Parere del Comitato delle regioni in merito alla «Agenda 2000: finanziamento dell'Unione europea dopo il 1999 alla luce delle prospettive di ampliamento e delle sfide del 21o secolo»
Gazzetta ufficiale n. C 064 del 27/02/1998 pag. 0040
Parere del Comitato delle regioni in merito alla «Agenda 2000: finanziamento dell'Unione europea dopo il 1999 alla luce delle prospettive di ampliamento e delle sfide del 21° secolo» (98/C 64/06) IL COMITATO DELLE REGIONI, vista la propria decisione dell'11 giugno 1997, conformemente all'articolo 198 C, quarto comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea, di predisporre il parere in merito alla «Agenda 2000: finanziamento dell'Unione europea dopo il 1999 alla luce delle prospettive di ampliamento e delle sfide del XXI secolo» e d'incaricare la Commissione 1 «Sviluppo regionale, sviluppo economico, finanze locali e regionali» della preparazione di detto documento; visto il documento della Commissione «Agenda 2000: Per un'Unione più forte e più ampia» (COM(97) 2000 def); visto il progetto di parere formulato dalla Commissione 1 il 3 ottobre 1997 (CdR 303/97 riv. 2) (relatori: Behrendt e Nielsen), ha adottato il 20 novembre 1997, nel corso della 20a sessione plenaria, il seguente parere. 1. Introduzione 1.1. Il 16 luglio 1997 la Commissione europea ha sottoposto la sua «Agenda 2000: per un'Unione più forte e più ampia». Così facendo dà seguito ad una richiesta formulata dal Consiglio europeo nel dicembre 1995 e presenta, subito dopo la Conferenza intergovernativa, un documento globale contenente una comunicazione sul futuro quadro finanziario dell'Unione che tiene conto della prospettiva dell'ampliamento. Essa dà un contenuto concreto all'ampliamento che la Conferenza intergovernativa ha operato sul piano del quadro istituzionale e del Trattato dell'Unione europea. Ciò è manifestamente legato al Trattato di Amsterdam, che attende ora ratifica nei diversi Stati membri. 1.2. Il Comitato accoglie con interesse l'impostazione adottata dalla Commissione, la quale consiste in un'analisi di ampio respiro della problematica del finanziamento dei compiti che l'Unione deve affrontare nel contesto dell'allargamento ai paesi dell'Est, della garanzia di un margine di manovra interno ed esterno dell'UE, della garanzia della competitività e della creazione di maggiore occupazione. Questo approccio chiarisce al tempo stesso che le imminenti decisioni sul futuro finanziamento dell'Unione richiedono una complessa valutazione circa la politica dell'integrazione e che la necessità di adeguamenti, riforme e sviluppi dell'UE non discende unicamente dall'ampliamento. 2. Il quadro finanziario 2000-2006 2.1. Per il finanziamento dei compiti dell'Unione europea nel periodo 2000-2006 il nuovo quadro finanziario proposto dalla Commissione nell'Agenda prevede complessivamente 745,5 miliardi di ecu (stanziamenti per impegno, prezzi del 1997). Ciò significa una media annua di 106,5 miliardi di ecu rispetto a un massimale di spesa pari a 97,8 miliardi di ecu nel 1999, ultimo anno rientrante nelle prospettive finanziarie decise dal Consiglio europeo di Edimburgo del 1992. In proposito va tenuto presente che la Commissione prevede le prime adesioni a partire dal 2002 e che da tale momento saranno da prevedere anche i relativi incrementi di bilancio. Per il 2000 e il 2001 il massimale di spesa andrà maggiorato di 2 miliardi di ecu. A giudizio del Comitato questo quadro delle spese proposto dalla Commissione costituisce una buona base di partenza per addivenire, nei negoziati fra gli Stati membri e gli organi comunitari, ad un compromesso capace di mediare fra le esigenze di economie a livello nazionale, la disciplina di bilancio a tutti i livelli e la necessità di un adeguato finanziamento dell'Unione e delle sue politiche. 2.2. Nel futuro quadro finanziario le spese della Comunità si ripartiranno come segue: 44,2 % alla politica agricola comune, 36,9 % al rafforzamento della coesione economica e sociale e poco meno del 7 %, rispettivamente, alle politiche interne ed esterne. Il 5,4 % è destinato a spese amministrative e/a riserve. Il Comitato constata che questa ripartizione delle spese tiene conto delle esigenze immediate degli enti regionali e locali con ritardi di sviluppo e problemi di riconversione strutturale; sottolinea nondimeno la necessità di ulteriori progressi nello sviluppo della politica di coesione economica e sociale allo scopo di ridurre le disparità delle regioni più svantaggiate. Al tempo stesso constata che solo una quota relativamente modesta delle spese comunitarie è diretta al rafforzamento della competitività internazionale dell'Europa, ivi compreso il potenziamento della ricerca, della tecnologia e dell'innovazione. Più tardi si dovrà verificare se la struttura del bilancio comunitario risponda alle sfide strategiche con cui l'Unione dovrà misurarsi. 2.3. Il Comitato si compiace che la Commissione proponga un quadro finanziario nel rispetto del massimale di spesa dell'1,27 % del PNL dell'UE fissato nella decisione in vigore in materia di fondi propri. Così facendo la Commissione riconosce che le spese della Comunità possono aumentare solo in funzione dell'effettiva crescita economica nell'UE e che, data la situazione di bilancio e le esigenze di economie in tutti gli Stati membri, occorre sfruttare tutte le possibilità di risparmio anche al livello dell'Unione. 