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Parere del Comitato economico e sociale in merito al «Libro bianco - Preparazione dei paesi associati dell'Europa centrale e orientale all'integrazione nel mercato interno dell'Unione» - (97/C 30/20) -

Gazzetta ufficiale n. C 030 del 30/01/1997 pag. 0059


Parere del Comitato economico e sociale in merito al «Libro bianco - Preparazione dei paesi associati dell'Europa centrale e orientale all'integrazione nel mercato interno dell'Unione»

(97/C 30/20)

La Commissione europea, in data 14 luglio 1995, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 198 C del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale in merito al «Libro bianco - Preparazione dei Paesi associati dell'Europa centrale e orientale all'integrazione nel mercato interno dell'Unione».

La Sezione «Relazioni esterne, politica commerciale e dello sviluppo», incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Masucci, in data 10 settembre 1996.

Il Comitato economico e sociale ha adottato il 25 settembre 1996, nel corso della 338a sessione plenaria, con 101 voti favorevoli, 2 contrari e 2 astensioni, il seguente parere.

1. Introduzione

1.1. Se il Consiglio europeo di Copenaghen ha dato l'accordo affinché i paesi associati dell'Europa centrale e orientale che lo desiderano diventino membri dell'Unione europea, è quello di Essen che ha definito la strategia per la preparazione dell'adesione, basata sulla «relazione strutturata» che dà avvio immediato ad un concreto processo d'integrazione.

1.2. È evidente la volontà di indirizzare fin dall'inizio la transizione verso l'economia di mercato e la democrazia nella direzione richiesta dal processo di integrazione utilizzando l'esperienza accumulata nella costruzione dell'Unione europea.

1.3. Le difficoltà, i problemi e gli squilibri, che nasceranno nel corso di questo processo, non solo in seno ai PECO, ma anche nei paesi dell'UE, non possono diminuire la portata storica di tali decisioni.

1.3.1. L'arricchimento che ne deriva per la nuova Europa ricostruita è di enorme portata, ed esso deriverà non solo dall'allargamento ad un'area di prevedibile forte crescita economica, ma anche dalle grandi tradizioni culturali cui siamo storicamente legati e dall'ampliamento della zona di sicurezza dell'UE.

Il Comitato si augura che questo arricchimento sia reciproco e torni proficuo alle popolazioni degli Stati che entreranno nell'Unione.

1.4. I problemi e gli squilibri, che già si manifestano, sono prevedibili e devono essere affrontati per tempo, onde evitarli ed attenuarli.

1.4.1. Essi attengono in particolare, per quanto riguarda l'UE, ai riflessi sulla PAC, sulla politica regionale e sulle risorse necessarie al finanziamento delle politiche.

Più in generale, si deve anche pensare all'aumento delle difficoltà nei processi decisionali e nella gestione di un'Unione con 25 o più Stati membri.

1.5. L'integrazione dei PECO nell'Unione europea è un grande e complesso obiettivo che deve confrontarsi con due principali difficoltà:

- l'assorbimento dell'«acquis» comunitario da parte dei paesi che partono da condizioni diverse nelle istituzioni, nelle strutture amministrative e di mercato, nei rapporti sociali e nei diritti di cittadinanza;

- l'involuzione economica e sociale seguita alla grande trasformazione politica iniziata nel 1989, che si è manifestata con la recessione economica, l'alta inflazione, l'abbassamento del potere d'acquisto di salari e pensioni, l'abbassamento del livello di protezione sociale, un'alta disoccupazione ().

1.6. Sul piano economico l'integrazione di un grande mercato potenziale di consumatori deve essere considerata, insieme alle difficoltà di riorganizzare un sistema produttivo e commerciale, di scarsa efficienza e molto centralizzato.

1.6.1. La necessità di ingenti investimenti per infrastrutture e servizi deve confrontarsi con l'assoluta carenza di capitali interni e il rischio di forti processi inflattivi.

La trasformazione dell'amministrazione statale deve fare i conti con gli apparati burocratici ereditati.

1.7. L'instabilità politica, insieme all'incertezza economica e del quadro giuridico, ha condizionato l'afflusso di capitali stranieri, che si sono indirizzati soprattutto nella Repubblica Ceca, in Ungheria e Polonia, mentre negli altri paesi si sono concentrati molto spesso nelle grandi città, anzitutto le capitali, permettendo uno sviluppo più rapido e un'offerta occupazionale apprezzabile. Ma ciò ha significato anche un aumento degli squilibri economici e sociali tra le varie aree di ogni Paese, accentuando le differenze.

1.8. Sul piano del mercato del lavoro, la ristrutturazione dell'economia e la disoccupazione hanno spinto molti lavoratori ad emigrare nei paesi occidentali, anche se negli ultimi due anni il flusso è rallentato di molto, anche per una maggiore attenzione nei controlli nei paesi di destinazione. Si registrano anche rientri nei paesi d'origine, dovuti in qualche caso al miglioramento della situazione, in altri casi al fatto che una parte degli emigrati non ha trovato opportunità di lavoro ed ha conosciuto l'emarginazione.

1.9. Tutto ciò ha prodotto in ampie fasce di popolazione delusione e reazioni al cambiamento, favorendo in alcuni casi la crescita del consenso per forze politiche guidate da esponenti moderati del precedente regime, che propongono una transizione all'economia di mercato in modo da contenere almeno in parte gli alti costi sociali che sta comportando. È alla verifica dei fatti che potrà essere valutata l'attendibilità di tale strategia.

1.10. Dal 1993 c'è stato un miglioramento in tutti i paesi, sia pure con accentuazioni diverse. Ma restano tutti i problemi strutturali di un'economia fortemente centralizzata, che necessita di profondi cambiamenti ma non dispone di una imprenditoria consolidata, di management moderno, di adeguate tecnologie e di grandi capitali.

1.10.1. Un ruolo essenziale è stato svolto in questi anni dal programma comunitario Phare, la cui validità ed efficacia (insieme con i problemi) hanno costituito oggetto di approfondita valutazione da parte del Comitato ().

1.10.2. Nonostante le grandi difficoltà, comunque, la privatizzazione e la riorganizzazione delle economie dei PECO sono state sorprendentemente rapide con netti cambiamenti (ed errori iniziali) nei modelli di produzione e di commercio.

Nella maggior parte dei PECO la metà o più del PIL è prodotto ora da imprese private (cfr. Allegato II).

1.11. È alla luce di questo contesto politico, economico e sociale che va considerato il Libro bianco preparato dalla Commissione.

2. Finalità e contenuti del Libro bianco

2.1. Il Libro bianco è un'ulteriore tappa nella strategia di preadesione, che ha visto nell'ordine:

- la stipula degli accordi di associazione;

- l'instaurazione di un «dialogo strutturato», tra l'UE e i paesi associati, in settori di dimensione transeuropea (energia, trasporti, ambiente, scienza e tecnica) e nei settori della politica estera e della sicurezza nonché della giustizia e degli affari interni;

- la messa in opera di politiche e assistenza tecnica nel quadro di un'intensa cooperazione, che ha avuto in particolare nel programma Phare il suo strumento principale.

2.2. La CIG aperta il 29 marzo 1996 a Torino, ha tra le sue finalità anche quella di preparare le istituzioni e le politiche dell'UE all'ampliamento.

