52001DC0214

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato economico e sociale - L'eliminazione degli ostacoli fiscali all'erogazione transfrontaliera di pensioni aziendali e professionali /* COM/2001/0214 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE - L'eliminazione degli ostacoli fiscali all'erogazione transfrontaliera di pensioni aziendali e professionali

INDICE

1. Introduzione

2. La tassazione delle pensioni aziendali e professionali nel mercato unico

2.1. I tre pilastri

2.2. La tassazione delle pensioni aziendali e professionali

2.3. Panoramica dei sistemi utilizzati dagli Stati membri

3. L'impatto delle libertà fondamentali istituite dal trattato CE

3.1. Introduzione

3.2. Le libertà istituite dal trattato

3.3. La coerenza fiscale

3.4. Politica sociale e vigilanza prudenziale

3.5. Vigilanza fiscale

3.6. Trasferibilità

3.7. Conclusioni

4. La salvaguardia dell'applicazione della normativa fiscale degli Stati membri

4.1. Introduzione

4.2. La direttiva sull'assistenza reciproca

4.3. La richiesta di consultazioni nell'ambito del comitato

5. ISTITUZIONI PENSIONISTICHE PANEUROPEE

6. Far fronte alla diversità dei sistemi fiscali degli Stati membri

6.1. Introduzione

6.2. Ampliare l'accettazione del principio EET

6.3. Far fronte alla coesistenza di sistemi differenti

7. Conclusioni

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE - L'eliminazione degli ostacoli fiscali all'erogazione transfrontaliera di pensioni aziendali e professionali

1. Introduzione

Le pensioni sono fonte di preoccupazione a diversi livelli: per i cittadini che desiderano un'adeguata fonte di sostentamento al termine della loro attività lavorativa, per i datori di lavoro, che mirano ad un regime pensionistico economico per i loro dipendenti, e per i governi, che in tutta l'Unione cercano di mantenere l'erogazione delle pensioni ad un livello adeguato di fronte ad una popolazione in via di invecchiamento.

I potenziali vantaggi di un migliore regime pensionistico transfrontaliero sono notevoli. Attualmente, i cittadini che lavorano o risiedono all'estero spesso non possono mantenere i loro regimi pensionistici originari. Circa 5,1 milioni di cittadini europei di 15 o più anni d'età risiedono in uno Stato membro diverso dal loro Stato membro di origine [1]. Tale dato è in crescita e la tendenza all'aumento sarà ancora più marcata con l'allargamento dell'Unione. Gli ostacoli esistenti ai regimi pensionistici transfrontalieri possono, inoltre, impedire alle imprese europee di scegliere il modo più efficiente di fornire una pensione ai loro dipendenti centralizzandone i regimi pensionistici.

[1] Fonte: Banca dati Newcronos di Eurostat, settore Studio della forza lavoro.

Si stima che circa il 25% della popolazione attiva dell'Unione sia coperta da un regime pensionistico aziendale o professionale. Tale percentuale può superare l'80% in taluni paesi. Il valore delle attività detenute dagli enti pensionistici dell'Unione supera i duemila miliardi di euro, pari a circa un quarto del prodotto interno lordo dell'Unione. Le attività dei fondi previdenziali capitalizzati, misurati in percentuale del prodotto interno lordo, variano significativamente tra i vari Stati membri, dal 95% del Regno Unito al 5% della Francia e al 2% della Spagna [2].

[2] Dati relativi al 1999. Fonte: Studio InterSec, OCSE.

Un mercato unico pienamente funzionante a livello di pensioni aziendali e professionali è indispensabile per garantire ai cittadini la possibilità di esercitare il diritto di libera circolazione contemplato dal trattato CE e facilitare la mobilità della forza lavoro [3].

[3] Si veda la relazione del Gruppo Veil, "Relazione del Gruppo ad Alto Livello sulla libera circolazione delle persone", presentata alla Commissione il 18 marzo 1997 ed, in particolare, il rapporto sulle pensioni integrative, che ha condotto alla istituzione di un Forum per le pensioni.

Inoltre, l'eliminazione degli ostacoli fiscali all'erogazione transfrontaliera di prestazioni pensionistiche aziendali e professionali permetterà agli enti pensionistici [4] di rispondere con maggiore efficienza alle esigenze dei lavoratori e dei datori di lavoro. Esso permetterà inoltre agli enti pensionistici, in qualità di investitori, di fornire in modo più efficiente capitali alle imprese. Più in generale, un mercato unico dei regimi pensionistici pienamente funzionante contribuirà alla competitività dell'industria europea.

[4] Il termine "ente pensionistico" viene utilizzato, nella presente comunicazione, nel senso di "ente pensionistico aziendale o professionale" (EPAP) quale utilizzato nella proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle attività di enti pensionistici per lavoratori autonomi o subordinati, Bruxelles, 11.10.2000, COM(2000) 507def., in appresso denominata "la proposta (di) direttiva sui fondi pensione".

Di conseguenza, la Commissione ha adottato una serie di iniziative nel settore delle pensioni aziendali e professionali. Facendo seguito ad una proposta della Commissione, in data 29 giugno 1998 il Consiglio ha adottato una direttiva sulla salvaguardia delle pensioni integrative [5], che permette in particolare ai lavoratori distaccati di mantenere i rispettivi regimi pensionistici integrativi del loro paese d'origine [6]. L'11 maggio 1999 la Commissione ha pubblicato la comunicazione "Verso un mercato unico per i regimi pensionistici integrativi" [7]. Nell'ottobre 2000 la Commissione ha pubblicato una comunicazione sulle pensioni sicure e sostenibili [8] ed ha proposto una direttiva sui fondi pensionistici che permetta l'erogazione transfrontaliera di pensioni e gli investimenti transfrontalieri garantendo al contempo un'adeguata sorveglianza prudenziale [9].

[5] Lavoratori distaccati quali definiti nel regolamento (CEE) n. 1408/71: vedere il Regolamento (CE) n. 118/97 del Consiglio del 2 dicembre 1996 che modifica e aggiorna il regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità e il regolamento (CEE) n. 574/72 che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71, GU L 28 del 30.1.1997, pag. 1-229, come da ultimo modificato con Regolamento (CE) n. 1399/1999 del Consiglio del 29 aprile 1999, GU L 164 del 30.6.1999, pagg. 1-5.

[6] Direttiva 98/49/CE del Consiglio del 29 giugno 1998 relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno della Comunità europea (GU L 209 del 25.7.1998, pag. 46-49). La proposta della Commissione includeva un articolo sul trattamento fiscale dei contributi pensionistici, che non è tuttavia stato accettato dal Consiglio.

[7] Comunicazione della Commissione "Verso un mercato unico per i regimi pensionistici integrativi. Risultati della consultazione relativa al Libro verde sui regimi pensionistici nel mercato unico, Bruxelles, 11.5.1999, COM(1999) 134def..

[8] Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale "La futura evoluzione della protezione sociale nel lungo periodo: pensioni sicure e sostenibili" Bruxelles, 11.10.2000 COM(2000) 622def.

[9] La proposta (di) direttiva sui fondi pensione, sopra citata.

La presente comunicazione si aggiunge alla proposta direttiva sui fondi pensione e concerne gli aspetti fiscali dell'utilizzo transfrontaliero dei regimi pensionistici professionali e aziendali. Conformemente ai principi stabiliti nella comunicazione della Commissione dell'11 maggio 1999, la presente comunicazione:

* mira ad un approccio coordinato e adattato ai diversi regimi degli Stati membri piuttosto di tentarne l'armonizzazione;

* delle norme fiscali indebitamente restrittive o discriminatorie;

* presenta chiede l'abolizione misure per la salvaguardia del gettito fiscale degli Stati membri.

