18.6.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
L 166/24 |
DECISIONE DELLA COMMISSIONE
del 19 dicembre 2012
relativa all’aiuto di Stato SA.20829 (C 26/2010, ex NN 43/2010 (ex CP 71/2006)) Regime riguardante l'esenzione dall'ICI per gli immobili utilizzati da enti non commerciali per fini specifici cui l'Italia ha dato esecuzione
[notificata con il numero C(2012) 9461]
(Il testo in lingua italiana è il solo facente fede)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2013/284/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 108, paragrafo 2, primo comma,
visto l’accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l’articolo 62, paragrafo 1, lettera a),
dopo aver invitato gli interessati a presentare osservazioni conformemente alle disposizioni succitate (1) e viste le osservazioni trasmesse,
considerando quanto segue:
1. PROCEDIMENTO
(1) |
Nel 2006 la Commissione ha ricevuto numerose denunce relative sostanzialmente a due regimi, concernenti rispettivamente l'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili e la riduzione dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e più precisamente:
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(2) |
A seguito delle denunce ricevute in merito alla sopra menzionata esenzione dall'ICI, il 5 maggio 2006 la Commissione ha inviato alle autorità italiane una prima richiesta di informazioni. Alla luce delle informazioni trasmesse dall'Italia il 6 giugno 2006 e in seguito all'entrata in vigore di alcuni emendamenti alla normativa ICI, con lettera dell'8 agosto 2006 i servizi della Commissione hanno comunicato ai denuncianti che, in base a un'analisi preliminare, non vi era motivo di proseguire con l'indagine. |
(3) |
Tuttavia, con lettera del 24 ottobre 2006 i denuncianti hanno nuovamente sottolineato la non conformità dell'esenzione dall'ICI per gli enti non commerciali con l'articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Con lettera del 14 novembre 2006 i servizi della Commissione hanno ribadito ai denuncianti che, in base alle informazioni disponibili, non vi era motivo di indagare ulteriormente su tale esenzione. |
(4) |
Nel gennaio e nel settembre 2007, rispettivamente, la Commissione ha ricevuto dai denuncianti ulteriori lettere in merito all’esenzione dall’ICI. Nella lettera del 12 settembre 2007 i denuncianti hanno attirato l'attenzione della Commissione sull'articolo 149 del Testo unico delle imposte sui redditi (in appresso «TUIR»), approvato mediante decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Detto articolo, a loro avviso, avrebbe accordato un trattamento fiscale favorevole solo agli enti ecclesiastici e alle associazioni sportive dilettantistiche. |
(5) |
Il 5 novembre 2007 la Commissione ha invitato le autorità italiane e i denuncianti a presentare ulteriori informazioni su tutte le presunte disposizioni preferenziali citate dai denuncianti. Le autorità italiane hanno fornito le informazioni richieste con lettere, rispettivamente, del 3 dicembre 2007 e del 30 aprile 2008. I denuncianti hanno trasmesso ulteriori informazioni con lettera del 21 maggio 2008. |
(6) |
Il 20 ottobre 2008 i denuncianti hanno inviato una lettera di costituzione in mora (art. 265 del trattato), chiedendo alla Commissione di avviare il procedimento di indagine formale e di adottare una decisione formale in merito alle loro denunce. |
(7) |
Il 24 novembre 2008 la Commissione ha inviato un'ulteriore richiesta di informazioni alle autorità italiane, le quali hanno risposto con lettera dell'8 dicembre 2008. |
(8) |
Con lettera del 19 dicembre 2008, i servizi della Commissione hanno informato i denuncianti che, sulla base di un'analisi preliminare, essi ritenevano che le misure contestate non sembravano configurarsi come aiuti di Stato e che non era pertanto necessario proseguire l'indagine. |
(9) |
Il 26 gennaio 2009 il Ministero delle Finanze italiano ha emanato la circolare 2/DF (in appresso, la «circolare») per chiarire il campo d'applicazione dell'esenzione dall'ICI per gli enti non commerciali. Il 2 marzo 2009 i denuncianti hanno scritto alla Commissione esprimendo la loro insoddisfazione riguardo alla legislazione allora vigente e criticando la sopra menzionata circolare. |
(10) |
L'11 gennaio 2010, a mezzo e-mail, i denuncianti hanno nuovamente chiesto alla Commissione, anche alla luce del contenuto della circolare, di avviare il procedimento di indagine formale. Avendo preso atto della circolare, il 15 febbraio 2010 i servizi della Commissione hanno inviato una lettera ai denuncianti, ribadendo le motivazioni contenute nella loro lettera del 19 dicembre 2008. |
(11) |
Il 26 aprile 2010 due denuncianti hanno proposto ciascuno un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale contro la lettera della Commissione del 15 febbraio 2010 (2). Su richiesta delle parti ricorrenti, il 18 novembre 2010 il Tribunale ha disposto la cancellazione della causa dal ruolo (3). |
(12) |
Mediante decisione del 12 ottobre 2010 (in appresso la «decisione di avvio»), la Commissione ha avviato il procedimento di indagine formale ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, del trattato, per quanto concerne l'esenzione dall'ICI per gli immobili utilizzati da enti non commerciali per fini specifici e in riferimento all'articolo 149, quarto comma, del TUIR (4). La decisione di avvio, in cui la Commissione invitava le parti interessate a presentare osservazioni, è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea (5) il 21 dicembre 2010. |
(13) |
Con lettera del 10 novembre 2010 le autorità italiane hanno chiesto alla Commissione copia delle lettere inviate ai denuncianti tra il 2006 e il 2010. Le lettere sono state trasmesse all'Italia il 2 dicembre 2010. |
(14) |
Tra il 21 gennaio 2011 e il 4 aprile 2011 la Commissione ha ricevuto osservazioni sulla decisione di avvio da 80 parti interessate, le quali figurano nell'allegato 1 della presente decisione. |
(15) |
Con lettera del 2 marzo 2011, la Commissione ha ricevuto dall'Italia osservazioni sulla decisione di avvio. Successivamente, la Commissione ha inoltrato le osservazioni dei terzi interessati alle autorità italiane, le quali hanno presentato le proprie considerazioni in merito in data 10 giugno 2011. |
(16) |
Il 19 luglio 2011 ha avuto luogo una riunione tecnica tra le autorità italiane e i servizi della Commissione. |
(17) |
Con lettera del 15 febbraio 2012, l'Italia ha comunicato alla Commissione la propria intenzione di adottare una nuova normativa in materia di imposta comunale sugli immobili e ha annunciato che, a decorrere dal 1o gennaio 2012, l'ICI era stata sostituita dall'Imposta Municipale Propria (in appresso «IMU»). |
(18) |
Successivamente all'adozione da parte dell'Italia della legge 24 marzo 2012, n. 27, che prevedeva, tra l'altro, nuove disposizioni per l'esenzione dall'IMU per gli enti non commerciali che svolgono attività specifiche, rinviando la definizione di una serie di aspetti ad un provvedimento attuativo successivo, il 16 maggio 2012 la Commissione ha inviato alle autorità italiane una richiesta di informazioni. |
(19) |
Il 27 giugno 2012 la Commissione ha ricevuto informazioni supplementari da parte dei denuncianti, tra cui osservazioni sulla nuova normativa IMU, che il 6 luglio 2012 sono state trasmesse allo Stato membro, affinché questo si potesse esprimere in proposito. |
(20) |
Con lettera del 5 settembre 2012, l'Italia ha fornito alla Commissione le informazioni richieste, oltre alle sue considerazioni sulle osservazioni dei terzi interessati che le erano state trasmesse il 6 luglio 2012. |
(21) |
Successivamente, con lettera del 21 novembre 2012, le autorità italiane hanno trasmesso alla Commissione copia del regolamento attuativo dell'IMU, adottato il 19 novembre 2012. |
2. DESCRIZIONE DELLE MISURE
2.1. Esenzione dall'imposta comunale sugli immobili per gli enti non commerciali
(22) |
Nel 1992 le autorità italiane hanno introdotto un'imposta comunale sugli immobili (ICI). Come disposto dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, soggetti passivi dell'imposta erano tutte le persone fisiche e giuridiche in possesso di immobili (per motivi di proprietà, diritto di usufrutto, uso, abitazione od enfiteusi). L'imposta doveva essere corrisposta sia da residenti che da non residenti, indipendentemente dall'uso che veniva fatto dell'immobile, ed era calcolata in base al valore catastale del fabbricato. |
(23) |
Ai sensi dell'articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92, gli immobili utilizzati da enti non commerciali destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché attività di religione e di culto, erano esenti dall'ICI. |
(24) |
Ai sensi dell'articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (6), l'esenzione di cui all'articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92 era applicabile alle attività indicate nella medesima lettera anche se di natura commerciale. L’articolo 39 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 (7) prevedeva che l’esenzione si applicasse solo a condizione che le attività in questione non avessero esclusivamente natura commerciale. |
(25) |
Le autorità italiane hanno chiarito che l'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili di cui all'articolo 7, primo comma, lettera i), si applicava solo quando ricorrevano due condizioni cumulative:
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(26) |
Con la circolare 2/DF del 26 gennaio 2009, le autorità italiane hanno precisato quali enti potessero essere considerati non commerciali e le caratteristiche che dovevano presentare le attività svolte da questi ultimi per poter beneficiare dell'esenzione in questione. |
(27) |
La circolare ricordava che gli enti non commerciali possono essere sia pubblici che privati. Più precisamente, erano considerati enti non commerciali pubblici i seguenti soggetti: lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le camere di commercio, le aziende sanitarie, gli enti pubblici istituiti esclusivamente per lo svolgimento di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie, gli enti pubblici non economici, gli istituti previdenziali e assistenziali, le Università ed enti di ricerca e le aziende pubbliche di servizi alla persona (ex IPAB). Fra gli esempi di enti non commerciali privati menzionati nella circolare figuravano: le associazioni, le fondazioni e i comitati, le organizzazioni non governative (ONG), le associazioni sportive dilettantistiche, le organizzazioni di volontariato, gli enti che acquisiscono la qualifica fiscale di Onlus e gli enti ecclesiastici, appartenenti alla Chiesa cattolica e ad altre confessioni religiose. |
(28) |
La circolare precisava altresì che le attività svolte negli immobili esenti dall'ICI di fatto non avrebbero dovuto essere disponibili sul mercato (9) oppure che avrebbero dovuto essere svolte per rispondere a bisogni socialmente rilevanti, che non sempre erano soddisfatti dalle strutture pubbliche né dagli operatori privati commerciali. |
(29) |
La circolare conteneva una serie di criteri per ciascuna delle attività elencate all’articolo 7, primo comma, lettera i), che permettevano di stabilire quando ciascuna di esse dovesse essere considerata di natura non esclusivamente commerciale (10). |
(30) |
A decorrere dal 1o gennaio 2012 l'ICI è stata sostituita dall'IMU. Nel 2012 sono state modificate anche le disposizioni relative all'imposta municipale sugli immobili per gli enti non commerciali, come illustrato alla sezione 5. |
2.2. Articolo 149 del Testo unico delle imposte sui redditi
(31) |
