PARERE D' INIZIATIVA DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE in merito alla "Politica monetaria"
Gazzetta ufficiale n. C 393 del 31/12/1994 pag. 0211
Parere in merito alla politica monetaria (94/C 393/32) Il Comitato economico e sociale ha deciso, in data 24 febbraio 1994, in conformità dell`articolo 23, terzo comma del Regolamento interno, di elaborare un parere in merito alla politica monetaria. La Sezione « Affari economici, finanziari e monetari », incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Meyer-Horn in data 6 settembre 1994. Il Comitato economico e sociale ha adottato all`unanimità il 15 settembre 1994, nel corso della 318a sessione plenaria, il seguente parere. SINTESI 1. La politica economica deve affrontare ora il nodo della disoccupazione in maniera energica e in via prioritaria, altrimenti c`è il pericolo che si giunga ad una situazione che farà apparire utopistica l`idea di unione monetaria. Tuttavia, se la politica economica necessaria in un clima di recessione viene coordinata in modo adeguato, essa non sarà necessariamente in contraddizione con la politica di convergenza indispensabile alla preparazione dell`UEM (1.5.1). 2. I programmi di convergenza devono essere adatti alle condizioni di recessione e occorre ampliarli in programmi di convergenza e di ripresa. Data la disoccupazione di massa e la recessione, ci si deve più che mai impegnare per coordinare la politica economica e monetaria nella Comunità, per rispettare gli indirizzi di massima comuni e rafforzare la sorveglianza multilaterale (1.5.2). 3. Una positiva esecuzione dei compiti affidati all`IME, segnatamente la collaborazione tra le banche centrali ed il coordinamento della loro politica monetaria con l`obiettivo di promuovere la stabilità monetaria, costituirebbe la premessa per i primi provvedimenti comuni di politica monetaria nel quadro dell`IME (2.1.4). 4. Il CES rammenta la sua richiesta di prevedere a tempo debito, con l`aiuto dei mezzi di comunicazione nazionali, un`illustrazione esauriente, e volta a creare fiducia, delle conseguenze dell`UEM, con particolare riferimento alla sostituzione delle monete nazionali con una moneta unitaria ed unica, l`ecu (2.1.7.1). 5. L`opinione pubblica andrebbe informata sulle riflessioni in corso riguardanti la configurazione delle banconote in ECU, mediante rapporti dell`IME e del suo gruppo di lavoro ad hoc. Diversamente dal formato delle banconote e dalla qualità della loro carta, il loro « design » non è un problema che possa essere deciso escludendo totalmente l`opinione pubblica (2.1.7.2.). 6. Il CES ritiene che tutte le banconote in ECU debbano avere una configurazione unitaria per tutti i paesi. Sulle due facce di ogni pezzo potrebbero essere raffigurati due scienziati, artisti e luoghi culturali di Stati membri di fama europea, cosicché ogni Stato si ritrovi almeno su una delle 8 banconote in ECU (per es. da 1, 2, 5, 10, 20, 50, 100 e 200 ECU) (2.1.7.3) 7. L`IME dovrebbe contribuire alla più stretta cooperazione tra le banche centrali ed al coordinamento della loro politica monetaria, con frequenza e tempestività, attraverso pareri e raccomandazioni, anche se non vincolanti. Con pareri e raccomandazioni fondati, basati su analisi approfondite, l`IME può conquistare la credibilità e la fiducia cui deve aspirare per la sua attività quale predecessore di una banca centrale europea (2.2.3). 8. La più stretta cooperazione delle banche centrali ed il coordinamento della politica monetaria vanno affiancati da una maggiore sintonizzazione delle politiche economiche degli Stati membri (3.1.1). 9. Secondo il Comitato economico e sociale, il Comitato monetario può svolgere un ruolo importante nel coordinamento della politica economica e di quella monetaria, esaminando i diversi punti di vista, rappresentati da un lato nel Consiglio ECOFIN e, dall`altro, nell`IME. 10. L`opinione degli ambienti socioeconomici rappresentati nel Comitato assume una speciale importanza proprio nel caso dei problemi affrontati dalla relazione economica annuale e dagli indirizzi di massima della politica economica, cioè quelli della stabilità monetaria, dell`occupazione, degli investimenti e dei costi di produzione (3.2.2). 11. Il Comitato accoglierebbe con favore la fissazione da parte del Consiglio dell`IME, prima della terza fase, in maniera esplicita e indipendentemente dal tasso d`inflazione medio di un obiettivo monetario di stabilità ambizioso che la prospettiva di una moneta comune stabile rende possibile (4.2.4). 12. Il Comitato considera i « margini normali di fluttuazione » di cui all`art. 109 j, primo paragrafo, come un concetto giuridico che non abbisogna al momento di una definizione quantitativa. Fino a quando verrà mantenuto l`allargamento « provvisorio » dei margini, rimarrà, in primo luogo, più contenuta la pressione speculativa sulla griglia di parità dello SME e, secondariamente, resterà la possibilità di adeguare i tassi di cambio, in caso di progressi non uniformi verso la convergenza, senza conseguenze drammatiche (4.3.5). 13. Nel quadro dell`IME andrebbe considerata, in connessione con la politica dei corsi di cambio, un`iniziativa concordata sull`inserimento dei prodotti finanziari derivati nel campo di attività della vigilanza bancaria. La vigilanza bancaria sui prodotti derivati nei paesi dell`UE, possibilmente in accordo con i paesi OCSE, ridurrebbe la portata dei movimenti speculativi di denaro sui mercati delle divise o, quanto meno, non li farebbe aumentare ulteriormente (4.3.7). 14. Il grado di integrazione raggiunto con la realizzazione del mercato interno, rende indispensabile un certo ravvicinamento degli strumenti di politica monetaria, soprattutto in relazione ai movimenti di denaro e di capitali ed alla crescente attività transfrontaliera degli enti creditizi e delle compagnie di assicurazione (4.5.2). 15. Nella politica di mercato aperto sembra opportuno un rapido ravvicinamento nel ventaglio dei titoli negoziabili sul mercato monetario, dei buoni del tesoro, dei certificati del tesoro e altri valori mobiliari, ceduti ed acquistati dalle banche centrali per controllare la liquidità del credito e in parte anche dell`intera economia (4.5.3). 16. L`IME dovrebbe avanzare proposte per una definizione comune della massa monetaria (M1 e M2) e per l`uniformazione del suo calcolo statistico. Come secondo passo nell`ambito dell`IME si potrebbe esaminare in quali condizioni le banche centrali si potrebbero accordare su un rispetto comparabile degli obiettivi di offerta di moneta nella seconda fase e, infine, su un ravvicinamento di tali obiettivi o dei loro margini (4.5.5). 17. Il ravvicinamento degli strumenti e delle procedure di politica monetaria contiene già in sé una preparazione alla politica monetaria comune e quindi è un compito importante dell`IME mettere a punto, già nella seconda fase, un progetto capace di raccogliere consensi (4.5.6). MANDATO Il Comitato economico e sociale ha deciso di elaborare un parere d`iniziativa in merito alla politica monetaria, volendo esprimersi, pur non essendo obbligatoria la sua consultazione in merito, sulla realizzazione dell`Unione economica e monetaria. La politica monetaria assume infatti un significato rilevante per la ripresa e per la convergenza delle economie e quindi per il passaggio, fissato al più tardi nel 1999, all`Unione economica e monetaria. Le esperienze di cooperazione istituzionalizzata delle banche centrali nell`Istituto monetario europeo sin dall`inizio del 1994 e i progressi nell`elaborazione di una politica monetaria comune verranno esaminati nella Conferenza intergovernativa programmata per il 1996, dove verrà anche considerata un`eventuale revisione del Trattato di Maastricht sull`Unione europea. 