando programmi di formazione professionale personalizzati (uomini, donne, anziani, manodopera semplice, migranti, handicappati). Essi dovranno estendere la loro collaborazione alle parti sociali e alle autorità pubbliche a livello nazionale, regionale o locale, offrendo opportunità di formazione ai disoccupati e alle persone non attive.

3.2 Azioni prioritarie

Nel quadro dell'approccio globale sudescritto, va data priorità alle seguente iniziative, per rispondere ai gravi deficit constatati in numerosi Stati membri.

a) Un'iniziativa congiunta governo/parti sociali per prolungare la vita attiva dei lavoratori

Tale iniziativa sarà incentrata in particolare:

* sull'accesso alla formazione nell'impresa: i datori di lavoro dovranno assumere maggiori responsabilità e incrementare gli investimenti nel loro capitale umano, promuovendo innanzitutto la formazione e offrendo possibilità di carriera ai lavoratori meno qualificati/con salari più bassi. Un investimento di tale natura preparerebbe a eventuali ristrutturazioni economiche e rafforzerebbe la capacità di adattamento dei lavoratori. Introdurre dei cambiamenti negli incentivi finanziari per promuovere un più tardivo pensionamento può rivelarsi controproduttivo se le persone anziane si rifiutano di seguire corsi di aggiornamento e di adeguarsi alle nuove condizioni dell'ambiente imprenditoriale e professionale;

* sui mezzi per migliorare la qualità delle condizioni di lavoro e dell'organizzazione del lavoro allo scopo, in particolare, di incoraggiare le donne e i lavoratori specializzati a prolungare la loro permanenza sul mercato del lavoro e di rispondere alle esigenze dei lavoratori handicappati;

* sul cambiamento dell'opinione secondo la quale il pensionamento anticipato costituisce una soluzione accettabile ai problemi della riduzione del personale e della ristrutturazione.

In una tale iniziativa bisogna partire dal presupposto che tali sforzi sono estremamente utili e vanno a beneficio dell'intera società; essi possono comportare, pertanto, una ridistribuzione delle risorse pubbliche a favore di tale settore.

b) Una revisione mirata dei regimi fiscali e previdenziali

In molti Stati membri è assolutamente urgente attuare ampie riforme dei regimi fiscali e previdenziali per rivedere i loro effetti d'incentivo combinati. Tali riforme, nonchè il rafforzamento dei sistemi di controllo e la revisione dei criteri di ammissibilità, dovranno essere impostate in modo tale da promuovere ulteriormente gli incentivi al lavoro. Si dovrà in ordine prioritario:

* rivedere, in vista di una loro soppressione, le misure intese a promuovere il prepensionamento sia a favore dell'individuo che delle imprese, che cercano in tal modo di risolvere il problema del ridimensionamento del personale e delle grandi ristrutturazioni; promuovere il passaggio parziale/progressivo verso il pensionamento, ricompensando i lavoratori che continuano a lavorare anche dopo aver raggiunto l'età pensionabile, e migliorare anzitutto l'organizzazione del lavoro.

* riesaminare le conseguenze delle attuali combinazioni di misure politiche a favore della partecipazione (sistemi di incoraggiamento, sanzioni in caso di esercizio, dopo la pensione, di un'altra attività); considerare l'eventualità di riformare le prestazioni basate sulla verifica del reddito (senza, tuttavia, compromettere gli obiettivi della politica sociale o le misure di incentivo all'istruzione e alla formazione), per far sì che ogni membro della famiglia sia incoraggiato a lavorare.

c) Un approccio definito per risolvere le disparità tra i sessi a livello di retribuzione e di accesso al mercato del lavoro

Al fine di ridurre le disparità tra uomini e donne, sia nel settore pubblico che nel privato, si impone l'adozione di un efficace iniziativa che comporti:

* una valutazione globale delle ragioni -ivi incluse le differenze a livello produttivo- della presenza di disparità più o meno evidenti tra il livello di retribuzione dei due sessi in tutti gli Stati membri;

* un'analisi dei limiti alle possibilità di lavoro per uomini e donne, in particolare in campo educativo, nelle pratiche di assunzione applicate dai datori di lavoro e nelle culture d'impresa e del lavoro esistenti;

* una revisione dei sistemi di classificazione delle professioni e della composizione dei salari al fine di eliminare le disparità tra i sessi ed evitare qualsivoglia sottovalutazione del lavoro nei settori e nelle professioni dominate dalla presenza delle donne, migliorare i sistemi statistici e di controllo, sensibilizzare ulteriormente la popolazione nei confronti del problema delle differenze salariali e migliorarne la trasparenza.

d) Favorire la presenza sul mercato del lavoro di colorosu cui grava l'onere degli impegni familiari

Gli oneri familiari costituiscono un importante ostacolo alla partecipazione al mercato del lavoro, in particolare di larga parte delle donne. Ci si dovrà impegnare inanzittutto per:

* realizzare servizi di custodia dell'infanzia, per far sì che i genitori, in particolare le donne, possano meglio integrarsi sul mercato del lavoro; è importante garantire non solo la disponibilità di tali servizi, ma far si' anche che essi siano accessibili dal punto di vista dei costi e rispondano a elevata norme di qualità; e

* rafforzare l'efficacia delle strutture sanitarie e di accoglienza delle persone anziane, migliorandone l'inserimento nella politica sociale in genere. Le riforme devono avere come obiettivo innanzitutto l'adeguamento dei sistemi di assistenza e di accoglienza alle esigenze di una popolazione sempre più anziana.

e) Riesame delle misure intese a ridurre i tassi di abbandono degli studi

Gli orientamenti per l'occupazione invitano gli Stati membri ad adottare misure intese a dimezzare entro il 2010 il numero di studenti che abbandonano anzitempo la scuola. Tra le misure prioritarie da considerare vi sono:

* l'elaborazione di misure efficaci, nel campo della politica dell'integrazione sociale, per aiutare gli studenti che abbandonano anticipatamente la scuola, a reinserirsi in una struttura di formazione e di istruzione formale e/o non formale. Tali misure dovrebbero rispondere alle esigenze specifiche dei giovani affetti da handicap o con difficoltà di apprendimento. In partenariato saranno messi a punto programmi di formazione per avvicinare la scuola al mondo del lavoro;

* miglioramento dell'accesso alla formazione e promozione delle infrastrutture di formazione per rispondere alle esigenze specifiche e alle situazioni particolari di tale categoria di allievi, in associazione con diversi operatori del settore pubblico;

* elaborazione di programmi di formazione speciale, adattati alle esigenze e alle situazioni dei giovani migranti che incontrano particolari difficoltà ad integrarsi nei sistemi educativi e ad accedere e adeguarsi al mercato del lavoro.