L'articolo 149 figura nel Titolo II, Capo III, del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR). Il Titolo II contiene disposizioni relative all'imposta sul reddito delle società e il Capo III stabilisce le disposizioni fiscali applicabili agli enti non commerciali, come le norme per il calcolo della base imponibile e per la loro tassazione (11). L'articolo 149 individua le condizioni che possono portare alla perdita della «qualifica di ente non commerciale». |
(32) |
In particolare, l'articolo 149, primo comma, del TUIR stabilisce che un ente non commerciale perde tale qualifica qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d'imposta. |
(33) |
L'articolo 149, secondo comma, del TUIR definisce la «qualifica commerciale» dell'ente in termini, ad esempio, di prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali nonché in termini di prevalenza delle immobilizzazioni relative all'attività commerciale rispetto alle restanti attività (12). La forma giuridica adottata dagli enti in questione non influisce in alcun modo sulla perdita della «qualifica di ente non commerciale». |
(34) |
L'articolo 149, quarto comma, del TUIR stabilisce che le disposizioni sopra citate (ossia l'articolo 149, primo e secondo comma) non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili e alle associazioni sportive dilettantistiche. |
3. MOTIVAZIONI PER AVVIARE IL PROCEDIMENTO DI INDAGINE FORMALE
(35) |
La Commissione ha avviato il procedimento di indagine formale per quanto concerne l'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili (esenzione dall'ICI) per gli immobili utilizzati da enti non commerciali a fini specifici, poiché la misura sembrava soddisfare le condizioni per essere considerata un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Analogamente, la Commissione ha avviato il procedimento di indagine formale per quanto riguarda l'articolo 149, quarto comma, del TUIR, il quale prevede che le norme riguardanti la perdita della qualifica di ente non commerciale non si applichino agli enti ecclesiastici e alle associazioni sportive dilettantistiche. |
(36) |
Per stabilire se le misure in questione fossero selettive, conformemente alla giurisprudenza consolidata (13), la Commissione ha innanzitutto identificato, per ciascuna misura, il sistema fiscale di riferimento, valutando successivamente se la misura costituisse una deroga a tale sistema e, in caso affermativo, se tale deroga fosse giustificata dalla natura e dalla struttura generale del sistema fiscale. |
(37) |
Per quanto concerne l'esenzione dall'ICI, la Commissione ha concluso che il sistema di riferimento per la valutazione della misura in questione fosse l’ICI in sé. Dato che concedeva un'esenzione agli enti non commerciali che utilizzavano gli immobili per attività specifiche, di cui alcune ritenute economiche, la misura in questione costituiva una deroga al sistema di riferimento (il quale prevedeva che ogni persona giuridica in possesso di un immobile dovesse versare l'imposta comunale corrispondente, indipendentemente dall'uso che ne faceva). Concedere un'esenzione esclusivamente a soggetti non commerciali che esercitavano attività ben precise con un determinato valore sociale non è stata ritenuta giustificata dalla natura e dalla struttura generale del sistema italiano in relazione all'imposta comunale sugli immobili. |
(38) |
Per quando attiene all'articolo 149, quarto comma, del TUIR, la Commissione ha individuato nelle imposte sul reddito il sistema di riferimento. La Commissione è giunta alla conclusione che la misura fosse, prima facie, una misura selettiva, dal momento che sembrava dare la possibilità - ma solo agli enti ecclesiastici e alle associazioni sportive dilettantistiche - di mantenere lo status di ente non commerciale anche qualora non fossero più considerati enti non commerciali. Una simile misura non potrebbe essere giustificata sulla base dei principi inerenti al sistema tributario italiano. |
(39) |
Le autorità italiane non avevano fornito informazioni che dimostrassero che le misure in questione avrebbero soddisfatto le condizioni di cui alla giurisprudenza Altmark (14). Dal momento che sembravano soddisfatti tutti gli altri criteri di cui all'articolo 107, paragrafo 1, del trattato, le misure sembravano comportare aiuti di Stato. |
(40) |
Per quanto concerne la compatibilità, non risultava che le disposizioni dell'articolo 107, paragrafo 2, del trattato si applicassero a tali misure. Inoltre, nemmeno le eccezioni previste dall'articolo 107, paragrafo 3 sembravano d'applicazione, fatto salvo l'articolo 107, paragrafo 3, lettera d), relativo alla promozione della cultura e della conservazione del patrimonio. La Commissione ha ritenuto infatti che, in riferimento all'esenzione dall'ICI, tale eccezione avrebbe potuto applicarsi agli enti non commerciali che svolgevano attività specifiche esclusivamente in ambito didattico, culturale e ricreativo. Infine, la Commissione non ha escluso che alcune attività potessero essere classificate come servizi di interesse economico generale ai sensi dell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato; tuttavia, le autorità italiane non avevano fornito alcuna informazione che permettesse di valutare la compatibilità delle misure in questione con il mercato interno. |
(41) |
Di conseguenza, la Commissione nutriva dubbi circa la compatibilità delle misure con il mercato interno e, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 659/1999 del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell'articolo 93 del trattato CE (15), ha deciso di avviare il procedimento di indagine formale, invitando l'Italia e le altre parti interessate a presentare osservazioni. |
(42) |
Secondo la Commissione, sia l'esenzione dall'ICI, sia l'articolo 149, quarto comma, del TUIR potevano essere classificati come nuovi aiuti. L’ICI, imposta a scadenza annuale, è stata in effetti introdotta nel 1992 e l’esenzione fiscale in questione non era stata notificata, né altrimenti approvata dalla Commissione. L’esenzione si applicava a un ampio ventaglio di attività che non erano chiuse alla concorrenza quando l’ICI è stata introdotta. Pertanto, ogni deroga alle normali disposizioni di questo regime fiscale doveva essere necessariamente ritenuta un nuovo aiuto, nella misura in cui sembravano ricorrere le condizioni di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Analogamente, l’articolo 149 del TUIR (16) è stato introdotto nel 1998 e neanch’esso è stato notificato o altrimenti approvato dalla Commissione. Per questo motivo la deroga prevista da questa misura doveva essere qualificata come nuovo aiuto, nella misura in cui sembravano essere soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. |
4. OSSERVAZIONI DELLE AUTORITÀ ITALIANE E DEI TERZI INTERESSATI
(43) |
A norma dell'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 659/1999 e in risposta alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (17), la Commissione ha ricevuto le osservazioni delle autorità italiane e di 80 terzi interessati. |
(44) |
In sintesi, secondo le autorità italiane, gli enti che hanno beneficiato dell'esenzione dall'ICI non erano «imprese» ai sensi del diritto dell'Unione. In ogni caso, le attività svolte da tali enti avevano un'importante funzione pubblica e sociale. Pertanto, era in linea con la natura e la logica del sistema tributario in quanto tale prevedere un trattamento fiscale differenziato per le attività prettamente economiche, da un lato, e, per attività quali le attività di assistenza sociale, carità, solidarietà e religiose, dall'altro. Le autorità italiane hanno altresì contestato la classificazione dell'ICI come nuovo aiuto, affermando che tale misura avrebbe dovuto essere valutata alla luce del suo stretto rapporto di continuità con le imposte patrimoniali precedenti (in vigore già prima dell'entrata in vigore del trattato CEE). Inoltre, sulla base delle lettere amministrative di rigetto inviate ai denuncianti, la misura avrebbe dovuto essere considerata approvata dalla Commissione. In ogni caso, la Commissione avrebbe ingenerato un legittimo affidamento nei beneficiari della misura, a causa di una sua risposta a un'interrogazione parlamentare scritta e, come già indicato, comunicando ai denuncianti la sua posizione preliminare, di cui erano state messe al corrente a titolo informale anche le autorità italiane. |
(45) |
Per quanto concerne l'articolo 149, quarto comma, del TUIR, nonostante quanto suggerisca la formulazione della disposizione, le autorità italiane sostengono che gli enti ecclesiastici e le associazioni sportive dilettantistiche possono perdere la qualifica di ente non commerciale. In tale caso, tali enti non beneficerebbero più di alcuna agevolazione fiscale. |
(46) |
Degli 80 terzi interessati, 78 (in appresso «i 78 terzi interessati») condividono la posizione delle autorità italiane mentre due, che facevano parte dei denuncianti iniziali (in appresso «le due parti interessate» o « i denuncianti»), ritengono che l'ICI e l'articolo 149, quarto comma, del TUIR, comportino aiuti di Stato illegali e incompatibili con il mercato interno. Pertanto, le argomentazioni dei 78 terzi interessati saranno presentate insieme alla posizione delle autorità italiane, mentre le ragioni dei denuncianti saranno trattate separatamente. |
4.1. Osservazioni delle autorità italiane e dei 78 terzi interessati
4.1.1. ICI: le specifiche attività svolte dagli enti non commerciali non possono essere considerate attività economiche
(47) |
Le autorità italiane e i 78 terzi interessati affermano innanzitutto che le attività specifiche svolte dagli enti non commerciali che beneficiano dell'esenzione dall'ICI non possono essere considerate attività economiche, dal momento che tali attività, destinate principalmente a categorie ben precise di utenti, non costituiscono un'offerta di beni o servizi sul mercato e non sono pertanto in concorrenza con le attività svolte dalle imprese commerciali. Tali enti non commerciali, che operano in settori di pubblica utilità, non possono pertanto essere considerati imprese, il che è un prerequisito per l'applicazione dell'articolo 107, paragrafo 1, del trattato. |
(48) |
Secondo le autorità italiane e alcuni dei 78 terzi interessati, nella maggior parte dei casi tali attività hanno caratteristiche specifiche, essendo ad esempio attività di interesse sociale o svolte a fini di solidarietà, a titolo gratuito o dietro pagamento di corrispettivi ridotti. In considerazione delle suddette caratteristiche e delle finalità specifiche degli enti non commerciali in esame, non sarebbe possibile considerare tali enti come imprese. |
4.1.2. ICI: la misura è giustificata dalla logica del sistema fiscale italiano
(49) |
Le autorità italiane e i 78 terzi interessati ritengono che l'esenzione dall'ICI non costituisca in alcun modo una deroga al sistema fiscale nel suo insieme, ma che rappresenti semplicemente l'applicazione dei principi informatori di tale sistema. |
(50) |
Il trattamento fiscale differenziato fra le attività economiche e a fini di lucro da un lato, e le attività assistenziali, caritatevoli e religiose svolte da enti con fini specifici (18), dall'altro, sarebbe in effetti coerente con la logica del sistema fiscale italiano. La seconda tipologia di attività si fonderebbe sul principio di solidarietà, principio fondamentale del diritto nazionale e dell’Unione. Operando tale differenziazione, il legislatore avrebbe semplicemente voluto tener conto della diversa situazione giuridica e fattuale degli enti che svolgono le succitate attività di pubblica utilità dall'elevata valenza sociale. |
(51) |
