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Parere del Comitato economico e sociale in merito alla "Semplificazione"

Gazzetta ufficiale n. C 048 del 21/02/2002 pag. 0130 - 0141


Parere del Comitato economico e sociale in merito alla "Semplificazione"

(2002/C 48/28)

In data 28 febbraio 2001 il Comitato economico e sociale ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 23, paragrafo 2 del proprio Regolamento interno, di formulare un parere sul tema di cui sopra.

La Sezione "Mercato unico, produzione e consumo", incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del Relatore Walker in data 21 novembre 2001.

Il Comitato economico e sociale ha adottato il 29 novembre 2001 nel corso della 386a sessione plenaria, con 62 voti favorevoli, 5 contrari e 5 astensioni il seguente parere.

1. Sintesi e raccomandazioni

1.1. L'eccessiva regolamentazione dell'attività economica è principalmente un problema nazionale, ma ha anche una dimensione europea che va affrontata. L'UE deve non soltanto promuovere il processo di semplificazione, ma anche esortare gli Stati membri a seguire l'esempio. Anche quando la legislazione ha origine a livello europeo, spetta agli Stati membri vigilare sul mercato e alle amministrazioni degli Stati membri interpretare gli strumenti legislativi europei alla luce della propria cultura amministrativa, dare loro un "taglio" nazionale.

1.2. È evidente l'esigenza di una revisione radicale del quadro normativo all'interno dell'Unione europea, revisione che deve essere accompagnata da uno sfrondamento e da una semplificazione dell'attuale corpus di norme. Si dovranno adottare obiettivi chiari e semplici in quest'opera che va condotta a livello europeo, nazionale e locale e va calibrata al raggiungimento di risultati concreti; non basteranno dichiarazioni di principio e di buone intenzioni. Il Comitato attende con interesse la pubblicazione della relazione che la Commissione presenterà al Consiglio di Laeken.

1.2.1. Il riesame normativo deve concentrarsi non solo sulla futura legislazione ma anche sul corpus legislativo esistente orientandosi non soltanto verso la semplificazione e il miglioramento metodologico, bensì alla riduzione quantitativa.

1.3. Il principio che sottende al riesame della legislazione esistente e all'introduzione di ogni nuova norma dovrebbe essere identico - ovvero quello dell'abrogazione o non introduzione delle disposizioni in questione quando non si riesca a dimostrare chiaramente che esse favoriscono l'interesse generale. La legislazione esistente che si decide di mantenere andrà riscritta, se necessario, per renderla più semplice, meno ambigua e più trasparente.

1.4. Per evitare che insorgano differenze nazionali nel quadro normativo suscettibili di causare distorsioni della concorrenza nel mercato unico, occorre un alto grado di armonia tra gli strumenti legislativi in vigore nei diversi Stati membri. Ciò può realizzarsi soltanto aumentando le normative adottate a livello europeo e assicurando un maggiore grado di uniformità nel loro recepimento nel diritto nazionale e, cosa altrettanto importante, nella loro applicazione. La standardizzazione è una componente essenziale della semplificazione. L'ambiente normativo dovrebbe contribuire alla creazione di una situazione di pari opportunità per le imprese europee. Allo stato attuale, il recepimento e l'attuazione delle direttive negli Stati membri sono fonte di ulteriori complessità, divergenze e ritardi. È palese l'esigenza di far procedere la semplificazione in parallelo negli Stati membri affinché il processo vada a buon fine a livello europeo.

1.5. Laddove possibile, occorre ricercare alternative alla regolamentazione prima di ricorrere a nuove normative. Tali alternative possono assumere la forma dell'autoregolamentazione, della coregolamentazione o addirittura della non regolamentazione. Quando le circostanze lo consentano, si dovrebbe esaminare la possibilità di introdurre la coregolamentazione e l'autoregolamentazione in mercati attualmente regolamentati.

1.6. Le normative devono essere, tra l'altro, accessibili, pertinenti e adeguate. Quanto ad accessibilità, l'acquis esistente lascia molto a desiderare. Se da un lato occorrono regolamentazioni sufficientemente flessibili da potersi adeguare a situazioni in rapida trasformazione, dall'altro è necessaria la stabilità nel tempo per poter creare un clima di certezza legislativa.

1.7. Se, da un lato, la legislazione quadro presenta maggiore flessibilità intrinseca e dà maggiore libertà alle aziende entro limiti prestabiliti, dall'altro si corre il rischio di trasferire semplicemente il processo normativo a un livello più basso, creando maggiori divergenze tra il clima normativo dei diversi Stati membri. Gli stessi pericoli si riscontrano nell'applicazione del principio di sussidiarietà.

1.8. Spesso si registrano protratti ritardi nell'adozione definitiva da parte del Consiglio di proposte di legislazione semplificata avanzate dalla Commissione. Il Comitato esorta il Consiglio a collaborare più efficacemente al processo di semplificazione adottando le proposte della Commissione in tempi più brevi.

1.9. Il Comitato avanza specificamente le seguenti raccomandazioni per il miglioramento del quadro normativo a livello europeo:

- istituzione di uno specifico organo incaricato del riesame della legislazione esistente e la definizione degli orientamenti per l'introduzione della nuova legislazione. Tale organo dovrà anche condurre le valutazioni ex-post degli effetti della legislazione. Esso includerà rappresentanti della Commissione, di organismi nazionali e imprese;

- definizione degli obiettivi specifici da raggiungere nella riduzione del volume della legislazione, ad esempio ridurre il volume totale dei regolamenti e delle direttive del 20 % in 5 anni;

- tutti i nuovi regolamenti, così come quelli già esistenti e riveduti, dovrebbero avere una durata limitata nel tempo, al termine della quale dovrebbero decadere automaticamente in assenza di proroga;

- le PMI, in particolare le microimprese, dovrebbero essere esonerate da alcune regolamentazioni in toto o in parte. Tale esenzione potrebbe essere di tipo progressivo e comportare esenzioni più ampie per le microimprese con meno di dieci dipendenti;

- l'acquis comunitario dovrebbe essere semplificato stabilendo un "acquis di base" e apportando una qualche parvenza di ordine esterno e di razionalizzazione con l'introduzione di un processo di codifica sul modello svedese;

- l'accessibilità dell'acquis andrebbe migliorata rivedendo l'impostazione della Gazzetta ufficiale e mettendo a disposizione l'acquis on line;

- si dovrebbero ricercare alternative alla regolamentazione ogniqualvolta possibile;

- la "prova dell'interesse generale" va applicata a tutte le proposte legislative;

- si dovranno sfruttare appieno i progressi dell'informatica e delle comunicazioni per ridurre i costi della messa in conformità;

- in futuro, le valutazioni dimpatto effettuate dalla Commissione sulle proposte legislative dovrebbero essere corredate di una relazione che esamini le possibili alternative di tipo non legislativo.