Solo dopo la conclusione della CIG si apriranno i negoziati per l'adesione, che comporta l'accettazione dell'intero corpus legislativo della Comunità. Ma la Commissione ha opportunamente proposto, nella fase di preadesione, «un iter per il recepimento da parte dei paesi associati della legislazione nei settori principali» ().

Scopo della strategia di preadesione è di stabilire un piano di lavoro per i paesi associati finalizzato al recepimento per fasi dell'«acquis» comunitario. Al momento dell'adesione i paesi interessati diventeranno parte del mercato interno, per questo il Consiglio di Essen ha ritenuto che la relativa preparazione debba essere al centro della strategia di preadesione ed ha chiesto alla Commissione di presentare un Libro bianco sul mercato interno, che ha come obiettivo quello di stabilire un programma, secondo il quale ciascun paese può «sotto il controllo dell'Unione giungere a soddisfare i requisiti per partecipare al mercato interno».

2.3. Il documento è diretto ai sei paesi che già hanno con l'UE accordi di associazione e cioè: Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria e Romania; la sua validità si estende anche alle Repubbliche Baltiche e alla Slovenia, che sono in corso di associazione. Ed è quindi importante che anche a questi ultimi paesi venga applicata fin da ora la strategia di preadesione.

Esso ha una validità generale nel senso che non indica una via per ciascun Paese, ma è diretto all'insieme dei paesi.

2.4. Il Libro bianco è formato da due testi: il primo, più breve e di contenuto più politico, approfondisce finalità, contesto e natura del mercato interno; il secondo, che in realtà è un allegato, è molto più ampio e tecnico, perché riporta ed espone la legislazione comunitaria su tutti gli aspetti del mercato interno.

2.4.1. Più in dettaglio, nella prima parte:

- il capitolo 1 descrive l'impostazione del Libro bianco;

- il capitolo 2 illustra il mercato interno, indica gli ostacoli alla libera circolazione e come la legislazione comunitaria li abbia superati; viene quindi analizzato il ruolo della concorrenza;

- il capitolo 3 espone i criteri di scelta della legislazione comunitaria presentata nell'allegato, delle schede relative al ciascun settore e gli obiettivi;

- il capitolo 4 descrive la situazione rilevata nei PECO in rapporto al mercato interno, rilevando alcuni principali problemi di allineamento alla normativa comunitaria;

- il capitolo 5 contiene le strategie e i programmi specifici di assistenza comunitaria ai PECO;

- il capitolo 6 conclude con l'illustrazione dei risultati positivi che si possono ottenere attuando il Libro bianco e dei compiti che a questo scopo spettano alla Commissione da una parte, ai PECO e ai Paesi membri dall'altra.

2.4.2. L'allegato invece analizza i singoli settori, dalla libera circolazione alla politica sociale, dai problemi veterinari a quelli ambientali, dai trasporti ai mezzi audiovisivi. Vengono esposte le scelte fondamentali della Comunità, gli atti legislativi, le strutture necessarie per garantirne l'applicazione.

2.5. L'aspetto più importante del Libro bianco consiste proprio nel fatto che «individua le misure chiave in ogni settore del mercato interno e suggerisce una successione di tappe per portare a termine il processo di riavvicinamento legislativo» ().

Come sottolineano le conclusioni del Consiglio di Cannes, il Libro bianco non stabilisce gerarchie tra i settori né impone delle priorità ed un calendario. Sono i paesi interessati che devono stabilire il proprio programma, in base al loro contesto nazionale ed alle loro priorità, tenendo conto del quadro generale definito dagli accordi di associazione.

2.6. Con questo parere, il Comitato si esprime sull'adeguatezza e rispondenza di questo documento alle finalità per le quali esso è stato redatto dalla Commissione e sulle finalità stesse, partendo da una visione d'insieme delle condizioni di sviluppo politico, economico e sociale nei PECO e nell'UE, individuando eventuali insufficienze e suggerendo integrazioni e modifiche che dovessero ritenersi opportune.

3. Uno strumento fondamentale

3.1. Il presente parere vuole avere un valore politico generale. Le valutazioni che seguono riguardano l'impianto complessivo del Libro bianco, perché sembra opportuno rinviare le analisi relative ai vari settori (libera circolazione, politica sociale, trasporti, energia, TLC, concorrenza, ambiente, protezione dei consumatori, ecc.) a successivi pareri che le competenti Sezioni del Comitato potranno adottare.

In questo modo potrà essere compiuta una disamina più approfondita e più puntuale, fornendo alla Commissione più dettagliate proposte di integrazione e modifica.

Purtuttavia, si ritiene opportuno formulare anche alcune brevi osservazioni di carattere generale su alcuni dei principali temi di carattere orizzontale (cfr. Allegato I).

3.1.1. In questo senso sembra muoversi la Commissione stessa, che ha già elaborato alcuni testi su tematiche specifiche riguardanti l'allargamento comunitario ai PECO, sia per quanto riguarda l'impatto sulla politica UE, sia per gli effetti interni a quei paesi.

Un primo documento prende in considerazione la politica commerciale e l'assistenza nei confronti dei PECO (e dei NSI) (), dimostrando con dovizia di dati statistici come l'UE sia diventata il maggior partner commerciale di quei paesi; il secondo riguarda l'agricoltura () e individua nel bisogno di modernizzazione e assistenza tecnica la prima urgenza da affrontare, analizzando anche l'impatto per la PAC conseguente all'allargamento.

3.2. Va anzitutto riconosciuto che il Libro bianco presentato dalla Commissione riveste un'importanza fondamentale, perché rappresenta una vera e propria «summa europea» in cui viene rappresentata analiticamente la complessa realtà del mercato unico, sia sotto il profilo più squisitamente giuridico che dal punto di vista dell'«architettura» istituzionale e amministrativa che è stata costruita in questi decenni.

Anche i rappresentanti della società civile dei PECO, sia nelle risposte ai questionari che nell'audizione di Varsavia, hanno giudicato il Libro bianco come un contributo utile ed importante.

3.2.1. Esaminando i vari capitoli di illustrazione generale e poi più dettagliatamente le schede dell'allegato, si ha l'immediata visione del percorso fatto, spesso faticoso e non privo di grossi ostacoli superati con intelligenza e disponibilità dagli Stati membri e dai governi, per arrivare ad un'integrazione europea sempre più ampia e più profonda.

3.2.2. Indubbiamente quindi le autorità governative, ma anche le forze economiche e sociali dei PECO, troveranno nel Libro bianco uno strumento essenziale nell'affrontare i problemi connessi all'ingresso nell'Unione europea.

3.2.3. In particolare, l'esposizione (capitoli 2 e 3) riguardante i principi del mercato interno e della politica di concorrenza, con la legislazione relativa all'abolizione delle barriere commerciali e per garantire la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali, indica ai governi dei PECO un programma di necessarie riforme legislative e amministrative attraverso le quali preparare quei paesi all'armonizzazione comunitaria e alla realizzazione del mercato interno.

3.2.4. Tenendo conto delle profonde differenze che, nonostante i cambiamenti di questi anni, allo stato attuale persistono nel sistema economico e amministrativo dei PECO, il Libro bianco propone, per la fase di pre-adesione, un «iter» per il recepimento della legislazione che comporta cambiamenti più radicali. Viene quindi fatta una distinzione tra «misure chiave» e il resto delle misure applicabili, operando distinzioni di priorità anche all'interno delle prime.

