52001AE0706

Parere del Comitato economico e sociale in merito:alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio, controllo ed informazione sul traffico marittimo,alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione di un fondo di risarcimento per l'inquinamento da idrocarburi nelle acque europee e all'adozione di misure di accompagnamento, ealla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un'Agenzia europea per la sicurezza marittima

Gazzetta ufficiale n. C 221 del 07/08/2001 pag. 0054 - 0062


Parere del Comitato economico e sociale in merito:

- alla "Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio, controllo ed informazione sul traffico marittimo",

- alla "Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione di un fondo di risarcimento per l'inquinamento da idrocarburi nelle acque europee e all'adozione di misure di accompagnamento", e

- alla "Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un'Agenzia europea per la sicurezza marittima"

(2001/C 221/07)

Il Consiglio, in data 25 gennaio 2001, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 80, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale in merito alle proposte di cui sopra.

La Sezione "Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione", incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Retureau e della correlatrice Bredima-Savopoulou, in data 8 maggio 2001.

Il Comitato economico e sociale ha adottato il 30 maggio 2001, nel corso della 382a sessione plenaria, con 111 voti favorevoli e 3 astensioni, il seguente parere.

1. Introduzione

1.1. Continuando ad onorare l'impegno di presentare una serie di proposte legislative nel campo della sicurezza marittima, la Commissione propone tre nuovi testi del Consiglio e del Parlamento, in merito ai quali richiede il parere del Comitato.

1.2. Si tratta, secondo la formulazione della Commissione, di una "seconda serie di provvedimenti comunitari in tema di sicurezza marittima in seguito al naufragio della petroliera Erika", che per semplicità saranno designati "pacchetto Erika II" e comportano tre proposte, una direttiva e due regolamenti.

1.3. Le proposte erano già annunciate nel "pacchetto Erika I", sul quale il Comitato si è già pronunciato(1). In quell'occasione il Comitato ha formulato alcune osservazioni generali alle quali è opportuno richiamarsi, come premessa alle osservazioni più particolareggiate che faranno seguito all'analisi delle proposte presentate.

1.4. Il Comitato deplora il fatto che, riguardo alla modifica della direttiva destinata a rafforzare i controlli nei porti e compresa nel primo pacchetto, il Consiglio non abbia accolto fino in fondo le proposte della Commissione, che prevedevano in particolare un aumento significativo del numero di ispettori qualificati, come sottolineato dal Comitato. La posizione attuale del Consiglio potrebbe limitare considerevolmente il numero di navi a rischio ispezionate nei porti. Il Comitato se ne rammarica profondamente e auspica che tale posizione possa mutare, in modo da garantire il pieno rispetto degli obiettivi del memorandum di Parigi e del "targeting coefficient" proposto dalla Commissione.

1.5. Per quanto riguarda l'introduzione delle petroliere a doppio scafo, il Comitato aveva richiesto che, nella misura del possibile, si cercasse un accordo prima di tutto all'OMI. Ora prende atto con soddisfazione del fatto che è stata decisa, durante la sessione dell'OMI del 24-27 aprile 2001, una revisione dell'attuale calendario di ritiro dell'OMI in linea con la domanda congiunta degli Stati membri dell'Unione.

1.6. Tenuto conto dell'importanza del fattore umano per la sicurezza, il recepimento nell'ordinamento comunitario delle convenzioni marittime dell'OIL, mediante ratifica da parte degli Stati membri, e la prossima revisione dei testi relativi alla formazione degli equipaggi sono diventati bisogni urgenti. Gli Stati membri dovrebbero agire presso gli altri paesi aderenti all'OMI e all'OIL e la Comunità dovrebbe a sua volta contribuire a promuovere la ratifica universale delle convenzioni e dei protocolli più recenti, al fine di innalzare e unificare il livello generale di tutela della gente di mare e la loro formazione in materia di sicurezza. Dal canto suo, il Comitato elaborerà un parere d'iniziativa su questa materia che riguarderà tutti i modi di trasporto.

2. Le proposte legislative del pacchetto Erika II

2.1. La direttiva relativa all'istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio, controllo ed informazione sul traffico marittimo

2.1.1. Il rischio di incidenti legati alla concentrazione del traffico marittimo è particolarmente elevato negli stretti; più in generale, le conseguenze di alcuni incidenti possono risultare catastrofiche per l'economia e l'ambiente delle regioni rivierasche delle vie di navigazione europee. Occorre quindi sorvegliare e organizzare il traffico per ridurre al minimo i rischi: è questo l'oggetto della proposta di direttiva.

2.1.2. Secondo la Commissione la Direttiva vigente 93/75/CEE, che introduce obblighi di notifica a carico delle navi che trasportano merci pericolose o inquinanti, non è sufficiente in quanto non si applica alle navi che transitano semplicemente al largo delle coste europee. Di conseguenza la proposta di direttiva, per sorvegliare e controllare più efficacemente il traffico lungo le coste dell'Unione europea, prevede quanto segue:

a) obbligare le navi che transitano nelle acque comunitarie a dotarsi di un sistema di identificazione automatica ("transponders");

b) estendere gli obblighi di notifica già contemplati dalla Direttiva 93/75/CEE ad altre merci pericolose o inquinanti ed in particolare ai combustibili di stiva presenti a bordo;

c) fare un ricorso sistematico allo scambio per via elettronica nell'uso dei dati sui prodotti pericolosi o inquinanti trasportati dalle navi;

d) rendere obbligatorio equipaggiare le navi con la "scatola nera" o VDR (registratori dei dati di viaggio - Voyage Data Recorders);

e) accelerare lo sviluppo di banche dati comuni e l'interconnessione in rete dei centri, in modo da permettere una conoscenza più completa del traffico in transito nelle acque europee;

f) garantire un monitoraggio più accurato delle navi che presentano rischi particolarmente elevati per la sicurezza marittima e l'ambiente;

g) rafforzare i poteri di intervento degli Stati membri costieri in modo da limitare il rischio di incidenti gravi (cambiamento di rotta, pilotaggio o rimorchio);

h) designare porti di rifugio;

i) proibire alle navi di uscire dal porto in caso di condizioni meteorologiche eccezionali.