Spetterebbe inoltre allo Stato membro definire le attività di pubblica utilità. L’unico limite all’azione dello Stato membro sarebbe rappresentato dal fatto che il trattamento fiscale debba essere coerente. In altri termini, l’eventuale trattamento fiscale differenziato dovrebbe essere conforme alla logica del sistema fiscale nel suo insieme e dovrebbe inoltre essere istituito un adeguato sistema di controlli. Nel caso dell'esenzione dall'ICI, entrambe le condizioni risulterebbero soddisfatte. |
(52) |
La logica dell'esenzione dall'ICI si baserebbe sugli articoli 2 e 3 della Costituzione italiana, i quali richiedono l'adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale nei confronti dei cittadini, e sull'articolo 38 della stessa, che stabilisce il diritto all'assistenza sociale per i cittadini sprovvisti dei mezzi necessari per vivere. Occorre altresì ricordare che gli enti non commerciali affiancano lo Stato nell'assolvere compiti specifici di rilevanza sociale. Lo Stato avrebbe da sempre riconosciuto il ruolo specifico svolto da questi enti, consapevole che, da solo, gli sarebbe impossibile fornire servizi assistenziali, sanitari, culturali, didattici e sportivi. |
(53) |
Le autorità italiane hanno ribadito quanto indicato nella circolare, ovvero che per beneficiare dell'esenzione dall'ICI dovevano ricorrere i due requisiti cumulativi di cui al punto (25) (requisito soggettivo e oggettivo). |
(54) |
Per quanto riguarda il requisito di carattere soggettivo (essere un ente non commerciale), e più nello specifico gli enti religiosi, le autorità italiane hanno sottolineato che la categoria degli enti non commerciali include gli istituti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche di diritto civile, siano essi appartenenti alla Chiesa cattolica o ad altre confessioni religiose (19). |
(55) |
Per quanto riguarda il requisito oggettivo (svolgere una delle attività elencate dalla norma), le autorità italiane hanno fatto presente che la Corte di Cassazione ha ripetutamente stabilito che, ai fini della concessione dell'esenzione dall'ICI, risulta essenziale prendere in considerazione l'attività effettivamente svolta nell'immobile. Occorre infatti verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un'attività commerciale (20). Inoltre, come già stabilito dal Consiglio di Stato (21), ove si tratti di un intero immobile destinato solo in parte, seppure prevalente, alle finalità previste dalla legge, il carattere restrittivo dell'esenzione fiscale impedisce comunque l'attribuzione dell'agevolazione all'intero bene. |
4.1.3. Qualificazione della misura come aiuto esistente
(56) |
Secondo le autorità italiane, l'ICI rappresenterebbe la naturale evoluzione normativa delle precedenti imposte patrimoniali, con le quali avrebbe mantenuto uno stretto rapporto di continuità, formale e sostanziale. L'esenzione degli immobili utilizzati per attività specifiche dall'elevato valore sociale è sempre stata un elemento centrale di tutta la legislazione in materia immobiliare sin dal 1931, ben prima quindi dell'entrata in vigore del trattato CEE. |
(57) |
Inoltre, le autorità italiane e i 78 terzi interessati ritengono che, sulla base delle lettere di rigetto inviate ai denuncianti, di cui l'Italia era stata informata, l'esenzione dall'ICI sarebbe stata approvata dalla Commissione. |
(58) |
Per le suddette ragioni, l'esenzione dall'ICI, se ritenuta aiuto, andrebbe considerata un aiuto esistente. |
4.1.4. Compatibilità
(59) |
Le autorità italiane hanno deciso di non presentare alcuna osservazione in merito all'eventuale compatibilità delle misure ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 2, e dell'articolo 107, paragrafo 3, del trattato, e alla loro possibile qualificazione come servizi di interesse economico generale in virtù dell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato e della giurisprudenza Altmark. |
(60) |
Alcuni dei 78 terzi interessati sostengono la compatibilità dell'esenzione dall'ICI con l'articolo 106, paragrafo 2, e con l'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato, in quanto la misura sarebbe necessaria per svolgere attività socialmente utili basate sul principio di solidarietà. Inoltre, l'esenzione non comporterebbe una significativa distorsione della concorrenza e non inciderebbe in modo considerevole sugli scambi tra Stati membri. |
4.1.5. Legittimo affidamento
(61) |
Le autorità italiane sostengono che le risposte date dalla Commissione ai denuncianti in merito all'esenzione dall'ICI, e di cui l’Italia è stata informalmente messa al corrente, abbiano ingenerato negli enti non commerciali un legittimo affidamento per quanto attiene alla compatibilità dell'esenzione dall'ICI con il diritto dell'Unione. |
(62) |
Inoltre, anche la risposta data dalla Commissione nel 2009 a un'interrogazione parlamentare scritta sul trattamento fiscale degli enti non commerciali avrebbe ingenerato un legittimo affidamento (22). |
(63) |
Ciò implicherebbe che, ove la Commissione considerasse la misura un aiuto illegale e incompatibile, senza accettare la qualifica di aiuto esistente, essa non ne dovrebbe disporre il recupero, ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 659/1999. |
(64) |
Secondo alcuni terzi interessati non si dovrebbe in ogni caso disporre il recupero neppure per quanto riguarda l'articolo 149, quarto comma, del TUIR, dato che quantificare l'ipotetico vantaggio concesso sarebbe alquanto difficile e richiederebbe un impegno eccessivo da parte delle autorità nazionali. |
4.1.6. Articolo 149 del TUIR
(65) |
Nelle loro osservazioni, le autorità italiane hanno fornito una descrizione dettagliata delle specifiche norme in materia di tassazione applicabili agli enti non commerciali, tra cui gli enti ecclesiastici e le associazioni sportive dilettantistiche. Le autorità italiane sottolineano che il secondo comma dell'articolo 149 del TUIR fornisce un elenco non esaustivo di parametri che possono essere utilizzati (23) per qualificare un ente come organizzazione commerciale. Il soddisfacimento di uno o più di questi requisiti non significa che l'ente non commerciale perda automaticamente la sua qualifica, giacché tali parametri non possono essere considerati presunzioni legali. Il fatto che tali requisiti risultino soddisfatti rappresenterebbe una semplice indicazione della potenziale natura prevalentemente commerciale delle attività svolte dall'ente in questione. |
(66) |
Come indicato nella circolare n. 124/E dell’Agenzia delle Entrate del 12 maggio 1998, gli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche di diritto civile possono essere considerati enti non commerciali solo se l'oggetto esclusivo o principale delle loro attività è di natura non commerciale. |
(67) |
Pertanto, secondo l'Italia, l'articolo 149, quarto comma, del TUIR escluderebbe semplicemente l'applicazione degli specifici parametri temporali e di commercialità definiti al primo e al secondo comma dell'articolo 149 (24). L'articolo 149, quarto comma, del TUIR non esclude la possibilità che gli enti ecclesiastici perdano la qualifica di enti non commerciali. Ad ogni modo, secondo alcuni dei 78 terzi interessati, tale misura non implicherebbe alcun trasferimento di risorse pubbliche e non concederebbe alcun vantaggio. |
(68) |
Le autorità italiane hanno precisato che la misura è volta a preservare l'esclusiva competenza riconosciuta al CONI (Comitato olimpico nazionale italiano) per quanto concerne le associazioni sportive dilettantistiche e al Ministero dell'Interno per quanto concerne la concessione e la revoca agli enti ecclesiastici della personalità giuridica di diritto civile (25). Resta inteso che, qualora, durante un controllo, le autorità fiscali rilevino che tali enti svolgono prevalentemente attività commerciali, esse ne informano immediatamente il Ministero dell'Interno o il CONI. Dal canto loro, le autorità fiscali procedono, nei confronti dell'ente in questione, al recupero a tassazione della relativa differenza. |
(69) |
Le autorità italiane hanno confermato che sono stati effettuati controlli sia presso gli enti ecclesiastici sia presso le associazioni sportive dilettantistiche. Per quanto attiene nello specifico agli enti ecclesiastici, il Ministero dell'Interno ha inoltre svolto i controlli che gli competono, senza peraltro riscontrare alcuna forma di abuso. |
4.2. Osservazioni delle due parti interessate
(70) |
Nelle loro osservazioni, le due parti interessate (26) fanno riferimento a tutti i documenti e commenti che avevano già trasmesso alla Commissione nel corso del procedimento amministrativo antecedente la decisione di avvio. A loro avviso, i documenti in questione provano che in realtà gli enti ecclesiastici svolgono attività economiche. |
(71) |
Per quanto riguarda l’esenzione dall’ICI, le due parti interessate evidenziano che l’Italia ha adottato la misura contestata nel 2005. Dopo l’entrata in vigore del decreto-legge n. 203/2005, l’esenzione dall’ICI si applicava a enti non commerciali che esercitavano le attività indicate dalla normativa, anche se di natura commerciale (27). A seguito di alcune modifiche alla legge sull’ICI intervenute nel 2006, l’esenzione dall’ICI è divenuta applicabile alle medesime attività, a condizione che esse non avessero natura esclusivamente commerciale (28). La modifica del 2006 non avrebbe comunque soppresso la natura di aiuto di Stato della misura in questione. |
(72) |
La stessa circolare conferiva un vantaggio selettivo agli enti che in realtà sono da considerarsi imprese. Infatti, in molti casi relativi alle attività descritte nella circolare, la possibilità di accordare l’esenzione dall’ICI dipendeva unicamente dalla condizione che l’ente non realizzasse utili. Tuttavia, in base ai principi definiti nella giurisprudenza dell'Unione, il fatto che un ente non abbia scopo di lucro è irrilevante ai fini dell’applicazione della normativa sugli aiuti di Stato. La circolare non risolveva quindi le questioni concernenti gli aiuti di Stato in relazione all'esenzione dall'ICI, dato che tale esenzione continuava ad essere applicabile ad enti non commerciali che esercitavano un’attività economica, ma non ad enti che, esercitando la medesima attività, avevano uno scopo di lucro. |
(73) |
Secondo i denuncianti sarebbe comunque praticamente impossibile acquisire informazioni specifiche relative agli immobili appartenenti agli enti in questione, principalmente perché questi ultimi non erano tenuti a dichiarare gli immobili esenti dal pagamento dell'ICI. |
(74) |
Per quando riguarda l’articolo 149, quarto comma, del TUIR, i denuncianti osservano che non è possibile per gli enti ecclesiastici perdere la qualifica di ente non commerciale. |
(75) |
Per quanto concerne l’esenzione dall’ICI e l’articolo 149, quarto comma, del TUIR, i denuncianti concordano con le conclusioni preliminari cui è giunta la Commissione nella decisione di avvio in merito alla presenza di risorse statali e all’esistenza di un vantaggio, nonché in merito alla selettività, alla distorsione della concorrenza e agli effetti sugli scambi. |
(76) |
In merito alla compatibilità delle misure in questione, i denuncianti concordano con la conclusione preliminare della Commissione sulla non applicabilità dell’articolo 107, paragrafo 2, del trattato e dell’articolo 107, paragrafo 3, lettere a), b) e c), del trattato. I denuncianti non sono tuttavia d’accordo sulla possibilità di applicare la deroga prevista all’articolo 107, paragrafo 3, lettera d), del trattato a determinati enti che svolgono esclusivamente attività didattiche, culturali e ricreative. Essi ritengono inoltre che nella fattispecie non siano soddisfatte le condizioni della giurisprudenza Altmark. |
4.3. Osservazioni delle autorità italiane in merito ai commenti dei terzi interessati
(77) |
