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Parere del Comitato economico e sociale sulla «Proposta di direttiva del Consiglio relativa al diritto al ricongiungimento familiare»

Gazzetta ufficiale n. C 204 del 18/07/2000 pag. 0040 - 0044


Parere del Comitato economico e sociale sulla "Proposta di direttiva del Consiglio relativa al diritto al ricongiungimento familiare"

(2000/C 204/09)

Il Consiglio, in data 10 febbraio 2000, ha deciso conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale in merito alla proposta di cui sopra.

La Sezione "Occupazione, affari sociali e cittadinanza", incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo della relatrice Cassina in data 5 maggio 2000.

Il Comitato economico e sociale ha adottato, il 25 maggio 2000, nel corso della 373a sessione plenaria, con 81 voti favorevoli, 3 contrari e 8 astensioni, il seguente parere.

1. Introduzione

1.1. La direttiva proposta dalla Commissione mira ad affermare il diritto al ricongiungimento familiare per i cittadini dei paesi terzi regolarmente residenti sul territorio di uno Stato membro e a stabilire un quadro armonizzato per l'esercizio di tale diritto (definizione dei soggetti che si ricongiungono, condizioni per l'ingresso, procedure per la richiesta di ricongiungimento, permessi di soggiorno e diritti connessi, ecc.). Agli Stati membri, in base al principio di sussidiarietà, spetterà la definizione di alcune delle procedure (ad esempio le condizioni materiali che il richiedente deve garantire, le procedure per la verifica delle prove prodotte, la durata iniziale del permesso di soggiorno dei familiari nel caso in cui il richiedente ha un permesso di soggiorno illimitato, le modalità dell'applicazione dei diritti connessi al soggiorno).

1.2. L'iniziativa si inquadra nell'applicazione del Titolo IV del Trattato(1), si fonda sull'art. 63, paragrafo 3 e dà seguito alle Conclusioni del Consiglio di Tampere (15 e 16 ottobre 1999) che hanno riconosciuto: "il bisogno di un approccio generale al fenomeno della migrazione", "una politica di integrazione più incisiva (che) dovrebbe mirare a garantire (ai cittadini di paesi terzi) diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell'unione" e la necessità di "un riavvicinamento delle legislazioni nazionali relative alle condizioni di ammissione e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi, in base ad una valutazione comune degli sviluppi economici e demografici all'interno dell'Unione, sia della situazione nei paesi d'origine". Tampere indica anche "la necessità di decisioni rapide" in cui anche la capacità di accoglienza dei paesi membri, così come i legami storici e culturali dei paesi membri con i paesi d'origine entrino in linea di conto.

1.2.1. La direttiva non si applica ai cittadini di paesi terzi la cui richiesta di riconoscimento della qualità di rifugiato non è stata oggetto di decisione definitiva, né ai cittadini che godono di protezione temporanea. Non si applica nemmeno agli stagionali, ai lavoratori temporanei e ai cittadini dei paesi terzi che usufruiscono di permessi di soggiorno inferiori al termine di un anno.

1.3. Può fruire del diritto al ricongiungimento familiare sia il cittadino di un paese terzo regolarmente residente in uno Stato membro, sia un rifugiato (ai sensi della Convenzione di Ginevra), sia un apolide, sia una persona che beneficia di una protezione sussidiaria (per ragioni umanitarie, in caso di guerre o altri eventi che l'hanno portata ad espatriare). I richiedenti il ricongiungimento devono essere titolari di un permesso di soggiorno regolare di validità non inferiore ad un anno, nello Stato membro in questione(2).

1.4. Il ricongiungimento familiare riguarda il coniuge e i figli minorenni non sposati (anche adottati o in affidamento), ma anche il partner di cui sia dimostrabile un legame duraturo con il richiedente, gli ascendenti a carico e i figli maggiorenni che, per ragioni di salute o handicap, non sono in grado di gestirsi da soli; per rifugiati e persone con protezione sussidiaria sono presi in considerazione anche altri membri della famiglia (per ragioni umanitarie, di dipendenza dal richiedente). Gli studenti possono ricongiungersi solo con il coniuge e i figli (art. 5, paragrafo 5).

