52002AE0683

Parere del Comitato economico e sociale in merito alla "Proposta di direttiva del Consiglio concernente le norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi ed apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, e relative al contenuto dello status di protezione" (COM(2001) 510 def. — 2001/0207 (CNS))

Gazzetta ufficiale n. C 221 del 17/09/2002 pag. 0043 - 0048


Parere del Comitato economico e sociale in merito alla "Proposta di direttiva del Consiglio concernente le norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi ed apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, e relative al contenuto dello status di protezione"

(COM(2001) 510 def. - 2001/0207 (CNS))

(2002/C 221/11)

Il Consiglio, in data 15 novembre 2001, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione "Occupazione, affari sociali, cittadinanza", incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo della relatrice Le Nouail Marlière il 13 maggio 2002.

Il Comitato economico e sociale ha adottato il 29 maggio 2002, nel corso della 391a sessione plenaria, con 105 voti favorevoli, 2 contrari e 1 astensione, il seguente parere.

1. Introduzione

1.1. La proposta presentata dalla Commissione fa parte di un insieme di proposte di direttiva, attualmente in corso d'esame al Comitato, volto a stabilire un regime europeo comune in materia d'asilo. Il suo obiettivo è quello di dare attuazione all'articolo 63 del trattato, al piano d'azione di Vienna, nonché al paragrafo 14 delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere e relativi riferimenti ripresi nel quadro di controllo presentato al Consiglio e al Parlamento nel novembre 2001.

1.2. Il progetto di direttiva vuole essere uno strumento essenziale per migliorare l'efficacia dei regimi d'asilo nazionali e la credibilità del regime d'asilo europeo comune. Lo status di rifugiato è regolato dalla convenzione di Ginevra del 1951, emendata dal protocollo di New York del 1967 e della convenzione di Dublino entrata in vigore il 19 agosto 1997 che determina lo Stato membro competente per l'esame della domanda.

1.3. In materia d'armonizzazione della politica d'asilo, la Commissione ha già presentato una serie di proposte sulle quali il CES ha elaborato dei pareri: nel settembre 2000 un progetto di direttiva sulle procedure di riconoscimento e di revoca dello status di rifugiato, nell'aprile 2001 un progetto di direttiva sulle norme minime di accoglienza per i richiedenti asilo e nel luglio dello stesso anno un progetto di regolamento sui criteri per determinare lo Stato membro competente per l'esame di una domanda di asilo.

1.4. L'attuale progetto è volto a stabilire una definizione comune del concetto di rifugiato proveniente da un paese terzo o apolide e delle norme comuni per i diritti di cui tale rifugiato o apolide deve beneficiare nell'Unione europea.

1.4.1. Esso prevede la possibilità d'includere tra gli autori di persecuzioni ai danni dei rifugiati anche soggetti o organizzazioni non statuali, qualora lo Stato non accordi una protezione efficace. La Commissione osserva che con questo approccio essa propone di fatto la prassi vigente nella maggior parte degli Stati membri dell'UE, i quali considerano che se il timore della persecuzione è fondato, la fonte della persecuzione stessa non è importante.

1.4.2. La proposta prevede tuttavia che se un'altra parte del territorio dello Stato da cui proviene il richiedente asilo può essere considerata sicura, quest'ultimo possa esservi rinviato.

1.4.3. La proposta affronta anche il problema specifico delle donne e dei bambini: prevede delle regole particolari per la valutazione della loro domanda di asilo e impone agli Stati membri di garantire un'assistenza specifica, medica o d'altro genere, alle persone vittime di torture, stupri o altre violenze gravi di carattere psicologico, fisico o sessuale.

1.5. Va notato che la Commissione ha deciso d'includere in uno stesso documento sia le norme minime relative alle condizioni di attribuzione della qualifica di rifugiato che quelle relative al contenuto della protezione sussidiaria.

1.6. La proposta non riguarda tuttavia gli aspetti procedurali del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato o dello status conferito dalla protezione sussidiaria.

