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30.7.2015 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
L 201/1 |
DECISIONE (UE) 2015/1225 DELLA COMMISSIONE
del 19 dicembre 2012
relativa agli aumenti di capitale effettuati dalla società SEA SpA a favore di SEA Handling SpA SA.21420 [(C 14/10) (ex NN 25/10) (ex CP 175/06)]
[notificata con il numero C(2012)9448]
(Il testo in lingua italiana è il solo facente fede)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 108, paragrafo 2, primo comma,
visto l’accordo sullo Spazio economico europeo e segnatamente l’articolo 62, paragrafo 1, lettera a) (1),
dopo aver invitato gli interessati a presentare osservazioni conformemente ai detti articoli (2) e viste le osservazioni trasmesse,
considerando quanto segue:
1. PROCEDIMENTO
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(1) |
Con lettera del 13 luglio 2006, la Commissione ha ricevuto una denuncia riguardante un presunto aiuto concesso alla società SEA Handling S.p.a. (di seguito «SEA Handling»), che fornisce servizi di assistenza a terra negli aeroporti di Milano Malpensa e Milano Linate. Tale denuncia è stata inizialmente registrata con il n. CP175/06. |
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(2) |
Con lettera del 6 ottobre 2006, la Commissione ha chiesto alle autorità italiane chiarimenti riguardo la denuncia. Con lettera del 21 dicembre 2006, le autorità italiane hanno chiesto una proroga del termine per fornire una risposta. |
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(3) |
Con lettera dell’11 gennaio 2007, la Commissione ha concesso tale proroga. Con lettera del 9 febbraio 2007, le autorità italiane hanno fornito le delucidazioni richieste. |
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(4) |
Con lettera del 30 maggio 2007, la Commissione ha informato il denunciante che, nel caso in esame, non disponeva di informazioni sufficienti per concludere che fosse soddisfatto il criterio relativo alle risorse statali di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (di seguito «TFUE»). Di conseguenza, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio (3), non vi erano motivi sufficienti per pronunciarsi sul caso. Con lettera del 2 luglio 2007, il denunciante ha fornito informazioni complementari. Una volta presa visione delle suddette informazioni complementari, la Commissione ha deciso di riesaminare la denuncia. |
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(5) |
Con lettera del 3 marzo 2008, la Commissione ha chiesto alle autorità italiane di fornire una copia dell’intesa sindacale conclusa il 26 marzo 2002. Con lettera del 10 aprile 2008, le autorità italiane hanno trasmesso il documento richiesto. |
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(6) |
Con lettera del 20 novembre 2008, le autorità italiane hanno trasmesso alla Commissione l’intesa sindacale conclusa il 13 giugno 2008. |
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(7) |
Con lettera del 23 giugno 2010, la Commissione ha notificato alle autorità italiane la propria decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 108, paragrafo 2, del TFUE e ha invitato le autorità italiane a fornirle entro un mese talune informazioni e dati necessari per valutare la compatibilità delle misure in questione. |
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(8) |
Con lettera del 19 luglio 2010, le autorità italiane hanno chiesto una proroga del termine previsto fino al 20 settembre 2010 che la Commissione ha accettato con la risposta del 23 luglio 2010. |
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(9) |
Il 20 settembre 2010 le autorità italiane hanno presentato le osservazioni del Comune di Milano relative alla decisione della Commissione di avviare il procedimento d’indagine formale. |
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(10) |
La decisione della Commissione di avviare il procedimento d’indagine formale è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (4) (di seguito «la decisione di avvio del procedimento»). La Commissione ha invitato gli interessati a presentare osservazioni in merito alle misure in questione entro il termine di un mese dalla pubblicazione. |
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(11) |
Con lettera dell’11 febbraio 2011, SEA Handling ha chiesto di prorogare al 21 marzo 2011 il termine per presentare le proprie osservazioni in merito alla decisione di avvio del procedimento. Con lettera del 23 febbraio 2011, la Commissione ha concesso tale proroga. |
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(12) |
Con lettera del 25 febbraio 2011, […] (*1) ha chiesto di prorogare al 25 marzo 2011 il termine per presentare le proprie osservazioni in merito alla decisione di avvio del procedimento. |
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(13) |
Con lettera inviata il 21 marzo 2011, SEA Handling e SEA SpA (di seguito «SEA») hanno presentato alla Commissione le loro osservazioni congiunte sulla decisione di avvio del procedimento. |
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(14) |
Con lettera del 21 marzo 2011, […] ha presentato alla Commissione le proprie osservazioni sulla decisione di avvio del procedimento. |
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(15) |
Con lettera del 7 aprile 2011, la Commissione ha trasmesso le osservazioni dei terzi interessati alle autorità italiane e ha invitato queste ultime a presentare le loro osservazioni entro il 16 maggio 2011. |
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(16) |
Con lettera del 18 aprile 2011, le autorità italiane hanno chiesto alla Commissione di prorogare al 2 giugno 2011 il termine per presentare le loro osservazioni in risposta alle osservazioni dei terzi. Con lettera del 28 aprile 2011, la Commissione ha concesso tale proroga alle autorità italiane. |
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(17) |
Con lettera del 1o giugno 2011, le autorità italiane hanno presentato le loro osservazioni. Esse hanno inoltre fornito nuovi argomenti per mezzo di uno studio realizzato da una società di consulenza. |
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(18) |
Con lettera dell’11 luglio 2011, la Commissione ha sollecitato alle autorità italiane la trasmissione delle informazioni già richieste al punto 5 della decisione di avvio del procedimento, che né le autorità italiane né SEA avevano ancora trasmesso. |
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(19) |
Con lettera del 28 luglio 2011, le autorità italiane hanno chiesto alla Commissione di prorogare al 15 ottobre 2011 il termine per fornire le informazioni richieste. Con lettera dell’8 agosto 2011, la Commissione ha concesso di prorogare il termine fino al 15 settembre 2011. |
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(20) |
Con lettera del 26 agosto 2011, le autorità italiane hanno comunicato alla Commissione che ritenevano inadeguata la proroga concessa in quanto inferiore al periodo richiesto inizialmente. |
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(21) |
Con lettera del 15 settembre 2011, le autorità italiane hanno trasmesso la risposta alla richiesta di informazioni della Commissione. Con lettera del 18 ottobre 2011, le autorità italiane hanno trasmesso una traduzione in inglese del documento contenuto nell’allegato 5 dell’invio precedente. |
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(22) |
Con lettera del 21 ottobre 2011, le autorità italiane hanno completato l’allegato 12 dell’invio precedente con le informazioni fornite dal Comune di Milano. Con lettera del 7 novembre 2011, le autorità italiane hanno trasmesso una traduzione in inglese di tali osservazioni. |
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(23) |
Il 19 giugno 2012 si è svolta una riunione tra i servizi della Commissione e le autorità italiane. A seguito della riunione, con lettere del 2 luglio 2012 e del 10 luglio 2012, le autorità italiane hanno fornito nuovi argomenti a sostegno della loro valutazione delle misure esaminate. Su richiesta delle autorità italiane, il 23 novembre 2012, si è svolta un’ulteriore riunione con i servizi della Commissione. Le autorità italiane hanno proposto complessivamente gli stessi argomenti di cui alla riunione precedente. |
2. SINTESI DELLE MISURE IN OGGETTO
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(24) |
La presente decisione riguarda gli aumenti di capitale effettuati dalla società SEA in favore della sua controllata, la società SEA Handling, dal 2001 fino al 2010, che erano essenzialmente destinati a coprire le perdite di esercizio subite da SEA Handling. |
2.1. PRESUNTO BENEFICIARIO DELL’AIUTO
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(25) |
Il beneficiario delle misure in questione è la società SEA Handling, controllata al 100 % da SEA. SEA è la società che gestisce il sistema aeroportuale di Milano, che comprende l’aeroporto di Linate e quello di Malpensa. Si tratta di una società di diritto privato (società per azioni) durante il periodo oggetto d’esame quasi interamente di proprietà di enti pubblici: il Comune di Milano (84,56 %), la Provincia di Milano (14,56 %) e altri piccoli azionisti pubblici e privati (0,88 %). Nel dicembre 2011, il 29,75 % del capitale della società SEA è stato venduto al fondo privato F2i (Fondi italiani per le infrastrutture). |
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(26) |
Le attività di SEA sono suddivise come segue:
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(27) |
La società SEA Handling è stata costituita successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 18/99 (5) del 13 gennaio 1999 che recepisce nel diritto italiano la direttiva 96/67/CE del Consiglio (6), la quale impone l’obbligo della separazione contabile delle attività connesse alla fornitura dei suddetti servizi (7). Con la costituzione della società SEA Handling, SEA ha così proceduto alla separazione contabile e giuridica dell’insieme delle attività in questione (8). Oltre alle attività di gestione degli aeroporti di Malpensa e Linate in senso stretto, SEA fornisce diversi altri servizi secondari, connessi al trasporto aereo e a esso complementari. |
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(28) |
La società SEA Handling è operativa dal 1o giugno 2002. Fino al 1o giugno 2002, i servizi di assistenza a terra negli aeroporti di Milano Linate e Milano Malpensa venivano forniti direttamente da SEA (9). |
2.2. MISURE ESAMINATE
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(29) |
Secondo le informazioni trasmesse alla Commissione, SEA Handling ha ricevuto dal 2002 da SEA sovvenzioni sotto forma di apporti di capitale destinate essenzialmente a coprire le sue perdite di esercizio. |
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(30) |
Gli importi delle perdite di SEA Handling erano i seguenti (10):
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(31) |
Di fronte a perdite per un importo complessivo di 339,784 milioni di EUR, tra il 2002 e il 2010, un totale di 359,644 milioni di EUR è stato trasferito da SEA a SEA Handling sotto forma di aumenti di capitale effettuati in più fasi ogni anno. La ripartizione e gli importi registrati nella tabella corrispondono alle informazioni fornite dalle autorità italiane.
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2.3. RUOLO DELLE AUTORITÀ PUBBLICHE NELLA GESTIONE DI SEA E SEA HANDLING
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(32) |
Secondo le informazioni trasmesse alla Commissione, il 26 marzo 2002, l’amministrazione del Comune di Milano, la società SEA e le organizzazioni sindacali hanno concluso un accordo che stabilisce quanto segue: |
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(33) |
I suddetti impegni sono stati confermati da ulteriori accordi che riprendono espressamente il contenuto dell’intesa. La Commissione si riferisce in particolare ai verbali dell’accordo sindacale tra SEA e le organizzazioni sindacali del 4 aprile 2002, del 15 maggio 2002 e del 9 giugno 2003, le cui copie sono state trasmesse alla Commissione. |
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(34) |
I verbali del Consiglio comunale citano inoltre gli impegni presi dal Comune, «la protezione dei diritti acquisiti» e «la garanzia di lavoro per i 5 anni successivi» (11). Tali impegni sono stati ribaditi nuovamente in occasione della riunione del Consiglio comunale del 16 giugno 2003, di cui è stata trasmessa copia del verbale alla Commissione. |
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(35) |
Inoltre, il 7 novembre 2006 i consiglieri comunali hanno espresso preoccupazione per la situazione di crisi pronunciandosi sulla necessità di garantire ad ogni modo la sopravvivenza economica di SEA Handling (12):
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2.4. RISULTATI ECONOMICI DI SEA HANDLING (13)
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(36) |
Il grafico seguente illustra l’evoluzione dei costi operativi e del margine operativo lordo per il periodo 2002-2010. Questi dati sono riportati nella tabella 1 illustrata di seguito con l’evoluzione del fatturato di SEA Handling, nonché l’evoluzione dei rapporti tra margine operativo lordo/fatturato e costo del lavoro/fatturato. Grafico 1 Evoluzione economica della società […] Tabella 1 Evoluzione del fatturato e costi operativi
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(37) |
Si osserva che il costo del lavoro è rimasto stabile tra il 2002 e il 2007, con lievi variazioni intorno ai 160 milioni di EUR, per poi registrare una significativa riduzione giungendo a poco meno di 100 milioni di EUR nel 2010, ossia una diminuzione del 38 % circa in tre anni. L’evoluzione degli altri costi segue una tendenza simile registrando il 37 % di riduzione nello stesso periodo. |
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(38) |
Il fatturato è aumentato del 10 % tra il 2002 e il 2006. La notevole diminuzione delle attività di Alitalia a Malpensa ha esercitato un’incidenza considerevole a partire dal 2008, in quanto il numero di movimenti di Alitalia trattati è diminuito dell’87 % tra il 2007 e il 2010, e i redditi generati dalla presenza di Alitalia sono diminuiti di conseguenza del 72 %. Il fatturato complessivo è diminuito del 27 % nello stesso periodo, una riduzione che è stata compensata con un aumento dei redditi ottenuti dalle altre compagnie aeree. |
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(39) |
Gli sforzi volti alla riduzione dei costi operativi e la limitazione della perdita di reddito in seguito al «de-hubbing» di Alitalia nel 2008 hanno determinato il progressivo miglioramento del margine operativo lordo (negativo), che è passato da - 42,5 milioni di EUR nel 2007 a - 8,5 milioni di EUR nel 2010. |
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(40) |
La tabella seguente illustra l’evoluzione del numero di dipendenti espressi in equivalente a tempo pieno (FTE). Tabella 2 Evoluzione del numero di dipendenti
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(41) |
Si osserva una diminuzione costante a partire dal 2003 del numero totale di equivalenti a tempo pieno (-44 % tra il 2003 e il 2010), in particolare tra gli FTE a tempo indeterminato. |
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(42) |
Il ricorso a contratti a tempo determinato aumenta considerevolmente tra il 2002 e il 2007, passando da 150 a 515 FTE. Successivamente si assiste a una riduzione di questo tipo di contratto, parallelamente al calo del fatturato conseguente alla perdita del traffico di Alitalia e a un maggiore sforzo da parte di SEA Handling di ridurre la massa salariale. Tale sforzo ha inoltre determinato nel periodo in questione una riduzione delle ore di lavoro straordinario e un aumento della cassa integrazione, causando una riduzione ancora più significativa del numero di FTE operativi. |
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(43) |
La tabella che segue illustra il miglioramento della produttività del personale in termini di movimenti trattati dall’unità di lavoro e l’evoluzione del costo del lavoro. Tabella 3 Evoluzione della produttività del personale […] Tabella 4 Costo del lavoro […] |
3. MOTIVI CHE HANNO DETERMINATO L’AVVIO DEL PROCEDIMENTO DI INDAGINE FORMALE
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(44) |
Nella decisione del 23 giugno 2010, la Commissione ha ritenuto, sulla base delle informazioni trasmesse dal denunciante e dalle autorità italiane, che le misure relative al periodo 2002-2005 potessero costituire aiuti di Stato e ha espresso dubbi sulla compatibilità di tali aiuti con il mercato interno. Nella sua decisione, la Commissione ha quindi invitato l’Italia a fornirle tutti i documenti, le informazioni e i dati necessari fino al periodo più recente, al fine di valutare la compatibilità delle misure. Ha inoltre precisato la necessità di esaminare il periodo successivo al 2005, in cui l’entità delle perdite non è stata inizialmente trasmessa alla Commissione, nonché l’intero periodo 2002-2010, al fine di verificare se nel corso di tale periodo SEA Handling abbia ricevuto aiuti di Stato illegali sotto forma di compensazioni delle perdite (14). |
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(45) |
La Commissione è giunta alla conclusione che si trattasse di un aiuto, poiché riteneva che le diverse condizioni di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE fossero soddisfatte. |
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(46) |
La Commissione ha ritenuto in via preliminare, in considerazione della quota preponderante del Comune e della Provincia di Milano nel capitale di SEA, che le risorse utilizzate per coprire le perdite fossero di origine pubblica. Essa ha peraltro osservato la presenza di numerosi indizi ai sensi della sentenza del 16 maggio 2002, nella causa C-482/99, Francia/Commissione (15), detta «Stardust Marine» (di seguito «sentenza Stardust Marine») che indicavano un coinvolgimento delle autorità pubbliche nelle misure adottate da SEA nei confronti della sua controllata SEA Handling. |
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(47) |
La Commissione ha pertanto ritenuto che le misure in esame fossero selettive poiché riguardavano unicamente la società SEA Handling e procuravano a SEA Handling un vantaggio economico che non sussisterebbe in condizioni normali di mercato. |
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(48) |
Al fine di stabilire se SEA, coprendo le perdite di SEA Handling, avesse agito come un investitore avveduto che opera in condizioni normali di mercato, la Commissione ha considerato diversi elementi. |
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(49) |
La Commissione ha constatato in fase preliminare che il piano aziendale approvato nel 2001 (16) prevedeva il ritorno di SEA Handling alla redditività entro il 2005. La decisione di continuare l’attività nel settore dell’assistenza a terra dopo il 2002 e di non procedere alla vendita di SEA Handling immediatamente dopo lo scorporo delle due società era stata giustificata dalla previsione di ripristinare la redditività nell’arco di un triennio. Orbene, il piano aziendale del 2001 non conteneva una strategia dettagliata che consentisse a SEA di assicurare la redditività di SEA Handling e copriva tutte le attività di SEA. Non è stato trasmesso alla Commissione alcun altro piano aziendale particolareggiato relativo unicamente a SEA Handling. |
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(50) |
La Commissione ha inoltre constatato che SEA Handling tra il 2003 e il 2005 aveva registrato progressi limitati o risultati negativi dal momento che le perdite annuali erano superiori a 40 milioni di EUR, il costo del lavoro era rimasto stabile, i costi complessivi erano diminuiti solo del 3 % circa, i ricavi erano diminuiti solo del 4,5 % e i costi per unità di lavoro erano aumentati solo del 7,6 %. |
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(51) |
La Commissione ha inoltre fatto osservare che l’argomentazione delle autorità italiane secondo cui il ripianamento delle perdite di SEA Handling andava analizzato in un’ottica di gruppo non spiegava perché, al livello del gruppo, sarebbe stato più conveniente ripianare le perdite di SEA Handling invece di cederla o ristrutturarla. La Commissione ha peraltro ritenuto che la situazione di deficit della società SEA Handling si fosse protratta troppo a lungo perché si potesse parlare di un «periodo limitato» ai sensi della sentenza della Corte di giustizia del 21 marzo 1991 (17) e che il carattere ricorrente, dal 2002, del ripianamento delle perdite confermasse che la società SEA non aveva operato alla stregua di un investitore avveduto. |
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(52) |
La Commissione ha infine ritenuto che […] o altri operatori avrebbero potuto accedere al mercato e che la perdita d’immagine, a cui si riferiscono le autorità italiane per giustificare la rinuncia da parte di SEA all’esercizio delle attività di assistenza a terra, fosse non quantificata e presentata in termini troppo vaghi, e infine che l’obbligo di fornire i servizi di assistenza a terra non comportasse la necessità da parte di SEA di fornire tali servizi in prima persona, dal momento che la presenza di altri fornitori costituiva un’alternativa concreta e valida. |
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(53) |
Per finire, la Commissione ha ritenuto che le misure incidessero indubbiamente sugli scambi tra gli Stati membri e sulla concorrenza. L’incidenza sugli scambi era certa alla luce delle finalità della direttiva 96/67/CE che regola l’accesso dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità che raggiungono livelli di traffico stabiliti dalla direttiva medesima. Era inoltre presunta l’incidenza sulla concorrenza dal momento che le misure rafforzano notevolmente la posizione di SEA Handling a discapito dei suoi concorrenti. |
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(54) |
Ritenendo quindi, in questa fase, che il ripianamento delle perdite costituisse un aiuto di Stato, la Commissione ha altresì espresso dubbi circa la compatibilità degli aiuti in questione con il mercato interno. La comunicazione della Commissione Orientamenti comunitari concernenti il finanziamento degli aeroporti e gli aiuti pubblici di avviamento concessi alle compagnie aeree operanti su aeroporti regionali (18) (di seguito «orientamenti relativi al settore aeroportuale»), si riferisce alla direttiva 96/67/CE, la quale stabilisce che, oltre i 2 milioni di passeggeri, l’attività di fornitura dei servizi di assistenza a terra deve essere autosufficiente, indipendentemente dagli altri redditi commerciali dell’aeroporto sotto forma di risorse pubbliche attribuitegli in quanto autorità aeroportuale o gestore di un servizio di interesse economico generale (19). La Commissione ha quindi costatato che il sovvenzionamento di tali attività da parte delle autorità pubbliche è contrario agli obiettivi stabiliti dalla direttiva 96/67/CE e potrebbe pertanto avere un effetto negativo sulla liberalizzazione del mercato. |
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(55) |
Di conseguenza, la Commissione ha deciso di avviare il procedimento di indagine formale per dissipare i dubbi in merito alla qualificazione di aiuto di Stato delle misure fino al periodo più recente e alla loro compatibilità con il mercato interno. |
4. OSSERVAZIONI DELLE AUTORITÀ ITALIANE
Sul periodo oggetto d’esame
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(56) |
Le perplessità delle autorità italiane suscitate dalla decisione riguardano innanzitutto l’ambito cronologico degli addebiti formulati dalla Commissione. Le autorità italiane ritengono che le osservazioni della Commissione si riferiscano a un periodo successivo (2006-2008) rispetto a quello che ha costituito oggetto dell’indagine preliminare e, quindi, delle richieste di chiarimenti ad esse rivolte in merito al periodo 2002-2005. Il Comune aveva pertanto invitato la Commissione a rettificare l’ambito temporale coperto dalla procedura, rivolgendo alle autorità italiane, per il periodo successivo (dal 2006 in avanti), una normale richiesta di informazioni (20). |
Sull’imputabilità alle autorità pubbliche delle misure di ripianamento delle perdite
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(57) |
Per quanto riguarda il primo indizio di imputabilità riscontrato dalla Commissione, ossia alcuni stralci dell’intesa del 26 marzo 2002 siglata dal Comune di Milano, da SEA e dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali, del verbale dell’accordo sindacale del 4 aprile 2002, successivamente confermato il 15 maggio 2002, intercorso tra SEA e le organizzazioni sindacali confederali e di categoria ed infine del verbale dell’accordo sindacale concluso da SEA, SEA Handling e le organizzazioni sindacali di categoria il 9 giugno 2003, le autorità italiane invitano la Commissione a riconsiderare il valore probatorio di tali documenti. |
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(58) |
Le autorità italiane sostengono a questo proposito che solo constatazioni oggettive che conducessero alla conclusione che lo Stato membro è intervenuto nella decisione di SEA in modo da determinarla o condizionarla — nel senso che SEA avrebbe adottato un diverso comportamento se avesse potuto decidere in autonomia — permetterebbero di ammettere l’imputabilità delle misure in esame allo Stato medesimo (21), il che non ricorrerebbe nel caso di specie per il Comune di Milano. |
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(59) |
Non avendo partecipato in alcun modo alla stipula degli accordi sindacali, il Comune sottolinea la propria estraneità agli impegni assunti da SEA nei confronti delle rappresentanze sindacali negli accordi in oggetto. Il Comune di Milano ha partecipato unicamente all’incontro del 26 marzo 2002 e a tal proposito afferma che tutelava gli interessi dei lavoratori in qualità di azionista di maggioranza e soprattutto quale ente responsabile della comunità locale. Non avrebbe quindi assunto alcun impegno, ma avrebbe «confermato» sul piano politico ai sindacati le scelte imprenditoriali di SEA, in particolare la strategia di salvare posti di lavoro, con l’intesa di affiancare gli stessi sindacati nel monitorare che tali scelte avessero attuazione. Il suddetto «accordo», il cui contenuto sarebbe palesemente politico-sociale, non avrebbe rilevanza giuridica, avendo unicamente la funzione di rassicurare le rappresentanze sindacali circa la serietà degli impegni di SEA. Alla luce dei documenti presi in considerazione dalla Commissione non si potrebbe desumere un intervento determinante del Comune di Milano nella decisione di procedere al ripianamento delle perdite di SEA Handling, né alcun impegno in tal senso. SEA avrebbe quindi preso le proprie decisioni commerciali in completa libertà e indipendenza. |
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(60) |
In generale, la corrispondenza intercorsa tra il 2002 e il 2005 tra gli organi direttivi della società e alcuni membri del Consiglio comunale, ai quali è stato negato l’accesso, e alcuni documenti interni di SEA di cui avevano richiesto la trasmissione, in particolare il piano aziendale, costituirebbe una prova della mancata ingerenza da parte dell’amministrazione nelle attività di SEA. Secondo le autorità italiane un’ulteriore prova sarebbe costituita dal fatto che SEA ha espressamente rivendicato la propria indipendenza nei confronti dell’amministrazione, per esempio in risposta a un’interrogazione presentata da un consigliere comunale. |
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(61) |
Le autorità italiane precisano inoltre che per assumere legittimamente impegni validi ed efficaci, il Comune avrebbe dovuto agire attraverso atti formali dei propri organi competenti con l’indicazione espressa della copertura finanziaria. |
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(62) |
Per quanto riguarda il secondo indizio di imputabilità rilevato dalla Commissione, ovvero la relazione di particolare dipendenza che gli amministratori e i dirigenti di SEA hanno intrattenuto con il Comune di Milano, le autorità italiane contestano la pratica della Commissione che consisterebbe nell’elevare al rango di indizi affermazioni contenute in articoli di giornale. Esse formulano inoltre le osservazioni seguenti. |
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(63) |
In primo luogo, quanto alla firma da parte dei consiglieri di amministrazione di SEA di lettere di dimissioni in bianco prima della scadenza del relativo mandato, consegnate al sindaco di Milano, le autorità italiane sostengono che queste non siano in grado di dimostrare l’esistenza di una situazione di particolare dipendenza degli amministratori di SEA dal Comune. Esse indicano, come riconosciuto dal presidente del consiglio di amministrazione durante l’assemblea ordinaria del 24 febbraio 2006, che si tratta di una prassi frequente «utilizzata in concreto per consentire l’allontanamento tempestivo di amministratori cui siano imputabili fatti configuranti illecito» . Lo stesso presidente ha escluso l’utilizzo di tali lettere in caso di non condivisione, da parte dell’azionista, delle scelte gestionali operate dal consiglio di amministrazione, perché soltanto al consiglio di amministrazione spetterebbe in via esclusiva la responsabilità di tali scelte. Le autorità italiane aggiungono inoltre, come ha evidenziato il presidente del consiglio di amministrazione della società in occasione della sopracitata assemblea, che «in ogni caso, nessuno ha mai fatto pressioni facendo riferimento a questa lettera o ad altri documenti» e che le suddette lettere hanno «un valore morale e non un valore giuridico» . Peraltro, secondo il rappresentante del Comune nella medesima assemblea ordinaria di SEA, tali lettere «sarebbero del tutto inidonee a condizionare l’operato dei consiglieri. Questi, infatti, restano soggetti alla esclusiva valutazione dell’assemblea dei soci: solo da tale organo possono essere nominati e revocati, e solo a tale organo rispondono della gestione della società» . Secondo le autorità italiane, le suddette lettere avrebbero come unico effetto la perdita, da parte dell’amministratore revocato dall’assemblea degli azionisti, del diritto al risarcimento del danno cagionato dall’anticipata risoluzione del rapporto senza giusta causa. |
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(64) |
In secondo luogo, per quanto concerne la relazione di particolare dipendenza che la società SEA intratterrebbe con il Comune di Milano, le autorità italiane fanno osservare che, diversamente da quanto sostenuto dalla Commissione, il controllo svolto dal Comune di Milano non si estrinseca nella nomina di propri rappresentanti in seno al consiglio di amministrazione, bensì nella mera designazione degli stessi, perché il potere di nomina è di competenza dell’assemblea, conformemente alla disciplina privatistica comune relativa alle società per azioni, prevista dal Codice civile italiano. Sostengono inoltre che lo statuto di SEA conferisce al consiglio di amministrazione, conformemente alle regole ordinarie del diritto comune e, come già osservato frequentemente, il potere di scegliere i nominativi degli amministratori da sottoporre all’approvazione dell’assemblea. |
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(65) |
Inoltre, per quanto riguarda indizi tipici dell’imputabilità di una misura dello Stato, e in particolare, gli indizi enumerati dalla Corte di giustizia nella causa «Stardust Marine», le autorità italiane affermano che si dovrebbe giungere alla medesima conclusione di non imputabilità allo Stato delle misure in esame. Nel caso di specie, le autorità italiane sottolineano che non vi è alcuna forma di integrazione della società SEA nelle strutture dell’amministrazione pubblica, né a livello locale, né a livello nazionale. Con riferimento all’ulteriore indizio consistente nella natura delle attività dell’impresa e nell’esercizio di queste sul mercato in condizioni di normale concorrenza con operatori privati, le autorità italiane affermano altresì che, nel caso in parola, SEA svolgerebbe ogni sua attività nella veste di un normale imprenditore privato. A loro avviso, neppure lo status giuridico dell’impresa dovrebbe costituire nel caso di specie un indizio d’imputabilità delle misure allo Stato, poiché SEA è, a tutti gli effetti, una società di diritto privato. Infine, con riferimento all’eventuale ultimo indizio citato dalla Corte, ovvero l’intensità della tutela esercitata dalle autorità pubbliche nella gestione dell’impresa, esse segnalano come, nel caso in esame, l’assenza di un qualsiasi condizionamento da parte del Comune e l’autonomia rivendicata dalla stessa società nei confronti dell’amministrazione dimostrerebbero il mancato coinvolgimento di quest’ultima nell’adozione di ogni delibera societaria. |