1. La politica monetaria nella seconda fase dell`UEM nel contesto della crisi 1.1. La politica monetaria non può essere considerata, nella seconda fase dell`UEM o successivamente, isolatamente; essa non costituisce un obiettivo in sé, ma coadiuva la politica economica, possibilmente in maniera tale da promuovere un incremento costante del reddito nazionale, che crei e garantisca posti di lavoro e contestualmente eviti uno sviluppo inflazionistico. In aggiunta, la politica economica nell`UE persegue la convergenza delle economie (art. 103, paragrafo 3) in vista dell`obiettivo finale dell`Unione economica e monetaria, senza la quale non è possibile sfruttare appieno i vantaggi del mercato interno. 1.2. In base all`art. 109 J, quarto paragrafo, del Trattato CEE nella versione approvata a Maastricht, la data d`inizio della terza fase è fissata al 1° gennaio 1999, qualora non venga fissata un`altra data anteriore. Alla data d`inizio della terza fase, il Consiglio (art. 109 L, quarto paragrafo) adotta i tassi di conversione ai quali le monete sono vincolate e quello al quale « rapidamente » l`ecu viene a sostituirsi a queste valute. Tuttavia, oggi a distanza di oltre quattro anni da questa scadenza del 1999, invece di preparativi febbrili per l`Unione monetaria, in primo piano si trovano la disoccupazione di massa e la recessione che non è stata ancora superata. L`indagine dell`Euro-Barometer (40-12/93) segnala che per il 67 % degli intervistati il maggior problema è la disoccupazione, per il 9 % l`inflazione e per il 10 % l`instabilità dei cambi. 1.3. Già nel 1991, nel corso dei negoziati nella Conferenza intergovernativa emersero dubbi sulla fattibilità di un`Unione economica e monetaria e, in particolare, sulla possibilità - da un lato, di affidare una futura politica monetaria comune ad una banca centrale europea indipendente, - dall`altro, di lasciare ancora ai governi nazionali la politica economica e finanziaria, limitandosi quindi solo al coordinamento nel Consiglio ECOFIN, nel quadro degli orientamenti generali comuni e senza una politica economica e finanziaria comune decisa da un « governo europeo » comunque strutturato. 1.4. Nel frattempo la recessione, la peggiore della seconda metà del secolo, e la disoccupazione di massa, in parte di origine strutturale, sollevano nuovi dubbi sull`Unione economica monetaria decisa a Maastricht, come quelli di seguito elencati. 1.4.1. La politica economica e finanziaria resa necessaria dall`esistenza di 17 milioni di disoccupati non è in contraddizione con quella orientata alla convergenza delle economie che esige un`Unione economica e monetaria ? 1.4.2. La reazione () al Libro Bianco della Commissione () su « Crescita, competitività e occupazione » non mostra forse quanto diversamente tali sfide vengano giudicate, per es. gli investimenti per circa 400 miliardi di ECU entro il 1999 nel settore delle reti transeuropee di trasporto, telecomunicazioni ed energia ? 1.4.3. Possono 12, e poi forse 16, Stati membri raggiungere regolarmente un consenso sul coordinamento delle loro politiche economiche ? Ci si può aspettare un tale consenso dopo l`esperienze fatte con la raccomandazione di indirizzi di massima della politica economica per la Comunità del dicembre 1993 (), per es. la raccomandazione della Commissione secondo la quale la Comunità si sarebbe dovuta dare l`obiettivo di creare entro il 2000 15 milioni di posti di lavoro, dimezzando in tal modo l`attuale disoccupazione (1994 : 12 %) ? 1.4.4. Non esiste la minaccia di una spaccatura della Comunità, di fronte alla prospettiva di una decisione del Consiglio europeo (in base all`art. 109 G e H del Trattato CEE) di creare l`UEM solo con la metà dagli Stati membri ? Non si pretenderanno, già nella seconda fase, sforzi eccessivi agli Stati membri con problemi analoghi di ritardo economico per avanzare nel cammino verso la convergenza ? La prevista messa a disposizione di risorse a valere sui fondi strutturali e il fondo di coesione costituisce un aiuto adeguato agli sforzi di tali paesi di fare qualche passo ulteriore nella direzione di una migliore convergenza nominale ed anche reale ? 1.4.5. Dati questi dubbi, la scadenza dell`Unione economica monetaria non deve essere rinviata e i criteri di convergenza, considerato il peggioramento delle condizioni economiche, non vanno resi meno rigidi ? 1.5. I dubbi enumerati al punto 1.4. hanno indotto il Comitato a completare il parere () dell`ottobre 1993 sull`analisi delle politiche da seguire durante la fase transitoria dell`UEM con questo parere sulla politica monetaria. Il Comitato si chiede in che modo si possa attuare un coordinamento della politica monetaria in condizioni di crisi e come si possa preparare una UEM con una moneta unica. Il Comitato ha maturato la posizione qui di seguito esposta. 1.5.1. Qualora la politica economica non aggredisca sin d`ora energicamente e in modo prioritario il nodo della disoccupazione, la situazione potrebbe aggravarsi al punto di rendere utopistico il progetto di Unione monetaria. Se la politica economica richiesta dalla recessione viene coordinata opportunamente, tuttavia, essa non sarà necessariamente in contraddizione con la politica di convergenza necessaria per la preparazione dell`UEM. 1.5.2. I programmi di convergenza devono essere adattati alle condizioni economiche di recessione e vanno ampliati in programmi per la convergenza e la ripresa. In condizioni di disoccupazione di massa e recessione va rafforzato l`impegno per il coordinamento della politica economica e monetaria nella Comunità, per il rispetto degli orientamenti generali ed il potenziamento della sorveglianza multilaterale. Gli orientamenti generali, vale a dire gli indirizzi di massima della politica economica (vedi punto 1.4.3.) potrebbero, in una nuova raccomandazione, dirigere verso un sostegno attivo della crescita economica senza trascurare gli obiettivi a medio termine della politica di convergenza (). Infatti, dati i grandi progressi compiuti nella realizzazione del mercato interno e della libertà di movimento dei capitali, le interconnessioni delle economie e la reciproca dipendenza sono tali che provvedimenti economici e monetari presi in maniera autonoma dai singoli Stati membri risultano negativi sia per lo Stato che li adotta sia per i paesi vicini. La rinuncia all`Unione monetaria sarebbe uno shock per l`economia che potrebbe acuire notevolmente i problemi di disoccupazione e recessione. 