Parere del Comitato economico e sociale in merito al "Libro verde su una politica comunitaria di rimpatrio delle persone che soggiornano illegalmente negli Stati membri" (COM(2002) 175 def.)
Gazzetta ufficiale n. C 061 del 14/03/2003 pag. 0061 - 0066
Parere del Comitato economico e sociale in merito al "Libro verde su una politica comunitaria di rimpatrio delle persone che soggiornano illegalmente negli Stati membri" (COM(2002) 175 def.) (2003/C 61/13) La Commissione, in data 11 aprile 2002, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al "Libro verde su una politica comunitaria di rimpatrio delle persone che soggiornano illegalmente negli Stati membri". La sezione Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Luis Pariza Castaños in data 4 settembre 2002. Il Comitato economico e sociale ha adottato il 18 settembre 2002, nel corso della 393a sessione plenaria, con 126 voti favorevoli, nessun voto contrario e 3 astensioni, il seguente parere. 1. Sintesi della proposta della Commissione 1.1. Nel Libro verde su una politica comunitaria di rimpatrio delle persone che soggiornano illegalmente negli Stati membri, la Commissione presenta un insieme di proposte, riflessioni e quesiti relativi alle situazioni d'illegalità esistenti e ai vari provvedimenti che possono essere adottati ai fini del rimpatrio nel paese di origine delle persone che soggiornano illegalmente negli Stati membri. Il Libro verde rientra tra le decisioni adottate nel dicembre 2001 al Consiglio europeo di Laeken e si basa sul piano d'azione del Consiglio in materia d'immigrazione illegale, approvato dal Consiglio il 28 febbraio 2002. 1.2. Il Libro verde pone numerose domande e valuta diverse opzioni per la soluzione dei vari problemi. Si tratta di un documento di riflessione con il quale l'intera società europea è invitata a partecipare ad un'ampia discussione. Il Libro verde si rivolge non soltanto alle istituzioni e agli organi comunitari, ma anche ai paesi candidati, alle organizzazioni non governative, agli ambienti universitari e alla società civile organizzata. 1.3. Nel Libro verde il rimpatrio viene considerato un elemento integrante della politica comunitaria in materia d'immigrazione e d'asilo (parte I). Viene fatta una distinzione fra due categorie di persone. Alla prima appartengono coloro che soggiornano legalmente in un paese e che per varie ragioni (raggiungimento dell'età della pensione, interesse a prendere parte a progetti di sviluppo nel paese d'origine, rifugiati in grado di ritornare, ecc.) desiderano rientrare volontariamente nel paese di origine e hanno bisogno di aiuti per il rimpatrio. Alla seconda categoria appartengono coloro che soggiornano illegalmente in un paese (immigrati clandestini, persone la cui richiesta di asilo è stata respinta ma che restano nel territorio dello Stato, ecc.). 1.4. A giudizio della Commissione, per le persone che soggiornano illegalmente in un paese va adottata preferibilmente la via del rimpatrio volontario. Qualora ciò non sia possibile, sarà necessario ricorrere al rimpatrio forzato. 1.5. In materia di immigrati clandestini, la Commissione segnala che è necessario assicurarne il rimpatrio per non indebolire la politica di ammissione. Sostiene che, per quanto possibile, il rimpatrio deve essere volontario, sia per ragioni umanitarie, sia perché la soluzione è meno onerosa dal punto di vista amministrativo. Il documento inoltre sottolinea che il rimpatrio forzato può avere effetti dissuasivi per i potenziali migranti illegali. 1.6. In materia d'asilo vengono segnalate varie situazioni per le quali è previsto il rimpatrio: persone la cui richiesta d'asilo è stata respinta, coloro che hanno beneficiato di un qualche tipo di protezione la cui necessità nel frattempo è venuta meno, ecc. Pur dando priorità anche in tal caso al rimpatrio volontario, il documento riconosce che vi sono casi in cui può essere necessario ricorrere al rimpatrio forzato. Nel rispetto degli obblighi derivanti dai trattati internazionali sono comunque vietate le espulsioni collettive e nessun individuo può essere espulso quando vi siano seri rischi per la sua incolumità, ecc. 1.7. La Commissione sottolinea la necessità di rispettare i diritti umani in tutte le procedure, segnalando inoltre che le persone che soggiornano illegalmente devono avere possibilità adeguate di presentare un ricorso davanti a un tribunale durante la procedura di rimpatrio. 