Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Rilanciare un piano in materia di proteine vegetali a livello comunitario"
Gazzetta ufficiale n. C 080 del 03/04/2002 pag. 0026 - 0034
Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Rilanciare un piano in materia di proteine vegetali a livello comunitario" (2002/C 80/06) Il Comitato economico e sociale, in data 12 luglio 2001, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 23, paragrafo 2, del suo Regolamento interno, di elaborare un parere sui "Seminativi" sul tema di cui sopra. La Sezione "Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente", incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del Relatore Sabin, in data 4 dicembre 2001. Il Comitato economico e sociale ha adottato il 16 gennaio 2002, nel corso della 387a sessione plenaria, con 95 voti favorevoli e 3 astensioni, il seguente parere. In seguito al parere sulla coltura di leguminose in terreni a riposo, il Comitato economico e sociale ha deciso di approfondire la riflessione sull'approvvigionamento di proteine vegetali dell'Unione europea nel settore dell'allevamento. Questo supplemento di parere analizza le diverse opzioni per rilanciare un piano in materia di proteine vegetali a livello comunitario. La Commissione per l'agricoltura del Parlamento europeo si è detta interessata alle riflessioni presentate dal Comitato; è stata così avviata una cooperazione tra i Relatori delle due istituzioni che è sfociata nell'organizzazione, da parte del Comitato, di un'audizione pubblica il 4 dicembre 2001. (per ulteriori informazioni cfr.: www.esc.eu.int) 1. Introduzione 1.1. La storia del dossier delle oleoproteaginose nelle relazioni internazionali è ricca d'insegnamenti per il futuro: - all'epoca del "Dillon Round" nel 1962 i negoziatori europei non considerarono strategiche queste produzioni. Otto anni più tardi, la soia si imponeva negli scambi mondiali come l'unica risorsa a livello di proteine vegetali destinata all'alimentazione animale; - anche se lo sviluppo degli scambi mondiali doveva assicurare un approvvigionamento meno costoso dell'UE, nel 1973 l'emergere di un forte scarto tra l'offerta e la domanda determinò un forte rialzo dei prezzi mondiali. Gli Stati Uniti decretarono allora un embargo sulle vendite di soia che ebbe un impatto traumatico in Europa; - forte di tale esperienza, l'UE, a partire dal 1973, ha dimostrato di poter migliorare il proprio tasso di autosufficienza consolidando l'Organizzazione comune di mercato delle oleaginose e creando le condizioni di sviluppo delle proteaginose; - l'accordo di "Blair House", seguito agli attacchi degli Stati Uniti (gruppi GATT) contro il regolamento "oleaginose" si è tradotto in una limitazione della produzione europea. Benché aspramente criticato, l'accordo ha avuto il merito di non rimettere in discussione il livello esistente di seminativi in Europa. Eppure, otto anni più tardi, la riforma della politica agricola comune (PAC) provoca, ancora una volta, un indebolimento del settore. 1.2. Si constata di nuovo uno scarto importante tra il fabbisogno di proteine vegetali dell'UE e il suo potenziale produttivo. Inoltre, lo sviluppo del settore delle oleoproteaginose non è più una sfida che riguardi solo l'agricoltura. È un settore che entra in gioco in molte importanti sfide per la collettività. 1.3. La percezione della sicurezza alimentare da parte del consumatore è diventata determinante. La nuova politica comunitaria integrata nel campo della sicurezza alimentare impone un alto livello di sicurezza a ciascun anello della catena alimentare. Il posto che le proteine di origine vegetale occupano nell'alimentazione del bestiame deve essere analizzato alla luce di tali considerazioni. 1.4. Le conclusioni del Vertice europeo di Göteborg del 15-16 giugno 2001 hanno consentito di adottare una strategia europea per lo sviluppo sostenibile nella quale si precisa che la PAC dovrebbe contribuire, "tra gli obiettivi, a realizzare uno sviluppo sostenibile ponendo maggiore enfasi sulla promozione di ... materie prime rinnovabili ...;". Più in particolare, la lotta contro il cambiamento climatico e il rispetto degli impegni presi nel quadro del Protocollo di Kyoto impongono di incentivare la sostituzione del carbone di origine fossile con carbone prodotto da fonti rinnovabili. 1.5. Infine, le conclusioni dei Vertici europei di Berlino del marzo 1999 e di Nizza del dicembre 2000 invitano la Commissione a vigilare sull'evoluzione del settore dei semi oleosi in Europa e a valutare, se del caso, le possibili opzioni per promuovere la coltivazione di proteine vegetali, un aspetto sul quale verte la Comunicazione(1) della Commissione. 1.5.1. Il Comitato rileva che, in seguito alle due ultime riforme della PAC e agli accordi in sede di OMC, il tasso di autosufficienza dell'UE nel settore delle proteine vegetali è diminuito nuovamente, scendendo al di sotto del 25 % lo scorso anno. Il declino costante di questo tasso pone il problema di una dipendenza rischiosa dell'allevamento europeo per il soddisfacimento del fabbisogno di proteine vegetali. 1.6. Il Comitato annette un'importanza particolare al futuro della produzione di oleoproteaginose in Europa. Il presente parere intende proporre i lineamenti di un piano per le proteine vegetali a livello comunitario che si iscriva nel quadro di quattro importanti sfide cui deve far fronte l'UE. 2. 1a sfida: le proteine vegetali di origine europea, un vantaggio per la sicurezza alimentare 2.1. La Commissione ha adottato un Libro bianco sulla sicurezza alimentare che ridefinisce in modo radicale l'attuale politica dell'UE in materia di sicurezza dei prodotti alimentari e di mangimi per animali. Il Comitato ha esaminato il Libro bianco, che è stato oggetto di un parere(2) adottato a larga maggioranza nel maggio 2000. 