2.4. Il quadro finanziario della Commissione si basa su una crescita economica stimata al 2,5 % annuo per gli attuali 15 Stati membri e al 4 % per i paesi di cui si prevede l'adesione. Dato che sulle previsioni di crescita pesano vari fattori di incertezza e che nella stessa comunicazione «Agenda 2000» si adottano previsioni di ordine demografico e di evoluzione dell'offerta complessiva di posti di lavoro non del tutto coerenti con tale ottimistica ipotesi di sviluppo economico, è positivo che la stessa Commissione non preveda di sfruttare al massimo il margine di spesa consentito dal plafond dei fondi propri. In effetti, le spese programmate dalla Commissione utilizzano le possibilità di spesa solo fino all'1,24 % del PNL dell'UE per gli anni 2000 e 2001 e fino all'1,22 % per gli anni successivi. Il margine di manovra che così rimane permetterà di compensare fluttuazioni del tasso di crescita oscillanti intorno al 2 %. 2.5. Un ulteriore margine di manovra è dato dalla differenza tra le spese effettive previste nei bilanci dell'Unione e i plafond programmatici: ad esempio, per il progetto di bilancio relativo al 1999 la stessa Commissione programma che il massimale dei fondi propri venga utilizzato fino all'1,15 % del PNL, mentre per lo stesso anno la proposta relativa al quadro finanziario per il 1999 prevede un massimale dell'1,25 %. Il Comitato non auspica una riduzione dei massimali previsti nel quadro finanziario, però invita la Commissione a spiegare meglio la differenza fra le attuali previsioni di bilancio e i dati relativi al 1999 utilizzati come punto di partenza del nuovo quadro finanziario. Al tempo stesso il Comitato fa presente che le previsioni circa gli stanziamenti del nuovo quadro finanziario costituiscono valori massimi rispetto ai quali, come nel caso dell'attuale quadro finanziario, i vari progetti di bilancio della Commissione prevederanno per quanto possibile cifre inferiori. Ciò vale in particolare per il periodo che precederà l'adesione dei nuovi Stati membri, visto che altrimenti aumenti reali delle spese superiori al 10 % non sarebbero accettabili nel contesto dell'austerità di bilancio cui sono sottoposti in primo luogo gli enti regionali e locali. 3. Futuro sistema di finanziamento 3.1. Dato che le spese necessarie durante il periodo di riferimento delle prossime prospettive finanziarie vanno finanziate nel rispetto del massimale dell'1,27 % del PNL sinora in vigore, la Commissione non vede alcun motivo, né tecnico né giuridico, per modificare la decisione sui fondi propri su cui è basato il sistema di finanziamento. Il Comitato si rammarica che con questa conclusione la Commissione ipotechi il contenuto del rapporto sul funzionamento del sistema di finanziamento, che è tenuta a presentare a norma della decisione sui fondi propri del 31 ottobre 1994 e che ha annunciato per il 1998. 3.2. A mente dell'articolo 10 della suddetta decisione, un'analisi del sistema di finanziamento comporta, oltre al problema dei fondi sufficienti e del massimale di fondi propri, in particolare anche la valutazione delle relazioni finanziarie presenti e future fra gli Stati membri e l'Unione europea, inclusa l'analisi di eventuali squilibri di bilancio in determinati Stati membri, al pari di una valutazione delle diverse fonti dei fondi propri. Il Comitato giudica che l'argomentazione presentata dalla Commissione nell'Agenda 2000 su questi problemi non sia sufficiente e invita la Commissione stessa a pronunciarsi in maniera particolareggiata nel quadro della relazione succitata, prevista per il 1998. 3.3. La stessa Commissione dà atto che resta da vedere se i contributi degli Stati membri operati in base all'attuale sistema ne rispecchino effettivamente la performance economica e la capacità finanziaria. In alcuni Stati membri sono in corso intensi dibattiti al riguardo. Occorre tenerne conto seriamente in quanto influiscono non solo sul funzionamento ma anche sull'accettazione dell'Unione europea sia a livello politico, sia da parte dell'opinione pubblica. 3.4. Il Comitato ribadisce che il processo d'integrazione europeo non può essere valutato basandosi semplicemente sul saldo delle entrate e delle spese di bilancio o sul saldo fra i contributi degli Stati membri e gli importi che loro riconfluiscono. D'altro canto il Comitato giudica legittimo che gli Stati membri e gli enti regionali e locali analizzino i riflessi finanziari delle decisioni prese a livello comunitario analogamente a quanto avviene per le decisioni prese a livello nazionale. Il Comitato rileva tuttavia che qualsiasi esame unilaterale di questi cosiddetti «saldi netti» svilisce l'Unione ad un mero strumento di trasferimento finanziario globale privando le politiche comunitarie della loro essenza quanto alle finalità e ai finanziamenti. Se da un lato gli Stati membri devono contribuire al bilancio comunitario in funzione della loro performance economica e delle loro capacità finanziarie, dall'altro l'aspetto della spesa, che determina i flussi finanziari che riconfluiscono verso gli Stati membri, dovrebbe essere influenzato essenzialmente da considerazioni inerenti alla politica dell'integrazione. 