2.2. Il regolamento relativo all'istituzione di un fondo di risarcimento per l'inquinamento da idrocarburi nelle acque europee e all'adozione di misure di accompagnamento

2.2.1. Il regolamento proposto dalla Commissione per migliorare i regimi di responsabilità e di risarcimento in vigore intende completare l'attuale regime internazionale a doppio livello istituendo un fondo europeo integrativo, il fondo COPE, per risarcire le vittime delle fuoriuscite di petrolio che si verificassero nelle acque europee. Il fondo avrebbe un massimale pari ad un miliardo di euro e sarebbe finanziato, in proporzione ai quantitativi ricevuti, dai soggetti degli Stati membri costieri destinatari di oltre 150000 tonnellate all'anno di petrolio greggio o di olio combustibile. Il fondo sarebbe attivato soltanto quando si verificasse, nelle acque dell'UE, un incidente che superi o rischi di superare il massimale previsto dal Fondo IOPC.

2.2.2. La Commissione intende inoltre chiedere la revisione del regime internazionale di responsabilità e di risarcimento nel contesto dell'OMI, per colmarne le lacune apportando i seguenti emendamenti alla Convenzione del 1992 sulla responsabilità civile:

- la responsabilità del proprietario della nave dovrebbe essere illimitata se è provato che i danni causati dall'inquinamento sono riconducibili ad una sua colpa grave;

- dovrebbe essere abolito il divieto di presentare domande di risarcimento al noleggiatore, all'esercente o all'operatore della nave;

- sarebbe opportuno riesaminare il risarcimento per i danni causati all'ambiente ed estenderlo, sulla falsariga di regimi di risarcimento analoghi previsti dal diritto comunitario.

2.2.3. La Commissione propone di completare le norme in materia di responsabilità civile e di risarcimento includendo una disposizione relativa alle penalità finanziarie o alle sanzioni da imporre quando è provato che la persona che effettua il trasporto via mare di idrocarburi ha commesso una colpa grave.

2.2.4. Infine, nel caso in cui fallissero gli sforzi volti ad apportare i miglioramenti richiesti alle norme internazionali in materia di responsabilità e di risarcimento, la Commissione presenterà una proposta legislativa volta ad introdurre un regime comunitario di responsabilità e di risarcimento in caso d'inquinamento marittimo.

2.3. Il regolamento che istituisce un'Agenzia europea per la sicurezza marittima

2.3.1. La Commissione fa notare che il compito di garantire un'attuazione corretta e convergente della legislazione vigente in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento è complicato dalla diversità delle tradizioni amministrative degli Stati membri dell'UE. Quindi, anche per aiutare la Commissione a garantire un'applicazione efficace della legislazione comunitaria esistente, il progetto di regolamento in esame propone la creazione di un'Agenzia europea per la sicurezza marittima.

2.3.2. La Commissione ritiene che sarebbe poco realistico, o perlomeno prematuro, prevedere l'istituzione di una struttura operativa europea integrata, un guardacoste europeo, la cui azione si sostituirebbe a quella delle amministrazioni marittime nazionali. L'Agenzia dovrebbe invece sostenere l'azione degli Stati membri e della Commissione nell'attuazione della legislazione comunitaria vigente, sorvegliandone l'applicazione e valutandone l'efficacia.

2.3.3. L'Agenzia non avrà poteri decisionali. È agli Stati membri e soprattutto alla Commissione, nella sua veste di custode della legislazione comunitaria, che spetterà il compito di dare il seguito dovuto ai lavori e alle proposte eventuali dell'Agenzia.

2.3.4. L'Agenzia sarà dotata di personalità giuridica e dovrà essere ubicata in un luogo adeguato, che le permetta di stabilire rapporti di lavoro con le istituzioni europee interessate.

2.3.5. L'Agenzia sarà controllata da un consiglio d'amministrazione composto da quattro rappresentanti della Commissione, quattro rappresentanti del Consiglio, quattro rappresentanti nominati dal Parlamento europeo e quattro rappresentanti del settore, compresi gli utenti, nominati dalla Commissione. Il direttore esecutivo sarà nominato dal consiglio d'amministrazione su proposta della Commissione. La durata del mandato del direttore esecutivo e dei componenti il consiglio d'amministrazione sarà di cinque anni, rinnovabile una sola volta.

2.3.6. Per costituire il personale dell'Agenzia, un ristretto numero di persone sarà distaccato dalle istituzioni comunitarie in via temporanea. Gli altri membri del personale saranno reclutati in base all'esperienza e al merito mediante contratti temporanei rinnovabili.

2.3.7. Per garantire il conseguimento degli obiettivi fissati, l'Agenzia avrà per compito, tra l'altro, di prestare l'assistenza tecnica necessaria a preparare la revisione della legislazione comunitaria, rafforzare il regime di controllo da parte dello Stato di approdo ed eseguire le ispezioni delle società di classificazione. L'Agenzia può decidere di istituire centri regionali negli Stati membri che richiedano una sorveglianza più incisiva del traffico marittimo. Per assolvere i compiti che le sono affidati, l'Agenzia effettuerà visite negli Stati membri per verificare le modalità di applicazione della legislazione.

3. Osservazioni generali

3.1. Segnalazione delle navi

3.1.1. Il Comitato è favorevole all'istituzione di un sistema globale centralizzato di rendicontazione, vigilanza e controllo delle navi, che comprenda i servizi di assistenza al traffico marittimo (VTS) e quelli di ricerca e salvataggio.

3.1.2. Il Comitato rileva che le proposte specifiche vertono in gran parte sugli obblighi già imposti alle navi da diverse convenzioni dell'OMI. La Convenzione Unclos riconosce l'OMI come organizzazione competente per le questioni di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento inerenti al trasporto marittimo internazionale.