3.3 Seguito del programma d'azione

Facendo affidamento sull'efficace applicazione delle riforme del mercato del lavoro nel quadro degli orientamenti per l'occupazione e degli orientamenti di massima delle politiche economiche, sarà possibile sostenere con maggior decisione la sfida dell'incremento della presenza della popolazione attiva sul mercato del lavoro. Le linee direttive per l'occupazione, tenendo conto dell'attenzione particolare rivolta recentemente ai tassi di occupazione, alla qualità del lavoro e all'apprendimento permanente, forniscono il quadro di un approccio globale per promuovere la partecipazione al mercato del lavoro di uomini e donne di tutte le età. Mettendo l'accento sulla crescita e su una politica macroeconomica orientata alla stabilità, nonché sulle riforme strutturali, gli orientamenti di massima delle politiche economiche rafforzano ulteriormente il quadro politico. Nell'elaborare le future direttive e i futuri orientamenti dovrà essere considerato costantemente prioritario l'obiettivo della crescita del tasso d'attività.

Le misure intese ad accrescere il tasso di attività e a prolungare l'età attiva dovranno tenere conto del rapporto esistente con le pensioni e con l'assistenza sanitaria, ivi inclusi i loro obiettivi sociali e la sostenibilità finanziaria dei loro regimi.

In linea con le priorità politiche, le parti sociali devono esercitare un ruolo importante nella ricerca di una soluzione alla sfida posta dall'invecchiamento della popolazione, questione questa di massima priorità nel dialogo sociale.

L'azione dei governi e delle parti sociali sarà coronata da successo solo se sarà accompagnata da radicali cambiamenti nell'atteggiamento delle imprese e dei sistemi formativi nei confronti delle disparità tra i sessi, dei lavoratori anziani, nonché di qualsivoglia altro gruppo svantaggiato, tra cui i lavoratori migranti e gli handicappati. Tale cambiamento nei comportamenti impone la mobilizzazione dell'intera società e un dispiego di forze da parte delle massime autorità politiche, seguendo le linee tracciate dai Consigli europei di Lisbona e di Stoccolma.

Allegato

Analisi delle tendenze e dei fattori determinanti la partecipazione della manodopera

I fattori che favoriscono o scoraggiano la partecipazione non sono necessariamente gli stessi che fanno sì che si accetti o meno un determinato impiego o che si scelga di lavorare o di essere disoccupato. La decisione di partecipare al mercato del lavoro implica una scelta più sostanziale, vale a dire, se far parte o meno del mondo del lavoro. Si tratta comunque di due decisioni ben distinte che non vanno confuse tra di loro. Inoltre, la scelta di partecipare implica, a sua volta, un duplice aspetto, quello di accedere al mercato del lavoro e quello di restarvi. I fattori che portano ad accedere al mercato del lavoro non sono necessariamente gli stessi che incoraggiano a restarvi. Il primo complesso di fattori riguarda essenzialmente i giovani e le donne che riprendono la vita attiva, mentre il secondo si applica essenzialmente ai lavoratori più anziani (sia uomini che donne). Nel quadro dell'evoluzione demografica si tende a riconoscere a questi ultimi fattori una importanza maggiore nella prospettiva della promozione della partecipazione globale.

Tendenze della partecipazione della manodopera

L'analisi si basa sulla nozione di popolazione in età attiva, vale a dire la popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni. La percentuale di popolazione in età da lavoro, sia che eserciti un'attività o sia disoccupata e alla ricerca di un lavoro, costituisce quello che l'OIL definisce la popolazione attiva. Il tasso di attività o il tasso di partecipazione costituisce la percentuale della popolazione attiva in un gruppo di età o di sesso, in rapporto alla popolazione in età da lavoro della stessa età e dello stesso sesso.

Nel corso degli ultimi 30 anni, il modello della partecipazione dei lavoratori è cambiato considerevolmente (grafico 1). Dal 1970 in poi, è aumentata fortemente la partecipazione delle donne di età compresa tra i 25 e i 60 anni, mentre quella degli uomini di tutti i gruppi d'età è calata, soprattutto nei segmenti inferiori e superiori della piramide dell'età.

Partecipazione al mercato del lavoro nell'arco dell'intera vita

Giovani (15-24)

L'età e il momento in cui i giovani decidono di fare il loro ingresso nel mercato del lavoro dipendono innanzitutto dal grado finale di istruzione a tempo pieno che essi hanno raggiunto. Gli studi possono essere abbinati inizialmente con impieghi di vario tipo, in modo tale che il passaggio alla vita attiva non avvenga in modo brusco, ma in modo graduale. In questo stadio del ciclo di vita, sono scarse o inesistenti le disparità nel tasso di partecipazione delle donne e degli uomini, in quanto non entrano in gioco ancora i fattori che influenzano la scelte delle donne nella partecipazione al mercato del lavoro.

Nei primi anni 90 si è assistito ad un notevole calo della presenza dei giovani nel mondo del lavoro, largamente compensato da un aumento della partecipazione all'istruzione e alla formazione, ma, alla fine dello stesso decennio, vi è stata una certa ripresa dei tassi di occupazione. Tale recupero sembra caratterizzare ciascuno dei gruppi di età tra i 15 e i 24 anni nel periodo compreso tra il 1995 e il 2000, soprattutto i maschi più giovani. Inoltre, sembra legato all'abbinamento di impieghi a tempo parziale e determinati tipi di formazione. Nel 1995, il 48% circa dei giovani lavoratori ha dichiarato che il motivo principale della scelta di un impiego a tempo parziale era il desiderio di partecipare a un corso di formazione generale o professionale. Secondo i dati disponibili per il 2000, questa percentuale è aumentata di oltre il 13%, fino a raggiungere l'attuale 61% nell'insieme dell'Unione europea.