1.8. La cooperazione fra Stati membri in materia di rimpatrio viene trattata ampiamente nella parte II del Libro verde con una serie di proposte e di domande relative ai processi di rimpatrio, alle condizioni, ecc. 1.9. È possibile procedere al rimpatrio di una persona che ha soggiornato legalmente, unicamente adottando una decisione di allontanamento e sempre che si verifichi una delle seguenti condizioni: scadenza o revoca del permesso di soggiorno, condanna per un reato punibile con pena privativa della libertà per un periodo non inferiore a un anno, esistenza di seri motivi per ritenere che la persona abbia commesso fatti punibili gravi o l'esistenza di indizi concreti che la persona intenda commettere fatti di tale natura. 1.10. La Commissione ricorda che i residenti di lungo periodo godono di una tutela particolare contro l'allontanamento e chiede in quali altri casi sia necessario garantire una tutela speciale. La Commissione s'interroga inoltre sui motivi che dovrebbero giustificare la revoca di un permesso di soggiorno. 1.11. I centri di permanenza temporanea presso i quali possono essere trattenute le persone in attesa di allontanamento devono rispettare determinate norme di funzionamento e determinati requisiti relativi all'alloggio e alle infrastrutture. Anche su questi aspetti la Commissione pone delle domande per fissare criteri comuni in tutta l'Unione europea. 1.12. Gli Stati membri dovranno cooperare fra di loro anche per quanto riguarda il transito attraverso un altro Stato delle persone che rientrano nel loro paese, migliorando la cooperazione operativa sul piano tecnico. 1.13. La Commissione auspica che venga sviluppata una politica comune di riammissione (parte III del Libro verde) e segnala le difficoltà riscontrate nelle trattative con i paesi d'origine, dal momento che molti degli Stati in questione non sono interessati a raggiungere accordi di riammissione nelle attuali circostanze. A giudizio della Commissione, detti accordi devono essere inseriti nei futuri accordi di associazione e cooperazione. 2. Osservazioni preliminari 2.1. Il Comitato tiene a riaffermare che una persona sprovvista di documenti è un essere umano che gode degli stessi diritti fondamentali e che ha la stessa dignità di chiunque altro. Nel parere del Comitato in merito alla comunicazione della Commissione su una politica comune in materia d'immigrazione illegale(1), viene appunto ribadito che un immigrante senza documenti non è una persona senza diritti: - "il termine 'immigrazione illegale', qualora si riferisca alle persone che emigrano, deve essere precisato. Nonostante non sia legale entrare in uno Stato senza la dovuta documentazione o autorizzazione, queste persone non sono delinquenti. (...) L'immigrante irregolare non è un delinquente, sebbene la sua situazione non sia legale." - "Il trattamento da riservare agli immigrati presenti nell'UE in situazione irregolare costituisce un'altra delle obiezioni principali che il Comitato formula sulla comunicazione. Nel documento si parla unicamente della politica di rimpatrio la quale, pur essendo necessaria, non può essere l'unica risposta da dare alle situazioni d'irregolarità." - "La Commissione deve convincere gli Stati membri, nel quadro del coordinamento delle politiche, circa l'opportunità di elaborare misure di regolarizzazione, evitando il rischio di considerare l'immigrazione irregolare una porta di servizio per l'immigrazione legale. Per regolarizzare la situazione delle persone coinvolte va considerato il grado d'integrazione sociale e lavorativa." - "Quanto alla politica in materia di riammissione e di rimpatrio, il Comitato intende evidenziare l'opportunità di stimolare il relativo carattere volontario e la massima considerazione nei confronti dei valori umanitari. Gli Stati membri dell'UE non devono stringere accordi di riammissione con paesi terzi che vivono una grave instabilità politica e che non rispettano i diritti umani. Il Comitato analizzerà con attenzione il Libro verde sulla politica comunitaria in materia di rimpatrio." - "La politica comune volta a contrastare l'immigrazione illegale deve tener conto di tutti i fattori che causano tale fenomeno. È opportuno evitare di ricorrere a semplici politiche di polizia o in materia giudiziaria, che sono indubbiamente necessarie ma che da sole non saranno in grado di frenare l'immigrazione illegale." - "Il Comitato chiede che il Consiglio svolga la sua attività legislativa in materia d'immigrazione ed asilo con maggiore rapidità e responsabilità. L'attuale ritardo nell'elaborazione delle direttive e dei regolamenti proposti dalla Commissione rende difficile la gestione dei flussi migratori attraverso vie legali." 