1.7. La proposta riflette il fatto che il sistema deve poggiare sull'applicazione integrale e globale della convenzione di Ginevra e garantire quindi che nessuno venga rinviato là dove rischia di essere nuovamente perseguitato (principio di non respingimento). Essa è integrata da misure che offrono una protezione sussidiaria alle persone che non rientrano nel campo d'applicazione della convenzione ma che hanno tuttavia bisogno di una protezione internazionale.

1.8. Nell'ottica della Commissione, la proposta è intesa ad armonizzare l'applicazione del diritto d'asilo da parte dei Quindici e a scoraggiare in tal modo l'"asylum shopping" con il quale i richiedenti asilo decidono lo Stato a cui presentare la domanda a seconda del regime più o meno favorevole offerto.

1.9. Con questa proposta di direttiva la Commissione persegue gli obiettivi seguenti:

- stabilire norme minime in merito alle condizioni cui devono soddisfare le persone che richiedono una protezione internazionale secondo lo status di rifugiato o quello di beneficiario della protezione sussidiaria, nonché al contenuto di questi status;

- garantire in tutti gli Stati membri un livello minimo di protezione alle persone che ne hanno veramente bisogno e ridurre le disparità fra le legislazioni e le prassi degli Stati membri in questi settori, come primo passo verso un'armonizzazione completa;

- limitare i movimenti secondari dei richiedenti protezione internazionale derivanti esclusivamente dalla diversità delle norme applicabili in materia di riconoscimento dello status di rifugiato e di concessione della protezione sussidiaria;

- garantire un elevato livello di protezione alle persone che ne hanno effettivamente bisogno, evitando le richieste di asilo abusive che pregiudicano la credibilità del sistema e riconoscendo la difficoltà di distinguere in molti casi gli immigranti economici dai richiedenti asilo.

1.10. La proposta di direttiva è divisa in sette capitoli e tratta successivamente degli aspetti più generali della problematica, della natura generale della protezione internazionale, delle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato, dello status complementare conferito dalla protezione sussidiaria, degli obblighi minimi degli Stati membri verso le persone a cui accordano una protezione internazionale e infine delle regole che consentono di garantire la piena applicazione della direttiva.

2. Disposizioni generali

2.1. La definizione di norme minime

2.1.1. Ogni richiesta di protezione, sia fondata su uno dei cinque motivi definiti dalla convenzione di Ginevra, sia complementare o sussidiaria, si rifà ad un diritto fondamentale universale. Delle norme possono essere "minime" a condizione di riconoscere, rispettare e proteggere i diritti fondamentali universali che figurano nei testi internazionali relativi ai diritti umani.

2.1.2. Pur appoggiando gli obiettivi d'armonizzazione e d'integrazione della Commissione, il Comitato sottolinea la necessità di preservare le prassi più favorevoli d'applicazione nei diversi Stati membri.

2.2. Riconoscimento dello status

2.2.1. Ogni richiedente asilo può chiedere uno status che lo abiliti alla protezione internazionale, ma spetta allo Stato membro riconoscere o meno tale status.

2.2.2. Il Comitato si congratula per il processo avviato verso l'adozione di norme comuni ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria.

2.2.3. Si rammarica tuttavia del fatto che la Commissione continui a parlare di concessione dello status mentre si tratta, conformemente all'articolo 1 della convenzione di Ginevra, di un semplice riconoscimento di uno status che esiste già a causa della situazione del richiedente, indipendentemente dal riconoscimento dello Stato membro(1).

2.2.4. Il Comitato nota che sono in corso i lavori per elaborare una proposta di regolamento volta a migliorare la convenzione di Dublino e la sua applicazione(2).

2.2.5. Pur sottolineando che l'adozione di norme comuni per il riconoscimento dello status di rifugiato o la concessione della protezione sussidiaria costituisce un passo verso la realizzazione degli obiettivi fissati al Consiglio di Tampere, il Comitato rammenta che la procedura di determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda comporta delle conseguenze per l'esame stesso.

2.2.6. Il Comitato sottolinea che l'adozione di norme minime in materia di riconoscimento dello status di rifugiato dovrebbe anche rendere meno cruciale la determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda, in quanto la scelta del richiedente asilo di presentare la sua domanda presso un determinato Stato membro avverrebbe allora in base a criteri diversi dalle eventuali differenze nel trattamento della richiesta da parte degli Stati membri.