3.1.3. Il sistema di rendicontazione previsto interessa l'ambito molto ampio delle acque europee e comprende sistemi operativi obbligatori istituiti attraverso l'OMI. La Commissione propone che le navi in transito siano tenute a partecipare al sistema dell'OMI che copre le acque europee e gradualmente anche a nuovi sistemi. Per prima cosa, gli Stati membri e la Commissione dovrebbero adoperarsi per istituire il sistema proposto in sede OMI, com'è previsto dall'articolo 20 della proposta di direttiva, e applicarlo anche in via unilaterale se l'OMI non riuscirà ad istituirlo entro un termine ragionevole sul piano internazionale.

3.1.4. Il Comitato ricorda che, nel parere sul primo pacchetto "Erika"(2), ha appoggiato l'instaurazione di un regime dello Stato costiero volto ad identificare le zone e i porti di rifugio e ad accertare che questi siano attrezzati e capaci di gestire gli incidenti, cosa che permetterebbe alle autorità di prestare un'assistenza proattiva alle navi in difficoltà.

3.1.5. Data l'interazione tra navi e centri costieri, il Comitato ritiene che sia particolarmente importante che gli Stati membri adempiano in tempo utile agli obblighi cui sono soggetti ai sensi della direttiva.

3.2. Il fondo COPE

3.2.1. La responsabilità civile e i risarcimenti per i danni causati all'ambiente dalla fuoriuscita persistente di idrocarburi sono disciplinati dalle convenzioni del 1969 e del 1992 sulla responsabilità civile (Convenzione Responsabilità) e dalle convenzioni del 1971 e del 1992 sul Fondo internazionale di risarcimento per i danni provocati dall'inquinamento da idrocarburi (Fondo IOPC).

3.2.2. Queste convenzioni hanno istituito un sistema a due livelli di responsabilità, in quanto la responsabilità dell'armatore è disciplinata dalla Convenzione Responsabilità e quella del proprietario del carico dalla Convenzione Fondo. La Convenzione Responsabilità dispone la responsabilità oggettiva dell'armatore per i danni causati dall'inquinamento e lo obbliga ad assicurarla fino ad un certo massimale fissato dalla Convenzione stessa. Se le domande presentate in seguito ad un incidente fonte di inquinamento da idrocarburi superano il massimale, può essere ottenuto un risarcimento supplementare presso il Fondo IOPC, finanziato dagli importatori di idrocarburi.

3.2.2.1. Vi è un consenso generale sul fatto che il sistema tende a conseguire un equilibrio tra gli interessi delle vittime, che vogliono essere sicure di ricevere rapidamente un risarcimento adeguato, la capacità dell'armatore di sottoscrivere la copertura assicurativa necessaria e la necessità di coinvolgere il proprietario del carico nel rimborso dei danni causati dall'inquinamento.

3.2.3. Attualmente 57 paesi aderiscono alla Convenzione Responsabilità del 1992 e 55 paesi alla Convenzione Fondo del 1992, ma vi sono speranze di altre adesioni. È interessante sottolineare che tutti i paesi importanti in ambito marittimo, ad eccezione degli Stati Uniti e della Cina, hanno ratificato la Convenzione Fondo. Ciononostante, alcuni paesi hanno scelto di continuare ad aderire alla Convenzione Responsabilità originaria (1969). Quest'ultima, malgrado un regime di risarcimento più modesto rispetto al protocollo del 1992, prevede la responsabilità illimitata dell'armatore se l'incidente e l'inquinamento conseguono ad una colpa a lui imputabile. Il protocollo del 1992 (Convenzione Responsabilità 1992) rende praticamente impossibile l'applicazione della responsabilità illimitata, che pure esso prevede, subordinandola a condizioni eccezionalmente restrittive per un regime di responsabilità: deve trattarsi di una colpa molto grave, personalmente imputabile all'armatore e dolosa; deve essere provata l'effettiva volontà personale di provocare la catastrofe, cosa praticamente impossibile per le vittime.

3.2.4. A giudizio del Comitato, anche se andrebbe mantenuto un certo equilibrio tra le parti coinvolte, è ovvio che i risarcimenti previsti dal sistema attuale non corrispondono al vero importo dei danni diretti e indiretti causati dalla fuoriuscita di idrocarburi e che i massimali attuali sia per la Convenzione Responsabilità che per il Fondo IOPC vanno sensibilmente incrementati. L'incidente dell'Erika ha mostrato che i risarcimenti, che ancora non sono stati neppure versati, sono lontani dal coprire i danni reali. I soggetti che finanziano i due sistemi di risarcimento non hanno altra scelta, se vogliono mantenere il loro contributo ai fondi entro limiti ragionevoli, che praticare una politica più efficace possibile di sicurezza e di prevenzione degli incidenti.

3.2.5. Secondo il Comitato la creazione di un regime integrativo europeo ("terzo livello") destinato ad intervenire parallelamente e in modo complementare al regime internazionale sarà giustificata se il regime internazionale non riuscirà a fissare rapidamente nuovi massimali più adeguati. L'importo di un miliardo di euro è in qualche misura comparabile al massimale fissato nel sistema unilaterale di risarcimento degli Stati Uniti, pari a 1 miliardo di dollari.

3.2.5.1. Nel corso di una serie di pareri formulati in materia, il Comitato ha regolarmente sostenuto che, dato il carattere internazionale del trasporto marittimo, è preferibile adottare misure a livello internazionale. L'istituzione di un fondo di risarcimento integrativo europeo non deve servire da pretesto per astenersi dal migliorare i risarcimenti previsti dalle convenzioni esistenti e gli Stati membri dovrebbero dare la priorità ad una cooperazione finalizzata a questi indispensabili miglioramenti.

3.2.5.2. Un significativo miglioramento del regime internazionale ridurrebbe infatti in misura corrispondente le esigenze di finanziamento di un regime europeo complementare, nell'interesse di tutte le parti interessate, e ne sposterebbe il peso dai soli paesi europei alla totalità degli operatori dei paesi aderenti alle convenzioni.