3.5. Per parte sua anche la Commissione riconosce però che in taluni casi possono verificarsi squilibri temporanei di bilancio di cui va tenuto conto nel calcolo del contributo al bilancio comunitario. Di conseguenza il sistema finanziario dell'Unione europea potrebbe essere integrato da un sistema di correzione per l'eventualità che i contributi finanziari eccedano in maniera inaccettabile le capacità economiche e finanziarie di uno Stato membro. Il Comitato invita la Commissione a inserire queste considerazioni nella sua relazione sul sistema di finanziamento. Visto che la decisione su mezzi propri è assoggettata all'accordo e alla ratifica di tutti gli Stati membri, le modifiche possono essere operate solo con l'accordo generale. Questo non deve tuttavia dissuadere dall'analizzare possibili modifiche integrative e dal procedere a seri negoziati. 4. Coesione economica e sociale 4.1. Il Comitato ribadisce al riguardo la posizione sostenuta nel parere sulla relazione della Commissione sui progressi conseguiti nella coesione economica e sociale (art. 130 B del Trattato che istituisce la Comunità europea) (), in particolare per quanto concerne la necessità di portare avanti lo sforzo della politica di coesione. Sottolinea nuovamente che le politiche strutturali dell'Unione europea hanno favorito la coesione economica e sociale, contribuendo ad aumentare la crescita economica e creando nuove opportunità per le regioni svantaggiate o in fase di declino industriale. 4.2. Il Comitato conferma che la politica di rafforzamento della coesione economica e sociale costituisce una delle chiavi di volta dell'Unione europea, che sarà esposta ad enormi sfide con l'imminente allargamento. Il Comitato appoggia la proposta della Commissione di finanziare la futura politica strutturale dell'Unione europea, negli Stati membri attuali come nei nuovi Stati aderenti, nel quadro del massimale in vigore in materia di fondi propri e riservando una quota dello 0,46 % del PNL dell'Unione per il finanziamento delle spese strutturali. 4.3. In tal modo per la futura politica strutturale dell'UE sarebbero disponibili: 230 miliardi di ecu negli attuali 15 Stati membri (209,7 miliardi di ecu per i fondi strutturali e 20,3 per il Fondo di coesione, ai prezzi del 1997), 38 miliardi di ecu per i nuovi Stati membri e 7 come contributo per preparare l'adesione. Questi stanziamenti chiariscono che l'ampliamento dell'UE non sarà finanziato a spese delle regioni più deboli e con i maggiori problemi. Al tempo stesso ciò consente di far partecipare sin dall'inizio nuovi Stati membri alla politica di coesione economica e sociale dell'UE, e quindi alla solidarietà europea, con maggiori diritti. 4.4. Il Comitato riconosce che questa finalità sarà conseguibile solo convogliando gli aiuti verso le regioni più svantaggiate e caratterizzate dai problemi più gravi sotto il profilo della coesione economica e sociale. Puntando su una concentrazione si dovrà assicurare che per le future regioni beneficiarie gli aiuti erogati in media durante il periodo 2000-2006 non scendano al di sotto del livello raggiunto nel 1999. Di conseguenza il Comitato si compiace altresì che in avvenire i trasferimenti globali dei fondi strutturali e del Fondo di coesione non eccederanno il 4 % del prodotto interno lordo dei singoli Stati membri interessati. Con questo massimale si eviteranno eventuali problemi di assorbimento a livello nazionale. 4.5. In tutte le regioni, soprattutto in quelle più povere e più periferiche, le condizioni di concorrenza si faranno più dure, ma con intensità diversa, nel quadro della maggiore globalizzazione, ad esempio per effetto della liberalizzazione della politica agricola, del mercato interno, dell'Unione economica e monetaria e dell'ampliamento dell'UE. È quindi necessario che tutte le regioni si adeguino alle nuove condizioni e contengano al tempo stesso le conseguenze sociali negative di questi aggiustamenti. 4.6. Il Comitato conviene pertanto con la Commissione sulla necessità di continuare a concentrarsi sulle diverse capacità delle regioni di generare uno sviluppo sostenibile e di adattarsi alle nuove condizioni esistenti sul mercato. Conviene altresì sull'esigenza di proseguire gli aiuti combinati per uno sviluppo geografico equilibrato dell'UE e lo sviluppo delle risorse umane dell'UE, come anche sull'importanza di una strategia di sviluppo integrato a livello regionale che combini investimenti produttivi con il potenziamento delle risorse umane. 4.7. Il Comitato conferma la necessità di una concentrazione degli interventi, che non deve significare una riduzione schematica della «popolazione ammissibile»; è possibile concentrare maggiormente i mezzi finanziari su priorità concrete delle singole regioni anche differenziando il livello degli aiuti. Conviene che occorrono sistemi transitori per le regioni prive di aiuti per consentire loro di mantenere gli attuali risultati e di proseguire l'adeguamento alle nuove condizioni. Questi sistemi temporanei vanno congegnati in modo da essere conciliabili con il principio della concentrazione. Il Comitato auspica che si precisi il contenuto di tali sistemi transitori. 