Sull’applicazione del criterio dell’investitore privato in un’economia di mercato
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Le autorità italiane desiderano sottolineare che, nell’applicazione del criterio dell’investitore privato, gli elementi di fatto (dati economici ed altro), dei quali la Commissione sia venuta in possesso nel corso delle indagini preliminari, ma riguardanti un momento successivo a quello in cui furono decisi gli interventi contestati, possono essere utilizzati, ove necessario, ai fini della valutazione della compatibilità delle misure, se qualificate come aiuti, con le norme del trattato; gli stessi elementi fattuali non possono invece essere di alcun ausilio nel momento in cui si svolgono valutazioni circa la conformità degli interventi finanziari in questione con il criterio dell’investitore privato. Le autorità italiane ritengono che l’intero ragionamento della Commissione risulti viziato da un’errata applicazione del criterio dell’investitore privato derivante da un’inesatta valutazione del quadro fattuale in esame. |
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(67) |
Per quanto attiene al contesto da prendere opportunamente in considerazione, le autorità italiane osservano in primo luogo che la Commissione non ha tenuto conto del fatto che, nel contesto di liberalizzazione del mercato europeo dei servizi di assistenza a terra a seguito dell’adozione della direttiva 96/67/CE, recepita nell’ordinamento italiano tramite il decreto legislativo n. 18/99, SEA ha deciso di non limitarsi alla separazione contabile, bensì di procedere allo scorporo delle attività in questione e al loro trasferimento in una nuova entità giuridica. Le autorità italiane sostengono che tale scorporo fosse strumentale agli indirizzi strategici del gruppo attraverso la ricerca di un partner industriale per i servizi di assistenza a terra e all’individuazione di misure volte all’efficientamento dei servizi di assistenza a terra negli scali di Linate e Malpensa. |
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(68) |
In generale, secondo le autorità italiane, nel quadro della liberalizzazione, le sociétà di gestione aeroportuale si sarebbero adattate organizzando le proprie attività di assistenza a terra dopo aver considerato i differenti modelli commerciali adottabili: i servizi di assistenza a terra non sono operati direttamente dal gestore aeroportuale (es. aeroporti londinesi, Copenaghen, aeroporti spagnoli, Dublino) ma prestati da società terze operanti su più scali internazionali («esternalizzazione»), oppure sono operati direttamente dal gestore aeroportuale attraverso la sola separazione contabile (es. Francoforte, Vienna) o attraverso la costituzione di una apposita società (SEA, Parigi) («gestione diretta»). Le autorità italiane sottolineano che ciascuno dei due modelli presenta vantaggi e svantaggi che le società di gestione aeroportuale hanno valutato attentamente, anche alla luce del contesto regolamentare proprio di ciascuna realtà nazionale. Secondo le autorità italiane, l’esternalizzazione consentirebbe di concentrare le risorse sulle attività principali, con immediati benefici per il conto economico, dato che le attività di assistenza a terra sarebbero, nella maggior parte dei casi, in perdita, salvo quando vengono prestate su larga scala (e non solo negli aeroporti in gestione). Di converso, il mantenimento delle attività di assistenza a terra consentirebbe ai gestori aeroportuali di esercitare un maggiore controllo sulla qualità del servizio, il che, al di là degli aspetti regolamentari, determinerebbe ricadute positive sulle attività del gruppo, soprattutto a medio-lungo termine. |
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(69) |
Le autorità italiane sottolineano quindi che questo secondo modello scelto da SEA consente al gestore aeroportuale di salvaguardare la funzione di centro aeroportuale e i processi di trasferimento, di mantenere il controllo del livello di qualità del servizio fornito, di prevedere servizi di assistenza a terra selezionati negli aeroporti in cui non vi sono altri operatori in grado di fornirli e, infine, di mantenere una forte influenza in tema di sicurezza aeroportuale. Esse sostengono inoltre che questa scelta comporterebbe elevati costi operativi, che sono connaturati all’esercizio diretto delle attività di assistenza a terra. Le autorità sottolineano che la produttività nel comparto in esame non andrebbe misurata in termini esclusivamente finanziari. |
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(70) |
Secondo le autorità italiane, questa strategia scelta dal gruppo SEA sarebbe perfettamente razionale, poiché permette di mantenere al proprio interno le attività di assistenza a terra puntando sia su un progressivo recupero di produttività sia sulla qualità dei servizi e i benefici che ne sarebbero derivati per il gruppo a medio-lungo termine. Nel contempo, mediante lo scorporo delle attività e il loro conferimento in una separata società per l’esercizio di tali operazioni (SEA Handling), SEA sarebbe stata in grado di cogliere eventuali opportunità di alleanze con altri operatori del settore, con l’obiettivo di recupero di redditività, grazie alle sinergie derivanti dall’inserimento in un network internazionale e dall’acquisizione di ulteriori know-how operativi. |
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(71) |
SEA avrebbe dunque avuto l’intenzione di sopportare le perdite inizialmente registrate dalla controllata in vista dei vantaggi che ne sarebbero derivati per il gruppo, nonché del progressivo miglioramento del conto economico di SEA Handling e del ripristino della sua redditività (inizialmente previsto al termine del primo triennio di attività, cioè entro il 2005), da ottenersi mediante le misure previste da un piano programmatico di ristrutturazione che prevedeva anche, ove possibile, l’ingresso di un partner strategico che acquisisse una significativa quota di minoranza in SEA Handling. |
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(72) |
Per quanto riguarda la ricerca di tale partner strategico, le autorità italiane sottolineano il fatto che, nel maggio 2001, SEA ha avviato una procedura competitiva volta alla ricerca di un partner di minoranza in SEA Handling, al termine della quale, l’offerta presentata da […], sarebbe risultata essere la più interessante. Le trattative avviate con quest’ultima sarebbero giunte a uno stadio molto prossimo alla firma conclusiva, in particolare grazie a un piano di rilancio. In un secondo tempo la trattativa si sarebbe arenata, a causa principalmente di divergenze sulla valutazione dell’azienda. |
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(73) |
Le autorità italiane sottolineano successivamente che le misure previste nel piano aziendale consolidato del gruppo SEA 2002-2006 miravano a un recupero di produttività del fattore lavoro del 20 % in quello stesso periodo. Esse affermano che tali misure venivano giudicate adeguate e sufficienti a confermare la scelta del modello commerciale che era stata compiuta. Sebbene non sia stato raggiunto l’obiettivo del ripristino della redditività, i risultati economici sarebbero stati incoraggianti e avrebbero confermato, da parte di SEA, l’idoneità della scelta del modello commerciale, nell’interesse economico del gruppo e dei suoi azionisti. |
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(74) |
Secondo le autorità italiane, il fatto che SEA Handling non abbia ripristinato la redditività entro il termine inizialmente previsto, è dovuto a uno scenario di mercato profondamente mutato rispetto alle previsioni, per effetto di due fattori internazionali che hanno inciso significativamente sullo sviluppo del traffico aereo del periodo (SARS e guerra in Iraq) e delle conseguenti difficoltà economiche dei vettori internazionali che subendo un forte aumento del prezzo del petrolio hanno costretto gli operatori ad accettare una revisione al ribasso dei prezzi, in uno scenario competitivo molto più aggressivo rispetto alle attese. |
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(75) |
Le autorità italiane invitano la Commissione a riconsiderare la sua obiezione relativa alla decisione di SEA di continuare a intervenire ripianando le perdite della propria controllata sebbene, a suo avviso, l’evoluzione economica mostrasse fin dalle prime due intere annualità d’attività (2003 e 2004), che il recupero della redditività nell’arco di un triennio non sarebbe stato possibile. Tale obiezione si basa, secondo le autorità italiane, su un’applicazione eccessivamente semplicistica del criterio dell’investitore privato, essenzialmente in termini di mera redditività nel breve termine. Così facendo, la Commissione avrebbe omesso di considerare che, nel caso di specie, possono venire in rilievo considerazioni diverse da quelle relative ai soli flussi finanziari diretti generati dall’investimento, soprattutto in ragione della circostanza che la società madre è verticalmente collegata con la propria controllata e che una parte non trascurabile delle sue attività dipende dalla qualità dei servizi offerti dalla società controllata. La Commissione, limitandosi a considerare la non redditività dell’intervento nel primo biennio di attività, avrebbe totalmente trascurato le particolarità del settore, in cui un gestore aeroportuale può essere interessato a svolgere (o sopportare finanziariamente) un’attività di assistenza a terra indipendentemente dalla sua immediata redditività. |
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(76) |
Le autorità italiane hanno inoltre fornito un’analisi controfattuale realizzata da un consulente esterno allo scopo di dimostrare che le ipotesi alla base del documento Presentazione del piano aziendale 2003-2007 di SEA Handling (di seguito «Piano aziendale 2003-2007» ) fornito da SEA, erano realiste e ragionevoli e che alcuni eventi imprevisti hanno avuto incidenze negative maggiori su SEA Handling, determinando perdite superiori a quelle ragionevolmente prevedibili al momento della decisione di ripianare le perdite. Da questa analisi emerge in primo luogo che la diminuzione del traffico trattato e dei prezzi avrebbe esercitato l’incidenza maggiore sulla differenza negativa tra i risultati registrati e quelli previsti nel piano aziendale. In altre parole, benché SEA Handling fosse riuscita a raggiungere i suoi obiettivi in termini di riduzione del costo unitario, non avrebbe raggiunto gli obiettivi finanziari previsti nel piano aziendale a causa della significativa perdita di redditi determinata dalla diminuzione del traffico e dei prezzi rispetto al livello previsto. |
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(77) |
La Commissione non avrebbe inoltre attribuito un rilievo sufficiente alle specificità del comparto in Italia, alla luce della regolamentazione italiana applicabile. A tal proposito, le autorità ricordano in primo luogo che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, del decreto legislativo n. 18/99, nonché dell’articolo 705, paragrafo 2, lettera d), del Codice della navigazione, l’ente di gestione aeroportuale ha l’obbligo di assicurare la presenza in aeroporto dei necessari servizi di assistenza a terra, fornendoli direttamente o coordinando l’attività dei soggetti che forniscono i suddetti servizi a favore di terzi o in autoproduzione. Inoltre, con specifico riferimento agli aeroporti di Milano Linate e Malpensa, l’articolo 4 della convenzione stipulata tra ENAC (Ente nazionale per l’aviazione civile) e SEA il 4 settembre 2001 pone espressamente in capo a quest’ultima l’obbligo di garantire i servizi di assistenza a terra e di assicurare la disponibilità e l’efficienza di mezzi, attrezzature ed impianti e di quanto altro occorre per il continuo, regolare ed efficace svolgimento di tali servizi. |
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(78) |
Alla luce di tale regolamento, secondo le autorità italiane, SEA non poteva e non può semplicemente disfarsi delle attività di assistenza a terra o procedere alla loro esternalizzazione. Anche qualora decidesse di procedere in tal senso, dovrebbe comunque assicurarsi, con gli appositi strumenti contrattuali e sopportandone il relativo onere, che i servizi rispondano alle esigenze e ai requisiti fissati dal legislatore o derivanti da previsioni contenute nell’atto di affidamento della gestione aeroportuale. L’ente di gestione aeroportuale rimarrebbe infatti responsabile nei confronti della pubblica autorità in relazione al regolare ed efficace svolgimento dei servizi di assistenza a terra. |
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(79) |
Inoltre, ai fini della corretta applicazione del criterio dell’investitore privato nel caso di specie, le autorità italiane desiderano ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, l’operatore privato rispetto al quale occorre confrontare il comportamento tenuto dall’impresa pubblica deve essere di caratteristiche e dimensioni paragonabili (22), e che l’investimento consistente nel ripianamento delle perdite di SEA Handling è stato programmato ed effettuato dal gruppo SEA, azionista e titolare della convenzione per la gestione aeroportuale sugli scali di Malpensa e Linate. Ciò comporterebbe, in primo luogo, come viene peraltro precisato dalla Commissione nella sua decisione, che il comportamento di SEA non può essere raffrontato a «quello del comune investitore che colloca capitali in funzione della loro capacità di produrre reddito a termine più o meno breve» , ma deve essere invece raffrontato a «quello di una holding privata o di un gruppo imprenditoriale privato che persegue una politica strutturale, globale o settoriale, guidato da prospettive di redditività a più lungo termine» (23). In secondo luogo, dovrebbero altresì essere prese in considerazione le caratteristiche del settore regolamentato in esame e la normale dinamica, in tale contesto, dei rapporti economici tra la società madre e la filiale (24). |
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(80) |
Le autorità italiane ritengono, di conseguenza, che la Commissione avrebbe dovuto valutare le misure in questione in un’ottica di gruppo, ovvero esaminando il bilancio consolidato di SEA; avrebbe così constatato che il gruppo ha registrato cospicui benefici complessivi assorbendo largamente al suo interno le perdite del comparto dell’assistenza a terra e creando valore per l’azionista. |
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(81) |
Otre alla probabilità di ricavare un profitto materiale indiretto dal ripianamento delle perdite di SEA Handling, esisterebbero pertanto altre considerazioni, tra le quali rientrano: a) la possibilità di ottenere vantaggi economici indiretti attraverso i rapporti commerciali con la filiale; b) le difficoltà che comporterebbe l’esternalizzazione nel contesto di riferimento a livello nazionale, dal punto di vista sia degli oneri economici che della responsabilità assunta nei confronti della pubblica autorità; c) la salvaguardia dell’immagine del gruppo e d) il rispetto degli obblighi verso lo Stato derivanti dalla convenzione e dalla legge. |
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(82) |
Le autorità italiane sottolineano quindi che il gruppo SEA ha ottenuto, nel triennio 2003-2005, notevoli risultati quanto alla qualità del servizio fornito agli utenti. Esse citano, a questo proposito, l’evoluzione positiva dei tempi di attesa per la riconsegna dei bagagli in arrivo e la puntualità degli scali gestiti da SEA. |
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(83) |
In conclusione, le autorità italiane ritengono che il comportamento tenuto da SEA nella fattispecie in esame risulti perfettamente conforme a quello di un gruppo imprenditoriale privato che persegue una politica strutturale e che preferisce compensare nell’immediato le perdite di un proprio settore di attività in una prospettiva di ripristino della redditività a più lungo termine e in considerazione di altri interessi, di natura sia finanziaria che non, ma comunque inerenti agli interessi economici del gruppo. Infatti, diversamente da quanto sostenuto dalla Commissione, l’esistenza di concrete prospettive di recupero della redditività in un ragionevole lasso temporale sarebbe dimostrata dal costante miglioramento economico registrato da SEA Handling nel triennio 2003-2005, verificatosi malgrado il mancato reperimento di un partner strategico di minoranza e la difficile situazione di mercato. |
Sulla compatibilità
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(84) |
Per quanto riguarda l’ammissibilità delle imprese, le autorità italiane hanno affermato sostanzialmente quanto segue: i) considerate le perdite costanti registrate dalle attività di assistenza a terra, anche prima della costituzione di SEA Handling, è evidente che l’impresa si trovava in difficoltà fin dalla data in cui ha iniziato a operare; ii) la ristrutturazione di SEA Handling si basa su un piano di ristrutturazione composto di vari documenti che riguardano il periodo 2003-2010, destinato al ripristino della redditività dell’attività di assistenza a terra; iii) tali documenti illustrano in dettaglio la strategia di SEA e il calendario delle misure previste a tal fine. |
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(85) |
In particolare, le autorità italiane hanno sottolineato che il piano aziendale consolidato del gruppo SEA 2002-2006 (in appresso «Piano aziendale consolidato 2002-2006») stabiliva le seguenti misure per recuperare la produttività delle attività di assistenza e incrementare le entrate:
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(86) |
Inoltre, le autorità italiane sostengono che una tra le più importanti misure di ristrutturazione era la selezione di un azionista di minoranza. |
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(87) |
In secondo luogo, secondo le autorità italiane, il Piano aziendale 2003-2007, che era incentrato su SEA Handling, individuava i principali fattori con effetti negativi sul funzionamento della società, segnatamente il costo della manodopera, gli squilibri organizzativi e l’insufficiente innovazione tecnologica. Il documento indica le principali misure necessarie per ripristinare la produttività dell’impresa: i) aumento della quota di mercato della società; ii) misure per incrementare l’innovazione tecnologica; iii) misure per migliorare l’adattabilità alle esigenze dei clienti; iv) riesame delle attività ad alto costo esterne rispetto al core business; v) decremento del costo della manodopera; vi) recupero delle entrate per attività extra rispetto all’assistenza. |
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(88) |
In terzo luogo, le autorità italiane sottolineano che il documento «Executive Summary — Linee guida del piano strategico 2007-2012 del gruppo SEA — 11 maggio 2007 » (in appresso Piano strategico 2007-2012) include un piano in tre fasi finalizzato a ripristinare la redditività di SEA Handling entro il 2011. L’obiettivo del ripristino della redditività delle attività di assistenza è presumibilmente evidente anche nel Piano strategico del gruppo SEA 2009-2016 (in appresso Piano strategico 2009-2016) e nel Piano aziendale di SEA 2011-2013 (in appresso Piano aziendale 2011-2013). |
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(89) |
In quarto luogo, le autorità italiane sostengono che non si riscontra alcuna distorsione della concorrenza dal momento che le misure in questione sono state necessarie ai fini della liberalizzazione del mercato. In ogni caso, sono state prese misure per garantire che la concorrenza non sia indebitamente falsata, segnatamente il decremento progressivo dei livelli di occupazione (diminuzione di 1 755 unità nel periodo 2003-2010), la riduzione della presenza sul mercato (cessazione completa di tutte le attività a esclusione del core business; cessazione dell’attività di sghiacciamento; tentativi falliti di vendere una partecipazione di minoranza in SEA Handling). |
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(90) |
Infine, l’Italia sostiene che l’aiuto è stato chiaramente limitato al minimo necessario considerate le perdite operative sostenute dall’impresa e l’importo che si è reso conseguentemente necessario per garantire la continuità operativa dell’attività di assistenza. L’aiuto non ha determinato un aumento della quota di mercato dell’impresa a danno dei concorrenti dato che non sono state attuate misure di investimento che non fossero previste dai piani di ristrutturazione. |
5. OSSERVAZIONI DELLE PARTI INTERESSATE
5.1. SEA
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(91) |
SEA sottolinea nelle sue osservazioni l’argomentazione presentata dalle autorità italiane precisandone e ampliandone alcuni aspetti. |
Sull’imputabilità allo Stato italiano delle misure di ripianamento delle perdite
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(92) |
In primo luogo, in riferimento all’accordo sindacale del 4 aprile 2002 che, secondo la Commissione, avrebbe visto la partecipazione attiva del Comune, SEA desidera approfondire il richiamo alla sentenza Stardust Marine ricordando che l’onere della prova dell’imputabilità resta a carico della Commissione e asserendo che gli elementi forniti nel caso di specie non sarebbero solo limitati di numero, ma anche di contenuto e consistenza. Esisterebbero invece «controindizi», ben più solidi e pregnanti, che proverebbero l’autonomia con cui SEA ha operato le scelte inerenti la ristrutturazione di SEA Handling. |
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(93) |
SEA ritiene che le intese intervenute con le organizzazioni sindacali mirassero a rassicurare il personale dipendente circa la tutela dei diritti acquisiti e l’attuazione delle misure a tutela dell’occupazione corrispondenti alla strategia decisa da SEA. Essa nota che nel corso delle delibere del consiglio di amministrazione di SEA è stata decisa la riorganizzazione del gruppo, senza mai assumere impegni, nel contesto di tale riorganizzazione, a non ridurre il personale secondo le esigenze del mercato. SEA sostiene inoltre che le decisioni di riduzione o ristrutturazione, anche nel periodo più recente, si siano sempre ispirate esclusivamente a una logica economica, senza che il Comune ovvero le forze politiche in esso rappresentate abbiano assunto un ruolo di rilievo. |
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(94) |
SEA nota che le preoccupazioni di carattere sociale erano, e sono, ben presenti sia nel decreto legislativo 18/99, che dedica l’articolo 14 alla «protezione sociale», sia nella direttiva 96/67/CE, la quale al 24o considerando riconosce che gli Stati «devono conservare il potere di garantire un adeguato livello di protezione sociale al personale delle imprese che forniscono servizi di assistenza a terra», legittimandoli quindi (articolo 18) ad adottare le misure necessarie per garantire la tutela dei diritti dei lavoratori (nel rispetto delle disposizioni della direttiva e «delle altre disposizioni del diritto comunitario»). Secondo SEA, è solo nei limiti posti dal contesto normativo di riferimento che le preoccupazioni di ordine sociale hanno potuto giocare un ruolo nelle libere decisioni imprenditoriali assunte da SEA. |
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(95) |
SEA insiste inoltre sul fatto che la Commissione avrebbe ignorato alcuni «controindizi» suggeriti dal Comune di Milano, ossia la non applicazione dei cosiddetti impegni dell’intesa sindacale del 26 marzo 2002 e la limitata durata nel tempo dei cosiddetti impegni. |
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(96) |
Per quanto riguarda il controllo del Comune richiamato dalla Commissione, SEA afferma di disporre di una piena autonomia decisionale e gestionale, esercitata liberamente, senza alcun condizionamento da parte del Comune o della Provincia di Milano. La società precisa che la gestione sociale è di competenza esclusiva degli amministratori ed è preclusa a soggetti estranei (quali, ad esempio, gli azionisti di comando) la possibilità di esercitare poteri e funzioni degli amministratori. SEA sostiene inoltre che anche se si ritenesse per assurdo che l’azionista pubblico di maggioranza esercita di regola un’effettiva influenza sulle delibere degli organi di amministrazione di SEA, ciò che rileverebbe per la prova dell’imputabilità, ai sensi della sentenza «Stardust Marine», non sarebbe il criterio organico ma l’effettiva ingerenza nelle decisioni controverse. |
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(97) |
Secondo SEA, la Commissione dovrebbe tenere maggiormente conto delle posizioni di contrasto emerse nella seduta del Consiglio comunale di Milano del 16 giugno 2003 dal cui resoconto emergerebbe in modo inequivocabile l’autonomia decisionale e organizzativa della società, da un lato allorquando i consiglieri comunali prendono atto del diniego di SEA a fornire, in quanto non divulgabili, dati oggetto di una trattativa in corso con le organizzazioni sindacali, e dall’altro, alla luce del rigetto della mozione diretta a far sì che la Giunta comunale chiedesse a SEA di presentare un piano aziendale e conseguente piano aziendale, mozione che non soltanto sarebbe stata approvata ma che non vi sarebbe stata la necessità di presentare qualora il Comune di Milano avesse concretamente esercitato o avesse avuto la consapevolezza di poter esercitare l’influenza che la Commissione sembra volergli attribuire. |
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(98) |
A proposito delle lettere di dimissioni in bianco, SEA aggiunge alle affermazioni formulate in proposito dal Comune di Milano che, in occasione dell’assemblea di SEA del 24 febbraio 2006, il presidente del collegio sindacale di SEA ha confermato che a nessuno dei componenti del collegio sindacale è stato chiesto di sottoscrivere simili lettere. SEA ritiene che tutte le risposte formulate nel corso della suddetta assemblea a proposito delle lettere di dimissioni in bianco valgano come indizi certi della tesi contraria a quella secondo cui esisterebbe una relazione di particolare dipendenza con il Comune di Milano. SEA sottolinea inoltre il fatto che, come afferma il presidente nel corso della medesima assemblea, il consiglio di amministrazione non aveva affatto aderito alla richiesta dell’azionista di distribuire un dividendo fra i 250 e 280 milioni di EUR, fissando invece in 200 milioni di EUR l’importo massimo disponibile, il che dimostrerebbe che decidendo in senso diverso dal Comune, non è stato influenzato dalle lettere in questione. |
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(99) |
SEA ritiene infine che la circostanza che le accuse relative alla presunta dipendenza del consiglio di amministrazione di SEA nei confronti del Comune — accuse riportate dalla stampa — risalgono al 2006 non possa «provare» nulla circa il condizionamento esercitato dal Comune su SEA per il periodo precedente a tale anno. Non vi sarebbero inoltre ragioni che consentano di presumere tale condizionamento, se non vengono addotti da parte della Commissione elementi di prova seri e pertinenti, anche da un punto di vista di consecuzione temporale degli eventi. |
Sull’applicazione del criterio dell’investitore privato operante in un’economia di mercato
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(100) |
SEA ricorda che secondo la Corte di giustizia (sentenza «ALFA Romeo» (25) e sentenza «ENI-Lanerossi» (26)), così come il socio privato di un’impresa temporaneamente in difficoltà può ragionevolmente conferire alla medesima il capitale necessario per la sua sopravvivenza qualora questa, previa riorganizzazione, sia in grado di tornare ad essere redditizia, una società madre può parimenti decidere di sopportare le perdite di una delle sue controllate spinta da «considerazioni» diverse da quella della mera redditività dell’investimento a breve termine. Nella medesima sentenza «ENI-Lanerossi» la Corte ha indicato che considerazioni quali la probabilità di ricavare un profitto materiale indiretto dall’investimento, la possibilità di cedere le attività della controllata a migliori condizioni, la volontà di salvaguardare l’immagine del gruppo nel suo complesso o l’intenzione di riorientare le attività del medesimo, possono validamente giustificare, nell’ottica di un investitore privato che persegue un obiettivo di redditività (non meramente finanziaria) nel lungo periodo, il conferimento di capitali ad un’impresa partecipata che si trovi in situazione di perdita. |
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(101) |
Nel caso di specie, SEA ritiene che la compensazione delle perdite di SEA Handling possa essere validamente giustificata, nell’ottica del principio dell’investitore privato, non solo dalla presenza di un piano strategico e di un programma di ristrutturazione con buone prospettive di redditività nel lungo periodo, ma anche da considerazioni diverse dalla mera redditività finanziaria dell’investimento, inerenti alla speciale responsabilità incombente su SEA quale gestore aeroportuale e alla sua immagine, nonché dalla circostanza che la compensazione interna non ha in nessun momento comportato uno specifico indebitamento o una difficoltà finanziaria per il gruppo, il quale ha comunque generato un rilevante utile netto. |
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(102) |
Inoltre, SEA afferma che alla base delle sue decisioni d’investimento non vi sono necessariamente considerazioni di profitto immeditato, come quelle che possono guidare le scelte (anche speculative) di un azionista di minoranza privo di poteri di controllo o anche di un azionista di controllo animato esclusivamente dalla ricerca del massimo profitto dell’attività di assistenza a terra considerata in modo isolato, bensì considerazioni di più ampio respiro, ispirate all’obiettivo della massimizzazione dei risultati complessivi del gruppo SEA nel lungo periodo. |
Sul contesto degli interventi
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(103) |
SEA ritiene che la Commissione non potrà omettere di considerare il contesto normativo in cui le compensazioni delle perdite sono intervenute. Il quadro normativo, determinando la pressione concorrenziale a cui SEA sarebbe stata soggetta e gli obblighi a cui questa era tenuta, avrebbe inciso sia sulle sue scelte industriali, sia sui risultati ottenuti in esito a tali scelte. Poiché le misure contestate sono state attuate nel periodo immediatamente successivo all’adozione della direttiva 96/67/CE e della sua attuazione a livello nazionale che mirava alla liberalizzazione del settore, SEA fa tuttavia notare che, fin dal 1996, aveva consentito l’ingresso di un fornitore terzo di servizi di assistenza a terra (ATA Handling) sui propri scali. |
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(104) |
Essa nota altresì che l’Italia ha optato per una liberalizzazione totale del mercato dei servizi di assistenza a terra prevedendo unicamente la possibilità, per l’autorità di settore (ENAC), di consentire limitazioni temporanee al numero dei fornitori di servizi, in presenza di motivate ragioni. SEA ritiene che l’ENAC, l’autorità di settore, avendo certificato ben 246 fornitori di cui 84 abilitati ad operare a Linate e Malpensa, abbia congestionato il mercato dei servizi di assistenza a terra in alcuni aeroporti italiani. SEA ritiene che la scelta dell’Italia avrebbe effettivamente favorito l’ingresso di numerosi operatori ma la tendenza del mercato sarebbe indirizzata verso la riduzione del numero di fornitori di servizi di assistenza a terra operanti su ciascun scalo. Ciò sarebbe altresì confermato dalla regolamentazione recentemente adottata da ENAC che, introducendo requisiti più rigorosi rispetto a quelli precedentemente adottati per la certificazione dei prestatori di tali servizi, dovrebbe condurre ad una selezione più attenta degli operatori, che dovranno garantire servizi con livelli qualitativi e di sicurezza più elevati. SEA nota in proposito che le scelte operate in altri Paesi europei sono andate in direzione opposta, per evitare che un’eccessiva pressione competitiva desse luogo a disequilibri delle condizioni economiche dei fornitori a seguito della pressione sui prezzi. |
