52000AC0803

Parere del Comitato economico e sociale in merito al «Libro bianco sulla responsabilità per danni all'ambiente»

Gazzetta ufficiale n. C 268 del 19/09/2000 pag. 0019 - 0023


Parere del Comitato economico e sociale in merito al "Libro bianco sulla responsabilità per danni all'ambiente"

(2000/C 268/07)

La Commissione, in data 18 febbraio 2000, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale in merito al "Libro bianco sulla responsabilità per danni all'ambiente"

La Sezione "Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente", incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo della relatrice Sánchez Miguel in data 21 giugno 2000.

Il Comitato economico e sociale ha adottato il 12 luglio 2000, nel corso della 374a sessione plenaria, con 87 voti favorevoli, 7 contrari e 19 astensioni, il seguente parere:

1. Introduzione

1.1. A distanza di sette anni dal Libro verde sul risarcimento dei danni all'ambiente(1), la Commissione pubblica un Libro bianco per definire la struttura di un futuro regime comunitario di responsabilità per danni ambientali, descrivendo i principali elementi atti a garantirne efficacia e funzionalità.

1.2. In questi ultimi anni è stata dimostrata la necessità non solo di prevenire i danni che l'operato umano arreca all'ambiente, ma anche di mettere in pratica un altro principio fondamentale, ribadito in tutta la normativa comunitaria, il principio secondo cui "chi inquina paga", che con alterna fortuna sta cominciando ad essere accettato da tutti gli interlocutori sociali.

1.3. I gravi episodi registrati di recente ("Doñana", "Erika", "Baia Mare", ecc.) mettono in luce la necessità di andare oltre le legislazioni nazionali in materia di responsabilità per danni ambientali, che non offrono gli strumenti adatti ad intervenire quando più paesi sono colpiti. A parte le forti differenze che si rilevano tra le varie legislazioni nazionali, in taluni paesi non esiste neppure una normativa in materia, circostanza che rende difficile l'identificazione di una soluzione adeguata ai problemi ambientali.

1.4. Occorrerebbe inoltre far fronte a sviluppi che reclamano la previsione dei possibili effetti, quali l'uso massiccio di OGM che suscita attualmente correnti di opinione sfavorevoli nella società civile, contraria alla loro utilizzazione. Il principio della precauzione va applicato appieno a tali organismi. L'UE dispone attualmente di una normativa(2) in corso di revisione. In taluni Stati membri esistono correnti di opinione che chiedono la moratoria dell'uso degli OGM fino a che la loro innocuità per la salute umana e per l'ambiente non sia stata scientificamente provata.

2. Elementi essenziali del Libro bianco

2.1. Il Libro bianco esamina varie possibilità di configurare un regime di responsabilità per danni all'ambiente su scala comunitaria atto a migliorare l'applicazione dei principi sanciti, in materia ambientale, dall'art. 174, par. 2 del Trattato CE (principio della precauzione, dell'azione preventiva e soprattutto "chi inquina paga"), nonché del diritto ambientale comunitario. Quanto all'attuazione dei principi già menzionati, tale regime intende costituire uno strumento efficace di prevenzione che integri, al tempo stesso, l'applicazione del resto delle norme ambientali vigenti nell'Unione europea. Il principale obiettivo perseguito rimane comunque il ripristino dei danni all'ambiente attraverso l'applicazione del principio "chi inquina paga" onde evitare che i costi di ripristino ricadano direttamente sulla società.

2.2. Il Libro bianco descrive le principali connotazioni di un possibile regime comunitario:

- nessuna retroattività;

- copertura sia dei danni tradizionali (lesioni alle persone e danni alle cose) che di quelli all'ambiente (contaminazione del sito e danni alla biodiversità; relativamente a questi ultimi, si tratta unicamente della biodiversità protetta nel quadro della rete Natura 2000 in base alle direttive sulla conservazione degli habitat e degli uccelli selvatici. Non può quindi trattarsi solo di danni all'habitat, ma anche alla flora ed alla fauna, ad esempio agli uccelli migratori);