4.8. Il Comitato appoggia le proposte della Commissione riguardanti, rispettivamente - un nuovo obiettivo 1 che dia la massima precedenza alle regioni caratterizzate dai maggiori ritardi e preveda disposizioni speciali per le regioni settentrionali scarsamente popolate e le zone ultraperiferiche; - un nuovo obiettivo 2 per la riconversione economica e sociale delle regioni in via di trasformazione economica e con problemi strutturali nei settori dell'industria e dei servizi, delle aree rurali in declino, delle zone in crisi dipendenti dalla pesca e dei quartieri urbani in difficoltà; - un nuovo obiettivo 3 orizzontale che coordini gli attuali obiettivi 3 e 4, ossia l'inserimento nel mondo del lavoro delle categorie più a rischio della popolazione e in generale la riconversione delle forze di lavoro alle nuove condizioni di concorrenza. Le proposte consentono una concentrazione sulle regioni e sulle categorie più bisognose e tengono conto al tempo stesso del fatto che tutti gli Stati membri possono avere regioni con problemi strutturali. 4.9. Il Comitato auspica che si precisino i criteri di ammissibilità in relazione all'obiettivo 2, tenendo conto in maniera determinante del livello di disoccupazione e del PIL pro capite delle zone interessate, senza per questo pregiudicare alcun altro indicatore socio-economico. Alla luce delle difficoltà di inserimento di aree urbane e rurali contraddistinte da problematiche completamente diverse nel regime unico di aiuti del nuovo obiettivo 2, ciascuno Stato membro dovrebbe disporre della possibilità di indicare in un quadro di base gli obiettivi chiave del sostegno in termini di specificità regionali e di problemi particolari. A tal fine occorre tener conto di criteri di ammissibilità adeguati e di indicatori idonei per le diverse problematiche regionali. Circa gli aiuti per le zone rurali, il Comitato è del parere che gli aspetti strutturali validi per l'attuale obiettivo 5b - redditi agrari bassi, strutture delle aziende agrarie e sensibilità delle regioni alle riforme della PAC - devono rimanere i criteri principali per la delimitazione delle zone beneficiarie dei fondi strutturali. Sottolinea che, per la densità di popolazione molto bassa, nelle zone rurali la percentuale di disoccupazione è solo limitatamente valida come criterio per valutarne l'effettiva situazione economica. 4.10. Il Comitato appoggia la proposta di una semplificazione degli interventi relativi agli obiettivi 1 e 2 sotto forma di un unico programma pluriennale per ciascuna regione. Il Comitato fa notare che ciò sarà possibile anche per il nuovo obiettivo 3. Questo tipo di programmi va elaborato e gestito mediante partenariati regionali e di preferenza con una maggiore flessibilità tra i fondi. 4.11. Il Comitato appoggia la proposta di assegnare il 5 % degli stanziamenti della politica strutturale alle iniziative comunitarie, di semplificarle e di ridurne il numero. Va però mantenuto in ogni caso il contenuto delle attuali iniziative comunitarie Interreg, Leader ed Employment. L'iniziativa comunitaria Interreg, che svolge un ruolo particolare nel processo di preadesione dei paesi candidati e che funge da modello per la definizione dei programmi Phare-CBC, deve anche disporre di una dotazione adeguata per la cooperazione transfrontaliera nelle aree delle frontiere interne. È inoltre necessario stanziare l'1 % del bilancio per progetti pilota e azioni innovative. Questi ultimi in particolare contribuiscono allo sviluppo regionale mediante scambi di esperienze sull'attuazione delle politiche comunitarie importanti per la crescita e la competitività regionale. Oltre ad avanzare proposte tematiche, la Commissione dovrebbe tenere aperta un'opzione per un'iniziativa comunitaria intesa a sostenere la trasformazione industriale o settoriale, per poter reagire con flessibilità a imprevisti problemi strutturali regionali di rilevante incidenza, che possono insorgere tra l'altro a causa di crisi settoriali. 4.12. Per parte sua il Comitato giudica tuttavia che per l'utilità delle iniziative comunitarie e delle azioni innovative è vitale consentire un'ampia gamma di temi, di forme di cooperazione e di dimensioni dei progetti. A tal fine è pure determinante assicurare criteri semplici e trasparenti, al pari di una gestione non burocratica e un'amministrazione vicina ai destinatari, ossia quanto più decentrata possibile. Circa i progetti pilota, dovrebbe essere ancora possibile incentivare piccoli progetti. 4.13. Il Comitato invita la Commissione a precisare e chiarire la proposta di accantonare una riserva pari al 10 % degli stanziamenti dei fondi strutturali che alla metà del periodo andrebbe attribuita alle regioni che abbiano dato prova di maggiore efficienza in materia di politica strutturale. A giudizio del Comitato tale proposta suscita notevoli riserve. 4.14. Il Comitato si rammarica che l'Agenda 2000 non fornisca maggiori indicazioni circa un rafforzamento del partenariato. Constata in effetti che in vari paesi gli enti locali e regionali possono influire solo in misura limitata sulla messa a punto dei programmi e sui negoziati per la loro approvazione. Il CdR ribadisce la sua posizione su questo problema e rimanda ai pareri d'iniziativa intitolati rispettivamente «Opinioni delle regioni e dei comuni sulla definizione di una politica strutturale europea dopo il 1999» () e «Il ruolo degli enti regionali e locali nell'ambito dell'applicazione del principio di partnership dei fondi strutturali» (). 