2.2. La recente crisi sanitaria dovuta all' encefalopatia spongiforme bovina ha evidenziato le regole di prudenza che s'impongono quando si creano le catene di riciclaggio delle materie prime. Ciò ha portato al divieto di utilizzare farine di carne nell'alimentazione animale. 2.3. Nonostante nel 1999 il 5 % delle sostanze ad alto tenore proteico non fosse di origine vegetale, alla crisi sanitaria ha fatto seguito una crisi di fiducia dei consumatori sul mercato della carne bovina. Ciò ha avuto delle conseguenze sull'alimentazione animale perché si è dovuto ricorrere in misura maggiore alle proteine vegetali. 2.3.1. Per tale motivo la Commissione europea ha proposto di incoraggiare, a partire dalla campagna 2001/2002, la coltivazione di leguminose foraggere secondo il metodo di produzione biologico sui terreni ritirati dalla produzione. Tuttavia tali produzioni entrano solo nella composizione degli alimenti per i ruminanti. 2.3.1.1. Nel suo parere(3), il Comitato afferma che tale proposta va nella direzione giusta, ma non è in grado di rispondere alle forti aspettative dei consumatori circa la sicurezza sanitaria dell'alimentazione animale e non risolve la questione delle catene di produzione delle carni bianche. 2.4. Ormai, nell'alimentazione animale, l'apporto di proteine è garantito da sostanze di origine vegetale e, in quantità trascurabile, da farine di pesce. Per sostenere l'argomento del carattere sano delle pratiche, è opportuno esaminare le modalità di gestione dei rischi eventuali, sul piano sanitario, dell'uso dei panelli di oleoproteaginose. Eventuali rischi possono essere: - l'eventuale presenza di prodotti contaminanti, - gli effetti dovuti alla presenza di OGM. 2.5. Per quanto riguarda la presenza di prodotti contaminanti, esiste una legislazione europea completa in materia di controlli sulle sostanze indesiderate nell'alimentazione animale (Direttiva 2001/46/CE). Tale Direttiva presta particolare attenzione ai possibili difetti dei procedimenti di fabbricazione perché l'eventuale presenza di prodotti contaminanti è attribuibile ad incidenti di fabbricazione. D'altro canto, anche la commercializzazione degli alimenti composti destinati agli animali (79/373/CEE) è in corso di revisione(4) e dovrebbe consentire una migliore tracciabilità delle materie prime utilizzate nei panelli vegetali. 2.6. Per quanto concerne la presenza di OGM, nell'UE attualmente vige una moratoria che vieta l'uso di nuovi OGM nell'alimentazione umana ed animale. Tuttavia, una legislazione comunitaria coerente che permetta di gestire tale rischio sanitario si trova attualmente nell'ultima fase della procedura legislativa. Quanto alla Direttiva 2001/18/CE, essa prevede che gli organismi comunitari e gli Stati membri applichino delle procedure di monitoraggio dei possibili effetti ambientali a lungo termine degli OGM. 2.7. Il 25 luglio 2001 la Commissione ha presentato un progetto di regolamento relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati(5). Tale progetto (senza con questo anticipare il parere del Comitato relativo a tale proposta) si basa su alcuni principi fondamentali del Libro bianco sulla sicurezza alimentare: - una procedura unica di valutazione dei rischi legati all'ambiente alla salute umana e animale, - una procedura di gestione del rischio con la partecipazione della Commissione e degli Stati membri, - una migliore informazione dei consumatori grazie ad un'apposita etichettatura. 2.8. Per quanto riguarda la presenza di OGM nelle materie prime importate, l'UE ha approvato il Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza. Tale protocollo disciplina soltanto gli scambi di organismi viventi geneticamente modificati tra i paesi firmatari. Per tale ragione il Comitato sottolinea che l'UE non potrà mantenere a lungo un comportamento contraddittorio come quello che consiste nell'importare materie prime contenenti una parte di OGM e nel proibire l'uso di OGM che verrebbero prodotti nel territorio europeo. 2.8.1. Ciò nondimeno, il problema degli OGM nei panelli di semi oleosi va ridimensionato: infatti va notato che se nel panello è presente il DNA dell'OGM, al termine del procedimento di fabbricazione esso è distrutto dalla cottura che ha luogo immediatamente dopo la macinazione dei semi e l'estrazione dell'olio. Da parte sua, l'olio non contiene il DNA dell'OGM. Dopo più di 6 anni di consumo di tali panelli non si è potuto riscontrare alcun incidente di qualsivoglia natura, ma bisogna restare vigili su questo problema. Infine, va notato che sono state prese iniziative per sviluppare filiere tracciabili che non impiegano gli OGM e i cui costi sono più elevati. La produzione può aumentare se il consumatore accetta di pagare i costi supplementari. 3. 2a sfida: la sicurezza dell'approvvigionamento in proteine per l'alimentazione animale A. La situazione mondiale 3.1. Nella campagna 1999/2000 l'UE ha importato 34,3 milioni di tonnellate di panelli di oleaginose, di cui 26,3 milioni di tonnellate di panelli di soia. Con importazioni pari al 40 % del mercato, essa è il primo importatore mondiale. 3.2. Il rapporto tra domanda e offerta è soggetto periodicamente a tensioni che comportano la persistenza dei rischi di contrazione dell'offerta. 3.3. In 15 anni (1985-2000) la produzione mondiale di sostanze proteiche è aumentata del 60 %. Nel medesimo periodo vi è stato a livello mondiale uno sviluppo degli scambi, che rappresentano il 53 % della produzione mondiale contro il 14 % per i cereali. 3.3.1. Ormai il valore degli scambi di semi oleosi a livello mondiale è quasi pari a quello dei cereali, con una cifra d'affari prossima ai 55 miliardi di dollari all'anno(6). Dal punto di vista geografico tale offerta si è concentrata in tre paesi, vale a dire gli Stati Uniti, il Brasile e l'Argentina, che da soli rappresentano l'80 % della produzione mondiale. 