- campo di applicazione ("attività regolamentate") circoscritto e connesso alla legislazione comunitaria per l'ambiente; copertura della contaminazione di siti e del danno tradizionale soltanto se causati da attività pericolose o potenzialmente pericolose regolamentate su scala comunitaria (dette attività vengono definite in un vasto numero di direttive, ad es. quelle che fissano i limiti per le emissioni di sostanze gassose nell'aria o nell'acqua, le direttive IPPC e Seveso II, la normativa sull'eliminazione dei residui, sugli OGM ecc.);

- responsabilità oggettiva (nel qual caso non occorre provare la colpa dell'agente ma solo il rapporto tra l'atto ed il danno) per il danno causato da attività pericolose e responsabilità per colpa per il danno alla biodiversità provocato da un'attività non pericolosa (unicamente danni alla rete Natura 2000);

- indicazione di circostanze attenuanti ed esimenti che riducano o eliminino il grado di responsabilità;

- responsabilità che fa perno sull'operatore che ha il controllo sull'attività all'origine del danno; nel caso di una società dotata di personalità giuridica, la responsabilità incombe alla persona giuridica e non alla direzione della società, né ai dipendenti;

- criteri di valutazione dei diversi tipi di danno;

- obbligo di destinare l'importo del risarcimento pagato dall'autore del danno al ripristino dell'ambiente;

- proposte relative all'accesso alla giustizia (in materia di legittimazione attiva ("ius standi") per avviare una causa per responsabilità); il Libro bianco attribuisce priorità allo Stato rispetto alle organizzazioni ed associazioni ambientali, le quali potranno intervenire in primis solo in casi di urgenza.

2.3. Il Libro bianco esamina le diverse opzioni di intervento comunitario per giungere alla conclusione che quella più adeguata consiste nell'adozione di una direttiva quadro comunitaria. Gli elementi di tale direttiva dovranno essere definiti più in là, alla luce dei risultati delle consultazioni cui la Commissione sta procedendo.

3. Osservazioni generali

3.1. Il Comitato accoglie con favore il Libro bianco e sollecita la Commissione a far sì che si traduca in una proposta legislativa capace, unitamente agli altri strumenti comunitari a disposizione, di frenare il degrado ambientale del territorio dell'Unione.

3.2. Sulla scia dei pareri precedenti(3), il Comitato approva lo strumento legislativo proposto (direttiva quadro) che ritiene atto a consentire un'applicazione chiara del principio di sussidiarietà, ad armonizzare le linee generali e permettere agli Stati membri di elaborare le norme più necessarie.

3.2.1. La direttiva quadro presupporrebbe l'integrazione in un unico testo delle norme attualmente in vigore, ma di difficile attuazione perché disperse; annullerebbe norme obsolete mantenendo concetti scientifici di comprovato valore e, soprattutto, fornirebbe le informazioni necessarie alle parti interessate facilitando così il rispetto delle disposizioni.

3.3. Il Comitato si compiace del carattere non retroattivo del regime proposto. Precisa che tale principio non vale comunque per le attività inquinanti che abbiano avuto inizio prima dell'entrata in vigore del regime comunitario ma che perdurino successivamente. In tal caso vi è responsabilità dell'inquinatore. Bisognerebbe inoltre tener conto del rispetto delle norme ambientali durante detto periodo.

3.4. Per quel che attiene alla copertura dei danni proposta nel Libro bianco, il Comitato evidenzia la grande importanza di un sistema di responsabilità esteso, che copra non solo i danni tradizionali, ma anche quelli all'ambiente. È vero che esistono attualmente nell'UE regimi di responsabilità per inosservanza della legislazione ambientale, con carattere circoscritto a sanzioni pecuniarie, e che gli Stati membri possono ampliare il contenuto della sanzione, ma questo tipo di sanzione ha come unico effetto la copertura di parte dei danni causati e non dà luogo ad un ripristino completo del sito degradato.

3.5. Il riconoscimento di circostanze attenuanti ed esimenti non deve attenuare gli effetti positivi dell'avvio di un'azione per responsabilità ambientale. Le attenuanti vanno modulate in funzione del maggior o minor grado di osservanza della legislazione ambientale; il rispetto di ordini tassativi dell'autorità pubblica competente potrà costituire un'eccezione.