2.2. In base a queste e ad altre considerazioni espresse in vari pareri(2), il Comitato ritiene errato considerare il rimpatrio obbligatorio come la principale risposta dell'Unione europea alla presenza di immigrati irregolari nei nostri paesi. È invece necessaria una politica globale che preveda azioni finalizzate al rimpatrio e azioni destinate alla regolarizzazione. 2.3. Definire il rimpatrio come l'unico provvedimento da adottare per coloro che si trovano in situazione irregolare non è né equo, né corretto, né realistico nei confronti delle parti in causa, dal momento che la misura può interessare diversi milioni di esseri umani. Peraltro, soltanto una percentuale ridotta degli individui oggetto di una procedura di allontanamento viene effettivamente espulsa, poiché da un lato l'iter è difficile e dispendioso e dall'altro diversi paesi di origine non accettano di accogliere queste persone. 2.4. Se alla politica di rimpatrio obbligatorio non vengono affiancati provvedimenti di regolarizzazione, la percentuale della popolazione che si trova in situazione irregolare si manterrà ai livelli attuali, favorendo l'economia sommersa, lo sfruttamento della manodopera e l'esclusione sociale. 2.5. Va ricordato che la Commissione, il Parlamento e il Comitato economico e sociale hanno riconosciuto, insieme a numerosi esperti, che l'Unione europea ha bisogno di un gran numero di immigranti sia per le attività professionali qualificate che per quelle non qualificate. Sebbene l'immigrazione legale sia necessaria al funzionamento del nostro sistema economico, gli Stati membri le chiudono le porte, provocando l'aumento dell'immigrazione illegale. Al momento, la maggioranza delle persone che si trovano in situazione irregolare nei nostri paesi svolge attività economiche e lavorative positive per lo sviluppo economico e sociale dell'Unione europea. 2.6. Sono le persone sprovviste di documenti le vere vittime di una situazione ingiusta, dal momento che vivono in uno stato di completa incertezza giuridica e amministrativa che le spinge verso l'economia sommersa e, in alcuni casi, verso lo sfruttamento della manodopera o l'esclusione sociale. 2.7. Sia sul piano dei diritti umani che su quello dei bisogni economici e sociali è opportuno regolarizzare, a determinate condizioni, il maggior numero possibile degli immigranti irregolari che soggiornano attualmente nei nostri paesi, in modo da evitare che l'immigrazione irregolare sia una porta di servizio per l'immigrazione legale. 3. Il Consiglio europeo di Siviglia 3.1. Al Vertice di Siviglia il Consiglio europeo ha deciso di dare un nuovo impulso alla politica comune in materia d'immigrazione e d'asilo, fissando scadenze per l'adozione di decisioni politiche e legislative nel corso del secondo semestre 2002 e del 2003. 3.2. In materia di politiche di allontanamento e di rientro, il Consiglio si è impegnato ad approvare entro fine anno alcuni elementi di un programma di rimpatrio, basandosi sul Libro verde della Commissione. 3.3. Il Consiglio ha inoltre approvato l'integrazione della politica d'immigrazione nella politica estera dell'Unione nei rapporti con i paesi terzi. Ha poi assunto nuovi impegni per lo sviluppo della politica comune d'immigrazione e d'asilo, in particolare in merito ai calendari fissati per l'approvazione della normativa in materia di ricongiungimento familiare, alle modifiche della Convenzione di Dublino, allo status di rifugiato, allo status di residente di lungo periodo. 