2. Introduzione

2.1. Il presente documento fa seguito al parere del Comitato sulla Semplificazione della legislazione in seno al mercato unico, adottato il 19 ottobre 2000(1), in cui si sottolineava l'urgente necessità di intraprendere un processo di semplificazione legislativa nell'ambito del mercato unico migliorando al contempo la qualità delle disposizioni, il loro recepimento nelle legislazioni nazionali nonché le libertà e le responsabilità delle forze della società civile.

2.1.1. A questo fine, nella primavera del 2001 il Comitato ha fatto appello al Consiglio europeo di Stoccolma affinché adottasse, su proposta della Commissione, un piano pluriennale di semplificazione, che stabilisse gli obiettivi, le priorità, i metodi, gli stanziamenti di bilancio e le risorse per l'azione di monitoraggio e di follow-up. Il Comitato ha sostenuto l'opportunità di rivedere il piano ogni anno al Consiglio europeo di primavera sulla base di una relazione stilata dalla Commissione.

2.1.1.1. Il Comitato ha proposto una serie di misure specifiche:

- le istituzioni comunitarie devono adottare codici di condotta che contribuiscano a semplificare la normativa, anziché a renderla più complessa;

- la Commissione deve dare l'esempio instillando al suo interno una cultura della semplificazione;

- gli Stati membri e le amministrazioni nazionali devono adottare codici di condotta e concorrere alla diffusione delle migliori pratiche;

- occorre migliorare la valutazione dimpatto che dovrà accompagnare ogni progetto legislativo;

- la Commissione deve rivalutare la scelta degli strumenti normativi da adottare;

- la Commissione deve garantire la propria partecipazione attiva alla definizione, attuazione e revisione annuale del processo di semplificazione;

- la Commissione deve consultare annualmente il Comitato su questioni fondamentali che meritano di essere affrontate nell'ambito di progetti SLIM e test panel.

2.1.1.2. Al fine di contribuire fattivamente al processo di semplificazione, il Comitato ha adottato un proprio codice di condotta (cfr. Allegato 1).

2.2. Il mandato del Consiglio europeo di Lisbona ha anche sottolineato l'esigenza di interventi a livello nazionale. La grande maggioranza degli oneri legislativi che gravano sulle imprese ha origine a livello nazionale e locale; anche nel caso della legislazione introdotta a livello europeo, il recepimento nel diritto nazionale, l'attuazione e l'applicazione sono di competenza degli Stati membri. Il successo dell'iniziativa di semplificazione e miglioramento dell'ambiente normativo dipende perciò dal coinvolgimento attivo di tutti i protagonisti della "catena legislativa" ed esige un'opera di coordinamento tra l'azione delle istituzioni comunitarie e quella degli Stati membri.

2.2.1. Occorre prestare particolare attenzione all'interazione tra le istituzioni nazionali e comunitarie; è importante che l'UE sia in grado di prevedere gli effetti delle nuove normative nei vari sistemi nazionali, in quanto le conseguenze di un eccesso di zelo nel recepimento - il cosiddetto effetto "cosmetico" - possono essere enormi a livello nazionale. Ciò vale in particolare per le normative che stabiliscono "standard minimi", lasciando agli Stati membri facoltà di imporre requisiti più severi a loro discrezione.

2.2.2. Se da un lato è naturale pensare innanzi tutto ad eliminare disposizioni obsolete, è tuttavia essenziale intervenire sulle regolamentazioni attuali e mettere a punto procedure per quelle future, se si vuole che la semplificazione abbia un impatto positivo sull'attività economica. Il primo è il compito maggiore, ma il secondo è in definitiva il più importante; occorre tener conto di entrambi gli elementi fin dall'inizio onde evitare che il processo si areni in generiche discussioni di principio.

2.2.3. Le procedure per la messa a punto delle nuove normative dovranno comprendere l'istituzione di meccanismi di valutazione ex-post degli effetti pratici della legislazione.

2.3. Nella ricerca della semplificazione si dovranno sfruttare appieno le opportunità offerte dai progressi delle tecnologie informatiche e delle comunicazioni. In particolare, il testo degli strumenti legislativi di ogni livello dovrà essere disponibile al pubblico su siti web aperti. L'informatica consentirà inoltre di ridurre l'onere delle operazioni ripetitive, facilitando così il processo di messa in conformità senza tuttavia imporre ulteriori adempimenti.

2.4. La semplificazione legislativa è una questione che non interessa soltanto le imprese, ma la società nel suo complesso. Le parti sociali, i consumatori, le ONG e gli altri soggetti della società civile organizzata risentono tutti della confusione e dell'incertezza che ingenera la mancanza di precisione, concisione, organicità e compatibilità della legislazione. Tutti i maggiori costi ingenerati dalle regolamentazioni vengono immancabilmente riversati sul consumatore. In sintesi, chi risente di più di questo stato di cose è il singolo cittadino.

2.5. La semplificazione riguarda anche il mercato unico. La mancanza di armonizzazione degli strumenti normativi è un grosso handicap al completamento del mercato unico, che si traduce spesso in distorsioni della concorrenza. Se il processo di reciproco riconoscimento compensa in parte tale effetto, non può produrre il grado di conformità necessario per un vero mercato unico.

3. Stato di avanzamento

3.1. Il Comitato ha sostenuto nel tempo l'iniziativa SLIM (Simpler Legislation for the Internal Market), che ha sempre considerato un passo nella giusta direzione; ritiene tuttavia che si debba fare di più per conseguire miglioramenti concreti.

3.2. Sebbene l'iniziativa SLIM sia stata varata dalla Commissione nel maggio 1996, occorre ammettere che i progressi fin qui realizzati sono decisamente deludenti. Nella relazione intermedia al Consiglio europeo di Stoccolma sul tema "Migliorare e semplificare l'ambiente regolamentare(2)", la Commissione fa proprie molte delle raccomandazioni del Comitato testé esposte nelle sue proposte per i futuri interventi finalizzati al conseguimento dell'obiettivo fissato dal Vertice di Lisbona, ovvero fare dell'UE "l'economia della conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo, capace di una crescita economica durevole accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell'occupazione e da una maggiore coesione sociale". Ben poco è stato fatto da allora per realizzare questa ambizione; sono sopraggiunte altre priorità e l'impeto presente all'indomani del Vertice di Lisbona si è in gran parte affievolito.