Nel gruppo di età dei 15-19 anni, la partecipazione è considerevolmente inferiore al 1970, e quasi tutti gli inattivi seguono una qualsivoglia forma di istruzione o di formazione. Inoltre, due terzi del 24% di coloro che hanno un impiego, seguono anche un corso di studi o di formazione. Nella classe di età dei 20-24 anni, la percentuale della popolazione non attiva scende al 34% (equivalente all'incirca alla percentuale del 1970), ma un po' meno dell'80% dei giovani di questa fascia è composta da studenti e apprendisti, al pari di un quarto di coloro che già lavorano.

Sono ancora molti i giovani che rinunciano agli studi, senza aver completato il ciclo di studi superiori - considerato, in genere, il livello minimo necessario per potersi adattare al mercato del lavoro nelle diverse fasi della vita. Nonostante i miglioramenti intervenuti nel corso degli ultimi anni, il 25% circa dei giovani di età compresa tra i 25 e i 29 anni non ha completato gli studi secondari superiori e il 18% di quelli tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato gli studi.

Adulti (25-49)

È in questo gruppo di età che negli ultimi trent'anni la struttura della partecipazione al mercato del lavoro ha subito i maggiori cambiamenti. Nel 1970 il tasso più elevato, il 68% e oltre, si registrava tra i giovani di età inferiore ai 25 anni; nel 2000 le percentuali più elevate figuravano nel gruppo di età compreso tra i 25 e i 49 anni, con oltre l'80%. Tuttavia, al di là di tali tendenze generali, si è registrato un leggero calo nelle cifre relative alla partecipazione degli uomini e un notevole aumento in quelle relative alle donne, passate da meno del 40% al 70% e oltre, per quanto riguarda questo gruppo di età nel suo complesso.

La partecipazione degli uomini al mercato del lavoro ha raggiunto il suo apice in tale fascia d'età, in particolare tra gli ultratrentenni, e resta in genere elevata nel resto di tale segmento. Tale tendenza non è cambiata dal 1995 ad oggi (grafico 2). La partecipazione delle donne è aumentata in tutte le classe di età dal 1995 in poi.

Vi è ancora uno scarto considerevole tra i tassi di attività degli uomini e quello delle donne di tutte le età, anche quelle senza figli (tabella 1 e grafico 3). I tassi di attività delle donne variano anche in funzione dell'età dei figli (grafico 4). Soprattutto nei paesi meridionali, le quote di partecipazione delle donne sono generalmente basse e l'età dei figli incide solo relativamente. In Germania e nel Regno Unito, vi è uno scarto del 20% circa tra i tassi di attività delle donne con figli in età prescolare e quelli delle donne con figli in età scolare. In Francia, invece, anche se le cifre sono globalmente analoghe a quelle della Germania e del Regno Unito, si osserva un calo dell'attività delle donne con figli in età prescolare, ma non vi è quasi nessuna differenza nelle percentuali relative alle donne senza figli e quelle delle donne con figli in età scolare. Tali differenze evidenziano l'importanza della disponibilità di strutture di accoglienza, in particolare per l'infanzia, per aumentare il tasso di partecipazione di coloro che si fanno carico delle responsabilità familiari - oggigiorno sono soprattutto le donne. Se ne deduce che l'offerta di servizi di assistenza e di custodia dei bambini in età prescolare influisce sulla struttura della partecipazione al mercato del lavoro.

Gruppi d'età più avanzata

Oggigiorno, la partecipazione globale decresce molto più rapidamente che nel 1970, allorché le cifre in forte calo interessavano solo la classe degli ultrasessantenni. La partecipazione sia degli uomini che delle donne si riduce drasticamente in questa segmento dell'età, benché i tassi relativi alle donne di età compresa tra i 50 e i 60 anni siano attualmente più elevati rispetto al 1970 e siano solo leggermente inferiori per le ultrasessantenni. Le cifre percentuali relative all'attività degli uomini oltre i 55 anni sono notevolmente inferiori a quelle del 1970.

Gli indici di partecipazione degli uomini cominciano a calare, spesso molto rapidamente, dai 50 anni in poi; cio' è dovuto in gran parte sia ai licenziamenti forzati connessi con le perdite di posti di lavoro nell'industria manifatturiera, in particolare in periodi di forte perdite d'impiego, che alla difficoltà, soprattutto per gli uomini meno qualificati, di essere reintegrati nel loro posto di lavoro, anche in caso di ripresa economica.

La partecipazione delle donne diminuisce a partire dai 45 anni circa, ma in genere più lentamente di quella degli uomini, fino all'età della pensione. Negli uomini il calo è più sensibile e più precoce sia per coloro meno qualificati che per coloro che lo sono mediamente, prima dei 50 anni e fino ai 60 anni. Tra le donne scarsamente qualificate, il calo si osserva già a partire dai 45 anni, ma dopo i 50 anni è molto più accentuato tra quelle altamente o mediamente qualificate (grafici 7 e 8).

Fattori che ostacolano l'integrazione nel mercato del lavoro

Spesso la partecipazione nettamente più debole al mercato del lavoro è associata a determinati fattori socioeconomici.

Immigrazione

La partecipazione dei lavoratori migranti varia ampiamente in funzione dei paesi e del livello di qualificazione. Il tasso di attività globale dei cittadini stranieri è del 61% circa rispetto al 72% dei cittadini dell'Unione (grafico 9). Le differenze di partecipazione sono più marcate agli estremi della scala delle professioni/competenze. I tassi di attività sono molto più elevati tra i cittadini dell'Unione europea per quanto riguarda i lavoratori non manuali, altamente qualificati, e, in misura minore tra i lavoratori non manuali mediamente qualificati, mentre la situazione si presenta all'opposto per i lavoratori manuali non qualificati (grafico 10).

Ciò si riflette anche nella distribuzione settoriale dell'occupazione tra i cittadini dei paesi terzi (grafico 11). Il tasso di attività di questi ultimi è più elevato di quello dei cittadini nazionali nei 5 settori, in 3 dei quali in maniera sostanziale: le strutture alberghiere e di ristorazione, le famiglie private, nonché la costruzione, l'immobiliare e gli affitti.

Handicap

Non è necessario dimostrare che le persone disabili incontrano molte più difficoltà a trovare un posto di lavoro e a conservarlo. Tali categorie rischiano, infatti, l'inattività molto più delle persone normodotate. Più della metà di coloro il cui stato di salute è soddisfacente è inattivo, mentre più dei tre quarti di coloro che versano in situazioni precarie o gravi sono inattivi.