3.4. Il Comitato ricorda al Consiglio e alla Commissione i pareri emessi in merito a queste proposte normative, auspicando che vengano studiati e che le considerazioni in essi contenute vengano inserite nella normativa comunitaria. Il Consiglio deve evitare che in materia d'immigrazione e d'asilo venga adottata una normativa minimalista, lontana dal punto di vista manifestato nei pareri del Parlamento e del Comitato. L'Unione ha bisogno di una normativa adeguata in materia d'immigrazione e d'asilo che tenga equamente conto dei motivi economici e lavorativi, nonché di quelli umanitari, delle convenzioni internazionali e della Carta dei diritti fondamentali. 3.5. Come affermato in altri pareri del Comitato, per combattere l'immigrazione illegale è necessario disporre di canali adeguati per l'immigrazione legale. È con sorpresa e perplessità che si constata che al Consiglio di Siviglia non è stato fissato un termine per l'approvazione della direttiva sulle condizioni d'ingresso e di soggiorno degli immigranti per motivi economici. È infatti fondamentale garantire il funzionamento dei canali dell'immigrazione legale per prevenire quella irregolare. Ne consegue che il messaggio del Consiglio di Siviglia non è adeguato a favorire uno sviluppo equilibrato della politica comune in materia d'immigrazione e d'asilo. 4. Osservazioni 4.1. Il Comitato valuta positivamente la scelta della Commissione di fare del Libro verde un documento di riflessione e di invito a un ampio dibattito. È con questo spirito di apertura che è stato elaborato il presente parere. Il Comitato auspica che altre istituzioni e organizzazioni presentino ora le proprie opinioni. 4.2. Rimpatrio volontario 4.2.1. Il Comitato è favorevole all'adozione, da parte dell'Unione europea e degli Stati membri, di politiche di sostegno e di cooperazione per il rimpatrio volontario, specialmente quando esse consentono alla persona in situazione regolare che decida di rientrare, di disporre dei mezzi adeguati per un rimpatrio soddisfacente. 4.2.2. In quanto al rimpatrio volontario di persone che soggiornano illegalmente, il Comitato ritiene essenziale che questo venga sempre assistito da organizzazioni come l'OIM(3) o l'ACNUR(4). Saranno queste ultime a fornire la prova di partenza e di reingresso dell'interessato nel territorio del paese di origine e a monitorare le condizioni di reingresso. Anche per le ONG di fama internazionale è possibile collaborare a queste attività. 4.2.3. Al rimpatrio volontario dovranno sempre essere associate facilitazioni nel caso in cui la persona decida successivamente di migrare di nuovo. Chi ha scelto il rimpatrio volontario dovrà avere diritto di precedenza al momento di una nuova richiesta di emigrazione verso lo Stato membro dal cui territorio era precedentemente uscito. 4.2.4. Il sostegno al rimpatrio volontario esige che siano garantiti i mezzi adeguati da parte dell'Unione europea e degli Stati membri. Devono esservi programmi permanenti dotati di stanziamenti sufficienti al reinserimento di coloro che rientrano nel paese di origine. Il Comitato valuta positivamente l'idea di istituire un programma europeo di rimpatrio e di impostarlo in termini di sostegno al reinserimento. È opportuno coinvolgere nella gestione di tali programmi le ONG di fama internazionale che vantano una grande esperienza nella gestione di programmi di rimpatrio o di integrazione sociale. 4.3. Il rimpatrio forzato 4.3.1. Il Comitato ritiene adeguata la proposta della Commissione di dare priorità al rimpatrio volontario e considerare il rimpatrio forzato come l'ultima soluzione. Il Comitato concorda inoltre con la Commissione nel giudicarla una misura estremamente dura che comporta una limitazione assai significativa della libertà e della volontà degli individui. In molti casi si tratta di persone che hanno venduto ogni bene in loro possesso per poter emigrare, che hanno contratto debiti e che il rimpatrio può condurre a una situazione disperata. 4.3.2. La stessa Commissione ricorda che l'articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea vieta espressamente le espulsioni collettive e garantisce che nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui corre un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti. Nondimeno l'ACNUR e varie ONG hanno denunciato diverse azioni che hanno implicato espulsioni collettive ed espulsioni di immigranti illegali e di persone richiedenti asilo verso paesi in cui vengono ripetutamente violati i diritti umani. 