2. La tassazione delle pensioni aziendali e professionali nel mercato unico

2.1. I tre pilastri

Negli Stati membri si annoverano tre categorie principali di regimi pensionistici: i regimi previdenziali pubblici (primo pilastro), i regimi aziendali e professionali (secondo pilastro) e i regimi individuali (terzo pilastro). Non esiste una legislazione comunitaria specifica sulla tassazione dei regimi pensionistici.

Il primo pilastro consiste in regimi previdenziali pubblici, ai quali in genere è obbligatoria la partecipazione dell'intera popolazione attiva o residente. I regimi di questo tipo sono finanziati, per la maggior parte, sulla base del principio di ripartizione, il che significa che i contributi versati vengono direttamente utilizzati per finanziare le prestazioni a favore dei pensionati. Tali prestazioni pensionistiche sono garantite dallo Stato e il regime è in genere gestito da un ente pubblico. A livello comunitario, tali regimi sono coordinati dal regolamento 1408/71. Quest'ultimo mira ad evitare il duplice versamento dei contributi da parte dei lavoratori che si spostano da uno Stato membro ad un altro e a garantire che le prestazioni pensionistiche siano erogabili nell'ambito dell'intera Unione Europea a tali lavoratori e ai loro eredi da parte di qualsiasi Stato membro in relazione alle vicende contributive e di affiliazione del lavoratore nello Stato medesimo e tenendo conto, se necessario, di tutti i contributi versati e delle affiliazioni del lavoratore negli altri Stati membri.

I regimi del secondo pilastro possono essere istituiti unilateralmente da un datore di lavoro o in seguito ad un accordo collettivo tra imprenditori e dipendenti o ad un contratto concluso individualmente o collettivamente tra il/gli imprenditore/i e il/i dipendente/i o i loro rispettivi rappresentanti. In genere, nel quadro del secondo pilastro, i datori di lavoro e/o i dipendenti versano contributi ad un ente pensionistico, il quale li investe. Le attività detenute dall'ente pensionistico sono utilizzate per pagare le prestazioni pensionistiche agli aderenti al regime. Gli enti pensionistici del secondo pilastro svolgono un ruolo importante nell'ambito dei regimi pensionistici di diversi Stati membri [10].

[10] Nell'ambito della presente comunicazione, i termini "regimi pensionistici" e "prestazioni pensionistiche" fanno riferimento alla già citata proposta direttiva sui fondi pensione.

Il terzo pilastro consiste in regimi individuali, che generalmente prendono la forma di contratti conclusi da privati, nell'ambito della loro sfera personale, con imprese di assicurazione sulla vita o altre istituzioni finanziarie, sebbene taluni Stati membri abbiano regimi pensionistici individuali ai quali versano contributi sia i datori di lavoro che i dipendenti.

Poiché la presente comunicazione mira a integrare la proposta direttiva sui fondi pensionistici, essa si incentra particolarmente sul secondo pilastro e sugli enti pensionistici che operano secondo il principio di capitalizzazione e al di fuori dei sistemi previdenziali pubblici del primo pilastro. Tuttavia, gran parte di quanto discusso nella presente comunicazione si applica anche ai sistemi pensionistici e ai servizi di assicurazione sulla vita del terzo pilastro.

2.2. La tassazione delle pensioni aziendali e professionali

In linea di massima, i regimi pensionistici aziendali e professionali possono essere soggetti a misure fiscali in tre stadi: il versamento dei contributi, la riscossione dei rendimenti degli investimenti e l'erogazione delle prestazioni pensionistiche.

Il versamento dei contributi

Quasi tutti gli Stati membri permettono in qualche misura la deducibilità fiscale dei contributi versati, dal datore di lavoro o dal dipendente, agli enti pensionistici nel territorio nazionale, e la maggior parte di essi non considera i contributi versati dal datore di lavoro come un reddito imponibile del dipendente. Tuttavia, le condizioni per l'ammissibilità alla deducibilità fiscale dei regimi pensionistici variano notevolmente, come pure l'importo dei contributi fiscalmente deducibili.

I rendimenti degli investimenti

Gli enti pensionistici investono i contributi in attività che possono generare reddito ed acquistare valore. La maggior parte degli Stati membri prevede l'esenzione per tutti i redditi e i guadagni in conto capitale degli enti pensionistici. Tuttavia, diversi Stati membri prelevano da tali redditi una cosiddetta "imposta sui rendimenti" (che colpisce anche gli incrementi di valore).

Prestazioni

La maggior parte degli Stati membri tassano le prestazioni pensionistiche, sia quelle erogate periodicamente, sia quelle consistenti in un versamento unico, a livello dei singoli pensionati. Tuttavia, le aliquote applicate e l'importo deducibile variano notevolmente. In diversi Stati membri i pagamenti "una tantum" sono meno tassati o addirittura esenti da oneri fiscali. Taluni Stati, al contrario, non permettono i pagamenti una tantum.

2.3. Panoramica dei sistemi utilizzati dagli Stati membri

La grande maggioranza degli Stati membri utilizza il cosiddetto sistema "EET" (Esenzione per il versamento dei contributi, Esenzione per il reddito da investimenti e dei guadagni in conto capitale degli enti pensionistici, Tassazione delle prestazioni pensionistiche). Tre Stati membri utilizzano il sistema "ETT" (Esenzione per il versamento dei contributi, Tassazione del reddito da investimenti e dei guadagni in conto capitale degli enti pensionistici, Tassazione delle prestazioni pensionistiche), mentre due Stati membri utilizzano il sistema "TEE".

La seguente tabella sintetizza l'approccio globale dei vari Stati membri in materia di tassazione delle pensioni del secondo pilastro [11]. Vi sono notevoli differenze tra gli Stati membri a livello di deducibilità dei contributi e di tassazione delle prestazioni pensionistiche. La tabella fornisce solo un quadro di massima.

[11] Gli Stati membri possono utilizzare più di un sistema, specialmente in ambito internazionale.

Tabella : Panoramica dei sistemi di tassazione dei regimi pensionistici aziendali e professionali

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In termini generici, si può vedere che undici dei quindici Stati membri utilizzano sistemi che prevedono la deducibilità fiscale dei contributi pensionistici, la tassazione delle prestazioni e l'esenzione a livello di fondi pensionistici (EET).

Le differenze tra Stati membri a livello di trattamento fiscale dei regimi pensionistici aziendali e professionali potrebbero causare taluni problemi. Ad esempio, un lavoratore dipendente potrebbe passare la propria vita lavorativa in uno Stato TEE ma trasferirsi, una volta pensionato, in uno Stato EET, nel qual caso sarebbe soggetto ad una duplice imposizione. Al contrario, un lavoratore dipendente potrebbe passare la propria vita lavorativa in uno Stato EET e, da pensionato, trasferirsi in uno Stato TEE, nel qual caso godrebbe di una duplice esenzione. Nel capitolo 5 della presente comunicazione si affronta il problema della diversità dei regimi fiscali applicabili alle pensioni nei vari Stati membri.

3. L'impatto delle libertà fondamentali istituite dal trattato CE

3.1. Introduzione

Oltre ai problemi summenzionati, vi è attualmente un ostacolo di natura fiscale più immediato all'erogazione transfrontaliera di prestazioni pensionistiche e alla libera circolazione dei lavoratori. Diversi Stati membri non estendono gli sgravi fiscali previsti a livello nazionale anche ai contributi versati ad enti pensionistici aventi sede in altri Stati membri. Alcuni condizionano gli sgravi a requisiti diversi da quelli applicabili ai regimi nazionali. In taluni casi gli enti pensionistici aventi sede in altri Stati membri sono soggetti ad una imposta sui rendimenti più elevata. Infine, le prestazioni pensionistiche erogate da enti pensionistici aventi sede in altri Stati membri potrebbero essere tassate in misura superiore rispetto alle prestazioni pensionistiche nazionali.