Circa i due terzi di coloro che dichiarano di avere dei problemi cronici connessi con la loro salute fisica o mentale, di essere affetti da una malattia o da un handicap sono inattivi (un quarto degli europei dichiara di avere problemi di questo tipo);

* Se l'80% e oltre delle persone gravemente impedite nelle loro attività quotidiane e i due terzi circa di coloro che lo sono fino ad un certo punto sono inattivi, è inattivo anche il 50% di coloro che non lo sono.

Squilibri regionali

Date le strette relazioni che intercorrono tra le regioni, quelle a tasso di occupazione elevato presentano anche tassi di attività più elevati, soprattutto tra i giovani e le persone più anziane.

Nelle regioni in ritardo rispetto alle altre, il miglioramento dei risultati relativi all'occupazione dipenderà in larga parte dalla capacità di ottimizzare le risorse di mano d'opera potenziali, nonché di attirare nuovo capitale umano. Nelle regioni in cui la crescita dell'occupazione è debole, la popolazione in età da lavoro si è ridotta dello 0,2 % circa all'anno nel periodo compreso tra il 1996 e il 2000, mentre le regioni in cui più forte è la crescita dell'occupazione hanno registrato un tasso di crescita annua della popolazione dello 0,5 %. Tali variazioni trovano riscontro anche per la crescita del livello medio di qualificazione più rapida nelle regioni in cui i tassi di crescita dell'occupazione e della popolazione sono stati comparativamente più elevati. Nel 2000, più della metà della popolazione in età attiva nelle regioni a basso tasso di occupazione è scarsamente qualificata, rispetto a meno di un quarto nelle regioni in cui tale tasso è elevato.

Fattori chiave che influenzano la partecipazione al mercato del lavoro

L'analisi precedente ha rivelato che l'Unione europea dispone di un'offerta di mano d'opera potenziale considerevole. Il 31% della popolazione in età da lavoro non esercita un'attività remunerata (percentuale equivalente a 77 milioni di persone, di cui 50 milioni donne e 27 milioni uomini). Anche escludendo il gruppo di età dei 15-19 anni, molti dei quali seguono corsi d'istruzione o formazione, il numero degli inattivi è ancor sempre pari a 53 milioni (tabella 2 e grafico 12).

In realtà, sono molti tra loro che vorrebbero lavorare. Secondo i risultati dell'indagine sulle forze di lavoro, il 14% circa di coloro che attualmente non lavorano sarebbero disposti a farlo subito. Se si considera questo fatto in una prospettiva a medio termine, tale percentuale aumenta considerevolmente. Almeno la metà degli uomini (56% ) e delle donne (49%) che sono al momento senza lavoro retribuito vorrebbe lavorare o avrebbe l'intenzione di farlo entro i prossimi 5 anni, mentre un quinto di loro è indeciso e meno di un terzo non ha alcuna intenzione di lavorare in futuro [3].

[3] Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, "Scenari dell'occupazione e partecipazione al lavoro", 2000

Il principale fattore determinante della partecipazione al mercato del lavoro è la disponibilità di posti di lavoro accettabili e appropriati. Quanto più il tipo e la natura degli impieghi offerti corrisponderanno alle caratteristiche e alle aspettative dei lavoratori potenziali, tanto più la loro risposta risulterà positiva. Ma quello che più incide innanzitutto è che il settore e le professioni corrispondano alle qualifiche del lavoratore potenziale. Successivamente, la decisione di inserirsi nel mondo del lavoro o di restare inattivi dipenderà essenzialmente dai vantaggi finanziari conseguenti all'una o all'altra scelta. Vi è poi tutta una serie di altre considerazioni, correlate soprattutto con gli ostacoli esistenti, che può far desistere dal volere partecipare al mercato del lavoro.

Tutti questi fattori sono interdipendenti e costituiscono nella pratica un'insieme di fattori complessi.

Disponibilità e capacità di attrazione del lavoro

Coloro a cui incombono responsabilità familiari possono rinunciare alla ricerca di un impiego retribuito e concentrarsi sul lavoro domestico, riducendo in tal modo spesso le loro possibilità di carriera professionale o di un loro reinserimento sul mercato del lavoro. Le persone di una certa età che hanno perso il posto di lavoro possono incontrare delle difficoltà a trovare un nuovo impiego, anche se sottoretribuito e a condizioni meno favorevoli, e potrebbero, pertanto, scegliere di andare in pensione anticipatamente.

Settori

L'aumento dei posti di lavoro in determinati settori e branche professionali e l'offerta di manodopera destinata a coprire tali posti sono strettamente correlate. La presenza sempre più massiccia delle donne nel corso dell'ultimo decennio ha visto crescere rapidamente anche l'offerta di impiego femminile nel settore dei servizi in genere e nei settori della sanità e dell'istruzione in particolare. Analogamente, la tendenza alla riduzione degli sforzi fisici in molti posti di lavoro, abbinata all'evoluzione demografica e al miglioramento delle condizioni di salute delle persone in età più avanzata potrebbe favorire la partecipazione dei più anziani.

Attrattiva dei posti di lavoro

La qualità del lavoro in termini di soddisfazione professionale e di condizioni di lavoro ha il suo peso nella decisione di entrare a far parte del mondo del lavoro ma più in particolare su quella di non uscirne e di continuare ad esercitare la propria attività. L'attrattiva generale di un impiego comprende tutta una serie di fattori che vanno dalla soddisfazione globale, all'orario di lavoro e agli accordi contrattuali.

Secondo la relazione "L'occupazione in Europa 2001" i tassi di rinuncia al posto di lavoro e la scelta della disoccupazione e della inattività sono strettamente connessi con la qualità del lavoro: coloro che esercitano un'attività scarsamente qualificata (definita tale un' attività senza accesso alla formazione, senza la sicurezza del posto di lavoro o la cui retribuzione/produttività è scarsa) rischiano molto di più degli altri la rinuncia alla vita attiva. Un quarto circa di tutti coloro che occupano simili posti di lavoro e un terzo dei giovani vi rinunciano da un anno all'altro; se gli uomini in genere e quelli meno qualificati in particolare corrono maggiormente il rischio di restare disoccupati, le donne rischiano di più l'inattività; donne e giovani sono inoltre sovrarappresentati negli impieghi scarsamente retribuiti/produttivi e si trovano spesso imprigionati in tale categoria professionale, nella quale, più che in qualsivoglia altra categoria si registra il tasso di abbandono più elevato.