1.5. Poiché il caso di un cittadino comunitario che non esercita o che non ha esercitato il proprio diritto alla libera circolazione, non è coperto dal Regolamento 1612/68 né da altri testi che regolamentano la libera circolazione delle persone, ed è regolato in modo assai difforme nei paesi membri, la presente proposta di direttiva ne contempla la copertura per assicurare parità di trattamento anche ai cittadini UE nel caso di specie (ricongiungimento di familiari, cittadini di un paese terzo con un cittadino UE che non esercita il suo diritto di libera circolazione).

1.6. Le domande devono essere esaminate e ottenere una risposta scritta entro 6 mesi. Quando i familiari sono autorizzati a ricongiungersi col richiedente, gli eventuali visti (compresi i visti di transito) devono essere concessi sollecitamente e gratuitamente. In caso di non autorizzazione, questa deve essere motivata per iscritto. Sono previste procedure giurisdizionali di ricorso.

1.7. I paesi membri possono richiedere a chi postula l'esercizio del diritto al ricongiungimento, alcune condizioni materiali (risorse sufficienti, alloggio, copertura assicurativa per la famiglia).

1.8. La proposta prevede che i membri della famiglia autorizzati a raggiungere il richiedente ottengano un permesso di soggiorno di validità uguale a quello del loro congiunto ma, nel caso che questi abbia un permesso di soggiorno di validità illimitata, può essere concesso un primo permesso della durata di un anno. I familiari hanno anche immediatamente diritto ad accedere all'istruzione, alla formazione professionale e al lavoro (sia indipendente sia autonomo).

1.9. Dopo un termine massimo di 4 anni, il coniuge, il partner o i figli diventati maggiorenni, hanno diritto ad un permesso autonomo. In casi particolarmente difficili (vedovanza, divorzio, separazione, abbandono, ripudio o decesso di ascendenti o discendenti) il permesso può essere concesso anche dopo un solo anno di permanenza.

1.10. In caso accertato di frode, irregolarità o falsificazione di dati e prove, i permessi possono essere revocati e i familiari espulsi. I controlli vanno effettuati in caso di fondato sospetto di irregolarità o frode ma non dovranno avere carattere vessatorio.

1.11. La direttiva fa salve le disposizioni più favorevoli applicate in forza di accordi comunitari bilaterali e multilaterali con paesi terzi e della Carta sociale europea (1961) così come della Convenzione europea relativa allo statuto di lavoratore migrante (1977).

2. Osservazioni generali

2.1. Il Comitato accoglie con molto favore l'iniziativa della Commissione, sia perché la proposta di direttiva mantiene, nel rigoroso rispetto del principio di sussidiarietà, l'obiettivo di dare un quadro organico alle politiche migratorie degli Stati membri in applicazione delle nuove disposizioni del Trattato, sia perché si ispira al pieno rispetto dei diritti umani, della famiglia e dei minori, come prescrivono importanti atti e convenzioni internazionali(3). Non tutti gli strumenti internazionali citati dalla Commissione nella presentazione sono stati ratificati dagli (o da alcuni degli) Stati membri; tuttavia, il fatto che la proposta della Commissione tenga conto di tali testi per avviare il processo di applicazione del Titolo IV del Trattato citato al punto 1.2, è di buon auspicio per una opportuna, più generale e responsabile ratifica e applicazione di tali norme internazionali da parte degli Stati membri.

2.2. Il Comitato nota con favore che gli aventi diritto al ricongiungimento familiare sono sia i lavoratori dipendenti, sia le persone che esercitano attività indipendenti, sia i profughi e i rifugiati, sia le persone che godono di una protezione complementare e che, per rifugiati e profughi, sono di applicazione condizioni di maggior favore. Il fatto di considerare insieme tali categorie di persone corrisponde esattamente alla base giuridica scelta e mette in evidenza il carattere sociale e l'obiettivo di integrazione umana e familiare dei cittadini dei paesi terzi nell'UE. L'unica condizione rigorosamente richiesta è la residenza legale del richiedente in uno Stato membro.