Il trattamento discriminatorio dell'affiliazione ad enti pensionistici stranieri costituisce un ostacolo notevole all'erogazione transfrontaliera di pensioni e alla mobilità del lavoro. Si configurano due situazioni:

* Una persona affiliata ad un regime gestito da un ente pensionistico in un determinato Stato membro si trasferisce in un altro Stato membro e desidera mantenere la propria affiliazione a detto regime [12].

[12] Un gruppo speciale nell'ambito di tale categoria è costituito dai lavoratori distaccati. In virtù della direttiva 98/49, i lavoratori distaccati (quali definiti nel regolamento 1408/71) hanno il diritto di mantenere il loro regime originario, nel loro Stato membro. Tale direttiva deve trovare piena applicazione da parte degli Stati membri entro il 25.7.2001.

* Un datore di lavoro, individualmente o in gruppo, e i rappresentanti dei dipendenti, potrebbero voler disporre di regimi pensionistici per tutti i dipendenti, presenti in diversi Stati membri, per il tramite di un ente pensionistico paneuropeo.

La Commissione ritiene che il trattato CE obbliga gli Stati membri ad abolire tutte le norme discriminatorie. Questo capitolo illustra il punto di vista della Commissione in merito.

3.2. Le libertà istituite dal trattato

In base all'articolo 14 del trattato CE, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni del trattato. Gli articoli 39, 43, 49 e 56 del trattato CE specificano ulteriormente tali libertà. Tali articoli proibiscono le discriminazioni fondate sulla nazionalità, il trattamento diseguale ed altre restrizioni della libera circolazione dei lavoratori, della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei servizi e dei capitali.

Dalla giurisprudenza della Corte di giustizia emerge chiaramente che tali disposizioni si applicano anche al settore delle pensioni e delle assicurazioni sulla vita. Ad esempio, nella causa Safir [13], la Corte ha osservato che l'assicurazione costituisce un servizio ai sensi dell'articolo 50 [14] del trattato ed ha sostenuto che l'articolo 49 del trattato escludeva l'applicazione della legislazione nazionale la quale impediva, senza una giustificazione oggettiva, ad un fornitore di tali servizi di esercitare effettivamente la libertà di prestarli. La Corte di giustizia ha inoltre affermato che, nell'ottica del mercato unico e al fine di poter raggiungere i suoi obiettivi, l'articolo 49 del trattato CE osta all'applicazione di una normativa nazionale avente l'effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficoltosa rispetto alla prestazione di servizi effettuata esclusivamente all'interno di uno Stato membro.

[13] Causa C-118/96 Safir [1998] Racc. I-1919.

[14] Nella presente comunicazione si fa riferimento agli articoli esclusivamente nella loro nuova numerazione.

Di conseguenza, nella causa Safir la Corte ha concluso che una norma svedese che, per compensare l'imposta sui rendimenti gravante sugli enti svedesi, imponeva il pagamento di una tassa alle persone che versano un premio a una compagnia di assicurazioni sulla vita non avente sede in Svezia, dissuadeva i cittadini dallo stipulare polizze assicurative con compagnie non aventi sede in Svezia e creava un ostacolo ingiustificato alla libertà di prestare servizi, contrario all'articolo 49 del trattato [15].

[15] Causa C-118/96 Safir [1998] Racc. I-1919, paragrafi 26-30.

Nell'antecedente causa Bachmann [16] la Corte ha, analogamente, affermato che la legislazione belga, la quale subordina la deducibilità dei contributi pensionistici e d'assicurazione sulla vita alla condizione che essi siano stati versati a un ente avente sede in questo stesso Stato era, in linea di principio, contraria all'articolo 39 e all'articolo 49 del trattato, con riserva di eventuali giustificazioni derogatorie. Inoltre, essa ha affermato che la legislazione impediva il libero movimento dei lavoratori previsto dall'articolo 39 del trattato nella misura in cui essa operava a scapito, in particolare, dei lavoratori migranti. Questi ultimi hanno spesso stipulato polizze prima di venire a lavorare in Belgio, e il passare da una polizza ad un'altra comporterebbe misure e spese aggiuntive.

[16] Causa C-204/90 Bachmann [1992] Racc. I-249.

Tenuto conto delle libertà fondamentali previste dal trattato e della loro successiva interpretazione da parte della Corte, è chiaro che le restrizioni nazionali che impediscono l'erogazione delle pensioni e la prestazione delle assicurazioni sulla vita senza una giustificazione oggettiva sono incompatibili con il diritto comunitario.

A giudizio della Commissione, non vi sono motivi che giustifichino un trattamento diseguale dei regimi applicati dagli enti pensionistici aventi sede in altri Stati membri. La Corte ha respinto numerose argomentazioni degli Stati membri miranti a giustificare le restrizioni delle libertà fondamentali. Ad esempio, è chiaro che la mancanza di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri non impedisce l'applicazione delle libertà previste dal trattato [17]. Nella causa Eurowings la Corte ha affermato che uno Stato membro non può imporre una tassazione superiore sul leasing di attrezzature provenienti da un altro Stato membro al fine di compensare le aliquote più basse applicate al locatore in quello Stato [18]. Inoltre, uno Stato membro non può giustificare la discriminazione per il fatto che la sua soppressione comporterebbe un minor gettito fiscale [19]. Infine, né la mancanza di reciprocità da parte degli altri Stati membri [20], né le difficoltà ad ottenere informazioni costituiscono argomenti di difesa validi.

[17] Causa C-270/83 Avoir fiscal [1986] Racc. 273, paragrafo 23.

[18] Causa C-249/97 Eurowings, non ancora pubblicata, paragrafo 43.

[19] Causa C-264/96 ICI [1998] Racc. I-4711, paragrafo 28.

[20] Causa C-270/83 Avoir fiscal [1986] Racc. 273, paragrafo 26.

Per quanto concerne la tassazione delle pensioni e delle assicurazioni sulla vita vi sono tre aspetti che meritano una particolare attenzione.

3.3. La coerenza fiscale

Nella causa Bachmann la Corte ha ammesso che la limitazione della deducibilità dei contributi versati agli enti belgi potrebbe essere giustificata dalla necessità di preservare la coerenza del sistema fiscale belga. La Corte ha a tal fine presupposto che esiste, nella regolamentazione belga, un legame fra la deducibilità dei contributi e l'imponibilità delle somme dovute dagli assicuratori in esecuzione dei contratti pensionistici e d'assicurazione sulla vita.

In cause successive, la Corte ha chiaramente delimitato la portata del principio della coerenza fiscale. Nella causa Wielockx la Corte ha statuito che una norma olandese che negava ai lavoratori autonomi non residenti, e permetteva invece ai residenti, la deducibilità dal reddito imponibile di versamenti su un fondo pensionistico era contraria all'articolo 43 del trattato. Il governo olandese ha tentato di giustificare la non deducibilità richiamandosi al principio di coerenza fiscale stabilito nella causa Bachmann. Facendo riferimento alle convenzioni bilaterali alle quali i Paesi Bassi aderiscono, la Corte ha respinto tale tesi:

"per effetto delle convenzioni contro le doppie imposizioni che, ... ricalcano il modello della convenzione tipo dell'OCSE, lo Stato assoggetta ad imposta tutte le pensioni percepite dai residenti sul suo territorio, indipendentemente dallo Stato in cui siano stati versati i contributi, ma, al contrario, rinuncia ad assoggettare ad imposta le pensioni percepite all'estero, anche laddove esse derivino da contributi versati sul suo territorio e deducibili secondo la sua normativa. La coerenza fiscale non è quindi affermata a livello di uno stesso soggetto, sulla base di una correlazione rigorosa tra la deducibilità dei contributi e l'imponibilità delle pensioni, bensì si sposta su un altro livello, vale a dire quello della reciprocità delle norme applicabili negli Stati contraenti".