Con lettera del 10 giugno 2011 le autorità italiane hanno trasmesso le loro osservazioni in merito ai commenti dei terzi interessati. |
(78) |
In primo luogo, anche ammettendo che certe attività svolte da enti non commerciali che beneficiano dell’esenzione siano qualificabili effettivamente come attività economiche, la Commissione deve comunque provare che il vantaggio concesso sia selettivo e che esso non trovi giustificazione in considerazioni attinenti alla logica del sistema tributario italiano. |
(79) |
In secondo luogo, per quanto concerne le osservazioni generiche svolte in merito alla circolare, le autorità italiane sono del parere che la Commissione sia chiamata a esaminare una misura che prevede un’esenzione fiscale. Ciò significa che la Commissione è chiamata a valutare i criteri interpretativi della normativa indicati dalle autorità nazionali, nonché l’esistenza di un adeguato sistema di controlli. |
(80) |
In particolare, con riferimento alle presunte difficoltà, riferite dai denuncianti, relative alla raccolta dei dati sugli immobili appartenenti a enti non commerciali, le autorità italiane specificano che l’obbligo di presentare la dichiarazione ICI era stato generalmente abolito nel 2006. Le autorità italiane specificano inoltre che attualmente sono in fase di revisione sia il sistema catastale che le banche dati sugli immobili. |
(81) |
In merito all’articolo 149, quarto comma, del TUIR le autorità italiane osservano che, come riconoscono gli stessi denuncianti, tale norma non è una clausola a sé stante e non ha nemmeno portata sostanziale, ma è una disposizione di natura procedurale e che rileva esclusivamente dal punto di vista dei controlli. |
5. LA NUOVA NORMATIVA SULL’IMPOSTA MUNICIPALE SUGLI IMMOBILI
5.1. Descrizione della nuova imposta municipale sugli immobili: l’IMU
(82) |
Nel quadro della cosiddetta riforma sul federalismo fiscale, il decreto legislativo del 14 marzo 2011, n. 23, ha previsto che l'IMU avrebbe sostituito l’ICI a partire dal 1o gennaio 2014. Con decreto-legge del 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, l’Italia ha deciso di anticipare l'adozione dell’IMU al 2012. |
(83) |
Soggetti passivi dell’IMU sono tutte le persone in possesso di immobili. La base imponibile è calcolata tenendo conto del valore dell'immobile. Più precisamente, tale valore viene calcolato partendo dalla rendita catastale dell’immobile ed applicando i criteri di cui all'articolo 5 del decreto ICI (decreto legislativo n. 504/92) unitamente ai criteri fissati dal decreto-legge n. 201/2011. Determinati coefficienti moltiplicatori, che variano in funzione della categoria catastale dell'immobile, vengono applicati al valore determinato secondo i criteri summenzionati. L’aliquota di base dell’IMU è pari allo 0,76 %. |
(84) |
Il sistema catastale riveste quindi un’importanza fondamentale ai fini dell’imposta sugli immobili. L’unità immobiliare di base rilevante a fini catastali può essere un fabbricato o una parte di esso oppure un insieme di fabbricati o un'area, purché dotati di autonomia funzionale e reddituale. Il sistema catastale italiano, che a breve sarà sottoposto a revisione, individua sei categorie di immobili. Il gruppo A comprende immobili per uso abitazione o assimilabili; il gruppo B comprende immobili per uso collettivo, quali ad esempio collegi, ospedali, uffici pubblici, scuole; il gruppo C comprende immobili a destinazione ordinaria commerciale, quali negozi, magazzini, fabbricati e locali per esercizi sportivi; il gruppo D comprende immobili a destinazione speciale, quali alberghi, teatri, ospedali, fabbricati e locali per esercizi sportivi; del gruppo E fanno parte immobili a destinazione particolare, quali stazioni per servizi di trasporto terrestri, marittimi ed aerei, ponti soggetti a pedaggio, fari, fabbricati destinati all’esercizio pubblico dei culti; il gruppo F, infine, comprende immobili censiti in categorie fittizie. |
(85) |
Con specifico riferimento alla nuova IMU, l’articolo 91bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, ha introdotto una serie di modificazioni in merito alla tassazione degli immobili degli enti non commerciali che svolgono attività specifiche. In particolare la nuova legge ha abrogato la modifica del 2006, che aveva ampliato il campo di applicazione dell’esenzione dall’ICI a immobili in cui si svolgono attività «che non abbiano esclusivamente natura commerciale» (29) (quarto comma), e ha inoltre specificato che l’esenzione dall’IMU è limitata alle attività, indicate dalla legge (30), svolte da enti non commerciali con modalità non commerciali (primo comma). Il decreto legge n. 1/2012 ha introdotto anche norme specifiche per consentire un pagamento proporzionale dell’IMU nell’ipotesi che lo stesso immobile sia utilizzato per attività sia commerciali che non commerciali. In particolare, l’articolo 91bis, secondo comma, prevede che qualora l’unità immobiliare abbia un’utilizzazione mista, a partire dal 1o gennaio 2013 l’esenzione si applichi solo alla frazione di unità nella quale si svolge l’attività di natura non commerciale, qualora sia possibile individuare la frazione di unità immobiliare adibita esclusivamente a tale attività. Nei casi in cui non sia possibile individuare tali frazioni autonome di unità immobiliari, a partire dal 1o gennaio 2013, l’esenzione si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile quale risulta da apposita dichiarazione (articolo 91bis, terzo comma). Il decreto-legge n. 1/2012 rinvia la definizione di una serie di elementi a un regolamento attuativo successivo, da adottarsi dal Ministro dell'economia e delle finanze, avente ad oggetto: i termini e le condizioni per presentare tale dichiarazione; gli elementi rilevanti ai fini dell'individuazione proporzionale; e – a seguito delle modifiche apportate dal decreto-legge n. 174/2012 (31) – i requisiti generali e di settore che devono essere soddisfatti affinché un'attività sia qualificata come svolta con modalità non commerciali. |
(86) |
Udito il parere favorevole del Consiglio di Stato e tenuto conto delle osservazioni dallo stesso espresse (32), con decreto del 19 novembre 2012, n. 200, il ministro dell'Economia e delle finanze ha emanato il regolamento attuativo dell'IMU (in appresso, il «regolamento») (33). Tale regolamento stabilisce quando le specifiche attività cui è applicabile l’esenzione dall’IMU, così come definite dallo stesso regolamento, siano da considerarsi come svolte con «modalità non commerciali». Innanzitutto, a titolo di requisito generale, tali attività non devono avere scopo di lucro; inoltre, conformemente al diritto dell'Unione, per loro natura, esse non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che perseguono fini di lucro e costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà (34). Oltre a ciò, devono essere soddisfatte due serie cumulative di criteri riguardanti gli enti non commerciali (requisiti soggettivi), da un lato, e le attività specifiche da essi svolte (requisiti oggettivi), dall'altro. Per quanto riguarda i requisiti soggettivi, il regolamento stabilisce le condizioni generali che gli enti non commerciali devono soddisfare per beneficiare dell'esenzione dall'IMU (35). Nello specifico, il regolamento precisa che l'atto costitutivo o lo statuto dell'ente non commerciale deve prevedere il divieto generale di distribuire qualsiasi tipo di utili, avanzi di gestione, fondi e riserve. Inoltre, vige l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale; in caso di scioglimento dell’ente non commerciale, vige l’obbligo di devolverne il patrimonio a un altro ente non commerciale che svolga un’attività analoga. Per quanto concerne i requisiti oggettivi (36), sono definite caratteristiche specifiche per i diversi tipi di attività di cui all’articolo 1 (37). Per le attività assistenziali e sanitarie, devono essere soddisfatti due requisiti alternativi: a) il beneficiario è accreditato dallo Stato e ha concluso un contratto o una convenzione con le autorità pubbliche; le attività sono svolte in maniera integrativa o complementare rispetto al servizio pubblico, fornendo agli utenti un servizio a titolo gratuito o dietro versamento di un importo che rappresenta una semplice partecipazione alla spesa prevista per la copertura del servizio universale; b) se l’ente non è accreditato e contrattualizzato o convenzionato, i servizi sono forniti a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e comunque non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività realizzate nello stesso ambito territoriale con modalità concorrenziali, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio. Per le attività didattiche, devono essere soddisfatti tre requisiti cumulativi: a) l'attività deve essere paritaria rispetto all'istruzione pubblica e la scuola deve garantire la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni; b) la scuola deve inoltre accogliere gli alunni portatori di handicap, applicare la contrattazione collettiva, avere strutture adeguate agli standard previsti e prevedere la pubblicazione del bilancio; c) l’attività è fornita a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico che coprono soltanto una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo di tale servizio. Per quanto riguarda le attività ricettive, culturali, ricreative e sportive, il beneficiario deve fornire servizi a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e comunque non superiori alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività realizzate nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio. |
5.2. Osservazioni delle due parti interessate in merito alla normativa IMU
(87) |
Secondo le due parti interessate, l'articolo 91bis, secondo e terzo comma, del decreto-legge n. 1/2012 derogano alle norme ordinarie di tassazione degli immobili. |
(88) |
Innanzitutto i due denuncianti presentano i loro commenti sull’articolo 91bis, secondo comma. Tale comma dispone che, qualora l’unità immobiliare abbia un’utilizzazione mista, l’esenzione dall’IMU si applichi solo alla frazione di unità nella quale si svolge l’attività di natura non commerciale, se identificabile attraverso l’individuazione della frazione di immobile adibita esclusivamente a tale attività. Alla restante parte dell’unità immobiliare, in quanto dotata di autonomia funzionale e reddituale permanente, si applicano le disposizioni dell’articolo 2, commi 41, 42 e 44, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286. Le suddette disposizioni regolano la procedura applicabile agli immobili appartenenti al gruppo catastale E per i quali occorre procedere alla riqualificazione ed alla rivalutazione del reddito catastale. Conformemente alla medesima legge, infatti, tra gli immobili classificati nel gruppo E (immobili a destinazione particolare) (38), non possono figurare fabbricati o parte di essi con un utilizzo commerciale o industriale o utilizzati a fini diversi, qualora abbiano un’autonomia funzionale e reddituale. |
(89) |
Le due parti interessate osservano che il riferimento al decreto-legge n. 262/2006, contenuto all'articolo 91bis, secondo comma, è da leggersi come un riferimento generico alla procedura di riclassificazione catastale. Secondo le due parti, infatti, se la procedura stabilita dal decreto-legge n. 262/2006 fosse applicabile solo agli immobili del gruppo catastale E, l’obbligo di “frazionare” un immobile destinato a un’utilizzazione mista sarebbe applicabile solo a un numero molto limitato di fabbricati, ovvero i fabbricati delle categorie E7 ed E9. |
(90) |