3.6. Il regime proposto può avere effetti preventivi dato che sarà necessario reperire ed aumentare i mezzi per garantire un intervento più rigoroso a livello ambientale. In tal senso è opportuno prevedere misure che consentano alle PMI di adeguare il loro sistema produttivo alle necessità ambientali attraverso procedure semplificate che tengano conto del numero di PMI interessate per il fatto di svolgere attività considerate pericolose. Potrebbero inoltre stanziarsi fondi per dotarle di mezzi sufficienti e facilitarne l'adeguamento alle nuove esigenze, specie relativamente al costo dell'assicurazione.

3.7. Per ottemperare al principio di equità occorre delimitare i criteri ed il metodo di calcolo del danno all'ambiente. Attualmente si applicano regimi regionali fondati su criteri di valutazione quali il valore delle risorse naturali o il valore dei costi di ripristino dei danni arrecati. L'esistenza di diversi criteri di calcolo consente di adeguare questi ultimi alle caratteristiche dei danni prodotti, tenendo conto delle circostanze che intervengono nell'evento causante. Occorre in ogni caso definire dei criteri che garantiscano il principio di equità nel ripristino del danno.

3.7.1. Per la definizione dei criteri di valutazione potrebbe risultare utile il ricorso a banche dati sui "trasferimenti di benefici", sul genere dell'inventario EVRI (Environmental Valuation Resource Inventory) che raccoglie prezioso materiale di valutazione.

3.7.2. Tra i criteri per il calcolo del risarcimento che l'inquinatore deve pagare occorre includere, tra l'altro, il rispetto o l'inosservanza della legislazione ambientale, l'esistenza di autorizzazioni amministrative per l'esercizio di un'attività, il concorso di più responsabili e le attenuanti suscettibili di modulare la somma di responsabilità.

3.8. Per mantenere la competitività della nostra economia, occorre che l'introduzione della responsabilità per danni ambientali non abbia ripercussioni negative. Anche se oggi la Commissione non dispone di dati certi sugli effetti della competitività esterna, le prospettive sono ottimistiche dato che la maggior parte dei paesi OCSE dispone di regolamentazioni di questo tipo(4) e che quindi l'incidenza si minimizza con il generalizzarsi non solo dei sistemi di responsabilità ma anche delle garanzie fissate per il loro rispetto.

3.8.1. D'altro canto il Comitato ritiene che nel quadro degli accordi internazionali in materia (ad esempio, la Convenzione di Lugano), l'UE debba proporre che le norme di responsabilità per danni all'ambiente siano omologabili in tutti i paesi, specie all'interno dell'OMC, in modo da evitare distorsioni della concorrenza.

3.9. Occorre inoltre tener conto del prossimo ampliamento dell'Unione, visto che le politiche ambientali dei paesi candidati differiscono da quelle comunitarie. Il recepimento dell'acquis comunitario nei paesi candidati deve essere accompagnato da una vasta campagna di informazione e consulenza per gli interlocutori interessati e dal sostegno economico (attraverso i fondi di preadesione), necessario per la sua realizzazione durante un periodo debitamente stabilito.

4. Osservazioni particolari

4.1. Per quanto riguarda la proposta di responsabilità ambientale per danni causati alla biodiversità il Comitato ritiene opportuno precisare alcuni aspetti suscettibili di miglioramento nella futura direttiva quadro.

4.1.1. La rete Natura 2000 costituirà il limite dell'applicazione dei danni alla biodiversità. È quindi fondamentale che la Commissione possa adottare quanto prima l'elenco dei luoghi di importanza comunitaria. Il Comitato sollecita pertanto gli Stati membri a conformarsi alla Direttiva 92/43/CEE ed a presentare elenchi nazionali che soddisfino realmente alle disposizioni di quest'ultima.

4.1.2. La fissazione di una soglia minima a partire dalla quale scatta il regime è indispensabile ai fini della certezza giuridica. Giova tuttavia osservare che non sempre è possibile la quantificazione iniziale del danno e che non si può avere una visione puramente economicistica in sede di fissazione della soglia minima; la qualifica di "danno significativo" deve essere connessa al danno alla biodiversità ed all'inquinamento del sito. In tal senso, il Comitato ritiene necessario che nello strumento legislativo si elucidino i concetti di "soglia minima" e "danno significativo" onde far sì che la loro applicazione non produca discordanze nell'esercizio dell'azione per responsabilità.