1.5.3. Il Comitato non pensa che la soluzione possa consistere semplicemente nell`allentare i criteri di convergenza. Una tale correzione non sarebbe affatto indispensabile. Alcuni criteri di convergenza infatti hanno un carattere relativo, vale a dire si riferiscono a Stati membri che presentano comparativamente i migliori risultati (art. 109 J, primo paragrafo). Altri sono soggetti ad interpretazione (art. 104 C, paragrafo 2). Il prodotto interno lordo d`altronde deve essere calcolato in modo affidabile con le stesse modalità e qui sorgono i problemi relativamente all`inserimento nel calcolo dell`« economia sommersa ». È emerso che adottando nuovi parametri di valutazione del PIL, nel caso del Portogallo il criterio relativo al rapporto tra debito pubblico e PIL viene soddisfatto. Pertanto assume una speciale importanza la più stretta cooperazione nel campo statistico (). 1.5.4. Una modifica dei criteri di convergenza avrebbe inoltre il doppio svantaggio di - far affievolire ulteriormente la fiducia, comunque già scossa, nella possibilità di realizzare l`UEM e - di far trascurare gli sforzi per raggiungere una maggiore convergenza. 1.5.5. D`altro canto in alcuni paesi, i criteri di convergenza relativi alle politiche di bilancio, possono assumere, in presenza dell`attuale recessione, solo una priorità a medio termine. Non dovrebbero costituire motivo o pretesto per provvedimenti economici atti a rendere più grave la crisi. Un`interpretazione eccessivamente restrittiva dei criteri fissati per i bilanci potrebbe ridurre il necessario margine di manovra per la politica congiunturale e determinare una politica prociclica anziché anticiclica. D`altro lato bisognerebbe contenere il nuovo indebitamento reso inevitabile dagli esborsi straordinari per l`occupazione, perché in alcuni Stati membri il servizio del debito grava già pesantemente sui bilanci pubblici. Tuttavia bisogna far sì che il progressivo rientro dei disavanzi di bilancio e del debito pubblico pesi soprattutto e unilateralmente sugli Stati membri interessati prima dell`adesione all`Unione monetaria (cfr. punto 3.1.4). 1.5.6. L`importanza dei criteri di convergenza sta inoltre nel fatto che essi sono stati intesi e andranno interpretati come una norma di qualità per la futura Unione monetaria; questa condizione di qualità si riferisce segnatamente alla stabilità del valore dell`ECU, stabilità che è compito prioritario della politica monetaria della futura Banca centrale europea. La maggior parte degli Stati membri ha approvato il Trattato di Maastricht proprio perché nutriva fiducia in una moneta europea stabile (cfr. punto 4.2.4). Il Comitato condivide l`idea () secondo la quale la politica e i comportamenti degli Stati membri fino al 1996 dovrebbero essere in linea con l`obiettivo della stabilità che presuppone un tasso d`inflazione non superiore al 2 %-3 %. Comportamenti non coerenti rappresentano un ostacolo notevole alla crescita economica e mettono sotto pressione la politica monetaria che si trova costretta a perseguire l`obiettivo della stabilità con una politica di alti tassi d`interesse. 2. Il quadro istituzionale della politica monetaria 2.1. Ruolo e compiti dell`IME 2.1.1. Il Trattato sull`Unione europea non ha dato all`IME alcuna competenza specifica in materia di politica monetaria interna, e secondo il Comitato, a ragione, in quanto si avrebbero altrimenti conflitti di interesse, considerato che nella seconda fase la competenza in questo campo è esclusivamente delle banche centrali nazionali. Nondimeno si dovrebbe prendere in considerazione l`ipotesi che le banche centrali, verso la fine della seconda fase, adottino, in misura limitata, determinati provvedimenti monetari comuni nell`ambito dell`IME. Si tratterebbe in particolare di interventi sui mercati delle divise e della fissazione di obiettivi comuni di massa monetaria. 2.1.2. Interventi autonomi dell`IME sul mercato delle divise presuppongono ovviamente che le banche centrali nazionali gli trasferiscano una parte delle loro riserve di divise. Inoltre le banche centrali nell`ambito del Consiglio dell`IME dovrebbero accordarsi su una politica comune dei tassi di cambio, cosa tuttavia difficile per la probabilità che si rendano ancora necessarie variazioni delle parità nel caso di progressi non omogenei verso la convergenza e anche considerato lo sfruttamento differenziato della banda di oscillazione, allargata al 15 % da ambo i lati il 2 agosto 1993, nel sistema dei tassi di cambio. 2.1.3. La fissazione di obiettivi comuni di massa monetaria da parte dell`IME potrebbe essere considerata un aiuto orientativo per le banche centrali, addizionale ma non vincolante. La massa monetaria viene definita tuttavia in modo diverso da paese a paese e diversamente calcolata. Non in tutti i paesi la massa monetaria riveste lo stesso significato per la politica monetaria delle banche centrali, orientandosi piuttosto la politica monetaria di alcune banche centrali, in via primaria, verso i tassi di cambio e/o verso il livello degli interessi. In taluni paesi gli obiettivi di massa monetaria costituiscono addirittura un criterio superato; in altri, viene attribuito uno speciale significato, ai fini della politica monetaria, ad un approccio più razionale al debito pubblico. 2.1.4. I primi provvedimenti monetari comuni nel quadro dell`IME presuppongono che l`IME assolva con successo i compiti () affidatigli e precisamente promuovere la collaborazione tra le banche centrali nazionali e il coordinamento della loro politica monetaria con l`obiettivo della stabilità monetaria, assumere i compiti del Fondo europeo per la cooperazione monetaria e sorvegliare il Sistema monetario europeo. 2.1.5. Inoltre l`IME deve tra l`altro, in ordine al compito statutario di preparazione della terza fase dell`Unione economica e monetaria, promuovere l`efficienza dei pagamenti () comunitari transfrontalieri, elaborare norme per il regolamento delle operazioni tra le banche nazionali nel quadro del futuro sistema europeo di banche centrali e incentivare la cooperazione statistica () nella sua sfera di competenza. Il Comitato considera opportuno che l`IME incentivi inoltre anche la collaborazione in questioni relative alla vigilanza bancaria, che rientra in parte tra le competenze delle stesse banche centrali, in parte è affidata ad autorità di vigilanza indipendenti e in parte è esercitata separatamente sull`attività creditizia, sulle assicurazioni e sulle borse valori. Nel quadro della collaborazione nel campo della vigilanza bancaria andrebbero esaminate, in particolare, iniziative comuni per esercitarla anche nei confronti dei cosiddetti prodotti finanziari derivati (cfr. punto 4.2.7.). 2.1.6. Secondo il Comitato i due compiti più importanti affidati all`IME sono il coordinamento della politica monetaria delle banche centrali aderenti (cfr. punto 2.2) e la messa a punto degli strumenti e delle procedure necessarie per attuare la politica monetaria comune (cfr. punto 4.5). 