3.4. Le conseguenze di tale concentrazione geografica dell'offerta sono state accompagnate da una riduzione del numero d'operatori presenti sul mercato. Negli Stati Uniti, che rappresentano il 45 % della produzione mondiale, meno di 5 gruppi industriali detengono da soli il 90 % della capacità di spremitura. Nel settore delle sementi si registra un'evoluzione simile. 3.5. La soia si è imposta rapidamente come principale fonte di sostanze ad alto tenore proteico. La percentuale relativa delle sostanze ad alto tenore proteico diverse dalla soia è in costante diminuzione negli scambi mondiali ed è passata dal 27 % nel 1985 al 22 % nel 2000. 3.6. La domanda mondiale si è altamente diversificata e presenta un ritmo di aumento compreso tra il 4 % e il 5 % all'anno. Se lo si compara ad un mercato mondiale dei cereali che è in stagnazione dagli anni Ottanta, tale dinamismo è notevole. Fino alla metà degli anni Ottanta l'UE rappresentava oltre il 64 % delle importazioni. Oggi rappresenta meno del 40 % degli scambi mondiali perché sono emersi nuovi compratori, in particolare la Cina che rappresenta adesso oltre il 10 % degli scambi. D'altro canto, gli Stati Uniti e il Brasile hanno sviluppato la loro produzione di carni bianche e quindi assorbono una parte più consistente della loro produzione. 3.7. Va inoltre notato che il soddisfacimento dei fabbisogni di consumo delle persone nei paesi emergenti avviene in primo luogo attraverso il ricorso all'assorbimento diretto di proteine vegetali. Non appena ne hanno i mezzi, le popolazioni passano progressivamente al consumo delle proteine sotto forma di carni bianche o rosse. Siccome, però, occorrono da due a tre unità di proteine vegetali (provenienti da sostanze ad alto tenore proteico) per fabbricare un'unità di proteine animali (sotto forma di carni bianche)(7), si comprenderà che lo sviluppo economico implica un consumo accresciuto e rapido di proteine vegetali. Pertanto, la crescita economica di un paese, in modo particolare in Asia, può di nuovo creare uno sfasamento tra offerta e domanda sul mercato mondiale, come si è già constatato nel 1973. Ne è un esempio la Cina le cui importazioni di panelli di soia aumentano regolarmente. 3.8. Il Comitato constata che la situazione, alla fine dell'embargo del 1973, aveva portato l'Europa ad adottare misure volte a limitare la sua dipendenza al fine di ridurre i suoi rischi economici e d'approvvigionamento alimentare. Questa situazione, che era sensibilmente migliorata in seguito grazie alla politica attuata all'epoca, ha cominciato a degradarsi di nuovo a causa delle decisioni prese nell'ambito dell'Agenda 2000. Infatti, il calo sostanziale degli aiuti scoraggia la produzione di oleoproteaginose. Ciò determina una situazione sempre più sfavorevole per l'UE. Per tali motivi, il Comitato resta scettico rispetto all'idea che gli operatori ricaverebbero solo vantaggi e non correrebbero alcun rischio a rifornirsi, pressoché esclusivamente, sul mercato internazionale delle sostanze proteiche. 3.9. La concentrazione dell'offerta in alcuni paesi comporta necessariamente un rischio climatico che, quando diviene realtà, può avere effetti di lunga durata e indurre gli agricoltori di tali paesi a modificare le loro produzioni (diminuzione delle superfici). Tale rischio climatico, pur se molto reale (è stato alla base della decisione dell'embargo del 1973), non è stato mai preso in considerazione dalla Commissione, né nelle sue analisi, né nelle sue scelte. Inoltre, è opportuno ricordare che il valore dell'acquisto di proteine vegetali all'estero è una voce importante del disavanzo commerciale comunitario. B. Il fabbisogno europeo di proteine vegetali in funzione dell'evoluzione del consumo di carne 3.10. La crisi di fiducia dei consumatori europei ha avuto anche l'effetto di accelerare lo spostamento di una parte del consumo dalle carni rosse a quelle bianche, una tendenza che si è confermata a lungo termine. 3.10.1. Nel luglio 2001 la Direzione generale "Agricoltura" della Commissione europea ha pubblicato uno studio di prospettiva(8) sulla situazione dei mercati agricoli europei. Da esso si evince che la produzione di suini e di pollame presenterà la crescita maggiore: >SPAZIO PER TABELLA> 3.11. Tali circuiti di produzione animale sono dei forti consumatori di sostanze ad alto tenore proteico e di sostanze energetiche. Tuttavia la Commissione europea ha basato la riforma della PAC sul livello di competitività dei cerali rispetto ai succedanei importati per anticipare l'evoluzione della domanda di mangimi. 3.11.1. Il documento di lavoro dei servizi della Commissione(9) sulla domanda e l'offerta di piante proteiche nell'UE precisa che la domanda, espressa in unità foraggere, dovrebbe aumentare di 2,5 milioni di tonnellate nella campagna 2000/2001 a causa dell'effetto cumulato del divieto delle farine di carne e dello spostamento del consumo verso le carni bianche. Tale aumento dovrebbe tradursi in un assorbimento supplementare di cereali per un totale di 4 milioni di tonnellate e in un aumento del fabbisogno di panelli di soia da + 1 a 1,5 milioni di tonnellate. A lungo termine la domanda interna(10) destinata all'alimentazione animale dovrebbe orientarsi principalmente verso i cereali e in misura più significativa verso il frumento (+ 17 % tra il 2001 e il 2008). 