4.3.3. Il Comitato condivide l'affermazione della Commissione(5) secondo la quale una politica europea dei rimpatri deve pienamente rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali. Segnala che gli articoli 3, 5, 6, 8 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e gli articoli 3, 4, 19, 24 e 47 della Carta dei diritti fondamentali contengono disposizioni applicabili a una politica in materia di rimpatrio delle persone che soggiornano irregolarmente o illegalmente nell'Unione. Ricorda che molti di questi immigranti si trovano in una situazione difficile dal punto di vista umanitario e che pertanto le norme e le azioni adottate devono essere preparate e attuate in base a criteri di diritto umanitario e ai principi morali di solidarietà. 4.3.4. La Commissione annuncia l'elaborazione di una proposta di direttiva in materia di norme minime sulle procedure di rimpatrio. Il Comitato è favorevole a una normativa comune purché questa sia basata sulla Carta dei diritti fondamentali e sulla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Varie ONG di fama internazionale hanno denunciato l'esistenza di talune prassi e normative degli Stati membri che non rispettano i diritti umani e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea(6). 4.3.5. Il rimpatrio, eseguito in base a un ordine di allontanamento, di persone il cui permesso di soggiorno è scaduto deve essere considerato un provvedimento estremo. In precedenza occorre valutare se gli interessati abbiano manifestato l'intenzione di rinnovare il permesso, nel qual caso è imperativo dare costantemente la priorità alla regolarizzazione sull'allontanamento. 4.3.6. Nel caso in cui la persona in situazione irregolare abbia soggiornato legalmente nel paese, godendo di uno status di protezione, occorre considerare anche il livello di integrazione familiare, sociale o lavorativa raggiunto, onde evitare la severità di una procedura di allontanamento o di rimpatrio forzato. 4.3.7. Appare opportuno riconoscere la facoltà di allontanare i cittadini di paesi terzi condannati dai tribunali per aver commesso un reato punibile con una pena privativa della libertà per un periodo non inferiore ad un anno, a norma della direttiva 2001/40/CE del maggio 2001. Il Comitato ritiene tuttavia che non sia accettabile l'allontanamento per reati supposti, non giudicati. La presunzione di innocenza deve prevalere in ogni caso, ai sensi dell'articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali. 4.3.8. Per gli allontanamenti ricollegabili a fatti delittuosi devono essere offerte tutte le normali garanzie giuridiche dello Stato di diritto. Il Comitato ritiene pertanto che debba essere stralciata dal Libro verde la menzione all'allontanamento per reati non giudicati e dunque non provati. Si fa qui riferimento alla possibilità di allontanamento per "l'esistenza di seri motivi per ritenere che il cittadino di un paese terzo abbia commesso fatti punibili gravi", nonché per "l'esistenza di indizi concreti che intende commettere fatti di tale natura". In ogni caso deve essere la magistratura a determinare l'esistenza di un reato e ad adottare il relativo provvedimento di allontanamento. 4.3.9. Come sostenuto dalla Commissione, nell'adottare le decisioni di allontanamento è necessario valutare il tipo di permesso di soggiorno dell'interessato. I residenti di lungo periodo, i familiari di un cittadino di uno Stato membro, i rifugiati e gli individui oggetto di altre forme di protezione internazionale possono essere allontanati soltanto se comportano gravi rischi per la sicurezza e l'ordine pubblico. In caso di allontanamento deve sempre essere garantita la tutela giudiziale effettiva. A giudizio del Comitato, per i minori e per altri individui in situazioni delicate occorre offrire sempre la massima protezione. 4.3.10. Nell'ambito dell'armonizzazione della normativa comunitaria occorre escludere il rimpatrio forzato in determinate situazioni: - qualora il rimpatrio comporti la separazione familiare, sia essa dal coniuge che è cittadino del paese o soggiorna in esso legalmente, sia essa da figli o ascendenti; - qualora il rimpatrio comporti un pregiudizio per i minori a carico; - qualora l'interessato sia affetto da grave malattia fisica o psichica; - qualora sussistano gravi rischi per la sicurezza, la vita e la libertà dell'interessato nel paese d'origine o in quello di transito. 