3.2.1. Nel 1995, il rapporto Molitor ha formulato diciotto raccomandazioni generali (cfr. Allegato 2). Un anno fa, il Comitato(3) commentava che "da allora molte di queste sono rimaste lettera morta". La situazione rimane sostanzialmente invariata.

3.2.2. La Commissione riconosce invece quanto sia indispensabile un vero progresso nel migliorare e semplificare l'ambiente normativo per conseguire l'obiettivo stabilito. Nella relazione trasmessa al Consiglio europeo di Stoccolma, la Commissione osserva che "i cittadini e le imprese, in particolare le PMI, hanno bisogno di un ambiente regolamentare chiaro, efficace e pratico su un mercato mondiale in rapida evoluzione".

3.2.2.1. Il Comitato appoggia questo impianto e ha ripetutamente richiamato l'attenzione sulla necessità di alleggerire il carico normativo che grava sulle piccole e medie imprese, in particolare le microimprese, che sono la fonte principale di crescita economica e di occupazione in qualsiasi società dinamica. In uno studio condotto recentemente nel Regno Unito dall'Institute of Directors, la maggioranza delle microimprese indicava la regolamentazione come il principale disincentivo alla creazione di un'impresa e il maggiore ostacolo alla sua espansione.

3.2.2.2. Il Comitato ritiene che, per realizzare la missione dell'Unione enunciata al Vertice di Lisbona, la legislazione debba perseguirne gli obiettivi sociali senza intralciare le attività commerciali.

3.3. La Commissione ha stabilito i seguenti principi generali per una strategia normativa:

- intervento legislativo soltanto laddove necessario;

- ogni proposta dovrà essere preceduta da ampie consultazioni e analisi dimpatto;

- scelta dello strumento più adatto;

- accelerazione del processo legislativo;

- recepimento rapido e corretto e applicazione efficace;

- valutazione degli effetti della legislazione; e

- accelerazione della semplificazione e della codifica dei testi esistenti.

3.3.1. Il Comitato appoggia pienamente questi principi, ma giudica carenti i meccanismi esistenti per tradurli in pratica. Come osserva la Commissione, la strategia dovrà essere messa a punto nel quadro istituzionale dell'Unione europea. I Trattati offrono opportunità, ma al contempo impongono limitazioni. La Commissione intende continuare a fare pieno uso degli strumenti offerti dal Trattato e a svolgere un ruolo trainante servendosi dei poteri a sua disposizione.

3.4. Per la Commissione, la spinta al miglioramento e alla semplificazione dell'ambiente normativo non è mero sinonimo di deregulation, in quanto mira non a smantellare, ma a migliorare la regolamentazione. Anche in questo caso il Comitato appoggia il principio ma tiene a precisare che per una migliore regolamentazione si dovrà inevitabilmente ridurre il numero delle normative esistenti senza compromettere in alcun modo i necessari obiettivi normativi in materia di standard sociali ed ambientali e di fornitura di servizi importanti a tutti i cittadini. Non si tratta né dovrebbe trattarsi di deregulation; l'efficacia della legislazione dipende dalla qualità, non dalla quantità; per molti aspetti la quantità è nemica della qualità. I regolamenti dovrebbero essere:

- accessibili;

- pertinenti;

- privi di ambiguità;

- imparziali;

- necessari;

- obiettivi;

- uniformi;

- semplici;

- adeguati;

- equi;

- stabili;

- trasparenti.

Essi dovrebbero inoltre essere reciprocamente compatibili, efficaci e convenienti sotto il profilo del rapporto costi-benefici.

3.4.1. Troppo spesso i requisiti di un regolamento sono in conflitto con gli obblighi imposti da un altro. Così vale in particolare per la legislazione secondaria introdotta a livello regionale e locale e non può che limitarne l'efficienza in funzione del conseguimento degli obiettivi normativi. Innanzi tutto devono essere convenienti, nel senso che i benefici che ne derivano devono essere almeno proporzionati ai costi che comportano, costi che non vanno quantificati soltanto in termini economici.

3.5. Nel contesto del mercato unico, per essere efficace la regolamentazione deve mirare a realizzare una concorrenza leale e non discriminatoria e garantire ai cittadini protezione da frodi, dichiarazioni inesatte o mendaci e cattiva gestione; dovrebbe inoltre offrire agli operatori del mercato pari opportunità; essa deve inoltre essere flessibile ed evitare interventi superflui. Il quadro normativo deve essere sufficientemente flessibile da adattarsi ai nuovi sviluppi e stare al passo con le tecnologie in rapida evoluzione, offrendo al contempo stabilità e prevedibilità.

3.5.1. In particolare, la regolamentazione non deve intralciare lo sviluppo del mercato, o mettere in una posizione di svantaggio le aziende e i cittadini europei che intendano sfruttare appieno il potenziale del mercato per creare occupazione e innalzare il tenore di vita.

3.5.2. Per essere efficace la normativa deve comportare un elemento di deregulation: non si può semplificare semplicemente sostituendo vecchi regolamenti con nuovi; bisogna ripensare interamente il quadro normativo.

3.6. Occorre definire chiaramente nel diritto comunitario o nazionale gli obiettivi normativi, i quali devono essere volti a promuovere gli interessi dei consumatori attraverso una concorrenza reale e ad assicurare che tutti abbiano accesso a determinati servizi.

3.7. È adesso essenziale produrre risultati concreti nella sfera della semplificazione legislativa a livello europeo, nazionale e locale. Non ci si può limitare a dichiarazioni di principio. Servono una trasformazione culturale e un nuovo clima normativo.

3.8. L'attuale focalizzazione dell'Unione europea sull'allargamento conferisce maggiore urgenza alla necessità di semplificare la struttura normativa dell'Unione.

4. Forme alternative di regolamentazione

4.1. La regolamentazione può assumere una delle tre forme seguenti:

- regolamentazione giuridica,

- coregolamentazione e

- autoregolamentazione.

4.2. Queste tre forme possono coesistere nello stesso mercato e probabilmente ha più senso considerare la coregolamentazione e l'autoregolamentazione come approcci complementari anziché come alternative alla regolamentazione per via legislativa.