4.15. Il Comitato dà atto che il Fondo di coesione fornisce un apporto sostanziale al rafforzamento della coesione economica e sociale nel territorio della Comunità e spera che il riesame del regolamento vigente, che deve svolgersi entro il 1999, venga effettuato alla luce delle proposte che la Commissione ha inserito nell'Agenda 2000. 5. Politica agricola 5.1. Alla nuova politica agricola dell'Unione europea sono assegnati, per il periodo 2000-2006, complessivamente 329,2 miliardi di ecu di spesa (linea direttrice agricola). Di conseguenza gli esborsi per la politica agricola comune rimangono la voce di spesa più importante (circa il 45 %) del bilancio dell'UE. Gli stanziamenti agricoli di bilancio (inclusi gli aiuti per la preparazione all'adesione) destinati ai nuovi Stati membri ammontano a 18,8 miliardi di ecu. 5.2. Il Comitato accoglie con favore l'obiettivo perseguito dalla Commissione, che consiste in una riforma radicale della politica agricola comune, nel quadro di un'impostazione integrata ai sensi degli accordi del Consiglio congiunto, contestuale ad un aumento degli aiuti alle produzioni ecocompatibili e di qualità e ad uno sviluppo costante delle zone rurali. Anche per l'avvenire la maggior parte dei redditi agricoli dovrà comunque provenire dai proventi delle vendite. Le diminuzioni dei prezzi proposte dalla Commissione al livello dei mercati mondiali, cui non fa contemporaneamente riscontro il mantenimento di standard minimi a livello mondiale, sono compensate solo in misura insufficiente e portano ad uno smantellamento della protezione esterna, che potrebbe compromettere la posizione negoziale della Comunità oltre a pregiudicare l'agricoltura in determinate regioni, specie in quelle meridionali, in quelle contraddistinte da strutture di piccole dimensioni e in quelle orientate alla coltura foraggera. In occasione della futura riforma della PAC occorre prestare particolare attenzione alle regioni scarsamente popolate nelle aree più settentrionali, delle zone montane e di quelle contraddistinte da svantaggi specifici quali condizioni climatiche particolari, terreni che presentano un'eccessiva acidificazione oppure cicli vegetativi brevi. Il Comitato accoglie pertanto con favore la proposta avanzata nell'Agenda 2000 di considerare gli aiuti destinati alle zone agricole svantaggiate, accanto all'agricoltura rispettosa dell'ambiente, al pensionamento anticipato ed al rimboschimento, come una materia a sé stante nel quadro delle misure d'accompagnamento della PAC. Il Comitato deplora inoltre che l'Agenda 2000 non faccia alcun riferimento ai giovani agricoltori. È importante tenere maggiormente conto dei loro problemi e delle loro prospettive nel contesto delle proposte per la riforma della PAC. 5.3. Circa la programmazione finanziaria della politica agricola comune il Comitato fa presente che gli importi compensativi a favore dei produttori agricoli calcolabili in base alle attuali indicazioni dell'Agenda comporterebbero perdite di reddito che non sarebbero tollerabili sotto il profilo economico e sociale. Esistono alcuni problemi di interpretazione: ci si chiede, in particolare, se i produttori agricoli possano contare su una continuità sufficiente degli importi compensativi, tale da consentire investimenti orientati verso il futuro. Al riguardo la Commissione propone che durante il prossimo periodo, oltre agli importi compensativi, nel quadro di una politica coerente per le zone rurali vengano maggiormente finanziate misure orizzontali e di accompagnamento utili a tutti i produttori agricoli e, grazie alle loro ricadute, a tutti i cittadini dell'Unione. Il Comitato conviene che una politica coerente a favore delle zone rurali deve includere anche possibilità occupazionali alternative e considerazioni sociali e ambientali, quali un uso più intenso delle fonti di energia rinnovabili interne e disponibili in loco. 5.4. Il Comitato invita la Commissione ad attuare tali misure sollecitamente, perché altrimenti non sarebbe possibile stimare appieno le conseguenze economiche e sociali degli sviluppi proposti per la politica agricola comune. Il Comitato giudica importante l'intento della Commissione di far applicare tali provvedimenti in maniera orizzontale (insieme a quelli a favore delle attività della pesca nelle zone costiere) e di attuarli «in maniera decentrata al livello appropriato, su iniziativa degli Stati membri». 5.5. Il Comitato, riferendosi al proprio parere riguardante la politica agricola comune e l'ampliamento ai paesi dell'est del 15 e 16 gennaio 1997, invita la Commissione a tener maggiormente conto del principio di sussidiarietà e a disciplinare di conseguenza le competenze di applicazione della Commissione appunto in materia di politica agricola. In tale contesto occorre tener presenti sia il quadro giuridico comune, sia la necessità di rispettare le finalità della politica agricola comune e di prevedere sufficienti possibilità di diversificazione. 5.6. Circa la politica delle strutture agricole, il Comitato ribadisce la richiesta di semplificare la PAC conformemente al principio del partenariato, lasciando agli Stati membri e alle regioni il compito di mettere a punto i sistemi di applicazione. Il Comitato chiede allo stesso tempo di abbandonare il frazionamento che ha caratterizzato fino ad oggi la riforma della PAC e che ha portato all'elaborazione di un gran numero di documenti spesso contraddittori. 