4.1.3. Un punto particolarmente delicato sarà costituito dalla concretizzazione delle disposizioni della direttiva quadro per quanto riguarda gli OGM. In effetti, la normativa per la valutazione dei rischi e le autorizzazioni (90/220) è in corso di revisione ed attualmente in procedura di conciliazione tra PE e Consiglio: uno dei punti controversi è stata la questione della responsabilità e la Commissione si è impegnata, con una dichiarazione della Commissaria Wallström, a regolarla a livello orizzontale nell'ambito della direttiva quadro entro la fine del 2001. Va ricordato altresì che i prodotti contenenti OGM sono già coperti dalla direttiva sulla responsabilità per danni da prodotti difettosi(5) (danni alle persone e alle cose) recentemente estesa a coprire i prodotti agricoli non trasformati. A giusto titolo il Libro bianco richiama questo nesso al punto 4.5.4, indicando che la direttiva sulla responsabilità per danno da prodotto prevale quando è chiesto un risarcimento per danno tradizionale. Nel caso del danno all'ambiente e alla biodiversità il regime di responsabilità va precisato con urgenza, come dimostrano i recenti casi di agricoltori che si sono ritrovati ad utilizzare sementi geneticamente modificate senza esserne al corrente.

4.2. L'inclusione di due tipi di azione per responsabilità comporta un diverso funzionamento dell'onere della prova. Nell'azione per responsabilità oggettiva [danni causati da un'attività pericolosa regolamentata dalla legislazione comunitaria in vigore(6)], l'attore deve solo provare il nesso tra i danni e l'autore degli stessi, mentre nell'azione per responsabilità per colpa (dolo) occorre anche provare l'intenzionalità dell'autore. Il Comitato ritiene che in questo caso la proposta della Commissione vada sostenuta e l'accoglie quindi con favore.

4.3. La definizione di circostanze attenuanti ed esimenti può incidere sull'azione per responsabilità, come già osservato al punto 3.5. Il Comitato ritiene che le uniche eccezioni da considerare siano la forza maggiore e l'ordine tassativo di un'autorità pubblica. Le altre cause possono essere considerate attenuanti. In molti casi, la concorrenza tra imprenditori e pubblica amministrazione competente può dare adito ad una responsabilità in solido per danni ambientali.

4.4. Una questione di grande rilievo che non viene sviluppata nel Libro bianco è quella dell'informazione. Per essere efficace un sistema quale quello proposto non può prescindere dal coinvolgimento di associazioni ed organizzazioni socioeconomiche e ONG interessate alla tutela ambientale. Esso deve dotarsi quindi di una rete che canalizzi, dall'amministrazione ai cittadini, tutte le misure realizzabili per evitare i danni.

4.4.1. Potrebbe realizzarsi una rete tematica come quella esistente nel quadro dell'intervento comunitario in materia di inquinamento marino accidentale.

4.4.2. Si potrebbe attuare la Convenzione di Århus delle Nazioni Unite(7).

4.4.3. Si potrebbe utilizzare la rete IMPEL.

4.5. Secondo il Libro bianco la legittimazione attiva, ovvero la capacità di agire in qualità di attore, incombe in primis allo Stato, ovvero a qualsiasi autorità amministrativa competente, ed a titolo sussidiario alle organizzazioni ambientaliste ed alle persone interessate. Il Comitato ritiene questo sistema necessario per ovviare a eventuali ritardi o omissioni da parte delle autorità.

4.5.1. Molto positiva appare la possibilità di esigere nell'azione per responsabilità misure urgenti di cessazione dell'attività dell'autore del danno, onde prevenire danni maggiori, sotto forma di misure cautelari.

4.6. Tema di vitale importanza per l'efficacia dell'azione proposta è la stipulazione di un'assicurazione obbligatoria per tutte le attività pericolose a livello ambientale. L'applicazione della Direttiva 85/374/CEE ha dimostrato di non incidere eccessivamente sui costi economici delle imprese. Essa è stata persino estesa a taluni settori del terziario (specie le professioni mediche) per la tranquillità che infonde nelle persone con questo tipo di responsabilità. Il Comitato ritiene che prevedendo un'assicurazione obbligatoria si ponga questo tipo di responsabilità allo stesso livello di altre già regolamentate dall'UE (cfr. ad esempio l'assicurazione obbligatoria per le automobili e quella per danni arrecati alla salute da prodotti difettosi). Il Comitato ritiene opportuno che le imprese possano ricorrere ad altre misure complementari quali accantonamenti, lettere di patrocinio in materia di garanzie, altre forme di assicurazioni, ecc., scelte su base volontaria.