2.1.7. Nel caso di due altri compiti statutari dell`IME il Comitato ritiene opportuna un`informazione tempestiva ed esauriente dell`opinione pubblica, e cioè, in linguaggio comprensibile : - la supervisione sulla preparazione tecnica (configurazione e denominazione) per l`emissione di circa 15 miliardi di ECU in banconote e di circa 100 miliardi di ECU in monete, e - l`impegno per facilitare l`impiego dell`ECU. 2.1.7.1. Il Comitato rammenta la sua richiesta () di procedere, a tempo debito e con l`aiuto dei mezzi di comunicazione nazionali, ad illustrare in modo esauriente e atto a creare un clima di fiducia, le conseguenze dell`Unione economica e monetaria, in particolare in riferimento alla sostituzione delle monete nazionali con una moneta unica, l`ecu. In effetti, l`introduzione dell`ecu come moneta comporta una riconversione senza precedenti storici ad una struttura dei prezzi e dei redditi completamente nuova in tutti i paesi dell`Unione monetaria, in base al tasso di cambio del momento della moneta nazionale in ECU, tasso di cambio che può andare da un numero di quattro cifre prima della virgola ad uno con quattro cifre dopo la virgola e che non dà assolutamente come risultato una cifra arrotondata. 2.1.7.2. L`opinione pubblica deve essere tenuta informata sul procedere delle riflessioni relative alla configurazione delle banconote in ECU attraverso rapporti dell`IME e del suo gruppo di lavoro ad hoc. Diversamente dal formato e dalla qualità della carta delle banconote il loro « design » è una questione che non può essere decisa escludendo totalmente l`opinione pubblica. 2.1.7.3. Il Comitato ritiene che tutte le banconote dovrebbero avere un`unica configurazione per tutti i paesi. Sulle due facce di ogni pezzo potrebbero essere raffigurati due scienziati, artisti o luoghi culturali di fama europea di due Stati, cosicché ogni Stato si « ritrovi » perlomeno su una delle 8 banconote in ECU (per es. pezzi da 1, 2, 5, 10, 20, 50 e 100 ECU). Una configurazione del genere delle banconote esprimerebbe l`intera eredità culturale europea. Tuttavia l`aspetto delle banconote non può rimanere un mistero fino al 1999. 2.2. Il coordinamento 2.2.1. Il Comitato spera che la cooperazione monetaria delle banche centrali nel quadro istituzionale dell`IME possa essere intensificata, vale a dire che essa vada oltre la collaborazione che già si è sviluppata nel Comitato CE dei governatori delle banche centrali. Senza una graduale e più stretta cooperazione nella seconda fase è difficile immaginare che, all`avvio della terza fase, una banca centrale europea possa svolgere una politica monetaria comune. 2.2.2. Il coordinamento nella pratica della politica monetaria è ancora più importante del quadro normativo corrispondente. Esso è sicuramente reso più difficile dal fatto che, - da un lato, le banche centrali, fino al termine della seconda fase, veglieranno gelosamente sulle loro competenze monetarie e la loro indipendenza mantenuta fino a quel momento, - dall`altro, non è pensabile che il passaggio ad una politica monetaria comune attuata da una banca centrale europea avvenga in un giorno. Le banche centrali dovrebbero pertanto accordarsi tra loro il più spesso possibile e certamente prima di tutte le decisioni importanti. L`IME costituisce la sede adeguata a tal fine. Oltre agli accordi, solitamente informali, i governatori delle banche centrali dovrebbero incontrarsi regolarmente a date fisse, forse ogni due settimane, in una riunione del Consiglio dell`IME. Ciò sarebbe una condizione preliminare importante perché i governatori delle banche centrali all`inizio della terza fase, a quel punto in quanto membri del Consiglio della BCE, possano assumere la responsabilità della politica monetaria comune. Un coordinamento con esito positivo delle politiche monetarie, che nella seconda fase sono ancora di competenza nazionale, dipenderà dalla disponibilità delle banche centrali a orientarsi in modo crescente verso la fissazione di obiettivi a livello comunitario, in particolare per quanto riguarda la stabilità monetaria. 2.2.3. Alla cooperazione più stretta delle banche centrali ed al coordinamento della loro politica monetaria l`IME dovrebbe contribuire, frequentemente e tempestivamente, attraverso pareri e raccomandazioni, anche se non con carattere vincolante. Tali pareri e raccomandazioni vengono approvati dal Consiglio dell`IME con una maggioranza di due terzi, e per renderli pubblici è prescritta l`unanimità. Il Comitato ritiene opportuno che tali pareri e raccomandazioni, nel caso in cui e nella misura in cui non vengano pubblicati, vengano almeno commentati dai governatori facenti parte dell`IME. Con pareri e raccomandazioni () ben strutturati l`IME può conquistare la credibilità e la fiducia che gli spettano per la sua attività in quanto predecessore della banca centrale europea. 2.2.4. Il Comitato accoglie con favore la disposizione in base alla quale il presidente del Consiglio ECOFIN e un membro della Commissione europea possono prender parte alle riunioni del Consiglio IME. Viceversa il presidente dell`IME può essere invitato alle riunioni del Consiglio ECOFIN qualora questo discuta di problemi connessi con la sfera di competenza dell`IME. Appare opportuna la reciproca partecipazione prevista dall`art. 11 dello statuto dell`IME. 3. I rapporti della politica monetaria con il coordinamento delle politiche economiche 3.1. Gli indirizzi di massima raccomandati per le politiche economiche 3.1.1. Parallelamente alla più stretta cooperazione delle banche centrali ed al più intenso coordinamento della politica monetaria, anche le politiche economiche degli Stati membri devono essere meglio sintonizzate, visto che dal loro grado di coordinamento dipende il successo della politica monetaria. Se quest`ultima deve compensare errori ed insufficienze della politica economica, specie di quella di bilancio, le banche centrali verranno sottoposte a pressioni eccessive e si renderà più ardua la promozione del loro coordinamento nell`IME. D`altro canto, il compito della politica monetaria verrà facilitato se si riesce a ridurre i disavanzi di bilancio e il debito pubblico in base ai criteri di convergenza di bilancio. Infatti si vengono a creare così allo stesso tempo i presupposti per un`ulteriore riduzione del tasso d`inflazione e per tassi d`interesse più bassi, soddisfacendo in tal modo due ulteriori criteri di convergenza. 3.1.2. Il Consiglio ECOFIN il 22 dicembre 1993 ha espresso gli indirizzi di massima della politica economica, in base all`art. 103, secondo paragrafo, del Trattato UE, sotto forma di raccomandazione. Gli indirizzi di massima servono a orientare la politica economica nazionale verso obiettivi comunitari, tra cui segnatamente il raggiungimento di un grado di convergenza delle economie sufficiente per il passaggio alla terza fase. 3.1.3. Il Comitato si compiace del fatto che gli indirizzi di massima della politica economica vengono ormai esaminati a metà dell`anno prima della pubblicazione dei bilanci pubblici per l`anno successivo e vengano di conseguenza adeguati. Elementi costitutivi degli indirizzi di massima del 22 dicembre 1993 sono rappresentati da misure di rilievo contenute nel Libro bianco « Crescita, competitività, occupazione » che la Commissione europea ha presentato al Consiglio in data 10 dicembre 1993 (). 