52002AE0037

Parere del Comitato economico e sociale in merito:alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa in materia d'imposta sul valore aggiunto, edalla Proposta di direttiva del Consiglio e del Parlamento europeo che modifica la Direttiva 77/799/CEE del Consiglio relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette

Gazzetta ufficiale n. C 080 del 03/04/2002 pag. 0076 - 0080


Parere del Comitato economico e sociale in merito:

- alla "Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa in materia d'imposta sul valore aggiunto", ed

- alla "Proposta di direttiva del Consiglio e del Parlamento europeo che modifica la Direttiva 77/799/CEE del Consiglio relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette"

(2002/C 80/16)

Il Consiglio, in data 9 luglio 2001, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato, di consultare il Comitato economico e sociale in merito alle proposte di cui sopra.

La Sezione "Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale", incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del Relatore Walker, in data 10 gennaio 2002.

Il Comitato economico e sociale ha adottato il 16 gennaio 2002, nel corso della 387a sessione plenaria, con 89 voti favorevoli, 1 contrario e 5 astensioni, il seguente parere.

1. Introduzione

1.1. In materia d'imposta sul valore aggiunto la cooperazione amministrativa tra Stati membri poggia su due basi giuridiche, ossia la Direttiva 77/799/CEE(1) relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette e il Regolamento (CEE) n. 218/92(2) concernente la cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette (IVA). Quando la Direttiva 77/799/CEE fu adottata, il suo campo d'applicazione non comprendeva l'imposta sul valore aggiunto ed era limitato alle imposte sul reddito e sul capitale. L'estensione all'IVA si è avuta con la Direttiva 79/1070/CEE(3). Quest'ultima crea una base giuridica per lo scambio d'informazioni tra Stati membri. Tale scambio deve tuttavia avvenire attraverso le "autorità competenti". Esso non può quindi aver luogo direttamente tra due servizi di due Stati membri.

1.1.1. Sono previsti tre tipi di scambi d'informazioni: lo scambio su richiesta in relazione ad un caso specifico, lo scambio automatico e lo scambio spontaneo. Per l'IVA la direttiva non prevede misure specifiche applicabili ai due ultimi tipi di scambi d'informazioni. Essa fa soltanto riferimento alla possibilità di accordi bilaterali tra Stati membri. Sino ad oggi, però, sono stati firmati pochissimi accordi bilaterali per l'instaurazione di tali scambi nel settore dell'IVA. La direttiva prevede inoltre la possibilità che gli Stati membri autorizzino la presenza di agenti dello Stato membro richiedente affinché possano partecipare ad alcuni controlli: anche in questo caso, però, sono pochi gli Stati membri che finora si sono avvalsi di tale facoltà.

1.1.1.1. La soppressione, al 1o gennaio 1993, delle frontiere fiscali tra gli Stati membri rendeva necessario un rafforzamento della cooperazione amministrativa. Si è quindi adottato il Regolamento (CEE) n. 218/92 al fine di completare le disposizioni della direttiva del 1977 e di predisporre un sistema intensificato di scambi d'informazioni solo per le forniture e acquisizioni intracomunitarie di beni. La principale innovazione del regolamento del 1992 consiste nella creazione di una base elettronica di dati (VIES: Information Exchange System) e nella comunicazione automatica a tutti gli altri Stati membri dell'importo totale delle forniture intracomunitarie effettuate a soggetti passivi identificati in tali Stati, nonché dei corrispondenti numeri d'identificazione IVA. Qualora le informazioni disponibili in tale base di dati risultino insufficienti, ai sensi dell'articolo 5 del regolamento possono essere chieste ulteriori informazioni. In tal caso l'autorità interpellata dispone di un periodo di tre mesi per fare seguito alla richiesta.