4.3. Un chiaro esempio è costituito dalla liberalizzazione di mercati dominati in passato da un solo fornitore monopolistico, solitamente statale. Nelle prime fasi della liberalizzazione è spesso necessario un alto livello di regolamentazione e di supervisione da parte del governo. In certa misura tale regolamentazione è un surrogato della concorrenza. Uno dei suoi principali obiettivi dovrebbe essere quello di assicurare una concorrenza equa ed efficace sul mercato e, ancor più, promuovere la concorrenza nonché garantire che a tutti i cittadini vengano forniti servizi importanti come quelli contemplati ad esempio dal concetto di servizio universale nel caso dei servizi di interesse generale.

4.3.1. Una volta conseguita una giusta e aperta concorrenza tra un certo numero di operatori di mercato indipendenti, il consumatore è tutelato contro prezzi eccessivi, discriminazioni e pratiche di mercato sleali dall'interagire delle forze concorrenziali; le aziende possono soltanto migliorare la loro posizione sul mercato offrendo servizi migliori, una scelta più ampia e prezzi più bassi. In queste condizioni, si può ricorrere maggiormente alle norme generali sulla concorrenza previste dal Trattato e il legislatore può gradualmente cedere il posto alle forze del mercato, fino a limitare la regolamentazione ai casi in cui la concorrenza non è sufficiente a garantire il conseguimento degli obiettivi strategici. Ciò può condurre all'autoregolamentazione e alla coregolamentazione.

4.3.2. L'autoregolamentazione ha carattere volontario, si basa sulla cooperazione tra tutti i soggetti interessati e comprende, ove opportuno, le norme comunitarie che disciplinano gli accordi tra le parti. La new economy è caratterizzata dalla rapidità della trasformazione tecnologica, dalla velocità con cui si evolve il mercato e da una crescente globalizzazione. In questo ambiente in rapido movimento, l'autoregolamentazione può essere un potente strumento. La Commissione l'ha sostenuta costantemente in quanto alternativa flessibile, efficace ed economicamente valida alla regolamentazione per molti settori. Il Comitato condivide tale approccio purché siano rispettate certe condizioni. Autoregolamentazione non significa autoapplicazione; essa deve essere conforme alla legge e avere il sostegno della legge; deve fondarsi su una comunanza di interessi tra il pubblico e gli operatori economici; deve essere applicabile, controllabile e verificabile; deve anche essere efficace, offrire mezzi di ricorso esperibili, particolarmente a livello transfrontaliero. L'autoregolamentazione non è una panacea (se applicata a livello nazionale può, in alcuni casi, intralciare la libera circolazione dei servizi, mentre la regolamentazione imposta dalle associazioni di categoria può incidere negativamente sulle imprese che non vi aderiscono, particolarmente le PMI), ma nelle condizioni giuste può essere uno strumento utile per evitare un gravoso processo legislativo.

4.3.3. La coregolamentazione coniuga le caratteristiche della legislazione, in particolare la prevedibilità e il carattere vincolante, alla maggiore flessibilità dell'autoregolamentazione, rispetto alla quale costituisce un passo avanti per l'approccio collaborativo alla governance. Essa limita l'intervento pubblico all'essenziale e lascia al mondo economico la più ampia libertà di scelta sul come adempiere ai propri obblighi. Sostituisce alla mera coesistenza dell'autoregolamentazione e della regolamentazione la condivisione di responsabilità tra partner pubblici e privati. Questo sistema è già stato usato in vari campi e comprende:

- il "nuovo approccio", i cui requisiti essenziali vengono stabiliti in una direttiva quadro, che lascia agli operatori del mercato facoltà di decidere come meglio adempiere ai propri obblighi; un elemento chiave di tali requisiti essenziali è la loro neutralità dal punto di vista tecnologico;

- la possibilità, introdotta dal Trattato di Maastricht, di ricorrere ad accordi tra le parti sociali (su loro iniziativa o previa consultazione della Commissione) come metodo alternativo di regolamentazione in campi connessi alle condizioni dell'ambiente lavorativo e all'accesso al mondo del lavoro.

4.3.3.1. La sfida della coregolamentazione consiste nel definire, mantenere e preservare obiettivi strategici garantendo al contempo una maggiore flessibilità del quadro normativo. Per farlo, si debbono innanzi tutto individuare i settori in cui la coregolamentazione è più efficace. In secondo luogo, vi è l'esigenza di risposte globali, in quanto le soluzioni frammentarie non funzionano. Occorre infine agire tempestivamente; le pressioni della globalizzazione non consentiranno di adottare un calendario di tutto riposo.

4.3.3.2. Un colloquio sulla coregolamentazione nel mercato unico svoltosi a Bruxelles il 3 maggio 2001 sotto l'egida dell'Osservatorio del mercato unico del Comitato è giunto alla conclusione che i processi di coregolamentazione che emergono nel mercato unico sono ancora sostanzialmente diversificati. In alcuni settori (definizione di norme, sfera sociale) sono ben articolati, strutturati e collaudati a livello europeo; in altri (tutela dei consumatori, ambiente, servizi finanziari) sono ancora abbozzati, privi di sistematicità e decentrati nonostante il notevole potenziale di sviluppo.

4.3.3.3. Generalmente, queste pratiche hanno il vantaggio di semplificare le regole alleggerendo il carico della macchina legislativa, accelerando il processo di adattamento al cambiamento e promuovendo la condivisione delle responsabilità tra i protagonisti della vita economica e della società civile. Perché siano efficaci occorre che le imprese e la società civile organizzata dispongano di margini di manovra, serve un rapporto di partenariato con le amministrazioni pubbliche, servono forze rappresentative, procedure trasparenti, un'attuazione efficace, un monitoraggio e un follow-upcapillare del loro impatto, anche da parte delle pubbliche amministrazioni.

4.3.3.4. Un approccio diversificato alla coregolamentazione con la partecipazione dei gruppi socioeconomici può contribuire significativamente ad un migliore funzionamento del mercato unico di fronte alla triplice sfida dell'allargamento, dell'approfondimento e della globalizzazione.

4.4. Un'altra alternativa alla regolamentazione è la non regolamentazione, in cui la responsabilità viene demandata al mercato. Pur non essendo applicabile in tutti i casi, questo tipo di soluzione non è da scartare del tutto. La prima domanda da porre rispetto a qualsiasi proposta legislativa è la seguente: "Occorre proprio legiferare e perché?": si tratta di una questione di cui il Comitato potrebbe occuparsi nei suoi pareri sulle proposte legislative. Lo stesso interrogativo andrebbe posto rispetto all'introduzione di sistemi di coregolamentazione e autoregolamentazione.

4.5. Qualsiasi regime normativo, sia esso improntato alla regolamentazione giuridica, alla coregolamentazione, all'autoregolamentazione o di tipo misto, avrà un impatto negativo in termini commerciali se non è omogeneo nei contenuti e nell'applicazione. Niente è più distruttivo per l'attività economica di un clima di incertezza giuridica.