2.2.7. Come raccomandato in un precedente parere(3), il Comitato ritiene che in questo modo sarà possibile prendere meglio in considerazione la scelta, da parte del richiedente asilo, del paese in cui presentare la domanda, tenendo conto delle considerazioni culturali e sociali che sono alla base di tale scelta e che sono determinanti per un'integrazione più rapida.

2.3. Ordine di esame della richiesta

2.3.1. Bisogna distinguere fra domanda di protezione internazionale, domanda di asilo e domanda di protezione sussidiaria.

2.3.2. La protezione temporanea fondata su una valutazione collettiva dei bisogni non è oggetto dell'attuale proposta, in quanto è già stata adottata dal Consiglio il 20 luglio 2001. Essa ha una portata limitata nel tempo e si applica a gruppi numericamente rilevanti(4).

2.3.3. Il Comitato approva il fatto che la Commissione precisa che le domande di protezione internazionale sono considerate domande di asilo, a meno che il cittadino di un paese terzo o apolide non solleciti esplicitamente un diverso tipo di protezione (articolo 2, lettera g)).

2.3.4. Tuttavia, la definizione di domanda di protezione sussidiaria, come "domanda che non può considerarsi fondata sulla circostanza che l'interessato è rifugiato ai sensi dell'articolo 1, lettera a), della convenzione di Ginevra, oppure che è stata presentata in seguito all'esito negativo di una domanda d'asilo ..." (articolo 2, lettera i)), presuppone il fatto che la domanda di protezione internazionale sia stata o presentata e poi esaminata come domanda di asilo, oppure presunta, e poi esaminata come tale. Va precisato o aggiunto che la domanda stessa è sussidiaria mentre la protezione è complementare allo status di rifugiato non riconosciuto ai sensi dell'articolo 1, lettera a), della convenzione di Ginevra.

2.3.5. Esiste una regola di priorità, ricordata dalla Commissione stessa, in base alla quale è sempre lo status di rifugiato che dovrebbe innanzitutto essere preso in considerazione al momento dell'esame della richiesta, mentre la protezione sussidiaria non può essere un mezzo per indebolire la protezione conferita dallo status di rifugiato. Non si deve inoltre dimenticare che lo status di rifugiato ai sensi della convenzione del 1951 conferisce dei diritti e dei vantaggi di natura extraterritoriale che possono essere superiori.

2.4. Membri della famiglia (articolo 6)

2.4.1. Il Comitato approva il fatto che i membri della famiglia che accompagnano un richiedente la protezione internazionale possano essere ammessi a godere del medesimo status di quest'ultimo.

2.4.2. Bisogna distinguere a questo punto fra rispetto del diritto a richiedere asilo e stadio successivo dell'esame della domanda, il quale si può tradurre nel riconoscimento oppure nel non riconoscimento dello status di rifugiato o del diritto di beneficio della protezione internazionale.

2.4.3. Se, infatti, è vero che le domande restano individuali e devono sempre formare oggetto di un esame approfondito e individuale, è vero anche che l'applicazione di norme di protezione sussidiaria non deve essere in contraddizione con le disposizioni in materia di ricongiungimento familiare del beneficiario. Quest'ultimo elemento è infatti fondamentale per ripristinare condizioni di vita normali e degne quanto più rapidamente possibile.

2.5. Donne

2.5.1. Anche se non esplicitamente previste dalla Convenzione di Ginevra del 1951, le forme specifiche di persecuzione "di genere" (mutilazioni genitali, matrimoni forzati, lapidazione per presunzione d'adulterio, stupri sistematici di donne o ragazze come strategia di guerra, per non nominarne che alcune) dovrebbero essere riconosciute come ragioni fondate per una richiesta di asilo, e come motivi legittimi per la concessione dell'asilo negli Stati membri.