La Corte ha concluso che, poiché la coerenza fiscale è garantita sulla base di una convenzione bilaterale conclusa con un altro Stato membro, tale principio non può essere invocato al fine di giustificare il diniego di una deduzione del tipo in oggetto [21]. In altre parole, poiché i Paesi Bassi avevano rinunziato al diritto di tassare le prestazioni pensionistiche nell'ambito del trattato fiscale concluso con il Belgio, essi non potevano pretendere di non essere obbligati a riconoscere una deduzione qualora non fossero in grado di tassare le prestazioni [22].

[21] Causa C-80/94 Wielockx [1995] Racc. I-2493, paragrafo 25.

[22] È inoltre opportuno notare che, dopo la causa Bachmann, la Corte non ha più accolto casi generali, di ampia portata, in materia di coerenza fiscale, presentati da Stati membri: si vedano in particolare le cause C-484/93 Svensson [1998] Racc. I-3955; C-107/94 Asscher [1996] Racc. I-3089; C-264/96 ICI [1998] Racc. I-4711; C-294/97 Eurowings [1999] Racc. I-7449; C-55/98 Vestergaard [1999] Racc. I-764; C-251/98 Baars [2000] Racc. I-2787 e C-35/98 Verkooijen, non ancora pubblicata.

Le convenzioni fiscali della maggior parte degli Stati membri, come la convenzione richiamata nella causa Wielockx, seguono il principio della tassazione rispetto alla residenza, proposto dall'art. 18 del modello di convenzione tributaria concernente il reddito e il patrimonio elaborato dall'OCSE. Il ragionamento della Corte nella causa Wielockx si applicherebbe, dunque, anche in tali casi. Sebbene alcuni Stati membri nell'ambito dei negoziati delle rispettive convenzioni cerchino di introdurre il potere impositivo dello Stato d'origine sulle prestazioni pensionistiche dei non residenti, in pratica non tutte le loro convenzioni adottano tale disposizione, di modo che la tassazione delle prestazioni pensionistiche non viene prevista sebbene i contributi siano deducibili. Inoltre, anche se tutte le convenzioni di uno Stato membro dovessero prevedere la tassazione alla fonte delle prestazioni pensionistiche, il non riconoscimento della deducibilità dei contributi versati a enti pensionistici aventi sede in altri Stati membri sarebbe sproporzionato, poiché esistono mezzi meno restrittivi per assicurare la riscossione dell'imposta alla fonte da parte di un ente pensionistico avente sede in un altro Stato membro. Ad esempio, almeno uno Stato membro ha adottato la prassi di concludere accordi direttamente con gli enti pensionistici esteri al fine di garantire il rispetto della propria normativa fiscale. In caso di violazione di quest'ultima, lo Stato membro avrebbe la facoltà di applicare sanzioni appropriate. Inoltre, la modificazione alla proposta direttiva relativa al recupero [23] prevedrebbe misure di assistenza reciproca per il recupero dei crediti fiscali.

[23] La direttiva 76/308/CEE prevede misure di assistenza reciproca per il recupero dei crediti fiscali. Attualmente, tale direttiva si applica esclusivamente ai crediti relativi alle imposte agricole, ai dazi doganali, all'IVA e alle accise. Il 25 giugno 1998 la Commissione ha presentato una proposta per migliorare il funzionamento della direttiva e ne ha ampliato la copertura alle imposte dirette al fine di allinearla alla direttiva 77/799/CEE. È intitolata "Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 76/308/CEE del Consiglio relativa all'assistenza reciproca in materia di ricupero dei crediti risultanti da operazioni che fanno parte del sistema di finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, nonché dei prelievi agricoli, dei dazi doganali, dell'imposta sul valore aggiunto e di talune accise", COM(1998) 364def. del 25.6.1998, GU C 269 del 28.8.1998, pag. 16, modificata dalla proposta della Commissione COM(1999) 183def. del 7.5.1999, GU C 179 del 24.6.1999, pag. 6.

La Commissione nota, infine, che una serie di Stati membri, che permettono la deduzione dei contributi ai regimi pensionistici nazionali, ammettono tale deduzione anche per i regimi esteri. Tali Stati membri evidentemente non ritengono che il non riconoscimento della deducibilità sia necessario per proteggere il loro gettito fiscale. Nonostante il sistema di tassazione dei regimi pensionistici di ogni Stato membro debba essere valutato nel proprio contesto, ciò conferma il punto di vista della Commissione che il rifiuto di deduzioni per i contributi ai regimi esteri da parte degli Stati EET o ETT è sproporzionato.

3.4. Politica sociale e vigilanza prudenziale

L'ammissibilità dal punto di vista fiscale (cioè l'ammissibilità della deduzione fiscale dei contributi) dei regimi pensionistici da parte degli Stati membri è soggetta a talune condizioni. Tali condizioni possono rispondere ad obiettivi politici ed essere collegate alle modalità applicabili ai regimi coperti dal primo pilastro. Ad esempio, il livello di deducibilità dei contributi relativi a regimi pensionistici aziendali e professionali è spesso calcolato con riferimento ai contributi versati ai regimi del primo pilastro. Di conseguenza, viene stabilito un limite globale per i contributi annualmente deducibili versati sia ai regimi obbligatori sia a quelli aziendali e professionali in modo da garantire che i regimi obbligatori unitamente a quelli aziendali e professionali determinino una pensione non superiore, ad esempio, al 70% dell'ultimo salario percepito.

La Commissione ritiene opportuno distinguere tra due situazioni di massima: la prima concerne i regimi pensionistici ai quali hanno recentemente aderito residenti di uno Stato membro o persone impiegate nel loro territorio, rivolgendosi a enti pensionistici aventi sede in altri Stati membri. La Commissione ritiene che gli Stati membri hanno la facoltà di esigere che tali regimi siano conformi ai requisiti prescritti per gli analoghi regimi nazionali per quanto concerne la natura e il livello delle prestazioni, l'età pensionabile, le caratteristiche dei beneficiari, ecc., come pure le norme di vigilanza prudenziale (in attesa della loro armonizzazione con la proposta direttiva sui fondi pensione) a condizione che tali requisiti siano compatibili con il trattato e, in particolare, che essi perseguano legittimi obiettivi di politica sociale e che non siano sproporzionati nel senso che non determinino una indebita restrizione della libertà di prestare servizi.

La seconda situazione concerne i regimi pensionistici ai quali lavoratori migranti hanno aderito prima di trasferirsi, spesso temporaneamente, nello Stato ospitante. Qualora lo Stato in questione imponesse le proprie condizioni per l'ammissibilità di tali regimi ai fini fiscali, verrebbe indebitamente ostacolato il libero movimento dei lavoratori. I lavoratori migranti sarebbero obbligati, al fine di beneficiare delle facilitazioni fiscali nello stato ospitante, ad aderire a un nuovo regime che risponda ai requisiti fiscali stabiliti [24]. In base al principio dell'equità di trattamento, la deduzione fiscale totale che lo Stato ospitante è obbligato a garantire sarebbe comunque, in genere, limitata alla deduzione concessa a favore dei contributi versati a enti pensionistici nazionali.

[24] La situazione potrebbe essere diversa qualora fosse possibile per il lavoratore di essere trasferito verso un'altra sezione dell'ente pensionistico interessato senza dover rinunziare alla polizza (si veda in appresso).