3.2.6. La Commissione raccomanda di correggere anche le altre lacune del regime internazionale nel contesto dell'OMI. Il Comitato prende atto dei lavori in corso presso l'organizzazione, nell'ambito del Fondo IOPC, che ha creato un gruppo di lavoro allo scopo. I risultati delle sessioni di marzo e giugno 2001 del gruppo di lavoro saranno sottoposti all'assemblea in autunno. Il Comitato prende inoltre atto della decisione presa dall'OMI nel novembre 2000 di incrementare del 50 % i massimali fissati nella Convenzione Responsabilità e nella Convenzione Fondo, decisione che entrerà in vigore nel novembre 2003.

3.2.7. Nonostante quest'aumento, neanche i nuovi massimali basterebbero a coprire domande di risarcimento che, come nel caso dell'Erika, superassero in misura molto consistente il massimale attuale di 200 milioni di DSP. D'altra parte, gli incidenti del passato ci hanno insegnato che petroliere di tonnellaggio relativamente scarso possono essere all'origine di enormi fuoriuscite di petrolio. È stato il caso dell'Erika, nel quale l'importo massimo previsto dalla Convenzione Responsabilità in proporzione al tonnellaggio della nave era pari a 12 milioni di dollari USA, mentre il Fondo IOPC garantiva il risarcimento integrativo fino al massimale attuale di 200 milioni di DSP.

3.2.8. Alla luce delle considerazioni formulate, il Comitato ritiene che i colloqui in corso presso l'OMI dovrebbero considerare anche l'eventualità di ridistribuire i livelli di risarcimento fissati dalla Convenzione Responsabilità tra le varie categorie di natanti, ma senza turbare l'equilibrio complessivo tra natante e carico.

3.2.9. La Commissione propone di rivedere la Convenzione Responsabilità per abolire il massimale previsto per la responsabilità pecuniaria dell'armatore nel caso che venga provato che i danni da inquinamento dipendano da una sua grave colpa.

3.2.10. Il Comitato fa tuttavia osservare che la limitazione della responsabilità dell'armatore è il fondamento stesso della convenzione del 1992 sulla responsabilità civile. Tale limitazione dipende dalla responsabilità oggettiva dell'armatore e dalla stipula di un'assicurazione volta a coprire gli importi del caso presso i "Club P& I", gli assicuratori dei danni causati dall'inquinamento da idrocarburi. Il regime attuale comprende una disposizione che consente ai ricorrenti di intentare un'azione diretta contro i Club P& I per una risoluzione rapida della controversia, senza che occorra provare che vi sia stata colpa da parte dell'armatore, cosa che evita lunghi procedimenti e l'eventuale delusione delle vittime dell'inquinamento accidentale.

3.2.11. Alla luce delle riflessioni precedenti, il Comitato ritiene quindi che nell'ambito dell'OMI potrebbe essere mantenuto l'attuale regime di responsabilità degli armatori, che - come già indicato - sarà rivalutato del 50 % nel 2003. Tuttavia, secondo il Comitato, va preso in seria considerazione un regime imperniato sulla colpa, che preveda la responsabilità illimitata dell'armatore e, all'occorrenza, del proprietario del carico (che, così come l'armatore, dovrebbe essere tenuto a verificare la sicurezza di un carico potenzialmente inquinante) in caso di comportamento doloso o colposo, con l'obiettivo di adattare il regime vigente perché operi a vantaggio delle vittime dell'inquinamento, in ogni caso e senza ritardi.

3.2.12. Il Comitato ritiene quindi necessaria una riflessione più approfondita sulla proposta della Commissione in materia di responsabilità illimitata, per evitare che la sua attuazione ritardi i risarcimenti o comporti spese legali tali da togliere ogni interesse al procedimento o addirittura renderlo più sfavorevole all'attore rispetto al sistema attuale. Va ricordato che, per esempio, nel caso dell'inquinamento delle coste settentrionali della Bretagna ad opera della Torrey Canyon, gli ingenti risarcimenti ottenuti dalle vittime in realtà sono stati in gran parte assorbiti dalle spese sostenute in dieci anni di procedimenti, perizie e controperizie. Tuttavia, in caso di comportamento colposo o doloso, i tribunali competenti dovrebbero poter trarne le conseguenze penali appropriate, specialmente nel contesto della prevista attuazione di un diritto penale dell'ambiente.

3.2.13. Nel corso degli ultimi dieci anni, per i 360 incidenti subiti da petroliere i danni sono stati coperti dall'assicurazione degli armatori nella quasi totalità dei casi, mentre solo in cinque casi si è fatto ricorso al fondo integrativo e il caso di "Erika" è l'unico in cui gli importi erogati dal Fondo saranno, secondo le stime, molto inferiori ai danni che sono stati determinati mediante il sistema attuale di individuazione dei danni risarcibili, che il Comitato ritiene troppo restrittivo.

3.2.14. La Commissione propone di riesaminare e di estendere il risarcimento per i danni causati all'ambiente ispirandosi, nell'ambito della legislazione comunitaria, a regimi comparabili per il risarcimento di danni alla biodiversità.

3.2.15. Il Comitato ricorda che, nel parere sul "pacchetto Erika I", si è già pronunciato in favore dell'idea. Nel parere il Comitato "sollecita fortemente la Commissione e gli Stati membri ad affrontare tali questioni e a coordinare al tempo stesso i loro sforzi all'interno dell'IMO allo scopo di rafforzare gli standard di sicurezza marittima e di risarcimento per garantire un maggiore indennizzo alle vittime dell'inquinamento causato dalle navi, che dovrebbe anche includere i danni all'ambiente e alla biodiversità".

3.2.16. Per di più il recente naufragio della nave per il trasporto di prodotti chimici Ievoli Sun (il 31 ottobre 2000, al largo delle coste francesi) ha messo in luce il carattere molto insoddisfacente della disciplina giuridica della responsabilità e dei risarcimenti per le sostanze nocive e potenzialmente pericolose diverse dagli idrocarburi.