Le due parti fanno inoltre presente che la dichiarazione prevista dall’articolo 91bis, terzo comma, potrebbe porre problemi di elusione e che la nuova legge lascerebbe troppo potere discrezionale alle amministrazioni pubbliche. A ciò si aggiunge che le nuove norme saranno applicabili solo a partire dal 1o gennaio 2013 e quindi, in ogni caso, la Commissione dovrebbe disporre il recupero degli aiuti concessi in modo illegittimo dal 2006 al 2012 nell'ambito dell'esenzione dall'ICI. |
5.3. Osservazioni delle autorità italiane in merito ai commenti delle due parti interessate
(91) |
Le autorità italiane hanno spiegato che il riferimento all’articolo 2, commi 41, 42 e 44, del decreto-legge n. 262/2006, contenuto all’articolo 91bis, va inteso come un riferimento generale al tipo di procedura da applicare per effettuare il frazionamento di un immobile che abbia un’utilizzazione mista. Detta procedura si applica a prescindere dall'appartenenza a uno specifico gruppo catastale. |
(92) |
L’Italia ha inoltre precisato che, in generale, il sistema tributario italiano si fonda sull’obbligo dichiarativo dei contribuenti e che è prassi legislativa assai comune devolvere la regolamentazione di aspetti specifici a provvedimenti attuativi. Inoltre, dato che la legge adottata nel marzo 2012 introduce un nuovo sistema dichiarativo per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali, era necessario differire la data di entrata in vigore del nuovo sistema per tali enti. |
(93) |
In merito al recupero, le autorità italiane hanno specificato che non è possibile individuare retroattivamente quali siano gli immobili appartenenti a enti non commerciali nei quali si sono svolte attività di natura non esclusivamente commerciale (e che hanno quindi beneficiato dell'esenzione dall'ICI). I dati catastali non forniscono infatti informazioni sul tipo dell’attività svolta in un immobile (39). Nemmeno le altre banche dati fiscali consentono di individuare gli immobili che enti non commerciali hanno utilizzato per attività istituzionali svolte con modalità non esclusivamente commerciali. |
6. VALUTAZIONE
(94) |
Per accertare se una misura costituisca aiuto di Stato, la Commissione deve valutare se la misura in questione soddisfi tutte le condizioni di cui all'articolo 107, paragrafo 1, del trattato, che dispone: «Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.» Conformemente a tale disposizione, la Commissione esaminerà: i) se la misura sia finanziata dallo Stato o mediante risorse statali; ii) se la misura conferisca un vantaggio selettivo; iii) se la misura incida sugli scambi tra gli Stati membri e falsi o minacci di falsare la concorrenza. |
(95) |
In via preliminare, la Commissione deve valutare se almeno alcuni degli enti non commerciali interessati siano in realtà imprese ai fini della normativa dell’Unione in materia di concorrenza. |
6.1. Qualifica di enti non commerciali come imprese
(96) |
Nella decisione di avvio, la Commissione osservava che gli enti non commerciali interessati dalle misure in questione svolgevano, almeno parzialmente, attività economiche e sono stati quindi classificati come imprese nella misura in cui esercitavano tali attività. |
(97) |
Le autorità italiane e i 78 terzi interessati ritengono che le attività specifiche svolte dagli enti non commerciali non possono essere considerate attività economiche, sostenendo in particolare che, nell’ambito della misura ICI, non costituiscono attività economica l’assistenza a giovani madri in difficoltà o la gestione, nel periodo estivo, di un edificio in montagna dove passano le vacanze i bambini di una parrocchia. In effetti, tali attività – che si rivolgono a categorie ben definite di destinatari - non si configurerebbero come un’offerta di beni e servizi che gli enti non commerciali propongono sul mercato e non sarebbero in concorrenza con le attività svolte da imprese commerciali. Questi enti non commerciali, operanti nel pubblico interesse, non andrebbero quindi considerati come imprese; verrebbe così meno la condizione preliminare per l’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Inoltre, secondo le autorità italiane e alcuni dei 78 terzi interessati, in molti casi non esiste un mercato vero e proprio per attività del genere. Quasi tutte queste attività presenterebbero poi caratteristiche specifiche che possono essere riassunte come segue:
|
(98) |
In considerazione delle suddette caratteristiche e delle finalità specifiche degli enti non commerciali in esame, non sarebbe possibile considerare tali enti come imprese. |
(99) |
La Commissione osserva che, secondo una giurisprudenza costante, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un'attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento (40). La classificazione di un determinato soggetto come impresa dipende pertanto interamente dalla natura delle sue attività. Questo principio generale comporta tre importanti conseguenze, descritte in appresso. |
(100) |
In primo luogo, è ininfluente lo status che una legge nazionale specifica conferisce a un determinato soggetto. Ciò significa che la forma giuridica e organizzativa è irrilevante. Pertanto, anche un soggetto che in base alla normativa nazionale è classificato come un'associazione o una società sportiva può nondimeno essere considerato come un'impresa ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. L’unico criterio rilevante al riguardo è se il soggetto interessato svolga o meno un’attività economica. |
(101) |
In secondo luogo, l’applicazione della normativa sugli aiuti di Stato non dipende dal fatto che un soggetto venga costituito per conseguire utili, poiché anche un ente senza fine di lucro può offrire beni e servizi sul mercato (41). |
(102) |
In terzo luogo, un soggetto è classificato come impresa sempre in relazione a un'attività specifica. Un soggetto che svolga attività a carattere sia economico che non economico è considerato un'impresa solo per quanto riguarda il primo tipo di attività. |
(103) |
Per attività economica si intende ogni attività che preveda l’offerta su un mercato di beni e servizi. Al riguardo, la Commissione osserva che le caratteristiche e gli elementi di cui al punto (97), indicati dall’Italia e dagli altri 78 terzi interessati, che tuttavia per loro stessa ammissione non sono presenti in tutti i casi, non sono di per sé sufficienti ad escludere la natura economica delle attività interessate. |
(104) |
Come già precisato, conformemente all’articolo 7, comma 2bis, del decreto-legge n. 203/2005, modificato dal decreto-legge n. 223/2006 (ora abrogato), le attività elencate all'articolo 7, primo comma, lettera i), della legge sull'ICI potevano avere natura commerciale, a condizione di non avere natura esclusivamente commerciale. La circolare del 29 gennaio 2009 aveva messo a punto una serie di criteri per ciascuna delle attività elencate all’articolo 7, primo comma, lettera i), per stabilire quando ciascuna di esse doveva essere considerata di natura non esclusivamente commerciale. Se erano soddisfatte le condizioni indicate nella circolare, gli enti non commerciali erano esentati dall’ICI, anche quando le attività da essi svolte presentavano elementi di natura economica. Di fatto, come già illustrato nella decisione di avvio, per il settore delle attività sanitarie era essenzialmente richiesto che gli enti non commerciali avessero concluso una convenzione o un contratto con le autorità pubbliche. È evidente che tale condizione non è di per sé sufficiente a escludere la natura economica delle attività in questione. Allo stesso modo, per quanto riguarda le attività didattiche, la scuola doveva soddisfare gli standard di insegnamento, accogliere alunni portatori di handicap, applicare la contrattazione collettiva e garantire la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni; gli eventuali avanzi di gestione, inoltre, dovevano essere reinvestiti nell’attività didattica. Nemmeno questi requisiti escludono la natura economica delle attività didattiche svolte secondo le modalità indicate. Per quanto attiene alle sale cinematografiche, esse dovevano proiettare film di interesse culturale, film ai quali fosse stato rilasciato l’attestato di qualità o film per ragazzi. Quanto alle attività ricettive era richiesto che esse non fossero rivolte a un pubblico indifferenziato, ma a categorie predefinite e che il servizio non fosse fornito per l’intero anno solare. Il fornitore di servizi era inoltre tenuto ad applicare tariffe di importo ridotto rispetto ai prezzi di mercato e la struttura non doveva funzionare come un normale albergo. Anche in questo caso, le suddette condizioni non escludono la natura economica delle attività interessate. |
(105) |
La Commissione osserva inoltre che anche se, nella maggior parte dei casi, le attività in questione sono fornite per fini di utilità sociale, tale elemento non basta da solo ad escluderne la natura economica. In ogni caso, infatti, anche laddove un’attività abbia una finalità sociale, questa non basta da sola a escluderne la classificazione di attività economica. Inoltre, pur ammettendo che gli enti non commerciali abbiano una capacità contributiva ridotta, ciò non implica l’assenza di un’attività economica e non rileva ai fini di un’imposta sugli immobili basata sul possesso di immobili, che non tiene conto di altri elementi di capacità contributiva. |
(106) |
Alla luce di quanto precede, considerando che la stessa legge del 2005 consentiva l'esenzione dall’ICI anche per attività di natura commerciale e dato che i criteri definiti nella circolare, così come gli elementi evidenziati dall’Italia, non sono di per sé sufficienti ad escludere la natura economica delle attività svolte, la Commissione ritiene che gli enti non commerciali in questione debbano essere classificati come imprese, per quanto concerne le suddette attività. Lo stesso vale per gli enti non commerciali oggetto dell’articolo 149, quarto comma, del TUIR, che sono effettivamente autorizzati a svolgere attività economiche, conclusione, questa, non contestata dalle autorità italiane. |
(107) |
In ogni caso, in linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia (42), al fine di qualificare un regime come aiuto di Stato, la Commissione non ritiene necessario dimostrare che tutte le singole misure concesse nell'ambito del regime si configurino come un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. A tal fine, per concludere che un regime presenta elementi di aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato, è sufficiente che nell’ambito della sua attuazione si presentino situazioni che si configurano come un aiuto. Mutatis mutandis, nell’ambito della presente decisione non è quindi necessario prendere in considerazione la natura di tutte le singole attività elencate all’articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92. Come già precisato al punto (104), la Commissione ha infatti accertato che alcune delle applicazioni individuali del regime di aiuto contestato riguardavano imprese. |
(108) |
Alla luce di dette considerazioni, la Commissione conclude che non vi è motivo di rivedere la posizione espressa nella decisione di avvio: il regime in esame comprende anche attività economiche. In base alle caratteristiche specifiche di almeno alcune attività interessate la Commissione è in grado di classificare queste ultime come attività economiche. Poiché i beneficiari delle misure in questione possono esercitare attività economiche, è quindi possibile classificarli come imprese, nella misura in cui svolgono tali attività. |
6.2. L’esenzione dall’ICI
(109) |