3.2.5. Altrettanto importante è l'insistenza sulle condizioni necessarie per l'attuazione e l'applicazione della legislazione, cioè:

- la riforma degli apparati amministrativi e dell'intera società;

- la presenza di organi e strutture in grado di garantire il rispetto e il funzionamento delle leggi.

3.3. Infatti la vera difficoltà non è tanto quella di rendere identici o di adeguare i testi giuridici, quanto di adattare le amministrazioni e di creare le condizioni sociali, politiche, economiche e tecniche per l'applicazione di tale legislazione.

3.4. L'audizione di Varsavia ha dimostrato che il Libro bianco può essere un potente catalizzatore interno per i PECO; questa è una ragione in più perché la dimensione sociale e l'invito a tenere conto delle opinioni dei gruppi di interessi, come ad esempio i consumatori, siano ben presenti.

4. Osservazioni generali

4.1. Il Comitato sostiene l'impostazione della Commissione di far partire l'inizio per i negoziati dopo la fine della CIG. L'adesione presuppone l'accettazione dell'acquis comunitario, e i tempi per l'adesione dei singoli paesi dipenderanno anche dal percorso fatto nell'adeguamento a tutto l'acquis. Il Comitato auspica che vengano soddisfatte in tempo le condizioni necessarie affinché i negoziati di adesione possano iniziare contemporaneamente per tutti quegli Stati che sono parti contraenti di un accordo di associazione o che siano sul punto di essere associati. Questo auspicio mira a far sì che i paesi che sono più indietro rispetto alle esigenze fissate dall'UE siano incoraggiati ad accelerare i loro sforzi.

4.1.1. Il recepimento e l'implementazione dell'acquis comunitario costituiscono certamente impegni gravosi per i PECO, ma sono anche il passaggio obbligato per un'integrazione a pieno titolo nell'UE. L'UE di cui dovranno far parte è infatti quella definita dall'acquis comunitario. È questo un dato che non può essere messo in discussione.

4.1.2. Il processo di integrazione in corso nei PECO è globale perché riguarda tutti i settori della legislazione. Eventuali differenze che dovessero persistere per motivi di particolare rilevanza economica, sociale o culturale, potranno essere superate attraverso lo strumento tecnico delle direttive-quadro, che permettono il rispetto delle particolarità nell'unicità di indirizzo.

4.1.3. Nel frattempo sarebbe vantaggioso che i PECO intensificassero la cooperazione interna, almeno allo stesso livello della loro cooperazione con l'UE.

La cooperazione interna tra i PECO trova difficoltà in reticenze di carattere storico. Le istituzioni dell'UE dovrebbero impegnarsi nei loro programmi e nella pratica a incoraggiare e a facilitare questa cooperazione interna.

4.2. Il Comitato considera il Libro bianco come un importante strumento per accelerare l'integrazione dei PECO nell'UE e per facilitare la cooperazione tra di loro. L'integrazione sarà alla fine vantaggiosa sia per i paesi dell'Est che per quelli dell'Ovest e resta l'obiettivo finale dei rapporti tra UE e PECO. È necessario un impegno particolare nella costruzione di reti integrate di trasporti, di energia e di tlc tra i PECO da una parte e l'UE dall'altra. È inoltre importante che si sviluppino gruppi di interesse indipendenti in rappresentanza di una società civile attiva, sia per il progresso economico, sia per quello della democrazia.

Allo scopo di promuovere la crescita e la convergenza economica nei PECO, devono essere stimolate le ristrutturazioni e la modernizzazione dell'economia, specialmente dell'industria e della pubblica amministrazione, devono aumentare gli investimenti interni e stranieri. Queste trasformazioni devono contribuire, quanto più rapidamente possibile, al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle popolazioni, che è lo scopo essenziale dell'integrazione europea.

4.3. Una precondizione per la crescita degli investimenti e dello sviluppo è un quadro certo di legalità, con una normativa stabile e con applicazioni predeterminate.

Il problema più importante è però il fatto che non basta adeguare le leggi, ma occorre anche avere le strutture e quindi le risorse che sono necessarie. Per questo, sarà fondamentale l'aiuto, tecnico e finanziario che l'UE potrà fornire attraverso Phare ed altri programmi d'assistenza, per permettere una implementazione omogenea della legislazione del mercato interno.

Per ottenere la massima efficacia, gli sforzi di implementazione dovrebbero focalizzarsi sui «colli di bottiglia» economici, legislativi e regolamentari, che possono essere individuati anche con l'aiuto degli operatori economici nazionali e stranieri attivi in ciascuno dei PECO ().

Un attento monitoraggio, compiuto con la partecipazione della società civile, permetterà un maggior controllo dell'efficacia nell'impiego dei fondi comunitari.

4.3.1. Si tratta anche della necessità di una «sicurezza giuridica», cioè di «garantire ai singoli cittadini l'accesso alla giustizia, soprattutto per quanto riguarda le decisioni delle pubbliche autorità» (). E questo accesso deve essere ragionevolmente rapido.

4.4. D'altra parte, c'è anche un problema interno all'Unione che ha importanti ricadute su tutto il percorso dell'allargamento ai PECO: la realizzazione piena del mercato unico, tenendo conto che il treno del mercato unico è in corsa e che questi Paesi non aderiranno al mercato interno quale esso oggi è, ma quale esso sarà al momento dell'adesione.

Come anche il Comitato ha rilevato nel parere () sullo stato di realizzazione del mercato interno, «il ritmo incalzante delle sfide e delle scadenze per l'Unione europea - che si tratti della pressione della concorrenza internazionale, della programmazione prossima dell'Unione monetaria o delle prospettive annunciate di nuovi ampliamenti - esige inequivocabilmente un impulso politico per assicurare a breve termine il completamento di un vero e proprio mercato interno».

4.4.1. È necessario quindi che l'UE adotti rapidamente le misure necessarie ancora mancanti per completare il mercato unico fra i 15 Stati membri prima dell'allargamento a nuovi membri. In aggiunta alla normativa per eliminare le barriere tecniche ancora esistenti, queste misure riguardano anzitutto la libera circolazione delle persone, un regime fiscale completo e definitivo per le transazioni intracomunitarie e una più forte cooperazione doganale nei confronti dei Paesi terzi. Tale auspicio è stato efficacemente avanzato nel più recente parere del Comitato sullo stato di realizzazione del mercato interno ().

4.5. La completa applicazione dell'acquis comunitario da parte dei PECO dovrà comprendere misure che non sono ancora in vigore tra gli attuali Stati membri. Inoltre, al momento dell'adesione sarà presumibilmente già realizzata l'UEM, cioè una realtà economica e politica profondamente diversa.

Ciò giustifica adeguati periodi di adattamento e transizione su materie ben delimitate per le quali ciascun Paese ha gravi problemi di adattamento.

5. Gli effetti dell'ampliamento

5.1. Per una migliore valutazione del Libro bianco, è opportuno anche tener conto degli effetti dell'ampliamento ai PECO sulle politiche comunitarie. La Commissione ha presentato nel dicembre 1995 una Relazione interinale () su questo argomento, come richiesto dal Consiglio europeo di Essen.

5.2. Viene confermato anzitutto che il calendario dell'ampliamento dipenderà essenzialmente dai progressi compiuti dai paesi candidati per quanto riguarda le riforme politiche ed economiche necessarie all'adesione. Si giudica quindi prematuro fissare un calendario, tenendo anche conto che ogni adesione verrà esaminata singolarmente, anche per evitare che i ritardi di un paese condizionino gli altri.