1.2. Sebbene i funzionari incaricati del controllo negli Stati ritengano che il sistema VIES e la cooperazione amministrativa rafforzata istituiti dal Regolamento (CEE) n. 218/92 siano validi strumenti di controllo, si possono individuare i seguenti punti deboli:

- i dati scambiati automaticamente o su richiesta, in quanto provenienti dalle dichiarazioni ricapitolative dei soggetti passivi, non sono disponibili entro tempi sufficientemente brevi e non possono essere scambiati con la rapidità necessaria a lottare efficacemente contro la frode;

- i dati scambiati con il sistema VIES sono disponibili solo dopo sei mesi, dunque possono essere utilizzati unicamente per il controllo a posteriori, che viene spesso effettuato troppo tardi, e le disposizioni del Regolamento (CEE) n. 218/92 non hanno mai avuto come scopo interventi relativi a casi di frode individuali, che devono essere, per loro natura, immediati;

- il campo d'applicazione del regolamento non comprende tutte le operazioni che possano dar luogo a frode, essendo limitato alle forniture ed alle acquisizioni intracomunitarie, mentre la maggioranza dei meccanismi di frode relativi all'IVA interessa anche le transazioni a livello nazionale: questo costringe le amministrazioni fiscali ad avvalersi di altri strumenti giuridici.

1.3. Per queste ragioni come base giuridica della loro cooperazione contro la frode gli Stati membri usano principalmente la Direttiva 77/799/CEE. Tuttavia, questo testo, inizialmente concepito per facilitare lo scambio d'informazioni attinenti alla fiscalità diretta, non è stato adattato successivamente in modo da poter soddisfare meglio l'esigenza di una cooperazione rafforzata nel campo dell'IVA dopo l'introduzione del regime transitorio il 1o gennaio 1993. La sua inadeguatezza è data essenzialmente dai seguenti punti:

- la cooperazione prevista risente di un'impostazione troppo centralizzata, non abbastanza intensiva ed eccessivamente vaga;

- non vi sono sufficienti contatti diretti tra gli uffici antifrode locali e nazionali;

- la regola per cui la comunicazione deve avvenire tra gli uffici centrali di collegamento riduce l'efficacia della cooperazione, ne limita l'uso da parte degli agenti e comporta tempi troppo lunghi;

- oltre al sistema VIES, vi sono troppo pochi scambi automatici o spontanei d'informazioni atti a consentire l'individuazione e la prevenzione delle frodi negli scambi intracomunitari;

- mancano regole chiare per tutta una serie di aspetti della cooperazione (in particolare, la presenza di funzionari stranieri al momento dei controlli, la possibilità di organizzare controlli multilaterali o l'uso che può essere fatto delle informazioni comunicate da un altro Stato membro).

1.4. Oltre alle succitate carenze e lacune, l'esistenza di due basi giuridiche diverse per la cooperazione amministrativa in materia di IVA si è rivelata una fonte di complicazioni che compromette il buon funzionamento del regime. Il regolamento si applica soltanto alle forniture e acquisizioni intracomunitarie di beni, mentre per le prestazioni intracomunitarie di servizi, così come per le altre operazioni IVA, si deve ricorrere alle disposizioni della direttiva. I due strumenti sono tuttavia soggetti a regole di funzionamento differenti. I termini da rispettare per le richieste sono diversi e diverso è l'uso che può essere fatto delle informazioni ricevute. In conformità alle disposizioni del regolamento, gli Stati membri hanno istituito degli uffici centrali di collegamento che hanno principalmente il compito di provvedere allo scambio d'informazioni a norma del regolamento. In alcuni Stati membri, tuttavia, vi sono altri organi preposti allo scambio d'informazioni a norma della direttiva. Questo significa quindi che non vi sono sinergie tra il regolamento e la direttiva ai fini del controllo dell'IVA. La situazione è esacerbata dal fatto che alcune operazioni sono considerate come servizi in certi Stati membri e come beni in altri.