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(105) |
In un contesto competitivo in evoluzione, SEA afferma che la scelta di procedere a una separazione societaria era fondata sul modello commerciale strategico di SEA, basato in quegli anni sulla gestione di Malpensa come hub, con la necessità di controllo, monitoraggio e gestione dei servizi di assistenza a terra (secondo un modello analogo a quello degli aeroporti di Francoforte e Vienna). |
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(106) |
SEA insiste peraltro sul fatto che nell’analizzare la logica economica delle scelte di quest’ultima devono essere prese in considerazione le caratteristiche del mercato dei servizi di assistenza a terra. In primo luogo, SEA afferma che l’attività di assistenza a terra ha un margine di profitto molto basso, fattore amplificato dalla liberalizzazione del mercato, e che l’attività era caratterizzata da bassi margini di redditività quando non effettuata addirittura in perdita. Di regola, gli operatori che più facilmente riuscirebbero ad ottenere margini, sia pure modesti, di redditività sono solitamente quelli che dispongono di un network, generalmente internazionale, che permette di distribuire su più siti produttivi il rischio d’impresa. Ad esempio, la presenza su più scali permetterebbe di compensare gli oneri sopportati in quei paesi in cui la disciplina, normativa o contrattuale, relativa alla gestione della forza lavoro è più esigente, con i minori costi sostenuti nei paesi in cui si applica una disciplina più flessibile. Gli operatori che riescono a ottenere margini positivi a livello globale sarebbero quelli che dispongono di un network internazionale e che sfruttano importanti sinergie dovute a contratti globali ed esclusivi, un’unica amministrazione centralizzata, economie di scala su investimenti, quote di mercato ridotte ma collegate spesso a un solo vettore di riferimento o una fascia oraria specifica e un’economia di scala legata alla possibilità di servire un vettore su più aeroporti. |
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(107) |
Secondo SEA, il mercato sarebbe quindi eterogeneo dal punto di vista dell’offerta poiché la medesima attività potrebbe essere prestata da soggetti aventi caratteristiche diverse in quanto a natura, capacità, responsabilità e perimetro di attività: gestori aeroportuali in regime di separazione contabile, gestori aeroportuali in regime di separazione societaria, fornitori di servizi terzi (che a loro volta possono distinguersi in fornitori operanti sotto forma di network nazionale o internazionale ovvero in operatori medio-piccoli) o vettori aerei che esercitano attività in autoproduzione. |
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(108) |
La Commissione non potrebbe quindi omettere di considerare il funzionamento e l’andamento generale del mercato dell’assistenza a terra, e di confrontare l’evoluzione di SEA Handling con quella di operatori che le siano effettivamente comparabili. Dal punto di vista dell’andamento generale, considerando che il mercato dei servizi di assistenza terra è un settore con un margine di profitto molto basso, SEA ritiene che, partendo da una situazione gravemente deficitaria in termini di produttività del ramo di azienda e pesantemente sbilanciata in termini di struttura dei costi, con una situazione di mercato e un contesto economico generale particolarmente difficili, il recupero di redditività non potesse essere miracoloso né repentino, e che anche un allungamento dei tempi stabiliti inizialmente fosse uno scenario tutt’altro che sorprendente. |
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(109) |
SEA contesta, di conseguenza, l’affermazione secondo cui, vista l’impossibilità di ripianare le perdite di SEA Handling nel triennio ipotizzato, SEA avrebbe dovuto rivedere la propria strategia, separandosi dalle proprie attività di assistenza a terra. A questo proposito, SEA sottolinea che le sue scelte non potevano essere ridiscusse annualmente, poiché il settore dell’assistenza a terra, così come tutti i settori economici relativi al mondo aeroportuale, ragionerebbe in termini pluriennali e la validità delle scelte effettuate potrebbe essere correttamente valutata soltanto nel lungo periodo. |
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(110) |
In merito al confronto dei risultati economici di SEA Handling con quelli di altri operatori, SEA suggerisce che l’unico operatore effettivamente comparabile — in quanto gestore aeroportuale che svolge attività di assistenza a terra in regime di separazione societaria — è […]. A tal riguardo, SEA nota che […] ha registrato perdite nel triennio 2004-2006 riferibili alle proprie attività di assistenza a terra, l’andamento negativo che è proseguito negli anni successivi e sembra destinato a proseguire anche nel prossimo futuro. |
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(111) |
Considerato il suo modello commerciale («aeroporto principale» o «hub»), SEA afferma la necessità di disporre di un operatore in grado di fornire tutti i servizi di assistenza richiesti, secondo standard qualitativi elevati. SEA afferma che solo SEA Handling era in grado di soddisfare tali esigenze, visto che gli altri operatori presenti sul mercato non disponevano delle risorse materiali, economiche e soprattutto di personale, necessarie per garantire tutti i servizi di assistenza richiesti con questo modello. |
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(112) |
SEA afferma del resto che, al di là dei propri interessi, è soggetta a un obbligo giuridico in quanto la normativa nazionale individuava proprio nel gestore aeroportuale il soggetto responsabile in caso di disservizi relativi alla prestazione dei servizi di assistenza a terra. |
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(113) |
Inoltre, la liberalizzazione totale del mercato in Italia avrebbe comportato maggiori oneri per il gestore aeroportuale rispetto allo scenario di un mercato parzialmente aperto. Il gestore aeroportuale avrebbe infatti l’obbligo e la responsabilità nei confronti dell’autorità di controllo, di dotarsi di specifiche task force in grado di assicurare il servizio in caso di emergenze e imprevisti. Esso non disporrebbe di alcuno strumento per imporre obblighi di «presidio» ai nuovi operatori, mentre tali obblighi possono essere previsti nel capitolato di gara nel quadro di una procedura competitiva per la selezione di un operatore in un contesto di liberalizzazione parziale. |
Sulla razionalità economica della condotta di SEA
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(114) |
La separazione delle attività e il relativo trasferimento alla società controllata SEA Handling avrebbe avuto lo scopo sia di rispettare il diritto dell’Unione, sia di affrontare al meglio la liberalizzazione cogliendone, nel lungo periodo, le opportunità di sviluppo. Secondo SEA, tale separazione doveva permettere di meglio attuare le politiche necessarie per il miglioramento dell’efficienza e della produttività delle due società, e di poter nel contempo cogliere eventuali opportunità di concludere alleanze con partner esterni. |
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(115) |
SEA afferma peraltro che la dismissione delle attività di assistenza a terra avrebbe determinato un aumento dei costi per SEA a motivo dell’obbligo che graverebbe su SEA di fornire i servizi di gestione delle emergenze e degli imprevisti. A titolo indicativo, SEA ritiene che i risparmi ottenuti da SEA, grazie alle economie di scala determinate dalla possibilità di utilizzare il costo marginale del personale di SEA Handling, per attività di presidio piuttosto che sostenere costi per la costituzione e il mantenimento di un gruppo specializzato, erano pari a 10,7 milioni di EUR nel 2003 e a 8,7 milioni di EUR nel 2010. |
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(116) |
SEA ricorda che SEA Handling nasceva sin dall’inizio con una struttura dei costi molto appesantita, con oneri straordinari e con il compito preciso di riportare progressivamente i servizi di assistenza a terra a una situazione di sostenibilità prima e di redditività poi. SEA afferma di avere, per questa ragione, sin dall’inizio attuato un intenso programma di ristrutturazione e risanamento, con l’obiettivo anche d’individuare se possibile un partner strategico che potesse contribuire al perseguimento di tali obiettivi. |
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(117) |
SEA afferma di aver avviato una procedura competitiva nel maggio 2001 volta all’individuazione di uno o più operatori intenzionati ad acquisire una quota di minoranza dei capitale di SEA Handling — procedura alla quale avrebbe partecipato gran parte degli operatori primari del settore. In esito all’analisi delle credenziali e delle offerte delle società interessate, SEA, sempre nel 2001, ha instaurato trattative con […], il quale aveva presentato la proposta di partnership più interessante. Benché la trattativa fosse giunta a una fase avanzata e fosse stato elaborato un piano congiunto per il rilancio di SEA Handling, il consiglio di amministrazione di SEA, nella sua seduta del 10 settembre 2002, ha deciso di non poter accettare l’offerta di tale operatore, considerandola […]. SEA ammette che il fallimento delle trattative ha pregiudicato la realizzabilità dell’obiettivo del ripristino della redditività di SEA Handling entro il termine inizialmente previsto, obiettivo rispetto al quale l’individuazione di un partner strategico di minoranza era considerata uno strumento importante. |
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(118) |
SEA afferma inoltre di aver avviato nell’aprile 2008 una nuova procedura di vendita parziale di SEA Handling, che non è tuttavia giunta a conclusione nonostante l’interesse iniziale manifestato da un importante operatore internazionale. |
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(119) |
SEA sottolinea che il programma di risanamento di SEA Handling teneva innanzitutto conto del modello commerciale aeroportuale («hub») prescelto dal gruppo e si basava su un orizzonte temporale di medio-lungo termine, idoneo a consentire un adeguato ritorno economico agli impegni finanziari richiesti da tale tipologia di attività. SEA evidenzia in proposito che la direttiva 96/67/CE prevede, in caso di limitazioni del numero dei prestatori di servizi di assistenza a terra, che gli stessi siano scelti, mediante apposita procedura, per un periodo di sette anni, con ciò riconoscendo implicitamente che periodi più brevi non consentirebbero un’adeguata programmazione organizzativa e il conseguente ritorno economico. |
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(120) |
Concretamente, il programma sarebbe consistito in interventi di recupero della produttività del lavoro e nella progressiva diminuzione dei costi del personale. Tali obiettivi sarebbero stati raggiunti intervenendo sia qualitativamente sulle modalità di svolgimento delle attività di assistenza a terra, sia quantitativamente sul numero di dipendenti. Il programma di ristrutturazione si imperniava in primo luogo sul piano aziendale consolidato del gruppo SEA per il periodo 2002-2006, il quale delineava la strategia e gli obiettivi, nonché le misure da adottare per il ripristino della redditività dei servizi di assistenza a terra. In secondo luogo, il piano aziendale 2003-2007 di SEA Handling adottato il 29 luglio 2003 prevedeva un programma di ristrutturazione mirato a migliorare l’efficienza dei servizi, delle strutture e delle risorse umane afferenti a tale settore di attività. SEA auspicava di poter ripristinare la redditività delle proprie attività di assistenza a terra nell’arco di un triennio, ossia entro il 2005, o al più tardi entro il 2007. |
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(121) |
SEA contesta quindi le affermazioni della Commissione relative alla mancanza, nel piano aziendale consolidato del gruppo, di una descrizione dettagliata delle misure che SEA intendeva adottare al fine di risanare SEA Handling e alla mancanza di un piano aziendale particolareggiato relativo a SEA Handling, idoneo ad illustrare la strategia finalizzata al risanamento della società e la relativa attuazione progressiva. |
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(122) |
SEA ritiene che l’evoluzione positiva dei principali indicatori economici tra il 2003 e il 2004 fosse incoraggiante e dimostrasse la validità dell’azione di SEA. SEA ritiene che il ripristino della redditività entro il 2005 previsto nel piano aziendale 2003-2007 sia stato vanificato a causa di una serie di circostanze che hanno inciso negativamente sulla situazione economica di SEA Handling. SEA cita in proposito: la diffusione della SARS nel 2002-2003; l’inizio della guerra in Iraq nel 2003 e la crescita della minaccia del terrorismo internazionale; l’intensificarsi della pressione sulla riduzione dei prezzi dell’assistenza a terra nel 2006, anche a seguito dell’ingresso di nuovi operatori sullo scalo di Malpensa, in particolare Aviapartner, che ha comportato la revisione al ribasso di alcuni contratti, tra cui quello con Alitalia (-6 % del prezzo unitario); il «de-hubbing» dello scalo di Milano Malpensa deciso da Alitalia nel 2007, i cui effetti completi si sono verificati dall’aprile 2008; e la nube di ceneri prodotta dal vulcano islandese Eyjafjallajökull nel 2010. |
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(123) |
Alla luce del peggioramento dell’andamento economico di SEA Handling nel 2006-2007 e a seguito del «de-hubbing» operato da Alitalia, SEA sarebbe stata chiamata a decidere se confermare il proprio modello commerciale, adattando ed aggiornando, nel caso di una scelta in tal senso, il programma di rilancio di SEA Handling. SEA ha infine deciso nel 2007 di puntare alla creazione di un modello innovativo di «self-hub» o «virtual hub», e ha così confermato la scelta strategica di continuare il processo di risanamento e di ristrutturazione di SEA Handling, ribadendo l’importanza delle attività di assistenza a terra ai fini dello sviluppo dei propri piani industriali come nel modello precedente. La decisione sarebbe stata motivata dai risultati già conseguiti a livello di produttività del lavoro e riduzione del personale, dal fatto che l’esperienza passata aveva dimostrato che un recupero della redditività era possibile, e infine dalla considerazione che ogni altra soluzione, compresa quella dell’esternalizzazione, continuava a presentare le medesime controindicazioni già valutate nel 2003. |
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(124) |
Secondo SEA, il ricorso alla compensazione delle perdite era ancora giustificato poiché l’utilizzo di operatori terzi per la prestazione di alcune attività di presidio non sarebbe stato né conveniente dal punto di vista economico (stante il maggior costo dei servizi esternalizzati rispetto a quelli conseguenti alle sinergie realizzabili internamente), né concretamente praticabile (stante l’assenza di operatori terzi in grado di presentare un’offerta globale dei servizi di assistenza a terra, oltre alla scarsa affidabilità e qualità dei servizi che gli operatori presenti sugli scali milanesi avevano dimostrato in numerose occasioni). |
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(125) |
Dal punto di vista della fattibilità dell’offerta di terzi, SEA sostiene, in primo luogo, che sebbene alcuni fornitori terzi (quali Aviapartner) avessero ottenuto a partire dal 2006, la certificazione per la prestazione della totalità dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti milanesi, la situazione reale sarebbe stata ben diversa. SEA ritiene che la procedura standardizzata utilizzata da ENAC per il rilascio delle certificazioni sia inadeguata perché si basa spesso sulla valutazione della sussistenza in capo alla società di assistenza a terra di requisiti relativi al gruppo nel suo complesso e non riferiti alla reale capacità che la società può garantire presso un singolo aeroporto. SEA ritiene inoltre che, quale gestore aeroportuale, avrebbe dovuto essere coinvolta nella procedura di certificazione dei fornitori di servizi di assistenza a terra per non subire direttamente le conseguenze dei disservizi o delle inefficienze degli operatori terzi, senza avere il potere di sanzionarli. Secondo SEA, il nuovo regolamento dell’ENAC del 19 gennaio 2011 prevede che il gestore aeroportuale fornisca un parere motivato sulla conformità delle procedure e degli standard del prestatore. |
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(126) |
In secondo luogo, SEA ritiene che nessun operatore terzo sarebbe stato disposto ad offrire effettivamente la totalità dei servizi perché la loro strategia commerciale consisteva e consiste nel concentrarsi sui servizi più redditizi. |
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(127) |
In terzo luogo, gli operatori attivi avrebbero avuto esposizioni debitorie rilevanti nei confronti di SEA Handling, la quale sarebbe spesso dovuta intervenire in condizioni di emergenza per sopperire alle loro mancanze, e avrebbe infine proceduto per via giudiziale per recuperare i crediti vantati presso i medesimi. |
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(128) |
In quarto luogo, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, i principali attuali concorrenti operanti sugli scali milanesi, ATA Handling e Aviapartner, non hanno realizzato profitti. ATA Handling avrebbe riportato perdite tra il 2003 e il 2005 che, secondo SEA, sarebbero superiori in riferimento agli scali milanesi. Quanto ad Aviapartner, nonostante i profitti realizzati nel complesso sul network di aeroporti in cui svolge la sua attività, SEA ritiene verosimile che la società abbia registrato delle perdite per quanto riguarda l’attività svolta presso gli aeroporti milanesi. |
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(129) |
Per quanto riguarda la valutazione dei risultati economici di SEA Handling che avrebbe potuto motivare diversamente la decisione, SEA sottolinea che nel settore dell’assistenza a terra, gli effetti delle scelte imprenditoriali possono essere apprezzati soltanto nel lungo periodo e che, di conseguenza, la scelta di SEA non poteva ragionevolmente essere modificata dopo solo alcuni anni, soprattutto alla luce degli incoraggianti risultati ottenuti nel triennio iniziale, i cui effetti positivi sarebbero stati compromessi soltanto dagli eventi esterni al gruppo SEA successivamente verificatisi. |
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(130) |
Dal punto di vista della contabilizzazione dei risultati, SEA nota in primo luogo che i risultati di SEA Handling sono stati raggiunti senza sovvenzionare le attività di assistenza a terra mediante il conferimento a SEA Handling di attività remunerate a tariffa (e non sulla base di prezzi di mercato) e quindi chiaramente più redditizie, come nel caso di altri operatori europei. SEA precisa inoltre che SEA Handling è l’unico fornitore di servizi di assistenza a terra sugli scali milanesi che corrisponde regolarmente al gestore aeroportuale il canone di utilizzo dei beni di uso comune e il bilancio di SEA Handling sarebbe già in attivo (nel 2011) se, come altri operatori attivi sugli scali milanesi, non riconoscesse al gestore aeroportuale tale compenso. Infine, SEA precisa che il bilancio relativo all’assistenza a terra non comprende i ricavi derivanti dalla gestione delle infrastrutture centralizzate, come accade per altri operatori comparabili. L’inclusione nel perimetro di SEA Handling di queste attività a tariffa predefinita comporterebbe ricavi aggiuntivi per circa 70 milioni di EUR annui. SEA cita l’esempio di […], la quale include nel proprio bilancio relativo all’assistenza a terra i ricavi derivanti dalla «gestione delle infrastrutture centralizzate», le quali non rientrano né nell’elencazione esaustiva delle attività di assistenza a terra contenuta nell’allegato A alla direttiva 96/67/CE, né nello «IATA Standard Ground Handling Agreement». SEA ritiene che, procedendo in questo modo, avrebbe ottenuto per il periodo 2005-2009 un margine operativo lordo compreso tra - 9 milioni di EUR e + 8 milioni di EUR (rispetto all’effettivo realizzato compreso tra - 42,5 milioni di EUR e - 23,2 milioni di EUR), ottenendo una riduzione media della perdita operativa del 100 %. |
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(131) |
SEA afferma che avrà definitivamente ripristinato la redditività delle sue attività di assistenza a terra entro il 2012 grazie alla costanza dimostrata nell’attuazione del suo piano di ristrutturazione, che si è rivelato oculato e corrispondente al comportamento che ci si può attendere da un investitore privato operante in un’economia di mercato. SEA ritiene che potrà, ad esempio, riprendere la ricerca di un partner strategico per l’assistenza a terra al fine di sviluppare le proprie attività in questo settore, anche al di fuori degli scali milanesi, nonché eventualmente per estendere la sua attività ai servizi specializzati che ancora non fornisce. |
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(132) |
SEA nota che molti gestori aeroportuali comparabili con SEA per il tipo di attività, anche quelli di più grandi dimensioni come […], hanno espressamente escluso di voler dismettere l’attività di assistenza a terra, nonostante siano stati talvolta a ciò incoraggiati da analisti finanziari, confermando così la validità di tale modello commerciale. |
5.2. […]
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(133) |
In generale, […] indica che il settore dell’assistenza a terra realizza profitti nonostante i margini ridotti. […] sottolinea il fatto che i costi del personale rappresentano una parte significativa dei costi di ciascun operatore, probabilmente compresa tra il 60 e il 70 % del fatturato, e che risulta quindi fondamentale controllare da vicino le operazioni, in particolare attraverso sistemi di pianificazione. |
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(134) |
[…] ritiene che il settore presenti economie di scala, ossia che il costo per passeggero diminuisca con l’aumento del numero di passeggeri. A tal proposito […] ritiene che il livello ottimale di tale costo sia raggiunto con la gestione di 8-9 milioni di passeggeri all’anno e che SEA Handling abbia ampiamente superato tale livello, gestendo all’incirca 22 milioni di passeggeri sui due scali, con una quota di mercato costantemente superiore al 70 %. |
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(135) |
[…] cita SAGAT Handling come esempio di compagnia redditizia sul mercato, la quale ha gestito 2,5 milioni di passeggeri nel 2009 con un costo del personale pari al 55 % del suo fatturato. Sono citate anche le società Fraport Ground Services Austria, Swissport e Menzies. |
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(136) |
[…] ritiene che la causa principale della scarsa redditività di SEA Handling consista negli elevati costi del personale che sarebbero stati in misura costantemente superiore all’85 % del fatturato tra il 2002 e il 2008, un onere che per […] non è sostenibile. Ciò appare tanto più sorprendente per […] in quanto SEA Handling sembra avere accesso alla cassa integrazione. |
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(137) |
[…] desidera sottoporre all’attenzione della Commissione l’impossibilità di escludere che SEA Handling abbia percepito aiuti sotto altre forme. In primo luogo, […] suggerisce che i servizi di push-back, tow-in, sbrinamento e trasporto passeggeri in pista («bussing») sarebbero forniti da SEA, mentre SEA Handling vende tali servizi ai suoi clienti. […] esprime dubbi riguardo alla regolarità delle operazioni, a causa della mancanza di trasparenza sulla fatturazione dei servizi a SEA Handling. |
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(138) |
Analogamente, SEA potrebbe fornire un sostegno supplementare a SEA Handling mettendo a disposizione parte del suo personale. In mancanza di una corretta fatturazione, secondo […] sarebbe ipotizzabile la presenza di aiuti illegali a SEA Handling. |
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(139) |
Un altro modo per fornire aiuti a SEA Handling consisterebbe, da parte di SEA, nel fare offerte combinate alle compagnie aeree proponendo uno sconto condizionato sulla fornitura dei servizi di assistenza di SEA Handling. […] avrebbe notato, grazie ad alcuni articoli di giornale, che in modo pressoché costante, allorché SEA riesce ad attrarre una compagnia aerea, i servizi di assistenza a terra sono forniti da SEA Handling. |
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(140) |
Infine, […] accordo collettivo tra fornitori di servizi di assistenza a terra e i sindacati. […] precisa che tale accordo si applica a tutto il personale dei fornitori di servizi di assistenza a terra. Secondo […], solo SEA continua ad applicare il proprio accordo collettivo che sarebbe meno vantaggioso per SEA sia a breve sia a lungo termine sul piano economico e giuridico, scelta che non corrisponderebbe a una gestione mirata alla riduzione dei costi. |
6. COMMENTI DELLE AUTORITÀ ITALIANE IN RISPOSTA ALLE OSSERVAZIONI PRESENTATE DALLE PARTI INTERESSATE
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(141) |
Le autorità italiane hanno presentato le proprie osservazioni in risposta a quelle formulate da […]. |
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(142) |
Per quanto riguarda il primo argomento, fondato sull’assunto secondo il quale la profittabilità di una società di assistenza a terra dipende dal volume di traffico gestito, e quindi dal numero di passeggeri serviti, le autorità italiane sostengono che si tratta di un argomento semplicistico, frutto di una valutazione astratta, che non tiene conto della riconducibilità delle scelte di SEA a considerazioni economiche di lungo periodo. Questa economia di scala non sarebbe, secondo le autorità italiane, determinante per il calcolo del risultato economico di una società di assistenza a terra. In particolare, esse precisano che i ricavi di una società di tal genere non avrebbero alcuna relazione con il numero dei passeggeri trattati, ma dipendono dal numero di voli serviti e dal loro tonnellaggio. |
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(143) |
Inoltre, ai fini dell’applicazione del criterio dell’investitore privato, la questione centrale non sarebbe se la società avrebbe potuto conseguire profitti che, per qualsiasi ragione, non sia riuscita a conseguire, bensì se l’azionista poteva avere un interesse economico sano ad investire nella società nell’aspettativa di un ritorno, anche a lungo termine, oppure in termini strategici anziché puramente finanziari, del suo investimento. Pertanto, il fatto di essere potenzialmente in grado di generare profitti giocherebbe a favore dell’applicazione di tale criterio. |
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(144) |
Le autorità italiane sottolineano inoltre che la gestione di un elevato volume di traffico non è una condizione sufficiente per realizzare profitti. Esse ricordano innanzitutto l’importanza di operare su una vasta rete di aeroporti, come già sostenuto in precedenza. |
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(145) |
Le autorità italiane insistono poi sul fatto che una società di assistenza a terra non legata ad un gestore aeroportuale e che non detenga una posizione dominante sul mercato in un determinato scalo aeroportuale può porre in essere una strategia commerciale consistente nel concentrarsi sui soli servizi ritenuti redditizi. Questa strategia non poteva essere adottata da SEA Handling, la quale, essendo controllata dal gestore aeroportuale e considerati gli obblighi gravanti su quest’ultimo, nei confronti dell’autorità di regolazione del settore (ENAC), di garantire sugli scali di Linate e Malpensa il continuo ed efficace espletamento dell’intera gamma dei servizi di assistenza a terra così come esaustivamente elencati nella direttiva 96/67/CE, non potrebbe scegliere di prestare soltanto i servizi economicamente più convenienti o solo in determinate ore del giorno. |
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(146) |
Le autorità italiane contestano l’affermazione secondo cui un numero elevato di imprese europee di assistenza a terra otterrebbe consistenti margini di redditività. Nel 2009 i sette maggiori operatori del comparto italiano hanno riportato perdite (oltre a SEA Handling, Aviohandling, Flightcare, ATA Handling, Aviapartner, Marconi Handling e SAGA). Soltanto SAGAT Handling, che rappresenterebbe una parte molto ridotta del mercato italiano dell’assistenza a terra, ha realizzato profitti, giudicati modesti dalle autorità italiane. |
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(147) |
Tuttavia, per quanto riguarda la comparazione tra i risultati economici di SEA Handling e quelli di alcuni altri soggetti operanti nel settore, in Italia o in Europa, quali SAGAT Handling, Fraport Ground Services Austria, Swissport e Menzies, le autorità italiane ritengono che queste società non siano comparabili a SEA Handling. Esse sono inoltre dell’avviso che queste considerazioni non apportino nulla all’analisi del criterio dell’investitore privato e che bisognerebbe piuttosto chiedersi se vi siano altri operatori comparabili a SEA Handling i cui azionisti, anche se privati, operano scelte analoghe a quelle di SEA. L’organizzazione delle attività di SAGAT Handling e di SEA Handling presenterebbe un livello di complessità diverso. Riguardo a Menzies aviation e a Swissport, società indipendenti di servizi di assistenza a terra operanti sotto forma di un network internazionale, gli indicatori economici di tali società non potrebbero essere utilmente comparati a quelli di SEA Handling, per i motivi già esposti dalle autorità italiane. |
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(148) |
In merito all’eccessiva incidenza del costo del personale sul fatturato di SEA Handling a fronte della media rilevata nel settore e all’indicazione che ne deriverebbe del mancato rispetto del criterio dell’investitore privato, le autorità italiane affermano che tale argomento non tiene conto della diversità tra i vari operatori. In particolare, esse ritengono che gli operatori che, come SEA Handling, sono il frutto di una separazione delle attività di assistenza a terra e di quelle di gestione aeroportuale si confrontino inevitabilmente, quanto meno durante i primi anni di attività, ad un costo del lavoro più elevato rispetto ai nuovi entranti. |
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(149) |
Le autorità italiane ritengono, di conseguenza, che per le società controllate da un gestore aeroportuale che svolgono l’intera gamma delle attività di assistenza a terra, tale incidenza media dei costi del personale sul fatturato debba essere fissata al 70-75 %. Tale costo superiore dipenderebbe dal fatto che queste società impiegano personale altamente qualificato, dotato di un’ottima conoscenza del settore e delle norme e delle procedure che lo governano, oltre ad essere in grado di svolgere l’intera gamma delle attività di assistenza a terra. Di conseguenza, l’azionista/gestore aeroportuale, pur avendo interesse a ridurre progressivamente l’incidenza del costo del lavoro, attribuirebbe importanza ancora maggiore alla conservazione dell’expertise accumulata, da un lato, e all’integrazione con le attività di assistenza a terra, dall’altro, che hanno grande valore strategico per il gruppo. Inoltre, le autorità italiane precisano che i nuovi entranti sul mercato non sono gravati da costi storici risultanti da contratti preesistenti. |
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(150) |
Le autorità italiane hanno altresì voluto presentare l’andamento dell’incidenza del costo del lavoro sul fatturato, ben differente da quello descritto nelle osservazioni di […] e che mostra un’evoluzione positiva sul periodo 2002-2011, attestandosi nel 2010 a poco meno dell’80 % e con una tendenza ad avvicinarsi al livello medio degli operatori di assistenza a terra indipendenti, lievemente inferiore al 70 %. |
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(151) |
Per quanto riguarda i presunti aiuti indicati da […], le autorità italiane confutano ciò che esse considerano mere supposizioni prive di ogni fondamento e di qualsiasi prova a sostegno. |