2.3. Il Comitato apprezza il fatto che la proposta della Commissione (sia pur solo in parte per la delimitazione del suo contenuto), risponde a molte delle richieste, avanzate dal Comitato in diversi pareri(4) fin dall'inizio degli anni '90, e relative alla necessità sia di dare un quadro giuridico comune alle condizioni per l'entrata e il soggiorno dei cittadini dei paesi terzi, sia di assicurare in modo chiaro e armonizzato il diritto al ricongiungimento familiare inteso, oltre che come diritto in sé, come strumento sociale, umano e culturale che favorisce l'integrazione dei cittadini dei paesi terzi. Il Comitato sostiene senza esitazione l'impegno della Commissione ad elaborare una serie di proposte che coprano anche altri aspetti relativi alla vita dei cittadini dei paesi terzi nel territorio dell'UE e si augura che tali proposte siano presto oggetto di un ampio dibattito e di sollecite e sostanziali decisioni delle Istituzioni dell'UE.

2.4. È fondamentale l'affermazione del principio di parità di trattamento con i cittadini dell'UE che la proposta di direttiva in esame si prefigge di perseguire. Poiché alcune disposizioni rinviano, sulla base del principio di sussidiarietà, alla legislazione nazionale, il Comitato indicherà, nelle "Osservazioni particolari", gli articoli che, implicando margini di discrezionalità, devono vedere gli Stati membri ispirarsi ai criteri di fondo contenuti nella direttiva, per evitare che la disparità tra alcune condizioni dell'esercizio del diritto al ricongiungimento, operi una distorsione dei flussi migratori o sostanziali diversità di trattamento da un paese all'altro.

2.5. Il Comitato nota che Regno Unito e Irlanda, all'atto della firma del Trattato, hanno introdotto protocolli che conferiscono loro la possibilità di scegliere se partecipare o meno (opt out/opt in) all'applicazione del citato Titolo IV del Trattato, mentre la Danimarca ha, con un suo proprio protocollo, formalizzato il suo opt out. Il Comitato auspica vivamente che l'Irlanda e il Regno Unito operino la scelta dell'"opt in" contribuendo positivamente alla definizione della direttiva in questione. Il Comitato ritiene, comunque, che la prassi di introdurre procedure di "opt out" renda il processo decisionale comunitario suscettibile di pressioni da parte di quegli stati che, pur fruendo di una deroga di applicazione delle norme, partecipano comunque alle discussioni in cui tali norme si definiscono. Anche nel caso della Danimarca, il cui opt out è esplicito, il Comitato auspica che il governo danese, se interverrà nel dibattito, possa contribuire in modo positivo e costruttivo.

3. Osservazioni particolari

3.1. È importante che la proposta di direttiva abbia esplicitato chiaramente che l'obiettivo del "ricongiungimento familiare" - art. 2, lettera e) - è quello di "formare e conservare l'unità familiare" (i vincoli possono precedere o seguire l'ingresso).

3.2. Nella definizione dei "membri della famiglia" - art. 5, paragrafo 1, lettera a) - vengono indicati sia il coniuge sia "il partner non legato da vincoli di matrimonio che abbia una relazione duratura con il richiedente" se, nella legislazione dello Stato membro in questione, la situazione delle coppie non sposate è "assimilata" a quella della coppie sposate. Secondo il Comitato, il concetto di "assimilata" deve essere interpretato alla luce dell'art. 2, lettera e) citato al punto precedente (formare o conservare l'unità familiare) e dell'art. 7, 5 (superiore interesse dei figli minorenni). Ciò che conta è che le coppie non sposate possano convivere, aiutarsi vicendevolmente, riconoscere i figli, allevarli, educarli ed esercitare i diritti e i doveri di genitori. Vanno quindi evitate interpretazioni restrittive e, pertanto, il Comitato invita la Commissione a sorvegliare la trasposizione dell'art. 5 della direttiva nelle legislazioni degli Stati membri e a darne conto nella Relazione prevista all'art. 18.