3.12. Il Comitato confuta la teoria secondo la quale le conseguenze del consumo di carni bianche e del divieto delle farine animali avrebbero delle ripercussioni più significative sulla domanda di cereali (fabbisogno energetico) e in misura minore sulle sostanze ad alto tenore proteico. Con i vincoli zootecnici e in assenza di un'evoluzione tecnologica rilevante, gli effetti meccanici che influiscono sulla domanda di cereali avranno ripercussioni analoghe sulla domanda di sostanze ricche di proteine vegetali. C. L'evoluzione prevista per le superfici coltivate a oleoproteaginose in seguito all'Agenda 2000 3.13. Tale aumento prevedibile della domanda di sostanze ad alto tenore proteico contrasta con le previsioni(11) formulate dalla Commissione, la quale prevede un'evoluzione negativa delle colture di semi oleosi (da 4,8 milioni di ettari nel 2002 a 4,6 milioni di ettari nel 2008), essendo quindi l'aumento del volume della produzione legato solo ad un aumento della produttività delle piante. 3.13.1. Da un punto di vista congiunturale, la stabilizzazione delle superfici destinate alla coltivazione delle oleaginose a livello europeo nella campagna 2000/2001 (5260000 di ettari, secondo una stima del COPA/Cogeca) non consente di tornare al livello precedente l'attuazione dell'Agenda 2000. Dall'analisi di tale evoluzione si evince che la diminuzione delle superfici coltivate ad oleoproteaginose è generale nell'UE, con l'eccezione dei nuovi Länder tedeschi. Infatti, in occasione della loro integrazione nell'UE, essi avevano applicato una riduzione del loro potenziale di produzione, ma tale limite non è più in vigore dalla campagna 2000/2001. A parte questo aumento localizzato, la tendenza generale è al ribasso: - 7,5 % in Francia, - 1,5 % in Italia e 0 % in Spagna. 3.14. Il Comitato sottolinea che, per quanto riguarda i seminativi, le prospettive nell'UE per il periodo 2001-2008 restano inferiori di 0,4 milioni di ettari rispetto al potenziale di produzione autorizzato dagli accordi di Blair House. Questa constatazione è in contraddizione con l'evoluzione della domanda prevista nel settore delle sostanze ricche di proteine vegetali. Va altresì a sostegno dell'idea che lo sviluppo della produzione di carne sarà indebolito da un abbassamento del tasso di autosufficienza dell'UE nel settore delle proteine vegetali nel quadro dell'Agenda 2000. Pertanto, l'UE si trova in una situazione più unica che rara in quanto applica un sistema di messa a riposo a produzioni nelle quali è fortemente deficitaria. La soppressione dell'"aiuto specifico" alle oleaginose previsto dall'Agenda 2000 dovrebbe consentire all'UE di avere nuovamente dei margini di manovra nei negoziati internazionali e di rendere obsoleti gli accordi di Blair House. 4. 3a sfida: l'integrazione dei PECO dovrebbe cambiare la situazione? 4.1. La considerazione della situazione dei paesi candidati inficia la precedente valutazione? Nella misura in cui i negoziati dovessero concludersi da qui al 2003, ci si può ragionevolmente aspettare che entro il 2008 la maggior parte dei paesi candidati avrà aderito all'UE. 4.2. Il grado di autosufficienza dei paesi candidati è superiore a quello dell'UE: nel 2000, infatti, si è avvicinato a valori pari all'80 %. Tuttavia tali paesi rimangono esportatori di semi oleosi a causa dei loro mezzi di spremitura obsoleti. Pertanto, anch'essi importano grandi quantità di panelli di soia per la loro produzione animale. Con l'applicazione dell'Agenda 2000 si prevede che le loro esportazioni di semi oleosi resteranno stabili. 4.3. Se da un lato l'integrazione dei paesi candidati all'adesione potrebbe consentire di migliorare il tasso di autosufficienza in proteine vegetali portandolo circa al 28 %, dall'altro la Commissione(12) prevede un calo della loro produzione a vantaggio della produzione di cereali a partire dal 2008. 4.4. Sarebbe importante offrire ai paesi candidati a forte vocazione agricola una possibilità di sviluppare la produzione di piante oleaginose e proteiche non solo per il mercato nazionale, ma anche per quello europeo, che offre uno sbocco illimitato. Se non si adotta questo orientamento, vi è il rischio reale di un ulteriore incremento della produzione di cereali. Sarà allora necessario trovare degli sbocchi sul mercato mondiale già saturo o applicare un tasso di messa a riposo più adeguato. Un incentivo alla produzione di oleaginose potrebbe pertanto essere la prima espressione di una politica comune in tali paesi che hanno un vero potenziale di produzione (al nord la colza e le piante proteiche, al sud i girasoli e la soia). Si può al tempo stesso migliorare la posizione dell'Europa nel settore delle proteine vegetali ed offrire ai paesi candidati una vera opportunità in termini di sviluppo e di mercato. Anche in questo caso l'Europa dovrà restare vigile in occasione dei futuri negoziati dell'OMC, per consentire ai paesi candidati all'adesione di beneficiare di un vasto potenziale di produzione. Ciò presuppone anche una revisione delle quote di riferimento basate sugli anni precedenti, che sono sfavorevoli a tali paesi. 5. 4a sfida: iscriversi in una strategia di sviluppo sostenibile A. Le conseguenze del sostegno alle oleaginose e alle proteaginose 5.1. Il mantenimento di un potenziale di produzione di oleoproteaginose riguarda anche le questioni di rilievo in termini di ambiente ed equilibrio tra le varie attività sul territorio. L'applicazione dell'Agenda 2000 ha comportato un aumento delle coltivazioni di cereali a causa dell'allineamento dell'insieme degli aiuti diretti alle grandi colture. La soppressione dell'aiuto specifico alle oleaginose, la forte diminuzione degli aiuti alle proteaginose, nonché la mancanza di una rete di sicurezza in caso di calo dei prezzi rendono infatti queste colture meno interessanti e più rischiose in termini di profitto. Il perdurare di questa situazione incoraggerebbe la monocoltura. 5.2. Dal punto di vista agronomico le colture delle piante oleaginose e proteiche sono molto importanti per il mantenimento della struttura del suolo. Limitano inoltre i fenomeni di sensibilità al dilavamento (un fattore che accelera l'erosione del suolo), il che spiega come mai tali colture siano generalmente poste all'inizio del ciclo di rotazione. 