La Commissione ritiene, d'altro canto, che i requisiti in materia di vigilanza prudenziale non possano giustificare restrizioni fiscali nei confronti dei contributi a regimi pensionistici conclusi con enti pensionistici situati in altri Stati membri. Nella causa Bachmann, la Corte ha ritenuto che la necessità di assicurare una vigilanza prudenziale non potesse giustificare il rifiuto a riconoscere l'esistenza di contratti che un lavoratore migrante aveva stipulato con assicuratori aventi sede in un altro Stato membro nel periodo in cui egli vi risiedeva. Più in generale, le restrizioni fiscali non costituiscono misure necessarie né appropriate per garantire l'osservanza dei requisiti prudenziali. Gli Stati membri possono utilizzare altri mezzi per assicurarsi che tali requisiti siano rispettati. La recente proposta di direttiva sui fondi pensione prevede le disposizioni necessarie per l'eliminazione delle barriere prudenziali alla gestione transfrontaliera dei regimi pensionistici mediante l'armonizzazione di alcune norme prudenziali di base, il riconoscimento reciproco dei sistemi prudenziali nazionali e l'adozione di un sistema di comunicazione e cooperazione tra le autorità competenti [25].

[25] Le barriere prudenziali per le assicurazioni sulla vita sono state già eliminate dalla direttiva del Consiglio 92/96/CEE del 10 novembre 1992 sul coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative concernenti l'assicurazione diretta sulla vita, di modifica delle direttive 79/267/CEE e 90/619/CEE (terza direttiva sull'assicurazione sulla vita), GU L 360, 9.12.1992, pagg. 1-27.

3.5. Vigilanza fiscale

La Corte si è dimostrata riluttante ad accettare argomentazioni a favore di un trattamento differenziato giustificate con la difficoltà di verificare il rispetto della normativa fiscale nel caso delle situazioni transfrontaliere. Ad esempio, nella causa Bachmann la Corte ha respinto l'argomentazione del Belgio secondo cui sarebbe difficile verificare i certificati relativi al versamento dei contributi in altri Stati membri, sottolineando che il Belgio potrebbe ricorrere alla direttiva sull'assistenza reciproca [26] oppure chiedere al contribuente stesso di fornire le prove necessarie. La Corte ha seguito ragionamenti simili anche nella causa Wielockx e in altre ancora [27].

[26] Direttiva del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette (77/799/CEE), GU L 336 del 27.12.1997, pag. 15.

[27] Cause C-80/94 Wielockx [1995] Racc. I-2493 e C-250/95 Futura [1997] Racc. I-2471. Si veda inoltre la Causa C-420/98 W.N. [2000] ECR I-2847, dove la Corte spiega l'articolo 4, paragrafo 1 della direttiva sulla reciproca assistenza.

A parere della Commissione, tale giustificazione è qui ugualmente inapplicabile. Tuttavia, gli Stati membri hanno la facoltà di introdurre misure per la salvaguardia della propria normativa fiscale nel contesto dell'erogazione transfrontaliera di prestazioni pensionistiche, in particolare obbligando gli enti pensionistici a fornire talune informazioni.

3.6. Trasferibilità

Un problema a sé stante è rappresentato dagli ostacoli di natura fiscale alla trasferibilità del capitale pensionistico. Quando un lavoratore passa ad un nuovo datore di lavoro, situato in un altro Stato membro, sarebbe auspicabile, sia per il lavoratore che per gli enti pensionistici interessati, il trasferimento dal vecchio al nuovo regime pensionistico del capitale pensionistico accumulato. Si noti che, persino all'interno del medesimo Stato membro, il trasferimento del capitale pensionistico accumulato può risultare difficoltoso o addirittura impossibile. Tuttavia, possono presentarsi situazioni transfrontaliere nelle quali la normativa fiscale nazionale viola le disposizioni del trattato in materia di libera circolazione dei lavoratori e/o dei capitali. Una tale situazione potrebbe verificarsi qualora uno Stato che utilizza il sistema EET o ETT tassasse il valore del capitale pensionistico all'atto del trasferimento transfrontaliero, a differenza di un trasferimento all'interno del proprio territorio, e qualora applicasse, nel quadro delle convenzioni fiscali sulla duplice imposizione, il principio dalla tassazione delle prestazioni pensionistiche in base alla residenza. La Commissione esaminerà le norme nazionali che impediscono la trasferibilità transfrontaliera del capitale pensionistico e prenderà le misure necessarie per garantirne l'effettiva conformità alle disposizioni del trattato.

3.7. Conclusioni

Il parere della Commissione sulla situazione giuridica può essere sintetizzato come segue:

gli articoli 39, 43, 49 e 56 del trattato CE garantiscono la libertà di movimento dei lavoratori, la libertà di stabilimento, la libertà di prestare servizi e la libera circolazione dei capitali e proibiscono le restrizioni a tali libertà. Le norme nazionali che condizionano la deducibilità dei contributi versati a regimi pensionistici e di assicurazione sulla vita al fatto che questi siano versati a un ente pensionistico avente sede nel territorio nazionale sono contrarie a tali articoli.

È opportuno distinguere due situazioni: i lavoratori "sedentari" (cioè i lavoratori che rimangono in uno Stato membro) e quelli migranti. Quando cittadini residenti in uno Stato membro aderiscono ad un regime estero lo Stato membro può, conformemente alla normativa comunitaria vigente, pretendere che tale regime soddisfi, per essere ammissibile dal punto di vista fiscale, taluni requisiti relativi alla natura e al livello delle prestazioni, all'età pensionabile, alle caratteristiche dei beneficiari e altri analoghi requisiti che siano proporzionati rispetto ai fini perseguiti. Nel caso di cittadini già affiliati a un regime pensionistico fiscalmente riconosciuto nel loro Stato d'origine che si trasferiscono, spesso temporaneamente, in un altro Stato membro, lo Stato ospitante non può rifiutarsi di riconoscere la deducibilità fiscale dei contributi versati al regime estero con la motivazione che detto regime non soddisfa le proprie norme fiscali.

Di conseguenza, la Commissione ritiene che le norme nazionali che negano un trattamento paritario ai regimi pensionistici gestiti da enti pensionistici aventi sede in altri Stati membri costituiscano una violazione del trattato. Gli Stati membri devono garantire le stesse deduzioni fiscali ai contributi versati a enti pensionistici nazionali e a enti pensionistici aventi sede in altri Stati membri. Allo stesso modo, deve essere garantita la parità di trattamento rispetto a qualsiasi tassa sui rendimenti e in relazione al trattamento fiscale delle prestazioni. La Commissione controllerà le norme nazionali degli Stati membri e prenderà le misure necessarie per garantirne l'effettiva conformità alle libertà fondamentali previste dal trattato CE, compreso il ricorso alla Corte di giustizia, conformemente all'articolo 226 del trattato.

4. La salvaguardia dell'applicazione della normativa fiscale degli Stati membri

4.1. Introduzione

In questo capitolo si esaminano le modalità di una migliore applicazione da parte degli Stati membri della loro normativa fiscale nel caso dell'erogazione transfrontaliera di prestazioni pensionistiche. In genere, la normativa fiscale degli Stati membri obbliga gli enti pensionistici nazionali ad informare le autorità fiscali in merito all'erogazione di prestazioni pensionistiche e in taluni casi ad operare una ritenuta alla fonte. Un problema comune degli Stati membri è il timore di non essere propriamente in grado di applicare la loro normativa fiscale qualora permettessero ai propri cittadini residenti di aderire a regimi pensionistici esteri. Essi temono che le loro autorità fiscali non verrebbero informate dell'erogazione delle prestazioni, che i contribuenti potrebbero decidere di non dichiararle, e che di conseguenza l'erogazione transfrontaliera di prestazioni pensionistiche potrebbe favorire l'evasione fiscale. Di conseguenza, in questo capitolo la Commissione esamina le modalità alle quali gli Stati membri possono prendere misure per la salvaguardia dei rispettivi introiti.