3.3. Il ricongiungimento con ascendenti e figli maggiorenni non autosufficienti necessita di un'applicazione attenta che dovrebbe sempre essere improntata da considerazioni di carattere umanitario e sociale. In particolare, per i figli maggiorenni è previsto il ricongiungimento se non coniugati e incapaci di provvedere al proprio sostentamento per ragioni di salute - art. 5, paragrafo 1, lettera e), e art. 12, paragrafo 2 - ma non implica né il diritto alla formazione né il diritto al lavoro. Tuttavia, all'art. 13, paragrafo 2, è prevista la possibilità di un permesso di soggiorno autonomo senza indicazione di tempi (tranne il periodo massimo di residenza di 4 anni) anche per questa categoria di familiari. Se immaginiamo che, in uno Stato membro, possa essere concesso un permesso autonomo, ad esempio dopo un anno (con la possibilità, quindi, di accedere a lavoro e formazione), risulta difficile capire che tali diritti, collegati al soggiorno autonomo possano essere esercitati, mentre non possono esserlo subito, al momento dell'ingresso. Sarebbe pertanto opportuno eliminare l'eccezione dell'art. 12, 2.

3.3.1. Il Comitato segnala che la proposta di direttiva non copre alcuni soggetti deboli con particolari difficoltà come, ad esempio, i seguenti casi:

a) i figli maggiorenni coniugati ed entrambi (i coniugi) in gravi condizioni di salute (non è previsto l'ingresso);

b) i figli maggiorenni handicappati o gravemente ammalati (cui è consentito l'ingresso ma non l'integrazione alla formazione e al lavoro). Sarebbe grave che il ricongiungimento, per queste persone, si traducesse soltanto nell'assistenza all'interno della famiglia, senza alcuna possibilità di vivere una vita umanamente e socialmente integrata;

c) gli ascendenti, in estrema povertà e bisogno (cui non è permesso di lavorare).

Il Comitato auspica che gli Stati membri possano agevolare il ricongiungimento e, rispettivamente, l'inserimento sociale e lavorativo, anche per questo tipo di casi umanitari, in analogia con quanto previsto dall'art. 5, 4 della proposta per i rifugiati o per coloro che godono di protezione sussidiaria.

3.4. Il Comitato nota con favore che sia previsto il ricongiungimento anche in caso di matrimonio poligamo - art. 5, 2 - ma solo con una moglie (riaffermazione del principio dell'unità della famiglia) e che si preveda il ricongiungimento con figli di altre mogli, nel caso in cui "lo esiga l'interesse superiore dei figli" (affermazione ribadita anche nell'art. 7, paragrafo 5).

3.5. È fondamentale che sia affermata - art. 6 - la specificità (e condizioni di maggior favore) per i minorenni rifugiati non accompagnati i quali possono essere raggiunti anche da altri familiari non previsti dall'art. 5. Oltre che l'assenza o l'impossibilità di trovare gli ascendenti - art. 6, lettera b) - bisognerebbe prevedere il caso di inaffidabilità degli ascendenti, tenendo sempre presente il criterio indicato all'art. 7, 5 (interesse superiore dei minori).

3.5.1. Il Comitato segnala che i minori non accompagnati non rientrano sempre nella tipologia dei rifugiati e che il loro arrivo sul territorio dell'UE sta acquisendo una dimensione quantitativa e qualitativa problematica (pensiamo ad esempio ai minori sfruttati o avviati alla prostituzione o al crimine). Tali casi non possono essere oggetto della presente direttiva, ma devono essere urgentemente considerati e trattati con interventi legislativi e azioni che abbiano come scopo principale la tutela e il loro reinserimento sociale. In questo senso si è espresso anche il vertice di Tampere che ha indicato la necessità, da un lato, di definire norme penali per la repressione degli sfruttatori e dei trafficanti di persone e, dall'altro, di proteggere e sostenere percorsi di emancipazione per le vittime. Il Comitato si attende che presto la Commissione pubblichi proposte in materia.

3.6. Non è chiaro perché, all'art. 7 (Presentazione della domanda) si parli al singolare di "una domanda" per "un membro" della famiglia. Il Comitato ritiene che, per chiarezza, dovrebbe essere adottata la seguente formulazione "per uno o più membri della sua famiglia" (in coerenza con quanto è detto nella presentazione del provvedimento - commento all'art. 7).