3.2.17. Il Comitato ricorda che ha già affrontato la questione nel parere "Erika I" e, di nuovo, invita espressamente gli Stati membri dell'UE a ratificare con la massima urgenza la convenzione dell'OMI sulle sostanze nocive e potenzialmente pericolose (HNS), in modo da accelerarne l'entrata in vigore sul piano internazionale.

3.2.18. Il fondo integrativo europeo sarebbe perciò destinato ad intervenire soltanto in casi che il Comitato auspica il più possibile rari. Tuttavia i danni risarcibili sono gli stessi di quelli definiti nel quadro delle convenzioni esistenti. Il Comitato ritiene però che andrebbero risarciti, oltre ai danni arrecati all'ambiente e alla biodiversità - compreso l'intero costo del ripristino e del risanamento dell'ambiente circostante e del salvataggio degli animali colpiti dall'inquinamento, i danni indiretti subiti dai privati, alcune perdite economiche subite dalle imprese - in particolare dalle PMI di diversi settori, soprattutto il turismo, il pregiudizio duraturo all'immagine di una regione costiera, che frena per molto tempo l'insediamento di nuove imprese e la frequentazione turistica.

3.2.19. Per agevolare l'accesso dei privati e delle PMI all'indennizzo, il Comitato ritiene che bisognerebbe prendere in considerazione, nel quadro dei sistemi giuridici nazionali e per quanto riguarda l'attuazione del COPE, la possibilità di riconoscere alle organizzazioni professionali e alle associazioni locali - comprese le associazioni ad hoc fondate in occasione di un sinistro - i cui soci siano direttamente colpiti e che possono dimostrare di avere una capacità giuridica o un mandato per agire in nome di gruppi di vittime, di intentare un'azione legale e di agire per i loro mandanti.

3.3. L'Agenzia europea per la sicurezza marittima

3.3.1. Il Comitato, pur essendo favorevole alla proposta di istituire un comitato per la sicurezza marittima che sostituirebbe i comitati esistenti, previsti dai regolamenti e dalle direttive del Consiglio in vigore in materia di sicurezza marittima, si chiede quale sia il legame tra questa proposta e quella di creare un'Agenzia europea per la sicurezza marittima.

3.3.2. Il Comitato ritiene che non ci dovrebbe essere sovrapposizione tra il ruolo e le competenze del comitato per la sicurezza marittima, un organo di regolazione, e l'Agenzia europea per la sicurezza marittima, un organo amministrativo.

3.3.3. Benché l'Agenzia europea per la sicurezza marittima, stando al suo statuto, non disponga di nessun potere legislativo o normativo, occorre definirne chiaramente il ruolo e le competenze per evitare ogni rischio di confusione o di sovrapposizione del suo lavoro con quello del comitato per la sicurezza marittima. Questa necessità si fa tanto più sentire dati gli importanti compiti assegnati all'Agenzia, cioè aiutare la Commissione ad aggiornare la legislazione comunitaria nel settore della sicurezza marittima.

4. Osservazioni specifiche

4.1. Osservazioni sul contenuto degli strumenti proposti

4.1.1. Il Comitato rileva che i pacchetti "Erika I" e "Erika II" sono costituiti essenzialmente da disposizioni di natura tecnica e finanziaria e che, nonostante le considerazioni sul ruolo essenziale del "fattore umano" nella prevenzione degli incidenti e nella gestione delle situazioni critiche, tra l'altro espresse dalla stessa Commissione e interamente condivise dal Comitato, tale dimensione fondamentale è assente dal secondo pacchetto.

4.1.1.1. Il "fattore umano" non è meno importante nella prevenzione degli incidenti e nella gestione delle crisi, in quanto gli sono attribuiti l'80 % degli incidenti marittimi. L'UE ha emanato diverse direttive tendenti a conseguire un alto livello di qualità per le ispezioni da parte dello Stato di approdo, le società di classificazione e gli equipaggi. La Direttiva 94/58/CEE(3), nella versione modificata dalla Direttiva 98/35/CE(4), stabilisce i requisiti minimi di formazione per la gente di mare mediante l'adozione della Convenzione STCW dell'OMI. La Direttiva 1999/63/CE(5) stabilisce norme europee sull'orario di lavoro della gente di mare sui natanti degli Stati membri, contribuendo così alla loro sicurezza. È completata dalla Direttiva 1999/95/CE(6) che estende l'applicazione delle disposizioni relative all'orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della Comunità. L'articolo 12 della Direttiva 95/21/CEE(7) sul controllo dello Stato di approdo presenta il profilo professionale degli ispettori. L'articolo 4, paragrafo 1, della Direttiva 94/57(8), in combinazione con il punto B 6 dell'allegato, assoggetta espressamente gli ispettori delle società di classificazione a valutazioni interne della qualità e ad un aggiornamento costante.

4.1.1.2. Senza sottovalutare le disposizioni di cui sopra, alcune delle quali dovrebbero essere emendate prossimamente, il Comitato ritiene comunque che, contemporaneamente alle disposizioni giuridiche e tecniche, si sarebbe dovuto pensare anche a nuove e concrete disposizioni riguardanti il numero, la formazione iniziale e permanente e le condizioni generali d'esercizio degli ispettori, dei controllori del traffico, dei soccorritori e degli equipaggi delle navi. Rileva inoltre con preoccupazione il numero crescente di casi di certificazione fraudolenta dei marinai, fatto che in ultima istanza ha ripercussioni sulla sicurezza, e l'incremento allarmante in alcune zone del globo degli attacchi alle imbarcazioni da parte di pirati, fenomeno che esige una reazione su scala internazionale. Il Comitato invita pertanto la Commissione a formulare proposte adeguate in un nuovo pacchetto "Erika III" relativo alla dimensione umana, al fine di consentire un approccio globale e integrato alla sicurezza marittima.