5. Semplificazione della legislazione esistente

5.1. La semplificazione e l'aggiornamento sistematico della legislazione esistente dovrebbe garantire la costante adeguatezza del corpus legislativo in vigore ai propri obiettivi. A questo fine la Commissione intende:

- valutare rapidamente ogni segnalazione che indichi situazioni eccessivamente complesse e ingiustificate;

- stabilire un piano pluriennale di semplificazione da aggiornare regolarmente sulla base di un calendario politicamente vincolante concordato tra le varie istituzioni;

- proporre un accordo tra le istituzioni volto a stabilire i principi della semplificazione e ad assumere un impegno politico che permetta di accelerare il lavoro legislativo intrapreso a questo scopo;

- introdurre sistematicamente un elemento di semplificazione in ogni riesame periodico delle direttive e delle norme in vigore;

- riprendere le iniziative avviate a fini informativi rispetto alla codifica, alla riformulazione e al consolidamento degli strumenti esistenti (pubblicando inoltre sistematicamente e in tempi brevi i testi consolidati) ogniqualvolta intervengano modifiche.

5.2. In linea di massima il Comitato approva tali misure ma teme che da sole siano insufficienti a realizzare quel miglioramento radicale dello status quo di cui vi è così palesemente bisogno. L'attuale acquis comunitario ammonta a più di 80000 pagine, che comprendono circa 10000 strumenti giuridici di nove tipi diversi, e presenta un tale grado di complessità che soltanto giuristi specializzati e con una lunga esperienza riescono a non perdersi nei suoi meandri. Oltre a costituire un onere gravoso per le imprese degli attuali Stati membri, ciò sta creando una situazione insostenibile per i paesi candidati in quanto in molti casi il tasso di incremento della legislazione è superiore a quanto essi riescono a recepire dell'acquis esistente.

5.3. Il Comitato teme che, se la revisione legislativa è mossa unicamente dal feedback fornito dal mercato, il processo possa rivelarsi caotico e privo di efficacia. Occorre una revisione profonda, radicale e capillare di tutta la legislazione esistente. Il riesame dovrebbe essere guidato dal principio dell'abrogazione immediata in mancanza di una dimostrazione chiara e incontrovertibile dell'esigenza di mantenere in vigore i singoli strumenti legislativi nell'interesse generale.

5.4. Non basta tuttavia sopprimere la regolamentazione obsoleta: anche nei casi in cui chiaramente serve ancora una regolamentazione, questa non dovrà necessariamente assumere forma di legge. La legislazione comunitaria si è evoluta in modo poco sistematico tramite modifiche alla legislazione esistente dettate dal mutare delle condizioni: ciò ha comportato ripetuti cambiamenti di alcune direttive e nuove imposizioni che sono andati a sovrapporsi, ad ogni mutamento della situazione, a una struttura già complessa. Il prodotto di tutto ciò sono strumenti legislativi complessi, fuorvianti e talvolta contraddittori. In molti casi in cui non si procederà all'abrogazione occorrerà rielaborare a fondo le direttive per ripristinare la chiarezza, la coerenza e la concisione del testo giuridico; in questo contesto si devono tuttavia valutare attentamente le conseguenze delle modifiche sugli standard sociali ed ambientali.

6. L'esperienza svedese

6.1. In ogni attività di questo tipo è istruttivo esaminare le migliori pratiche. La Svezia è uno degli Stati membri che hanno affrontato in maniera sistematica il problema della semplificazione legislativa.

6.2. L'esame del quadro normativo svedese è istruttivo: al vertice troviamo le leggi approvate dal Parlamento, il cui numero attuale è di poco superiore alle 1000 unità. Poi vengono i decreti emessi dal governo dei quali, secondo le stime, più di 2000 sono in vigore. Seguono poi gli strumenti normativi degli enti del governo centrale, che si dividono in regolamenti ufficiali e raccomandazioni generali: i primi sono giuridicamente vincolanti, le seconde invece, pur non essendolo, rivestono grande importanza nella prassi, anche giudiziaria. Complessivamente, gli strumenti normativi principali che ricadono nelle categorie succitate sono circa 7000, per un totale approssimativo di 40000 pagine di testo, di cui all'incirca l'8 % è collegato alla UE. Il tasso di incremento, tra legislazione nuova ed emendamenti, è costante e si aggira intorno alle 5000 pagine all'anno; di queste, l'80 % è costituito da emendamenti alla legislazione esistente, anziché da legislazione "nuova". In altre parole, le imprese e i loro consulenti devono assimilare 5000 pagine di nuovi obblighi legislativi e "disimparare"4000 pagine di norme all'anno. In alcuni Stati membri le cifre sono molto più alte.

6.2.1. Al di sotto degli strumenti normativi principali elencati sopra, vi sono altre tre categorie di regolamenti: regolamenti regionali, comunali e accordi collettivi. Questi ultimi sono negoziati dalle parti sociali. Tale regolamentazione accessoria non va ignorata né sottovalutata.

6.2.2. Dalle cifre svedesi si traggono essenzialmente tre conclusioni:

- il tasso di incremento della legislazione nuova e degli emendamenti a livello governativo si aggira intorno al 12,5 % annuo;

- la quota di legislazione attribuibile all'intervento comunitario è in proporzione relativamente bassa;

- il volume della legislazione aumenta mano a mano che si scende nella gerarchia legislativa.

6.2.2.1. Benché tali dati si riferiscano specificamente alla Svezia, è molto probabile che essi riflettano, con differenze locali relativamente modeste, il quadro presente in altri Stati membri. In particolare, è probabile che il rapporto tra legislazione di origine comunitaria e regolamentazione nazionale sia analogo un po'ovunque.

6.3. Verso la fine degli anni '80, la Svezia ha intrapreso un processo di razionalizzazione del complesso delle regolamentazioni degli enti. Presso gli enti centrali sono stati organizzati speciali codici di leggi, che attualmente ammontano a 55, per elaborare un sistema ordinato e rendere la normativa più accessibile al pubblico e alle imprese.

6.3.1. L'esperienza svedese ha dimostrato che le aspirazioni alla semplificazione del governo centrale e del parlamento rimarranno tali se non vi è un interesse diretto da parte degli enti stessi. Un'altra lezione che si è appresa da questo processo è che le iniziative del governo centrale hanno scarse probabilità di successo se la leadership non viene dal vertice della gerarchia. Si è inoltre dimostrato che è fondamentale fissare obiettivi specifici.