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(152) |
Innanzitutto, per quanto riguarda i servizi (push-back, tow-in, bus per trasporto passeggeri) per i quali SEA Handling si avvale di SEA, le autorità italiane indicano che essi sono disciplinati da contratti onerosi di subfornitura (conclusi a condizioni di mercato), come dichiarato sia negli accordi con i vettori-clienti che nel certificato rilasciato dall’ENAC. Esse precisano inoltre che l’accesso a tali servizi è erogato in maniera non discriminatoria a qualunque altro operatore che ne facesse richiesta e che la terziarizzazione di alcuni servizi costituisce pratica comune nel comparto italiano dell’assistenza a terra. |
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(153) |
Quanto all’affermazione secondo la quale SEA Handling utilizzerebbe gratuitamente personale di SEA ai fini dell’erogazione dei servizi di assistenza a terra, le autorità italiane affermano che è infondata e che, con lo scorporo del ramo d’azienda dei servizi di assistenza a terra, tutte le competenze necessarie per la prestazione di tali servizi sono state allocate nei centri di costo di SEA Handling. |
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(154) |
Per quanto attiene infine alla presunta concessione da parte di SEA di migliori condizioni d’ingresso sugli scali milanesi (vale a dire sconti) ai vettori nuovi entranti a condizione che questi ultimi preferiscano SEA Handling rispetto agli operatori concorrenti, le autorità italiane considerano l’affermazione totalmente infondata, priva di ogni riscontro e smentita peraltro dai fatti, poiché importanti vettori come Gulf Air a Malpensa e Air Malta, Air Baltic e Carpatair a Linate hanno scelto fornitori concorrenti di SEA Handling. |
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(155) |
Infine, per quanto riguarda l’applicazione ai dipendenti di SEA Handling del contratto collettivo di SEA in luogo del nuovo accordo collettivo specifico applicabile ai lavoratori del settore dell’assistenza a terra, […], anche se quest’ultimo risulterebbe più vantaggioso del primo dal punto di vista economico e normativo, le autorità italiane tengono innanzi tutto a sottolineare che, indipendentemente dai contenuti e dall’applicazione dell’accordo in questione, l’obiezione sollevata non avrebbe alcuna pertinenza ai fini della presente procedura, atteso che riguarderebbe un evento che esula dall’arco di tempo coperto dalla procedura medesima. |
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(156) |
In ogni caso, esse affermano che, visto il contratto collettivo, caratterizzato da una parte generale comune e da tre sezioni specifiche, negoziate autonomamente da ciascuna delle associazioni rappresentative interessate (Assoaeroporti, Assohandlers e Assocatering), SEA Handling applicherebbe ai propri dipendenti la parte generale di tale accordo, nonché la disciplina specifica negoziata da Assoaeroporti, poiché SEA Handling non poteva esimersi dal rispettare gli accordi precedentemente presi con le organizzazioni sindacali, così come risultanti dall’accordo sindacale del 4 febbraio 2002 (27), ove si legge che «SEA Handling applicherà il contratto collettivo sottoscritto da Assoaeroporti e organizzazioni sindacali». |
7. INFORMAZIONI AGGIUNTIVE PRESENTATE IL 28 GIUGNO 2012
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(157) |
In seguito alla riunione del 19 giugno 2012, il Comune di Milano ha formulato ulteriori osservazioni sulla sua valutazione delle misure esaminate, in particolare sulla «dimensione interna al gruppo SEA del risanamento di SEA Handling», sul modello d’impresa scelto da SEA per lo sviluppo degli aeroporti di cui essa cura la gestione e sulla necessità di distinguere i diversi periodi oggetto dell’indagine. |
Dimensione interna al gruppo SEA del risanamento di SEA Handling
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(158) |
Innanzitutto, le autorità milanesi ribadiscono che SEA non ha mai avuto bisogno di ricorrere al sostegno finanziario dei propri azionisti (Comune e Provincia di Milano) per il risanamento. Al contrario, le autorità pubbliche in questione hanno percepito considerevoli dividendi dal gruppo SEA, che sono stati pari a 550 milioni di EUR durante il periodo 2002-2012. |
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(159) |
Secondo le autorità milanesi non è per nulla scontato — anzi, è tutto da dimostrare — che, ove SEA avesse deciso di non risanare la società di handling e di affidarsi ai servizi di un operatore indipendente, le autorità pubbliche ne avrebbero tratto un beneficio finanziario ancora più elevato. Questo si deve essenzialmente alla difficoltà di ottenere da terzi, a prezzi interessanti, tutti i servizi di assistenza a terra che SEA, in qualità di gestore aeroportuale, ha l’obbligo di fornire a tutti i vettori e ai passeggeri in modo continuato, accessibile e completo, conformemente alla normativa in vigore, alla difficoltà di mantenere un controllo sulla qualità del servizio, requisito indispensabile per la competitività dell’aeroporto e il recupero di traffico (che SEA è stata infatti in grado di conseguire grazie al modello d’impresa prescelto) e all’intrinseco legame tra il suddetto modello d’impresa e il modello di hub aeroportuale, ancor più dopo il de-hubbing di Alitalia dall’aeroporto di Milano Malpensa e la necessità di sviluppare uno schema di self hub o virtual hub). Il Comune di Milano non è a conoscenza di valutazioni svolte dalla Commissione (o da esperti indipendenti per suo conto) che possano servire a contestare queste affermazioni. |
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(160) |
Infine, le autorità milanesi ritengono che vada sottolineato che, proprio per l’assenza di flussi finanziari provenienti dagli azionisti pubblici di SEA e per la rispondenza della scelta di risanamento di SEA Handling agli obiettivi strategici di SEA, un’eventuale valutazione delle misure in esame come aiuto di Stato dovrebbe essere accompagnata dalla prova dell’imputabilità allo Stato di ogni singola decisione di copertura delle perdite con riferimento all’intero periodo in esame e, a maggior ragione, per la seconda fase (a partire dal 2007) alla quale non sono applicabili le considerazioni (pur contestate dal Comune di Milano) contenute nell’atto di avvio del procedimento. |
Il modello d’impresa del gruppo SEA
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(161) |
Le autorità milanesi insistono sul modello scelto, vale a dire l’opzione di non esternalizzare i servizi di assistenza a terra, e ripetono che tale modello privilegia lo sviluppo dell’aeroporto nel lungo termine. Secondo le autorità milanesi tale visione prevale in un’ottica di gruppo quando il sistema aeroportuale in questione svolge funzioni di hub. Ad avviso delle autorità milanesi, la gestione di un sistema aeroportuale basato sulla presenza di un hub carrier o sullo svolgimento di attività hub, in ragione dell’elevato livello di complessità del sistema, richiede la prestazione diretta da parte del gestore di taluni servizi aeroportuali, inclusi quelli di handling, in modo da garantire l’efficace funzionamento dello scalo. Le autorità milanesi citano a tal fine l’esempio degli aeroporti di Francoforte, Vienna e Parigi. Tale scelta è giustificata secondo le autorità milanesi dalle seguenti considerazioni:
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La distinzione tra i periodi oggetto d’indagine ai fini della valutazione delle misure
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(162) |
Le autorità milanesi fanno riferimento al piano aziendale 2003-2007 inviato alla Commissione successivamente all’avvio del procedimento di indagine formale. A loro avviso, tale piano dimostra che gli interventi di SEA per la copertura delle perdite sono stati decisi conformemente al principio dell’investitore privato avveduto. |
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(163) |
Le autorità milanesi ritengono tuttavia che l’analisi del piano aziendale 2003-2007 di SEA Handling dovrebbe in ogni caso dimostrare la conformità del risanamento di SEA Handling agli Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (di seguito gli «orientamenti sulla ristrutturazione 2004») (28), dato che il risanamento è stato realizzato con un contributo importante della società controllata, gli interventi finanziari sono stati limitati al minimo indispensabile per evitare una situazione d’insolvenza ai sensi delle norme diritto societario applicabili e SEA Handling ha dedicato tutti i propri sforzi al risanamento, perdendo quote di mercato a beneficio dei concorrenti e rinunciando ad alcune attività periferiche rispetto al core business. |
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(164) |
Le autorità milanesi rammentano che, benché una pluralità di eventi esogeni, combinata con la difficile situazione di partenza della società (che non nasceva come una start-up, ma come lo spin-off di un preesistente ramo d’azienda in difficoltà) e con la liberalizzazione totale del mercato dell’handling in Italia, abbia frustrato le aspettative dell’azionista di realizzare il risanamento nell’arco quinquennale previsto, gli sforzi compiuti nel primo (non facile) periodo hanno dimostrato che il risanamento di SEA Handling era concretamente realizzabile. Esse ricordano altresì che la società si trovava, al termine di tale periodo, in una situazione economica e di produttività già notevolmente più favorevole rispetto a quella del 2002. |
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(165) |
Riguardo alla seconda fase di risanamento, le autorità milanesi fanno riferimento ai Piani strategici 2007-2012 e 2009-2016 del gruppo SEA. Secondo quest’ultimo, è previsto che il punto di pareggio sia raggiunto nel corso del presente anno (2012). Se, malgrado tali prove, la Commissione fosse di avviso contrario, le autorità milanesi ritengono che essa dovrebbe analizzare individualmente ciascuno degli interventi sul capitale di SEA Handling per verificare le condizioni di esistenza dell’aiuto e in particolare l’imputabilità — che viene fermamente negata — al Comune di Milano. |
8. VALUTAZIONE DELLA MISURA AI SENSI DELL’ARTICOLO 107, PARAGRAFO 1, DEL TFUE
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(166) |
A seguito del procedimento di indagine formale avviato conformemente all’articolo 108, paragrafo 2, del TFUE e tenuto conto delle argomentazioni presentate in tale ambito dalle autorità italiane e dalle parti interessate, la Commissione ritiene che le misure in oggetto costituiscano aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE e illecite ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del TFUE. |
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(167) |
Per quanto riguarda il periodo oggetto di questa decisione, la Commissione aveva invitato l’Italia a fornire alcune informazioni ritenute necessarie per valutare la compatibilità delle misure in esame, esplicitando il periodo considerato al paragrafo 2.1 e al punto 5 della decisione di avvio del procedimento. Al punto 5 la Commissione ha quindi chiesto di fornirle: «il piano d’impresa della società SEA Handling del 2002 e successive modifiche o qualsiasi documento riguardante la strategia e il ripristino della redditività di SEA Handling; i risultati economici di SEA Handling per l’intero periodo 2002-2009; gli importi e la forma esatta delle compensazioni delle perdite e in particolare i dati relativi al periodo dal 2005 ad oggi […]». |
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(168) |
In ogni caso, le autorità italiane sono state invitate a presentare osservazioni sull’intera durata del periodo esaminato nella decisione di avviare il procedimento d’indagine formale. La Commissione ha precisato in particolare al punto 42 della decisione che «la Commissione ritiene pertanto necessario esaminare il periodo 2002-2010 al fine di verificare se in quegli anni SEA Handling ha ricevuto aiuti di Stato illegali sotto forma di compensazione di perdite». |
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(169) |
Inoltre, poiché le autorità italiane non hanno fornito le informazioni di cui sopra per l’intero periodo esplicitamente menzionato nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione ha precisato nuovamente i documenti da fornire e il periodo in esame nella sua lettera dell’11 luglio 2011. |
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(170) |
A seguito di questa lettera della Commissione, le autorità italiane hanno presentato le loro osservazioni e hanno fornito i dati fino al 2010, in particolare nella loro lettera del 15 settembre 2011. |
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(171) |
Inoltre, la Commissione osserva che le misure esaminate per il periodo 2006-2010 sono dello stesso tipo di quelle esaminate per il periodo precedente, vale a dire apporti di capitale per il ripianamento delle perdite di esercizio, e sono state adottate dallo stesso soggetto a beneficio della stessa impresa. La Commissione aveva quindi il dovere di esaminare l’intero periodo considerato nel contesto del presente procedimento. |
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(172) |
Alla luce di tutte le ragioni esposte in precedenza, la Commissione ritiene che il periodo oggetto d’esame sia il periodo a partire dalla data della creazione della società SEA Handling nel 2002 fino alla decisione della Commissione di avviare il procedimento d’indagine formale il 23 giugno 2010. |
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(173) |
La decisione affronta preliminarmente la questione di stabilire se SEA Handling si configuri come un’impresa in difficoltà ai sensi degli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 1999 (29) e del 2004 (cfr. la parte 8.1). Successivamente, la Commissione valuta se le misure in esame costituiscano un aiuto di Stato a favore di SEA Handling ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE (cfr. la parte 8.2) e infine se tale aiuto possa essere dichiarato compatibile con il mercato interno (cfr. la parte 8.3). |
8.1. DIFFICOLTÀ DI SEA HANDLING
Sulla base degli orientamenti sugli aiuti per la ristrutturazione del 1999
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(174) |
Il punto 5 degli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 1999 stabilisce che un’impresa può essere considerata in difficoltà qualora abbia perduto più della metà del capitale sottoscritto e la perdita di più di un quarto di tale capitale sia intervenuta nel corso degli ultimi dodici mesi oppure qualora ricorrano le condizioni previste dal diritto nazionale per avviare nei suoi confronti una procedura concorsuale per insolvenza. |
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(175) |
Il punto 6 degli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 1999 stabilisce che le difficoltà di un’impresa di solito sono rivelate da livello crescente delle perdite, diminuzione del fatturato, aumento delle scorte, eccesso di capacità produttiva, diminuzione del margine lordo di autofinanziamento, aumento dell’indebitamento e degli oneri da interessi e basso o inesistente valore dal capitale netto. |
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(176) |
Il tribunale ha già avuto occasione di confermare che il fatto che il punto 6 degli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 1999 si riferisca ad un incremento delle perdite non può impedire alla Commissione di tener conto delle perdite continuative nel corso di alcuni anni consecutivi come indizio di difficoltà finanziarie anche quando tali perdite non erano crescenti (30). La Commissione ritiene che le difficoltà finanziarie di SEA Handling nel 2002, vale a dire al momento in cui è stato deciso il primo apporto di capitale, fossero evidenti. La situazione dell’impresa è migliorata in maniera significativa nel periodo 2003-2004. L’impresa è andata effettivamente incontro a perdite sostanziali che hanno generato una perdita operativa cumulativa di oltre 140 milioni di EUR in un triennio. |
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(177) |
Il tribunale ha inoltre stabilito (31) che una riduzione sostanziale della quota di capitale di un’impresa è un fattore rilevante per indicare che un’impresa è in difficoltà. La Commissione ritiene che le perdite continuative registrate dall’impresa, la conseguente riduzione della quota di capitale e la decisione di SEA di proseguire con gli apporti di capitale oggetto della presente valutazione al fine di far fronte a tale riduzione, dimostrino chiaramente che l’impresa stava affrontando gravi difficoltà finanziarie in tutto il periodo esaminato. Infatti, nei documenti Relazione e bilancio al 31 dicembre 2002, 2003 e 2004, la stessa impresa dichiara perdite di SEA Handling superiori a un terzo del capitale di quest’ultima. |
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(178) |
Il tribunale ha anche ritenuto (32) che l’elenco dei fattori economici indicativi della situazione di difficoltà in cui si trova un’impresa contenuti negli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 1999 non sia esaustivo. Nel caso di SEA Handling, la Commissione osserva che l’indebitamento dell’impresa era passato da 250,3 milioni di EUR nel 2002 a 310,6 milioni di EUR nel 2003 ed è solo leggermente diminuito nel 2004, anno in cui ha raggiunto il livello di 259,3 milioni di EUR. Il valore netto degli attivi di SEA Handling è anch’esso diminuito, passando da 35,1 milioni di EUR nel 2002 a 34,8 milioni di EUR nel 2003. Tali indicatori segnalano anche le difficoltà finanziarie affrontate dall’impresa nel 2002 e 2003. |
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(179) |
Inoltre, la Commissione osserva che la Relazione e bilancio al 31 dicembre 2003 fa riferimento a «il risultato negativo di SEA Handling, i cui costi rimanevano troppo alti rispetto alla sua quota di mercato indipendentemente dal parziale beneficio derivante dagli accordi sulla forza lavoro. La prospettiva di un ulteriore calo del volume delle attività di assistenza negli anni futuri non permetterà all’impresa di raggiungere la parità economica nei tempi previsti» . Analogamente, nella Relazione e bilancio al 31 dicembre 2004 si afferma che «ripristinare la redditività di SEA Handling nei prossimi anni resta difficile anche in considerazione della crescente competitività del mercato a seguito dell’entrata di nuovi operatori» . Affermazioni analoghe sono contenute nella Relazione e bilancio al 31 dicembre 2005. |
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(180) |
Infine, la Commissione osserva che il fatto che l’impresa fosse in difficoltà al momento del primo apporto di capitale è stato anche più volte ribadito dalle autorità italiane e da SEA (33), nonché confermato dai numerosi piani aziendali presentati alla Commissione. Basta ricordare che il piano aziendale consolidato 2002-2006 prevedeva un graduale ritorno alla redditività delle attività di assistenza per il 2003 (pag. 31). Inoltre, la stessa SEA Handling ha confermato nelle osservazioni alla decisione di avvio del procedimento che non sarebbe stata in grado di compensare le perdite riferite nel periodo 2003-2005. Se tali perdite non fossero state coperte da SEA, l’impresa sarebbe stata insolvente. |
Sulla base degli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 2004
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(181) |
La Commissione osserva che la definizione di impresa in difficoltà è rimasta sostanzialmente immutata negli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione del 2004. In particolare, le disposizioni di cui ai punti 5 e 6 degli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 1999 sono state riprese nei punti 10 e 11 degli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 2004. |
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(182) |
Inoltre, il punto 11 degli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 2004 chiarisce che, anche quando non si verifica alcuna delle circostanze di cui al punto 10, un’impresa può comunque essere considerata in difficoltà, segnatamente quando siano presenti i sintomi caratteristici di un’impresa in difficoltà, quali il livello crescente delle perdite, la diminuzione del fatturato, l’aumento delle scorte, la sovracapacità, la diminuzione del flusso di cassa, l’aumento dell’indebitamento e degli oneri per interessi, nonché la riduzione o l’azzeramento del valore netto delle attività. |
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(183) |
La Commissione osserva che né l’indebitamento dell’impresa, né il valore netto delle attività sono migliorati in maniera significativa nel periodo 2004-2010. Inoltre, SEA Handling ha riscontrato perdite per tutto il periodo 2004-2010. La situazione è peggiorata nel 2007 quando l’impresa ha registrato una perdita operativa di oltre 59 milioni di EUR, seguita da una perdita operativa di 52,4 milioni di EUR nel 2008. Il fatturato ha registrato un calo globale nel periodo 2004-2010 passando da 177,4 milioni di EUR nel 2004 a 125,9 milioni di EUR nel 2010. Inoltre, nel periodo 2004-2010 SEA Handling ha ricevuto apporti di capitale per oltre 270 milioni di EUR. |
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(184) |
Alcuni documenti presentati dalle autorità italiane confermano che SEA Handling era in difficoltà finanziarie anche dopo il 2004. Per esempio, il verbale della riunione del consiglio amministrativo di SEA Handling del 31 maggio 2007 spiega che SEA Handling necessita di una riorganizzazione approfondita e ciò presuppone che le misure prese precedentemente non siano sufficienti per risolvere le difficoltà dell’impresa. Analogamente, il verbale della riunione del consiglio amministrativo di SEA Handling del 21 dicembre 2006 fa riferimento all’intervento di uno dei suoi membri che ha ribadito che la situazione di SEA Handling era ancora «seriamente allarmante» . |
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(185) |
Gli elementi di cui sopra dimostrano che SEA Handling deve essere considerata un’impresa in difficoltà ai sensi del punto 11 degli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà che stabilisce che un’impresa possa essere considerata in difficoltà «quando siano presenti i sintomi caratteristici […] ad esempio il livello crescente delle perdite, la diminuzione del fatturato, l’aumento delle scorte, la sovracapacità, la diminuzione del flusso di cassa, l’aumento dell’indebitamento e degli oneri per interessi, nonché la riduzione o l’azzeramento del valore netto delle attività» . |
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(186) |
In riferimento a quanto precede, la Commissione non dubita che SEA Handling potesse essere considerata un’impresa in difficoltà quando le misure sono state decise. Ciò risulta inoltre giustificato se si considera la situazione già in perdita delle attività di assistenza a terra ancor prima del loro trasferimento all’entità giuridica SEA Handling nel 2002. I notevoli e ricorrenti squilibri tra le entrate e i costi, nonché le perdite ripetute di SEA Handling, consentono di caratterizzarla come un’impresa in difficoltà durante l’intero periodo dell’indagine (34). |
8.2. ESISTENZA DI UN AIUTO DI STATO
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(187) |
A norma dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE, sono «incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza». |
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(188) |
Affinché una misura nazionale possa definirsi aiuto di Stato occorre che siano soddisfatte le seguenti condizioni cumulative: 1) la misura in questione è conferita mediante risorse statali; 2) il vantaggio è selettivo e conferisce un beneficio economico, e 3) la misura in questione falsa o minaccia di falsare la concorrenza e incide sugli scambi tra Stati membri (35). |
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(189) |
Di seguito si illustrano le ragioni che inducono la Commissione a ritenere che le misure in oggetto soddisfino le suddette condizioni cumulative. |
8.2.1. SUL TRASFERIMENTO DELLE RISORSE STATALI E SULL’IMPUTABILITÀ DELLE MISURE ALLO STATO
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(190) |
È opportuno, in primo luogo, ricordare che la nozione di risorse statali comprende gli aiuti concessi direttamente dallo Stato, ma anche da enti pubblici o privati da esso istituiti o nominati al fine di gestire l’aiuto. Tale nozione «comprende tutti gli strumenti pecuniari che le autorità pubbliche possono realmente usare per sostenere imprese, a prescindere dal fatto che questi strumenti appartengano o meno permanentemente al patrimonio dello Stato. Pertanto, anche se le somme corrispondenti ad una misura di aiuto di Stato non sono permanentemente in possesso del Tesoro pubblico, il fatto che restino costantemente sotto il controllo pubblico, e dunque a disposizione delle autorità nazionali competenti, è sufficiente perché esse siano qualificate risorse statali» (36). |
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(191) |
Le risorse utilizzate a copertura delle perdite di SEA Handling hanno origine pubblica poiché provengono da SEA, il cui capitale, durante il periodo oggetto d’esame, era detenuto al 99,12 % dal Comune e dalla Provincia di Milano (37). Da questo punto di vista, il fatto che i trasferimenti siano stati effettuati da SEA e non dagli enti locali sopra citati non consente di escluderne l’origine pubblica. Occorre comunque determinare in questo caso se l’azione dell’organismo in questione possa essere considerata il risultato di un comportamento imputabile ad autorità pubbliche. |
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(192) |
La Commissione conferma la sua valutazione iniziale dell’imputabilità delle misure alle autorità italiane e più precisamente al Comune di Milano. In primo luogo, occorre sottolineare che le stesse autorità italiane hanno riconosciuto nelle loro osservazioni del 15 settembre 2010 che il Comune esercita un controllo su SEA nominando i membri del Consiglio di Amministrazione e del Collegio sindacale. In secondo luogo, la Commissione riafferma la pertinenza degli indizi di imputabilità già rilevati nella decisione di avvio del procedimento. Tali indizi sono validi per l’intero periodo in esame e per tutti gli apporti di capitale presi in considerazione nella presente decisione. |
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(193) |
In via preliminare la Commissione rammenta che, come ha spiegato la Corte nella sentenza Stardust Marine, «resta […] da verificare se le autorità pubbliche debbano ritenersi aver avuto un qualche ruolo nell’adozione di tali misure. A questo proposito non si può pretendere che venga dimostrato, sulla base di un’istruttoria precisa, che le autorità pubbliche hanno concretamente incitato l’impresa pubblica ad adottare i provvedimenti di aiuto in questione. Infatti, da un lato, considerato che tra lo Stato e le imprese pubbliche sussistono relazioni strette, vi è un rischio reale che aiuti statali vengano concessi per il tramite di tali imprese pubbliche in maniera poco trasparente ed in violazione del regime previsto dal trattato per gli aiuti statali» (38). |
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(194) |
La Corte ha altresì stabilito che per dimostrare l’imputabilità la Commissione può fondarsi su «qualsiasi altro indizio che indichi, nel caso concreto, un coinvolgimento delle autorità pubbliche ovvero l’improbabilità di una mancanza di coinvolgimento nell’adozione di un provvedimento» (39). |
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(195) |
Il primo indizio, costituito dal contenuto di numerosi documenti (40), indica che la copertura delle perdite di SEA Handling da parte di SEA era stata effettuata su richiesta del Comune, o almeno con la partecipazione attiva di quest’ultimo. La Commissione conferma la sua valutazione dei documenti in questione, i quali dimostrano chiaramente l’implicazione del Comune di Milano nella gestione di SEA Handling attraverso SEA, in particolare al fine di mantenervi i livelli di occupazione. |
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(196) |
Ciò risulta in particolare dal verbale dell’accordo sindacale tra SEA e i sindacati del 4 aprile 2002, in cui si legge segnatamente che «SEA […] si è impegnata a […] sostenere […] il ripianamento delle perdite al fine di mantenere l’equilibrio finanziario e patrimoniale di SEA Handling SpA» e che tali impegni sono garantiti «dall’intesa sottoscritta dal Comune di Milano anche in qualità di azionista di maggioranza assoluta (di SEA SpA), dai conferimenti effettuati, dalle risorse finanziarie non soggette a limitazioni di legge trasferibili da SEA SpA a SEA Handling SpA e dalla consistenza patrimoniale e finanziaria di SEA…» (41). |
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(197) |
Allo stesso modo, tutti i testi menzionati nella decisione di avvio del procedimento (sezioni 2.4.2 e 3.1.1.2) (42) dimostrano l’ingerenza del Comune di Milano nella gestione di SEA Handling attraverso SEA, in particolare al fine di mantenervi i livelli di occupazione. |
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(198) |
La Commissione ritiene che l’intervento delle autorità italiane, in particolare in occasione della riunione del 26 marzo 2002, abbia condizionato le decisioni di SEA riguardo alla sua controllata SEA Handling. Nell’accordo concluso in tale data, il Comune di Milano ha assunto impegni precisi con un impatto diretto sulla gestione di SEA Handling e sul ruolo di SEA rispetto alla sua controllata; inoltre, il Comune si è impegnato a seguire l’applicazione del suddetto accordo valutando periodicamente le fasi della sua esecuzione. Il coinvolgimento del Comune di Milano non è quindi un elemento anodino e senza importanza, come suggeriscono le autorità italiane e SEA. Ne consegue che SEA non poteva ignorare gli impegni e le esigenze poste dall’autorità pubblica/azionista di controllo in tale accordo, ma doveva tenerne conto al momento dell’adozione delle misure riguardanti la gestione di SEA Handling. La Commissione ritiene inoltre che le misure di ripianamento delle perdite siano state più che «condizionate» dall’impegno assunto dal Comune di Milano nell’accordo del 26 marzo 2002, e che esse costituiscano in realtà la conseguenza di tale impegno. |
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(199) |
La Commissione respinge l’affermazione secondo cui il Comune di Milano non avrebbe assunto alcuna funzione sottoscrivendo il suddetto impegno e si sarebbe accontentato semplicemente di confermare ai sindacati la strategia di mantenimento dell’occupazione adottata da SEA. |
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(200) |
La Commissione ritiene che il fatto che il Comune non abbia partecipato alla firma degli accordi sindacali successivi all’accordo del 26 marzo 2002 non consenta di ignorare il condizionamento significativo di quest’ultimo sugli accordi sindacali successivi. In particolare, i riferimenti all’impegno del Comune negli accordi sindacali del 4 aprile 2002 e del 9 giugno 2003 dimostrano sufficientemente la portata dell’accordo del 26 marzo 2002 e la sua influenza sugli accordi sindacali successivi. SEA ha altresì precisato che l’accordo sindacale del 4 aprile 2002 era ancora applicabile e che essa doveva continuare a rispettarne le disposizioni. Le autorità italiane sostengono inoltre che SEA Handling non poteva esimersi dall’obbligo di rispettare gli accordi conclusi in precedenza con i sindacati e licenziare il personale, il che dimostra secondo la Commissione la portata di tali accordi e quindi il coinvolgimento delle autorità pubbliche. |
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(201) |