4.1.2. In stretta collaborazione con l'OMI, l'OIL svolge, e deve continuare a svolgere, un ruolo essenziale per quanto riguarda la formazione, le condizioni di vita e di lavoro e la sicurezza degli equipaggi. Per esempio, nel 1996 la sessione marittima della Conferenza dell'OIL ha adottato nuove convenzioni internazionali relative al lavoro della gente di mare, poiché l'applicazione delle convenzioni dell'OIL in campo marittimo è strettamente legata a quella delle convenzioni dell'OMI. Inoltre, il 26 gennaio 2001 a Ginevra, la 29a sessione della Commissione paritetica marittima dell'OIL ha adottato diverse risoluzioni pertinenti in materia di sicurezza e una dichiarazione in materia sociale che mette in evidenza la necessità di un approccio integrato che comprenda la dimensione umana. La Commissione e gli Stati membri hanno importanti responsabilità comuni per quanto riguarda la ratifica, l'effettiva attuazione e il monitoraggio delle convenzioni e delle raccomandazioni dell'OIL nel settore marittimo. Il Comitato osserva con rammarico che si tarda a dare attuazione a tali responsabilità comuni e invita la Commissione e gli Stati membri a rimediare al più presto al ritardo accumulato.

4.1.3. L'insufficiente assunzione di ispettori qualificati per il disbrigo dei compiti ispettivi da parte degli Stati di approdo è all'origine dell'annacquamento, da parte del Consiglio, delle proposte del pacchetto "Erika I", del quale sia la Commissione che il Comitato si sono espressamente rammaricati. Quando si parla di assunzione, formazione e condizioni di lavoro adeguate vanno presi in considerazione tutto il personale di sicurezza a terra nonché i piloti, i soccorritori in mare, gli specialisti della prevenzione e della lotta all'inquinamento, ecc.

4.1.4. Il Comitato ribadisce il suo timore(9) che la pressione economica esercitata su comandanti ed equipaggi che continuano a lavorare a bordo di navi non a norma possa avere un impatto sulla sicurezza delle navi. Bisogna perciò incoraggiare i membri dell'equipaggio a denunciare eventuali anomalie rilevate a bordo che possano provocare incidenti e in seguito offrire loro una tutela adeguata. A giudizio del Comitato, la dimensione umana della sicurezza deve assolutamente essere presa in considerazione se si vuole che le misure tecniche proposte siano applicate in modo efficace e in buone condizioni.

4.2. Direttiva relativa all'istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio, controllo ed informazione sul traffico marittimo

4.2.1. I dati riguardanti la capacità delle stive e quella dei serbatoi di carburante della nave dovrebbero essere inseriti nella banca dati Equasys. Per determinare la quantità e la natura dei prodotti potenzialmente inquinanti effettivamente trasportati da una nave, permettendo così di adottare misure idonee in caso d'incidente o per l'applicazione di alcune norme di navigazione, il Comitato ritiene che la dichiarazione dovrebbe vertere sulla natura del carico e del carburante della nave e sulle quantità rispettive.

4.2.2. Il Comitato osserva che il capitolo V della Convenzione internazionale sulla salvaguardia della vita umana in mare (Convenzione SOLAS) prevede disposizioni dettagliate sulle rotte di navigazione, sui sistemi di rendicontazione delle navi e sui servizi di assistenza al traffico marittimo, disposizioni completate da risoluzioni che descrivono in dettaglio i principi alla base di questi servizi, sistemi e modalità di funzionamento. Nel caso delle navi coperte dal regime SOLAS, quindi, il requisito di cui all'articolo 5 sembra essere superfluo, poiché l'obbligo per le navi di partecipare al sistema di rendicontazione adottato dall'OMI e di rispettare le procedure in vigore è già stabilito dalla Convenzione SOLAS.

4.2.3. Il Comitato è perfettamente consapevole dell'utilità dei sistemi di identificazione automatica (AIS) noti con il nome di "transponders". Tuttavia, per conservare una certa coerenza con i requisiti formulati a livello internazionale, l'articolo 7 dovrebbe esigere che le navi siano munite di AIS conformemente al calendario previsto nella regola V/19.2.4 della Convenzione SOLAS. Da parte loro, gli Stati membri dovrebbero munire le proprie coste, fin dal 1o luglio 2003, delle attrezzature di ricezione radiofonica necessarie all'utilizzo dei dati forniti dai "transponders".

4.2.4. L'articolo 8 andrebbe modificato in modo tale da richiedere che le navi siano munite di un registratore dei dati di viaggio (detto VDR o "scatola nera") nei casi previsti dalla regola V/20 della Convenzione SOLAS, che entrerà in vigore il 1o luglio 2002. L'OMI ha concluso che, in questa fase, non si può esigere dalle navi da carico esistenti che siano provviste di VDR. Utilizzando la procedura di cui all'articolo 23, sarà possibile in futuro armonizzare i requisiti per le navi da carico esistenti con quelli dell'OMI, riguardo al calendario e alla modifica delle regole (attrezzatura VDR più semplice).

4.2.5. Il Comitato auspica altresì che l'accordo definitivo per la realizzazione del sistema Galileo potrà diventare rapidamente operativo, in quanto tale sistema, una volta integrato nel sistema di sorveglianza della navigazione, permetterebbe di determinare con un'estrema precisione la posizione delle navi e contribuirebbe in modo significativo alla sicurezza, al monitoraggio della rotta delle navi, alla localizzazione degli inquinamenti accidentali e volontari.

4.2.6. L'articolo 13 è perfettamente chiaro nella misura in cui tende ad identificare le navi che presentano un rischio potenziale e a fare in modo che i dati necessari siano trasmessi alla controparte. Tuttavia le misure dettagliate di cui al paragrafo 3, che sembrano rientrare nelle competenze di controllo dello Stato di approdo, potrebbero suscitare una certa confusione.