6.4. La legislazione quadro ha assunto sempre più importanza come fenomeno negli ultimi anni. Malgrado i chiari vantaggi che offre rispetto alla legislazione eccessivamente minuziosa degli anni precedenti, specialmente nel contesto di una rapida trasformazione tecnologica, essa ha presentato svantaggi in quanto si è tradotta nella proliferazione degli strumenti legislativi di livello più basso. Ad esempio, la legge svedese sulle sostanze alimentari, una leggina composta da 35 titoli che occupano solo sei pagine, ha prodotto più di 100 atti emanati dai diversi enti, per un totale di oltre 1800 pagine.

6.5. La Svezia ha adottato provvedimenti volti ad alleggerire il carico normativo che grava sulle PMI, esentandole in toto o parzialmente dall'obbligo di adempiere a certe normative o attenuando il grado di conformità richiesto. Misure analoghe sono state adottate negli Stati Uniti, dove si sono dimostrate un efficace incentivo all'attività imprenditoriale. Contrariamente all'opinione diffusa, la società statunitense è una società fortemente regolamentata, ma la Small Business Administration (SBA) è intervenuta per ridurre il carico normativo, particolarmente per le microimprese.

6.5.1. In Europa questo esempio potrebbe essere adottato su base più ampia. Chiaramente ci sono regolamenti che non ammettono esenzioni, ma molte delle disposizioni in vigore sono oltremodo severe per le microimprese e ne scoraggiano la costituzione; in tali casi sarebbe giustificabile un certo allentamento, senza con ciò minare i principi che sono alla base di tale legislazione.

7. Il codice di condotta del Comitato economico e sociale

7.1. La promozione della semplificazione ha ricevuto una forte spinta dall'iniziativa assunta dal CES in merito allo sviluppo e all'adozione di un Codice di condotta. Per sfruttare questo momento favorevole è essenziale che il Comitato acceleri il processo di applicazione del Codice.

7.2. Uno degli elementi chiave del suo Codice di condotta consisteva nel monitoraggio sistematico della valutazione dimpatto per ogni progetto legislativo, ma pochi, forse nessuno dei pareri emessi da allora si è occupato della questione.

7.3. Il Comitato ha concordato di richiamare l'attenzione delle istituzioni comunitarie sulla possibile necessità di indirizzare le norme comunitarie verso un approccio di tipo contrattuale, verso la coregolamentazione e l'autoregolamentazione. A questo scopo, l'Osservatorio del mercato unico del Comitato ha organizzato nel maggio 2001 un convegno cui hanno partecipato i rappresentanti di cinque Direzioni generali della Commissione europea e di altre istituzioni europee.

7.4. Il Comitato si è impegnato ad instaurare un dialogo con i protagonisti della vita socioeconomica europea, con il Comitato delle regioni e i consigli economici e sociali degli Stati membri onde contribuire al buon esito del processo di semplificazione. Tale dialogo non esiste ancora in forma strutturata. L'anno prossimo, l'Osservatorio del mercato unico intende comunque effettuare una serie di visite presso i consiglio economici e sociali per discutere la questione della semplificazione. Contatti preliminari sono stati avviati anche con il Comitato delle regioni.

7.5. Nel Codice di condotta si osservava che, pur appoggiando ampiamente le iniziative della Commissione a favore della semplificazione, il Comitato si era raramente fatto promotore della semplificazione o di alternative più semplici a quanto proposto dalla Commissione. Purtroppo la situazione non è cambiata.

7.6. È chiaro che il Comitato, così come la Commissione e le altre istituzioni e i governi degli Stati membri, devono intervenire più attivamente in questo campo.

8. Questioni normative

8.1. Il tema della semplificazione normativa è complesso quanto la natura del problema che si propone di affrontare e solleva una serie di questioni contrastanti.

8.2. La questione della legislazione quadro ne fornisce un esempio. È indubbio che non ci sia posto per una legislazione dettagliata ed eccessivamente prescrittiva in un mercato in rapida evoluzione, in cui il ritmo dei cambiamenti tecnologici minaccia di rendere obsoleta la legislazione ancor prima che entri in vigore. Di qui l'esigenza di costanti aggiornamenti e modifiche alle leggi, che crea un clima di incertezza giuridica e spesso si traduce in strumenti giuridici così complessi da risultare praticamente incomprensibili. In tale contesto, la legislazione dovrebbe essere formulata, nella misura del possibile, in termini generali, più adattabili ai nuovi sviluppi.

8.2.1. Tuttavia, il principio fondamentale della legislazione quadro, garantire cioè alle imprese libertà entro i limiti stabiliti, viene infranto se la legislazione quadro a livello europeo viene interpretata in modo diverso dalla legislazione nazionale, o se la legislazione quadro a livello nazionale viene integrata da disposizioni adottate dagli enti o a livello locale. Le normative quadro sono preferibili se garantiscono flessibilità necessaria per affrontare situazioni in rapida evoluzione e concedono alle aziende libertà dazione entro limiti prestabiliti, ma possono produrre effetti nefasti se spostano semplicemente il potere normativo dalla sfera politica a un livello più basso.

8.3. Un altro esempio è dato dalla questione della sussidiarietà: è generalmente accettato che il principio di sussidiarietà debba costituire il fondamento di qualsiasi impegno normativo. In base a tale principio, l'Unione europea non deve intervenire per disciplinare quanto può essere regolamentato a livello nazionale o risolto con metodi diversi da quelli di tipo normativo; lo stesso vale per i governi centrali degli Stati membri rispetto alle amministrazioni regionali o comunali.

8.3.1. In pratica, l'applicazione di tale principio è all'origine di notevoli difficoltà sia per le imprese che per le amministrazioni degli Stati membri. Laddove il principio di sussidiarietà impone l'adozione di legislazione a livello nazionale, si assiste spesso a differenze sostanziali nel modo in cui la legislazione viene impostata in ciascuno Stato membro. Ciò vale ancor più per i poteri normativi esercitati a livello locale. Di conseguenza, il principio di sussidiarietà può far sì che le aziende debbano far fronte a disposizioni giuridiche contrastanti su uno stesso argomento in Stati membri diversi e persino all'interno di uno stesso Stato membro. Sussidiarietà e diversità vanno di pari passo.