3.1.4. Gli indirizzi di massima della politica economica del 22 dicembre 1993 (che sono stati nel frattempo confermati dal Consiglio ECOFIN dell`11 luglio 1994) prevedono (), che gli Stati membri impediscano nel 1994 un ulteriore peggioramento dei loro bilanci e proseguano sulla via del loro consolidamento. Nel 1995 dovranno essere ancora più rigorosi in modo da rendere sostenibile il finanziamento dei loro bilanci pubblici. Il Comitato approva tali raccomandazioni, ma osserva che alcuni Stati membri hanno bisogno di più tempo per consolidare i loro bilanci rispetto ad altri. Probabilmente solo dopo il 1996 riusciranno a soddisfare le raccomandazioni del 22 dicembre 1993. 3.2. La sorveglianza multilaterale e i programmi di convergenza 3.2.1. Il coordinamento della politica economica e il rispetto degli indirizzi di massima menzionati nel punto 3.1.2., nei singoli paesi, come pure l`attuazione dei loro programmi di convergenza, vengono sorvegliati in modo multilaterale () nel Consiglio ECOFIN. A prescindere dalla novità della fissazione degli indirizzi di massima della politica economica, la sorveglianza multilaterale, secondo il Comitato, viene migliorata nella seconda fase con due ulteriori innovazioni. 3.2.1.1. Il Consiglio ECOFIN a maggioranza qualificata, può, decidere di rendere pubbliche le raccomandazioni dirette a singoli Stati membri sulla base della sorveglianza multilaterale (art. 103, quarto paragrafo, del Trattato UE). 3.2.1.2. Su proposta della Commissione europea il Consiglio ECOFIN può adottare le modalità della procedura di sorveglianza multilaterale in funzione delle esigenze del coordinamento della politica economica (art. 103, quinto paragrafo). 3.2.2. Il Comitato si è espresso sulla nuova procedura dell`art. 103 del Trattato CEE nel parere sulla relazione economica annuale 1994 (). Il Comitato si rammarica perché non è più prevista la sua consultazione, finora obbligatoria. Conoscere le posizioni degli ambienti socioeconomici rappresentati nel Comitato assume una particolare importanza proprio nel caso dei problemi affrontati dalla relazione economica annuale e dagli indirizzi di massima della politica monetaria, della stabilità della moneta, dell`occupazione, degli investimenti e dei costi di produzione. 3.2.3. Secondo la decisione del Consiglio ECOFIN dell`8 luglio 1991 la maggior parte dei governi ha già definito, con l`avvio della seconda fase, i Programmi di convergenza. Con tali programmi vengono portate avanti misure con cui gli Stati membri sperano di poter soddisfare alla fine i criteri di convergenza per il passaggio alla terza fase. Secondo il Comitato è indispensabile adattare i programmi di convergenza alle condizioni economiche e ampliarli in programmi per la convergenza e la ripresa (). Il Consiglio ECOFIN giudica, in composizione ristretta, i programmi di convergenza presentatigli. All`opinione pubblica viene comunicata solo una sintesi dei risultati delle deliberazioni, cosa che il Comitato deplora. 3.2.4. Il Comitato pensa che sia indispensabile che i programmi nazionali per la convergenza e la ripresa non vengano elaborati isolatamente, ma che siano concordati tra gli Stati. Uno spunto positivo in tal senso è offerto dalla collaborazione franco-tedesca per la messa a punto dei programmi dei due paesi. In tal modo si possono valutare meglio le eventuali ripercussioni di misure nazionali su altri Stati membri, tenendone conto, senza ritardi temporali possibilmente, nei programmi di convergenza. 3.2.5. Tutti i programmi di convergenza () prevedono una riduzione dei disavanzi a medio termine e il raggiungimento entro il `96 del valore di riferimento costituito dal 3 % del prodotto interno lordo. L`indebitamento pubblico che nella media comunitaria è passato dal 58 % nel 1991 al 66,4 % nel 1993 dev`essere prima stabilizzato e quindi ridotto. Il Comitato accoglie con favore gli ambiziosi obiettivi dei programmi di convergenza, ma si chiede se esista la volontà politica di attuarli nella pratica, cosa altamente auspicabile. 3.2.6. Secondo il Comitato si dovrebbe già ora prevedere come portare avanti i programmi di convergenza dopo l`inizio della terza fase dell`UEM. Si deve pensare inoltre a far proseguire tali programmi per gli Stati membri che non hanno partecipato dall`inizio all`UEM e adattarli a quelli già appartenenti in quel momento all`area dell`ecu. Verrebbe così reso più facile agganciarsi quanto prima all`area dell`ecu. 3.2.7. In base all`articolo 104 C, sesto paragrafo, il Consiglio ECOFIN decide se esiste un disavanzo eccessivo e indirizza allo Stato membro interessato raccomandazioni volte a far ridurre il disavanzo entro una scadenza determinata. Le raccomandazioni possono essere rese pubbliche se non sono accolte. Il Comitato spera che la procedura prevista per i disavanzi eccessivi venga applicata solo nei casi in cui il superamento dei valori di riferimento non sia da imputare unicamente alla recessione e alla disoccupazione di massa e pensa che, al contrario, si dovrebbe vigilare sul rispetto del divieto di finanziamento del disavanzo da parte delle banche centrali e sulla inammissibilità dell`accesso preferenziale del settore pubblico alle istituzioni finanziarie. 3.2.8. Data la profonda recessione, la maggior parte degli Stati membri non sono attualmente in grado di soddisfare ambedue i criteri di convergenza relativi alla politica di bilancio (). Nel 1993 11 Stati membri hanno superato il criterio del disavanzo e 7 il criterio dell`indebitamento; solo il Lussemburgo ha soddisfatto ambedue i criteri. 3.2.9. Le difficoltà di bilancio della maggior parte degli Stati membri rendono difficile una politica monetaria finalizzata alla stabilità dei prezzi. Ciò a sua volta ostacola i rapporti tra le banche centrali che operano nell`IME, da un lato, in particolare le banche centrali già indipendenti e, dall`altro, i ministri dell`economia e delle finanze che si riuniscono nel Consiglio ECOFIN. 3.2.10. Il Comitato ritiene che il Comitato monetario dell`Unione europea (in base all`art. 109, lettera c) possa svolgere in questo contesto un ruolo importante, facendone parte rappresentanti di alto rango delle banche centrali come pure dei ministeri delle finanze e della Commissione europea. Divergenze di opinioni in merito alla politica economica e monetaria e al loro coordinamento nel Consiglio ECOFIN, da un lato, e nell`IME, dall`altro, si potrebbero dapprima discutere e appianare all`interno del Comitato monetario. Secondo il Comitato, la chiave di volta degli auspicabili progressi nel coordinamento della politica economica nonché di quella monetaria sta nel Comitato monetario. Se ivi non si raggiunge alcun consenso, né il Consiglio ECOFIN né il Consiglio dell`IME possono operare a favore del coordinamento nei casi in cui vi si frappongano degli ostacoli. 3.2.11. Secondo la dichiarazione di Maastricht (), la Comunità vuole contribuire a relazioni monetarie internazionali stabili. A tale scopo intende collaborare con i paesi con i quali intrattiene relazioni economiche strette. Nel quadro dell`accordo (art. 46) sullo Spazio economico europeo gli Stati dell`UE vogliono discutere con i loro partner dello SEE problemi comuni di politica monetaria ed economica. Il Comitato si compiace che gli incontri, cominciati nell`aprile 1993, si svolgano due volte all`anno. 4. Settori di rilievo della cooperazione monetaria 4.1. L`UE, il G7 e l`OCSE 4.1.1. Settori importanti della cooperazione delle banche centrali nell`IME sono rappresentati dalla sicurezza e dalla stabilità dei prezzi, dalla politica dei cambi nel quadro del sistema monetario europeo SME, dalla politica dei tassi d`interesse e dal ravvicinamento degli strumenti e delle procedure di politica monetaria. 