5.3. Considerando che il processo di integrazione dei PECO e quindi di ampliamento dell'UE è già cominciato, la Commissione ritiene che le decisioni dell'Unione sullo sviluppo futuro delle sue politiche devono tener conto di questa prospettiva di ampliamento.

5.4. A questo proposito, la Commissione prevede che se durante la Conferenza intergovernativa «non saranno introdotte riforme nel funzionamento e nel processo decisionale delle istituzioni, l'ampliamento potrebbe comportare la paralisi e persino la disintegrazione» ().

Ciò viene ritenuto «condizione essenziale non soltanto per l'apertura dei negoziati di adesione ma per l'attuazione positiva dell'ampliamento».

5.5. Per quanto riguarda gli effetti dell'ampliamento, la Commissione giudica molto positivi anzitutto quelli politici, in quanto l'adesione dei PECO darà un contributo importante alla pace, alla sicurezza e alla stabilità in Europa e aumenterà il suo peso sulla scena mondiale. In particolare, la Commissione prevede che aumenterà la possibilità di cooperazione nella lotta internazionale contro la criminalità e gli stupefacenti.

5.5.1. La Commissione rileva che in alcuni casi la tutela delle minoranze rimane una questione delicata e ritiene necessario un sistema di controlli e di verifiche più efficace a livello costituzionale. Il Comitato condivide questo punto di vista.

5.6. Per quanto riguarda gli effetti economici, viene sottolineata l'importanza dell'allargamento del mercato unico a più di 100 milioni di consumatori, ma si rileva altresì il serio problema costituito dal differenziale forte attualmente esistente tra le economie dei PECO e l'UE.

In particolare la Commissione rileva che, partendo da un PIL medio pro capite attualmente pari a circa il 30 % di quello medio UE (tranne la Slovenia, pari al 50 % e la Repubblica Ceca che supera il 40 %), alla luce delle più accreditate previsioni di crescita nella regione e nel mondo molti di questi paesi ancora nel 2005 non disporranno di un PIL pro capite superiore al 40 % della contemporanea media UE.

5.6.1. Ma la stessa Commissione incita a «non esagerare i problemi economici che l'Unione dovrà risolvere nel quadro dell'adeguamento» ().

5.7. A proposito delle misure specifiche da adottare nei vari settori, la Commissione annuncia che sta esaminando i problemi che possono sorgere nel campo della libera circolazione dei lavoratori e dei capitali, dei servizi finanziari, dell'energia, dei trasporti, dell'ambiente, della politica sociale e della protezione dei consumatori. Sui risultati di queste analisi verrà informato il Consiglio con una relazione.

5.8. Per quanto riguarda in particolare la politica di coesione, la Commissione sostiene che «è difficile prevedere quale sarà in futuro la politica dell'Unione in materia di coesione oppure le sue implicazioni finanziarie, anche per l'Unione allo stato attuale e, per quanto riguarda l'Unione ampliata, i calcoli teorici basati sull'estrapolazione degli accordi attuali non sono attendibili» (). Si ritiene comunque necessaria una riforma graduale per la quale sarà necessario un certo tempo.

5.8.1. Nell'ipotesi di una piena applicazione della politica di coesione ai nuovi Stati membri, la Commissione prevede accordi transitori successivi all'adesione, ricordando che «l'esperienza suggerisce che contributi elevati rispetto al PIL dei beneficiari non riescono ad essere utilizzati in maniera efficace e possono persino distorcere la struttura economica» ().

5.9. La relazione si sofferma anche sulla politica agricola, ricordando le riforme già introdotte per orientare maggiormente verso il mercato e rinviando allo studio già citato. Si conferma comunque il convincimento della Commissione che, indipendentemente dall'ampliamento, non sia auspicabile mantenere la situazione attuale.

5.9.1. Secondo la Commissione «sembra preferibile sviluppare ulteriormente l'approccio già avviato nelle riforme del 1992, che implica un minor ricorso al sostegno dei prezzi, una maggiore enfasi su considerazioni di carattere ambientale e sociale e lo sviluppo di una politica agricola integrata» ().

Questa strategia agevolerebbe l'integrazione dell'agricoltura PECO, privilegiando programmi destinati al miglioramento strutturale e allo sviluppo rurale, che sono essenziali per le esigenze di quei Paesi, senza peraltro provocare effetti di distorsione sui livelli dei prezzi.

Su questa materia è in corso di elaborazione uno specifico parere del Comitato.

6. Il rapporto tra il Libro bianco e la complessiva strategia di preadesione

6.1. Dando atto alla Commissione di aver elaborato uno strumento di importanza fondamentale non solo per il percorso dei PECO verso l'UE, ma anche per l'elaborazione futura delle politiche comunitarie, si devono rilevare alcune insufficienze che possono appannare l'obiettivo valore del Libro bianco.

6.2. In questa sede, si deve rilevare, innanzitutto, che i modi in cui è affrontato il rapporto tra l'allineamento ai principi del mercato interno e l'acquisizione dell'intero ordinamento comunitario ed anche tra le «misure chiave» e l'intero corpo normativo attinente al mercato interno non contribuiscono a chiarire quali saranno le condizioni richieste per l'adesione. Anzi contribuiscono a creare qualche confusione.

6.2.1. Il Libro bianco afferma (), ad esempio, che «... l'effettiva adesione all'Unione (...) comporta l'accettazione dell'intero ordinamento comunitario». E, più avanti al punto 3.4, che «nessuna parte dell'ordinamento comunitario può essere scorporata dal resto» e che «I negoziati finali di adesione con i PECO affronteranno l'intero corpus legislativo comunitario».

6.2.2. Solo la lettura delle conclusioni del Consiglio di Cannes consente di comprendere che «I paesi associati recepiranno l'intero "acquis" costituito dalla legislazione e dalle politiche comunitarie, eventualmente dopo determinati periodi di transizione, quando diventeranno membri dell'Unione».

6.3. Questa impostazione rende ancora più preoccupante la trattazione della «dimensione sociale».

Se ne parla esplicitamente al capitolo 3, ai paragrafi 3.8 e 3.9 Il tema viene poi ripreso al capitolo 4, paragrafo 25.

6.4. «Come sancito esplicitamente dal Trattato - recita il paragrafo 3.8 - la dimensione sociale è un elemento essenziale della politica relativa al mercato interno» mentre al paragrafo 3.9 si conferma che «il raggiungimento di alti livelli di protezione sociale è un obiettivo fondamentale dell'Unione a cui possono contribuire, fra l'altro, i benefici economici derivanti dal mercato interno». Viene cioè giustamente affermato che i due aspetti sono complementari.

6.5. Ma appaiono degli omaggi verbali, dato che la preoccupazione principale del Libro bianco sembra essere soprattutto quella di assicurare la massima «agibilità» del mercato interno più che quella di garantire migliori condizioni di vita e lavoro per i cittadini comunitari. Infatti si danno per scontate le motivazioni fondamentali che hanno portato gli Stati membri a dare importante spazio nel Trattato alla dimensione sociale e si ritiene invece opportuno sottolineare che «squilibri a livello di legislazione nazionale in materia di diritti dei lavoratori o di salute e sicurezza sul posto di lavoro potrebbero tradursi in costi non omogenei per gli operatori economici con il rischio di falsare la concorrenza» (par. 3.8).