3.7. È importante che al richiedente cui è stato rifiutato il ricongiungimento sia obbligatorio dare risposta tempestiva, scritta e motivata e che questi abbia la possibilità di ricorrere secondo le norme procedurali nazionali. Il Comitato ritiene, però, necessario che il richiedente, cui sia stato rifiutato il ricongiungimento, sia informato anche sulle possibilità di verificare la corrispondenza delle norme e delle procedure nazionali con la legislazione comunitaria attraverso un eventuale ricorso alla Corte di Giustizia europea.

3.8. Le condizioni materiali contemplate all'art. 8 implicano la possibilità di rifiutare l'ingresso per ragioni di "salute pubblica". Il Comitato ritiene che tale rifiuto debba essere limitato ai casi in cui non esista, nell'UE, alcuna possibilità di cura o ai casi che comportino un grave rischio incontrollabile di contagio. È invece importante che gli Stati membri prevedano la possibilità di ricongiungimento anche in casi di malattia grave o infettiva, a condizione che il richiedente sia in grado di garantire l'accesso a cure adeguate, spesso indisponibili in alcuni paesi di origine.

3.8.1. Quanto all'art 8, 2, il Comitato auspica che sia applicato dagli Stati membri secondo il principio di proporzionalità e che siano previste distinzioni tra delitti di lieve gravità e delitti penalmente gravi e passati in giudicato: una persona che ha commesso un delitto di lieve entità e che è determinata a redimersi e ad integrarsi pienamente e onestamente nella società dove è immigrata, è fortemente incentivata a farlo se ha il sostegno diretto della famiglia.

3.8.2. Il Comitato auspica vivamente che ai familiari che si ricongiungono sia garantita la parità di trattamento con i cittadini UE per quanto attiene alla protezione sanitaria, previdenziale e assistenziale. A tale proposito il Comitato ricorda di aver chiesto, nel parere sulla Comunicazione della Commissione relativa ad "Una strategia concertata per modernizzare la protezione sociale", di studiare la necessità di rendere i sistemi di protezione sociale dei paesi membri più aperti e atti ad affrontare i problemi legati all'accoglienza e all'integrazione dei cittadini di paesi terzi.

3.9. Il Comitato accoglie con particolare favore le disposizioni dell'art. 13 che prevedono la concessione del diritto al soggiorno autonomo ai membri della famiglia e, in particolare, le condizioni di maggior favore previste all'art. 13, paragrafo 3, per casi umanamente e socialmente difficili, e ritiene che l'ultima frase ("Quando situazioni particolarmente difficili lo richiedono, gli Stati membri accolgono tali domande") debba essere interpretata come un obbligo, come indicato nel commento all'art. in questione).

3.10. Il Comitato concorda sulla necessità di assicurare controlli e sanzioni in caso di frodi e violazioni delle norme relative al ricongiungimento, ma ritiene estremamente difficile accertare, a meno di procedere a controlli e indagini vessatorie che attenterebbero alla dignità delle persone, che un matrimonio sia stato contratto o un'unione di fatto stabilita, al solo scopo di entrare o soggiornare in uno Stato membro. Il Comitato sottolinea che controlli e indagini a carattere vessatorio sono esclusi dallo spirito e dalla lettera della direttiva e che gli Stati membri possono procedere a controlli puntuali "solo in caso di fondata presunzione di violazioni" (art. 14, 2). Il Comitato invita, pertanto, gli Stati membri a conformarsi a tale quadro di criteri, controllando anche che pratiche vessatorie non vengano applicate a livello delle amministrazioni locali.