2.5.2. A tal fine nella proposta di direttiva si dovrebbero introdurre delle linee di condotta che integrino una prospettiva "di genere" nelle procedure di esame delle domande di asilo, per garantir meglio la parità di riconoscimento fra uomini e donne richiedenti asilo, in quanto il motivo dell'opinione politica tradizionalmente è meno riconosciuto alle donne che agli uomini. Se sfidano le norme sociali dominanti, le donne non possono sempre contare sulla protezione dello Stato in cui risiedono.

2.5.3. La dimensione "di genere" dev'essere riconosciuta anche nella fase di trattamento delle domande di asilo: presenza di funzionari di sesso femminile dotati di qualifiche e formazione adeguate responsabili dei colloqui e in grado di fungere da interpreti; garanzia di riservatezza nelle procedure di colloquio; colloqui organizzati senza messe a confronto e mediante domande aperte che consentano alle donne di raccontare le loro esperienze di persecuzione nel rispetto della riservatezza; misure che assicurino la sicurezza fisica e il rispetto della vita privata delle donne richiedenti asilo nei centri di accoglienza o di detenzione; accesso a servizi conformi alle loro esigenze sanitarie; accesso all'assistenza legale e alla rappresentanza, compreso il diritto di contattare o di essere contattate da una ONG di donne e/o da una ONG che operi nel campo dell'asilo.

2.5.3.1. Per facilitare questi ultimi contatti si dovrebbero fornire alle donne gli elenchi delle ONG che potrebbero aiutarle nell'espletamento delle loro pratiche. Sarebbe inoltre opportuno che le stesse ONG fossero avvertite della presenza di donne nei centri di accoglienza.

2.5.3.2. Ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato non ha senso se non si beneficia di una protezione adeguata come mostra bene l'esempio delle donne costrette a prostituirsi. È dunque necessario garantire alle donne l'accesso ad un lavoro decente e la libertà di associazione sindacale.

2.5.4. Devono altresì essere previste anche soluzioni di più lunga durata come l'adozione di misure per incoraggiare lo sviluppo delle qualifiche e delle competenze delle donne richiedenti asilo per tutto il periodo corrispondente alla procedura, al fine di favorirne l'indipendenza e l'integrazione nel paese di accoglienza se la loro domanda viene accettata, o la reintegrazione nel paese d'origine se la loro domanda è respinta, come d'altronde di qualunque altra misura conforme alla loro situazione e atta a ristabilire pienamente e più rapidamente possibile condizioni di vita normali e degne.

3. Disposizioni particolari

3.1. Conseguenza della cessazione dello status di rifugiato (articolo 13)

3.1.1. Il Comitato richiama l'attenzione della Commissione sul fatto che, nei casi in cui il permesso di soggiorno viene revocato allorquando lo Stato d'origine non ha ancora restituito i documenti di viaggio e quelli certificanti la nazionalità alla persona, quest'ultima non beneficerebbe più, né della protezione, né di un titolo di soggiorno valido.

3.1.2. Il Comitato propone che la Commissione preveda che la revoca dello status di rifugiato (cessazione) venga esaminata alla luce degli stessi elementi che ne hanno giustificato il riconoscimento.

3.2. Esclusione dallo status di rifugiato (articolo 14)

3.2.1. Il Comitato non approva il motivo di cui al punto 1, lettera a). Infatti, un richiedente asilo che godesse della protezione o assistenza di un organo o di un'agenzia delle Nazioni Unite diverso dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, beneficerebbe in pratica della protezione di un organismo o istituzione che non ha sottoscritto la convenzione del 1951 e che potrebbe non essere in grado di garantirgli gli stessi diritti che il riconoscimento del suo status di rifugiato gli conferirebbe.

3.3. Motivi della protezione sussidiaria (articolo 15)

3.3.1. Il Comitato sottolinea che possono esservi per la protezione sussidiaria anche altri motivi oltre a quelli contemplati dall'articolo 15. Inoltre mette in guardia contro il rischio di far rientrare nei motivi di protezione sussidiaria anche degli elementi normalmente coperti dall'articolo 1, lettera A), paragrafo 2, della convenzione di Ginevra(5).