In genere, la percentuale del passaggio da impieghi meno qualificanti alla disoccupazione è 5-10 volte più elevata di quella verso impieghi di elevata qualità e il passaggio all' inattività è 2-5 volte più elevato. Il passaggio alla disoccupazione e all' inattività è notevolmente più elevato tra i lavoratori anziani che esercitano attività scarsamente qualificate. I tassi di abbandono per passare all'inattività sono tre volte più elevate tra gli handicappati che tra i normodotati.

Anche gran parte dei contratti a tempo determinato involontari e degli impieghi a tempo parziale è associata a tassi di abbandono elevati (15% circa a favore della disoccupazione e 10% a favore dell'inattività). La maggior parte delle persone preferisce di gran lunga un contratto a tempo indeterminato (il 70% dei disoccupati o delle lavoratrici che riprendono il lavoro e il 50% di giovani aspiranti ad un lavoro), ma un numero relativamente elevato di giovani (50%) è disposto ad accettare anche un impiego temporaneo. Tuttavia, anche se sono molti quelli che si reinseriscono nella vita attiva dopo episodi temporanei di abbandono, il rischio che l'inattività diventi permanente è tanto più elevato quanto più frequenti sono tali episodi. Le persone handicappate (gravemente o solo parzialmente) rischiano più di altri di essere impiegati a tempo parziale e con contratti di lavoro a tempo determinato.

D'altro canto, la possibilità di lavorare volontariamente, in base ad un orario flessibile può influenzare la decisione di accedere o di rimanere nel mondo del lavoro anche in un'età più avanzata. La domanda di impieghi a tempo parziale è più elevata tra le lavoratrici reinserite nel mondo del lavoro (2/3 preferiscono questo genere di contratto e, complessivamente 3/4 di loro accetterebbero un simile impiego), nonché tra i giovani o i disoccupati aspiranti ad un lavoro (1/3). Inoltre più della metà di coloro che accedono al mercato del lavoro o vi fanno ritorno vorrebbe lavorare a domicilio, almeno parzialmente, mentre il 20% delle donne che riprendono a lavorare vorrebbe svolgere la sua attività unicamente a domicilio.

I lavoratori più anziani possono forse desiderare di ritirarsi progressivamente dal lavoro riducendo il loro orario. Tuttavia, qualora non gli sia concessa tale possibilità, non hanno altra scelta che abbandonare definitivamente o accettare attività transitorie meno qualificanti. È provato in realtà che i lavoratori più anziani sono meno flessibili per quanto riguarda gli orari di lavoro, la maggiore flessibilità del lavoro, del tipo accordi di gestione flessibile degli orari di lavoro e possibilità di impiego a tempo parziale e del lavoro autonomo, nonché accordi speciali, quali quelli in materia di lavoro a domicilio o telelavoro, aumenterebbe la partecipazione in genere dei più anziani al mercato del lavoro ed eleverebbe l'età pensionabile. Tale categoria di persone è già sovrarappresentata nel settore del lavoro a tempo parziale a carattere volontario .

I tre quarti delle persone inattive in età avanzata che sono alla ricerca di un impiego preferirebbero un impiego a tempo parziale e un quarto di loro un orario settimanale inferiore alle 20 ore. I livelli più elevati di insoddisfazione tra i lavoratori più anziani riguardano gli orari di lavoro (23%; 22% degli uomini e 25% delle donne).

Gli effetti delle caratteristiche di un impiego (che non siano la retribuzione e i regimi previdenziali professionali, di cui si parlerà più avanti) e delle condizioni del lavoro sull'offerta di mano d'opera e sulla rinuncia dei più anziani al lavoro sono difficili da valutare, qualora un cambiamento nello stato di salute di questi ultimi non sia il fattore determinante di una simile decisione. I lavoratori più anziani non possono più esercitare attività pericolose, sgradite ed impegnative sul piano fisico e sono quindi spesso forzati a rinunciarvi. Essi vanno inoltre in pensione prima del previsto quando svolgono attività difficili o complesse e stressanti che non offrono loro nuove prospettive di carriera.

Tuttavia, i lavoratori in età più avanzata che decidono di restare dichiarano più spesso un livello di soddisfazione professionale relativamente elevato. Più della metà di quelli che svolgono un'attività si dicono altamente soddisfatti del loro lavoro, mentre solo l'8% è insoddisfatto; i tassi di malcontento sono analoghi a quelli di coloro che rientrano nei gruppi di età più presenti sul mercato del lavoro ma molto inferiori a quelli dei giovani. Tuttavia, coloro che esercitano una attività scarsamente qualificante - in particolare attività senza prospettive - rivelano un malcontento molto più marcato (un terzo circa si dichiara molto insoddisfatto) dei giovani lavoratori o di coloro che rientrano in gruppi di età più presenti sul mercato del lavoro, mentre i tassi di soddisfazione di coloro che occupano impieghi di qualità sono molto più elevati (quasi i due terzi).

Istruzione e formazione

L'istruzione e la formazione esercitano un influsso diretto sull'occupazione e sul funzionamento del mercato del lavoro. Una delle priorità politiche dell'Unione nel suo insieme e di tutti gli Stati membri consiste nell'adottare misure intese ad elaborare ed attuare strategie globali di istruzione e di formazione permanente nel quadro della strategia europea per l'occupazione. Un rafforzato interesse nel confronto dell'istruzione e della formazione lungo tutto l'arco della vita è associato ad una maggiore attenzione rivolta al miglioramento delle qualifiche, della mobilità e della qualità dell'occupazione.

È assolutamente indispensabile garantire la corrispondenza tra impieghi disponibili e qualifiche e competenze della popolazione per ottimizzare la partecipazione al mondo del lavoro. È una condizione questa valida per tutte le fasi della vita professionale. Il livello di apprendimento iniziale che si è raggiunto avrà delle ripercussioni fondamentali a lungo termine sul livello di partecipazione.

In mancanza di un apprendimento permanente e di opportunità professionali nell'ambito dell'impresa al fine di perfezionare le qualifiche nell'arco della vita professionale, aumenta il rischio per i lavoratori più anziani di perdere il posto di lavoro. Inoltre, più elevate sono le qualifiche e le competenze, più possono risultare utili. E' provato, inoltre, che, dopo una certa età, si riducono le possibilità per i lavoratori di accedere alla formazione o, comunque, la disponibilità da parte loro di prendervi parte.