6.5.1. Ci si potrebbe quindi legittimamente aspettare il rinvio ad un altro Libro bianco sulla politica sociale finalizzato alla coerenza del modello sociale.

6.6. Invece, secondo quanto si legge al paragrafo 3.9, «nel presentare la legislazione connessa al mercato interno, il Libro bianco si sofferma su quegli aspetti della legislazione sociale che incidono sul funzionamento del mercato interno o che costituiscono un necessario complemento di altre misure di valore fondamentale, soprattutto nel settore del diritto societario».

6.7. Il Libro bianco rappresenta una sorta di «biglietto di presentazione» dell'UE verso i paesi che vogliono aderire. Anche se esso è centrato sul mercato interno, questo è parte di un modello socioeconomico complesso. La stessa Commissione d'altra parte riconosce che il Libro bianco non tocca tutte le attività dell'UE e dovrà essere completato. Bisogna chiedersi se l'immagine che viene fuori dal Libro bianco rappresenta ciò che l'UE vuol dare di se stessa e soprattutto di ciò che vorrebbe essere.

6.8. In quest'ottica, la «lettura» che viene data della dimensione sociale nel Libro bianco, come elemento del funzionamento della concorrenza e del mercato unico, non sembra condivisibile. Anzitutto perché si rischia in questo modo di togliere alla dimensione sociale la sua autonomia.

6.8.1. Il mercato interno è il valore aggiunto dell'UE, ma l'obiettivo ultimo dell'allargamento dovrebbe essere la promozione della sicurezza e della stabilità e del modello socioeconomico europeo.

Il mercato interno non deve essere inteso come fine a se stesso, ma come strumento per migliorare la qualità della vita e di lavoro dei cittadini e condizione per il libero svolgimento delle attività economiche delle imprese.

6.8.2. Le quattro libertà garantite dal mercato interno devono essere strettamente legate alla dimensione sociale. Quindi il dialogo sociale deve far parte di questo processo di creazione del mercato interno.

6.8.3. La politica sociale non può essere trattata come se fosse un aspetto settoriale, ma come una «dimensione» che deve attraversare tutte le problematiche dell'integrazione. Una strategia di adesione deve marciare su due direttrici fondamentali: quella economica e quella sociale.

6.8.4. Si deve sottolineare l'inscindibilità tra mercato interno e dimensione sociale, anche per evitare un ampliamento ai PECO che si limiti alla creazione di una zona di «libero scambio», invece della costruzione di un'Europa caratterizzata dall'economia sociale di mercato. La politica sociale quindi dovrà anch'essa essere al centro dell'integrazione.

6.9. Si potrebbe affermare che il Libro bianco si limita alle misure relative al mercato interno, ma si tratta di un'affermazione palesemente infondata perché è chiaro quanto incida la spesa sociale sulle condizioni di competitività e di concorrenza.

6.10. Una faccia del problema, di indubbia rilevanza, è il pericolo di «dumping sociale», che rischia di mettere in crisi interi settori nell'UE a causa della delocalizzazione produttiva, creando nell'opinione pubblica degli stessi Stati membri una ostilità nei confronti del processo di integrazione che certamente non favorisce la costruzione di un'Unione europea allargata.

6.11. Indubbiamente i limiti della concezione, che della strategia di preadesione manifesta la Commissione attraverso questo Libro bianco, derivano dall'impostazione politica del documento da cui trae legittimità, cioè l'Allegato IV alle conclusioni del Consiglio di Essen, dove non una parola è spesa sulla politica sociale.

6.12. Anche in questa occasione si insiste su una filosofia che contribuisce al distacco dei cittadini dalle istituzioni europee e che ha fatto registrare crescenti difficoltà nei processi di ratifica del Trattato di Maastricht.

6.13. Al paragrafo 4.25, infine, viene riportata «sic et simpliciter» l'affermazione dei governi dei PECO che «nel settore della politica sociale ritengono che gran parte della loro legislazione sia ormai vicina ai livelli dei paesi UE». Questa affermazione è stata però contestata dalle confederazioni sindacali presenti all'audizione di Varsavia. Ciò deve portare la Commissione almeno a rivedere il suo modo di presentare le cose.

6.14. La Commissione quindi con questo Libro bianco prescinde dai problemi reali che si incontrano inevitabilmente quando si vuole affrontare il tema del ravvicinamento formale ed effettivo delle condizioni dei PECO.

Non si tiene conto, ad esempio, delle mutate condizioni di distribuzione del reddito provocate dall'abbattimento (ancora da realizzare in molte realtà) del sistema di economia centralizzata e dell'apparato burocratico dei vecchi regimi, e dall'adozione del libero mercato competitivo, con l'emergenza di nuovi ceti sociali e la penalizzazione forte di altre categorie prima protette, con le conseguenze che ciò comporta sul piano politico e su quello sociale.

7. Conclusioni

7.1. Il Comitato insiste perché venga definita una strategia non soltanto di adesione ma anche di integrazione reale dei PECO. Ciò implica innanzitutto la chiara indicazione da parte dell'UE dei cambiamenti che effettuerà per prepararsi all'adesione dei PECO; in secondo luogo l'accettazione da parte dei PECO del modello socioeconomico dell'UE, che deve avere come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei cittadini nonché delle condizioni che consentono la libera attività economica delle imprese e terzo, l'attento esame, da parte delle istituzioni comunitarie, di alcune realizzazioni sociali presenti nei PECO.

7.1.1. Il Comitato ribadisce l'importanza per l'UE, anche ai fini di una migliore sensibilizzazione dell'opinione pubblica degli Stati membri e di quelli associati, di proporre come «messaggio centrale» un modello socioeconomico complessivo, in cui la politica sociale diventa fondamentale.

7.2. Il Comitato chiede alla Commissione di analizzare l'impatto sociale delle misure previste nel Libro bianco e di proporre politiche di accompagnamento che vadano oltre l'assistenza tecnica realizzata con Phare.

Il rapporto che, secondo quanto deciso al recente Vertice di Madrid, la Commissione dovrà redigere per ogni singolo paese sullo stato di avanzamento delle legislazioni e di predisposizione degli strumenti amministrativi necessari per l'ingresso nell'UE, dovrà estendersi anche alla legislazione sociale, ai meccanismi di protezione e tutela dei lavoratori, delle donne, dei minori, ecc.

7.3. Ciò è importante anche per evitare che si crei tra UE e PECO una «zona di libero scambio» senza reale costruzione comunitaria, anche se solo per un periodo transitorio che non sappiamo quanto potrebbe essere lungo.

Gli attuali accordi europei possono creare questo genere di situazione e il dialogo strutturato non è sufficiente a superare questo stadio iniziale di alleanza economica. Si tratta quindi di riaffermare la volontà di una vera integrazione con i PECO.

7.3.1. L'obiettivo non può essere quello di allargare il mercato dei consumatori, ancora dominato dai produttori occidentali, come dimostra il surplus della bilancia commerciale a favore dell'UE (nel 1988 import ed export erano quasi equivalenti) ma il fine principale deve essere quello di integrare dei cittadini in un modello di società ad economia sociale di mercato, con la partecipazione fondamentale delle parti sociali.

7.4. Bisogna evitare l'errore già fatto in questi decenni passati all'interno dell'UE: quello di ridurre la costruzione della Comunità prima e dell'Unione poi ad un'elaborazione elitaria affidata ai tecnici della politica, dell'economia e del diritto, senza coinvolgere i cittadini attraverso le organizzazioni socioeconomiche, informandole e rendendole partecipi.