3.10.1. Per inciso, il Comitato nota che il moltiplicarsi di matrimoni di comodo è favorito anche dalle restrizioni imposte all'ingresso cittadini di paesi terzi, alle lungaggini e alla complessità delle procedure cui deve sottoporsi chi ha il legittimo desiderio di emigrare nell'UE. Il Comitato ribadisce la propria convinzione circa la necessità di stabilire norme e procedure chiare e semplici che permettano di gestire i flussi migratori favorendo uno sviluppo controllato e contrastando, in tal modo, le pratiche migratorie illegali. A questo proposito ricorda i propri pareri citati al punto 2.3 e il contributo del Comitato al Vertice socioprofessionale euromediterraneo di Parigi (1996) in cui si delineava un'ipotesi di gestione sperimentale dei flussi migratori che facilitasse sia l'ingresso, sia l'integrazione, sia l'eventuale rimpatrio in caso di fallimento del "progetto migratorio".

3.10.2. È importante che il tipo di controlli e di sanzioni tenda a convergere: il Comitato chiede agli Stati membri che, nell'applicazione della direttiva, prevedano un forte coordinamento per evitare che condizioni troppo disparate determinino una distorsione nei flussi migratori (tendenza a scegliere il paese più liberale).

3.10.3. Il Comitato è perfettamente cosciente che filiere criminali organizzano matrimoni di convenienza sia a scopo di lucro, sia per avviare le loro vittime alla prostituzione o alle loro stesse attività criminose. Pertanto sollecita la Commissione a definire presto - e gli Stati membri ad approvare con urgenza - provvedimenti armonizzati volti a individuare e colpire i responsabili di tali filiere con sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, mentre altre norme dovranno riguardare la tutela delle vittime e prevedere percorsi di recupero come già indicato al punto 3.5.

3.11. Il Comitato valuta positivamente la disposizione dell'art. 18 che prevede una relazione della Commissione sull'applicazione della direttiva, a due anni dal termine imposto agli Stati membri per conformarvisi. Il Comitato si aspetta che la Commissione chieda al Comitato di esprimere un parere su tale relazione che, secondo il Comitato, deve assumere un carattere periodico (ogni 2 o 3 anni).

Bruxelles, 25 maggio 2000.

La Presidente

del Comitato economico e sociale

Beatrice Rangoni Machiavelli

(1) "Visti, asilo, immigrazione e altre politiche legate alla libera circolazione delle persone".

(2) Condizione non richiesta ai rifugiati.

(3) In particolare: la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e i Patti internazionali sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali (1966), la Convenzione 143 dell'OIL (1975), la Convenzione internazionale sulla tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e delle loro famiglie dell'ONU (1990), diverse prese di posizione dell'Alto Commissariato per i rifugiati (ACNUR), la Convenzione sui diritti del fanciullo (1989), la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (1950), la Carta sociale europea (1961) e la Convenzione europea sulla status giuridico dei lavoratori migranti (1977).

(4) Parere "Libera circolazione e soggiorno dei lavoratori" - GU C 169 del 16.6.1999; Parere "Libera circolazione dei lavoratori" - GU C 235 del 27.7.1998; Parere "Estensione ai paesi terzi - Sicurezza sociale" - GU C 157 del 25.5.1998; Parere "Libera circolazione persone" - GU C 153 del 28.5.1996; Parere "Politica d'immigrazione e d'asilo" - GU C 393 del 31.12.1994; Supplemento di parere "Statuto lavoratori migranti - Paesi terzi" - GU C 339 del 31.12.1991; Parere "Statuto lavoratori migranti - Paesi terzi" - GU C 159 del 17.6.1991.

ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale

Emendamento respinto

Nel corso del dibattito è stato respinto il seguente emendamento, che ha ottenuto un numero di voti favorevoli pari ad almeno un quarto dei voti espressi.

Punto 2.5

Sopprimere l'ultima frase ("Anche nel caso della Danimarca, ... positivo e costruttivo.").

Motivazione

Il Comitato non deve valutare la volontà degli Stati membri di partecipare al dibattito sulla legislazione UE. L'opt-out della Danimarca è il risultato di un referendum, approvato dal parlamento danese (Folketing) e dagli altri Stati membri dell'UE.

L'opt-out non significa che la Danimarca non si comporterà in maniera leale rispetto agli altri Stati membri che auspicano una legislazione comune, e, inoltre, non significa che la Danimarca non applicherà la legislazione comune UE.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 34, voti contrari: 45, astensioni: 12.