Nel 2000 il tasso di attività su scala comunitaria risultava pari all'87% per le persone altamente qualificate, rispetto al 57% per quelle meno qualificate; nelle donne tali differenze sono ancor più marcate: le donne scarsamente qualificate sono il solo gruppo della popolazione di cui oltre la metà è composta da persone non attive (tabella 3). (L'occupazione in Europa, 2001).

La percentuale di giovani che hanno seguito e completato un ciclo di studi superiore (quelli, cioè, altamente qualificati) è aumentato nel corso degli anni. Il numero di persone considerate scarsamente qualificate (coloro cioè che sono in possesso di un titolo di studio di livello inferiore a quello secondario superiore) sembra diminuire ma è tuttavia sempre considerevole. (cfr. quanto detto sopra).

Una buona formazione di base costituisce pertanto il presupposto essenziale per aspirare ad un primo impiego e per acquisire le qualifiche e le specializzazioni necessarie nella vita professionale. L'accesso all'istruzione e alla formazione permanente per perfezionare tali qualifiche nella propria carriera professionale consente di affrontare meglio l'evoluzione del mercato del lavoro e aiuta a conservare il proprio posto. In effetti "più hai, e più riceverai" sembra essere il principio informatore in materia di accesso alla formazione.

I lavoratori in età più avanzata e scarsamente qualificati beneficiano di opportunità di formazione nettamente inferiori. Se è vero che la metà circa dei lavoratori più anziani lavora in imprese che offrono opportunità di formazione, è altrettanto vero che meno del 15% di essi partecipano effettivamente ad iniziative di questo genere - sia che siano attuate dal datore di lavoro o da privati; soltanto il 7% dei lavoratori più anziani e scarsamente qualificati riceve una formazione rispetto al 25% dei lavoratori della stessa categoria, ma altamente qualificati (L'occupazione in Europa, 2001).

Indagini effettuate presso datori di lavoro sull'evoluzione preconizzabile del livello di qualificazione che si richiederà alla manodopera indicano chiaramente che l'impiego di manodopera qualificata continuerà ad aumentare, mentre quello di lavoratori semplici calerà sempre di più; il settore dei servizi e probabilmente i settori ad alto contenuto tecnologico, in cui più marcate sono le esigenze di qualificazione, tra cui le competenze in materia di TIC, di comunicazione, ecc. continueranno ad essere caratterizzati dal tasso di crescita più elevato.

Con il calo della qualificazione e della produttività dei lavoratori anziani, crescono d'importanza la formazione, la capacità di adattamento alle nuove competenze e tecnologie, la mobilità e la flessibilità salariale. Se queste mancano, i datori di lavoro potrebbero essere tentati ad evitare i costi relativamente elevati che l'assunzione di tali lavoratori comporta. Anche le nuove tecnologie incidono spesso in maniera determinante sui piani d'occupazione e di pensionamento dei lavoratori più anziani a causa di una potenziale distorsione delle competenze nelle nuove tecnologie: se, infatti, cambiano in funzione di queste nuove tecnologie le esigenze in materia di lavoro e di qualifiche, i lavoratori più anziani ne saranno colpiti in modo diverso da coloro che rientrano nel gruppo di età a più alta intensità lavorativa, perché dotati di competenze superate, perché essi sono in media meno istruiti e sono pertanto più soggetti a rischio di perdere il posto di lavoro; essi reagiranno inoltre diversamente all'eventualità di un adeguamento delle loro qualifiche data l'imminenza della loro pensione che riduce il loro orizzonte temporale. È in parte provato che i lavoratori anziani che utilizzano il computer - coloro cioè che dispongono delle qualifiche richieste dalle nuove tecnologie - hanno maggiori possibilità ad esercitare la loro attività.

Ignorando gli effetti dell'evoluzione tecnologica sulle possibilità d'impiego dei lavoratori più anziani, si correrebbe il rischio di trarre conclusioni politiche errate: "gli sforzi politici intesi ad incoraggiare il posticipo della data del collocamento a riposo, potrebbero essere coronati da scarso successo se i lavoratori più anziani sono sottoposti a pressioni a causa della evoluzione tecnologica. D'altro canto, qualsivoglia altro rinvio della decisione di ritirarsi, che potrebbe essere il risultato dell'aumento della speranza di vita o degli sviluppi ulteriori dei regimi della sicurezza sociale e delle pensioni private, potrebbe indurre tali lavoratori ad investire in nuove competenze in funzione dell'evoluzione tecnologica". (Friedberg, L. (2001)).

I principali ostacoli alla permanenza in attività e allo sviluppo delle capacità dei lavoratori più anziani e dei lavoratori scarsamente qualificati sono la loro formazione interrotta, la mancata disponibilità al momento di opportunità di formazione e la mancanza di una formazione adeguata basata sulle conoscenze acquisite e sulle esperienze utili al fine dello svolgimento della loro attività. Il breve periodo di recupero per le imprese dell'investimento nella formazione, sembra svantaggiare i candidati più anziani (potenziali nuovi assunti/attuali dipendenti) ma va tenuto conto al contempo anche della rapida rotazione del personale giovane e dell'evoluzione dei contenuti del lavoro. Inoltre la parità di accesso alla formazione di tutti i lavoratori, uomini e donne, rappresenta un altro problema importante sia per quanto riguarda la dimensione delle imprese (le PMI sono quelle più svantaggiate), che il profilo di formazione del lavoratore (livello d'istruzione delle persone più anziane) e dei gruppi meno qualificati.

Le persone handicappate hanno altrettante possibilità senza dubbio di lavorare in imprese che prevedono corsi di formazione, ma il loro tasso di partecipazione a tali corsi è sicuramente meno elevato, in particolare tra i disabili gravi.

Un migliore equilibrio delle misure d'incentivo finanziario

La scelta di partecipare al mercato del lavoro dipenderà sostanzialmente dalla situazione finanziaria individuale e dalle altre scelte disponibili. I redditi da lavoro devono essere ponderati in base ad altre fonti di reddito ed eventuali costi associati. Il livello di retribuzione, i livelli di aiuto sociale e l'imposizione fiscale sono elementi concomitanti in funzione dei quali l'interessato deciderà se l'impiego che gli viene offerto presenta un interesse finanziario motivante. Pertanto, i livelli salariali, l'imposizione fiscale e i regimi della prestazione sociale entrano in gioco nell'analisi della partecipazione al mercato del lavoro.