1.5. La relazione presentata il 28 gennaio 2000 dalla Commissione a norma dell'articolo 14 del Regolamento (CEE) n. 218/92 e dell'articolo 12 del Regolamento (CEE) n. 1553/89(4) ed i lavori svolti dal gruppo ad hoc del Consiglio "sulla frode fiscale" hanno indicato chiaramente che, se s'intende mantenere il regime esistente, è necessario un impegno a rafforzare il controllo e la cooperazione amministrativa. Il 5 giugno 2000 il Consiglio ha invitato la Commissione a presentare quanto prima delle proposte in merito a tutte le raccomandazioni che sono state oggetto di accordo unanime durante i lavori del gruppo ad hoc.

1.6. Una misura della dimensione e della serietà del problema è data dal fatto che, secondo i dati della Commissione(5), gli Stati membri devono svolgere la supervisione su transazioni intracomunitarie esenti da IVA per un valore di circa 930 miliardi di euro all'anno - una categoria di operazioni che prima del 1993 era soggetta a controlli ufficiali alle frontiere e che ora è di competenza delle autorità fiscali. Gli Stati membri devono controllare circa 24 milioni di operatori soggetti a IVA che presentano ogni anno circa 100 milioni di dichiarazioni.

2. Le proposte della Commissione

2.1. Ai fini di un rafforzamento della cooperazione amministrativa in materia d'IVA, la Commissione propone di rafforzare il dispositivo giuridico del Regolamento (CEE) n. 218/92 e di includervi le disposizioni della Direttiva 77/799/CEE per creare un quadro giuridico unico che definisca regole chiare e vincolanti in materia di cooperazione tra Stati membri. Tale quadro prevede contatti più diretti tra i servizi dei diversi Stati membri per rendere la cooperazione più efficace e più rapida. Inoltre permette di rendere gli scambi d'informazioni tra le amministrazioni e tra queste e la Commissione più intensi e più rapidi per combattere più efficacemente contro la frode.

2.2. La proposta in esame ha come obiettivo l'istituzione di un efficace sistema di assistenza reciproca e di scambio d'informazioni al fine di garantire il buon funzionamento del regime IVA. Sebbene conferisca alla Commissione il ruolo di garante del buon funzionamento della cooperazione amministrativa, non le attribuisce compiti operativi a livello d'investigazione e lotta contro le frodi fiscali.

2.2.1. La Commissione ritiene tuttavia che la frode in materia di IVA nella sua dimensione intracomunitaria debba ricevere una risposta a livello comunitario ed essere combattuta mediante un'azione comune degli Stati membri e della Commissione. Anche se gli Stati membri sono i principali responsabili delle misure necessarie al buon funzionamento del regime comune in materia di IVA, la Commissione considera di dover svolgere in questo ambito un ruolo di coordinamento e di stimolo.

2.2.2. Per tale motivo la Commissione presenterà, in base all'articolo 280 del Trattato CE, una proposta di regolamento separata contenente specifiche disposizioni antifrode intese a conferire alla Commissione un ruolo di coordinamento a livello comunitario nello scambio di informazioni.

2.3. Poiché occorre sostituire integralmente il Regolamento (CEE) n. 218/92 e la Direttiva 77/799/CEE per quanto riguarda l'IVA, quest'ultima è ormai esclusa dal campo d'applicazione della direttiva. Per contro, il campo di applicazione della direttiva viene esteso ad alcune imposte sui premi assicurativi per tener conto dell'esigenza espressa dagli Stati membri nel quadro dei negoziati al Consiglio sulla proposta di modifica della Direttiva 76/308/CEE(6).