Infine, la Commissione ha individuato altri elementi che indicano che il Comune di Milano è sempre stato coinvolto quando SEA ha preso decisioni importanti in merito a SEA Handling. Dal verbale del Consiglio di amministrazione di SEA del 31 maggio 2007 relativo alla presentazione al Consiglio di amministrazione del piano aziendale di SEA (che, secondo le autorità italiane doveva servire anche da piano aziendale di SEA Handling) emerge che tale piano era stato presentato all’azionista di maggioranza di SEA che aveva espresso il proprio giudizio. Successivamente, secondo quanto risulta dal verbale del Consiglio di amministrazione di SEA Handling del 13 giugno 2008, relativo all’esecuzione del piano strategico di SEA Handling 2009-2016, il presidente del Consiglio ha sottolineato che il piano strategico era stato concordato con il Comune/azionario. La Commissione ritiene che entrambi i documenti lascino intendere che il ruolo del Comune è andato al di là di quello di un normale azionista che sarebbe stato informato e avrebbe valutato le scelte operative del Consiglio di amministrazione principalmente attraverso gli organismi interni dell’impresa e i comunicati ufficiali dell’impresa. Pertanto, l’insistenza sul fatto che il piano aziendale è stato concordato prima con l’azionista conferma il ruolo predominante di quest’ultimo nelle scelte strategiche di SEA. Tale ruolo trova riflesso anche nei fatti ricordati al punto 51 della decisione di avvio del procedimento e al punto 35 della presente decisione (un membro della giunta comunale di Milano ha chiesto al presidente del SEA e al Sindaco di Milano di recarsi presso la commissione trasporti del Comune per spiegare come intendessero procedere ai fini del rilancio del ruolo di SEA Handling) e ai punti 69 e 70 della decisione di avvio del procedimento (con riferimento agli stretti legami tra i più alti dirigenti di SEA e SEA Handling, le cui nomine vengono controllate dal Comune). |
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(202) |
La Commissione conferma altresì la pertinenza del secondo indizio di imputabilità rilevato, costituito dai rapporti di particolare dipendenza intrattenuti dagli amministratori e dai dirigenti di SEA con il comune di Milano. |
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(203) |
A questo proposito, contrariamente a quanto sostenuto dalle autorità italiane, la Commissione considera un indizio le dichiarazioni apparse in articoli di stampa solo quando riportano fatti accertati (43). La Commissione osserva a tale riguardo che né le autorità italiane né SEA hanno contestato i fatti in questione, né hanno espresso commenti sul fatto che il sindaco di Milano Letizia Moratti abbia chiesto e ottenuto nel 2006 le dimissioni del sig. Bencini, all’epoca presidente e amministratore delegato, due anni prima della scadenza naturale del suo mandato (44). |
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(204) |
In ogni caso, la Commissione sottolinea a questo proposito che l’avvocato generale nella causa «Stardust Marine» aveva dichiarato che «in ragione delle difficoltà probatorie e dell’ovvio pericolo di elusione», gli indizi dell’intervento dello Stato possono anche essere desunti da semplici «articoli di stampa» (45). |
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(205) |
Per quanto riguarda il fatto che, secondo SEA, gli articoli di stampa e i fatti che vi sono riportati risalgono al 2006 e non potrebbero «provare» nulla circa l’influenza esercitata dal Comune su SEA, la Commissione ritiene che gli indizi relativi alla dipendenza degli amministratori indichino il contesto generale del funzionamento di SEA e, quindi, il contesto in cui sono state prese le decisioni annuali di copertura delle perdite di SEA Handling. In ogni caso, l’esame della Commissione copre anche il periodo successivo al 2006. |
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(206) |
In terzo luogo, per quanto riguarda le lettere di dimissioni in bianco consegnate dagli amministratori di SEA al Sindaco di Milano, la Commissione non condivide l’affermazione di SEA e delle autorità italiane secondo cui tali lettere, che avrebbero asseritamente solo un valore morale e non giuridico, non sarebbero tali da condizionare le azioni dei membri del consiglio di amministrazione. La Commissione ritiene in realtà che questa pratica non potesse avere altro scopo che quello di rafforzare il controllo del Comune di Milano sugli amministratori di SEA, rafforzando in modo univoco il potere di sanzionare l’azione degli amministratori, che il Comune avrebbe dovuto esercitare solo entro i limiti dei suoi diritti di azionista di SEA. Se anche tali lettere avessero solo un valore morale, cosa che non sembra, esse costituirebbero comunque una conferma dell’ingerenza delle autorità pubbliche nella gestione di SEA. In ogni caso, la Commissione ricorda che, alla pagina 37 delle loro osservazioni del 15 settembre 2010, le autorità italiane hanno ribadito che, più che avere un valore puramente morale, tali lettere impedivano giuridicamente all’amministratore in questione di chiedere un risarcimento danni per l’indebita cessazione anticipata del contratto di lavoro conformemente al codice civile italiano. Il Comune, che esercita il controllo sull’assemblea degli azionisti, ha un controllo molto serrato sugli amministratori dal momento che, anche quando hanno agito nel miglior interesse della società, possono essere espulsi dall’assemblea senza che abbiano diritto ad alcun risarcimento per la cessazione anticipata del contratto. Per quanto riguarda specificamente l’argomento avanzato da SEA Handling secondo cui le lettere di dimissioni non sono state in alcun modo influenzate dal Consiglio di amministrazione visto che quest’ultimo non aveva acconsentito alla richiesta dell’azionista pubblico di distribuire i dividendi straordinari di 250-280 milioni di EUR, la Commissione osserva che il verbale dell’Assemblea SEA del 24 febbraio 2006 chiariva che la distribuzione dei dividendi straordinari fino a 200 milioni di EUR avrebbe permesso all’impresa di mantenere un tasso di indebitamento conforme al tasso medio di imprese comparabili e garantito una flessibilità finanziaria sufficiente. In secondo luogo, la Commissione osserva che lo stesso documento specifica che il livello dei dividendi era stato stabilito pari a 200 milioni di EUR da SEA sulla base di motivazioni obiettive e rappresentava il livello massimo che l’impresa poteva distribuire sulla base degli indicatori finanziari dell’epoca. Infatti, la Relazione sulla gestione del 2006 conferma l’aumento del tasso di indebitamento (che nel 2006 era raddoppiato rispetto al 2005) dovuto in parte al calo di liquidità in considerazione della distribuzione di dividendi straordinari agli azionisti. Pertanto, se SEA avesse distribuito dividendi più alti, sarebbe stato più difficile compensare le perdite di SEA Handling quell’anno. Inoltre, il fatto che un azionista possa chiedere in determinate occasioni un importo determinato di dividendi ma la gestione distribuisca un importo minore sembra un avvenimento normale nella vita di un’impresa e non è in contraddizione con il fatto che la gestione possa essere controllata strettamente da tale azionista. |
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(207) |
La Commissione ritiene che tale pratica costituisca il riflesso oggettivo di una situazione di dipendenza. La Commissione, senza poter giudicare l’effettiva influenza a posteriori che questa pratica ha potuto avere, ritiene che queste lettere fossero certamente in grado di condizionare con la loro stessa esistenza (a priori) l’azione dei membri del consiglio di amministrazione nominati dal Comune di Milano. Le autorità pubbliche non avevano neppure bisogno di fare riferimento alle suddette lettere per esercitare tale influenza, poiché è evidente che la loro esistenza pone già gli amministratori in una posizione di soggezione nei confronti del sindaco di Milano. |
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(208) |
Riguardo alle precisazioni fornite dalle autorità italiane riguardo alla designazione dei membri del consiglio di amministrazione, la Commissione ribadisce che il Comune, de facto, «nomina i membri del consiglio di amministrazione». Ciò risulta chiaramente dal fatto che, come dichiarato dalle autorità italiane, il Comune designa gli amministratori, che vengono poi nominati dall’assemblea generale, di cui fa parte il Comune come azionista di maggioranza. Questo criterio organico del controllo del Comune su SEA non è di per sé sufficiente a dimostrare l’effettivo esercizio del controllo da parte del Comune su SEA nel caso di specie, ma contribuisce a tale dimostrazione. |
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(209) |
Per quanto riguarda i «controindizi» riportati dalle autorità italiane, tesi a dimostrare la non imputabilità delle misure allo Stato, vale a dire il fatto che membri del Consiglio comunale si siano visti negare più volte l’accesso a documenti interni di SEA, la Commissione li considera inconcludenti, in quanto il mero rispetto delle regole formali previste dal codice civile italiano di non divulgare i dati interni di un’impresa, come i verbali del consiglio di amministrazione, non esclude l’effettiva influenza del Comune su SEA, sia in generale sia nel caso di specie. La Commissione sottolinea inoltre che i vari membri del Consiglio comunale che si sono visti negare l’accesso a determinati documenti appartenevano all’opposizione e non facevano parte dell’organo esecutivo del Comune. Quando afferma che il Comune di Milano mantiene con SEA un rapporto di dipendenza nei propri confronti, la Commissione si riferisce più in particolare alle autorità che esercitano i poteri decisionali del Comune, in grado di influenzare la gestione dell’impresa. |
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(210) |
In quarto luogo, in generale, data l’importanza delle operazioni degli aeroporti di Malpensa e Linate nel contesto socioeconomico locale e il loro ruolo fondamentale nel quadro delle varie politiche, sia della politica dei trasporti sia della politica di sviluppo regionale o della pianificazione territoriale, le autorità pubbliche locali non sono in genere «assenti» quando l’operatore dell’aeroporto assume decisioni importanti per il funzionamento e lo sviluppo a lungo termine di tali infrastrutture, a fortiori quando l’autorità è anche l’azionista di controllo del gestore aeroportuale. La Commissione osserva che le autorità italiane confermano nelle loro osservazioni la portata politica delle misure in questione. Nel caso di specie, la Commissione sottolinea inoltre che le misure di ripianamento delle perdite di SEA Handling erano quanto meno parte integrante della strategia del gruppo SEA, come spiegato dalle autorità italiane nelle loro osservazioni. |
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(211) |
In quinto luogo, la Commissione ritiene che le misure di ripianamento delle perdite, attuate mediante aumenti del capitale di SEA Handling, non costituissero misure di gestione corrente, bensì misure eccezionali. Il carattere straordinario delle misure si riflette sia in termini economici, data l’entità degli importi interessati (ciascun ripianamento delle perdite è stato compensato con un aumento di capitale di svariati milioni di EUR), sia in termini politici, dato l’impatto previsto delle misure sul mantenimento dell’occupazione. |
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(212) |
Data la loro natura eccezionale, le misure non sono quindi state adottate autonomamente dal consiglio di amministrazione di SEA, ma sono state oggetto di un’approvazione esplicita da parte dell’assemblea generale in seno alla quale il Comune è azionista di maggioranza, conformemente allo statuto di SEA e ai principi sanciti in materia dal codice civile. Non vi è quindi alcun dubbio che il Comune fosse pienamente informato e abbia approvato le misure, come risulta dai verbali delle assemblee generali. Non solo era all’origine di tali misure con la sua partecipazione all’accordo del 26 marzo 2002, ma è stato altresì informato di ogni misura di ripianamento delle perdite di SEA Handling, dandovi sistematica approvazione. Tali misure eccezionali erano quindi necessariamente imputabili allo Stato. |
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(213) |
La Commissione ricorda che nella sentenza Stardust Marine la Corte ha dichiarato che poteva essere un indizio di imputabilità «qualsiasi indizio che indichi, nel caso concreto, un coinvolgimento delle autorità pubbliche ovvero l’improbabilità di una mancanza di coinvolgimento nell’adozione del provvedimento tenuto conto anche dell’ampiezza di tale provvedimento, del suo contenuto ovvero delle condizioni che esso comporta» (46). |
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(214) |
Infine, come dimostrato al capitolo 8.2.3, anche il fatto che SEA non abbia agito in conformità con il criterio dell’investitore privato conferma l’implicazione delle autorità pubbliche nelle misure in discussione (47). |
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(215) |
Nel caso concreto, vista l’importanza delle misure in questione e gli altri elementi rilevati nella presente decisione e nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione ritiene di disporre di indizi sufficienti per dimostrare l’imputabilità delle misure in questione allo Stato italiano, a causa dell’implicazione del Comune di Milano nelle misure di ripianamento delle perdite di SEA Handling, ovvero l’improbabilità di una mancanza di coinvolgimento delle autorità pubbliche nell’adozione di tali misure. |
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(216) |
Ne consegue che la Commissione deve respingere l’affermazione delle autorità italiane secondo cui la Commissione dovrebbe analizzare individualmente ciascuno degli interventi sul capitale di SEA Handling per verificare le condizioni di esistenza dell’aiuto e in particolare l’imputabilità al Comune di Milano. La Commissione ritiene infatti che l’insieme degli elementi esposti ai punti 174-186 (nonché l’analisi delle misure nella prospettiva dell’investitore privato avveduto) sia sufficientemente probante e dimostri che la copertura delle perdite mediante gli apporti di capitale può soltanto essere il risultato di una strategia e di un’implicazione delle autorità pubbliche durante l’intero periodo oggetto d’esame. Infatti, le stesse autorità italiane hanno affermato che, seppure le decisioni di copertura delle perdite fossero state adottate formalmente a cadenza annuale, esisteva una strategia pluriennale di copertura delle perdite durante il periodo necessario alla ristrutturazione (cfr. punti 225-232). |
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(217) |
La Commissione conclude quindi che le misure in questione devono essere considerate imputabili allo Stato. |
8.2.2. SUL CARATTERE SELETTIVO DELLE MISURE
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(218) |
Nel caso di specie, la misura è selettiva perché riguarda solo la società SEA Handling. |
8.2.3. SULL’APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’INVESTITORE PRIVATO OPERANTE IN UN’ECONOMIA DI MERCATO E SULLA PRESENZA DI UN VANTAGGIO ECONOMICO
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(219) |
Per quanto riguarda l’esistenza di un vantaggio economico, occorre valutare se, in circostanze analoghe, un investitore privato sarebbe stato indotto a procedere alla copertura di perdite come nel caso di specie. A tale riguardo, la Corte di giustizia ha precisato che, anche se il comportamento dell’investitore privato, cui deve essere comparato l’intervento dell’investitore pubblico che persegue obiettivi di politica economica, non è necessariamente quello del comune investitore che colloca capitali in funzione della loro capacità di produrre reddito a termine più o meno breve, esso deve, quantomeno, corrispondere a quello di una holding privata o di un gruppo imprenditoriale privato che persegua una politica strutturale, globale o settoriale, guidato da prospettive di redditività a più lungo termine (48). |
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(220) |
La Corte ha altresì dichiarato che un socio privato può ragionevolmente conferire il capitale necessario per garantire la sopravvivenza dell’impresa che sia temporaneamente in difficoltà, ma che, previa riorganizzazione, sia eventualmente in grado di ridivenire redditizia. Tuttavia, quando i conferimenti di capitali di un investitore pubblico prescindano da qualsiasi prospettiva di redditività, anche a lungo termine, essi vanno considerati aiuti ai sensi dell’articolo 107 del TFUE (49). |
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(221) |
Occorre altresì ricordare che, «per stabilire se lo Stato abbia adottato o no il comportamento di un investitore avveduto in un’economia di mercato, occorre porsi nel contesto dell’epoca in cui sono state adottate le misure di sostegno finanziario al fine di valutare la razionalità economica del comportamento dello Stato e occorre quindi astenersi da qualsiasi valutazione fondata su una situazione successiva» (50). Così, «valutazioni economiche operate successivamente alla concessione di tale beneficio, la constatazione retrospettiva dell’effettiva redditività dell’investimento realizzato dallo Stato membro de quo o giustificazioni successive della scelta del modus procedendi effettivamente attuato non possono essere sufficienti per dimostrare che detto Stato membro abbia adottato tale decisione, preliminarmente o simultaneamente alla concessione del beneficio, nella sua qualità di azionista» . Ne risulta che la Commissione «può rifiutarsi di esaminare […] gli elementi di prova prodotti [che] siano stati forniti successivamente all’adozione della decisione di effettuare l’investimento in questione» (51). |
Strategia pluriennale di copertura delle perdite
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(222) |
Le autorità italiane e SEA hanno sostenuto nelle loro osservazioni che, sebbene le decisioni di copertura delle perdite siano state adottate formalmente a cadenza annuale, la strategia pluriennale di ripianamento delle perdite durante il periodo necessario alla ristrutturazione non poteva essere ridiscussa annualmente e i risultati potevano essere valutati soltanto su un periodo pluriennale. Tuttavia, la Commissione osserva che le sono stati presentati cinque piani aziendali, di cui alcuni si riferiscono a periodi che si sovrappongono, di una durata al massimo quinquennale. Considerato che, in generale, nel corso della preparazione di un nuovo piano aziendale viene valutata la strategia di un’impresa al fine di stabilire se proseguirla o modificarla, la Commissione ritiene che la strategia adottata in merito a SEA Handling poteva essere effettivamente riesaminata in qualsiasi momento prima dell’adozione di un nuovo piano al fine di tener conto degli sviluppi del mercato. |
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(223) |
Le autorità italiane e SEA hanno quindi sostenuto che la decisione di copertura delle perdite future è stata presa inizialmente nel 2002 e poi una seconda volta nel 2007, quando, non avendo conseguito i risultati attesi, si è deciso di sottoporre a riesame la strategia iniziale che comportava la copertura delle perdite, per poi decidere di proseguirla. In sostanza, esse sembrano presentare le misure in questione come due apporti di capitale decisi nel 2002 e nel 2007 da effettuare in versamenti annuali. |
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(224) |
Infatti, nella lettera del 14 settembre, le autorità italiane hanno chiarito che il dehubbing di Alitalia nel 2007 ha avuto gravi ripercussioni sull’attività di SEA Handling. Tali ripercussioni negative sul rendimento finanziario dell’impresa sono state aggravate dalla flessione economica e hanno portato a una riflessione globale di SEA sulla fattibilità del modello hub e sull’eventualità di optare per un altro modello di impresa. Secondo le autorità italiane, piuttosto che scegliere di esternalizzare l’assistenza a terra, SEA ha in ultima analisi deciso di proseguire con la creazione di un nuovo modello d’impresa, quello del self-hub o virtual hub, che è tuttavia una semplice evoluzione del modello precedente. Tale modello d’impresa richiede uno stretto controllo sulle attività di assistenza a terra. Secondo le autorità italiane, ciò dimostra la razionalità della decisione di SEA di continuare a coprire le perdite operative della sua controllata SEA Handling al fine di ripristinare la redditività dell’attività di assistenza a terra. Le autorità italiane, pertanto, sostengono che il riesame della strategia di SEA nei confronti della sua controllata era pienamente giustificato dalle circostanze impreviste esterne e non pregiudica in alcun modo l’obiettivo di SEA di rendere l’attività di assistenza a terra redditizia a lungo termine. |
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(225) |
Pur riconoscendo l’esistenza di una strategia pluriennale di copertura delle perdite da parte delle autorità italiane (conformemente all’impegno preso dal Comune di Milano di garantire l’equilibrio finanziario di SEA Handling e conformemente alla dimostrazione già svolta dell’imputabilità di tali decisioni al Comune), la Commissione ritiene che una siffatta strategia non rifletta il comportamento di un investitore privato avveduto. |
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(226) |
Benché possano essere necessari parecchi anni perché un processo di ristrutturazione porti i suoi frutti, un investitore privato avveduto non assumerebbe alla cieca un impegno di durata pluriennale, ma cercherebbe di decidere di anno in anno se apportare nuovi fondi all’impresa, sulla base dei risultati della ristrutturazione e delle prospettive future di redditività. Nella fattispecie, un investitore privato avveduto avrebbe certamente rivalutato la strategia già nel 2003 o nel 2004, visto che appariva evidente allora che l’obiettivo del ripristino della redditività nel 2005 non sarebbe stato raggiunto, o almeno nel 2005, quando questo obiettivo risultava in effetti non conseguito. Infatti, anche se si fosse impegnato in una strategia di copertura delle perdite a lungo termine, a condizione di non essere legato da obblighi giuridici vincolanti, un investitore privato avrebbe rivisto tale strategia ogniqualvolta fosse chiamato a fornire fondi per eliminare le perdite di SEA Handling (52). |
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(227) |
In particolare, come ha precisato SEA nelle sue osservazioni, il fallimento delle trattative con […] nel 2002 aveva compromesso in modo significativo la possibilità di raggiungere l’obiettivo del ripristino della redditività di SEA Handling per il 2005. Orbene, dopo il rifiuto dell’offerta da parte del consiglio di amministrazione di SEA il 10 settembre 2002, ossia solo pochi mesi dopo la costituzione di SEA Handling, non è stato preso in considerazione alcun cambiamento della strategia di copertura delle perdite. |
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(228) |
In secondo luogo, occorre considerare che una decisione così importante come un apporto di capitale, soggetto all’approvazione dell’assemblea generale, non può essere considerata una semplice misura di esecuzione di una decisione più generale di copertura delle perdite future. |
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(229) |
In terzo luogo, le decisioni di copertura delle perdite su diversi anni non sono menzionate nei piani aziendali strategici di SEA Handling né di SEA. Gli organi di SEA non hanno assunto alcun impegno formale e vincolante basato su un piano aziendale che prevedesse apporti per importi determinati da parte di SEA su un numero di anni determinati (53). Di conseguenza, le decisioni del 2002 e del 2007 hanno riguardato tutt’al più l’aspetto della ristrutturazione di SEA Handling e non la copertura delle perdite su più anni. In ogni caso, un investitore privato non avrebbe preso l’impegno di coprire le perdite per più anni senza disporre almeno di una stima preventiva dell’importo. |
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(230) |
Ne consegue che i momenti di concessione degli aiuti sono ciascuno degli anni del periodo considerato, e in particolare le date alle quali SEA ha deciso di procedere a un aumento di capitale in favore di SEA Handling principalmente al fine di coprire le perdite subite, assumendo impegni giuridicamente vincolanti in tal senso (54). |
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(231) |
Tuttavia, nell’analisi degli apporti di capitale la Commissione non può fare astrazione dagli apporti precedenti. Tali misure sono infatti strettamente legate l’una all’altra. Secondo le autorità italiane, esse fanno parte di un’unica strategia. Mirano a rispondere allo stesso obiettivo, vale a dire sopperire alle perdite di SEA Handling per permettere la sopravvivenza della società e il suo ritorno alla redditività. Anche dal punto di vista cronologico, esse costituiscono un processo continuo, nel senso che sono state adottate ogni anno, consecutivamente, per rispondere alle difficoltà costanti del beneficiario (55). |
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(232) |
Data la situazione di difficoltà in cui versava SEA Handling sin dalla sua creazione, la Commissione ritiene che un investitore privato avveduto avrebbe valutato il rischio che, a partire dal primo apporto di capitale, tali misure potessero costituire aiuti di Stato illegali ed eventualmente incompatibili e di conseguenza avrebbe studiato l’impatto di un possibile recupero di tali aiuti sulla redditività del suo investimento. Le autorità italiane non hanno mai fornito alcun elemento atto a dimostrare che una simile valutazione sia stata effettuata. |
Gli apporti di capitale del 2002
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(233) |
Non è messo in discussione il fatto che, all’epoca del primo apporto di capitale, SEA Handling fosse un’impresa in difficoltà, ai sensi degli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 1999. |
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(234) |
I punti 16 e 17 di tali orientamenti stabiliscono che, quando le pubbliche autorità effettuano apporti di capitale a favore di imprese in difficoltà finanziarie, è probabile che tale finanziamento si configuri come un aiuto di Stato (dal momento che sarebbe molto difficile per tale investimento produrre un rendimento che fosse considerato accettabile da un investitore privato prudente operante in un’economia di mercato, se si considerano i rischi che esso comporta). Pertanto, tali apporti devono essere notificati alla Commissione in anticipo per essere autorizzati come aiuti di Stato. |
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(235) |
Tuttavia, nel 2002 le autorità italiane hanno trascurato le indicazioni contenute negli orientamenti del 1999 (come fatto in occasione degli altri apporti) e hanno proceduto agli apporti anche se non sembra che abbiano basato la loro decisione su un piano aziendale dettagliato che dimostrasse che SEA Handling sarebbe stata in grado di invertire la rotta e tornare redditizia entro un lasso ragionevole di tempo (56). |
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(236) |
La Commissione ritiene che un investitore di mercato non avrebbe effettuato gli apporti di capitale del 2002 senza un piano aziendale sufficientemente dettagliato, basato su ipotesi salde e affidabili, che descrivesse particolareggiatamente le misure necessarie per ripristinare la redditività dell’impresa, analizzasse i diversi scenari possibili e dimostrasse che l’investimento avrebbe prodotto un rendimento soddisfacente per l’investitore (tenendo conto del rischio intrinseco), in termini di dividendi, aumento del valore della sua partecipazione o altri vantaggi. |
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(237) |
Pertanto, già i primi apporti del 2002 non sembrano soddisfare il test dell’investitore in un’economia di mercato e conferiscono a SEA Handling un vantaggio che l’impresa non avrebbe ricevuto in normali condizioni di mercato. |
Contesto al momento delle decisioni
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(238) |
Per quanto riguarda il contesto in cui gli aiuti sono stati concessi e di cui la Commissione dovrebbe tenere conto ai fini dell’applicazione del principio dell’investitore privato, la Commissione chiarisce come segue il proprio approccio in risposta alle argomentazioni presentate dalle autorità italiane e da SEA. |
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(239) |
In primo luogo, per quanto riguarda l’impatto che avrebbero avuto sulle scelte di SEA il quadro normativo specifico vigente in Italia e la pressione concorrenziale particolarmente forte che ne deriverebbe, la Commissione osserva di avere la responsabilità di assicurarsi che l’obiettivo della direttiva 96/67/CE, vale a dire la realizzazione di un mercato unico dei servizi di assistenza a terra nell’Unione attraverso la liberalizzazione del settore, che implica una concorrenza accresciuta tra gli operatori del settore, non sia compromesso dalla concessione di aiuti di Stato che possono falsare la concorrenza. Ne consegue che le misure adottate dallo Stato membro per dare esecuzione alla direttiva in questione non possono in ogni caso dimostrare la conformità con il criterio dell’investitore privato avveduto del sostegno finanziario concesso a un dato operatore per sopperire agli effetti derivanti da un contesto economico più concorrenziale. Al contrario, nella presente decisione, e in particolare nell’analisi del comportamento che avrebbe tenuto un investitore privato in una situazione come quella di SEA, la Commissione tiene conto del fatto che l’Italia ha optato per una liberalizzazione completa del mercato dell’assistenza a terra e che l’ENAC ha autorizzato 84 fornitori a operare a Malpensa e Linate. |
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(240) |
La Commissione fa notare inoltre che molti altri Stati membri hanno optato per una liberalizzazione simile [Danimarca (Copenaghen), Spagna, Irlanda (Dublino), Regno Unito (Londra), Francia (Parigi)]. |
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(241) |
La Commissione sottolinea che, in ogni caso, il contesto normativo applicabile è lo stesso per tutti i prestatori del settore in Italia, il cui numero è, a parere della stessa SEA, elevato, con 84 fornitori autorizzati ad operare. |
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(242) |
Le autorità italiane non hanno sostenuto trattarsi di servizi di interesse economico generale che il mercato non sarebbe in grado di garantire. |
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(243) |
La Commissione ricorda inoltre che, indipendentemente dal fatto che SEA abbia optato per una separazione giuridica (e quindi contabile), occorre applicare l’articolo 4 della direttiva 96/67/CE, che impone una «netta separazione a livello contabile, secondo le vigenti prassi commerciali, tra le attività legate alla fornitura [dei] servizi [di assistenza a terra] e le altre […] attività» e vieta i trasferimenti «di flussi finanziari tra l’attività dell’ente di gestione in quanto autorità aeroportuale e la sua attività di assistenza a terra». Tale separazione contabile e l’imposizione del divieto dei flussi finanziari tra la società di gestione e l’ente mirano a garantire le condizioni di sviluppo di una concorrenza effettiva sui mercati dell’assistenza a terra, assicurando che l’attività a terra degli operatori integrati verticalmente non riceva alcun vantaggio specifico rispetto agli altri operatori. |
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(244) |
La copertura delle perdite da parte dell’ente di gestione dell’aeroporto che comporti flussi finanziari tra l’attività dell’ente di gestione e l’attività di assistenza a terra contrasta con la direttiva 96/67/CE e con i suoi obiettivi. Pertanto, il fatto che SEA abbia optato per una separazione non solo contabile ma anche giuridica delle sue attività non può condurre a modificare la constatazione effettuata dalla Commissione della presenza di un indebito vantaggio per SEA Handling. |
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(245) |