4.1.2. La cooperazione monetaria nel quadro dell`IME deve anche prendere in considerazione lo sviluppo economico dei più importanti paesi industrializzati, il cosiddetto Gruppo dei sette - G7 - e dell`OCSE, paesi con i quali la maggior parte degli Stati membri intrattiene intense relazioni commerciali. In tale contesto va segnatamente tenuto conto dell`evoluzione dei tassi di cambio del dollaro USA e dello Yen mantenendo il maggior coordinamento possibile. 4.1.3. La politica monetaria degli Stati membri potrebbe allentarsi qualora gli USA, nel quadro della loro politica economica, che peraltro sta ottenendo risultati positivi, si impegnassero a ridurre il loro disavanzo di bilancio e la loro Federal Reserve Bank non elevasse ulteriormente il tasso di sconto. Secondo stime dell`Ufficio congressuale per il bilancio (Congressional Budget Office - CBO) il debito pubblico aumenta più rapidamente del reddito nazionale. Misurato in termini del prodotto interno lordo (PIL) la quota del debito pubblico aumenta più del doppio nel giro di una generazione. Le previsioni di lungo periodo si basano sul fatto che oltre la metà delle spese in bilancio sono fissate per legge, trattandosi segnatamente di spese per la sicurezza sociale, in particolare di spese per il pagamento delle pensioni e di spese sanitarie, e sul fatto che, data l`evoluzione demografica, esse aumenteranno ancora. Gli USA devono affrontare problemi analoghi a quelli di alcuni Stati membri dell`Unione europea. Devono impegnarsi a contenere il disavanzo di bilancio invece di limitarsi ad innalzare i tassi d`interesse. Data l`importanza del dollaro per la fatturazione nel commercio mondiale, per i mercati delle divise e per le riserve delle banche centrali, i disavanzi di bilancio e le variazioni dei tassi USA hanno ripercussioni immediate sul contesto della politica monetaria e dell`UE e dei suoi Stati membri e perciò una politica di bilancio USA che faccia segnare risultati positivi sarebbe di tutto vantaggio per la politica monetaria dell`UE e dei suoi Stati membri. 4.2. Stabilità monetaria 4.2.1. Obiettivo primario della politica monetaria è (secondo l`art. 105, 1° par.) la garanzia della stabilità dei prezzi. La politica monetaria coadiuva la politica economica generale dell`Unione europea per quanto sia possibile senza arrecare pregiudizio all`obiettivo della stabilità dei prezzi. 4.2.2. Nel 1993 il tasso d`inflazione medio nella UE era circa il 3,8 %. I quattro paesi con tasso d`inflazione più basso erano la Danimarca con l`1,4 %, i Paesi Bassi con il 2,1 % e la Francia e l`Irlanda con il 2,3 %. Secondo il criterio della convergenza il tasso d`inflazione nei restanti paesi dell`Unione europea non poteva essere superiore di 1,5 % punti percentuali. In realtà il tasso d`inflazione in 5 paesi era superiore al 3,8 % (), per esempio era il 4,3 % in Germania, il 4,4 % in Italia e il 4,7 % in Spagna. 4.2.3. Con gli indirizzi di massima della politica economica la Comunità si fissa l`obiettivo () di conseguire entro il `96 un tasso d`inflazione annuo non superiore al 2/3 % nella maggior parte degli Stati membri. Con tale obiettivo di stabilità devono essere compatibili tutte le decisioni e tutti i comportamenti di politica economica. 4.2.4. Secondo la Commissione europea (), un tasso d`inflazione non superiore al 2/3 % corrisponde all`obiettivo della stabilità monetaria di solito non definito esplicitamente. Trattandosi della prima definizione dell`obiettivo della stabilità, questo approccio sembra realistico. Il Comitato parte dalla premessa che un tasso d`inflazione medio nella Comunità del 2 % - 3 % può essere raggiunto già nel 1995. È un risultato che si otterrà certo più in virtù della recessione che grazie alla politica monetaria delle banche centrali. Dal punto di vista del risparmiatore ciò non può essere del tutto soddisfacente. Il Comitato sarebbe favorevole se il Consiglio dell`IME, prima della terza fase, raccomandasse, esplicitamente ed indipendentemente dal tasso d`inflazione medio a quel momento, un obiettivo ambizioso di stabilità monetaria per l`ecu che la prospettiva di una moneta comune stabile nell`Unione monetaria rende possibile. 4.3. Politica dei cambi 4.3.1. In seguito alla raccomandazione del Consiglio del 22 dicembre 1993 l`alto grado di integrazione e lo sfruttamento dei vantaggi del mercato interno richiedono un ancoraggio all`obiettivo della stabilità dei cambi fondato su sforzi comuni per il raggiungimento della convergenza (). 4.3.2. La Commissione europea ha constatato () che gli Stati membri non hanno sfruttato il maggior margine di manovra per una differenziazione della politica monetaria offerto loro dall`allargamento temporaneo delle bande di oscillazione al 15 % da entrambi i lati nel Meccanismo di cambio, europeo a partire dal 2 agosto 1993. Invece hanno continuato, dopo correzioni dei corsi di cambio in parte anche significative, in seguito alle turbolenze sui mercati valutari del luglio 1993, a far riferimento alla loro cooperazione monetaria fondata su corsi di cambio stabili e hanno condotto una politica dei tassi di interesse cauta. In conseguenza di ciò si sono realizzati dall`inizio del 1994 solo movimenti limitati dei corsi di cambio (), determinando di fatto una banda di oscillazione minore del 4,5 %. 4.3.3. Il Comitato, nel parere del 24 novembre 1993 (), si era pronunciato sull`opportunità che le banche centrali tenessero sotto osservazione nel quadro dell`Istituto Monetario Europeo il grado di utilizzazione effettivo della banda di oscillazione dei corsi di cambio allargata. Sulla scorta di tale monitoraggio, secondo il Comitato, si potrebbe esaminare con quale iter temporale e concordato si possa nuovamente prendere in considerazione una graduale contrazione delle bande di oscillazione. 4.3.4. Il Comitato approva la valutazione effettuata dalla Commissione nella sua relazione sui progressi verso la convergenza presentata in base all`articolo 109 L, paragrafo 2 B (). Vi si dice che fin quando gli Stati membri non realizzeranno progressi nel campo della convergenza economica, tutti gli sforzi per reintrodurre una banda di oscillazione più stretta non saranno accettati con una probabilità vicina alla certezza dai mercati finanziari e provocheranno nuovi attacchi speculativi alla griglia di parità del meccanismo dei cambi. Le crisi più recenti hanno mostrato che presupposto necessario per la parità dei cambi è il perseguimento di una politica economica credibile e coerente che sia indirizzata alla promozione della convergenza economica in presenza di una crescita dell`economia e che insista sui dati fondamentali della stabilità dei prezzi e di finanze pubbliche sane. 4.3.5. L`articolo 109 J (1) del Trattato sull`Unione europea prescrive come terzo criterio di convergenza « il rispetto dei margini normali di fluttuazione previsti dal meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo per almeno due anni, senza svalutazioni nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro ». È lecito chiedersi se nel quadro dell`IME si debba chiarire anche che cosa si intenda, dopo l`allargamento « provvisorio » delle bande di oscillazione del 2 agosto 1993, per « normale » in riferimento alla terza fase dell`Unione economica e monetaria. Sembra degna di osservazione in tale contesto l`opinione (), secondo il quale la reintroduzione di una banda di oscillazione stretta generalizzata, non è più una premessa imprescindibile per il passaggio alla terza fase dell`Unione economica e monetaria. Il Comitato interpreta « i margini normali di fluttuazione » di cui all`art. 109 J, paragrafo 1, come un concetto che non abbisogna per il momento di alcuna quantificazione. 