2.4. La presente proposta mira a rafforzare la cooperazione tra le amministrazioni fiscali fornendo loro un quadro giuridico semplice ed efficace per combattere ad armi pari contro i frodatori. La proposta non ha lo scopo di modificare in alcun modo gli obblighi dei contribuenti né le regole relative all'applicazione delle norme in materia di IVA. Per tale motivo la Commissione presenta la proposta sulla base dell'articolo 95 del Trattato. Prendendo l'articolo 95 del Trattato come base giuridica, la Commissione rimane peraltro in linea con la sua proposta del 19 giugno 1990(7) per il Regolamento (CEE) n. 218/92/CEE, nella quale già proponeva l'articolo 100 A del Trattato CE (divenuto l'articolo 95 del Trattato CE) come base giuridica appropriata.

3. Osservazioni di carattere generale

3.1. In varie occasioni(8) il Comitato ha rilevato l'esigenza di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri in materia di IVA ed in altri ambiti relativi all'applicazione della normativa. Ha ripetutamente ribadito che l'incapacità degli Stati membri di avvalersi dei meccanismi di cooperazione esistenti sta aggravando le lacune del regime transitorio IVA e facilita la proliferazione della frode sistematica in materia di IVA.

3.2. La relazione della Corte dei Conti europea del 1998(9) sottolinea che la lotta alla frode è caratterizzata dall'assenza di una strategia integrata. Attira l'attenzione sul fatto che per le transazioni intracomunitarie ci si trova di fronte alla contraddizione per cui esiste un mercato unico della frode ma non un mercato unico dell'applicazione della legge. La Corte ha valutato che il divario fra IVA incassata annualmente ed IVA teorica, calcolato in base ai dati macroeconomici, ammonta ad una cifra di 70 miliardi di euro, che corrisponde a circa il 21 % delle entrate aggregate degli Stati membri. L'accuratezza di questa cifra è stata messa in dubbio, ma se la cifra reale fosse anche solo la metà dell'importo citato rappresenterebbe comunque una stupefacente perdita di gettito da parte degli Stati membri ed un segnale più che preoccupante del modo in cui le loro amministrazioni stanno gestendo, o piuttosto fallendo nell'applicazione dei controlli IVA.

3.3. Il Comitato concorda con la Commissione sul fatto che le attuali proposte costituiscono un miglioramento sensibile rispetto allo status quo e che, se effettivamente applicate, esse permettono alle autorità nazionali preposte all'IVA di misurarsi ad armi pari con i criminali che sfruttano le carenze dell'attuale sistema. Tuttavia, viste le esperienze passate, il Comitato nutre dubbi sul fatto che gli Stati membri, se lasciati a sé stessi, faranno di queste facoltà un uso più ampio che in passato. Si segnala infatti che le proposte costituiscono essenzialmente delle norme di abilitazione, e contengono invece poco o niente che costringa gli Stati membri a sfruttare le opportunità offerte.

3.3.1. Viene ampiamente riconosciuto che gli strumenti di cooperazione esistenti sono stati largamente sottoutilizzati ed in alcuni casi persino ignorati. Questa sottoutilizzazione è stata attribuita, tra l'altro, a procedure lente ed addirittura all'ignoranza degli strumenti a disposizione, in particolare da parte degli enti locali. Sebbene la maggioranza degli Stati membri si esprimano in favore di un'intensificazione degli scambi d'informazioni, le informazioni vengono di rado effettivamente scambiate. Questa situazione non potrà essere modificata con la sola introduzione di nuovi strumenti normativi, bensì richiede una radicale modifica di atteggiamento e di priorità da parte delle amministrazioni degli Stati membri.

3.3.2. La Commissione ha notato(10) l'esistenza di un problema persistente e crescente che riguarda il numero di richieste di assistenza inevase entro il termine di tre mesi disposto dal Regolamento (CEE) n. 218/92. Inoltre, in genere gli Stati membri, salvo qualche eccezione, si sono dimostrati restii ad usare le possibilità offerte dall'articolo 12 del Regolamento per la delegazione dei poteri ai livelli operativi. Mentre è chiaro che deve essere mantenuto un equilibrio tra le esigenze degli uffici locali e quelle delle amministrazioni centrali, gli uffici centrali di collegamento devono essere utilizzati come un condotto anziché agire come una strozzatura. Tali uffici inoltre devono svolgere un ruolo più importante nell'informare i funzionari preposti al controllo delle possibilità di scambio d'informazioni, in particolare per quanto riguarda il controllo di regimi speciali, i rimborsi ai sensi dell'ottava direttiva ed i servizi forniti conformemente all'articolo 9, paragrafo 2, lettera e) della sesta direttiva. Tuttavia, una serie di uffici centrali di collegamento ha affermato di non disporre né dei poteri né dei mezzi per adempiere a questo ruolo.