Nella presente sezione la Commissione analizzerà se l'esenzione dall'ICI concessa agli enti non commerciali, di cui all'articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92, nella versione in vigore prima delle modifiche apportate dal decreto-legge n. 1/2012, sia stata finanziata dallo Stato o mediante risorse statali; se abbia conferito un vantaggio selettivo e inoltre se fosse giustificata dalla logica inerente al sistema tributario italiano; se abbia inciso sugli scambi tra gli Stati membri e abbia distorto o minacciato di distorcere la concorrenza. |
6.2.1. Risorse statali
(110) |
La misura implicava l’impiego di risorse statali e comportava la rinuncia a un gettito fiscale per l’importo corrispondente all’abbattimento dell’imposta. |
(111) |
Una perdita di gettito fiscale equivale in effetti al consumo di risorse statali sotto forma di spese fiscali. Consentendo a enti, che potevano essere classificati come imprese, di ridurre i propri oneri fiscali attraverso esenzioni, le autorità italiane hanno rinunciato a entrate che sarebbero spettate loro in assenza di tale esenzione. |
(112) |
Per le ragioni suddette, la Commissione ritiene che la misura in esame sia all’origine di una perdita di risorse statali nella misura in cui garantiva un'esenzione fiscale. |
6.2.2. Vantaggio
(113) |
Secondo la giurisprudenza, il concetto di aiuto designa non soltanto prestazioni positive, ma anche interventi che in varie forme alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un'impresa (43). |
(114) |
Riducendo gli oneri generalmente inclusi nei costi operativi di imprese in possesso di immobili in Italia, l’esenzione dall’ICI ha apportato agli enti interessati un vantaggio economico rispetto ad altre imprese che non hanno potuto beneficiare di tali agevolazioni fiscali. |
6.2.3. Selettività
(115) |
Perché costituisca aiuto di Stato, una misura deve essere selettiva (44), nel senso che deve favorire determinate imprese o la produzione di determinati beni. Secondo la giurisprudenza consolidata (45), la qualifica di una misura fiscale nazionale come «selettiva» presuppone in genere, in un primo momento, l’identificazione e l’esame del regime tributario ordinario o «normale» applicabile nello Stato membro interessato. È in relazione a questo regime tributario che occorre, in secondo luogo, stabilire se i vantaggi fiscali apportati dalla misura in questione possano essere selettivi. Per far ciò occorre dimostrare che la disposizione deroga al regime ordinario nella misura in cui opera una differenziazione tra operatori economici che, alla luce dell'obiettivo perseguito dal regime, si trovano in una situazione fattuale e giuridica analoga. In terzo luogo, se tale deroga sussiste, è necessario esaminare se essa risulti dalla natura o dalla struttura generale del sistema tributario in cui rientra e se possa quindi essere giustificata dalla natura o dalla struttura generale di tale sistema. In tale contesto, spetta allo Stato membro dimostrare che il trattamento fiscale differenziato discende direttamente dai principi informatori e basilari del suo sistema tributario (46). |
a)
(116) |
L’ICI era un’imposta autonoma, dovuta annualmente ai comuni. Nella decisione di avvio, la Commissione ha concluso che il sistema di riferimento per la valutazione dell’esenzione dall’ICI doveva essere la stessa imposta comunale sugli immobili. Tale conclusione non è stata contestata né dall’Italia né dalle altre parti interessate intervenute. |
(117) |
La Commissione conclude pertanto che non vi è motivo di rivedere la posizione espressa nella decisione di avvio: nella fattispecie il sistema di riferimento è la stessa ICI. |
b)
(118) |
Ai sensi della normativa ICI, erano soggetti passivi dell’ICI (47) tutte le persone giuridiche in possesso di immobili, indipendentemente dall’uso che ne viene fatto. L'articolo 7 indicava quali categorie di immobili erano esenti dall'imposta. |
(119) |
La Commissione osserva che l’articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92 derogava al sistema di riferimento, in base al quale era tenuta a pagare l'ICI ogni persona in possesso di un immobile, indipendentemente dall'uso che ne veniva fatto. Come illustrato sopra, gli enti non commerciali in questione potevano svolgere attività di natura commerciale, al pari di qualsiasi altra impresa che svolgeva attività economiche analoghe. Rispetto alle imprese soggette al pagamento dell’ICI, gli enti non commerciali si trovavano quindi in una situazione fattuale e giuridica analoga, alla luce dell'obiettivo perseguito dal regime fiscale ICI, vale a dire la tassazione del possesso di immobili da parte dei comuni. |
(120) |
Ad esempio, conformemente alle condizioni disposte dalla circolare, beneficiavano dell’esenzione dall’ICI le sale cinematografiche che erano gestite da enti non commerciali con modalità non esclusivamente commerciali. Questi servizi, se offerti sul mercato in forma organizzata e dietro corrispettivo, costituiscono nondimeno un’attività economica. È incontestato che nei casi in cui le attività di cui all’articolo 7, primo comma, lettera i), sono state svolte da enti non commerciali, questi ultimi abbiano beneficiato dell'esenzione dall'ICI per l'immobile nel quale tali attività si sono svolte, a condizione che fossero rispettate le prescrizioni minime della circolare. Gli enti commerciali non beneficiavano della stessa esenzione fiscale, nemmeno se svolgevano le stesse attività e soddisfacevano le condizioni previste dalla circolare relative alla natura dei film. |
(121) |
La Commissione conclude pertanto che l’esenzione dall’ICI di cui all’articolo 7, primo comma, lettera i), nella versione in vigore prima delle modiche apportate dal decreto-legge n. 1/2012, derogava al sistema di riferimento e si configurava come una misura selettiva ai sensi della giurisprudenza. |
c)
(122) |
Poiché la Commissione ritiene che l'esenzione fiscale in esame sia selettiva, essa dovrà definire, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, se tale esenzione sia giustificata dalla natura e dalla struttura generale del sistema in cui si inserisce. Una misura che deroga all’applicazione del sistema tributario generale può essere giustificata dalla natura e dalla struttura generale del sistema tributario se lo Stato membro interessato è in grado di dimostrare che tale misura discende direttamente dai principi informatori o basilari del suo sistema tributario. |
(123) |
Le autorità italiane, sostenute dai 78 terzi interessati, ritengono che l’esenzione dall’ICI costituisca l’applicazione dei principi informatori del sistema tributario italiano. A loro avviso, il trattamento differenziato delle attività che hanno un alto valore sociale e che sono fornite in un’ottica di interesse sociale rientra nella logica del sistema tributario. Tali attività si ispirerebbero al principio di solidarietà, che è un principio fondamentale della legislazione nazionale e dell’Unione. Gli enti non commerciali interessati condividerebbero inoltre con lo Stato determinati compiti di rilevanza sociale. La logica dell’esenzione dall’ICI si baserebbe sugli articoli 2 e 3 della Costituzione italiana, che dispongono l’adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale nei confronti dei cittadini, nonché sull’articolo 38 della stessa, che statuisce il diritto all’assistenza sociale per i cittadini sprovvisti dei mezzi necessari per vivere. |
(124) |
Al riguardo, la Commissione ritiene che le autorità italiane non abbiano dimostrato che la misura in questione discende direttamente dai principi informatori o basilari del loro sistema tributario. Gli articoli della Costituzione italiana cui fa riferimento l’Italia, infatti, non si riferiscono ad alcun principio informatore del sistema tributario italiano, ma solo ai principi generali di solidarietà sociale. |
(125) |
In secondo luogo, la Commissione osserva che l’obiettivo perseguito dalle misure statali non è sufficiente a escludere per tali misure la qualifica di “aiuto” ai sensi dell’articolo 107 del trattato (48). La Corte ha inoltre sostenuto in più occasioni che l’articolo 107, paragrafo 1, del trattato non fa alcuna distinzione fra le cause o le finalità degli aiuti di Stato, ma li definisce in relazione ai loro effetti (49). Alla luce di quanto precede, la Commissione osserva inoltre che non sono sufficienti a escludere la qualifica di aiuto di Stato della misura in esame né la finalità sociale, né lo svolgimento di attività di interesse sociale. |
(126) |
In terzo luogo, la Commissione osserva anche che, come già richiamato, una misura che deroga all’applicazione del regime tributario ordinario può essere giustificata dalla natura e dalla struttura generale del sistema tributario (di riferimento), in casu l'ICI. In questo contesto, come anche precisato al punto 26 della comunicazione della Commissione sull'applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese (50), è necessario operare una distinzione tra due categorie di obiettivi, e cioè gli obiettivi assegnati ad un determinato regime fiscale ed esterni ad esso (in particolare, obiettivi sociali o regionali) e gli obiettivi inerenti al sistema tributario stesso. Di conseguenza, le esenzioni fiscali che discendono da obiettivi esterni al regime fiscale di riferimento non possono eludere quanto disposto dall’articolo 107, paragrafo 1, del trattato (51). La ragion d’essere del regime tributario in esame è la riscossione di entrate per finanziare la spesa statale (52) mediante imposte sul possesso di immobili. La Commissione ritiene pertanto che gli obiettivi sociali perseguiti dagli enti che rientravano nel campo di applicazione dell'esenzione dall'ICI siano esterni alla logica del sistema tributario dell’ICI e non possano essere quindi invocati per giustificare prima facie la selettività della misura. |
(127) |
In quarto luogo, in linea con la giurisprudenza (53), per determinare se una misura possa essere giustificata dalla natura o dalla struttura generale del sistema in cui rientra, occorre stabilire non solo se la misura è parte integrante dei principi essenziali del sistema tributario applicabile nello Stato membro interessato, ma anche se è conforme ai principi di coerenza e proporzionalità. Tuttavia, dato che la misura in questione non discende direttamente dai principi basilari del sistema tributario di riferimento, la Commissione ritiene superfluo analizzare il sistema di controlli messi in atto dall’Italia per assicurare il rispetto delle condizioni per l’esenzione dall’ICI per gli enti non commerciali, come descritto dalle autorità italiane. In ogni caso, il trattamento fiscale differenziato degli enti non commerciali, introdotto dalla misura in esame, non è né necessario né proporzionato in relazione alla logica del sistema tributario. |
(128) |
Alla luce dei punti da (122) a (127), la Commissione conclude che la natura selettiva della misura fiscale in questione non è giustificata dalla logica del sistema tributario. Va quindi concluso che la misura contestata concede un vantaggio selettivo agli enti non commerciali che svolgono determinate attività. |
6.2.4. Effetti sugli scambi tra Stati membri e distorsione della concorrenza
(129) |
L’articolo 107, paragrafo 1, del trattato vieta gli aiuti che incidono sugli scambi tra Stati membri e falsano o minacciano di falsare la concorrenza. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia (54), per qualificare una misura nazionale come aiuto di Stato non è necessario dimostrare un’incidenza effettiva di tale aiuto sugli scambi tra gli Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma basta esaminare se l’aiuto sia idoneo a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza. È inoltre opportuno ricordare, come spiegato al punto (107), che, al fine di giungere a una conclusione in merito alla qualifica di un regime come aiuto di Stato, non è necessario dimostrare che tutte le singole misure concesse nell'ambito del regime si configurino come aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. A tal fine, per concludere che un regime presenta elementi di aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato, è sufficiente che nell’ambito della sua attuazione si presentino situazioni che si configurano come un aiuto. |