5.3. Tali colture necessitano nel complesso di minori input. Sul piano della concimazione, il bisogno di azoto minerale è quasi inesistente e, quindi, l'introduzione di tali piante nel ciclo di rotazione delle culture diminuisce nel complesso la dose di apporto di azoto. Per quanto riguarda i prodotti fitosanitari, il loro uso è minore che per altre coltivazioni. 5.4. Talune piante proteiche (piselli proteaginosi primaverili) occupano il suolo per un periodo più breve. Per questo motivo si potrebbe temere una maggiore sensibilità del terreno al dilavamento dopo il raccolto. All'atto pratico, il problema non si pone in quanto, nella maggior parte dei casi, ai piselli segue una coltura di cereali seminata all'inizio dell'autunno. Pertanto, nei casi estremamente rari in cui la coltura successiva venga seminata in primavera, è necessario praticare una coltura infrastagionale che garantisca la copertura del terreno e lo arricchisca di materie organiche. 5.5. Il Comitato rileva che dal punto di vista ambientale la riforma della PAC del 1999 ha favorito un'espansione di pratiche monocolturali che è contraria allo sviluppo sostenibile. Si deve incoraggiare, tramite misure incentivanti, un migliore equilibrio tra le oleoproteaginose e i cereali o il mais, garantendo così il mantenimento di rotazioni equilibrate, che sono pratiche agricole rispettose dell'ambiente. B. La produzione non alimentare: un vantaggio per l'ambiente e un mercato in espansione 5.6. La produzione di piante oleaginose dà origine a due coprodotti, vale a dire l'olio vegetale e i panelli (utilizzati nell'alimentazione animale). Tuttavia il mercato dell'olio vegetale alimentare non è in espansione come quello delle proteine. Per tale motivo lo sviluppo del settore non alimentare nel quadro nelle colture praticate sui terreni messi a riposo rappresenta un interesse economico non trascurabile. Nel 2000 in Europa 836000 ettari di terreno sono stati destinati a fini non alimentari. 5.7. Lo sviluppo della lipochimica ha permesso di creare numerosi prodotti biodegradabili (tensioattivi, lubrificanti, solventi e intermedi chimici). Attualmente la domanda industriale nel settore dei detergenti è molto forte. Il mercato dei biolubrificanti sta appena emergendo. Tale prodotto sembra avere uno sbocco promettente per i motori a quattro tempi. Il Comitato sottolinea che l'insieme di tali prodotti si inserisce nel quadro della strategia europea per lo sviluppo sostenibile. La promozione degli sbocchi commerciali e delle azioni dimostrative dovrebbe facilitare lo sviluppo di tale produzione. 5.8. Il secondo sbocco degli oli vegetali nel settore non alimentare è la produzione di estere metilico, biodiesel o diestere. Tale prodotto è in grado di dare una risposta a due importanti sfide a livello europeo. Anzitutto si tratta della dipendenza energetica dell'UE dai prodotti petroliferi. Il recente andamento della quotazione del barile di greggio ha mostrato quanto l'economia europea sia sensibile al costo di approvvigionamento di tale forma di energia. Pertanto lo sviluppo dell'insieme dei biocarburanti può costituire una delle soluzioni volte a limitare tale sensibilità. 5.9. Tale prodotto rientra anche nel quadro della lotta contro l'effetto serra. Infatti l'ecobilancio del diestere dimostra che un ettaro di oleaginose destinato a tal fine permette di risparmiare 2,71 tonnellate di CO2 equivalente(13) (questo calcolo non tiene conto dell'uso dei coprodotti). D'altra parte l'energia totale prodotta dall'estere metilico e dai suoi coprodotti è 2,65 volte superiore a quella utilizzata per la sua produzione. 5.10. Fino ad ora lo sviluppo della produzione di oleaginose per usi non alimentari è avvenuto nel quadro di "un'eccezione" con l'autorizzazione di coltivare su terreni messi a riposo. Il Comitato deplora che il quadro regolamentare europeo che disciplina tale produzione sia inadeguato. Infatti il sistema di controllo amministrativo disincentiva i produttori che desiderano coltivare terreni messi a riposo per fini non alimentari. Dato che gli sbocchi (lipochimica e biocarburanti) rivestono un importante interesse a livello comunitario e visto che, nonostante gli ostacoli regolamentari, hanno dato buona prova di sé, la Commissione deve cambiare atteggiamento e proporre in modo deciso un quadro regolamentare e fiscale adeguato. 6. Gli strumenti di un piano per le proteine a livello comunitario A. Riepilogo del contesto generale 6.1. Dando seguito alle conclusioni del Consiglio europeo di Nizza che ha chiesto alla Commissione europea di valutare un possibile rilancio della produzione di piante oleaginose e proteiche, nel marzo 2001 la Commissione ha pubblicato una comunicazione che illustra le possibili opzioni per promuovere la coltura di piante ricche di proteine vegetali. Le varie opzioni presentate sono le seguenti: - un aiuto specifico di 12 euro/tonnellata alla produzione di semi oleosi con un onere di bilancio pari a 474 milioni EUR, - un aumento dell'aiuto specifico di 6 EUR/tonnellata alla produzione di colture proteiche con un onere di bilancio di 47 milioni EUR, - un aumento del 10 % della quantità massima garantita per i foraggi essiccati con un onere di bilancio di 13,7 milioni EUR. 6.1.1. Nelle conclusioni la Commissione sottolinea che gli sforzi di bilancio che potrebbero eventualmente essere autorizzati non garantirebbero comunque uno sbocco alle produzioni in quanto il loro costo-opportunità è inferiore a quello dei panelli di soia sul mercato mondiale. 6.2. Il Comitato intende anzitutto sottolineare i limiti dell'analisi della Commissione. I costi-opportunità per le produzioni che, al di là del loro valore proteico, hanno un forte valore economico sono sovraestimati. I semi oleosi, infatti, producono anche olio (40 % per la colza e il girasole). Nel calcolo dei costi-opportunità si deve tener conto di tale valore, il che equivale almeno a dimezzare i costi che figurano nel documento della Commissione. 