3.3.3. Per tali motivi il Comitato approva la proposta della Commissione che le conferisce una funzione di coordinamento e di stimolo, nonché la sua intenzione di presentare, ai sensi dell'articolo 280, una proposta di regolamento che stabilisca specifiche misure antifrode le quali a loro volta attribuiscano alla Commissione stessa un ruolo preciso di coordinamento dello scambio di informazioni al livello comunitario.

4. Osservazioni di carattere particolare

4.1. Il Comitato si compiace che, in futuro, gli Stati membri siano tenuti a designare un ufficio centrale di collegamento unico responsabile della cooperazione, ma teme che ciò costituisca ancora un ostacolo alla comunicazione se tali enti continueranno a funzionare come in passato. Il Comitato rileva che l'articolo 3, paragrafo 4, stabilisce che: "Il presente regolamento non osta a che, oltre ai funzionari di cui al paragrafo 3, altri funzionari di diversi Stati membri preposti all'applicazione della legislazione sull'IVA si mettano direttamente in contatto tra loro, scambino informazioni e collaborino secondo il presente regolamento". Giudica tuttavia che sarebbe stato preferibile stabilire un approccio più positivo che preveda esplicitamente tali contatti anziché limitarsi a non precluderli.

4.2. Il Comitato ritiene che l'articolo 36 offra agli Stati membri troppi pretesti per non fornire le informazioni richieste e che quindi esso limiti l'effetto dell'articolo 5, paragrafo 3, il quale stabilisce che per procurarsi le informazioni richieste l'autorità interpellata proceda come se agisse per conto proprio o su richiesta di un'altra autorità del proprio Stato membro.

4.3. Il Comitato nota che a norma dell'articolo 10 il termine per fornire le informazioni richieste continua ad essere di tre mesi, e/o di un mese nel caso in cui le informazioni richieste siano già in possesso dell'autorità interpellata. Tenuto conto della necessaria rapidità delle indagini laddove vengano individuati sospetti di frode, il Comitato ritiene che in molti casi questi termini possano essere troppo lunghi per essere veramente efficaci, e reputa che si debba considerare la possibilità di accorciarli.

4.4. Il Comitato si compiace che per l'avvenire non sarà più necessario il consenso del soggetto passivo per la presenza di funzionari stranieri durante i controlli, ma considera poco chiari i motivi per cui l'articolo 14 impedisce a tali funzionari di partecipare alle perquisizioni domiciliari ed agli interrogatori formali delle persone previsti dalla legislazione penale. A suo avviso si tratta di restrizioni inutili, che possono soltanto servire ad ostacolare le indagini sulla frode transfrontaliera dell'IVA.

4.5. L'articolo 15 stabilisce che gli Stati membri ricorrano in modo indipendente e sul proprio territorio a controlli simultanei su soggetti passivi "che presentino un interesse comune o complementare". Il Comitato ritiene che questa formulazione sia troppo vaga e che occorra una definizione più precisa di questi termini.

4.6. L'articolo 22 precisa che, "Le autorità competenti degli Stati membri possono, in qualsiasi situazione, trasmettersi reciprocamente, senza preventiva richiesta e in modo spontaneo, le informazioni di cui all'articolo 1 in loro possesso." Il Comitato avrebbe preferito che questo articolo stipulasse che "Le autorità competenti degli Stati membri devono...".