8.3.2. Si può obiettare che l'obbligo di uniformità nel mercato unico dovrebbe portare ad applicare il principio di sussidiarietà incrementando massicciamente la proporzione della legislazione adottata a livello europeo. Inoltre, tale legislazione andrebbe formulata in termini che non permettano alterazioni sostanziali nel processo di recepimento a livello nazionale o locale. Dopo tutto, non va dimenticato che una delle finalità intrinseche della legislazione comunitaria è quella di semplificare le cose armonizzando e unificando i quindici sistemi normativi degli Stati membri onde consentire l'efficace funzionamento del mercato interno.

8.4. La questione dell'applicazione costituisce un corollario di quanto sopra. Persino nei relativamente scarsi settori in cui vi è uniformità legislativa tra gli Stati membri si riscontrano spesso disparità diffuse nel livello di applicazione. Anche questo provoca distorsioni della concorrenza nel mercato unico.

8.5. Uno degli elementi chiave di una legislazione efficace è l'accessibilità. Le imprese e i destinatari della legislazione in generale devono conoscere gli obblighi che la legge impone loro; essi dovrebbero quindi avere accesso al corpus giuridico senza eccessive difficoltà e oneri finanziari. È deplorevole che l'acquis sia non soltanto di difficile comprensione ma anche relativamente inaccessibile. Si potrebbe affrontare il primo problema individuando un "acquis di base" comprendente gli elementi fondamentali di circa 1200 direttive e regolamenti emessi dal Consiglio e 2500 direttive e regolamenti connessi elaborati dalla Commissione. Sarebbe inoltre opportuno intraprendere un processo di codifica analogo a quello condotto in Svezia. Il secondo problema richiederebbe un riesame della Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, il cui attuale sistema di pubblicazione risulta inutilmente complesso e non consente una visione dinsieme. Questo lavoro andrebbe integrato rendendo disponibile la totalità dell'acquis su un apposito sito web, in cui si evidenzino le modifiche legislative mano a mano che vengono apportate.

8.6. Anche il principio di proporzionalità è di fondamentale importanza: nella sfera normativa, esso stabilisce che non si debbano imporre alle imprese oneri maggiori di quanto giustifichi l'interesse generale. Per qualsiasi nuova legislazione che si voglia introdurre a livello europeo, nazionale o locale si dovrebbe perciò prevedere l'obbligo di dimostrarne preliminarmente la necessità nell'interesse generale. Lo stesso principio andrebbe applicato alla revisione della legislazione esistente.

8.6.1. Occorrono normative pertinenti e prive di ambiguità. Purtroppo non è sempre così a livello europeo e tendenzialmente ancor meno ai livelli più bassi della gerarchia legislativa. Le disposizioni che vengono giudicate necessarie per risolvere un caso specifico vengono spesso "cucite sopra" regolamenti preesistenti non concepiti originariamente allo stesso scopo: insorgono dunque casi in cui non è chiaro, nemmeno agli esperti, se un certo tipo di situazione ricada nell'ambito di una parte di un regolamento o in un'altra, se non addirittura in tutt'altro regolamento o non sia prevista affatto. Siffatta mancanza di chiarezza va contro gli interessi di tutte le parti interessate, le aziende, il pubblico, le amministrazioni nazionali e le istituzioni europee.

8.7. Il Comitato ritiene necessario riesaminare urgentemente la legislazione esistente e definire gli orientamenti per l'introduzione della nuova legislazione. Si pone dunque l'interrogativo di come si debba procedere a un tale riesame e chi debba incaricarsene. L'esperienza svedese ha dimostrato che i risultati migliori si ottengono nelle condizioni seguenti:

- quando gli enti interessati partecipano al processo;

- quando la leadership del processo viene affidata al vertice della gerarchia politica;

- quando vi è un dialogo attivo tra enti e mercati; e

- quando siano stabiliti obiettivi ben precisi.

Tuttavia è forse poco realistico aspettarsi che siano i funzionari della pubblica amministrazione a mettere in moto il processo di sfrondamento e di razionalizzazione legislativa; se la loro partecipazione è essenziale, l'impulso deve tuttavia venire da un'altra fonte, una fonte che può essere soltanto politica, ma i leader politici sono gravati da molti altri impegni e responsabilità.

8.7.1. Nel precedente parere su questo argomento(4), il Comitato richiamava l'attenzione sulla necessità di una maggiore indipendenza delle valutazioni dimpatto e di un miglioramento qualitativo attraverso finanziamenti più adeguati, il ricorso al diritto di iniziativa, l'utilizzo di metodologie giuste e di una consultazione efficace dei protagonisti socioeconomici direttamente interessati. A parere del Comitato, la Commissione avrebbe potuto conseguire questo obiettivo affidando le valutazioni di impatto ad un organismo esterno dotato delle qualifiche e conforme ai criteri di indipendenza richiesti.

8.7.2. Secondo il Comitato detto organismo dovrebbe assumere carattere permanente a livello europeo e potrebbe anche essere incaricato di seguire il processo di riesame ai fini della semplificazione. Per assicurare un dialogo attivo tra enti e mercati, l'organismo incaricato del riesame dovrebbe essere composto da esponenti delle imprese oltre che da rappresentanti della Commissione, degli enti e da altri protagonisti della vita socioeconomica. Questa è una delle carenze dell'attuale processo: l'Unione europea è stata molto precisa circa la partecipazione di tutti gli enti nazionali in seno agli organi incaricati della redazione, ma i portavoce delle forze del mercato sono lungi dall'esservi rappresentati altrettanto bene. Le imprese sono gli "utenti" della legislazione ed è altrettanto essenziale per loro essere rappresentati direttamente in seno all'organismo incaricato del riesame di quanto lo sia per gli enti nazionali. Esse sono infatti nella posizione migliore per valutare l'impatto della legislazione sulle loro attività. L'ideale sarebbe avere organismi analoghi a livello nazionale che svolgano la stessa funzione rispetto alla massa, molto maggiore, della legislazione nazionale. Chiaramente sarebbero auspicabili contatti stretti tra l'organismo europeo e i suoi corrispettivi nazionali, i quali potrebbero in aggiunta svolgere la funzione di testare la compatibilità delle leggi nazionali con la legislazione comunitaria.

8.7.3. Inoltre, questo organismo potrebbe svolgere in toto o in parte le seguenti funzioni:

- individuare nella legislazione esistente gli elementi che possono essere inseriti nell'iniziativa SLIM;

- stabilire gli orientamenti per l'introduzione della nuova legislazione;

- stabilire gli obiettivi di snellimento legislativo;

- codificare l'acquis comunitario;

- formulare valutazioni di impatto;

- vigilare sul mercato;

- effettuare valutazioni ex-post sugli effetti degli strumenti legislativi nella pratica;

- subentrare agli European Business Panels;

- monitorare lo stato di avanzamento della Business Environment Simplification Task Force; e

- coordinare le varie iniziative di semplificazione esistenti (SLIM, BEST, test panel, valutazioni di impatto).