Per quanto riguarda l’affermazione secondo cui a SEA incombe l’obbligo di garantire che siano forniti tutti i servizi di assistenza a terra, la Commissione afferma che tale «obbligo di legge» è da intendersi solo nel senso che, come indicato dalle stesse autorità italiane, questa responsabilità può essere assunta dallo stesso aeroporto, oppure coordinando l’attività di fornitori terzi. Come già affermato dalla Commissione al punto 95 della sua decisione di avvio del procedimento, SEA non è quindi in alcun modo tenuta a garantire tale fornitura né in prima persona né tramite la sua controllata SEA Handling. La responsabilità generale del gestore aeroportuale in caso di malfunzionamento non può quindi essere invocata in quanto tale per giustificare l’assenza di alternative alla copertura delle perdite di SEA Handling. In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto del mercato propriamente detto, la Commissione osserva che, anche accogliendo l’affermazione di SEA secondo cui il settore dei servizi di assistenza a terra offre in generale bassi margini e bassi tassi di redditività, essa non può ritenere che questa considerazione abbia potuto giustificare gli apporti di capitale rispetto al criterio dell’investitore privato in un’economia di mercato, in particolare data l’entità delle perdite subite da SEA Handling durante tutto il periodo considerato. Al contrario, alla pagina 5 del piano strategico 2007-2012 è confermato che gli operatori aeroportuali più efficienti a livello europeo hanno subappaltato l’assistenza a terra. Lo stesso viene ribadito a pagina 7 del piano strategico 2009-2016. La pagina 28 di quest’ultimo conferma che la tendenza di mercato nel 2001 è stata quella di subappaltare l’assistenza a terra. Tali elementi contraddicono l’idea secondo cui l’integrazione verticale tra l’operatore aeroportuale e il fornitore di servizi di assistenza a terra è essenziale per garantire la qualità e che, considerati i margini esigui di quest’ultima, era ragionevole non subappaltare. |
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(246) |
In particolare, in un mercato che offre margini così bassi, invece di ripianare le perdite di SEA Handling, SEA avrebbe dovuto procedere a misure molto più radicali per aumentare l’efficacia di SEA Handling riducendo notevolmente il costo del personale, che rappresenta, secondo le stesse autorità italiane, una parte considerevole nella struttura dei costi di una società in questo settore soggetto a una forte pressione concorrenziale. |
Alternative alla copertura delle perdite di SEA Handling
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(247) |
La Commissione ritiene che la valutazione da parte di SEA dell’assenza di alternative alla ristrutturazione e alla copertura delle perdite di SEA Handling non rifletta il comportamento di un investitore privato in un’economia di mercato. Alcune delle alternative possibili consistevano in particolare nell’esternalizzazione completa o parziale delle attività o nella conclusione di un’alleanza strategica mediante la cessione di una parte di SEA Handling a un partner strategico. Inoltre, come è stato sottolineato al punto precedente, nulla avrebbe impedito a SEA di intraprendere misure di ristrutturazione più radicali mirate ad aumentare l’efficacia di SEA Handling entro un lasso di tempo accettabile per un investitore privato. |
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(248) |
Per quanto riguarda la possibilità di cessione, la Commissione non può dare un giudizio sugli sforzi profusi da SEA al fine di concludere una tale alleanza che le avrebbe consentito di beneficiare di sinergie derivanti dall’inserimento in una rete internazionale. Tuttavia, essa rileva che nelle sue osservazioni SEA ha menzionato solo due procedure di vendita parziale, vale a dire quella che ha condotto alle trattative fallite con […] nel 2002 e quella avviata senza ulteriori risultati nel 2007-2008. Questa opzione sembra da allora condizionata a un previo ripristino della redditività di SEA Handling con altri mezzi. La Commissione ritiene che l’evidente mancanza di interesse da parte di società private a investire in SEA Handling costituisca un indicatore dell’assenza di prospettive affidabili di redditività della società. |
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(249) |
Per quanto riguarda la possibilità di esternalizzare una parte o la totalità delle attività di assistenza a terra, le autorità italiane hanno innanzitutto sostenuto che nessun operatore avrebbe voluto rilevare tali attività. A questo proposito, la Commissione osserva che la denuncia è stata presentata da […] e che anche […] ha espresso la sua opposizione alle misure in questione. |
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(250) |
Per giunta, né tale affermazione né quella più specifica secondo cui i potenziali operatori terzi sarebbero interessati solo ad alcuni servizi più redditizi («cherry-picking») risultano dall’osservazione concreta di un manifesto disinteresse riscontrabile per esempio a seguito di una gara indetta da SEA riguardante la fornitura dei servizi in questione. In altri termini, questa affermazione non è sostenuta da alcun elemento concreto, mentre una pluralità di operatori sono autorizzati ad offrire i propri servizi in Italia e in particolare negli aeroporti di Malpensa e Linate. |
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(251) |
Per quanto riguarda la capacità degli operatori terzi, le autorità italiane hanno inoltre insistito sul fatto che nessun operatore era in grado di garantire il livello di qualità necessario al modello commerciale di SEA, vale a dire quello dell’aeroporto principale («hub» poi «self-hub»). SEA ha ritenuto al riguardo di dover disporre di un fornitore in grado di prestare tutti i servizi di assistenza a terra, il che non sarebbe possibile visto che gli altri operatori presenti sul mercato non avrebbero le risorse materiali, economiche e soprattutto umane necessarie per garantire l’intera gamma di servizi necessari. |
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(252) |
In primo luogo, la Commissione sottolinea che SEA ritiene erroneamente che l’offerta disponibile per la fornitura di servizi di assistenza a terra sia limitata all’offerta dei terzi presenti in un dato momento negli aeroporti di Malpensa e Linate e non comprenda invece l’offerta potenziale di tutti i fornitori autorizzati ad operare a Linate e Malpensa. Le considerazioni piuttosto vaghe sulla situazione economica asseritamente negativa degli altri fornitori attivi sugli scali milanesi o sul livello delle loro risorse effettivamente impiegate in questi ultimi non sono in alcun modo rilevanti. La presenza effettiva e marginale di prestatori negli scali milanesi è solo un esempio dell’offerta potenzialmente disponibile e in grado di entrare nel mercato. Il fatto che i fornitori terzi attualmente attivi negli scali milanesi non coprano tutti i servizi di assistenza non consente, inoltre, di dare un giudizio sulla loro capacità. |
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(253) |
In secondo luogo, le autorità italiane e SEA non hanno chiarito perché SEA avrebbe necessariamente dovuto cedere tutti i servizi di assistenza a un unico operatore. Seppure si possa ammettere che alcune attività possono risultare meno redditizie, queste avrebbero potuto razionalmente essere cedute se rilevate da un operatore che beneficiasse di economie di scala a livello internazionale. |
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(254) |
In terzo luogo, per quanto riguarda la capacità effettiva degli operatori terzi di fornire tutti i servizi di assistenza a terra, la Commissione respinge l’affermazione secondo cui nessun operatore avrebbe avuto le risorse necessarie. Secondo SEA, 84 fornitori sono autorizzati ad operare a Linate e Malpensa. Inoltre, come accennato in precedenza, esisteva la possibilità di esternalizzare una parte delle attività, piuttosto che la totalità di queste. |
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(255) |
In quarto luogo, SEA non ha dimostrato concretamente che un operatore terzo non sarebbe in grado di soddisfare i requisiti di qualità considerati essenziali per il buon funzionamento del modello commerciale di SEA. La Commissione non condivide il parere secondo cui nel presente contesto sarebbe pertinente il requisito di qualità dei servizi citato nella direttiva 96/67/CE e nella legislazione nazionale. |
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(256) |
Per quanto riguarda la giustificazione di ordine economico di SEA, intesa a dimostrare l’inadeguatezza di un’esternalizzazione di taluni servizi di assistenza a terra, per il fatto che incomberebbe al gestore aeroportuale la responsabilità ultima di garantire i servizi di presidio in caso di emergenze e imprevisti, la Commissione esprime riserve su diversi punti. |
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(257) |
In primo luogo, SEA ha presentato calcoli dubbi a sostegno della sua tesi. Il numero di unità di personale equivalenti a tempo pieno (FTE) di SEA Handling assegnate ad attività di gestione delle emergenze risulta così molto elevato. Per il 2003, SEA stima questo numero a non meno di 336 FTE, per un costo totale di 9,9 milioni di EUR e pari a circa l’8 % del numero complessivo di FTE di SEA Handling. È evidente che il costo effettivo sostenuto da SEA Handling è molto inferiore, dal momento che tale personale è addetto anche, se non principalmente, ad altre mansioni. Tuttavia, per calcolare il costo totale che SEA dovrebbe sostenere come gestore aeroportuale nel 2003 per rilevare queste attività, SEA suggerisce di moltiplicare il numero di FTE assegnato a tali attività di presidio e di gestione delle emergenze calcolato in precedenza per un fattore di 1,7, per giungere alla conclusione che SEA dovrebbe impiegare 569 lavoratori a tempo pieno per un costo totale di 20,6 milioni di EUR. SEA ha concluso che la differenza tra questi due importi (20,6 milioni di EUR — 9,9 milioni di EUR) rappresenta il guadagno effettivo del mancato trasferimento delle attività di SEA. La Commissione ritiene che il fattore 1,7 sia arbitrario poiché non è stata fornita alcuna giustificazione, mentre spettava a SEA dimostrare di aver calcolato in maniera corretta questo costo ipotetico. In secondo luogo, la Commissione stima che il numero di FTE utilizzato per calcolare il costo totale a carico di SEA sia assolutamente irrealistico. |
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(258) |
La Commissione ritiene piuttosto che per stimare il costo sostenuto da SEA Handling si debba prendere in considerazione il costo effettivo, di norma fatturato da SEA Handling a SEA, nonché una stima più realistica del numero di FTE di SEA Handling assegnati a tali mansioni sulla base dei casi di emergenze, di imprevisti e di presidio effettivamente trattati, in media, nel corso di un anno. |
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(259) |
In secondo luogo, il calcolo non tiene conto del costo significativo sostenuto da SEA risultante dalla copertura delle perdite che avrebbero potuto essere evitate esternalizzando alcune attività o la totalità delle attività di assistenza a terra a un operatore più competitivo. Anche se l’esternalizzazione dei servizi di presidio avrebbe potuto condurre a costi potenzialmente più elevati per SEA a causa delle possibili sinergie derivanti da una loro combinazione con altre attività in-house, il potenziale guadagno complessivo derivante da un’esternalizzazione non consente in sé di affermare che non fosse possibile alcuna soluzione diversa dalla copertura delle perdite di SEA Handling, come sostiene SEA nelle sue osservazioni. |
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(260) |
Infatti, il […] prevedeva il disinvestimento di SEA Handling nel 2010 dopo il de-hubbing di Alitalia. L’obiettivo principale di SEA, conformemente a […], era lo sviluppo di Malpensa come hub principale (pagina […]) e la ricerca di un nuovo vettore aereo entro un periodo di 5 anni (pagina […]). Il disinvestimento di SEA Handling è cruciale per il raggiungimento di tale obiettivo ed è una pietra miliare della riorganizzazione di SEA al fine di riportarla nell’ambito degli operatori aerei più redditizi (pagine […]). Pertanto, la stessa SEA non ha ritenuto necessario mantenere SEA Handling all’interno del gruppo né per la gestione dell’aeroporto Malpensa come un hub, né per migliorare la situazione finanziaria globale di SEA. |
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(261) |
Alla luce di quanto precede, la Commissione conclude che, sebbene SEA sembri aver compiuto sforzi al fine di concludere un’alleanza con un partner strategico che avrebbe potuto avere un impatto significativo sul ripristino della redditività di SEA Handling, l’esternalizzazione di una parte o della totalità delle attività a operatori terzi era un’opzione economicamente conveniente che un investitore privato avrebbe necessariamente preso in considerazione e, se del caso, perseguito piuttosto che continuare a pagare le perdite di esercizio per molti anni e per importi molto consistenti. Tuttavia, nessuno dei documenti forniti attesta una possibile riflessione sul futuro di SEA Handling nel corso dell’intero periodo considerato. |
Sulla scelta del modello commerciale del gruppo SEA
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(262) |
A parte l’affermazione generale delle autorità italiane secondo cui la scelta di SEA di mantenere un sistema aeroportuale in termini di hub richiede la prestazione diretta di questi servizi da parte del gestore dell’aeroporto, questa scelta non sembra essere stata giustificata da un’analisi idonea a determinare in cosa sia stato economicamente più vantaggioso per SEA compensare le perdite dell’ordine di 360 milioni di EUR rispetto ai potenziali guadagni dell’esistenza di tale hub. A parte le affermazioni di carattere generale, le autorità italiane non hanno mai trasmesso alcun documento che dimostri lo svolgimento di una riflessione su tale scelta. |
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(263) |
In particolare, riguardo all’idea che la copertura delle perdite di SEA Handling avrebbe consentito di sostenere nel modo più efficace il modello di hub scelto da SEA, a causa del carattere complementare delle attività di assistenza a terra e di gestione dell’aeroporto, la Commissione osserva che, senza giudicare la pertinenza delle scelte del gruppo SEA, tale condizionamento della strategia di SEA Handling (oltre a essere contraddetto dall’osservazione secondo cui i grandi aeroporti/hub europei più performanti hanno ceduto l’assistenza a terra e dai piani aziendali menzionati ai punti 281-282 e 283-286 (57)) si baserebbe in sostanza solo su una presunzione della qualità insufficiente che un operatore esterno sarebbe in grado di fornire. Nessuna precisazione è stata fornita da SEA sul livello di qualità richiesto, né sull’impatto che una qualità insufficiente avrebbe sul funzionamento dell’aeroporto e sui ricavi. Ciò è ancora più sorprendente se si considera che SEA ha sostenuto che una fornitura inadeguata di servizi di assistenza da parte di terzi avrebbe danneggiato la reputazione di SEA come operatore aeroportuale, fatto che poteva essere facilmente confermato da un’indagine di mercato (punto 106 della lettera del 21 marzo 2011 di SEA Handling). Dal momento che manca una valutazione chiara degli eventuali danni in termini di immagine o reputazione per SEA causati dal subappaltare, del tutto o in parte, l’assistenza a terra, la Commissione non può accettare l’argomento secondo cui il comportamento di SEA — consistente nel coprire sistematicamente le perdite di SEA Handling — fosse economicamente razionale e necessario per evitare tali danni. Inoltre, in applicazione dell’articolo 15 della direttiva 96/67/CE, lo Stato membro può (se del caso su domanda dell’aeroporto) imporre ai prestatori di servizi di assistenza a terra norme di comportamento mirate a garantire il buon funzionamento dell’aeroporto, anche nel caso in cui i prestatori siano soggetti terzi rispetto all’aeroporto. In ogni caso, né SEA né l’Italia hanno fornito elementi concreti atti a dimostrare che il modello di hub non potrebbe essere realizzato esternalizzando, del tutto o in parte, l’attività di assistenza a terra. |
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(264) |
Piuttosto, il […] conferma l’intento di SEA di non investire più in SEA Handling dal momento che ciò viene considerato come una partecipazione non strategica al fine di garantire che Malpensa diventi di nuovo un hub dopo il de-hubbing di Alitalia. |
Sulla ristrutturazione di SEA Handling e sugli obiettivi di SEA
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(265) |
Le autorità italiane hanno fatto riferimento alla sentenza «ENI-Lanerossi», in cui si fa riferimento a «la circostanza che un socio privato conferisca il capitale necessario per garantire la sopravvivenza di un’impresa che sia temporaneamente in difficoltà, ma che, previa riorganizzazione, sia eventualmente in grado di ridivenire redditizia o che una società madre sopporti, per un periodo limitato, le perdite di una delle sue società controllate allo scopo di consentire la cessazione delle attività di quest’ultima nelle migliori condizioni. Simili decisioni possono essere motivate non soltanto dalla probabilità di ricavare un profitto materiale indiretto, ma anche da altre considerazioni, quali la salvaguardia dell’immagine del gruppo o il riorientamento delle sue attività. Tuttavia, quando i conferimenti di capitali di un investitore pubblico prescindano da qualsiasi prospettiva di redditività, anche a lungo termine, essi vanno considerati aiuti ai sensi dell’articolo 92 del trattato e la loro compatibilità con il mercato comune deve valutarsi unicamente alla luce dei criteri previsti da tale articolo» (58). |
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(266) |
Le autorità italiane hanno quindi ritenuto in particolare che la Commissione dovrebbe valutare le decisioni di copertura delle perdite di una controllata non solo in base alla probabilità di ricavare un profitto immediato, ma anche in base ad altre considerazioni che possono giustificare il ripianamento delle perdite della controllata in grado di ridivenire redditizia mediante una ristrutturazione. |
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(267) |
A questo proposito, SEA afferma che la compensazione dei risultati di SEA Handling può essere validamente giustificata, in primo luogo, dalla presenza di un piano strategico e di un programma di ristrutturazione con buone prospettive di redditività nel lungo periodo, e in secondo luogo, da considerazioni diverse dalla mera redditività finanziaria. |
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(268) |
Per quanto riguarda la prima affermazione, la Commissione ritiene che i piani aziendali di SEA Handling messi a sua disposizione non siano sufficientemente particolareggiati per giustificare una decisione in tal senso da parte di un investitore privato in un’economia di mercato. In particolare, tali piani aziendali non costituiscono i «turnaround plans» che un investitore privato avveduto esigerebbe prima di apportare importi così cospicui nel capitale di un’impresa che versava in difficoltà economiche sin dalla sua creazione. Essi non sono basati su un audit approfondito delle cause di tali difficoltà e delle misure necessarie per risolverle. Tali piani non sono peraltro basati su previsioni realistiche riguardo all’evoluzione dell’attività di SEA Handling o del settore, né contengono un’analisi degli scenari alternativi che un investitore privato diligente avrebbe preteso in una situazione simile. |
Piano aziendale consolidato 2002-2006
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(269) |
In particolare, il piano aziendale consolidato 2002-2006 approvato nel 2001 prevedeva il ritorno di SEA Handling alla redditività nel 2005. Tuttavia, il piano aziendale riguardava l’insieme delle attività di SEA e non includeva una descrizione dettagliata delle misure che SEA doveva adottare per garantire la redditività di SEA Handling. |
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(270) |
Il piano elenca le misure da attuare per recuperare la produttività della forza lavoro del 20 % entro il 2006 (pagina 17) senza tuttavia valutare l’effetto di tale incremento di produttività sul rendimento finanziario globale della società. La Commissione ritiene che non si possa ritenere che il piano si basi su ipotesi credibili dal momento che non è prevista alcuna misura precisa per affrontare le cause strutturali delle perdite croniche nell’attività di assistenza, cioè i costi eccessivi per la manodopera (pagina 23). Al contrario, il documento prevede un aumento del costo della manodopera per le attività di assistenza in quel periodo (allegato 3, pagina 13). Inoltre, prevedeva un aumento del 37 % delle entrate relative alle attività di assistenza (pagina 30) senza che vi fossero giustificazioni realistiche per tale incremento soprattutto considerata la presenza di altri operatori per l’assistenza a terra negli aeroporti di Milano e la crescente concorrenza nel settore. La Commissione osserva in proposito che SEA aveva già riconosciuto nella Relazione e bilancio al 31 dicembre 2003 che la quota di mercato di SEA Handling si era ridotta a causa della concorrenza. |
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(271) |
La Commissione rammenta altresì che, come ha osservato ai punti 82-85 della decisione di avvio del procedimento, i risultati economici ottenuti da SEA Handling sulla base del Piano aziendale consolidato 2002-2006 e del Piano aziendale 2003-2007 non sono stati soddisfacenti. |
Piano aziendale 2003-2007
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(272) |
La decisione di avvio del procedimento invitava esplicitamente le autorità italiane a «fornirle […] il piano d’impresa della società SEA Handling del 2002 e successive modifiche o qualsiasi documento riguardante la strategia e il ripristino della redditività di SEA Handling». Inizialmente, le autorità italiane non hanno reagito nelle loro osservazioni. SEA, quale terzo interessato, ha infine fornito un «piano d’impresa 2003-2007 di SEA Handling». Quest’ultimo documento, a giudicare dal titolo e dalla forma, è piuttosto una presentazione del suddetto piano d’impresa, in cui si delineano le principali ipotesi generali alla base del ripristino della redditività previsto nelle previsioni per il 2005. La Commissione ritiene che la presentazione riprenda sostanzialmente le linee d’azione stabilite per SEA Handling a livello del gruppo SEA nel suo piano d’impresa consolidato 2002-2006 e non spieghi in modo sufficientemente preciso le misure intese a garantire la redditività che un investitore privato avrebbe logicamente preteso. |
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(273) |
Anche se il Piano aziendale 2003-2007 delinea una situazione molto critica per SEA Handling (costo del lavoro troppo elevato, sostanziali sbilanciamenti organizzativi, innovazione tecnologica insufficiente e mancata appropriazione di alcune potenziali voci di ricavo, pag. 1), che potrebbe tradursi in una perdita di quote di mercato e di cui SEA Handling è consapevole (pag. 15), le misure riguardanti la riduzione del costo del lavoro si limitano essenzialmente alla menzione di una politica di incentivo all’esodo e un aumento delle assunzioni interinali, nonché un minore ricorso al lavoro straordinario. SEA ha stimato che si sarebbe così ottenuta una riduzione del 3,1 % dei costi del personale tra il 2003 e il 2007. |
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(274) |
Benché, secondo le informazioni fornite dalle autorità italiane, la percentuale del costo del lavoro sul fatturato di SEA Handling fosse del 103,7 % nel 2002 e del 94,9 % nel 2003 (mentre per gli operatori indipendenti sarebbe in media inferiore al 70 %), SEA Handling si è posta solo l’obiettivo di raggiungere all’incirca il 75 % a partire dal 2005 e di mantenersi su tale livello. |
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(275) |
Inoltre, SEA Handling prevedeva che questo miglioramento sarebbe dovuto principalmente alla crescita del suo fatturato del 25 % tra il 2003 e il 2007 (pagg. 5 e 6 del piano aziendale) e non alla riduzione dei costi del personale, stimata solo pari a - 3,1 % tra il 2003 e il 2007 (con un lieve incremento del costo della manodopera nel periodo 2004-2007). |
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(276) |
La Commissione ritiene che, data l’ampiezza della ristrutturazione necessaria, un investitore privato avrebbe concentrato i propri sforzi per ripristinare la redditività su misure interne sulle quali si può avere un maggiore controllo, attinenti essenzialmente alla riduzione dei costi del lavoro sino a quel momento superiori al fatturato, piuttosto che attendere un aumento dei prezzi e della domanda, su cui SEA Handling aveva un controllo nettamente inferiore. |
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(277) |
Inoltre, la Commissione rileva che il contratto stipulato con Alitalia per il periodo 2001-2005 prevedeva un aumento dei prezzi del 7 % nel 2004 e nel 2005, aumento che si rivelerà eccessivo e che condurrà a diminuzioni di prezzo nel 2006 e nel 2007 nel contesto del calo dei prezzi dovuto ad un ambiente più concorrenziale. Dal momento che la liberalizzazione del settore doveva tradursi, alla fine, in una riduzione dei prezzi, la Commissione ritiene che SEA non può ragionevolmente sostenere che tale diminuzione dei prezzi è stata un «evento negativo imprevedibile». Il piano aziendale 2003-2007 non era quindi basato su prospettive realistiche. Peraltro, la Commissione ritiene che un investitore privato avrebbe anticipato il cambiamento del contesto competitivo indotto dalla liberalizzazione del settore e non si sarebbe impegnato in una strategia che faceva dipendere il ripristino della redditività principalmente da un aumento dei ricavi. |
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(278) |
La Commissione ritiene pertanto che il raggiungimento dell’obiettivo del ripristino della redditività per il 2005 era irrealistico viste le uniche misure ritenute necessarie da SEA, secondo quanto indicato nel Piano aziendale 2003-2007 e nel Piano aziendale consolidato 2002-2006. |
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(279) |
Inoltre, le autorità italiane, a seguito della richiesta della Commissione dell’11 luglio 2011, non sono state in grado di fornire il verbale del consiglio di amministrazione di SEA Handling che avrebbe convalidato le misure presentate nel piano d’impresa di SEA Handling. Al suo posto, la Commissione ha ottenuto dalle autorità italiane il verbale del consiglio di amministrazione di SEA del 23 luglio 2003, in cui è stato approvato un piano d’impresa consolidato del gruppo SEA. Secondo l’estratto del verbale della riunione che è stato fornito, in tale occasione il piano d’impresa 2003-2007 di SEA Handling propriamente detto è stato solo presentato, e non è quindi stato oggetto di alcuna convalida. |
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(280) |
Per quanto riguarda un eventuale adeguamento del piano aziendale iniziale o l’elaborazione di un altro piano aziendale successivo, la Commissione constata, sulla base delle informazioni fornite dalle autorità italiane in seguito al sollecito della sua richiesta inviata l’11 luglio 2011, che la necessità di un nuovo programma di risanamento è stata discussa in seguito solo in occasione del consiglio di amministrazione del 21 dicembre 2006, in cui è stato deciso che il presidente si sarebbe impegnato a elaborare un piano di ristrutturazione approfondito. La Commissione rileva che in tale occasione non veniva citato alcun piano di ristrutturazione in corso di esecuzione. |
Piano strategico 2007-2012
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(281) |
Le linee strategiche previste da SEA sono poi state esposte in un documento prodotto da un consulente esterno nel corso della riunione del consiglio di amministrazione di SEA Handling del 31 maggio 2007. Questo documento, intitolato «Executive Summary — Linee guida del piano strategico 2007-2012 del gruppo SEA — 11 maggio 2007 », è una presentazione elaborata da un consulente esterno riguardante i possibili scenari di sviluppo per il gruppo SEA, ed evoca solo molto sinteticamente — in due pagine (pagg. 8 e 12) di presentazione — la situazione di SEA Handling, semplicemente indicando l’assoluta necessità del ripristino della redditività entro il 2012. Non era stata prevista alcuna misura specifica per il ripristino della redditività della società. La Commissione contesta quindi l’affermazione delle autorità italiane secondo cui «tale documento illustra la strategia del gruppo SEA per il periodo 2007-2012 […] in tre fasi» . L’unica misura strategica discussa in tale riunione è la riorganizzazione del modello produttivo sostenuto da un’indicazione sintetica di alcune misure di risanamento. |
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(282) |
Inoltre, come si è già ricordato, il piano conferma che operatori integrati non verticalmente svolgono prestazioni migliori in termini economici rispetto agli operatori aeroportuali che hanno mantenuto il controllo sugli operatori dell’assistenza a terra. |
Piano strategico 2009-2016
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(283) |
Secondo le autorità italiane, in seguito al de-hubbing dello scalo di Malpensa, deciso da Alitalia nel 2007, SEA avrebbe ipotizzato in un primo tempo l’abbandono del modello di hub, essendo venuto meno l’hub carrier sul quale tale modello faceva perno. Di conseguenza, un nuovo «Piano strategico 2009-2016» realizzato da un consulente esterno è stato presentato al consiglio di amministrazione di SEA, che l’ha approvato il 15 luglio 2008. Questo documento presenta le stesse caratteristiche del precedente e non include i dettagli delle misure relative al risanamento previsto per SEA Handling, se non una sintesi di elementi riguardanti la revisione contrattuale e il miglioramento gestionale, oltre agli interventi di emergenza come il ricorso alla cassa integrazione straordinaria. |
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(284) |
La Commissione osserva che, contrariamente a quanto asseriscono le autorità italiane, l’obiettivo principale di SEA secondo questo piano è lo sviluppo di Malpensa come hub principale mediante l’individuazione di un nuovo hub carrier «entro un periodo di 5 anni» (pagina 5). Conformemente al piano di disinvestimento di SEA Handling, è essenziale raggiungere tale obiettivo entro il 2010 (pagine 12, 35, 37). La Commissione osserva che il piano non contiene alcun riferimento al modello di hub virtuale, né spiega che la strategia di sviluppo si baserebbe su un nuovo modello d’impresa e comporterebbe necessariamente l’integrazione verticale di SEA Handling. Anche il verbale della riunione del Consiglio di amministrazione di SEA Handling del 13 giugno 2008 conferma che l’obiettivo di SEA all’epoca non era di diventare un hub virtuale, ma di attirare un nuovo hub carrier. Analogamente, il verbale della riunione del Consiglio di amministrazione di SEA del 15 luglio 2008 descrive il disinvestimento di SEA Handling entro il 2010 come elemento chiave per la sostenibilità del piano. |
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(285) |
D’altra parte, la Commissione osserva che il documento VIA Milano (presentato dalle autorità italiane il 28 giugno 2012) comprende una descrizione del modello di hub virtuale. Il documento suggerisce che SEA ha perseguito tale strategia dal 2011. Tuttavia, neanche in questo documento viene suggerito che il modello di hub virtuale richiederebbe un’integrazione verticale dell’aeroporto e degli operatori di assistenza a terra. |
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(286) |
La Commissione osserva anche che il piano conferma che, a partire dal 2001, i migliori operatori aeroportuali europei hanno progressivamente abbandonato il mercato dell’assistenza a terra con il risultato che sono entrati nel mercato nuovi operatori autonomi (pagina 28). |
Piano aziendale 2011-2013
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(287) |
Infine, SEA afferma che il proprio consiglio di amministrazione ha approvato il 27 giugno 2011 un «piano d’impresa di SEA 2011-2013» ove viene messa in evidenza tra l’altro «la necessità di proseguire nella strategia di “efficientamento dell’handling” » . La Commissione osserva al contrario che tale documento contiene solo proiezioni finanziarie e non menzioni in senso stretto alcuna misura in riferimento a SEA Handling. |
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(288) |
La Commissione osserva inoltre che il piano aziendale indica che gli oneri relativi al costo del lavoro sostenuti da SEA Handling sono rimasti praticamente immutati dal 2009 (cfr. la tabella riguardante il costo del lavoro). |
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(289) |