5.7. Per la coerenza tra questi diversi strumenti è appunto decisivo partire da un'ampia strategia di sviluppo e da un ampio programma per ciascuna singola regione, che dovranno essere elaborati e gestiti dalle autorità regionali e locali e con la partecipazione degli interlocutori economici e sociali. Le regioni hanno in ogni caso responsabilità di coordinamento in materia di sviluppo delle zone rurali e delle zone dipendenti dalla pesca, come pure in materia di infrastrutture, promozione delle attività economiche, politica sociale e del mercato del lavoro, protezione dell'ambiente e della natura. 5.8. Il Comitato insiste affinché si renda possibile un sollecito allargamento dell'Unione europea senza compromettere l'efficienza delle strutture agricole a conduzione familiare. L'intento della Commissione di prevedere massimali per le singole aziende riguardo agli importi compensativi nel quadro delle organizzazioni comuni di mercato deve tuttavia essere rivisto nell'ottica dell'impatto sulle regioni. Il Comitato si esprime a favore di una strutturazione dei pagamenti compensativi commisurata ai costi. 5.9. Il Comitato conviene sul fatto che i provvedimenti ecocompatibili nel settore agricolo assumono una grande importanza per uno sviluppo sostenibile delle zone rurali e appoggia la proposta di intensificarli e finalizzarli con maggiori stanziamenti di bilancio ed eventualmente maggiori cofinanziamenti dell'Unione europea. Nei casi in cui i provvedimenti vengano gestiti a livello regionale è manifestamente possibile migliorare la coerenza fra questi strumenti ambientali e gli altri strumenti strutturali per le zone rurali. Tali misure devono tuttavia restare chiaramente distinte dalle misure di politica di organizzazione dei mercati (importi compensativi) e di politica strutturale agricola; ognuna di queste categorie di misure deve essere mantenuta e sviluppata ulteriormente in quanto strumento autonomo con finalità proprie. Solo in tal modo le spese effettuate per l'agricoltura restano trasparenti e comprensibili per l'opinione pubblica. 5.10. Il Comitato accoglie con favore il nuovo approccio proposto dalla Commissione per l'insieme delle misure relative agli aiuti strutturali all'agricoltura, specie in considerazione del fatto che ciò consentirà di fornire un sostegno anche a progetti comunitari al di fuori delle aree ammissibili. È tuttavia necessario garantire che gli aiuti strutturali all'agricoltura rimangano sostanzialmente inalterati. 6. L'ampliamento 6.1. Stando alla Commissione, per i nuovi Stati aderenti il futuro quadro finanziario renderà disponibili 74,8 miliardi di ecu ai prezzi del 1997 (cifra che comprende anche gli aiuti per preparare l'adesione). Il Comitato si compiace di questi stanziamenti e coglie l'occasione per ribadire l'importanza politica, economica e sociale dell'ampliamento ai paesi dell'est, al pari dell'opportunità storica che esso offre per l'unificazione del nostro continente. Il Comitato si compiace che con gli stanziamenti previsti vengano intensificati i preparativi per l'adesione, soprattutto anche nel settore strutturale e agricolo, e che sin dall'inizio i nuovi Stati aderenti possano beneficiare con pari diritti della solidarietà europea. 6.2. Ai fini di scenari realistici e finanziabili il Comitato propugna un processo graduale di allargamento che preveda le adesioni in funzione dei progressi delle trattative concrete di adesione. Nell'interesse del mantenimento di una prospettiva credibile di adesione per gli altri Stati candidati il Comitato delle regioni fa tuttavia presente che l'Unione non può allentare l'impegno per l'intensificazione della strategia di preadesione, per il dialogo strutturale come pure per la prevista conferenza europea a favore di quei candidati all'adesione che non potranno diventare membri dell'Unione entro il 2006. Il Comitato sottolinea che l'adempimento dei criteri di adesione stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen resta una condizione indispensabile per l'adesione. 6.3. Il Comitato fa presente che gli aiuti proposti per la preadesione sono legati alla cooperazione interregionale con l'Europa centrale e orientale. Questa cooperazione interregionale costituisce un apporto importante all'integrazione e alla coesione europea e comporta fra l'altro lo sviluppo delle capacità economiche ed amministrative a livello decentrato. Essa costituisce il presupposto affinché i futuri Stati aderenti possano sia contribuire alle politiche dell'Unione (non da ultimo quelle strutturali), sia trarne vantaggio, e siano pure in grado di attuare efficacemente le legislazioni UE, la maggior parte delle quali è attualmente posta in atto a livello decentrato. 6.4. In proposito il Comitato rimanda al proprio parere sul tema «Effetti dell'ampliamento ai paesi candidati dell'Europa centrale ed orientale sulle politiche dell'Unione (studio d'impatto)» (). 6.5. Nel contesto di un'efficace strategia di preadesione dei paesi candidati, il Comitato sottolinea l'importanza di tenere conto delle debolezze strutturali degli Stati membri dell'Unione europea, presenti in particolare nelle zone frontaliere, e che non è stato possibile eliminare neanche dopo la soppressione della cortina di ferro. Affinché tali regioni possano adeguarsi alla nuova situazione si dovrebbe pertanto valutare anche in futuro l'opportunità di adottare misure strutturali. 