4.2.7. Il Comitato è favorevole ad ogni iniziativa tendente a sensibilizzazione i marinai e gli Stati costieri sui pericoli della navigazione. Tutti gli obblighi di segnalazione degli incidenti in mare imposti dall'articolo 14 ai comandanti delle navi devono essere compatibili con il diritto internazionale in materia e, in linea di principio, con l'articolo 8 e l'allegato I della Convenzione Marpol e con la regola V/31 della Convenzione SOLAS. Tuttavia, la Convenzione dell'ONU sul diritto del mare del 1982, recentemente entrata in vigore, offre nuove possibilità d'intervento allo Stato costiero per proteggere le risorse economiche e la sicurezza delle acque e delle coste in tutta l'estensione della zona economica esclusiva, che può arrivare fino a 200 miglia marine dalla costa o perfino superarle se necessario, e queste nuove competenze non sono definite in modo restrittivo dalla Convenzione. Le informazioni pertinenti che il comandante deve comunicare nel caso in cui rilevi uno dei rischi di cui all'articolo 15 sono coerenti con la risoluzione A.851 (20) dell'OMI.

4.2.7.1. Il Comitato riconosce che, date le odierne condizioni del trasporto marittimo, il numero elevato di Stati di bandiera e di navi non a norma, la natura dei carichi, delle quantità trasportate e dell'intensità del traffico al largo delle coste europee, è ormai necessario ampliare sensibilmente i poteri dello Stato di approdo e degli Stati costieri, specialmente per supplire alle carenze di alcuni Stati lassisti la cui bandiera caratterizza tonnellaggi molto elevati, elaborando, sulla base giuridica della Convenzione dell'ONU, un diritto del mare più adeguato ai nostri tempi e ai grandi rischi che si corrono e di cui sono testimoni gli ultimi gravi incidenti. La società civile appoggia tali tendenze e chiede norme più rigorose e più efficaci in materia di sicurezza della navigazione e di prevenzione dell'inquinamento.

4.2.8. Tutte le navi possono incontrare condizioni meteorologiche eccezionalmente sfavorevoli in mare, ma lo stato generale della nave o la natura del carico devono incitare ad una maggiore prudenza. Secondo la regola V/34 della Convenzione SOLAS, il comandante è tenuto a garantire che il viaggio previsto sia programmato in modo da assicurare una navigazione sicura ed evitare situazioni di pericolo, tenendo conto anche di tutti i rischi noti per la navigazione e di eventuali condizioni meteorologiche sfavorevoli. Analogamente la compagnia o chiunque altro non dovranno impedire al comandante di fare uso del proprio discernimento professionale - né limitarlo - in materia di sicurezza della navigazione e di tutela dell'ambiente marino. Tuttavia, troppo spesso i comandanti sono costretti ad agire contro la propria volontà. Il Comitato capisce quindi la motivazione alla base della proposta dell'articolo 15 e l'ambizione di intervenire nei casi eccezionali in cui il comandante sembra mancare di prudenza nella conduzione della nave o dar prova di temerarietà scegliendo di prendere il mare in condizioni particolarmente cattive. Tuttavia, l'articolo non offre criteri oggettivi sufficientemente elaborati per aiutare le autorità portuali ad agire in modo coerente e uniforme. Secondo il Comitato, su questo punto l'articolo 15 dovrebbe essere più specifico, definendo chiaramente i principi generali. Allo stesso tempo, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero contribuire ad agevolare gli sviluppi pertinenti in sede OMI, mettendo a punto orientamenti dettagliati per l'applicazione pratica.

4.2.9. Il Comitato si compiace che sia stata riconosciuta la necessità di istituire un quadro giuridico per il trattamento delle navi in difficoltà. Concorda inoltre con la Commissione quando sostiene che, palesemente, il problema assume una doppia dimensione, comunitaria e internazionale, data la probabilità che le navi alle quali sia rifiutato l'accesso ad un porto o ad una zona, cercando un'altra zona di rifugio, facciano ricorso ai servizi di ricerca e salvataggio di altri paesi o si rendano responsabili di inquinamento della zona costiera di altri paesi.

4.2.10. Pur concordando con la proposta, il Comitato si rende conto della problematicità del concetto di "porto di rifugio" e della presenza di interessi in conflitto. Ritiene però che, nella maggior parte dei casi, le navi in difficoltà, per sventare o minimizzare le conseguenze dell'incidente, abbiano bisogno di acque protette ma non necessariamente della protezione di un vero e proprio porto. Pertanto, in determinate circostanze e a determinate condizioni da stabilire chiaramente nell'articolo 17, il Comitato propone di prendere in esame anche i concetti di "luogo di rifugio" o "acque protette", forse con le attrezzature necessarie in modo che, all'occorrenza, le navi in difficoltà possano essere indirizzate in tali luoghi invece che nei porti. Il Comitato è convinto che l'elemento di gran lunga più importante da considerare dovrebbe essere sempre la tutela della vita umana.

4.3. Regolamento relativo all'istituzione di un fondo di risarcimento per l'inquinamento da idrocarburi nelle acque europee e all'adozione di misure di accompagnamento

4.3.1. Articolo 10 - Sanzioni

4.3.1.1. Ai sensi dell'articolo 10, gli Stati membri istituiscono sanzioni pecuniarie da imporre nei confronti di qualsiasi soggetto che risulti, a seguito di sentenza, aver contribuito con i suoi atti od omissioni caratterizzati da dolo o colpa grave ad un incidente che ha provocato o rischia di provocare un inquinamento da idrocarburi. Tali sanzioni, di natura penale, secondo il paragrafo 3 non sono assicurabili. Inoltre saranno applicate a tutte le navi e non soltanto alle petroliere, alle quali si applica il resto della direttiva.

4.3.1.2. Il Comitato fa osservare che, ai sensi dell'articolo in esame, la legislazione penale dovrà essere adottata dagli Stati membri e non dall'UE. Comunque sia, il Comitato si chiede se l'adozione di legislazione di natura penale sia compatibile con la legislazione comunitaria nello stadio di sviluppo attuale. Inoltre, la legislazione di diversi Stati membri prevede già sanzioni penali a carattere pecuniario in caso d'inquinamento marino. La Commissione è invitata a stilare l'inventario di tutte le legislazioni nazionali pertinenti prima di procedere all'adozione dell'articolo 10. Inoltre la terminologia "atti od omissioni caratterizzati da (...) colpa grave" potrebbe non essere abbastanza precisa per essere inserita nel dispositivo giuridico comunitario e potrebbe arrecare danno a regimi giuridici già affermati e funzionali. In attesa di sviluppi inerenti alla comunitarizzazione del terzo pilastro, dovrebbe essere salvaguardato il principio secondo il quale reati di questo tipo non devono rimanere impuniti ai sensi della normativa degli Stati membri.