La Commissione constata pertanto che le autorità italiane non sono state in grado di fornirle piani d’impresa sufficientemente dettagliati riferiti a SEA Handling né altri documenti che descrivessero la strategia di ristrutturazione e la sua progressiva attuazione durante il periodo considerato o ancor meno che tale strategia avrebbe previsto dall’inizio la necessità o la possibilità di dover coprire le perdite di esercizio di SEA Handling su un determinato periodo e per importi determinati. La Commissione ritiene pertanto che le autorità italiane non siano state in grado di produrre elementi di prova concreti di una strategia di ristrutturazione di SEA Handling tali da giustificare la copertura temporanea delle sue perdite da parte di un investitore privato avveduto nell’ottica del ripristino della redditività. Ciò è tanto più sorprendente nella fattispecie, nel senso che un operatore privato, di fronte a un’impresa che abbia accumulato perdite sin dalla sua creazione e su un lungo periodo, avrebbe chiesto un audit approfondito e l’adozione di misure precise prima di investire le proprie risorse in tale società. |
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(290) |
Inoltre, la Commissione non può accettare l’argomento avanzato da SEA Handling secondo cui il fatto che tale impresa abbia quasi raggiunto il proprio punto di pareggio negli anni 2011/2012 dimostrerebbe la razionalità della strategia di SEA consistente nella copertura delle perdite di SEA Handling lungo tutto l’arco di tempo e pertanto la conformità degli apporti di capitali con il test dell’investitore in condizioni di mercato. La Commissione ritiene che, se si considera il fatto che le sue perdite operative sono state costantemente coperte per un periodo di circa dieci anni, non sorprende che SEA Handling abbia finalmente ripristinato la redditività. Qualsiasi impresa che ricevesse la stessa assistenza finanziaria ripristinerebbe la propria redditività attuando un minimo di misure di ristrutturazione. Tuttavia, tale prospettiva non sarebbe sufficiente a soddisfare un investitore privato che richiederebbe almeno una proiezione che dimostrasse che le entrate previste grazie alla strategia di copertura delle perdite a medio e lungo termine — in termini di dividendi, aumento del valore della partecipazione azionaria, danni all’immagine evitati ecc. — siano superiori al capitale apportato al fine di compensare tali perdite. La Commissione osserva che nessuno dei piani aziendali presentati dall’Italia fornisce previsioni precise che cerchino di dimostrare che la strategia di copertura delle perdite per un periodo così lungo sarebbe economicamente più conveniente per SEA del disinvestimento di SEA Handling o che cerchino di ridurre il periodo di ristrutturazione per ripristinare la redditività in tempi ragionevoli e minimizzare le perdite. |
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(291) |
Inoltre, in considerazione delle ripetute perdite di SEA Handling per ogni anno del periodo di riferimento, la Commissione ritiene che SEA Handling sia in disavanzo da un periodo troppo lungo per poter essere considerato un «periodo limitato» ai sensi della sentenza della Corte del 21 marzo 1991 (59). Infatti, SEA Handling è in perdita dalla sua creazione, avvenuta nel 2002, e, nella migliore delle ipotesi, potrebbe divenire redditizia solo nel 2012, secondo le previsioni di SEA formulate nel 2011. Le decisioni di copertura delle perdite sono state prese a cadenza annuale, e la Commissione osserva che le ripetute perdite annuali non hanno condotto a un cambiamento di strategia di SEA né a misure di ristrutturazione più radicali. |
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(292) |
Per quanto riguarda la seconda affermazione, per le ragioni già esposte in precedenza, la Commissione contesta le «preoccupazioni» citate da SEA relative al livello di qualità giudicato insufficiente che un fornitore terzo sarebbe stato in grado di fornire e che avrebbe quindi comportato un effetto negativo sullo sviluppo e sui risultati generali di SEA, ed eventualmente la responsabilità di SEA in caso di malfunzionamenti. |
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(293) |
Come è già stato osservato, la Commissione ritiene che le autorità italiane e SEA non abbiano fornito dettagli sulla perdita di immagine che SEA avrebbe subito, né sul danno che avrebbero asseritamente subito i passeggeri. Esse non hanno quantificato tale perdita neppure dopo la decisione di avvio del procedimento. Orbene, la Commissione nota che la stessa SEA ha ammesso che una siffatta perdita potrebbe facilmente essere confermata mediante uno studio di mercato. Di conseguenza, la Commissione ritiene che l’assenza di una valutazione sulla perdita di immagine di SEA o dei rischi di coinvolgimento della sua responsabilità o ancora delle prospettive di ritorno indiretto a lungo termine sia tanto più pregiudizievole alla dimostrazione della compatibilità delle misure in questione con il criterio dell’investitore avveduto in considerazione degli importi degli apporti di capitale in questione. Infatti, un azionista avveduto avrebbe effettuato una qualche valutazione economica di tali rischi e prospettive prima di versare un importo complessivo di 359,644 milioni di EUR (60). |
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(294) |
L’argomento secondo cui l’obiettivo di massimizzazione dei risultati del gruppo SEA a lungo termine prevale sulla redditività finanziaria di SEA Handling ignora il fatto che, senza la copertura sistematica delle perdite della sua controllata, il vantaggio di SEA sarebbe stato nettamente superiore di quanto non sia stato. Inoltre, le autorità italiane non hanno fornito alcun elemento atto a dimostrare che a lungo termine SEA avrebbe raggiunto una maggiore redditività perseguendo la suddetta strategia di copertura delle perdite che non se avesse adottato misure di ristrutturazione più drastiche o se avesse esternalizzato del tutto o in parte l’attività di assistenza a terra. |
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(295) |
Inoltre, ai sensi della sentenza «ENI-Lanerossi», la Commissione ritiene che SEA Handling non fosse «temporaneamente in difficoltà», ma avesse un grave problema strutturale e che le sue perdite non siano state coperte da SEA per un «periodo limitato». Peraltro, se le perdite sono state sopportate allo scopo di consentire la «cessazione delle attività di quest’ultima nelle migliori condizioni», è giocoforza constatare che dal 2001 SEA ha indetto solo due procedure competitive o almeno che le condizioni giudicate ottimali non sono state raggiunte entro un lasso di tempo ragionevole. In ogni caso un simile obiettivo non può in sé dimostrare la compatibilità delle misure in questione con il criterio dell’investitore privato avveduto. |
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(296) |
In conclusione, la Commissione constata che in questo caso i piani aziendali che le sono stati trasmessi non sono basati su previsioni realistiche per quanto riguarda l’evoluzione dell’attività di SEA Handling o del settore né contengono un’analisi degli scenari alternativi che un investitore privato diligente avrebbe preteso in una situazione simile. |
Sui risultati economici di SEA Handling
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(297) |
Sebbene i risultati economici di SEA Handling successivi alla decisione di copertura delle perdite di un dato anno non consentano di giudicarne la conformità con il criterio dell’investitore privato, i risultati anteriori alla decisione, e in particolare la loro evoluzione, precisano il contesto fattuale in cui è stata presa tale decisione. La correlazione tra le misure di ristrutturazione applicate a SEA Handling e i risultati da queste derivanti durante il periodo considerato avrebbe quanto meno necessariamente influenzato la decisione di un investitore privato di proseguire o meno la copertura delle perdite. È quindi necessario analizzarli in questa luce. |
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(298) |
Le autorità italiane e SEA riconoscono implicitamente questo principio affermando che la progressione positiva dei principali risultati economici di SEA Handling durante il periodo 2003-2004 era, a loro avviso, incoraggiante e indicava che il ripristino della redditività era possibile. Tuttavia, nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione aveva osservato che tra il 2003 e il 2005, le perdite rimanevano superiori a 40 milioni di EUR; il margine operativo lordo era rimasto negativo; i costi unitari del lavoro sono aumentati del 7,6 %; i costi totali sono diminuiti solo del 3 % circa e i ricavi sono aumentati del 4,5 % circa. |
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(299) |
Al di là della valutazione negativa della Commissione sul livello di precisione dei piani di ristrutturazione presentati dalle autorità italiane, è quindi necessario osservare che gli indicatori di buon funzionamento economico registrati nel corso del periodo, in particolare quelli connessi essenzialmente alle misure interne adottate e non basati su fattori esterni sui quali l’impresa non può influire, consentono di valutare direttamente l’ampiezza delle misure di ristrutturazione effettivamente attuate. È il caso, per esempio, di una diminuzione osservata dei costi del personale, che dipenderà dall’aumento di produttività, dalla riduzione del costo unitario del lavoro e dalla riduzione del numero di dipendenti. |
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(300) |
Per contro, la Commissione ritiene che gli indicatori di qualità, tra cui l’evoluzione dei tempi di attesa per il recupero dei bagagli in arrivo e della puntualità degli scali gestiti da SEA, benché utili per valutare la competitività dei servizi offerti, non permettano di giudicare l’importanza delle misure di ristrutturazione. |
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(301) |
Per quanto riguarda i risultati economici effettivamente conseguiti, la Commissione rinvia all’analisi dei grafici e delle tabelle menzionati al Capitolo 2.4). |
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(302) |
La Commissione sottolinea che, sulla base dei dati riportati nella tabella 3, si osserva un aumento del 22 % della produttività tra il 2004 e il 2010. SEA ha sostenuto che questo miglioramento deriverebbe da un migliore impiego delle risorse umane e dall’introduzione di una maggiore flessibilità nel loro utilizzo, dall’esternalizzazione dei servizi a bassa produttività (ad esempio servizi di pulizia delle cabine) e da un maggiore controllo del personale (in particolare mediante una riduzione dei tassi di assenteismo). |
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(303) |
SEA ha sostenuto che le ragioni principali per cui SEA Handling non aveva raggiunto il suo obiettivo di redditività per il 2005 o al più tardi per il 2007 sono riconducibili alla perdita di ricavi, in particolare a causa della riduzione dei prezzi, tra cui quelli praticati da Alitalia a partire dal 2006, e all’aumento del costo unitario del lavoro. Infine SEA sostiene che anche il livello di traffico inferiore al previsto ha avuto ripercussioni sui ricavi generati tra il 2002 e il 2007. |
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(304) |
Per quanto riguarda il costo del lavoro, la Commissione osserva infatti che il costo unitario del lavoro è aumentato quasi del 10 % tra il 2003 e il 2010. SEA stima di aver avuto una capacità limitata di ridurre in misura significativa i propri costi operativi. Il potere dei sindacati nelle negoziazioni sugli accordi collettivi di lavoro e il loro ruolo politico in Italia avrebbero limitato il suo margine di manovra nel breve periodo. La riduzione del personale, per quanto significativa, non è stata sufficiente a compensare tale aumento prima del 2008, né a comportare una significativa riduzione dei costi connessi alla manodopera (-38 % tra il 2008 e il 2010). A questo proposito la Commissione prende atto del verbale della riunione del consiglio direttivo del 21 dicembre 2006 in cui uno dei membri ha ricordato che la situazione di SEA Handling era ancora molto allarmante. Il fatto che a partire dal 2008 SEA Handling sia riuscita a ridurre in misura significativa i costi legati alla manodopera dimostra l’esistenza di un considerevole sforzo in tal senso. Tuttavia, tale elemento non può dimostrare nel contesto della fattispecie che gli apporti di capitale in questione sono conformi al test dell’investitore privato. In particolare, per quanto concerne gli apporti effettuati a partire dal 2007 la Commissione ha già sottolineato che essi non possono essere esaminati prescindendo dagli apporti precedenti. Analogamente, la Commissione ha altresì sottolineato che non erano basati su analisi finanziarie e su piani aziendali comparabili a quelli che un investitore privato avrebbe richiesto. |
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(305) |
Per quanto riguarda la riduzione dei prezzi imposti da Alitalia, la Commissione constata che il contratto stipulato con Alitalia per il periodo 2001-2005 prevedeva un aumento dei prezzi del 7 % nel 2004 e nel 2005, aumento che si rivelerà eccessivo e che condurrà a diminuzioni nel 2006 e nel 2007 nel contesto del calo dei prezzi dovuto a un ambiente più concorrenziale. La Commissione ritiene che la liberalizzazione del settore, il cui obiettivo era quello di stimolare la concorrenza, dovesse condurre alla fine a una diminuzione dei prezzi. SEA non può quindi ragionevolmente affermare che tale riduzione dei prezzi, in gran parte un adeguamento in seguito a un aumento dimostratosi eccessivo e reazione all’ingresso di un concorrente nel 2006 (Aviapartner), fosse un «evento negativo imprevedibile». La Commissione ritiene che un investitore privato avrebbe previsto il cambiamento del contesto concorrenziale indotto dalla liberalizzazione del settore. Ad esempio, non si sarebbe aspettato un aumento dei prezzi del 9 % tra il 2003 e il 2007 (61) e avrebbe stimato che la quota di mercato di SEA Handling, pur riflettendo in sostanza una situazione di monopolio, si sarebbe ridotta. |
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(306) |
Tra gli altri «eventi imprevedibili» che hanno avuto ripercussioni negative sul ripristino della redditività di SEA Handling, SEA indica anche la perdita di reddito a partire dal 2008 risultante dalla decisione di Alitalia di ridurre le proprie attività a Malpensa. La Commissione riconosce l’evidente importanza di questo ritiro per i ricavi di SEA Handling, ma ritiene che gli sforzi profusi da SEA per risanare la situazione di SEA Handling si siano intensificati proprio all’annuncio di detto ritiro nel 2007. In particolare, il numero di FTE operativi è sceso di quasi il 41 % tra il 2007 e il 2010. In conseguenza di ciò, in particolare, il costo del lavoro è diminuito tra il 2007 e il 2009, e l’aumento della produttività ha registrato un’accelerazione. Anche gli altri costi operativi sono diminuiti del 40 % tra il 2007 e il 2010. Nel complesso, grazie a queste riduzioni dei costi, in seguito alla riduzione delle attività di Alitalia, il margine operativo lordo è migliorato, nonostante il calo del fatturato. Nondimeno, tali risultati non hanno consentito a SEA Handling di ritrovare una situazione di equilibrio economico entro tempi rapidi, malgrado gli aiuti concessi in precedenza. Peraltro, se, sulla base dei calcoli derivanti da uno scenario controfattuale, facendo l’ipotesi del mantenimento del livello di attività di Alitalia a Malpensa e delle quote di mercato di SEA Handling al livello del 2005 indicato dalle autorità italiane, SEA Handling avrebbe potuto aspirare al ripristino della redditività nel 2009, la Commissione ritiene che lo sforzo di ridurre i costi nel periodo considerato non avrebbe in realtà avuto la stessa ampiezza senza questo evento (62). In ogni caso, la Corte ha già ribadito che ai fini della valutazione dell’osservanza del principio dell’investitore privato, valutazioni economiche operate successivamente alla concessione di tale beneficio, la constatazione retrospettiva dell’effettiva redditività dell’investimento realizzato dallo Stato membro de quo o giustificazioni successive della scelta del modus procedendi effettivamente attuato non possono essere sufficienti […] qualora risulti applicabile il criterio dell’investitore privato, spetta alla Commissione chiedere allo Stato membro interessato di fornirle tutte le informazioni pertinenti che le consentano di verificare se le condizioni di applicabilità e di applicazione del criterio medesimo siano soddisfatte, ed essa non può rifiutarsi di esaminare tali informazioni se non nel caso in cui gli elementi di prova prodotti siano stati forniti successivamente all’adozione della decisione di effettuare l’investimento in questione (63). |
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(307) |
Le autorità italiane avevano infatti confermato che proprio la potenziale gravità della situazione dopo l’abbandono di Alitalia ha incoraggiato SEA a compiere gli sforzi rivolti al miglioramento dei costi. |
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(308) |
Infine, SEA Handling ha anche dichiarato che eventi imprevisti hanno influenzato negativamente i suoi risultati, facendo riferimento in particolare agli effetti che avrebbero avuto sul suo fatturato la SARS, le minacce terroristiche in seguito alla dichiarazione di guerra all’Iraq nel 2003 e all’impatto dell’eruzione del vulcano Eyjafjallajökull nel 2010. La Commissione osserva che la sola quantificazione dell’impatto di questi eventi sul fatturato di SEA Handling è stata inclusa nello studio di RBB Economics, realizzato il 1o giugno 2011. Per quanto riguarda gli eventi summenzionati, lo studio si limita a ripetere alcune dichiarazioni di SEA Handling, segnatamente che la SARS e le minacce terroristiche in seguito alla dichiarazione di guerra contro l’Iraq nel 2003 avevano condotto al calo di fatturato del 3 %, e che l’eruzione del vulcano Eyjafjallajökull aveva causato una riduzione di 1,5 milioni di EUR del fatturato. L’analisi controfattuale si basa su questi presupposti, senza che sia fornito un qualsiasi metodo di valutazione ragionevole degli effetti degli eventi in questione. Inoltre, la Commissione ritiene che, se si considerassero affidabili le stime di SEA anche in assenza di alcuna giustificazione, gli effetti relativi ad eventi imprevedibili di cui allo studio di RBB Economics non sarebbero tali da giustificare in maniera realistica i continui aumenti di capitale di SEA per un importo pari quasi a 360 milioni di EUR nel periodo 2002-2010. Oltre a ciò, la Commissione ritiene che un investitore a condizioni di mercato avrebbe probabilmente realizzato uno studio immediatamente dopo il verificarsi di tali eventi, e non vari anni dopo, al fine di valutarne l’impatto e di decidere se cambiare strategia, mantenere quella esistente o modificare il piano aziendale. Invece, dal momento che lo studio di RBB Economics è posteriore di diversi anni alla decisione di avvio del procedimento, la Commissione ritiene che lo studio non rispecchi il comportamento di un investitore privato prudente ma che sia stato elaborato ai fini del procedimento, vale a dire per dimostrare ex post la presunta razionalità economica del comportamento di SEA. Pertanto, non si può tener conto di questo studio per l’applicazione del test dell’investitore prudente. Infine, la Commissione osserva che, proprio al fine di garantire la redditività del loro investimento, anche in caso di eventi negativi, gli investitori privati chiedono analisi finanziarie che indichino il ritorno dell’investimento in scenari degradati, e questo soprattutto in un settore come quello del trasporto aereo, che — per sua natura — è esposto a fattori di rischio al di fuori dell’ambito di competenza e di controllo degli operatori. Nella fattispecie, né l’Italia né SEA hanno mai dimostrato che una siffatta analisi fosse stata eseguita al momento dell’intervento in questione. |
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(309) |
La Commissione ritiene pertanto che gli sforzi mirati a ridurre i costi, nonostante siano stati significativi sotto diversi aspetti dopo la creazione della società, e in particolare dopo il 2007, non fossero sufficienti per attendersi un ripristino della redditività, se non a lungo termine, ossia in più di una decina d’anni, e facendo astrazione dal rischio di restituzione di eventuali aiuti incompatibili concessi in passato. Se, da un lato, non sorprende che dopo aver beneficiato per tanti anni del sostegno pubblico SEA Handling abbia migliorato i propri risultati, la Commissione ritiene che un investitore privato avrebbe richiesto una ristrutturazione molto più rilevante nel 2002, data la struttura dei costi estremamente pesante di SEA Handling e il contesto dell’apertura del mercato, per accettare di coprire le perdite per il tempo necessario alla ristrutturazione e di ottenere un ritorno ragionevole del suo investimento in un tempo altrettanto ragionevole. |
Sul confronto con i risultati economici di altri operatori
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(310) |
La Commissione respinge l’idea secondo cui non sarebbero paragonabili i risultati economici degli operatori di servizi di assistenza a terra di «natura» diversa (le autorità italiane citano i gestori aeroportuali in regime di separazione contabile, quelli in regime di separazione societaria, i vettori aerei che esercitano attività di auto-assistenza a terra e i prestatori terzi, che possono a loro volta essere ripartiti tra prestatori che operano nel quadro di una rete nazionale o internazionale e piccoli e medi prestatori) o con un diverso ambito di attività (a seconda che alcuni fornitori offrano tutti i servizi di assistenza a terra, mentre altri ne forniscono solo alcuni). |
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(311) |
La liberalizzazione del settore ha proprio lo scopo di stimolare la concorrenza in modo che i fornitori con i modelli di impresa più competitivi possano affermarsi sul mercato, facendone beneficiare gli utenti, le compagnie aeree e in definitiva i viaggiatori. La Commissione ritiene che gli operatori ai quali le autorità italiane non vorrebbero confrontare SEA Handling siano comunque in concorrenza reale o potenziale con quest’ultima. L’argomento delle autorità italiane conduce de facto a ridurre a zero i concorrenti comparabili a SEA Handling, dal momento che nessun operatore fornisce esattamente la gamma di servizi attualmente forniti da SEA Handling, pur avendo la stessa «natura» di quest’ultima, vale a dire una società collegata a un gestore aeroportuale operativo in regime di separazione societaria. Senza contare che SEA ritiene che la Commissione dovrebbe anche prendere in considerazione le modalità di attuazione della direttiva 96/67/CE per confrontare le prestazioni dei fornitori operanti su un mercato diverso dal mercato italiano. |
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(312) |
La Commissione osserva che numerosi operatori di assistenza a terra sono strutturalmente beneficiari. In ogni caso, il fatto che altri operatori di assistenza a terra possano aver subito perdite nello stesso periodo più che dimostrare la razionalità del comportamento di SEA sembra suggerire il contrario poiché qualsiasi impresa che si trovi a dover affrontare difficoltà economiche cerca di concentrarsi sul proprio core business e di cessare gli investimenti relativi ad attività che generano perdite strutturali o sono meno redditizie. Come si è già più volte ricordato, in due dei piani aziendali presentati, SEA Handling aveva sottolineato che la tendenza del mercato nel periodo in questione era quella della cessazione degli investimenti relativi alle attività di assistenza a terra da parte degli operatori aeroportuali e che gli operatori che avevano subappaltato l’assistenza a terra sono in genere più redditizi degli operatori verticalmente integrati |
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(313) |
Per motivi analoghi la Commissione deve respingere l’argomento di SEA in base al quale l’unico operatore comparabile sarebbe […] (64), che, presumibilmente, ha subito perdite nel periodo 2004-2006 (65) e non ha subappaltato l’assistenza a terra. In primo luogo, […] è ancora controllata dallo Stato per cui il suo comportamento non può essere considerato come tipico degli operatori privati (66). In secondo luogo, la Commissione non possiede informazioni che le permettano di stabilire se […] avesse ricevuto o meno per le sue attività di assistenza a terra un sostegno finanziario paragonabile per importo o per la sua durata all’aiuto ricevuto da SEA Handling. |
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(314) |
Infine, la Commissione non ritiene significativa la comparazione che SEA Handling fa con […] e […]. SEA Handling sostiene, senza fornire prove sufficienti, che tali operatori abbiano subito perdite nelle attività svolte in tali aeroporti (67). Per di più, sembrerebbe che i risultati negativi di tali operatori siano in parte una conseguenza degli aiuti ottenuti da SEA Handling. Se quest’ultima non avesse beneficiato dei ripetuti apporti di capitale di SEA, sarebbe fallita o sarebbe stata ristrutturata più a fondo e più rapidamente di quanto non sia avvenuto. Conseguentemente, la struttura del mercato sarebbe stata modificata e i concorrenti avrebbero avuto una possibilità di aumentare la loro quota di mercato migliorando i loro risultati. |
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(315) |
In conclusione, alla luce di quanto precede, la Commissione ritiene che gli apporti di capitale in questione non soddisfino il test dell’investitore privato e abbiano pertanto attribuito a SEA Handling un vantaggio che l’impresa non avrebbe ottenuto in normali condizioni di mercato. |
8.2.4. SULLE CONDIZIONI DI INCIDENZA SUGLI SCAMBI TRA STATI MEMBRI E DI DISTORSIONE DELLA CONCORRENZA
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(316) |
La Commissione ritiene che le misure in esame incidano sugli scambi tra Stati membri e falsino o minaccino di falsare la concorrenza nel mercato interno, poiché favoriscono un’unica impresa, in concorrenza con gli altri fornitori di servizi di assistenza a terra negli aeroporti di Malpensa e Linate, nonché con tutti i fornitori autorizzati ad operarvi, molti dei quali operanti in più Stati membri, in particolare dopo l’entrata in vigore della liberalizzazione del settore nel 2002. |
8.2.5. CONCLUSIONE
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(317) |
Considerato quanto precede, la Commissione ritiene che le misure di ripianamento delle perdite adottate da SEA a favore di SEA Handling costituiscano un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE. |
8.3. COMPATIBILITÀ DELL’AIUTO CON IL MERCATO INTERNO
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(318) |
Poiché ritiene che le misure in oggetto costituiscano aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE, la Commissione ne ha esaminato l’eventuale compatibilità alla luce delle deroghe di cui ai paragrafi 2 e 3 del predetto articolo. |
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(319) |
Le disposizioni del paragrafo 2 dell’articolo 107 TFUE non sono evidentemente applicabili considerata la natura delle misure in oggetto, né sono state invocate dall’Italia e da SEA. |
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(320) |
Per quanto riguarda il paragrafo 3 dell’articolo 107 TFUE, nella sua decisione di avviare il procedimento di indagine formale, la Commissione ha già espresso dubbi circa la compatibilità delle misure alla luce degli orientamenti relativi al settore aeroportuale. Tali orientamenti relativi al settore aeroportuale determinano in che misura e a quali condizioni la Commissione valuta il finanziamento pubblico dei servizi aeroportuali alla luce delle regole e delle procedure in materia di aiuti di Stato. |
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(321) |
Per quanto riguarda il sovvenzionamento dei servizi aeroportuali, gli orientamenti di cui sopra fanno riferimento alla direttiva 96/67/CE, secondo la quale, oltre i 2 milioni di passeggeri, l’attività di fornitura dei servizi di assistenza a terra deve essere autosufficiente, indipendentemente dagli altri redditi commerciali dell’aeroporto sotto forma di risorse pubbliche attribuitegli in quanto autorità aeroportuale o gestore di un servizio di interesse economico generale. |
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(322) |
Va quindi constatato che il sovvenzionamento di tali attività da parte di autorità pubbliche è contrario agli obiettivi stabiliti dalla direttiva 96/67/CE e potrebbe pertanto avere un effetto negativo sulla liberalizzazione di tale mercato. |
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(323) |
Alla luce di quanto sopra, la Commissione ritiene che gli aiuti non possano essere dichiarati compatibili con il mercato interno sulla base degli orientamenti relativi al settore aeroportuale. |
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(324) |
In via subordinata, le autorità italiane hanno chiesto alla Commissione di valutare la compatibilità degli aiuti ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE e degli orientamenti sulla ristrutturazione del 2004. Le autorità italiane non hanno invocato altre basi giuridiche atte a dimostrare la compatibilità degli aiuti in questione con il mercato interno sulla base delle disposizioni dell’articolo 107, paragrafo 3, né hanno fornito alla Commissione elementi atti a dimostrare tale compatibilità. Le autorità italiane hanno infatti dichiarato che gli orientamenti relativi al settore aeroportuale non sono applicabili nel caso di specie per valutare la compatibilità delle misure in oggetto. Di conseguenza, la Commissione deve analizzare gli argomenti sollevati dalle autorità italiane per dimostrare la compatibilità degli aiuti sulla ristrutturazione. |
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(325) |
Conformemente alle disposizioni di cui al punto 104 degli orientamenti sulla ristrutturazione del 2004:
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(326) |
Gli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 2004 sono stati pubblicati il 1o ottobre 2004. |
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(327) |
Dal momento che la Commissione ritiene che la misura in questione debba essere intesa come una serie di decisioni relative all’apporto di capitali a favore di SEA Handling al fine di coprire le sue perdite operative man mano che si verificavano e non come uno o due aiuti alla ristrutturazione da concedere a rate (come sembrano sostenere le autorità italiane, cfr. il punto 84), la compatibilità di tali misure deve essere esaminata alla luce degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 1999 e del 2004, in funzione del fatto che siano state stabilite in maniera vincolante prima o dopo il 1o ottobre 2004 (68). |
Ammissibilità dell’impresa
Misure concesse prima del 1o ottobre 2004
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(328) |
Sulla base delle motivazioni di cui ai punti 174 - 180, la Commissione ritiene che SEA Handling possa essere considerata un’impresa in difficoltà ai sensi degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 1999. |
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(329) |
Conformemente alle disposizioni di cui al punto 7 di tali orientamenti, le imprese di nuova costituzione sono escluse dagli aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione. Tuttavia, gli orientamenti stabiliscono che la costituzione da parte di un’impresa di una società controllata, al solo fine di riceverne gli attivi ed eventualmente il passivo non è considerata come la costituzione di una nuova impresa. Dal momento che SEA Handling è stata creata a seguito di una separazione da SEA per la fornitura di servizi di assistenza a terra, la Commissione ritiene che essa non si configuri come un’impresa di nuova costituzione ai sensi di tali orientamenti. |
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(330) |
Inoltre, le difficoltà finanziarie di SEA Handling non derivano da una ripartizione arbitraria dei costi all’interno del gruppo. Non sono in alcun modo imputabili alla società holding SEA, bensì dovute per lo più al costo eccessivo della manodopera, che ha fatto sì che l’impresa non riuscisse a pareggiare il bilancio. |
Misure concesse dopo il 1o ottobre 2004
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(331) |
La Commissione osserva che la situazione finanziaria dell’impresa non è migliorata nel 2004 rispetto al 2002. Infatti, come illustrato ai punti 181 - 184, l’impresa si trovava ancora a far fronte a difficoltà finanziarie nel 2004 e deve essere considerata un’impresa in difficoltà sulla base degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 2004. |