4.3.11. Il ricorso contro un provvedimento di allontanamento o rimpatrio forzato deve avere in ogni caso effetto sospensivo, poiché questo è l'unico modo per garantire i diritti dell'individuo interessato. 5. Trattenimento in attesa di accompagnamento alla frontiera 5.1. Il trattenimento in attesa di accompagnamento alla frontiera costituisce una limitazione grave della libertà personale. Le norme minime fissate dall'Unione europea dovranno garantire che i provvedimenti di trattenimento vengano emessi dall'autorità giudiziaria e possano essere oggetto di ricorso. 5.2. Gli individui in attesa di accompagnamento alla frontiera o di allontanamento non devono essere trattenuti in penitenziari ordinari perché gli immigranti irregolari non sono delinquenti(7). Sono necessari centri specifici per il trattenimento e si deve poter ricorrere al carcere soltanto quando il provvedimento viene preso nei confronti di un individuo per i reati commessi. 5.3. Le condizioni dei centri devono essere regolamentate a livello comunitario e gli individui trattenuti devono poter esercitare i diritti personali, ad eccezione di quello relativo alla libertà di movimento. La durata massima del trattenimento in attesa di accompagnamento alla frontiera non potrà essere superiore a trenta giorni. I minori non accompagnati dai genitori o dai tutori saranno posti sotto la tutela delle autorità e non potranno sostare nei centri adibiti al trattenimento. 5.4. Occorre proporre un'altra soluzione in alternativa ai centri destinati al trattenimento. L'individuo in attesa di allontanamento può rimanere nel suo domicilio abituale, con l'obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità. Il provvedimento di trattenimento inoltre deve essere proporzionato alla situazione dell'interessato. Ad esempio, qualora quest'ultimo sia fortemente integrato dal punto di vista familiare o lavorativo e la motivazione per il rimpatrio forzato sia la scadenza del permesso di soggiorno, non si deve ricorrere al trattenimento. 5.5. Il Comitato chiede alla Commissione e al Consiglio per quale motivo debbano essere trattenuti, in attesa di allontanamento, individui che non possono essere allontanati a causa dell'assenza di convenzioni specifiche coi paesi di origine o perché cittadini di paesi in stato di guerra, individui vittime di persecuzioni o provenienti da paesi in cui i diritti umani non vengono rispettati. Le situazioni di trattenimento prolungato che si verificano attualmente in taluni Stati membri non sono ammissibili in un'ottica di rispetto dei diritti umani. 5.6. Oltre alle norme minime, l'Unione europea dovrà stilare un elenco temporaneo dei paesi verso i quali non è possibile eseguire l'accompagnamento alla frontiera data la situazione di mancanza di libertà, di guerra o di crisi umanitaria in essi vigente. 5.7. Le persone affette da gravi malattie fisiche o mentali non potranno essere trattenute o allontanate in quanto bisognose di cure mediche. 6. Gli accordi di riammissione 6.1. Attualmente la Commissione e gli Stati membri incontrano difficoltà nel raggiungere accordi di riammissione con i paesi terzi, giacché è ovvio che tali accordi sono unicamente nell'interesse dei paesi dell'Unione. Il Comitato ritiene opportuno integrare gli accordi di riammissione con ulteriori strumenti politici ed economici interessanti per i paesi terzi. I rapporti dell'Unione europea con questi ultimi infatti devono poggiarsi sempre su criteri umanitari. 6.2. Sarà opportuno prevedere negli accordi di associazione tra l'Unione e i paesi terzi clausole volte a regolare legalmente i flussi migratori, di modo che la politica europea di immigrazione abbia effetti positivi sullo sviluppo economico e sociale dei paesi terzi. In questo ambito vanno considerati gli accordi di riammissione. 