4.3.5.1. Fino a quando sarà in vigore il « temporaneo » ampliamento delle bande di oscillazione, in primo luogo rimane più modesta la pressione speculativa sulla griglia delle parità del meccanismo di cambio europeo e, in secondo luogo, sussiste la possibilità di adeguare i tassi di cambio senza conseguenze drammatiche in caso di progressi non uniformi verso la convergenza (). Il mantenimento generale dell`allargamento « provvisorio » delle fasce di oscillazione non esclude che alcune banche centrali si accordino tra loro per una banda di oscillazione più stretta, come già è successo per il marco tedesco e il fiorino olandese. 4.3.5.2. Il mantenimento della banda allargata facilita inoltre un rientro della lira italiana e della sterlina britannica nel meccanismo dei corsi di cambio, nonché l`inserimento finora rimandato della dracma greca nello SME. In questo ambito l`IME può svolgere, mediante raccomandazioni e pareri, una funzione costruttiva ed elaborare proposte suscettibili di raccogliere consenso ai fini di una migliore applicazione delle regole dello SME. Nel quadro dell`IME si potrebbe trarre la lezione comune dalle crisi dello SME e segnatamente quella di considerare lo SME un sistema di corsi di cambio stabili, ferma restando la possibilità di un loro adeguamento. 4.3.6. Il ritorno ad un meccanismo dei corsi di cambio dello SME perfettamente efficiente non solo agevolerebbe il passaggio alla terza fase dell`Unione monetaria, ma eviterebbe anche le ripercussioni negative sui prezzi agricoli comuni delle modifiche delle parità. 4.3.7. Nel quadro dell`IME, insieme con la politica dei tassi di cambio, andrebbe considerata un`iniziativa concertata per inserire nel controllo sull`attività bancaria anche i prodotti finanziari derivati. Le operazioni fuori bilancio degli istituti di credito come le operazioni a termine, le opzioni e le operazioni swap superano in molti casi il loro bilancio complessivo. Le operazioni derivate non sottostanno finora ad alcuna condizione in termini di controllo, come per esempio coefficienti di solvibilità o liquidità. L`inserimento dei prodotti finanziari derivati nel controllo sull`attività bancaria degli Stati membri, possibilmente concordandolo con i paesi dell`OCSE, ridurrebbe la portata dei movimenti monetari speculativi sul mercato delle divise, o quanto meno non li farebbe aumentare ulteriormente. 4.3.8. Il coordinamento della politica dei corsi di cambio nel quadro dell`IME è per i motivi citati precedentemente uno dei compiti più importanti di politica monetaria. Tale compito viene agevolato se - si mantengono i segni di ripresa della crescita economica; - se la disoccupazione può essere contenuta, al qual fine il Libro bianco della Commissione ha proposto importanti misure per la creazione di 15 000 000 di nuovi posti di lavoro; - si fanno progressi ulteriori e generali verso la stabilità monetaria, come già lascia intravvedere l`abbassamento del tasso medio d`inflazione della Comunità dal 5,3 % nel 1991 al 3,8 % nel 1993. 4.3.9. In questo quadro di riferimento l`IME può attribuire una minore importanza ai rischi di impostazioni nazionali autonome della politica monetaria e valutare come più probabile la prospettiva di rapporti di cambio in generale più stabili. 4.4. La politica dei tassi d`interesse 4.4.1. La Commissione () mette l`accento, a ragione, sui progressi verso la convergenza nel campo dei tassi d`interesse a lungo termine. Dal 1990 al 1993 i tassi d`interesse medi a lungo termine della Comunità sono scesi dall`11 % all`8,1 % e la fascia di riferimento dall`11 % - 13 % è scesa all`8,7 % - 10,9 %. Insieme con il declino del livello dei tassi, anche la convergenza è migliorata : mentre nel 1990 quattro paesi si trovavano al di sopra della fascia di riferimento, nel 1993 vi si ritrovano solo due paesi, mentre sette contro i cinque che vi erano in precedenza, si trovano sotto questa fascia di riferimento. Si è ridotta la dispersione dei tassi d`interesse. 4.4.2. Il rispetto della convergenza nel campo della politica d`interessi è inoltre reso difficoltoso dal fatto che i tassi d`interesse vengono comunicati in modo diverso. Il regolamento proposto dalla Commissione sull`azione della Comunità nel settore statistico comporterà anche in questo campo un miglioramento. Il Comitato nel parere () accoglie favorevolmente tale sviluppo. 4.4.3. Le caute riduzioni degli interessi mostrano due cose, precisamente che - i progressi verso tassi d`inflazione più bassi hanno determinato condizioni migliori per una riduzione dei tassi a breve e lungo termine; - il margine di manovra che si è creato, con l`allargamento delle bande di oscillazione nello SME, per una politica monetaria differenziata non ha indotto le banche centrali a riduzioni dei tassi forzate. Si può pertanto auspicare ed attendere che la più stretta cooperazione monetaria nel quadro dell`IME determini un ulteriore avvicinamento in termini di tassi d`interesse. 4.4.4. I tassi d`interesse a breve, da un lato, e quelli a lungo, dall`altro, hanno un significato diverso per le economie. Ciò è chiarito dai dati relativi al rifinanziamento del credito, all`assorbimento di credito da parte del settore pubblico e alla politica di mercato aperto delle banche centrali. Un esempio spesso citato è costituito dalle differenze nel finanziamento dell`edilizia residenziale tra il Regno Unito e la Repubblica federale di Germania : il finanziamento a breve predominante nel Regno Unito dà in quel paese ai tassi di interesse a breve un altro valore rispetto a quello che hanno nella Repubblica federale di Germania, dove il credito immobiliare viene definito dai tassi di interesse a lungo termine, mentre il finanziamento avviene in gran parte attraverso l`emissione di obbligazioni speciali (obbligazioni ipotecarie) con una vita più lunga. La cooperazione più stretta delle banche centrali nel campo della politica dei tassi d`interesse viene resa più difficile da differenze di questo genere (cfr. punto 4.5.3.). 4.5. Strumenti della politica monetaria 4.5.1. È un compito urgente dell`IME operare ai fini di un`armonizzazione degli strumenti e delle procedure di politica monetaria. La politica monetaria delle banche centrali si basa in misura diversa sugli strumenti classici della politica dello sconto, della politica di mercato aperto e delle riserve obbligatorie. Tali strumenti, come pure le procedure, sono inoltre diversamente configurati nei vari Stati membri. 