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(332) |
Il punto 13 di tali orientamenti stabilisce che le imprese di nuova costituzione sono escluse dagli aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione. Tale sarebbe il caso di un’impresa nuova che emergesse a seguito della liquidazione di un’impresa o società precedente e che rilevasse gli attivi di tale impresa. In linea di massima, l’impresa sarebbe considerata di nuova costituzione nei primi tre anni successivi all’avvio delle operazioni nel settore rilevante di attività. |
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(333) |
Per i motivi menzionati al punto 330, la Commissione ritiene che SEA Handling non possa essere considerata un’impresa di nuova costituzione. La Commissione osserva, in proposito, che le autorità italiane hanno affermato nell’ultima lettera che SEA Handling si configura come un’impresa di nuova costituzione ai sensi degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 2004 in quanto è stata creata a seguito di una separazione del preesistente ramo di azienda di SEA per la fornitura di servizi di assistenza a terra e ha quindi rilevato gli attivi e i passivi della società madre per quanto riguarda la fornitura di servizi di assistenza a terra. |
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(334) |
Parimenti si applicano le considerazioni di cui al punto 331. |
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(335) |
La Commissione conclude, pertanto, che SEA Handling poteva beneficiare di aiuti alla ristrutturazione sia conformemente agli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 1999 che conformemente a quelli del 2004. |
Ripristino della redditività a lungo termine
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(336) |
Sulla base degli orientamenti sulla ristrutturazione 2004. «[la]concessione dell’aiuto deve essere subordinata alla realizzazione del piano di ristrutturazione, che per tutti gli aiuti individuali deve essere approvato dalla Commissione…» (punto 34 degli orientamenti sulla ristrutturazione 2004 e punto 31 degli orientamenti sulla ristrutturazione 1999). Inoltre «Gli aiuti per la ristrutturazione devono perciò essere collegati ad un piano di ristrutturazione realizzabile, che impegni lo Stato membro. Il piano deve essere presentato alla Commissione corredato di tutte le informazioni utili…» (punto 35 degli orientamenti sulla ristrutturazione 2004 e punto 32 degli orientamenti sulla ristrutturazione 1999). |
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(337) |
In primo luogo, i «piani di ristrutturazione» citati dalle autorità italiane sono il «Piano aziendale consolidato 2002-2006», il «Piano aziendale 2003-2007 di SEA», il «Piano strategico 2007-2012, il «Piano strategico 2009-2016» e il «Piano aziendale 2011-2013». La Commissione ritiene che nessuno di questi soddisfi i criteri fissati dagli orientamenti, conformemente alla sua valutazione di questi documenti menzionati ai punti 269-296 della presente decisione. |
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(338) |
In particolare, il punto 35 degli orientamenti sulla ristrutturazione 2004 precisa: «Il piano di ristrutturazione, la cui durata deve essere la più limitata possibile, deve permettere di ripristinare la redditività a lungo termine dell’impresa entro un lasso di tempo ragionevole e sulla base di ipotesi realistiche circa le condizioni operative future. Gli aiuti per la ristrutturazione devono perciò essere collegati ad un piano di ristrutturazione realizzabile […] corredato di tutte le informazioni utili, tra cui in particolare uno studio di mercato. Il miglioramento della redditività deve essere soprattutto il risultato delle misure di risanamento interne contenute nel piano di ristrutturazione; potrà basarsi su fattori esterni, quali variazioni dei prezzi e della domanda, su cui l’impresa non può esercitare un’influenza di rilievo, ma solo ove si tratti di previsioni di mercato generalmente accettate». Il punto 32 degli orientamenti sulla ristrutturazione del 1999 contiene una disposizione analoga. |
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(339) |
La Commissione osserva che sia il Piano aziendale consolidato 2002-2006 sia i piani menzionati per il periodo successivo al 2007 (69) riguardano il gruppo SEA nel suo complesso (ad eccezione del piano aziendale 2003-2007) e contengono solamente qualche riferimento a SEA Handling. Pertanto, essi non possono essere considerati piani di ristrutturazione di SEA Handling conformemente agli orientamenti. Non contengono peraltro tutte le informazioni necessarie secondo quanto richiesto dagli orientamenti: non è presente una descrizione dettagliata delle circostanze all’origine delle difficoltà dell’impresa, né uno studio di mercato. Inoltre, i suddetti piani non contengono una descrizione dettagliata delle misure necessarie per permettere di ripristinare la redditività a lungo termine dell’impresa entro un lasso di tempo ragionevole e, peraltro, prevedono un miglioramento della redditività principalmente grazie a misure esterne riguardanti l’aumento degli introiti (in particolare il piano aziendale 2003-2007) senza alcuna dimostrazione che le ipotesi avanzate sull’evoluzione del mercato siano generalmente accettate. |
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(340) |
Anche considerando i brevi passaggi riferiti specificamente a SEA Handling all’interno di questi documenti, la Commissione osserva che questi non contengono calendari indicanti i tempi ragionevolmente necessari per il ripristino della redditività a lungo termine di SEA Handling, né la durata di un’eventuale ristrutturazione di SEA Handling. Le misure di ristrutturazione sono peraltro troppo poco particolareggiate per soddisfare i requisiti degli orientamenti. |
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(341) |
Ne risulta che gli aiuti in questione sono stati concessi prima di essere notificati e in assenza di un piano di ristrutturazione tale da soddisfare le condizioni degli orientamenti sulla ristrutturazione. Di conseguenza, essi non sono subordinati alla realizzazione di un siffatto piano di ristrutturazione come stabilito ai punti 34 e 35 degli orientamenti sulla ristrutturazione del 2004 o ai punti 31 e 32 degli orientamenti sulla ristrutturazione del 1999. Questa circostanza è sufficiente ad escluderne la compatibilità con il mercato interno (70). |
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(342) |
In secondo luogo, occorre sottolineare che, vista la mancata notifica degli aiuti e di un piano di ristrutturazione realizzabile, la Commissione non ha avuto l’occasione di imporre le condizioni e gli obblighi che ritenesse necessari per l’autorizzazione degli aiuti (71), né è stata in grado di controllare il corretto avanzamento del piano di ristrutturazione, sulla base di relazioni regolari e dettagliate (72). |
Prevenzione di indebite distorsioni della concorrenza
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(343) |
Ai sensi del punto 38 degli orientamenti sulla ristrutturazione 2004, «devono essere adottate misure compensative per minimizzare il più possibile gli effetti negativi sulle condizioni degli scambi, in modo che prevalgano gli effetti positivi. In caso contrario, gli aiuti verranno considerati “contrari al comune interesse” e quindi incompatibili con il mercato comune». Il punto 35 degli orientamenti sulla ristrutturazione del 1999 contiene disposizioni analoghe. |
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(344) |
Le autorità italiane e SEA Handling hanno sostenuto che le misure di aiuto non avrebbero causato una distorsione della concorrenza nel mercato dei servizi di assistenza a terra, in quanto erano necessarie per soddisfare le condizioni della liberalizzazione del mercato conformemente al decreto legislativo n. 18/99 in applicazione della direttiva 96/67/CE. |
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(345) |
Hanno poi stimato che sono state adottate misure adeguate di accompagnamento dell’aiuto al fine di evitare un’eventuale distorsione della concorrenza. |
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(346) |
Secondo le autorità italiane, la prima misura sarebbe consistita in una riduzione della capacità di SEA Handling, in particolare in termini di manodopera, attraverso la graduale riduzione del personale tra il 2003 e il 2010. |
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(347) |
La seconda misura sarebbe consistita nella riduzione della presenza di SEA Handling sul mercato, mediante una riduzione del suo campo di attività. In particolare, SEA Handling ha cessato le sue attività di manutenzione degli aeromobili e di ticketing (biglietteria), nonché alcune attività secondarie come la pulizia delle cabine e l’assistenza ai passeggeri minorenni, che dal 2004 sono state affidate ad operatori terzi. SEA Handling ha altresì ceduto a SEA nel 2004 le operazioni di sbrinamento. |
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(348) |
La terza misura sarebbe consistita nei tentativi di vendere una quota di minoranza in SEA Handling che, se avessero avuto esito positivo, avrebbero avuto come risultato l’ingresso di un nuovo concorrente sul mercato. |
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(349) |
Infine, le autorità italiane ritengono che l’elevato grado di liberalizzazione del mercato dei servizi di assistenza a terra in Italia avrebbe reso necessarie le misure di compensazione delle perdite per garantire la continuità e la qualità di tutti i servizi di assistenza e per adattarsi gradualmente alla nuova situazione. Nel complesso, gli aiuti avrebbero quindi permesso una transizione verso un mercato concorrenziale, in modo ordinato ed evitando così conseguenze negative per i passeggeri. |
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(350) |
La Commissione ricorda che «ai fini della valutazione delle misure compensative, la cancellazione dei debiti e la chiusura di attività in perdita che fossero comunque necessarie per ripristinare la redditività non saranno considerate come misure per la riduzione delle capacità o della presenza sul mercato» (73). A tale titolo, essa ritiene che la seconda misura non costituisca una misura «compensativa», ma parte integrante, anzi essenziale, della ristrutturazione propriamente detta. Come suggerito dalle autorità italiane, queste attività non fanno parte del core business di SEA Handling e la loro cessione non può pertanto essere considerata una contropartita appropriata tale da garantire una riduzione significativa della presenza sul mercato di cui trattasi (74). |
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(351) |
Analogamente, la riduzione di capacità, in particolare in termini di manodopera, è un elemento essenziale per il ripristino della redditività dell’impresa, visto l’importo molto elevato delle spese per il personale di SEA Handling, in particolare rispetto al suo fatturato, e non può essere vista come contropartita per l’aiuto concesso. |
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(352) |
Per quanto riguarda la volontà di cessione di una quota di minoranza, la Commissione osserva che a oggi sono state indette solo due procedure competitive (75). Peraltro tale progetto di cessione è attualmente subordinato al ripristino della redditività e non costituisce quindi una contropartita per la ristrutturazione. In ogni caso, in circa dieci anni non è avvenuta alcuna cessione del capitale di SEA Handling e pertanto la volontà di cessione non può essere considerata una contropartita degli aiuti in questione. |
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(353) |
Infine, per quanto riguarda il fatto che gli aiuti avrebbero garantito la transizione verso un mercato concorrenziale, la Commissione ritiene che il recepimento nell’ordinamento italiano della direttiva 96/67/CE non presuppone che aiuti di Stato possano compensare taluni operatori, in questo caso SEA Handling, in modo da favorirne l’adeguamento nel corso di un certo periodo, la cui durata esatta non è stata del resto menzionata dalle autorità italiane. |
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(354) |
Queste circostanze sono sufficienti a escludere la compatibilità degli aiuti con il mercato interno. |
Aiuto limitato al minimo
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(355) |
Conformemente alle disposizioni di cui al punto 43 degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 2004 e del punto 40 degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 1999, al fine di limitare l’importo dell’aiuto al minimo indispensabile dei costi di ristrutturazione si rende necessario un considerevole contributo al piano di ristrutturazione da parte delle risorse proprie del beneficiario. Rientrano in tale ottica la vendita degli attivi non indispensabili per la sopravvivenza dell’impresa e i finanziamenti esterni al mercato. Di norma, per le grandi imprese la Commissione considera adeguato un contributo alla ristrutturazione pari ad almeno il 50 %. |
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(356) |
La Commissione osserva che le autorità italiane non hanno fornito alcuna informazione in merito a significativi contributi alla ristrutturazione da parte di SEA Handling. Il fatto che nessun investitore privato abbia contribuito finanziariamente alla ristrutturazione di SEA Handling costituisce un ulteriore indicatore del fatto che il mercato non credeva alla fattibilità del ritorno alla redditività dell’impresa (punto 43 degli orientamenti del 2004). |
Il principio dell’una tantum
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(357) |
Infine, per poter essere considerato compatibile, un aiuto alla ristrutturazione deve rispettare il principio dell’una tantum. Il punto 43 degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 1999 e il punto 72 al punto 43 degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà del 2004 prevedono che un’impresa che abbia ottenuto un aiuto alla ristrutturazione negli ultimi dieci anno non possa beneficiare di ulteriori aiuti alla ristrutturazione. Su tale base, la Commissione conclude che l’aiuto alla ristrutturazione concesso a SEA Handling dopo il primo apporto di capitale del 2002 è incompatibile con il mercato interno anche perché non ha rispettato il principio dell’una tantum. Lo stesso si applicherebbe all’aiuto ottenuto nel 2007 se si prendesse in considerazione il fatto che SEA ha preso due decisioni vincolati ai fini dell’erogazione dell’aiuto a rate in diversi anni, come sembrano affermare le autorità italiane (cfr. il punto 223). |
Conclusioni
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(358) |
Da quanto precede risulta che le misure di aiuto non soddisfano le condizioni stabilite negli orientamenti relativi al settore aeroportuale e negli orientamenti sulla ristrutturazione del 1999 e del 2004 per garantire la compatibilità di un aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE. |
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(359) |
Di conseguenza, gli aiuti in questione non sono compatibili con il mercato interno. |
8.4. RECUPERO
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(360) |
La Commissione ricorda che, in forza dell’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 659/1999, ogni aiuto illecito e incompatibile con il mercato interno deve essere recuperato presso il beneficiario. |
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(361) |
Poiché sono stati illecitamente concessi a SEA Handling e sono incompatibili con il mercato interno, gli aiuti in questione devono essere recuperati presso quest’ultima. |
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(362) |
La Commissione ricorda che, data la situazione finanziaria gravemente compromessa di SEA Handling e l’assenza di prospettive di redditività degli apporti in questione, un investitore privato non avrebbe effettuato gli apporti di capitale in questione e SEA Handling non avrebbe di conseguenza ricevuto i fondi di cui trattasi sul mercato. Considerato che il rendimento ottenuto dagli investimenti in capitale è un fattore della redditività del modello imprenditoriale dell’impresa, un investitore privato non effettuerebbe l’investimento se non fosse sicuro che l’impresa lo risarcirà adeguatamente per il rischio che corre. Pertanto, la Commissione ritiene l’impresa non sarebbe stata in grado di incrementare il proprio capitale sul mercato dei capitali perché il rendimento previsto non le dava la possibilità di offrire tale maggior rendimento a nessun investitore. La situazione controfattuale, cioè la situazione di assenza di aiuto che il recupero intende ripristinare o realizzare, è pertanto l’assenza di qualsiasi investimento di capitali (76). Infatti, sulla base della giurisprudenza consolidata «relativamente ad una partecipazione al capitale, la Commissione può considerare che l’eliminazione del vantaggio concesso implica la restituzione dell’apporto di capitale» (77) L’importo dell’aiuto da recuperare è dunque l’importo intero degli aumenti di capitale. |
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(363) |
Ai fini di tale recupero, si deve inoltre tenere conto degli interessi decorrenti dalla data in cui l’aiuto è stato posto a disposizione della società, vale a dire alla data effettiva di ogni aumento di capitale, fino a quella del suo effettivo recupero (78). |
8.5. CONCLUSIONE
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(364) |
La Commissione constata che l’Italia ha concesso illegittimamente aiuti consistenti in una serie di aumenti di capitale effettuati da SEA a favore della sua controllata SEA Handling con l’obiettivo di ripianare le perdite della controllata, in violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE. |
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(365) |
L’Italia deve pertanto adottare tutte le misure necessarie per il recupero di tali aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno presso il beneficiario, vale a dire SEA Handling. |
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Gli aumenti di capitale effettuati da SEA a favore della sua controllata SEA Handling per ciascuno degli esercizi del periodo 2002-2010 (per un importo cumulato stimato pari a 359,644 milioni di EUR, esclusi gli interessi di recupero) costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107 del TFUE.
Articolo 2
Detti aiuti di Stato, concessi in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del TFUE, sono incompatibili con il mercato interno.
Articolo 3
1. L’Italia procede al recupero degli aiuti di cui all’articolo 1 presso il beneficiario.
2. Le somme da recuperare comprendono gli interessi che decorrono dalla data in cui sono state poste a disposizione del beneficiario fino a quella del loro effettivo recupero.
3. Gli interessi sono calcolati secondo il regime dell’interesse composto a norma del capo V del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione (79).
Articolo 4
1. Il recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1 è immediato ed effettivo.
2. L’Italia garantisce l’attuazione della presente decisione entro quattro mesi dalla data della sua notifica.
Articolo 5
1. Entro due mesi dalla notifica della presente decisione, l’Italia trasmette le seguenti informazioni alla Commissione:
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a) |
l’importo complessivo (capitale e interessi) che deve essere recuperato presso il beneficiario; |
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b) |
una descrizione dettagliata delle misure già adottate e previste per conformarsi alla presente decisione; |
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c) |
i documenti attestanti che al beneficiario è stato imposto di rimborsare l’aiuto. |
2. L’Italia informa la Commissione dei progressi delle misure nazionali adottate per l’attuazione della presente decisione fino al completo recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1. Trasmette immediatamente, dietro semplice richiesta della Commissione, le informazioni relative alle misure già adottate e previste per conformarsi alla presente decisione. Fornisce inoltre informazioni dettagliate riguardo all’importo dell’aiuto e degli interessi già recuperati presso il beneficiario.
Articolo 6
La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 19 dicembre 2012
Per la Commissione,
Joaquín ALMUNIA
Vicepresidente
(1) GU L 1 del 3.1.1994, pag. 3.
(2) GU C 184 del 22.7.2008, pag. 34.
(3) Regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell'articolo 93 del trattato CE (GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1).
(4) GU C 29 del 29.1.2011, pag. 10.
(*1) Informazioni coperte dal segreto professionale.
(5) Gazzetta ufficiale n. 28 del 4 febbraio 1999.
(6) Direttiva 96/67/CE del Consiglio del 15 ottobre 1996 relativa all'accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità (GU L 272 del 25.10.1996, pag. 36).
(7) L’articolo 4 della direttiva 96/67/CE dispone che « l’ente di gestione di un aeroporto, l’utente o il prestatore di servizi che forniscono servizi di assistenza a terra devono operare una netta separazione a livello contabile, secondo le vigenti prassi commerciali, tra le attività legate alla fornitura di tali servizi e le altre loro attività. L’effettiva separazione contabile deve essere controllata da un verificatore indipendente designato dallo Stato membro. Egli verifica anche l’assenza di flussi finanziari tra l’attività dell’ente di gestione in quanto autorità aeroportuale e la sua attività di assistenza a terra ».
(8) Il 1o dicembre 2011 la Commissione ha adottato il pacchetto «Migliorare gli aeroporti». Tale pacchetto comprende la proposta di rivedere le regole sull’assistenza a terra e in particolare proposte mirate a migliorare la qualità e l’efficacia dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti. La proposta prevede inoltre la separazione giuridica delle attività di assistenza a terra dalla gestione aeroportuale. Un’altra misura prevista è l’aumento da due a tre del numero minimo di prestatori di servizi di assistenza a terra a disposizione dei vettori aerei negli aeroporti di grandi dimensioni per i principali servizi di assistenza a terra ancora oggetto di restrizioni, vale a dire i servizi di gestione dei bagagli, assistenza sulla rampa, assistenza carburante e olio e servizi merci e posta.
(9) La società SEA Handling S.r.l., esistente prima della creazione di SEA Handling, è stata costituita nel 1998, ma non è mai stata operativa.
(10) Bilancio al 31 dicembre di ogni anno.
(1) Gli aumenti di capitale al fine di controbilanciare le perdite operative non sono stati necessariamente effettuati tutti nel corso di un determinato anno. Per esempio, il primo aumento di capitale, avvenuto nel 2003 e pari a un importo di 24,879 milioni di EUR, è risultato dal parziale ripianamento delle perdite subite nel 2002. Invece, il secondo aumento di capitale di 24,252 milioni di EUR risulta dal parziale ripianamento delle perdite subite nel 2003.
(11) L’accordo è stato concluso il 26 marzo 2002 tra i sindacati, SEA SpA e il Comune di Milano.
(12) Comunicato stampa del consigliere comunale di Milano, Marco Cormio, del 7 novembre 2006, di cui è stata trasmessa copia alla Commissione.
(13) Le fonti delle tabelle e dei grafici di questa sezione sono costituite dalla documentazione fornita da SEA.
(14) Punti 42 e 102 della decisione nonché titolo 5 della decisione.
(15) Sentenza del 16 maggio 2002 nella causa C-482/99, Francia/Commissione (Raccolta 2002, pag. I-4397).
(16) Documento «Piano aziendale consolidato del gruppo SEA 2002-2006» fornito dalle autorità italiane.
(17) Sentenza del 21 marzo 1991 nella causa C-303/88, Italia/Commissione (Raccolta 1991, pag. I-1433).
(18) GU C 312 del 9.12.2005, pag. 1.
(19) Orientamenti relativi al settore aeroportuale, paragrafo 70.
(20) In seguito a questa osservazione, nella sua lettera dell’11 luglio 2011 la Commissione ha fatto riferimento al punto 42 della decisione, in cui si precisa che «la Commissione ritiene pertanto necessario esaminare il periodo 2002-2010 al fine di verificare se in quegli anni SEA Handling ha ricevuto aiuti di Stato illegali sotto forma di compensazione di perdite» La Commissione ha confermato quindi che «l’arco di tempo considerato va dal 2002 al periodo più recente e che le richieste di informazioni summenzionate sono tuttora valide».
(21) Sentenza del Tribunale del 26 giugno 2008 nella causa T-442/03, SIC/Commissione, punto 126.
(22) Cfr. sentenza del 12 dicembre 2000 nella causa T-296/97, Alitalia, punto 81.
(23) Cfr. sentenza del 21 marzo 1991 nella causa C-305/89, ALFA Romeo, punto 20.
(24) Cfr. sentenza del 3 luglio 2003 nelle cause riunite C-83/01, C-93/01 e C-94/01, Chronopost, punti 33-38.
(25) Sentenza della Corte del 21 marzo 1991 nella causa C-305/89, Italia/Commissione (ALFA Romeo) (Raccolta 1991, pag. I-1603, punto 20).
(26) Sentenza della Corte del 21 marzo 1991 nella causa C-303/88, Italia/Commissione (Raccolta 1991, pag. I-1433, punto 21).
(27) La Commissione suppone che le autorità italiane si riferiscano in realtà all’accordo sindacale del 4 aprile 2002 sopra citato.
(28) GU C 244 dell’1.10.2004, pag. 2.
(29) Gazzetta ufficiale C 288 del 9.10.1999, pag. 2.
(30) Sentenza del Tribunale (Quarta camera) del 3 marzo 2010 Freistaat Sachsen (Germania) (T-102/07), MB Immobilien Verwaltungs GmbH and MB System GmbH & Co. KG (T-120/07)/Commissione europea [2010] ECR II-585.
(31) Causa T-565/08: Sentenza del Tribunale dell’11 settembre 2012 — Corsica Ferries France/Commissione (Raccolta 2005, pag. II-2197, punto 105).
(32) Cfr. nota 32.
(33) Per esempio, l’allegato 12 delle osservazioni delle autorità italiane del 14 novembre 2011.
(34) Evidentemente, il miglioramento della situazione economica dell’impresa che può risultare dall’eventuale concessione ripetuta di aiuti di Stato incompatibili non può essere invocato per dimostrare che l’impresa ha superato le proprie difficoltà finanziarie. Tali aiuti dovrebbero infatti essere concessi solo se compatibili con il trattato e nel rispetto della procedura prevista dall’articolo 108, paragrafo 3, del TFUE.
(35) Cfr., ad esempio, la sentenza della Corte del 10 gennaio 2006 nella causa C-222/04, ministero dell’Economia e delle Finanze/Cassa di Risparmio di Firenze (Raccolta 2006, pag. I-289, punto 129).
(36) Sentenza «Stardust Marine».
(37) Nel dicembre 2011 il 29,75 % del capitale della società SEA è stato venduto al fondo privato F2i (Fondi italiani per le infrastrutture).
(38) Sentenza Stardust Marine, punti 52 e 53.
(39) Sentenza Stardust Marine, punto 56.
(40) In particolare, l’accordo sindacale stipulato il 26 marzo 2002 tra l’Amministrazione del Comune di Milano, SEA e le organizzazioni sindacali, il verbale di accordo tra SEA e le organizzazioni sindacali datato 4 aprile 2002, nonché il verbale di accordo tra SEA, SEA Handling e le organizzazioni sindacali datato 9 giugno 2003.
(41) Cfr. l’ultimo considerando («premessa») del verbale dell’accordo sindacale tra SEA e i sindacati del 4 aprile 2002. L’idea che gli impegni assunti da SEA nei confronti di SEA Handling siano garantiti dall’azionista di maggioranza è ribadita anche al quarto considerando e alla fine della sezione 2 del medesimo documento.
(42) Queste sezioni della decisione di avvio del procedimento devono essere considerate come facenti parte integrante della presente decisione.
(43) La Commissione rinvia agli articoli di stampa menzionati al punto 67 della decisione di avvio del procedimento. Cfr. anche La Repubblica, 25 febbraio 2006, SEA, nuovo attacco della Provincia; L’Unità, 25 febbraio 2006, SEA, Penati chiede le dimissioni del consiglio.
(44) Cfr. http://archiviostorico.corriere.it/2006/novembre/17/articoli_del_17_novembre_2006.html
(45) Conclusioni nella causa «Stardust Marine», punto 68).
(46) Sentenza Stardust Marine, punto 56.
(47) Conclusioni dell’avvocato generale F.G. Jacobs, presentate il 13 dicembre 2001 nella causa Stardust Marine, punto 67.
(48) Cfr., in particolare, sentenza della Corte del 14 settembre 1994 nelle cause riunite C-278/92, C-279/92 e C-280/92, Spagna/Commissione (Raccolta 1994, pag. I-4103, punti 20-22).
(49) Cfr., ad esempio, sentenza della Corte del 21 marzo 1991 nella causa C-303/88, Italia/Commissione (Raccolta 1991, pag. I-1433, punti 21 e 22).
(50) Sentenza Stardust Marine, punto 71.
(51) Sentenza del 5 giugno 2012 nella causa C-124/10 P, Commissione/EDF, punti 85 e 104.
(52) Sentenza del Tribunale di primo grado del 12 dicembre 1996 nella causa T-358/94, Compagnie nationale Air France/Commissione (Racc. 1996, pag. II-02109, punto 79).
(53) L’unico impegno che potrebbe essere interpretato in questo senso è quello assunto con il Comune nell’accordo del 26 marzo 2002 con il quale il Comune ha confermato che «SEA manterrà l’equilibrio costi/ricavi e il quadro economico in generale». Un tale impegno non si riferisce a importi precisi previsti da un piano aziendale determinato e le autorità italiane hanno sostenuto che esso non è giuridicamente vincolante.
(54) Sentenze del 14 gennaio 2004 nella causa T-109/01, Fleuren Compost BV/Commissione (Raccolta 2004, pag. II-127, punto 74), del 2 dicembre 2008 nelle cause riunite T-362/05 e T-363/05, Nuova Agricast e a./Commissione (Raccolta 2008, pag. II-297, punto 80), e del 30 novembre 2009 nelle cause riunite T-427/04 e T-17/05, France e France Télécom/Commissione (Raccolta 2009, pag. II-4315, punto 321).
(55) Sentenza del 15 settembre 1998 nella causa T-11/95, BP Chemicals/Commissione (Raccolta 1998, pag. II-3235, punto 171). Alla luce di quanto precede nella presente decisione, la Commissione valuterà la compatibilità delle misure esaminate con il criterio dell’investitore privato in maniera globale, salvo concentrarsi su momenti precisi quando lo ritenga necessario per analizzare gli argomenti che le sono stati presentati o per altre ragioni.
(56) Per un’analisi del Piano aziendale consolidato 2002-2006 si vedano i punti 269-271.
(57) Piano strategico 2007-2012, pag. 5, e piano strategico 2009-2016, pag. 9.
(58) Sentenza della Corte del 21 marzo 1991 nella causa C-303/88, Italia/Commissione (Raccolta 1991, pag. I-1433, punti 21 e 22).
(59) Sentenza della Corte del 21 marzo 1991 nella causa C-303/88, Italia/Commissione (Raccolta 1991, pag. I-1433, punto 21).
(60) Cfr. sentenza del Tribunale dell’11 settembre 2012 nella causa T-565/08, Corsica Ferries/Commissione (punti 101-108).
(61) Come previsto nel «Piano aziendale 2003-2007» di SEA Handling.
(62) Il mantenimento fino al 2010 delle quote di mercato al livello del 2005, ossia al 76,65 %, è meramente ipotetico.
(63) Sentenza della Corte del 5 giugno 2012 — Commissione europea/Électricité de France (EDF), causa C-124/10 P, punti 85 e 104.
(64) […].
(65) Osservazione di SEA Handling del 21 marzo 2011, punti 99 e 100.
(66) Si veda: […].
(67) Osservazione di SEA Handling del 21 marzo 2011, punto 105.
(68) È opportuno sottolineare che se l’affermazione delle autorità italiane fosse fondata, si applicherebbero solo gli orientamenti del 2004, ma non cambierebbe la valutazione della compatibilità.
(69) Ossia l’«Executive Summary — Linee guida del Piano strategico 2007-2012 del gruppo SEA», il «Piano strategico 2009-2016» e il «Piano aziendale SEA 2011-2013».
(70) Cfr., ad esempio, sentenza della Corte EFTA dell’8 ottobre 2012, Hurtigruten/EFTA Surveillance Authority, punti 228, 234-240.
(71) Punti 46-48 degli orientamenti.
(72) Punti 49-51 degli orientamenti.
(73) Orientamenti, punto 40.
(74) Sentenza del Tribunale del 4 febbraio 2012 nelle cause riunite T-115/09 e T-116/09, Electrolux/Commissione, punti 51-58.
(75) Come indicato dalle autorità italiane, una è stata indetta nel 2001 e l’altra nel 2007.
(76) Decisione 2012/252/UE della Commissione, del 13 luglio 2011, relativa all’aiuto di Stato C 6/08 (ex NN 69/07) attuato dalla Finlandia a favore di Ålands Industrihus Ab (GU L 125 del 12.5.2012, pag. 33).
(77) Sentenza del Tribunale del 30 aprile 1998 nella causa T-16/96, Cityflyer/Commissione (Raccolta 1998, pag. II-757, punto 56).
(78) Cfr. articolo 14, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 659/99 (citato).
(79) Regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione, del 21 aprile 2004, recante disposizioni di esecuzione del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE (GU L 140 del 30.4.2004, pag. 1).