5. Conclusioni

5.1. Il Comitato riconosce l'importanza di un'azione di responsabilità civile. Ritiene comunque che molti aspetti necessitino una definizione chiara onde consentire un'agevole applicazione di questo strumento in tutti i paesi dell'Unione. A questo fine raccomanda:

5.1.1. l'elaborazione di un elenco di testi giuridici comunitari relativi alle norme in materia di responsabilità.

5.1.2. La definizione dei concetti di attività pericolosa, danno alla biodiversità, identificazione delle zone protette, criteri per il calcolo dei danni, ecc., nonché tutti di termini che possano incidere sul campo d'applicazione della direttiva quadro.

5.1.3. I due regimi di responsabilità proposti (responsabilità oggettiva per attività pericolose e responsabilità colposa per attività non pericolose) devono essere nettamente delimitati in modo da non ostacolarne l'applicazione. Sarebbe opportuno specificare in un allegato le norme comunitarie che disciplinano le attività pericolose e quelle che delimitano il regime di responsabilità per le attività non pericolose.

5.2. Il Comitato ritiene che, relativamente all'azione per responsabilità ambientale, la direttiva quadro sia lo strumento giuridico che meglio risponda alle diverse situazioni esistenti all'interno dell'UE. È tuttavia necessario che l'armonizzazione non crei differenze suscettibili di incidere sulla competitività. Tale rischio va tenuto in debito conto per raggiungere un contenuto obbligatorio minimo.

Bruxelles, 12 luglio 2000.

La Presidente

del Comitato economico e sociale

Beatrice Rangoni Machiavelli

(1) COM(93) 47 def. del 14 maggio 1993.

(2) Direttiva 90/220/CEE - GU L117 dell'8.5.1990.

(3) Parere del CES in merito al Libro verde sul risarcimento dei danni all'ambiente GU C 133 del 16.5.1994. Per quanto riguarda la posizione del CES sullo strumento della direttiva quadro, cfr. anche il parere in merito alla direttiva quadro "Acque" GU C 355 del 21.11.1997.

(4) Secondo gli USA, che applicano da 20 anni la responsabilità per danni all'ambiente; il regime Superfund rappresenta meno del 5 % dell'importo utilizzato ogni anno a livello nazionale per garantire il rispetto della legislazione federale sull'ambiente.

(5) Direttiva 85/374/CEE modificata dalla 99/34/CE in GU L 141/99.

(6) Il Libro bianco fa notare come sia importante che il regime di responsabilità applicabile alla protezione della biodiversità includa anche le attività non pericolose, dato che le direttive sugli uccelli selvatici e sull'habitat prevedono una serie di requisiti in merito al risarcimento dei danni significativi, indipendentemente dall'attività che li provochi. La Commissione ritiene invece che in questi casi il tipo di responsabilità debba essere diverso da quello stabilito per i danni causati da attività pericolose.

(7) Convenzione della Commissione Economica per l'Europa delle Nazioni Unite sull'accesso all'informazione, sulla partecipazione dei cittadini e sull'accesso alla giustizia in materia ambientale, adottata nella Conferenza ministeriale di Århus (Danimarca) dal 23 al 25 giugno 1998.

ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale

Il seguente emendamento, che ha ottenuto oltre un quarto dei voti espressi, è stato respinto nel corso dei dibattiti:

Punto 4.3

Modificare la seconda e la terza frase come segue:

"Il Comitato ritiene che la forza maggiore e l'ordine tassativo di un'autorità pubblica debbano considerarsi sempre eccezioni. Le altre cause possono anche essere considerate eccezioni o attenuanti".

Motivazione

Emendamento necessario per stabilire un livello accettabile di certezza del diritto, tenendo in particolare presente che il regime di responsabilità proposto coprirà, oltre ai danni tradizionali, anche il nuovo settore dei danni ambientali.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 35, voti contrari: 58, astensioni: 1.