(130) |
Per quanto riguarda più precisamente il requisito dell’incidenza sugli scambi tra Stati membri, dalla giurisprudenza risulta che la concessione di un aiuto da parte di uno Stato membro in forma di sgravio fiscale ad alcuni soggetti passivi deve essere considerata tale da incidere su detti scambi e, conseguentemente, tale da soddisfare il requisito in esame, quando gli stessi soggetti passivi esercitano un’attività economica che costituisce l’oggetto di tali scambi o non può escludersi che essi siano in concorrenza con operatori stabiliti in altri Stati membri (55). Inoltre, quando l’aiuto concesso da uno Stato membro rafforza la posizione di un’impresa rispetto ad altre imprese concorrenti nell’ambito degli scambi interni all’Unione, questi ultimi devono ritenersi influenzati dall’aiuto. Non è del resto necessario che l’impresa beneficiaria stessa partecipi agli scambi interni all'Unione. Infatti, quando uno Stato membro concede un aiuto a un’impresa, l’attività sul mercato nazionale può risultarne invariata o aumentare, con la conseguenza che le opportunità per le imprese con sede in altri Stati membri di inserirsi nel mercato di quello Stato membro diminuiscono. |
(131) |
Quanto al requisito della distorsione della concorrenza, occorre ricordare che gli aiuti diretti a sgravare un’impresa dai costi cui avrebbe dovuto normalmente far fronte nell’ambito della propria gestione corrente o delle proprie normali attività falsano in linea di principio le condizioni di concorrenza (56). |
(132) |
Le autorità italiane non hanno presentato osservazioni al riguardo. Alcuni dei 78 terzi interessati ritengono che l’esenzione dall’ICI non sia stata in grado di produrre effetti significativi sugli scambi o distorsioni rilevanti sulla concorrenza, date le peculiari caratteristiche dei beneficiari della misura e le modalità con le quali questi svolgevano le attività all’origine dell’esenzione. |
(133) |
La Commissione non può dirsi d’accordo con quanto asserito da detti terzi interessati, che sostengono che l’esenzione in questione, concessa ad enti non commerciali operanti a livello locale, non abbia inciso in modo significativo sugli scambi, né provocato distorsioni rilevanti sulla concorrenza. Secondo una giurisprudenza consolidata, infatti, per causare effetti negativi sugli scambi è sufficiente che l’impresa beneficiaria sia attiva su un mercato aperto alla concorrenza (importazione o esportazione di beni o prestazione di servizi transnazionali) (57). Non è rilevante se i mercati interessati siano locali, regionali, nazionali o a livello di Unione. L’elemento decisivo non è la definizione sul piano sostanziale e geografico dei mercati rilevanti quanto piuttosto il potenziale effetto negativo sugli scambi all’interno dell’Unione. L'entità relativamente esigua di un aiuto o le dimensioni relativamente modeste dell'impresa beneficiaria non escludono a priori l'eventualità che vengano influenzati gli scambi all’interno dell'Unione (58). L’esiguità dell’aiuto o le modeste dimensioni delle imprese beneficiarie non escludono la presenza dell'aiuto (59). |
(134) |
Nella fattispecie, la Commissione osserva che perlomeno alcuni dei settori che hanno beneficiato dell'esenzione dall’ICI, quali i servizi ricettivi e sanitari, erano e sono effettivamente aperti alla concorrenza e agli scambi all'interno dell'Unione. Riguardo alla misura in esame, la Commissione ritiene che siano soddisfatte le condizioni definite nella giurisprudenza. La misura apporta infatti un vantaggio in termini di finanziamento delle attività svolte dagli enti interessati, sgravandoli da costi che avrebbe dovuto normalmente sostenere. La misura è pertanto atta a falsare la concorrenza. |
(135) |
La Commissione conclude pertanto che la misura in esame è atta a incidere sugli scambi tra gli Stati membri e a falsare la concorrenza ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del trattato. |
6.2.5. Conclusione sulla qualifica della misura contestata
(136) |
Alla luce di quanto precede, la Commissione giunge alla conclusione che la misura in esame soddisfa tutte le condizioni di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del trattato e che deve essere considerata aiuto di Stato. |
6.2.6. Qualificazione della misura come aiuto nuovo
(137) |
Nella decisione di avvio, la Commissione ha ritenuto che l’esenzione dall’ICI prevista dall’articolo 7, primo comma, lettera i), del Decreto legislativo n. 504/92 si configurasse come un aiuto nuovo. L’ICI, imposta annuale da versare ai comuni introdotta nel 1992, non era stata notificata alla Commissione, né questa l’ha mai approvata. L’esenzione in questione si applicava a un'ampia gamma di attività aperte alla concorrenza al momento della sua introduzione. |
(138) |
L’Italia sostiene che l’impostazione della Commissione nella decisione di avvio non sia corretta, ritenendo che qualora l’esenzione dall’ICI dovesse essere considerata un aiuto, tale aiuto andrebbe classificato come aiuto esistente. In effetti, l’ICI rappresenterebbe la logica evoluzione legislativa delle imposte patrimoniali sugli immobili, presentando con le imposte precedenti uno stretto rapporto di continuità formale e sostanziale. La concessione di un'esenzione agli immobili utilizzati per svolgere attività specifiche di alto valore sociale sarebbe una componente fondamentale di tutte le imposte sui patrimoni immobiliari introdotte a partire dal 1931, quindi ben prima dell'entrata in vigore del trattato CEE. |
(139) |
Le autorità italiane sostengono inoltre che le risposte sull’esenzione dall’ICI fornite dalla Commissione ai denuncianti, in merito alle quali l’Italia è stata informalmente messa al corrente, avrebbero ingenerato negli enti non commerciali un legittimo affidamento quanto alla compatibilità di tale esenzione con il diritto dell'Unione. |
(140) |
L’Italia ha presentato una descrizione dettagliata delle imposte sui beni immobili in vigore prima dell'ICI. Nel 1931, con il Testo unico della finanza locale, l’Italia ha introdotto i contributi di miglioria specifica e generica. Successivamente, nel 1963, la legge del 5 marzo 1963, n. 246 ha istituito un’imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili. Infine, il decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 643 ha introdotto l'imposta sull'incremento di valore degli immobili (la cosiddetta INVIM). Per il calcolo dei contributi di miglioria specifica e generica, si doveva tenere conto dell’incremento di valore dell’immobile. In misura analoga, anche l'imposta del 1963 colpiva il plusvalore delle aree fabbricabili. Tale plusvalore veniva tuttavia tassato in occasione dell’alienazione delle proprietà per atti inter vivos e, in generale, al compimento di ogni decennio di possesso del bene immobile. L’INVIM, introdotta nel 1972, ha sostituito sia l’imposta del 1931 che quella del 1963. Conformemente alla legge sull’INVIM, i soggetti passivi erano l'alienante a titolo oneroso o l'acquirente a titolo gratuito e, in ogni caso, l'imposta era dovuta al compimento di ogni decennio di possesso. L’INVIM è stata abolita in occasione dell’introduzione dell’ICI. Secondo l’Italia, tale analisi dimostrerebbe lo stretto rapporto di continuità tra i vari strumenti di imposizione fiscale sui beni immobili utilizzati dal 1931 in poi. L’Italia nota inoltre che le norme relative alle esenzioni dalle imposte sui beni immobili hanno sempre tenuto conto del tipo di attività svolto dall’ente beneficiario dell’esenzione. Il fatto che le categorie dei beneficiari dell’esenzione siano aumentate nel corso degli anni dipende semplicemente dal fatto che, nel tempo, si è ampliata la platea degli enti che svolgono attività di rilevanza sociale. |
(141) |
La Commissione non ritiene che le argomentazioni delle autorità italiane siano corrette. In primo luogo, la Commissione osserva che l’ICI è un’imposta di tipo completamente diverso rispetto alle precedenti imposte sugli immobili cui si è sostituita. In ogni caso vi sono numerose differenze sostanziali tra l’ICI e le precedenti imposte sui beni immobili, a livello di soggetti passivi, di base imponibile e di eventi che davano origine all'obbligo di pagamento delle imposte. In effetti, mentre fino all’introduzione dell’ICI le imposte sugli immobili venivano calcolate partendo dal plusvalore del bene immobile, l’ICI era calcolata sulla base della rendita catastale del bene. Inoltre, mentre l’INVIM individuava quali soggetti passivi l’alienante a titolo oneroso o l’acquirente a titolo gratuito, l’ICI era dovuta da ciascuna persona fisica o giuridica che possedeva un bene immobile. Infine, mentre l’INVIM era essenzialmente versata ogni dieci anni, l’ICI era dovuta ogni anno. Alla luce di quanto precede, la Commissione ritiene che le modifiche introdotte nel corso del tempo e, in particolare, con la legge sull’ICI, incidano sulla sostanza stessa del regime iniziale e non siano da esso separabili, cosicché il regime iniziale risulta trasformato in un nuovo regime di aiuti (60). La Commissione non ha motivo di rivedere quanto espresso nella decisione di avvio e conferma che l’esenzione dall’ICI costituiva un aiuto nuovo. |
(142) |
Per quanto riguarda la presunta autorizzazione della misura relativa all’ICI, la Commissione osserva che l’aiuto in questione non è mai stato autorizzato né dalla Commissione né dal Consiglio. Se fosse stato autorizzato, l’aiuto verrebbe considerato un aiuto esistente, conformemente all’articolo 1, lettera b), punto ii), del regolamento (CE) n. 659/1999, ma le lettere contenenti la valutazione preliminare della Commissione, che i servizi della Commissione inviano ai denuncianti nel quadro della procedura amministrativa che precede la decisione di avvio, non possono essere assimilate a decisioni della Commissione. Infatti, possono essere considerati aiuti esistenti ai sensi dell'articolo 1, lettera b), punto ii) soltanto gli aiuti che sono stati autorizzati dalla Commissione o dal Consiglio con una decisione esplicita. In ogni caso, contro la lettera inviata ai denuncianti in data 15 febbraio 2010 è stato presentato ricorso dinanzi al Tribunale da parte di due di essi, e pertanto tale lettera non è diventata definitiva; i ricorsi sono stati ritirati solo dopo la decisione di avvio. La Commissione conclude pertanto che, in assenza di una decisione della Commissione o del Consiglio, non trova applicazione l’articolo 1, lettera b), punto ii), del regolamento (CE) n. 659/1999. Pertanto, l’aiuto in questione non può essere considerato un aiuto esistente. Al contrario, esso rappresenta un aiuto nuovo. |
6.2.7. Compatibilità
(143) |
Nella decisione di avvio, la Commissione ha ritenuto che al regime di aiuto in questione non si potesse applicare nessuna delle deroghe di cui all’articolo 107, paragrafi 2 e 3, del trattato e che le autorità italiane non avessero dimostrato la compatibilità dell'aiuto ai sensi dell'articolo 106, paragrafo 2. |
(144) |
Nel corso del procedimento, le autorità italiane non hanno presentato argomenti per dimostrare che al regime in questione si possono applicare le deroghe di cui all’articolo 107, paragrafi 2 e 3, e all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato. Secondo alcuni dei 78 terzi interessati il regime era compatibile a norma dell’articolo 106, paragrafo 2, e dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato. A loro avviso l’esenzione era infatti necessaria per attività di interesse sociale fondate sul principio della solidarietà. Le due parti denuncianti ritengono che non sia applicabile nessuna delle deroghe previste dal trattato. |