4.7. Il Comitato si compiace del fatto che a norma dell'articolo 37 le informazioni fornite in applicazione del regolamento possono essere utilizzate in occasione di procedimenti giudiziari o amministrativi avviati per violazioni della normativa fiscale e comportanti l'eventuale irrogazione di sanzioni, e ciò nonostante si tratti d'informazioni riservate.

4.7.1. Il Comitato inoltre approva che l'articolo 37, paragrafo 3, non richieda più il consenso dello Stato membro che fornisce le informazioni perché lo Stato richiedente possa renderle disponibili ad altri Stati membri.

4.7.2. Il Comitato accoglie con favore il fatto che non sarà più obbligatorio notificare lo scambio d'informazioni al soggetto passivo coinvolto nell'indagine.

4.8. Il Comitato nota che, a norma dell'articolo 42, la frequenza della relazione della Commissione al Parlamento europeo ed al Consiglio viene portata da due a tre anni. Ritiene tuttavia preferibile mantenere la cadenza biennale.

4.9. Il Comitato concorda con la Commissione per l'utilizzo dell'articolo 95 del Trattato come base giuridica per la proposta in esame.

4.10. Il Comitato nota che la Commissione non ha effettuato una valutazione dell'impatto di questa proposta. Mentre di solito auspica che vengano condotte e pubblicate correntemente valutazioni d'impatto, in questo caso il Comitato dà atto della difficoltà di determinare l'impatto di questi strumenti data l'incertezza sulla misura in cui gli Stati membri si serviranno di questi nuovi strumenti.

5. Conclusioni

5.1. Il Comitato ribadisce la preoccupazione precedentemente espressa circa l'entità impressionante delle perdite di gettito derivanti dalla frode in materia d'IVA e dalla mancanza di cooperazione tra le amministrazioni dei vari Stati membri, che facilita, e perfino incoraggia, quest'attività criminale. L'abolizione dei controlli alle frontiere, che costituisce una condizione intrinseca del mercato unico, richiede l'esistenza di procedimenti di controllo esaustivi e di una loro efficace applicazione da parte delle amministrazioni tributarie degli Stati membri, indipendentemente dal sistema fiscale in vigore. Attualmente si è ben lungi dall'aver conseguito tali obiettivi ed è difficile non trarne la conclusione che l'attuale sistema di cooperazione amministrativa non ha sostituito in modo adeguato i precedenti controlli fisici.

5.2. Pur ritenendo che le proposte della Commissione costituiscano un passo nella direzione giusta, il Comitato giudica che esse non siano sufficienti per correggere le carenze e lacune dell'attuale situazione. Riconosce d'altro canto che probabilmente tali proposte si spingono al limite di ciò che è politicamente raggiungibile. Detto ciò, il Comitato approva le proposte presentate, pur ribadendo il fatto di nutrire serie riserve circa la loro capacità di produrre un impatto significativo sulla lotta alla frode se l'atteggiamento delle amministrazioni degli Stati membri e delle amministrazioni fiscali nazionali non cambierà radicalmente. Il Comitato si rivolge pertanto agli Stati membri affinché facciano la loro parte nell'arginare la piaga della perdita di gettito accettando queste proposte e attuando le misure necessarie per assicurarne l'efficace attuazione.

Bruxelles, 16 gennaio 2002.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale

Göke Frerichs

(1) GU L 336 del 27.12.1977, pag. 15.

(2) GU L 24 dell'1.2.1992, pag. 1.

(3) GU L 331 del 27.12.1979, pag. 8.

(4) COM(2000) 28 def.

(5) COM(2000) 28 def., punto 5.5.

(6) COM(98) 364 def. e COM(1999) 183 def.

(7) COM(90) 183 def.

(8) Cfr. per es.: GU C 116 del 20.4.2001.

(9) GU C 349 del 17.11.1998, pagg. 15-17.

(10) GU C 349 del 17.11.1998.