Ciò è tanto più importante in paesi che stanno vivendo un processo di grande trasformazione politica ed economica con alti costi sociali e che quindi rischiano di sviluppare una concezione dell'integrazione all'UE fondata soltanto sugli eventuali costi sociali aggiuntivi, senza percepirne il disegno complessivo sul piano politico, economico, sociale e culturale.

7.5. È importante notare che tutte le parti sociali dei PECO, così come anche gli esperti accademici, osservano che il processo di integrazione non spetta solo ai governi e nel corso dell'audizione si sono lamentate di non essere state associate al dialogo dei governi con le autorità dell'UE.

I risultati di un'impostazione così limitata non possono essere positivi né per il corretto funzionamento del mercato interno né per lo sviluppo dell'associazionismo socioeconomico.

La Commissione dovrebbe insistere ufficialmente affinché le organizzazioni socioeconomiche siano coinvolte e il dialogo sociale venga favorito come componente essenziale del modello di società che stiamo costruendo insieme. Alla società civile spetta un ruolo fondamentale nel rafforzamento della democrazia.

7.5.1. I meccanismi d'informazione messi in opera dalla Commissione nei PECO non sono certo sufficienti ad assicurare la conoscenza e la trasparenza dei processi d'integrazione in atto. Essi non possono supplire ad un compito che appartiene essenzialmente alle istituzioni di questi Paesi e che attualmente sembra carente, sia pure non dappertutto nella stessa misura.

7.5.2. L'attuale situazione di consenso generale, di cui gode la prospettiva dell'integrazione, sia a livello di opinione pubblica che di interessi socioeconomici organizzati, lascia intendere che una capillare informazione e partecipazione non farà ritardare il processo a causa dell'inevitabile pressione degli interessi, ma la faciliterà e la rafforzerà. Inoltre, il coinvolgimento degli interessi, anche di quelli che possono essere colpiti in una prima fase, eviterà che l'ignoranza possa essere strumentalizzata da chi, al momento opportuno, potrebbe opporsi all'adesione.

7.6. Per parte sua il Comitato deve insistere nella costruzione dei comitati economici e sociali misti tra l'UE e i PECO. A tre anni dalla decisione presa, solo quello con l'Ungheria sta per entrare in funzione a seguito di una decisione del Consiglio d'Associazione presa nel luglio 1996.

Essi sarebbero invece molto utili al fine di permettere alle parti sociali e agli altri interessi di poter esprimere il proprio parere sui temi che sono oggetto del dialogo strutturato tra i governi dei PECO e il Consiglio europeo.

7.6.1. Seguendo l'auspicio espresso da diversi rappresentanti dei PECO durante l'audizione di Varsavia, il Comitato decide di creare e intrattenere direttamente un processo di dialogo con questi rappresentanti. Ciò significherà la realizzazione di un osservatorio, capace di seguire da vicino il cammino dell'integrazione.

7.7. Se si tiene conto delle problematiche esposte, i periodi transitori specifici per ciascun paese dovranno tenere conto dei diversi punti di partenza e dei diversi percorsi di adeguamento compiuti.

In questo senso si è orientato il recente Vertice di Madrid, che ha deciso un'apertura contemporanea delle trattative di adesione, ma con sviluppi secondo tempi propri per ogni paese.

7.8. D'altra parte proprio l'instabilità politica e sociale determinatasi negli ultimi tempi come reazione ai disagi provocati dal cambiamento portano a concludere che è necessario che il processo d'integrazione non subisca ritardi.

L'UE e ogni singolo devono sentire il problema di questa integrazione come un obiettivo «proprio» che li interessa direttamente nel loro futuro di sviluppo economico e sociale, in una visione strategica essenziale. Dall'esito di questa integrazione può derivare un rafforzamento decisivo del ruolo e delle capacità competitive dell'Europa di fronte alle altre grandi aree economico-commerciali. L'UE non dovrebbe rinviare le riforme interne necessarie per tale integrazione.

7.9. È importante sottolineare anche l'opportunità che, mentre si preparano all'ingresso nell'UE, i PECO costruiscano intanto il massimo di integrazione al loro interno, armonizzando anche i programmi di adesione.

Ciò potrà realizzarsi anche attraverso un intensificarsi della cooperazione regionale, superando le resistenze di tipo politico e di tipo economico. Del resto in questo senso vanno anche alcuni programmi di aiuti allo sviluppo che incoraggiano le iniziative regionali.

7.10. Il Comitato chiede alla Commissione di essere costantemente informato dello stato di avanzamento della preparazione del processo d'integrazione e delle differenti misure che vengono prese al fine di essere in grado di esprimere tempestivamente le sue valutazioni, sia con pareri di iniziativa che su richiesta della Commissione.

7.11. Il Comitato rimanda le valutazioni più approfondite sui vari aspetti dell'adesione a pareri complementari che le competenti Sezioni del Comitato potranno decidere.

Bruxelles, 25 settembre 1996.

Il Presidente del Comitato economico e sociale

Carlos FERRER

() Commissione europea, Europa 2000+, 1994, pag. 234.

() CES, Rapporto d'informazione su «La valutazione del programma Phare», relatore: Gafo Fernandez (doc. CES 1281/94).

() CCE, Libro bianco - Preparazione dei Paesi associati dell'Europa Centrale e Orientale all'integrazione nel mercato interno dell'Unione, COM(95) 163 def., punto 3.16.

() CCE, Libro bianco, 1995, pag. 1 (cfr. Originale).

() Commissione europea: Per una maggiore integrazione economica, 1995.

() Commissione europea: Studio sulle strategie alternative per lo sviluppo delle relazioni nell'agricoltura tra l'UE e i PECO nella prospettiva di una adesione futura di questi paesi (Documento sulla strategia agricola), IP/95/1314.

() Anche la linea di bilancio B3, trattino 4004 creata dal PE provvede alla copertura delle spese di partecipazione dei cittadini dei Paesi PECO alle iniziative finanziate.

() CCE, Libro bianco, cit. punto 2.30.

() CES, Parere in merito alla «Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo: il mercato interno nel 1994» (relatore: Vever), GU n. C 39 del 12. 2. 1996.

() CES, Parere in merito alla «Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo: il mercato interno nel 1995» (relatore Vever), GU n. C 212 del 22. 7. 1996.

() CCE, Relazione interinale della Commissione al Consiglio europeo sugli effetti dell'ampliamento ai PECO sulle politiche dell'UE, CSE(95) 605.

() Ibidem, punto 5.

() Ibidem, punto 24.

() Ibidem, punto 38.

() Ibidem, punto 42.

() Relazione interinale, punto 45.

() Libro bianco, pag. 1.

ALLEGATO I

Osservazioni sull'allegato al Libro bianco

1. Nel settore della libera circolazione dei capitali è difficile operare una distinzione tra misure chiave e le altre misure, ma la descrizione del cammino già compiuto dall'UE a partire dal 1960 può essere di grande utilità. Anche se, essendo profondamente cambiata la situazione dei mercati finanziari rispetto agli anni '60 e '70, e quindi avendo anche perso di significato una distinzione rigida tra movimenti di capitale a lungo e a breve termine, la sequenza dei provvedimenti può essere diversa e tenere conto piuttosto della specificità dell'economia di ciascun paese.