3.4. Cessazione dello status di protezione sussidiaria (articolo 16)

3.4.1. La protezione sussidiaria che è complementare a quella concessa al rifugiato riconosciuto come tale ai sensi dell'articolo 1, lettera A), della convenzione del 1951, dovrebbe essere rafforzata. A tal fine dovrebbe essere ispirata da riferimenti umanitari pertinenti per quanto riguarda il trattamento da applicare alle persone che la richiedono. La cessazione dello status non dovrebbe quindi essere sbrigativa, ma dovrebbe, al contrario, poggiare sull'esame degli stessi elementi che hanno reso possibile la concessione della protezione.

3.4.2. Il Comitato suggerisce anche per formulare l'articolo 16 di riprendere i termini dell'articolo 13, paragrafo 2, secondo cui "Spetta allo Stato membro che ha riconosciuto lo status di rifugiato dimostrare che l'interessato non ha più bisogno di protezione internazionale".

3.5. Permesso di soggiorno (articolo 21)

3.5.1. Ai rifugiati beneficiari di una protezione sussidiaria verrebbe rilasciato un permesso di soggiorno della durata di un anno (contro i cinque anni previsti nel caso di rifugiati ai sensi della convenzione di Ginevra). Questo principio è in contrasto con un'interpretazione della convenzione di Ginevra che consenta di valutare un gran numero di casi secondo le particolarità di ciascuno. Si dovrebbe ricorrere alla protezione sussidiaria solo nei casi in cui il motivo della domanda di protezione internazionale non risulti rientrare, dopo esame individuale, tra i motivi previsti dalla convenzione di Ginevra. Questa diversa forma di protezione non dovrebbe tuttavia necessariamente essere di durata inferiore a quella concessa ai rifugiati.

3.5.2. Inoltre, come già indicato ai punti precedenti (2.3.5 e 3.3.1), la protezione sussidiaria non deve indebolire lo status di rifugiato ai sensi della convenzione del 1951.

3.6. Documenti di viaggio (articolo 23)

3.6.1. Per quanto riguarda le restrizioni alla libera circolazione va precisato che i "motivi imperiosi" di sicurezza nazionale o di ordine pubblico si applicano senza discriminazioni sia ai rifugiati originari di un paese terzo o apolidi che ai cittadini nazionali.

3.7. Accesso all'occupazione (articolo 24)

3.7.1. Come spiegato in relazione all'articolo 21, la protezione sussidiaria non deve essere necessariamente più restrittiva di quella concessa ai rifugiati. I diritti alla parità di accesso all'occupazione con i cittadini degli Stati membri previsti per i rifugiati devono quindi essere riconosciuti anche ai beneficiari della protezione sussidiaria immediatamente dopo che è stato loro riconosciuto lo status corrispondente. Il Comitato appoggia la lotta contro il lavoro illegale o clandestino e sottolinea i rischi di esclusione sociale, vagabondaggio ed emarginazione cui sono esposte le persone a cui si concede l'asilo senza però il diritto di lavorare.

3.7.1.1. Per quanto riguarda le donne, il fatto di non avere il diritto di lavorare a partire dal momento in cui viene loro riconosciuta la protezione, aumenta i rischi a cui sono esposte di cadere nelle reti organizzate di prostituzione forzata.

3.7.1.2. Anche nel campo del lavoro, come in quello dei dispositivi d'integrazione di cui al punto 3.9, il Comitato rammenta che la messa in atto dell'accoglienza dei rifugiati e il trattamento sociale (fondo di solidarietà, azioni delle associazioni, accoglienza nelle scuole, alloggi) sono in ultima analisi a carico del livello più piccolo degli enti territoriali (città, regione).

3.8. Libera circolazione (articolo 30)

3.8.1. I rifugiati il cui status è riconosciuto da uno Stato membro, o i beneficiari di una protezione sussidiaria, dovrebbero vedersi riconosciuto il diritto di circolare anche negli altri Stati membri.

3.8.2. Il Comitato rammenta che, una volta che la protezione internazionale è stata accordata e lo status riconosciuto, il rifugiato o il beneficiario della protezione sussidiaria consegna il suo passaporto allo Stato di accoglienza e non può recuperarlo fintanto che durerà la protezione e l'asilo. Dato che è sotto la responsabilità dello Stato membro che accorda la protezione, egli dovrebbe pienamente beneficiare della libera circolazione all'interno del territorio di tutti gli Stati membri, alle stesse condizioni dei loro cittadini(6).