4.2. La direttiva sull'assistenza reciproca

Quasi tutte le convenzioni fiscali concluse tra Stati membri prevedono l'imponibilità delle prestazioni pensionistiche nello Stato di residenza del pensionato. Lo scambio di informazioni sulle prestazioni erogate dagli enti pensionistici a residenti di un altro Stato membro permetterebbe agli Stati membri di verificare il rispetto degli obblighi fiscali da parte dei propri cittadini residenti. Tali scambi faciliterebbero inoltre la riscossione delle tasse da parte degli Stati membri che esercitano diritti di tassazione alla fonte. Il quadro per un siffatto scambio di informazioni esiste già nella direttiva sull'assistenza reciproca [28] del 19 dicembre 1977.

[28] Già citata. Vedere anche: causa C-420/98 W.N. [2000] ECR I-2847.

Ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1 della direttiva sull'assistenza reciproca, le competenti autorità degli Stati membri si scambiano ogni informazione atta a permettere loro una corretta determinazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio. L'articolo 3 della direttiva, intitolato "Scambio automatico", prevede che le autorità competenti degli Stati membri si scambino le informazioni di cui all'articolo 1, paragrafo 1, senza che ne sia fatta preventiva richiesta , con regolarità, ove si tratti di certe categorie di casi determinati nell'ambito della procedura di consultazione prevista dall'articolo 9. L'articolo 9, paragrafo 1 prevede che hanno luogo, se necessario, delle consultazioni, in seno a un comitato, fra le autorità competenti dell'insieme degli Stati membri e la Commissione, su richiesta di una di dette autorità o della Commissione, nei casi in cui non si tratti di questioni esclusivamente bilaterali. Poiché l'erogazione transfrontaliera di prestazioni pensionistiche comporta questioni che interessano tutti gli Stati membri, un comitato appare come il forum più appropriato a fini di consultazione.

L'articolo 8 della direttiva impone taluni limiti allo scambio di informazioni. In particolare, l'articolo 8, paragrafo 1 prevede che la direttiva non impone l'obbligo di effettuare ricerche o di trasmettere informazioni quando la legislazione o la pratica amministrativa non autorizza l'autorità competente dello Stato che dovrebbe fornire le informazioni né a effettuare tali ricerche, né a raccogliere o a utilizzare dette informazioni per le proprie finalità impositive.

A parere della Commissione, tale disposizione non permette ad uno Stato membro di rifiutarsi di scambiare informazioni con la motivazione che l'informazione non è richiesta a fini fiscali nazionali. Essa indica semplicemente che uno Stato membro non è obbligato a scambiare informazioni che non può raccogliere o utilizzare nemmeno per uso proprio. La Commissione non è al corrente di eventuali impedimenti fondamentali alla raccolta di tali informazioni contenuti nelle normative nazionali. La Commissione conclude che un adeguato sistema di scambio d'informazioni potrebbe essere istituito nel settore delle pensioni nel quadro della direttiva.

4.3. La richiesta di consultazioni nell'ambito del comitato

La Commissione richiederà che si tengano consultazioni in seno al comitato previsto dall'articolo 9, paragrafo 1 della direttiva sulla reciproca assistenza al fine di concordare misure dettagliate per lo scambio automatico di informazioni sulle pensioni aziendali e professionali. Il comitato dovrebbe affrontare le questioni seguenti:

Lo scambio automatico di informazioni

La Commissione ritiene che uno scambio di informazioni automatico costituisca il modo migliore di salvaguardare gli introiti degli Stati membri e di promuovere gli interessi di un mercato delle pensioni unico e pienamente funzionante. Il Consiglio ha già deciso a favore del principio dello scambio di informazioni automatico nel settore dei redditi da risparmio [29]. L'estensione di tale principio alle pensioni aiuterà a prevenire le distorsioni assicurando il medesimo livello di scambio di informazioni per prodotti comparabili.

[29] 2312° riunione del Consiglio - Ecofin - Bruxelles, 26 e 27 novembre 2000.

Particolari dello scambio d'informazioni

L'articolo 9 della direttiva prevede l'applicazione della direttiva mediante la procedura di consultazione. In caso di scambio di informazioni automatico, gli Stati membri prenderebbero quindi essi stessi le misure necessarie per la raccolta delle informazioni dagli operatori di mercato ai fini di detto scambio. Il comitato dovrebbe comunque convenire sui particolari dello scambio d'informazioni, in particolare sulle informazioni da comunicare, come pure il formato e la frequenza degli scambi di informazioni. Una prima valutazione da parte della Commissione delle informazioni minime che dovranno essere scambiate comprende i seguenti elementi:

* nome, indirizzo, data e luogo di nascita e, se disponibile, codice fiscale dell'affiliato al regime pensionistico;

* nome e indirizzo dell'ente pensionistico;

* nome e indirizzo dell'erogatore della pensione se diverso dall'ente pensionistico [30];

[30] In genere, le pensioni sono pagate direttamente dal regime o dall'ente. Tuttavia, esse potrebbero essere erogate annualmente da fornitori regolamentati. Sebbene i fornitori possano gestire dei regimi, non sono, essi stessi, assimilabili a regimi o enti.

* numero della polizza;

* la data alla quale matura il diritto a percepire la prestazione pensionistica o, se diversa, la data in cui la pensione sarà pagabile per la prima volta [31];

[31] In taluni Stati membri il pagamento della pensione può essere ritardato fino al momento dell'effettiva cessazione dell'attività lavorativa.

* l'importo totale dei versamenti effettuati ogni anno dal dipendente e dal datore di lavoro all'ente pensionistico;

* l'importo totale dei versamenti fatti dall'ente pensionistico o, se diverso, dall'erogatore della prestazione pensionistica, e la loro tipologia (periodica o una tantum);

* nome, indirizzo, data e luogo di nascita e, se disponibile, codice fiscale del beneficiario (se diverso dall'affiliato al regime pensionistico).

Laddove esiste la possibilità di trasferire il capitale della pensione tra enti pensionistici di Stati membri differenti, gli Stati membri dovrebbero anche scambiarsi informazioni su tali trasferimenti. Inoltre, gli elementi necessari per il calcolo dell'imposta sui rendimenti potrebbero risultare utili a taluni Stati membri.

Il comitato potrebbe valutare se le informazioni debbano essere scambiate tra gli Stati membri sulla base dei dati forniti dagli enti pensionistici o se invece le informazioni debbano essere scambiate direttamente tra l'ente pensionistico e lo Stato membro interessato. Quest'ultima opzione potrebbe risultare meno onerosa per le autorità fiscali.

La Commissione raccomanda che, a fini di compatibilità tecnica, il comitato coordini il proprio operato con i lavori del comitato sui redditi da risparmio, con il prosieguo della relazione del Gruppo ad hoc sulle frodi [32] e con i lavori condotti dall'OCSE in materia di scambio delle informazioni. In tale più ampio contesto, la Commissione valuterà se sia necessario adottare misure legislative e se queste debbano comprendere lo scambio di informazioni sui regimi pensionistici.

[32] Il Gruppo ad hoc sulle frodi fiscali è un gruppo di lavoro del Consiglio, che si occupa delle frodi fiscali nel campo dell'imposizione diretta e indiretta.

La Commissione ritiene che, in un secondo tempo, si potrebbe prendere in considerazione l'ampliamento dello scambio di informazioni ai regimi del terzo pilastro, comprese le assicurazioni sulla vita.