1.1. Comunque una piena liberalizzazione appare una priorità indispensabile per attirare gli investitori stranieri e creare un settore finanziario concorrenziale.

L'allegato al Libro bianco (ALB) indica, in maniera forse troppo generica, le misure di accompagnamento necessarie.

2. Il settore della libera circolazione e sicurezza dei prodotti industriali è fondamentale per l'inserimento nel mercato unico e lo sviluppo degli scambi. Il Comitato appoggia completamente l'approccio dell'ALB e condivide l'opinione che l'armonizzazione in questo campo rappresenta un processo non solo tecnico molto complesso per trasformare un sistema rigido e centralizzato in un nuovo sistema partecipativo.

Si sottolineano in particolare due aspetti i cui effetti vanno al di là del settore in questione.

2.1. In primo luogo, per quanto riguarda la prevenzione di nuovi ostacoli agli scambi (Direttiva 83/139/CEE), la raccomandazione di mettere di piedi un sistema comparabile di scambi d'informazione tra i PECO, in modo da potere, in una seconda fase, realizzare un accordo tra l'UE e questi paesi, cioè tra due sistemi comparabili. Questa procedura va nel senso di una stretta collaborazione regionale.

2.2. In secondo luogo - per quanto attiene alle direttive «nuovo approccio» relative alle questioni generali quali la sicurezza, la salute e l'ambiente -, il richiesto coinvolgimento e la partecipazioni delle categorie interessate, dei consumatori, della parti sociali e la sostituzione degli organismi statali con organismi partecipativi di normalizzazione basati sul consenso.

È chiaro che si tratta di un passaggio con un profondo significato politico e sociale.

3. Il ristabilimento delle condizioni del libero mercato nel settore della concorrenza è uno dei compiti più gravosi in questi Paesi dove l'economia di stato è preponderante. In parallelo con il processo difficile di privatizzazione, un primo passo è certo quello di distinguere tra lo Stato e le imprese controllate dallo Stato attraverso l'attribuzione di una personalità giuridica distinta.

Durante la fase di preadesione i PECO dovranno inoltre dotarsi di un'autorità nazionale con potere di controllo analogo a quello comunitario.

4. Per quanto riguarda le politiche e azioni sociali - pur ribadendo il concetto che la dimensione sociale va considerata in sé e non in rapporto al mercato interno e che quindi la Carta dei diritti sociali fondamentali e l'Accordo sulla politica sociale incluso nel Trattato di Maastricht possono già essere un punto di riferimento nella fase di preadesione - il Comitato concorda sull'importanza delle priorità indicate e formula alcune prime osservazioni generali.

4.1. Particolarmente nel settore della parità di opportunità per le donne e gli uomini, è opportuno ricordare che la legislazione comunitaria non ha lo scopo di sostituirsi a norme nazionali più avanzate. Infatti è in atto in questi paesi, a seguito della caduta del prodotto interno ed al peggioramento delle condizioni di vita un ridimensionamento della presenza e del ruolo delle donne sul lavoro.

4.2. Il modo in cui viene riportato l'articolo 118A del Trattato può generare l'equivoco che alle PMI non vada posto alcun vincolo amministrativo risultante dalla legislazione sulla salute e sicurezza sul lavoro. Il testo del Trattato si riferisce invece a «... vincoli ... di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese».

Comunque nella prima tappa andrebbero incluse tutte le direttive di carattere generale.

4.3. Per quanto riguarda il diritto e le condizioni di lavoro pare conveniente che la Direttiva 94/45 sui comitati d'impresa europei sia inclusa nella prima tappa anche per sancire una situazione di fatto che vede già l'esistenza di comitati d'impresa estesi ai PECO.

5. L'ambiente dovrebbe far parte di quelle politiche oggetto delle «relazioni strutturate» e - com'è detto negli accordi di associazione - le relative misure devono essere integrate nelle politiche di sviluppo fin dall'inizio. L'inquinamento è un problema particolarmente grave in quasi tutti i PECO e nessuna eccezione può essere tollerata.

Anche in questo caso, le politiche ambientali non possono essere considerate solo in rapporto al mercato interno, ma godono di una loro autonomia, che necessita di un proprio programma di convergenza e armonizzazione, come auspicato dal Consiglio «Ambiente» del 5 ottobre 1994.

5.1. Una particolare importanza rivestono in questo campo le misure di accompagnamento per dare efficacia alle norme legislative. In questo senso un ruolo potrebbe essere svolto dall'Agenzia europea dell'ambiente.

6. Un diritto delle società che comporti delle regole comuni elementari è fondamentalmente per il funzionamento del mercato interno.

Si concorda con il Libro bianco che prioritarie sono le norme relative alla libertà creare imprese, filiali e partecipare al capitale e tutte le regole dirette ad assicurare la trasparenza e la protezione dei creditori, insieme alle indispensabili misure amministrative e di accompagnamento.

7. La protezione della proprietà intellettuale è una condizione indispensabile in un mercato sempre più competitivo e pregiudiziale per favorire la creatività intellettuale e la libera circolazione delle idee.

Il Comitato concorda con l'opinione che l'adesione dei PECO (con l'eccezione della Bulgaria) agli accordi dell'Uruguay Round e quindi anche al Trade-related aspects of Intellectual Property Rights, non è sufficiente a soddisfare le esigenze del mercato interno, e che quindi occorre creare un ambiente giuridicamente armonizzato.

In attesa, sarà opportuno adottare degli accordi transitori per la protezione dei prodotti e dei servizi.

8. Il Comitato condivide infine l'approccio relativo alla protezione dei consumatori, della quale è indispensabile riconoscere e confermare la natura e l'obiettivo specifico. Essa non deve essere considerata come un sottoprodotto delle politiche del mercato interno e della concorrenza.

Estremamente completo è poi l'elenco delle condizioni necessarie a permettere l'applicazione della legislazione, e in particolare il riconoscimento dei diritti fondamentali dei consumatori, l'informazione e l'educazione dei consumatori, l'accesso alla giustizia e la promozione dell'associazionismo.

ALLEGATO II

Il percorso di sviluppo economico

1.1. Per avere un quadro sia pur sommario, ma indicativo, del percorso di sviluppo compiuto dai PECO, vediamo qualche dato statistico più significativo, con l'avvertenza che la raccolta e l'elaborazione dei dati in quei paesi deve essere ancora molto migliorata ().

Per quanto riguarda il PIL, calcolato in $ USA, dal 1992 al 1995 c'è stata questa evoluzione:

- in Bulgaria da 8,6 miliardi a 12,9;

- nella Repubblica ceca da 28 miliardi a 45,0;

- in Ungheria da 36,5 miliardi a 44,0;

- in Polonia da 84,3 miliardi a 121,0;

- in Romania da 221,1 miliardi a 33,7;

- nella Repubblica slovacca da 10,9 miliardi a 16,0.

1.2. Il debito estero dei vari paesi ammontava a 10,7 miliardi di $ in Bulgaria (1995), 13 miliardi di $ nella Repubblica ceca (1995, II quadr.), 33 miliardi di $ in Ungheria (1995, II quadr.), 44,3 miliardi di $ in Polonia (1995, IV quadr.), 4,8 miliardi di $ in Romania (1995, II quadr.), 5,0 miliardi di $ in Slovacchia (1995, II quadr.).