3.9. Accesso agli strumenti d'integrazione (articolo 31)

3.9.1. Vanno formulate le stesse osservazioni che per gli articoli 21 e 24 (permesso di soggiorno e accesso all'occupazione). Il Comitato si chiede per quale ragione i beneficiari di una protezione sussidiaria, una volta che questa è stata accordata, dovrebbero attendere un anno per beneficiare di dispositivi d'integrazione adeguati alle loro esigenze, in particolare in materia di occupazione, istruzione, sanità e servizi sociali. E, si potrebbe anche aggiungere, adeguati alle loro esigenze linguistiche e culturali (necessità di ritrovare il prima possibile una vita normale e degna).

3.10. Rimpatrio volontario (articolo 32)

3.10.1. Il Comitato appoggia l'accesso ai programmi di rimpatrio volontario, ma sottolinea gli stretti legami che esistono fra l'elaborazione di programmi a breve termine e di reintegrazione nei paesi d'origine ed uno sviluppo sostenibile. Lo sviluppo sostenibile costituisce il mezzo privilegiato per garantire la pace, la sicurezza, la stabilità delle popolazioni. Sia le persone la cui domanda sia stata respinta che quelle la cui domanda è stata accolta ma che scelgono ad un determinato momento il rimpatrio volontario hanno, al rientro nei loro paesi, delle esigenze specifiche che dovrebbero essere prese meglio in considerazione in sede di elaborazione delle politiche di sviluppo sostenibile e di cooperazione dell'Unione.

3.11. Personale e risorse (articolo 34)

3.11.1. Il Comitato è d'accordo sulla necessità che il personale delle autorità e delle altre organizzazioni responsabili dell'attuazione dell'attuale direttiva riceva una formazione di base e chiede altresì di aggiungere le esigenze di una formazione continua o specializzata a tutte le fasi di esame della richiesta. Ciò vale in particolare per l'accoglienza da riservare alle donne vittime di stupri o violenze sessuali, o ai bambini non accompagnati da un adulto responsabile nonché per la prevenzione del "reclutamento" di prede facili vittime di trafficanti o di prosseneti.

4. Disposizioni finali

4.1. Razza

4.1.1. Il Comitato approva il principio di non discriminazione previsto nelle disposizioni finali della proposta e raccomanda alla Commissione di tener conto della posizione assunta dall'Unione europea alla conferenza mondiale contro il razzismo, la xenofobia e l'intolleranza, nonché del discorso pronunciato dinanzi al Parlamento europeo dal ministro Louis Michel in rappresentanza della presidenza belga, secondo il quale: "È ormai provato che ogni teoria volta ad affermare l'esistenza di diverse razze umane è scientificamente falsa. L'Unione europea desidera che il linguaggio utilizzato rifletta questa evoluzione. Essa ritiene che l'uso di formule che implichino l'esistenza di razze diverse debba essere evitata. Il suo scopo non è di negare la diversità della razza umana, ma semplicemente di valorizzare l'unità della specie umana e di lottare in tal modo contro le forme contemporanee di razzismo che poggiano di massima su questo genere di affermazioni. Tuttavia, in seguito alla forte opposizione di taluni Stati, non è stato possibile far progredire questa riflessione in maniera sostanziale. L'Unione europea ha tenuto ad esprimere la sua posizione di principio su questo punto in un intervento finale, che sarà ripreso nella relazione della conferenza"(7).

4.1.2. Numerosi rifugiati o richiedenti asilo hanno dovuto fuggire, a causa di discriminazioni di ordine nazionale o etnico, e si trovano a dover andare raminghi da uno Stato all'altro a causa delle stesse discriminazioni che sono state all'origine della loro richiesta di protezione.

4.1.3. Il Comitato rammenta, come già aveva fatto nel suo parere sulla comunicazione della Commissione sulla procedura d'asilo comune(8), la posizione comune del Consiglio del 4 marzo 1996(9), che definisce la nazionalità in senso lato, aldilà della semplice cittadinanza, come un concetto che include anche l'appartenenza a un gruppo caratterizzato da legami d'identità o affinità con altre popolazioni.