7. Politiche interne ed esterne 7.1. Nella prima parte della comunicazione intitolata «Agenda 2000» la Commissione si occupa dello sviluppo delle politiche interne, che in avvenire dovranno puntare, più di quanto non sia avvenuto finora, sull'esigenza di garantire la competitività globale dell'economia europea, la crescita, nuovi posti di lavoro e moderni sistemi per la creazione di posti di lavoro. Per gli esborsi in questo ambito delle politiche interne nel periodo 2000-2006 la Commissione prevede un massimale finanziario di 51 miliardi ecu (prezzi del 1997), cifra pari al 7,3 % della spesa globale. La Commissione ammette anche che il bilancio 1999 presenta margini di manovra ragguardevoli per questa rubrica di spesa. Tali margini saranno necessari perché è decisamente complicato stimare le incidenze finanziarie dell'ampliamento e i relativi aggiustamenti delle politiche interne. 7.2. A giudizio del Comitato, le politiche interne contemplate nell'Agenda 2000 hanno un'importanza fondamentale per l'ulteriore sviluppo dell'Unione. A ciò si aggiunge che gli enti locali e regionali assolvono una funzione vitale per l'attuazione delle diverse politiche interne, ad esempio nei seguenti ambiti: - da un lato migliori condizioni per le attività delle piccole e medie imprese, ad esempio sotto il profilo della consulenza, della disponibilità d'infrastrutture e di altre condizioni di carattere generale, e dall'altro una produzione rispettosa dell'ambiente; - ciò vale anche per il potenziamento, la diffusione e lo sfruttamento delle condizioni «immateriali» per la crescita e l'occupazione, ossia l'innovazione, l'insegnamento e la formazione professionale; - ciò che conta è porre in essere politiche più moderne del mercato del lavoro e dell'occupazione in cui partnership fra enti locali e regionali, il mondo imprenditoriale e gli interlocutori sociali possano promuovere lo sviluppo e l'attuazione di nuove strategie per la creazione di posti di lavoro. 7.3. Circa le spese per le politiche esterne il Comitato dà atto che l'Unione europea dovrà mettere a disposizione i mezzi finanziari necessari per provvedimenti di politica «esterna» non solo a seguito del rafforzamento della politica estera e di sicurezza comune sancito dal Trattato di Amsterdam, ma anche per un maggiore impegno nel far fronte alle responsabilità politiche che le incombono a livello mondiale. A tal fine la proposta della Commissione prevede esborsi per circa 49,9 miliardi di ecu. Questo importo è pari al 7,1 % delle spese complessive e comporta un tasso d'incremento degli esborsi all'incirca corrispondente alla crescita prevista per il prodotto nazionale lordo della Comunità. Il Comitato si compiace di questa evoluzione, tanto più che ciò consentirà una più intensa collaborazione dell'UE a livello internazionale, specie con i paesi direttamente confinanti (ad esempio gli Stati già appartenenti all'Unione sovietica e all'Iugoslavia), con l'Albania, i paesi del Mediterraneo e la Turchia, e permetterà di attuare più ampi interventi per gli aiuti umanitari. 7.4. In relazione alle politiche sia interne che esterne il Comitato constata tuttavia che la Commissione non precisa a sufficienza la destinazione degli interventi per i quali sono proposte le programmazioni finanziarie. Invita pertanto la Commissione a presentare comunicazioni specifiche per motivare concretamente la programmazione finanziaria delle politiche interne ed esterne ed a coinvolgervi opportunamente il Comitato in funzione delle sue competenze. 8. Conclusioni 8.1. Il Comitato si compiace che la Commissione abbia optato per un'impostazione complessa della problematica del finanziamento dei compiti dell'Unione nel contesto dell'ampliamento all'est, della sicurezza della capacità d'azione interna ed esterna dell'UE, della garanzia della competitività e della creazione di maggiore occupazione, inquadrandola opportunamente nelle interconnessioni della politica dell'integrazione. 8.2. Il Comitato si compiace che la Commissione abbia proposto un quadro finanziario nel rispetto del massimale, pari all'1,27 % del prodotto nazionale lordo, previsto nella decisione vigente in materia di fondi propri. Il Comitato si compiace altresì che la Commissione si proponga di sfruttare tale «plafond» dei fondi propri solo per un massimo dell'1,22-1,24 %, in modo da tener conto delle incognite che accompagnano le previsioni in materia di crescita. 8.3. Il Comitato fa presente al tempo stesso che gli stanziamenti indicati nel nuovo quadro finanziario sono dei valori massimi di riferimento i quali, come avviene per il quadro finanziario in corso, non dovranno essere utilizzati appieno, ove possibile, nei vari progetti di bilancio della Commissione. Ciò vale particolarmente per il periodo che precederà l'adesione dei primi nuovi Stati aderenti. 8.4. Il Comitato si rammarica che la Commissione faccia anticipazioni sulle conclusioni della relazione sul funzionamento del sistema di finanziamento che è tenuta a presentare a norma dell'articolo 10 della Decisione sui fondi propri del 31 ottobre 1994. 