1.3. Il processo di privatizzazione è andato avanti con ritmi diversi nei vari paesi. Considerando la % di PIL prodotto da imprese private, nel 1994 in Bulgaria si era al 27,2 %, nella Repubblica ceca al 56,3 %, in Romania al 35 %, in Slovacchia al 58 %, in Ungheria e Polonia rispettivamente al 50 % e 55,3 % (dati 1993).

1.4. Molto varia è stata la tendenza dei consumi privati: mentre in qualche paese come la Bulgaria nel biennio 1992/1993 si è registrata una diminuzione del - 13,2 %, nella Repubblica ceca aumentavano del 23,3 % tra il 1992 e il 1994; in Ungheria, dopo una lieve flessione nel 1992 (- 1,3 %) sono aumentati dell'1,3 % all'anno nel 1993-1994; in Polonia c'è stato un aumento di 11,8 punti nel 1992-1994; per la Romania abbiamo un solo dato, negativo, per il 1992, il 9,8 %; la Repubblica slovacca è in controtendenza, con una crescita di consumi dell'1,2 % nel 1993 e una diminuzione di 3,4 % nel 1994.

1.5. Tutti i paesi anche se con incidenze diverse, hanno registrato alti tassi di inflazione: in Bulgaria si è arrivati ad un picco del 122 % nel 1994, ma nel 1995 l'aumento è stato limitato al 28,6 %; in Polonia l'inflazione è stata del 44,4 % nel 1992 ed è scesa nel 1995 al 20,7 %. La Romania ha toccato il 295 % nel 1993, calato drasticamente al 27,4 % nel 1995; in Slovacchia, dopo una risalita dal 9,1 % del 1992 al 25,1 % nel 1993, si è ridiscesi all'11,7 % nel 1994 e al 6,7 % nel 1995. Anche per la Repubblica ceca c'è stata una risalita nel 1993 al 18,2 % dopo il 12,7 % nel 1992, ma già nel 1994 si è tornati al 10,25 % e nel 1995 l'inflazione si è fermata all'8,7 %.

1.6. Quanto alla disoccupazione, alla fine del 1995 arrivava all'11 % in Bulgaria, al 10,4 % in Ungheria, al 14,9 % in Polonia, al 13,1 % in Slovacchia; in Romania si è all'8,7 % mentre il dato più positivo è quello ceco del 3,1 %.

I salari mensili nel 1995 erano pari a 123 $ in Bulgaria, 380 $ nella Repubblica ceca, 346 $ in Ungheria, 294 $ in Polonia, 146 $ in Romania, 279 $ in Slovacchia.

1.7. Per il 1996, le previsioni BERS, OCSE, FMI concordano sul fatto che i PECO costituiranno l'area di crescita più dinamica.

1.8. È importante sottolineare l'insufficienza delle statistiche nel raccontare la crescita compiuta dal 1990 ad oggi nei PECO: ciò è dovuto anche al fatto dell'esplosione dell'economia sommersa, che sfugge alle rilevazioni, ma la cui incidenza è dimostrata, ad esempio, dallo scarto tra l'evoluzione della capacità d'acquisto dei salari da una parte e l'incremento dei consumi dall'altra. In Polonia, ad esempio, tra il 1990 e il 1992 c'è stata una riduzione del 30 % del potere d'acquisto dei salari e parallelamente c'è stata un'esplosione dei consumi che ha fatto superare al paese la recessione. L'incidenza dell'economia sommersa viene quantificata al 30 % del PIL, per quanto riguarda l'Ungheria e almeno al 20 % per la Polonia ().

1.9. Ai PECO negli ultimi anni sono state erogate molte risorse finanziarie comunitarie: tra il 1990 e il 1993, attraverso il programma Phare, oltre 2 200 milioni di ECU, ai quali si sono aggiunti 1 308 milioni di ECU attraverso la BEI e 29 212 milioni di ECU attraverso la BERD.

1.10. Negli anni '90 gli scambi commerciali tra l'UE e l'Est europeo nel suo complesso sono aumentati notevolmente. Le statistiche che riguardano complessivamente i PECO () hanno registrato nel 1994 un aumento del 21,7 % per le esportazioni dell'UE verso i PECO e un aumento del 26,7 % delle importazioni nell'UE ai PECO, con un valore di circa 40 miliardi e 33,6 miliardi di ECU. Per avere un'idea del forte aumento, basta pensare che nel 1988 lo scambio era intorno ai 20 miliardi di ECU, complessivamente per import-export.

Di questo scambio commerciale, i rapporti UE-PECO assorbono più dei tre quarti del totale, il 77 % circa (1994).

Il saldo della bilancia commerciale è stato favorevole all'UE per 6,4 miliardi di ECU.

Degli Stati membri, tre Paesi (Germania, Italia e Francia) assommano più del 76 % dello scambio (la Germania da sola più del 50 %).

1.10.1. Per quanto riguarda le importazioni in UE, la Polonia è il più importante fornitore con 27 % e un valore di 9,1 miliardi di ECU, seguita dalla Repubblica ceca (19 %) e Ungheria (15 %). La Germania è il principale sbocco commerciale delle esportazioni CEEC, col 53 % del totale, seguita da Italia (16 %) e Francia (8 %).

Per le esportazioni UE, è sempre la Polonia ad assorbire la quantità maggiore di prodotti pari al 27 % e un valore di 10,8 miliardi di ECU, seguita dalla Repubblica ceca col 20 % e dall'Ungheria col 15 %. Trai i Paesi membri, la Germania è al primo posto per le esportazioni nei CEEC col 50 % seguita da Italia (18 %) e Francia (8 %).

1.11. Il saldo attivo della bilancia commerciale per l'UE (6,4 miliardi di ECU nel 1994) è dovuto soprattutto a motori, macchinari, strumentazioni meccaniche, veicoli, materie plastiche e derivati. Il deficit è dovuto soprattutto ad articoli di abbigliamento non lavorato, legno e articoli in legno, ferro e acciaio.

Più della metà di questo surplus è dovuto agli scambi con la Polonia (1,7 miliardi di ECU), con la Repubblica ceca (1,6 miliardi di ECU) e con l'Ungheria (1,2 miliardi di ECU).

Tra i paesi UE è l'Italia a registrare il saldo attivo più alto, con 2,1 miliardi di ECU, mentre il Portogallo e Irlanda hanno aumentato percentualmente di più l'export nel 1993 rispetto all'anno precedente (+ 68 % e + 53 %), mentre le importazioni dai CEEC sono cresciute di più nel Benelux (+ 60 %), Spagna (+ 58,5 %) sempre nel 1994 rispetto al 1993.

() I dati contenuti in questo allegato sono tratti dalle seguenti fonti:

- Key Economic Indicators. 1992-second quarter 1995, Stockholm Institute of East European Economics;

- Eurostat, Statistics in focus - External trade, 1995-7

- Business Central Europe, May 1996.

() Per l'Ungheria, la valutazione è dell'economista Lazlo Csaba, senior economist presso l'Istituto di ricerche di mercato Kopint-Datorg; per la Polonia, la valutazione è contenuta in una ricerca dell'Istituto centrale di statistica (GUS) con l'Accademia polacca delle scienze.

() I PECO sono: Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, Rep. ceca, Rep. slovacca, Ungheria, Romania, Bulgaria, Albania, Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, FYROM (Former Yugoslav Republic of Macedonia).

ALLEGATO III

>SPAZIO PER TABELLA>