4.1.4. Il Comitato invita la Commissione a promuovere sistematicamente, nei testi che propone, le posizioni adottate dall'Unione europea nella comunità internazionale.

5. Conclusioni

5.1. Il Comitato appoggia l'iniziativa della Commissione e più in particolare approva:

- la parità di trattamento con i cittadini degli Stati membri, riconosciuta ai rifugiati e ai beneficiari di una protezione sussidiaria, in materia di occupazione, accesso all'istruzione e ai servizi sociali e accesso alle cure mediche e psicologiche, fermo restando il diritto degli Stati di prevedere misure più favorevoli nei casi che ritengano opportuni;

- il concetto di protezione sussidiaria come protezione allargata prevista per i casi di persone la cui richiesta d'asilo non si fonda su un motivo che rientra nel campo di applicazione della convenzione di Ginevra ma che hanno tuttavia bisogno di una protezione internazionale, nel rispetto del principio del non respingimento;

- l'estensione del campo di applicazione della protezione alle vittime di persecuzioni da parte di organizzazioni o soggetti non statuali.

5.2. Il Comitato ritiene tuttavia che si dovrebbero rivedere taluni aspetti della proposta per raggiungere il livello richiesto nel campo dei principi di protezione internazionale e conseguire gli obiettivi definiti dal Consiglio di Tampere.

5.3. Dopo i tragici eventi dell'11 settembre la domanda crescente di sicurezza tende a intaccare il clima di tolleranza, accettazione, umanità, sensibilità che prevale nel comportamento dei servizi di immigrazione/rifugiati in Europa, come pure lo spirito e la lettera della legislazione europea. Il Comitato ritiene che in un periodo di globalizzazione, la protezione dei rifugiati, dei richiedenti asilo e/o protezione internazionale sia un arricchimento umanitario; essa richiede un giusto equilibrio fra la sicurezza territoriale e quella delle popolazioni. Il Comitato è dell'avviso che nel medio/lungo termine una strategia intesa a rafforzare la tolleranza e a migliorare le relazioni fra cittadini europei da un lato e rifugiati e richiedenti asilo dall'altro sia uno degli investimenti più validi in materia di sicurezza. Affinché l'Unione europea continui a rappresentare un posto di libertà, giustizia e prosperità per tutti i disperati di questo mondo, per tutti coloro che non trovano speranza, giustizia e libertà nei loro paesi.

Bruxelles, 29 maggio 2002.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale

Göke Frerichs

(1) Risoluzione del Consiglio del 20 giugno 1995 sulle garanzie minime per le procedure d'asilo. GU C 274 del 19.9.1996 pagg. 13-17.

(2) Cfr. il parere CES, adottato il 20 marzo 2002, in merito alla "Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo", relatore Sharma.

(3) GU C 260 del 17.9.2001, pt. 2.3.4.3 - relatore Mengozzi.

(4) Cfr. parere del CES GU C 155 del 29.5.2001 (Relatrice Cassina).

(5) Per la convenzione il termine "rifugiato" si applica a ogni individuo che "in seguito ad avvenimenti verificatisi prima del 1o gennaio 1951, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trovi fuori dal paese di cui è cittadino e non possa o non voglia, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo paese; oppure che, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori dal paese in cui aveva residenza abituale a seguito di siffatti avvenimenti, non possa o non voglia tornarvi per il timore di cui sopra".

(6) Cfr. parere del CES sulla "Proposta di direttiva del Consiglio relativa allo status di cittadini di paesi terzi che siano residenti di lungo periodo" GU C 36 dell'8.2.2002 - CES 1321/2001 (relatore: Pariza Castaños).

(7) Discorso di L. Michel dinanzi al PE, 2.10.2001: resoconto della conferenza di Durban.

(8) Cfr. parere del CES nella GU C 260 del 17.9.2001 (Relatore: Mengozzi).

(9) GU L 63 del 13.3.1996, pagg. 2-7.