5. ISTITUZIONI PENSIONISTICHE PANEUROPEE

La Commissione desidera inoltre sottoporre all'attenzione del Consiglio, del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale una proposta formulata dall'industria, in merito ad istituzioni pensionistiche paneuropee [33]. Tale proposta mira a permettere ai dipendenti di società multinazionali di far capo al medesimo fondo pensione indipendentemente dal paese nel quale lavorano. Il principio fondamentale della proposta è che gli Stati membri potrebbero mantenere il loro sistema di tassazione dei regimi pensionistici per i propri cittadini residenti.

[33] cfr: "A European Institution for Occupational Retirement Provision (EIORP) - A Single License to enable Multi-Nationals to pool their pension liabilities and assets on a tax neutral basis", European Federation for Retirement Provision, Luglio 2000.

In pratica, l'istituzione pensionistica paneuropea avente sede in uno Stato membro avrebbe differenti sezioni, ciascuna conforme ai requisiti e alle normative fiscali e previdenziali dello Stato nel quale l'affiliato svolge la sua attività lavorativa. Qualora, durante il suo impiego presso una società multinazionale, una persona dovesse proseguire la propria attività lavorativa in un altro Stato membro, continuerebbe a versare i contributi alla medesima istituzione pensionistica paneuropea, ma a una sezione differente.

Il trasferimento da una sezione all'altra dei diritti maturati non sarebbe necessario. Dopo il pensionamento, il lavoratore percepirebbe le prestazioni da ciascuna sezione nazionale in funzione dei diritti acquisiti nell'ambito delle norme nazionali applicabili a tali sezioni.

Nel caso di un'istituzione pensionistica paneuropea potrebbe essere necessario, a fini fiscali, definire quali attività sono allocate a ciascuna sezione nazionale e sono, di conseguenza, soggette alle diverse normative fiscali nazionali. Nella proposta si suggerisce di suddividere le attività tra le varie sezioni conformemente alle obbligazioni pensionistiche secondo la loro ultima valutazione attuariale e di tassarle di conseguenza.

Al fine di preservare gli eventuali legami tra regimi del primo e del secondo pilastro, si potrebbero prendere misure che permettano ai lavoratori dipendenti temporaneamente distaccati in un altro Stato membro di non essere trasferiti immediatamente alla sezione di tale Stato. Essi potrebbero, invece, rimanere per un certo periodo nella sezione del loro Stato membro d'origine, come previsto dalla direttiva 98/49. Tale periodo potrebbe essere determinato in riferimento al periodo per il quale tali lavoratori dipendenti rimangono soggetti alla legislazione di tale Stato ai sensi del regolamento 1408/71.

Inoltre, le istituzioni pensionistiche paneuropee sarebbero conformi alle norme sul versamento e la riscossione delle tasse applicabili nello Stato di lavoro o di residenza. Ad esempio, se lo Stato membro di lavoro o di residenza utilizza un sistema ETT, l'istituzione pensionistica paneuropea verserebbe alle autorità di tale Stato l'imposta sui rendimenti applicabile al fondo e, se del caso, riscuoterebbe alla fonte le tasse sulle prestazioni pensionistiche e fornirebbe informazioni a tale Stato conformemente a quanto concordato con quest'ultimo. Se un pensionato, al momento del pensionamento o in un momento successivo, si trasferisse in uno Stato membro diverso da quello nel quale ha trascorso la sua attività lavorativa, la sua pratica verrebbe trasferita alla sezione relativa a tale Stato membro (se esistesse).

La proposta relativa ad istituzioni pensionistiche paneuropee è stata sviluppata pensando a un unico datore di lavoro e a un piccolo gruppo di Stati partecipanti. Tuttavia non vi sono, in linea di massima, impedimenti per la conclusione di intese più ampie in materia di erogazione transfrontaliera di prestazioni pensionistiche a livello comunitario che coprano diverse società o interi settori aziendali o categorie professionali. Ovviamente, bisognerebbe considerare in dettaglio diverse questioni tecniche.

Il vantaggio delle istituzioni pensionistiche paneuropee suddivise in sezioni nei confronti del sistema basato sullo scambio di informazioni consiste nel fatto che la sezione pertinente dell'ente pensionistico paneuropeo, sebbene soggetta alle norme di controllo dello Stato nel quale ha sede, sarebbe in effetti considerata, ai fini fiscali, come avente sede nel territorio dell'affiliato e applicherebbe le stesse norme e procedure di un ente pensionistico nazionale, comprese le norme concernenti l'applicazione di imposte sui rendimenti o la ritenuta alla fonte. Nel caso della proposta di istituzioni pensionistiche paneuropee gli Stati membri dovrebbero quindi sostenere costi di messa in conformità inferiori [34]. Un ulteriore vantaggio della proposta è che dovrebbe essere possibile applicarla senza dover adottare una nuova legislazione fiscale. A tal fine uno Stato membro potrebbe concludere con un'istituzione pensionistica paneuropea un accordo che stabilisce gli obblighi dell'ente, ad esempio per quanto concerne la comunicazione di informazioni e la riscossione delle tasse.

[34] Al fine di evitare la duplice imposizione e la restrizione della libertà delle istituzioni pensionistiche paneuropee in materia di prestazione di servizi, è necessario che gli Stati membri assicurino che le sezioni pertinenti delle istituzioni pensionistiche paneuropee siano esenti da ogni imposta sui rendimenti nello Stato membro nel quale hanno sede.

Si noti che la proposta relativa all'istituzione di enti pensionistici paneuropei e quella relativa al miglioramento dello scambio di informazioni non sono tra di loro incompatibili. Non sarebbe ragionevole aspettarsi che gli enti pensionistici minori adottino il sistema dell'istituzione pensionistica paneuropea data la necessità di applicare la normativa fiscale di più Stati membri. Nel caso degli enti pensionistici minori che erogano prestazioni pensionistiche transfrontaliere, il miglioramento dello scambio delle informazioni costituirebbe comunque un importante passo in avanti per gli Stati membri, anche qualora la proposta di istituire enti pensionistici paneuropei venisse largamente attuata. Di conseguenza, entrambe le opzioni potrebbero essere applicate contemporaneamente. La Commissione invita gli Stati membri a studiare, insieme ad essa, le modalità di attuazione pratica della proposta di istituzioni pensionistiche paneuropee.

6. Far fronte alla diversità dei sistemi fiscali degli Stati membri

6.1. Introduzione

Le differenze tra norme nazionali in materia di deducibilità dei contributi e tassazione delle prestazioni può condurre ad una duplice imposizione dei lavoratori migranti o delle persone che vanno in pensione in un altro Stato membro. Ad esempio, un dipendente potrebbe lavorare in uno Stato membro che concede solo sgravi limitati dei contributi pensionistici ma, andando in pensione, trasferirsi in uno Stato che prevede una tassazione relativamente alta delle prestazioni. Viceversa, tali differenze possono portare anche alla non imposizione. Ad esempio, un altro dipendente potrebbe lavorare in uno Stato membro che accorda generosi sgravi dei contributi e poi, andando in pensione, trasferirsi in uno Stato membro che concede ampi sgravi delle prestazioni pensionistiche, come già accennato al capitolo 2.3.

Si dovrebbe notare che la doppia imposizione costituisce un problema in particolare per la mobilità tranfrontaliera del lavoro e del pensionamento. Ciò non è dovuto alla collocazione della sede di un ente pensionistico in un altro Stato membro, bensì alle differenze esistenti tra le normative fiscali nazionali, e alle modalità di applicazione delle convenzioni fiscali da parte degli Stati membri, i quali adottano, in genere, il modello di convenzione tributaria concernente il reddito e il patrimonio elaborato dall'OCSE, in base al quale un pensionato è imponibile nel suo paese di residenza (ossia di pensionamento) a prescindere dal fatto che i contributi siano o meno stati oggetto di deduzione e dal paese nel quale i contributi sono stati versati. La duplice imposizione è questione che si pone a prescindere dalla localizzazione del fondo.