4.4. Regolamento che istituisce un'Agenzia europea per la sicurezza marittima

4.4.1. Il Comitato osserva che non è soltanto nel settore della sicurezza marittima e della prevenzione dell'inquinamento dei mari che gli Stati membri dispongono di strutture e tradizioni amministrative diverse. A suo parere, la legislazione vigente potrebbe essere applicata in modo corretto e convergente grazie ad un certo numero di elementi importanti e ben noti, in particolare politiche chiare, impegni fermi e risorse adeguate. Fondamentalmente, il regolamento proposto non cerca di rimediare alle divergenze sul piano applicativo e neanche di creare un modello amministrativo per rimettere ordine. Punta piuttosto ad istituire un'entità amministrativa incaricata di controllare e di sorvegliare i poteri e le prerogative delle amministrazioni nazionali.

4.4.2. Il Comitato è dell'idea che l'obiettivo perseguito possa essere meglio realizzato mediante una rappresentanza più ampia ed equilibrata delle parti interessate, compresi gli utenti, e delle categorie professionali all'interno del consiglio d'amministrazione. Ritiene inoltre che sarebbe prudente fare in modo che una parte significativa del personale dell'Agenzia sia distaccata dalle amministrazioni nazionali, per ovvi motivi. Gli esperti nazionali, in veste di agenti temporanei, possono facilitare l'instaurazione dell'indispensabile legame tra l'Agenzia e le amministrazioni nazionali e familiarizzarsi con le politiche comunitarie, con enorme beneficio per le rispettive amministrazioni una volta che il loro contratto sia giunto a scadenza.

4.4.3. Il Comitato ha preso atto dell'entità dei compiti affidati all'Agenzia, come di tutti gli altri compiti affidati alla Commissione dalla legislazione comunitaria sulla sicurezza marittima, in particolare dalla legislazione sugli equipaggi delle navi. Se alcuni di questi compiti sembrano rivestire un carattere puramente amministrativo, altri potrebbero essere fonte di una certa confusione o di sovrapposizione con il lavoro che, secondo la legislazione comunitaria, deve essere svolto da altri organi, ossia il Comitato per la sicurezza marittima e il comitato istituito ai sensi della Direttiva 94/57/CE modificata.

4.4.4. Il potere attribuito all'Agenzia di effettuare visite negli Stati membri e di esaminare tutte le pratiche, i dati, i resoconti, di farne copie, chiedere spiegazioni verbali a qualsiasi membro del personale e di accedere a qualsiasi locale, terreno o mezzo di trasporto può parere eccessivo ed esorbitante rispetto all'obiettivo perseguito dal regolamento. Sono necessari, e vanno instaurati e sviluppati, un rapporto di lavoro corretto ed efficace e una piena cooperazione tra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie, che potrebbero essere condizionati se non vi fosse equilibrio nello statuto, nelle competenze e nelle prerogative dei rispettivi soggetti.

5. Conclusioni

5.1.1. Con riserva delle osservazioni e delle proposte formulate, il Comitato ritiene in linea generale che il pacchetto "Erika II" avanzi nella giusta direzione per creare condizioni di navigazione sicure, prevenire i casi di inquinamento accidentale e, in caso d'incidente, garantire una compensazione equa e sufficiente per tutti i danni arrecati ai privati e all'ambiente.

5.1.2. Resta però molta strada da fare per perfezionare e completare le proposte legislative in materia di sicurezza marittima, tenendo sempre presente il carattere internazionale del trasporto marittimo, le competenze e il ruolo delle istituzioni regolative e normative esistenti, in particolare dell'OMI, dell'OIL e delle rispettive convenzioni e raccomandazioni, più in generale l'intero sistema delle convenzioni internazionali disciplinato dalla Convenzione dell'ONU sul diritto del mare (Convenzione di Montego Bay, cui aderisce la stessa Comunità), che definisce i diritti e doveri degli Stati di bandiera, costieri e di approdo. Sono tutte istituzioni e convenzioni che svolgono un ruolo essenziale e che vanno rafforzate.

5.1.3. È ancora più importante creare le condizioni per un'effettiva attuazione del diritto marittimo europeo e internazionale. Ciò presuppone un impegno politico a lungo termine, maggiori mezzi materiali, una cooperazione sincera ed efficace tra la Commissione e l'Agenzia, le commissioni marittime e le autorità competenti degli Stati membri. Presuppone inoltre di prendere in considerazione il fattore umano, secondo il Comitato il fattore più importante per la sicurezza dei trasporti marittimi, un settore d'attività strategico per il commercio interno ed estero dell'Unione.

Bruxelles, 30 maggio 2001.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale

Göke Frerichs

(1) GU C 14 del 16.1.2001, pag. 22.

(2) GU C 14 del 16.1.2001, pag. 22.

(3) GU L 319 del 12.12.1994, pagg. 28-58, parere CES nella GU C 34 del 2.2.1994, pag. 10.

(4) GU L 172 del 17.6.1998, pagg. 1-26, parere CES nella GU C 206 del 7.7.1997, pag. 29.

(5) GU L 167 del 2.7.1999, pagg. 33-37.

(6) GU L 14 del 20.1.2000, pag. 29, parere CES nella GU C 138 del 18.5.1999, pag. 33.

(7) GU L 157 del 7.7.1995, pagg. 1-19.

(8) GU L 319 del 12.12.1994, pagg. 20-27, parere CES nella GU C 34 del 2.2.1994, pag. 14.

(9) "Erika I", GU C 14 del 16.1.2001, pag. 22.