6.2.1. Il Comitato si trova in accordo con la decisione del Consiglio europeo di Siviglia di mantenere gli obiettivi di cooperazione allo sviluppo, evitando così che eventuali sanzioni dirette ai paesi terzi compromettano gli impegni in materia di cooperazione. Il miglior modo per ridurre la pressione migratoria proveniente dai paesi in via di sviluppo è quello di potenziare le politiche dell'Unione europea a sostegno dello sviluppo dei suddetti paesi. 6.3. Il Comitato ricorda di aver espresso la propria posizione in un precedente parere(8): il rispetto dei diritti umani è un requisito indispensabile per la stipula di convenzioni di riammissione. 7. Il rimpatrio e gli aiuti allo sviluppo 7.1. È opportuno che la politica europea di rimpatrio verso i paesi terzi abbia effetti positivi sullo sviluppo di quest'ultimi. Essa non deve pertanto comportare ulteriori problemi. Coloro che rientrano devono potersi integrare nella società e svolgere un ruolo concreto nello sviluppo economico e sociale. Gli aiuti al rimpatrio debbono favorire l'inserimento lavorativo e le attività economiche degli interessati. 7.2. Il rapporto positivo che si deve stabilire tra rimpatrio e sviluppo va ricercato tanto nel caso di rimpatrio volontario quanto in quello di rimpatrio forzato, sebbene i risultati saranno sempre più brillanti nella prima delle ipotesi. 7.3. È necessario prevedere per le azioni di rimpatrio "programmi d'accompagnamento" specifici per ogni situazione; questi devono consentire di valutare le circostanze economiche, professionali, sociali e familiari degli individui e la situazione economica e sociale del paese in cui essi rientrano. Occorrerà inoltre inserire nel programma l'intervento delle organizzazioni che collaborano al processo di rimpatrio. 7.4. Gli stanziamenti destinati ai programmi comunitari di rimpatrio non devono essere detratti dall'attuale dotazione dei programmi comunitari o degli Stati membri riservati allo sviluppo. Deve infatti trattarsi di programmi nuovi attraverso i quali si aumentino le risorse disponibili. 7.5. Le organizzazioni internazionali mondialmente riconosciute (OIM, Croce rossa, ACNUR, ecc.) devono essere associate all'Unione europea e agli Stati membri nella gestione dei suddetti programmi. 7.6. La Commissione ha annunciato la prossima presentazione di una comunicazione in materia di immigrazione e di aiuto allo sviluppo. Il Comitato ritiene che si tratti di un'iniziativa necessaria e auspica che la Commissione prenda in considerazione la sua posizione. 8. Osservazioni finali 8.1. Il Consiglio sta accelerando le sue iniziative di lotta all'immigrazione illegale che si rendono necessarie. In diversi pareri il Comitato ha evidenziato che l'assenza di una normativa comune in materia di immigrazione e d'asilo, che rende difficoltosa la gestione dei flussi migratori secondo un quadro legale, è in gran parte imputabile al Consiglio e agli Stati membri. 8.2. Ogni istituzione e ogni organo dell'Unione europea deve mostrarsi particolarmente severo nel prevenire atteggiamenti politici estremisti, specie quelli di natura xenofoba che si stanno sviluppando in alcuni luoghi. A tal fine è necessario agire con grande senso di responsabilità e di pedagogia politica, in modo da far conoscere ai cittadini la realtà dei fenomeni migratori. I mezzi di comunicazione, informando e presentando le proprie opinioni, devono fondarsi su elementi oggettivi e agire con responsabilità. Alcuni politici senza scrupoli sfruttano la preoccupazione dei cittadini per istigare al razzismo e alla xenofobia. Il Comitato sostiene le iniziative della società civile organizzata di lotta contro tali forme di odio e di intolleranza. Bruxelles, 18 settembre 2002. Il Presidente del Comitato economico e sociale Göke Frerichs (1) GU C 149 del 21.6.2002. (2) Cfr. parere sulla politica comunitaria in materia d'immigrazione, GU C 260 del 17.9.2001, parere in merito allo status di residente di lungo periodo, GU C 36 dell'8.2.2002, parere del Comitato economico e sociale in merito al metodo aperto di coordinamento della politica comunitaria in materia d'immigrazione e d'asilo del 29 e del 30 maggio 2002. (3) Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. (4) Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. (5) Libro verde, punto 2.4: "Diritti umani e rimpatrio". (6) Vari rapporti sono stati presentati da Amnesty International, la Croce rossa e altre ONG. (7) GU C 149 del 21.6.2002. (8) GU C 149 del 21.6.2002.