6.2.1. Gli studi di prospettiva basati sul prezzo mondiale sono sempre discutibili. Si tratta di un mercato estremamente variabile e, per esempio, durante la scorsa estate in funzione del periodo si sarebbe potuti giungere a conclusioni ben diverse. 6.2.2. La Commissione non ha analizzato la possibilità di produrre panelli ad alto contenuto proteico grazie allo sviluppo dei biocarburanti. I coprodotti legati a tale produzione vengono utilizzati nell'alimentazione animale. Promuovendo tale settore la produzione di panelli dovrebbe essere analizzata in maniera diversa perché essa si integra in un calcolo globale che tiene conto di numerosi dati. 6.2.3. Infine, la Commissione non ha valutato né preso in considerazione il rischio cui essa espone il settore dell'allevamento in Europa aumentandone la dipendenza dalle proteine vegetali importate e dalla volatilità dei prezzi sul mercato mondiale. L'analisi storica di tale mercato mostra che, oltre all'importante crisi del 1973, il costo delle proteine è rimasto molto elevato in numerosi periodi. 6.3. L'analisi di bilancio della Commissione va quindi relativizzata alla luce delle critiche di cui sopra. Inoltre, il Comitato non può approvare le conclusioni della Commissione quando essa basa i suoi orientamenti solo sul criterio del costo-opportunità. Tale presentazione è in contraddizione con i principi fondamentali della PAC e non corrisponde neppure ai principi che si vogliono difendere nel quadro dei futuri negoziati in sede di OMC (tener conto dei costi sociali ed ambientali). 6.4. Per tale motivo il Comitato propone che il piano comunitario volto a rilanciare le colture ad alto tenore proteico risponda alle debolezze derivanti dall'applicazione dell'Agenda 2000 riguardo a tre aspetti principali e cioè: l'incoraggiamento delle buone pratiche agronomiche, un costo di bilancio ragionevole e, infine, il rispetto degli accordi internazionali. Detto piano mira a mantenere e sviluppare una diversità di colture di piante ricche di proteine, diversità che corrisponde alle possibilità dell'agricoltura europea, forte delle sue molteplici situazioni agroclimatiche. Tale diversità corrisponde anche alle esigenze dell'allevamento europeo e consente uno sviluppo di filiere di produzione corte e la completa tracciabilità dei prodotti alimentari. 6.4.1. Il piano per rilanciare le proteine vegetali a livello comunitario mobiliterà necessariamente ulteriori risorse di bilancio. Tuttavia, il Comitato preferisce un sostegno allo sviluppo di colture che hanno potenziali sbocchi sul mercato europeo e dunque una maggiore valorizzazione economica piuttosto che lo sviluppo di produzioni che possono essere destinate unicamente al mercato mondiale, con tutti gli inconvenienti che ne conseguono. B. Lo sviluppo delle colture proteiche 6.5. L'Agenda 2000 prevede un aiuto specifico alle proteaginose oltre all'aiuto unico. Tuttavia, poiché il sostegno globale a tali produzioni è in forte diminuzione, queste colture risultano poco interessanti. La superficie totale coltivata nel 2000 è inferiore dell'11 % rispetto ai valori del 1990. Lo stesso dicasi per la produzione, che è diminuita del 25 % in 10 anni. Sembra dunque fondamentale ritrovare a livello europeo quel potenziale di produzione che aveva degli sbocchi prima della riforma della PAC. 6.6. Nella misura in cui gli accordi di Blair House non riguardano tali produzioni, il Comitato sottolinea che il mantenimento di un differenziale di aiuto dell'ordine di 20 euro/tonnellata garantirebbe un rinnovato interesse degli agricoltori nei loro confronti. Ciò può avvenire tramite una rivalutazione dell'aiuto specifico alle colture proteiche dell'ordine di 11 EUR/tonnellata. Detto aiuto potrebbe anche essere basato sulla considerazione dell'interesse agronomico di tali piante nel ciclo di rotazione delle colture e potrebbe iscriversi nel quadro del secondo pilastro della PAC. 6.7. Dal punto di vista del bilancio le due ipotesi della Commissione comportano un costo supplementare compreso tra 47 milioni EUR (se gli aiuti aumentano di 6 EUR/t) e 220 milioni EUR (se gli aiuti aumentano di 27,5 EUR/t). La proposta della Commissione comporterebbe pertanto un costo supplementare dell'ordine di 100 milioni EUR per una superficie supplementare di circa 150000 ettari. 6.8. Il Comitato sottolinea inoltre che la varietà lupinus luteus dovrebbe ottenere lo stesso sostegno del lupinus alba e dell'anhustifolia. La pianta si è adattata benissimo al clima mediterraneo grazie alla sua resistenza alla siccità ed alle malattie crittogamiche. Essa svolge altresì un ruolo rilevante nel miglioramento della struttura del suolo, può assumere una funzione importante nella prevenzione degli incendi forestali e favorisce l'allevamento estensivo. 6.9. Il Comitato ricorda che, nel parere in merito alla coltura di leguminose foraggere prodotte secondo principi biologici su terreni messi a riposo(14), aveva deplorato che la proposta della Commissione non fosse di ampia portata. Propone che tali colture, dati la loro capacità di adattarsi al clima secco e il loro interesse per l'ambiente, vengano autorizzate per tutte le aziende, senza restrizioni in base al metodo di produzione. C. Lo sviluppo della produzione non destinata a fini alimentari 6.10. La diversificazione delle fonti di approvvigionamento di sostanze ad alto tenore proteico può essere garantita anche dalla diversa provenienza sia dei panelli, per le oleaginose, sia delle trebbie, per la produzione di etanolo. Quanto al mercato dei grassi di origine vegetale, esso è strettamente legato all'andamento dell'olio di palma; sembra pertanto che lo sviluppo degli sbocchi non alimentari sia la sola via percorribile. Ciò comporterà un aumento dei coprodotti utilizzabili nell'alimentazione animale. Pertanto, un maggiore uso di carburanti biologici contribuisce da un lato a combattere l'effetto serra e dall'altro a ridurre la dipendenza dell'UE nel settore delle proteine vegetali (questo contributo alla riduzione delle emissioni di CO2 dovrà essere calcolato e valorizzato). 