8.5. Al tempo stesso il Comitato delle regioni fa presente che considerando in maniera unilaterale i cosiddetti «saldi netti» non si tiene conto della complessità del processo d'integrazione. Se da un lato gli apporti degli Stati membri al bilancio comunitario devono essere funzione della rispettiva capacità economica e finanziaria, il fronte delle spese da cui dipendono i «ritorni» per gli Stati membri deve essere determinato in primo luogo da considerazioni inerenti alla politica dell'integrazione. È nondimeno legittima l'analisi, da parte degli Stati membri e degli enti regionali e locali, delle ripercussioni finanziarie delle decisioni prese a livello comunitario. Per tener conto del caso in cui i contributi finanziari superino in modo esorbitante la capacità economica e finanziaria di uno Stato membro, il sistema di finanziamento dell'UE potrebbe essere integrato con un meccanismo correttore. 8.6. Gli importi stanziati per le misure di politica strutturale evidenziano che l'ampliamento dell'UE non andrà finanziato a spese delle regioni più deboli e afflitte dai maggiori problemi. Al tempo stesso i nuovi Stati membri potranno essere progressivamente coinvolti sin dall'inizio e con pari diritti alla politica di coesione economica e sociale dell'UE. Il Comitato appoggia un nuovo meccanismo riguardante le aree oggetto degli obiettivi che consenta una concentrazione verso le regioni e le categorie in difficoltà più bisognose, tenga conto del fatto che tutti gli Stati membri dell'UE possono presentare regioni con problemi strutturali e riconosca che tutte le regioni dovranno adeguarsi alle nuove condizioni. Il Comitato appoggia la proposta di un unico programma pluriennale per ciascuna regione e dichiara importante che questo tipo di programmi venga messo a punto e gestito mediante partenariati regionali. Esso ribadisce espressamente la necessità che in tale contesto i poteri locali e regionali, affiancandosi alle autorità nazionali, dispongano di una maggiore responsabilità. Il Comitato si rammarica tuttavia che l'Agenda 2000 non contenga maggiori indicazioni sui modi per rafforzare il partenariato. 8.7. Il Comitato fa presente che le proposte della Commissione in materia di agricoltura possono comportare notevoli perdite di reddito per i produttori agricoli, e in particolare per le aziende a conduzione familiare e per i piccoli produttori. Invita la Commissione a continuare a prevedere una compensazione commensurata alle riduzioni dei prezzi e ad attuare in maniera sufficiente il principio di sussidiarietà nel settore della politica agricola nell'interesse del pari trattamento di tutti i produttori dell'Unione. Il Comitato appoggia gli sforzi della Commissione per una politica strutturale coerente a favore di uno sviluppo economico, sociale ed ecocompatibile delle aree rurali. Invita altresì la Commissione a precisare a breve termine le misure orizzontali e di accompagnamento programmate, nel quadro di una politica coerente per le aree rurali e per le zone dipendenti dalla pesca assegnando loro anche finanziamenti adeguati: in caso contrario si possono infatti temere ripercussioni economiche e sociali negative degli sviluppi proposti per la politica agricola comune. Il Comitato giudica assai importante la possibilità di procedere ad un'attuazione decentrata della politica delle strutture agricole e dei redditi, al livello più idoneo. La coerenza di questi interventi va assicurata mediante un'ampia strategia di sviluppo per le singole zone, che sia messa a punto e gestita dalle autorità regionali previa consultazione delle categorie economiche interessate. 8.8. Il Comitato prende atto degli stanziamenti previsti per la strategia di preadesione e per l'adesione di nuovi membri. Si compiace che i finanziamenti previsti servano a intensificare i preparativi per l'adesione, soprattutto nell'ambito strutturale e agricolo, e che i nuovi Stati membri possano beneficiare sin dall'inizio, con pari diritti, della solidarietà europea. Il Comitato fa presente che la collaborazione interregionale con l'Europa centrale e orientale contribuisce allo sviluppo della capacità economica e amministrativa a livello decentrato e quindi alla preadesione e all'integrazione europea. 8.9. A causa dei necessari adattamenti nelle regioni strutturalmente deboli situate alle frontiere esterne dell'Unione, in caso di ampliamento andrebbe contemplato, anche in futuro, il ricorso a misure di adeguamento di politica strutturale. 8.10. Il Comitato ritiene che la politica dell'allargamento debba essere accompagnata da un particolare impegno verso l'area del Mediterraneo, che sarà sempre più chiamata a svolgere un ruolo strategico per il processo di sviluppo e di pace dell'intero bacino. Tale processo è condizione essenziale anche per la stabilità europea. 8.11. Circa le politiche interne ed esterne il Comitato constata con rammarico che nell'Agenda la Commissione non fornisce precisazioni sufficienti quanto agli obiettivi della programmazione finanziaria proposta. Essa è pertanto invitata a presentare comunicazioni specifiche che motivino le finalità della programmazione finanziaria relativa a tali politiche interne ed esterne e a coinvolgere opportunamente il Comitato delle regioni in funzione delle sue competenze. Bruxelles, 20 novembre 1997. Il Presidente del Comitato delle regioni Pasqual MARAGALL i MIRA () GU C 379 del 15.12.1997, pag. 34. () CdR 131/97 fin del 19.11.1997. () GU C 100 del 2.4.1996, pag. 72. () CdR 280/97 fin del 20.11.1997.