4.5.2. La graduale armonizzazione non è necessaria solo come azione propedeutica alla politica monetaria comune che prenderà il via con l`inizio della terza fase dell`UEM. Infatti, anche il grado d`integrazione raggiunto con la realizzazione del mercato interno esige una certa armonizzazione degli strumenti di politica monetaria, specie in relazione ai movimenti di denaro e di capitali ed alla crescente attività degli istituti di credito e delle assicurazioni oltre i confini nazionali. 4.5.3. Nella politica di mercato aperto appare opportuno un rapido ravvicinamento nella selezione dei titoli negoziabili sul mercato monetario, dei buoni del tesoro, certificati del tesoro ed altri valori mobiliari ceduti ed acquistati dalle banche centrali per controllare il credito e in certa misura tutta l`economia. In questo contesto, assume grande rilevanza anche una tendenziale armonizzazione nelle scadenze degli impegni delle banche centrali sul mercato aperto e per quanto riguarda i valori mobiliari che esse accettano in garanzia o in base ai quali concedono prestiti ipotecari. Si ridurrebbero così le differenze che si possono ancor oggi rilevare, da un paese all`altro, negli effetti della politica dei tassi d`interesse sul tasso di sconto. Un esempio di un contrasto, in tale ottica macroscopico, è offerto al momento dalle conseguenze dirette di una modifica del tasso di sconto nel Regno Unito e nella Repubblica federale di Germania (cfr. punto 4.4.4) : - nel Regno Unito il tasso d`interesse a breve si ripercuote direttamente sull`attività di prestito, prevalentemente finanziata a breve; - nella Repubblica federale di Germania una quota comparativamente maggiore dell`attività di prestito viene rifinanziata a scadenze più lunghe attraverso l`emissione di obbligazioni ipotecarie, obbligazioni comunali, obbligazioni bancarie e altri valori mobiliari con durata di dieci anni e oltre. Il tasso d`interesse a breve, e quindi una modifica del tasso di sconto della Bundesbank, non ha di conseguenza gli stessi effetti che in Gran Bretagna. 4.5.4. In vista di una politica dei tassi d`interesse e di mercato aperto di una banca centrale europea che deve agire in modo uniforme in tutta la Comunità, sarebbe auspicabile un`armonizzazione nell`uso di tali strumenti già nella seconda fase. Ciò vale anche per la politica delle riserve delle banche centrali. Nel parere del 24 marzo 1993 () il Comitato ha comparato l`onere diverso che pesa sugli istituti di credito per opera della riserva obbligatoria imposta dalle banche centrali, quasi sempre non produttrice di interesse, e l`investimento obbligatorio in titoli. Le differenze, nel frattempo ridottesi, determinano distorsioni della concorrenza nell`attività creditizia e trasferimento dell`attività bancaria in paesi in cui la riserva obbligatoria è inferiore o inesistente. L`obbligo per gli istituti di credito di sottoscrivere titoli di Stato, imposti loro in alcuni Stati membri dalla Banca centrale, influenza ancora la concorrenza nell`attività transfrontaliera delle banche. Inoltre tale obbligo d`acquisto di titoli di Stato cozza con il divieto fondamentale di finanziamento dei disavanzi di bilancio attraverso le banche centrali. 4.5.5. Insieme con gli strumenti e le procedure di politica monetaria vanno armonizzati anche i parametri. Nella maggioranza degli Stati membri l`indicatore più importante è costituito dalla massa monetaria, la quale però viene definita e delimitata in maniera diversa, specie per quanto riguarda l`inclusione dei depositi a risparmio ed a termine. L`IME dovrebbe perciò avanzare proposte per una definizione comune della massa monetaria (M 1 oppure M 2) e perché si proceda a calcolarla con metodi statistici uniformi (). Come secondo passo l`IME potrebbe esaminare in quali condizioni le banche centrali si possano accordare per rispettare in modo comparabile gli obiettivi di offerta di moneta nella seconda fase e, infine, per ravvicinare in una certa misura tali obiettivi o i loro margini. (cfr. punto 2.1.3). 4.5.6. Nel ravvicinamento degli strumenti e delle procedure di politica monetaria è già insita una preparazione alla politica monetaria comune e quindi è un compito importante dell`IME quello di mettere a punto, già nella seconda fase, un progetto in tale direzione capace di raccogliere consensi. Bruxelles, 15 settembre 1994. Il Presidente del Comitato economico e sociale Susanne TIEMANN () Cfr. Pareri del CES « Sugli aspetti economici, industriali e sociale del Libro bianco » - GU n. C 295 del 22. 10. 1994. () Cfr. COM(93) 700 def. del 5. 12. 1993. () Cfr. Linee generali della Commissione del 10. 11. 1993, Raccomandazione della Commissione del 24. 11. 1993, Raccomandazione del Consiglio del 22. 12. 1993, basata sulle Conclusioni del Consiglio europeo del 10/11. 12. 1993 in « Economia europea » 55/93. (Versione italiana non disponibile). () Cfr. parere del CES, GU n. C 352, del 31. 12. 1993, pagg. 3-8. () Cfr. GU n. C 295 del 22. 10. 1994. () Cfr. parere del CES del 27. 4. 1994, GU n. C 195, del 18. 7. 1994, pag. 1. () "Economia europea » 55/93, Prefazione punto 6. () Cfr. Protocollo (n. 4) allegato al Trattato sull`Unione europea, artt. 4, 5 e 7. () Cfr. parere CES del 6. 7. 1994 (doc. CES 854/94). () Cfr. parere CES del 27. 4. 1994, GU n. C 195 del 18. 7. 1994, pag. 1. () Cfr. parere del CES; GU n. C 34 del 2. 2. 1994, pagg. 25-35, punto 1.6. () Cfr. l`audizione del presidente dell`IME Lamfalussy dinanzi al Parlamento europeo il 10. 11. 1993. () Il CES ha adottato i pareri in merito, cfr. nota 1. () Economia europea 55/93, parte A, 1, punto 2.2 e 58/94. () Decisione 90/141 CEE, GU n. L 78 del 24. 3. 1990. () Parere del CES del 27. 4. 1994, GU n. C 195 def 18. 7. 1994, pagg. 44-52, punto 6. () Cfr. parere del CES in merito alla « Analisi delle politiche da seguire durante la fase transitoria dell`UEM » (GU n. C 352 del 30. 12. 1993, pag. 8, punti 1.1.2 e 2.2.2.1). () Economia europea 55/93, parte B, 1, punto 2.2.2 e tabelle 3 e 7. () In base all`art. 104 c, par. 2 a i disavanzi dei bilanci pubblici non possono essere superiori al 3 % del PIL secondo l`art. 104 c, par. 2 b l`indebitamento pubblico non può superare il 60 % del PIL. () Dichiarazione n. 5 nell`Allegato all`Atto finale del Trattato sull`UE. () Economia europea n. 55/93 : Indirizzi di massima della politica economica e relazioni sulla convergenza, parte B, tabella 1. () Economia europea n. 55/93, parte A, I e II, punto 2.1 e 58/94. () Economia europea n. 55/93, parte A, III, punto 2.1. () Economia europea n. 55/1993 parte A, I, punto 2.1. () Economia europea n. 55/1993, parte A, III, punto 2.1. () Economia europea n. 55/1993, parte B I, punto 2.2.5 e tabella 53. () GU n. C 34 del 2. 2. 1994, pagg. 23-25. () Economia europea n. 55/1993, parte B I, punto 2.2.5, pag. 7. () Financial Times del 27. 10. 1993. () Cfr. parere CES del 24. 11. 1993, GU n. C 34 del 2. 2. 1994, pagg. 25-35, punto 1.3.2.2. () Cfr. Economia europea, n. 55/1993, parte B I, punto 2.2.4 e tabella 9. () Cfr. parere CES del 27. 4. 1994 sul doc. COM(94) 78 def. del 10. 3. 1994, GU n. C 195 del 18. 7. 1994, pag. 1. () GU n. C 129 del 10. 5. 1994, pagg. 10-17. () Cfr. parere CES in merito al doc. COM 94/78 def. del 10. 3. 1994, GU n. C 195 del 18. 7. 1994.