6.11. Attualmente lo sviluppo dell'uso del diestere dipende in primo luogo dal regime fiscale cui sono soggetti i biocarburanti. Per tale motivo occorre o consolidare a livello comunitario il regime fiscale dei biocarburanti oppure prevedere un livello minimo di incorporazione nei carburanti. Va inoltre rivisto il regolamento relativo a tali produzioni affinché esso costituisca un incentivo e non abbia un effetto dissuasivo come succede attualmente. D. Mantenere un livello di competitività relativa con i panelli di soia 6.12. Se l'entrata in vigore dell'Agenda 2000 permette a tale settore di non essere più soggetto ai vincoli dell'accordo di Blair House a partire dalla campagna 2002/2003, la sua applicazione ha comportato una riduzione del sostegno ai semi oleosi. Il Comitato sottolinea inoltre le conseguenze acuite dalla soppressione delle misure di regionalizzazione degli aiuti alla produzione di oleaginose che erano state adottate da taluni Stati membri. Ciò ha modificato l'equilibrio delle attività agricole tra le varie regioni. 6.13. Inoltre, queste produzioni devono far fronte anche alla concorrenza esterna dovuta all'aumento del sostegno americano a tale settore. I produttori americani percepiscono infatti un aiuto per ettaro coltivato ed un prezzo minimo garantito grazie ad un aiuto collegato: il marketing loan (differenziale tra il prezzo minimo e il prezzo sul mercato mondiale). Tale regime di aiuto in vigore negli Stati Uniti ha il grande inconveniente di falsare l'equilibrio del mercato mondiale (si ricorda che gli USA detengono il 45 % della produzione mondiale di semi oleosi). Va segnalato anche che negli Stati Uniti la resa della soia è molto inferiore a quella del mais e che per tale motivo il prezzo della soia dovrebbe essere da 2 a 2,5 volte superiore al prezzo del mais. Se il prezzo della soia è il doppio di quello del mais, la produzione di quest'ultimo si sviluppa a detrimento della soia. Se il rapporto è di 2,5, è la produzione di soia a svilupparsi a scapito del mais. Gli Stati Uniti, avendo giudicato il mercato della soia più redditizio, applicano una politica favorevole allo sviluppo della soia. Al tempo stesso l'UE, con l'applicazione dell'Agenda 2000, fa esattamente il contrario. 6.14. Fintantoché verrà applicato tale sistema, l'UE sarà costretta ad adottare uno schema che può articolarsi in due modi diversi: - la messa a punto di una rete di sicurezza, che esiste già nel settore dei cereali, ma non in quello dei semi oleosi. (Ci si potrebbe ispirare al regime in vigore negli Stati Uniti. Un aiuto complementare per tonnellata verrebbe così applicato in caso di andamento sfavorevole, ma non se i corsi sono favorevoli. Si può obiettare che la proposta è contraria agli accordi di Marrakech, ma anche quella applicata negli Stati Uniti lo è. Bisognerà ben chiarire tale questione nel corso dei prossimi negoziati OMC); - lo studio di un sistema di assicurazione sul reddito, una soluzione all'esame in numerosi paesi terzi e che nell'UE potrebbe essere sperimentata nel settore delle oleoproteaginose. E. Utilizzare il secondo pilastro della PAC 6.15. L'impiego del secondo pilastro della PAC potrebbe incoraggiare gli agricoltori che applicano sistemi di rotazione delle colture equilibrati, a riservare una certa percentuale di superficie alle oleoproteaginose. Tale complemento, che potrebbe essere definito "un aiuto alla rotazione", ha inoltre il vantaggio di non porre problemi specifici quanto alle regole dell'OMC. La soluzione avrebbe quindi il vantaggio di favorire il rispetto delle buone pratiche agricole e al tempo stesso di aumentare le superfici destinate alle oleoproteaginose. Attualmente allo studio alla Commissione, essa presuppone un impegno contrattuale dei produttori; c'è da augurarsi che gli oneri amministrativi, qualora necessari, non siano dissuasivi. Questa proposta non rappresenta una soluzione specifica al problema dell'approvvigionamento dell'UE in proteine vegetali, ma vi contribuisce indirettamente in quanto accresce l'interesse di queste colture nel ciclo di rotazione. 6.16. Lo sforzo di ricerca nel settore delle piante oleoproteiche è recente, che si tratti di creare nuove varietà, di pratiche agronomiche o dell'impiego nell'alimentazione degli animali. Questo settore dovrebbe costituire una priorità nei programmi comunitari di ricerca. 7. Conclusioni 7.1. Fino alla metà degli anni Settanta, la dipendenza alimentare dell'UE nel settore dell'olio vegetale ha indirizzato la PAC a favore del settore dei semi oleosi in quanto il fabbisogno di sostanze ad alto tenore proteico per l'alimentazione del bestiame non era percepito come un elemento strategico. Da allora l'importanza della sicurezza alimentare, la lotta contro l'effetto serra e la considerazione degli interessi ambientali delle attività agricole hanno fatto sì che il settore delle oleoproteaginose rivesta nuovamente un'importanza strategica a livello comunitario. 7.2. D'altra parte, l'aumento del consumo di carne in Europa accentua la mancanza di proteine vegetali nell'UE. Il tasso di autosufficienza è peggiorato nuovamente dal 1992. In un tale contesto, il Comitato sottolinea le debolezze di una strategia comunitaria basata essenzialmente sull'approvvigionamento sul mercato mondiale. Infatti, la situazione della domanda e dell'offerta è sempre meno equilibrata e ciò a favore dei principali paesi produttori (concentrazione geografica ed economica della produzione di soia con i conseguenti rischi climatici, predominanza della soia negli scambi mondiali ed emergenza di nuovi paesi forti consumatori di soia). 