I regimi d'imposizione fiscale e di prestazioni sociali influenzano (a titolo individuale o tramite la loro interazione) tutte le decisioni riguardanti i cambiamenti sul mercato del lavoro, vale a dire, la partecipazione al mercato, la scelta tra scuola e lavoro, la decisione di ritirarsi anticipatamente dalla vita attiva e la durata della disoccupazione. Benché dalle recenti riforme sia emerso che al centro dell'interesse sono i regimi fiscali, due aspetti dell'interazione tra regimi fiscali e previdenziali possono influire in maniera significativa sull'offerta della mano d'opera. Il primo aspetto è il livello delle prestazioni sociali rispetto ai livelli salariali e il loro effetto sulla decisione di partecipare che può sfociare sulla cosiddetta trappola della disoccupazione. Il secondo è il cambiamento del reddito disponibile (tenendo conto dell'effetto combinato della crescita dell'imposizione fiscale e della soppressione della prestazione subordinate a particolari condizioni di reddito) a seconda dell'aumento del reddito, nonché i suoi effetti sugli sforzi impegnati e le ore lavorate (che portano alla trappola della povertà).

L'effetto reale sull'offerta di mano d'opera dipende dalla singola reazione degli operatori economici all'evoluzione degli incentivi. Un assegno di disoccupazione elevato e altre prestazioni associate ad un lungo periodo di corresponsione e ad un'amministrazione permissiva in materia di ammissibilità al beneficio possono compromettere l'effetto degli incentivi all'accettazione di un impiego e aumentare i rischi della dipendenza a lungo termine dalle prestazioni sociali. D'altro canto, i regimi della sicurezza sociale a favore di coloro che esercitano un'attività retribuita, in particolare l'assicurazione disoccupazione, possono effettivamente costituire un incentivo all'accettazione di un impiego dichiarato o a trasformare un'attività non dichiarata in una legale. Inoltre, l'assicurazione disoccupazione, più di ogni altra prestazione sociale, consente a coloro che ne beneficiano di mantenere un legame molto più stretto con il mercato del lavoro, soprattutto se le condizioni di ammissibilità all'impiego sono applicate rigorosamente e la ricerca di un lavoro è incoraggiata.

Alcuni gruppi sembrano reagire più fortemente di altri all'evoluzione di sistemi fiscali e previdenziali. L'offerta di mano d'opera maschile, ad esempio, nel gruppo di età di più intensa attività oltre a coloro che hanno la prospettiva futura di un aumento salariale, sembra meno sensibile all'evoluzione degli incentivi derivanti dai sistemi d'imposizione fiscale e di sicurezza sociale. Di contro, le coppie, nelle quali uno dei coniugi non lavora (in genere è la donna) e i genitori soli reagiscono in genere di maniera più decisa agli incentivi, che si riflette nella loro partecipazione al mercato del lavoro. Anche la fiscalità può influenzare la scelta del secondo membro della famiglia di entrare o meno a far parte del mercato del lavoro e può incoraggiarlo o dissuaderlo dal lavoro a tempo parziale. Ai fini dell'inserimento nel mondo del lavoro o della rinuncia all'attività professionale, i cambiamenti a livello fiscale e previdenziale sono più determinanti di quelli riguardanti gli orari di lavoro.

Le diverse iniziative politiche adottate dagli Stati membri (come indicato nei PAN) non si sono rivelati particolarmente efficaci ai fine della crescita del tasso di partecipazione dei lavoratori anziani. Tale situazione dimostra che la cultura del prepensionamento è profondamente radicata e che persistono i regimi di prepensionamento (spesso in parallelo con regimi che si prefiggono invece il prolungamento della vita attiva dei lavoratori) come consuetudini negative, non solo tra i datori di lavoro ma anche in seno alle organizzazioni sindacali e tra i responsabili delle decisioni politiche. I sistemi del collocamento a riposo anticipato diventano interessanti agli occhi dei lavoratori quando non esistono più altre possibilità di impiego.

Si può distinguere tra diverse forme di pensionamento e diversi modelli di transizione dei lavoratori anziani sul mercato del lavoro: innanzitutto un unico passaggio da un impiego a tempo pieno verso il completo ritiro dal mercato del lavoro. È la situazione di gran lunga più diffusa in Europa. In secondo luogo, una pensione parziale (in cui si combinano l'abbandono di un lavoro a tempo pieno per un altro o diverse forme di prestazioni di disoccupazione e di incapacità lavorativa senza che il ritiro dal mercato del lavoro sia completo). Esempi degli Stati Uniti suggeriscono che tale situazione è molto più frequente all'estremità superiore ed inferiore della scala della qualità dell'occupazione. In terzo luogo, la pensione, che molto spesso è un licenziamento per cause di ridimensionamento, in cui i periodi di inattività (per la ricerca di un impiego e per la formazione) si associano a periodi di attività.

La scelta dipenderà da una serie di fattori. I regimi di pensionamento anticipato e di inabilità al lavoro possono sostituirsi in determinate situazioni alle prestazioni di disoccupazione, per cui l'importo di tali prestazioni assume una certa importanza. Generalmente i livelli delle prestazioni di pensionamento e di invalidità sono più favorevoli delle prestazioni di disoccupazione e vengono corrisposti per periodi più lunghi. Per alcuni di tali programmi connessi con la disoccupazione si tratta, in realtà, di regimi di collocamento a riposo anticipato, in quanto non impongono come condizione per il beneficio, la ricerca di un impiego da parte dei lavoratori anziani. Ai fini della decisione di questi ultimi di andare in pensione sono determinanti l'importo della pensione di quiescenza obbligatoria rispetto all'importo della retribuzione e le imposte sul lavoro, la cui interazione può dar luogo nel caso essi decidano continuare a lavorare, a "tassi d'imposizione effettivi" elevati. Comunque sia, le prestazioni sociali costituiscono la principale fonte di reddito del 50% di popolazione di età compresa tra i 55 e i 64 anni.