6.2. Ampliare l'accettazione del principio EET

Come illustrato nel capitolo 2, gli Stati membri applicano differenti sistemi di tassazione delle pensioni in termini di imponibilità dei contributi, dei redditi da investimento e dai guadagni in conto capitale degli enti pensionistici e delle prestazioni. Se un maggior numero di Stati membri applicasse lo stesso sistema, si ridurrebbe il fenomeno della duplice imposizione e della mancata imposizione, causato dalla divergenza nei rispettivi regimi.

Undici Stati membri applicano un sistema EET, tre un sistema ETT, mentre due hanno adottato un sistema TEE [35]. Se ne può dedurre che, da un punto di vista pratico, dovrebbe essere più facile cercare di allineare i regimi pensionistici degli Stati membri sulla base del principio EET. Inoltre, grazie al rinvio del pagamento dell'imposta sui contributi versati, il sistema EET incoraggia la creazione di fondi pensione. Il sistema EET contribuisce a far fronte all'invecchiamento demografico poiché riduce le entrate fiscali attuali in cambio di maggiori entrate fiscali in un secondo periodo, quando l'indice di dipendenza demografica sarà molto più sfavorevole.

[35] La loro somma è pari a sedici perché la Germania applica sia l'EET che il TEE.

Si dovrebbe, tuttavia, sottolineare che l'accettazione del principio EET da parte di tutti gli Stati membri non risolverebbe tutti i problemi. Anche tra Stati EET vi sono significative differenze nell'ambito del secondo pilastro a livello di deducibilità dei contributi. Tali differenze riflettono non solo le peculiari preferenze degli Stati membri nella previsione delle loro norme fiscali, ma anche scelte più fondamentali nella struttura dei loro sistemi pensionistici, in particolare le dimensioni relative del primo e del secondo pilastro. Come notato nel paragrafo 3.4, ciò generalmente avrà un impatto sul totale dei contributi deducibili nell'ambito del secondo pilastro.

La Commissione non prevede, dunque, di proporre misure legislative per armonizzare i regimi pensionistici degli Stati membri. Tuttavia, poiché l'allineamento dei regimi dei vari Stati membri al principio EET contribuirebbe a ridurre le discordanze che determinano sia la duplice imposizione che la mancata imposizione, la Commissione ne auspica una più ampia diffusione.

6.3. Far fronte alla coesistenza di sistemi differenti

Di conseguenza, è probabile che le differenze tra i regimi dei vari Stati membri permangano ancora a lungo. Di conseguenza, è opportuno studiare misure pratiche per far fronte, in tempi brevi, alla coesistenza di sistemi differenti.

Se un cittadino matura i propri diritti pensionistici in uno Stato TEE e riceve le prestazioni pensionistiche in uno Stato EET, la sua pensione può essere soggetta a duplice imposizione. Egli non ha diritto a sgravi fiscali, oppure soltanto a sgravi ridotti, dei versamenti dei contributi, mentre le sue prestazioni pensionistiche vengono tassate. Alcuni Stati membri hanno introdotto unilateralmente disposizioni per eliminare la duplice imposizione che si verifica in tali casi, in particolare esentando le prestazioni erogate da enti pensionistici esteri ai propri residenti nella misura in cui i contributi non erano deducibili. Ad esempio, la Danimarca e la Svezia hanno disposizioni di questo tipo.

È anche possibile eliminare la duplice imposizione causata dalla divergenza delle normative in materia pensionistica adottando specifiche disposizioni nel quadro di convenzioni sulla duplice imposizione. Gli Stati potrebbero, ad esempio, includere una disposizione in base alla quale le pensioni maturate nello Stato A ed erogate ad un residente dello Stato B possono essere tassate nello Stato B, a condizione che quest'ultimo applichi le esenzioni previste nello Stato A delle quali il soggetto goderebbe se vi risiedesse [36]. In virtù di una siffatta disposizione, un lavoratore di uno Stato TEE che al momento del pensionamento si trasferisse in uno Stato EET non verrebbe tassato, poiché la sua pensione sarebbe stata non imponibile nel suo Stato d'origine.

[36] Una disposizione di questo tipo si trova, ad esempio, nella convenzione fiscale conclusa tra Canada e Stati Uniti.

Poiché l'applicazione di norme fiscali divergenti da parte degli Stati membri determina la creazione di ostacoli ingiustificati alle libertà fondamentali istituite dal Trattato discusse sopra, tali ostacoli devono essere eliminati. Le misure per la loro eliminazione potrebbero comprendere l'esenzione unilaterale o soluzioni bilaterali. Il funzionamento delle soluzioni bilaterali potrebbe essere migliorato con l'introduzione di norme per risolvere i conflitti d'interpretazione e di meccanismi per permettere al contribuente di ottenere un trattamento coerente da parte di entrambe le autorità interessate. La Commissione sarebbe pronta ad assistere gli Stati membri ad effettuare uno studio approfondito delle disposizioni esistenti che potrebbero trovare una più ampia applicazione. Successivamente a questo studio bisognerebbe individuare il quadro comunitario adatto per promuovere la loro attuazione. Inoltre si potrebbe prevedere una convenzione multilaterale ai sensi dell'art. 293 del trattato o misure coordinate a livello comunitario.

Le differenze tra norme nazionali possono inoltre portare alla mancata imposizione delle prestazioni, in particolare qualora un cittadino maturi i propri diritti pensionistici in uno Stato EET e fruisca delle prestazioni pensionistiche in uno Stato TEE. In mancanza di norme più uniformi, taluni Stati membri, sebbene favoriscano il principio dell'imposizione in base alla residenza, hanno cercato di risolvere tale problema prevedendo in talune convenzioni l'imposizione alla fonte qualora si prefigurasse una tassazione troppo bassa nello Stato di residenza [37].

[37] Ad esempio, la convenzione tra Paesi Bassi e Portogallo prevede un'eccezione alla regola sull'imposizione basata sulla residenza qualora la pensione "non sia tassata all'aliquota generalmente applicabile ai redditi derivanti da servizi dipendenti prestati da personale a carico, oppure quando meno del 90% dell'importo lordo della pensione o simile ... sia imponibile".

7. Conclusioni

La Commissione ritiene che il trattamento discriminatorio delle pensioni e delle polizze assicurative sulla vita concluse con enti pensionistici aventi sede in altri Stati membri costituisca una violazione del trattato. La Commissione controllerà le norme nazionali pertinenti e prenderà le misure necessarie per garantirne l'effettiva conformità alle libertà fondamentali previste dal trattato CE, compreso l'eventuale ricorso alla Corte di giustizia, conformemente all'articolo 226 del trattato.

La Commissione invita il Consiglio, il Parlamento europeo e il Comitato economico e sociale:

* ad esaminare le proposte formulate nella presente comunicazione in merito allo scambio di informazioni, nell'ottica di garantire la corretta applicazione della normativa fiscale degli Stati membri;

* ad esaminare le proposte relative ad istituzioni pensionistiche paneuropee, come illustrato nella presente comunicazione;

* a valutare l'eventualità di una maggiore diffusione del principio EET all'interno dell'Unione Europea;

* e a esaminare le misure necessarie ad eliminare gli ostacoli ingiustificati al libero movimento dei lavoratori derivanti dalla diversità dei sistemi fiscali applicabili ai regimi pensionistici aziendali e professionali degli Stati membri, in particolare dalla duplice imposizione.

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