8.8. Si potrebbe facilitare di molto il compito di tale organismo e contribuire significativamente a lungo andare alla semplificazione della struttura normativa stabilendo che tutte le nuove regolamentazioni (comprese quelle esistenti che si deciderà di mantenere al termine del processo di riesame) abbiano una durata limitata nel tempo, scaduta la quale esse decadranno automaticamente in assenza di rinnovo (la cosiddetta "sunset legislation", ovvero legislazione a termine). Così facendo si sottoporrebbero tali normative a una revisione sistematica volta a riesaminarne la ragion dessere e a stabilire l'opportunità di mantenerle in vigore. Non tutti gli strumenti legislativi dovranno necessariamente avere la stessa durata; ad esempio alcuni potranno essere introdotti per un periodo di sette anni, mentre altri, data la loro natura, potranno avere vita più breve. Un processo analogo andrebbe instaurato a livello nazionale.

8.9. Occorre imprimere una forte accelerazione al processo di semplificazione per facilitare l'allargamento dell'Unione. La straordinaria complessità di gran parte della legislazione europea impone oneri superflui ai paesi candidati nei loro sforzi di recepimento dell'acquis. Inoltre, se non si corregge tale situazione prima dell'adesione, le imprese di questi paesi, PMI in testa, dovranno sostenere i superflui costi aggiuntivi di cui si devono far carico attualmente le loro omologhe degli Stati membri. Tali costi graveranno più pesantemente sulle imprese dei paesi candidati che su quelle degli Stati membri per il fatto che esse si trovano a operare in economie molto meno sviluppate.

8.10. La complessità della legislazione esistente solleva inoltre interrogativi sullo stato di diritto. Non essendo ammesso eccepire la non conoscenza della legge, molte piccole imprese corrono il rischio di infrangere la norma perché incapaci di stabilire la natura e la misura dei loro obblighi giuridici. La complessità della legislazione ha dato luogo a una situazione in cui l'interpretazione dei più arcani aspetti in questione è divenuta prerogativa esclusiva di pochi giuristi altamente specializzati i quali, essendo in pochi a disporre di tali competenze specifiche, chiedono parcelle esorbitanti che soltanto le organizzazioni più grandi possono permettersi.

8.11. La legislazione segue un'estesa gerarchia che si articola nel modo seguente:

>SPAZIO PER TABELLA>

Accanto a queste, vi sono regolamentazioni che emanano da organismi internazionali come l'OMC e l'OIL e da accordi internazionali, sia bilaterali che multilaterali.

8.11.1. In molti, se non in tutti, gli Stati membri il volume della regolamentazione aumenta mano a mano che si scende nella gerarchia normativa. Inoltre, ai livelli più bassi si riscontrano spesso una maggiore severità e una maggiore difformità nell'applicazione dei poteri normativi. Di conseguenza l'onere della legislazione, in particolare per le PMI, colpisce più severamente le imprese a livello comunale, locale e regionale ed è acuito dalle differenze tra le pratiche e usanze commerciali degli Stati membri in questo settore, le quali, pur non avendo forza di legge, in molti casi vengono tuttavia applicate in modo arbitrario.

8.11.2. L'impatto delle regolamentazioni aaccessorie non andrebbe valutato soltanto in termini di costi e oneri burocratici per le imprese, ma anche dal punto di vista della legittimità democratica. Disposizioni accessorie vengono spesso elaborate senza alcuna vera base giuridica. La cessione di poteri normativi ad enti privi di rilevanza da parte di parlamenti e governi delegittima il processo normativo e lo rende meno accettabile. Inoltre accade spesso che il processo legislativo accessorio manchi di trasparenza.

8.12. La complessità della legislazione europea è dovuta tra l'altro agli emendamenti sostanziali e talvolta contrastanti che vengono apportati alle proposte legislative in seno al Parlamento e al Consiglio nel tentativo di raggiungere un consenso. Pur non avendo alcuna soluzione da proporre in merito, il Comitato vorrebbe nondimeno evidenziare la correlazione tra consenso e complessità. Inoltre, vengono effettuate delle valutazioni dell'impatto in base alle proposte della Commissione, valutazioni che non sono necessariamente pertinenti per la legislazione che ne deriva, che può variare notevolmente dalla proposta originaria.

9. Il ruolo del Comitato economico e sociale

9.1. Nel precedente parere(5), il Comitato riconosceva l'importanza del proprio ruolo in quanto unica istanza rappresentativa dell'intero spettro degli "utenti" della regolamentazione, nella formulazione e nel monitoraggio di una nuova politica europea di semplificazione, ed esortava la Commissione a metterlo in condizione di esercitare più efficacemente tale ruolo:

- consultandolo, ogniqualvolta possibile, a monte della procedura, in modo da non compromettere seriamente il valore aggiunto apportato dai propri pareri in materia di semplificazione;

- in particolare, consultandolo ogni anno, in occasione della presentazione del programma indicativo annuale delle questioni che la Commissione intende sottoporgli, sulla preparazione della relazione per il Consiglio europeo di primavera sullo stato di avanzamento del processo di semplificazione;

- coinvolgendolo direttamente nelle discussioni sul miglioramento e il potenziamento della valutazione dimpatto.

9.1.1. Il Comitato ribadisce adesso tali richieste

9.1.1.1. Da parte sua, il Comitato si impegna ad adoprarsi più attivamente per l'attuazione delle disposizioni del proprio Codice di condotta.

10. Conclusione

10.1. Sono poche le idee nuove contenute nel presente parere. Il processo di semplificazione non ha bisogno di nuove idee; occorre invece applicare efficacemente quelle già esposte dal Comitato stesso, dalla Commissione, dal Consiglio europeo di Lisbona, dal rapporto Molitor e da numerosi altri organismi interessati. Pur riconoscendo che è spesso facile complicare le cose e complicato semplificarle, il Comitato fa notare che non ha senso parlare di impegni se non si è disposti a dar loro attuazione ed è altresì futile introdurre nuovi impegni quando non si fa fede a quelli già assunti.

Bruxelles, 29 novembre 2001.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale

Göke Frerichs

(1) GU C 14 del 16.1.2001, pag. 1.

(2) COM(2001) 130 def. del 7.3.2001.

(3) GU C 14 del 16.1.2001, pag. 1.

(4) GU C 14 del 16.1.2001, pag. 1.

(5) GU C 14 del 16.1.2001, pag. 1.