Le disposizioni in materia di assicurazione malattia e di regimi di pensione professionali possono indurre alcuni lavoratori a rinviare la loro partenza e indurre altri a cercare un impiego di transizione fino al raggiungimento dell'età pensionabile. D'altro canto, i regimi di pensione privati incoraggiano in genere il pensionamento completo piuttosto che quello parziale, in quanto le prestazioni sono in genere basate sulla retribuzione annua media, calcolata sui tre o cinque ultimi anni e per aver diritto alla pensione potrebbe essere necessario il collocamento a riposo completo. Esiste inoltre una positiva correlazione tra i livelli di risparmio e di ricchezza più elevati dei lavoratori anziani e la pensione anticipata e il ritiro completo dal mercato del lavoro.

Gli incentivi finanziari e le disposizioni in materia di sicurezza sociale non sono gli unici fattori che determinano l'offerta di manodopera tra la terza età. Un ruolo importante nella loro scelta di restare o di accedere al mondo del lavoro spetta anche a fattori non pecuniari [4].

[4] Haider e Loughran rilevano tra l'altro in uno studio sull'offerta di mano d'opera ai lavoratori anziani (dai 65 anni in poi) realizzato negli Stati Uniti nel 2001, che non sono le questioni materiali che determinano le decisioni delle persone anziane in materia di occupazione, che reagiscono in genere in maniera non elastica alle evoluzioni dei salari. Gli autori concludono pertanto che le politiche che influiscono sulla ripresa da parte degli anziani della vita lavorativa per motivi finanziari, influiranno sull'offerta di mano d'opera in questa fascia di popolazione meno delle politiche intese a migliorare gli aspetti non pecuniari del loro ritorno al lavoro."

Un ambiente favorevole

Per molti la decisione di partecipare al mercato del lavoro può non dipendere dalla valutazione dei fattori del mercato del lavoro summenzionati, bensì da tutta una serie di altri fattori. Questi ultimi determinano se e come le persone possano conciliare il tempo impiegato nel lavoro con altre esigenze, quali i lavori domestici, in particolare le spese, e la custodia dei figli (in funzione degli orari scolastici).

Strutture di accoglienza per l'infanzia e la terza età

Per molte donne, soprattutto, il fatto di occuparsi di persone a carico, cioè figli o genitori, costituisce un importante ostacolo al lavoro, se non viene offerta loro nessuna alternativa. Della popolazione totale non attiva, il 14,1% desiderebbe lavorare (vale a dire 10,9 milioni di persone di cui 7 milioni sono donne). Il 30% delle donne è ostacolato da impegni personali o familiari.

In realtà, i servizi di sostegno hanno un doppio effetto sulla loro partecipazione. Oltre a facilitare l'accesso al mercato del lavoro agli utenti di tali servizi, essi rappresentano già di per sé un'offerta ragguardevole d'impiego. Dal 1995 più di due milioni di posti di lavoro netti sono stati creati nel settore dell'assistenza sanitaria e dei servizi sociali.

Aiuto alla mobilità

Le persone potrebbero trovarsi nella situazione di vedersi precluso l'accesso ad un mercato del lavoro locale, ma, allo stesso tempo, di non volersi spostare. Secondo un recente sondaggio Eurobarometro, nel corso degli ultimi 10 anni, il 54% della percentuale totale (37%) degli europei che si sono trasferiti, lo ha fatto per ragioni familiari/personali, il 18% per ragioni di alloggio, il 15% per motivi professionali.

Il 46% circa del 18,5% che pensa di trasferirsi nei prossimi 5 anni, lo farà per motivi familiari/personali e il 27% per motivi professionali. Il 34% degli europei preferirebbe essere disoccupato e continuare a risiedere nella stessa regione piuttosto che trasferirsi in un'altra regione e trovare li un lavoro. Infine, il 38% dichiara di essere disposto a spostarsi in un'altro paese per cercare lavoro, ma la percentuale diminuisce drasticamente con l'età, e il 16% risponde che la decisione dipenderà dal lavoro che potrà trovare.

Più del 40% e del 29% degli europei hanno risposto che "una migliore situazione finanziaria" e "migliori prospettive professionali" potrebbero rappresentare un incentivo al trasferimento.

Tutti questi aspetti relativi alla mobilità e al pendolarismo stanno ad indicare che il luogo di lavoro e la facilità di accesso a trasporti a costi abbordabili o lo sviluppo di attività commerciali, in particolare il telelavoro, nelle collettività locali, possono risultare decisivi ai fini di una sempre maggiore presenza dei lavoratori sul mercato del lavoro.

GRAFICO 1

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Fonte: Indagine Eurostat sulle forze di lavoro. OIL per il 1970.

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GRAFICO 2

Fonte: Indagine Eurostat sulle forze di lavoro.

TABELLA 1

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GRAFICO 3

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Fonte: Indagine Eurostat sulle forze di lavoro.

GRAFICO 4

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Nota: si riferisce all'età del figlio più piccolo (ad es., donne con figli di 2 e 10 anni figureranno

solo nel primo gruppo, 0-6).

Fonte: Indagine Eurostat sulle forze di lavoro

GRAFICO 5

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Fonte: Indagine Eurostat sulle forze di lavoro

GRAFICO 6

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Fonte: Indagine Eurostat sulle forze di lavoro

GRAFICO 7

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Fonte: Indagine Eurostat sulle forze di lavoro.

GRAFICO 8

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Fonte: Indagine Eurostat sulle forze di lavoro.

GRAFICO 9

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Fonte: Indagine Eurostat sulle forze di lavoro.

GRAFICO 10

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Fonte: Indagine Eurostat sulle forze di lavoro.

GRAFICO 11

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Fonte: Indagine Eurostat sulle forze di lavoro.

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GRAFICO 12

Fonte: Indagine Eurostat sulle forze di lavoro.

TABELLA 2

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TABELLA 3

TASSI D'OCCUPAZIONE, DISOCCUPAZIONE E ATTIVITÀ PER LIVELLO D'ISTRUZIONE NELL'UE NEL 2000

(% delle popolazioni rispettive di età compresa tra i 15-64 anni in età lavorativa)

>SPAZIO PER TABELLA>

Fonte: Indagine Eurostat sulle forze di lavoro.

Nota: I livelli di formazione sono definiti come "elevati" se la persona è titolare di un diploma universitario o equivalente, "medio" se possiede un titolo o un diploma d'insegnamento secondario superiore e "scarso" se non ha superato il livello secondario inferiore.