7.3. Il Comitato desidera sottolineare che, nel quadro dell'ampliamento dell'UE, anche i paesi candidati presentano un deficit di proteine vegetali. Per tale motivo, il Comitato raccomanda alla Commissione di prestare particolare attenzione allo sviluppo della loro produzione di proteine vegetali, in quanto ciò gioverebbe anzitutto al loro mercato nazionale, ma anche a quello europeo che offre sbocchi illimitati. Tali elementi potrebbero essere una delle prime basi di una politica comune applicata in tali paesi. 7.4. Tuttavia, lo sviluppo della produzione di oleaginose nei paesi candidati non deve nascondere la grande vulnerabilità delle aziende europee che producono carni bianche, dovuta ad un tasso di autosufficienza in costante declino dal 1992. Per tale motivo il Comitato raccomanda alla Commissione europea di attuare un piano per le proteine vegetali a livello comunitario nel quadro della revisione di medio periodo della PAC. Gli elementi di tale piano dovrebbero essere i seguenti: - misure a favore delle proteaginose: fare in modo che tali produzioni forniscano un reddito equo, al fine di fermarne il declino e di svilupparne nuovamente la produzione; - garantire lo sviluppo di filiere di produzione non alimentare(15): lo sviluppo dell'uso delle oleaginose per fini non alimentari ha diversi obiettivi: - contribuire al rispetto degli accordi di Kyoto; - mettere a punto nuovi prodotti, più rispettosi dell'ambiente; - produrre proteine vegetali grazie a panelli di coprodotti dell'olio; - creare una rete di sicurezza a beneficio dei produttori di oleoproteaginose: la mancanza di un meccanismo che garantisca ai produttori un minimo di sicurezza è il fattore fondamentale della disaffezione nei confronti di queste produzioni. Il mercato è infatti molto instabile. Peraltro, esso è falsato dal principale produttore mondiale, paese in cui gli agricoltori sono protetti dalle forti fluttuazioni dei prezzi. Occorre approfondire le soluzioni proposte per renderle compatibili con gli accordi internazionali; - utilizzare il secondo pilastro della PAC: - gli squilibri tra le varie produzioni vegetali si accentuano con l'Agenda 2000 (mancanza di una rete di sicurezza per le oleoproteaginose) e si traducono in monocolture di cereali o di mais. Si propone di correggere questa tendenza tramite misure che incoraggino delle rotazioni accorte. Si propone altresì di continuare a considerare il lupinus luteus una pianta proteaginosa a causa delle sue qualità di resistenza alla siccità nelle zone mediterranee, e di estendere la portata dell'autorizzazione a coltivare leguminose a semi minuti sui terreni messi a riposo senza alcun vincolo quanto al modo di produzione; - attuare un programma di ricerca specifico: queste produzioni sono ancora "giovani" e meritano un particolare sforzo di ricerca. 7.5. Il pacchetto di misure proposto dal Comitato economico e sociale può sembrare poco ambizioso. Non si tratta di produrre tutto il fabbisogno nell'Unione, o nell'Unione allargata: ben lungi da questo. Resterà un mercato disponibile e importante per l'America e il Mercosur. A fronte di un problema dalle molte sfaccettature (sicurezza alimentare e di approvvigionamento, risposta a un nuovo fabbisogno alimentare o non alimentare, promozione di un'agricoltura sostenibile), l'obiettivo è tener conto delle lezioni del recente passato ed offrire poi agli agricoltori europei nuove prospettive producendo ciò che serve, produrre tenendo conto delle buone pratiche e trarne un equo profitto. 7.6. In sede di conclusione del pacchetto relativo all'Agenda 2000 si è deciso di rivedere la questione delle oleoproteaginose nella revisione di medio periodo della PAC. La scadenza è ormai prossima e questa è l'occasione buona perché le istanze responsabili dell'UE diano un segnale di speranza. Il Comitato non può, tuttavia, non sottolineare il problema prioritario dei prossimi raccolti e chiede che per essi sia mantenuto, in via transitoria, il regime specifico d'aiuto per la campagna 2001/2002 in attesa dell'introduzione di nuove misure per questo settore. Bruxelles, 16 gennaio 2002. Il Presidente del Comitato economico e sociale Göke Frerichs (1) COM(2001) 148 def./2. (2) GU C 204 del 18.7.2000, pag. 21. (3) GU C 193 del 10.7.2001, pag. 42. (4) GU C 140 del 18.5.2000, pag. 12. (5) COM(2001) 425 def. (6) Tale cifra corrisponde ad una stima calcolata in base agli scambi mondiali di semi oleosi per la campagna 1999/2000 e all'andamento medio dei mercati dei vari prodotti. (7) Rapporto relativo alla produzione di carne di pollame, suina o di uova con un'alimentazione fondata su sostanze ad alto tenore proteico. Per i ruminanti il rapporto è maggiore in quanto l'alimentazione è a base di erba e di foraggio, che sono dei veri concentrati di proteine. (8) Commissione europea, Prospectives sur les marchés agricoles 2001-2008, Bruxelles 2001. (9) SEC(2001) 431. (10) Commissione europea, Prospectives sur les marchés agricoles 2001-2008, Bruxelles 2001. (11) Commissione europea, Prospectives sur les marchés agricoles 2001-2008, Bruxelles 2001. (12) Commissione europea, Prospectives sur les marchés agricoles 2001-2008, Bruxelles 2001. (13) Vedere PROLEA, studio compiuto nel 1991/1993 d'Ecobilan. (14) Parere del CES in merito alla "Proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del Regolamento (CE) n. 1251/1999 che istituisce un regime di sostegno a favore dei coltivatori di taluni seminativi" (COM(2001) 87 def. - 2001/0043 (CNS)) - 2001/0043 (CNS) del 25 aprile 2001, pubblicato nella GU C 193 del 10.7.2001, pagg. 42-44. (15) La regolamentazione europea in preparazione introdurrà la defiscalizzazione o l'obbligo di inserimento.