(145) |
Secondo la Commissione, le deroghe di cui all'articolo 107, paragrafo 2, del trattato – che riguardano gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali, e gli aiuti concessi a determinate regioni della Repubblica federale di Germania - non si applicano nella fattispecie. |
(146) |
Lo stesso vale per la deroga di cui all'articolo 107, paragrafo 3, lettera a), che prevede l'autorizzazione di aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso oppure si registri una grave forma di sottoccupazione, e delle regioni di cui all’articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale. La misura in esame non può nemmeno essere considerata atta a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia dell’Italia, come dispone l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b). |
(147) |
Conformemente all’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività economiche possono essere considerati compatibili sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. Alla Commissione non sono stati tuttavia forniti elementi concreti per valutare se l'esenzione fiscale concessa dalla misura in esame fosse relativa a investimenti specifici o a progetti autorizzati a ricevere aiuti ai sensi delle norme e degli orientamenti dell'Unione oppure direttamente compatibili con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera c). La Commissione non può quindi dirsi d’accordo con la posizione dei terzi interessati che invocano la compatibilità della misura ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), richiamandosi alla necessità di consentire agli enti non commerciali di svolgere attività che si fondano sul principio di solidarietà e hanno un'elevata funzione sociale. In particolare, alla luce della natura stessa del vantaggio, che è semplicemente collegato all'abbattimento dell’imposta relativa al possesso di immobili, non è possibile stabilirne la necessità e la proporzionalità in rapporto al conseguimento di un obiettivo di interesse comune per i singoli casi. La Commissione ritiene pertanto che la misura in questione non possa considerarsi compatibile in base a nessuno degli orientamenti fondati sull'articolo 107, paragrafo 3, lettera c). |
(148) |
Secondo l'articolo 107, paragrafo 3, lettera d), del trattato possono considerarsi compatibili col mercato interno gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell'Unione in misura contraria all'interesse comune. Nella decisione di avvio la Commissione non ha ritenuto possibile escludere a priori che alcuni enti - ad esempio gli enti non commerciali che svolgono esclusivamente attività didattiche, culturali e ricreative - avessero a oggetto la promozione della cultura e della conservazione del patrimonio e che potessero quindi rientrare nel campo d'applicazione dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera d), del trattato. Tuttavia, né l’Italia, né le parti interessate hanno fornito alla Commissione qualsivoglia elemento che avrebbe potuto dimostrare, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera d), del trattato, la compatibilità della misura in questione per determinati enti (61). Anche in questo contesto, per la natura stessa del vantaggio risulta impossibile ritenere l’aiuto necessario e proporzionato in tutti i singoli casi. |
(149) |
Infine, nella decisione di avvio, la Commissione non ha escluso che alcune delle attività beneficiarie delle misure in questione potessero essere classificate ai sensi della legge italiana come servizi di interesse economico generale, conformemente dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato e della giurisprudenza Altmark. Alcune parti interessate ritengono che la Commissione debba valutare la misura alla luce dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato, senza tuttavia fornire alcun elemento utile per l’analisi. Le due parti sono del parere che la misura non soddisfi i criteri di cui alla giurisprudenza Altmark. Ciò detto e considerando che né l’Italia né i terzi interessati hanno fornito alcuna informazione che permettesse alla Commissione di valutare la misura alla luce dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato, la Commissione conclude che non è possibile stabilire se le attività in questione possano essere classificate come servizi di interesse economico generale conformemente al richiamato articolo. Del pari, non è possibile stabilire se, in ogni singolo caso, l'aiuto sia necessario e proporzionato a coprire i costi generati per assolvere obblighi di servizio pubblico o per prestare servizi di interesse economico generale. |
(150) |
Alla luce di quanto precede, la Commissione conclude che il regime di aiuti in questione è incompatibile con il mercato interno. |
6.3. Articolo 149, quarto comma, del TUIR
(151) |
Nella decisione di avvio, la Commissione ha considerato che la misura in questione sembrava costituire un aiuto di Stato. Nella sezione che segue, la Commissione procederà a verificare se l'articolo 149, quarto comma, del TUIR costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del TFUE. |
(152) |
Le autorità italiane hanno spiegato che l’articolo 149, secondo comma, del TUIR contiene un elenco non esaustivo di parametri di cui si può tenere conto per valutare la natura commerciale di un ente (62). Il riscontro di uno o più di tali parametri non comporta automaticamente la perdita della qualifica di ente non commerciale (non avendo gli stessi valore di presunzioni legali) ma costituisce piuttosto un indizio dell’eventuale natura commerciale dell’ente. Per quanto riguarda gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, l’Italia ricorda che la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 124/E, del 12 maggio 1998, ha chiarito che gli enti ecclesiastici possono beneficiare del trattamento fiscale riservato agli enti non commerciali soltanto se non hanno per oggetto principale l’esercizio di attività commerciali. In ogni caso, gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti devono conservare la prevalenza dell’attività istituzionale di ispirazione eminentemente idealistica. Pertanto, l’articolo 149, quarto comma, del TUIR si limita a escludere l’applicazione dei particolari parametri temporali e di commercialità di cui all'articolo 149, primo e secondo comma, agli enti ecclesiastici e alle associazioni sportive dilettantistiche, ma non esclude che tali enti possano perdere la qualifica di enti non commerciali. |
(153) |
Le autorità italiane hanno sottolineato che la misura è volta a preservare la competenza esclusiva riconosciuta al CONI per quanto riguarda le associazioni sportive dilettantistiche e al Ministero dell’Interno per quanto riguarda gli enti ecclesiastici. |
(154) |
Più precisamente, per quanto concerne gli enti ecclesiastici, la legge n. 222/1985 di attuazione degli accordi internazionali tra l’Italia e la Santa Sede disciplina, tra l'altro, i poteri attribuiti al Ministero dell’Interno. L’Italia ha sottolineato che il Ministero dell’Interno ha competenza esclusiva tanto per il riconoscimento della personalità giuridica di diritto civile degli enti ecclesiastici quanto per la revoca di tale riconoscimento (63). L’articolo 149, quarto comma, del TUIR confermerebbe l’attribuzione di tale competenza esclusiva, impedendo la revoca implicita della personalità giuridica di diritto civile degli enti ecclesiastici da parte delle autorità tributarie. Qualora il Ministero dell’interno revocasse la personalità giuridica di diritto civile di un ente ecclesiastico, quest’ultimo perderebbe la qualifica di ente non commerciale e non potrebbe più beneficiare del trattamento fiscale applicabile agli enti non commerciali. Conformemente al decreto del Presidente della Repubblica n. 361/2000, il Ministero dell’interno, tramite i prefetti, verifica anche che gli enti ecclesiastici continuino a soddisfare i requisiti per mantenere la personalità giuridica di diritto civile. |
(155) |
Con riferimento alle associazioni sportive dilettantistiche, l’Italia ha confermato che il CONI è l’unico organismo che può verificare l'effettivo svolgimento dell'attività sportiva svolta dalle associazioni. Le autorità italiane hanno inoltre chiarito che le associazioni sportive dilettantistiche possono perdere la qualifica di ente non commerciale se il CONI conclude che esse non svolgono attività sportive dilettantistiche. Le associazioni sportive dilettantistiche sono tenute a comunicare le pertinenti informazioni fiscali che le riguardano tramite l’apposito modello EAS (64). Tuttavia, le associazioni sportive dilettantistiche che non svolgono attività commerciali non sono tenute a presentare tale modello. Alla luce di quanto precede risulta che le autorità italiane hanno previsto e attivato strumenti adeguati che permettono di verificare, anche da un punto di vista fiscale, le attività svolte dalle associazioni sportive dilettantistiche. |
(156) |
Inoltre, l’Italia ha spiegato che se le autorità fiscali accertano che gli enti ecclesiastici e le associazioni sportive dilettantistiche svolgono in misura predominante attività commerciali, esse ne informano immediatamente il Ministero dell’interno e il CONI. Resta inteso che il Ministero dell’Interno e il CONI provvedono inoltre ad effettuare autonomamente controlli, conformemente ai poteri loro attribuiti dalla legge. Parallelamente, le autorità fiscali dispongono la rettifica delle dichiarazioni dell'ente non commerciale interessato e procedono al recupero a tassazione della relativa differenza. |
(157) |
Le autorità italiane hanno confermato che sono stati effettivamente realizzati controlli sugli enti non commerciali (65). A tale proposito, l’Agenzia delle Entrate ha recentemente diramato istruzioni operative specifiche relative agli enti non commerciali destinate agli uffici territoriali (66). Per quanto riguarda gli enti ecclesiastici, il Ministero dell’interno ha inoltre realizzato una serie di controlli d'ufficio su tali enti, senza mai riscontrare casi di abuso. |
(158) |
Alla luce di quanto precede, la Commissione ritiene che esistano gli strumenti giuridici per garantire un'efficace prevenzione e repressione degli abusi della qualifica di ente non commerciale da parte di enti ecclesiastici e di associazioni sportive dilettantistiche. Le autorità italiane hanno inoltre dimostrato che le autorità competenti ottemperano agli obblighi di controllo e che, in realtà, tanto gli enti ecclesiastici quanto le associazioni sportive dilettantistiche possono perdere la qualifica di ente non commerciale se svolgono attività prevalentemente economiche. Pertanto, anche gli enti ecclesiastici e le associazioni sportive dilettantistiche possono perdere il beneficio del trattamento fiscale riservato agli enti non commerciali in genere. Non risulta pertanto sussistere quel sistema di “qualifica permanente di ente non commerciale” di cui parlano i denuncianti. Il semplice fatto che si applichino procedure specifiche ai controlli relativi agli enti ecclesiastici con personalità giuridica di diritto civile e alle associazioni sportive dilettantistiche in questione non comporta un vantaggio. |
(159) |
La Commissione conclude quindi che l'articolo 149, quarto comma, del TUIR non conferisce alcun vantaggio selettivo né agli enti ecclesiastici né alle associazioni sportive dilettantistiche. La misura non costituisce pertanto un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. |
6.4. L’esenzione dall’IMU
(160) |
In seguito all’introduzione dell’IMU - la nuova imposta municipale sui beni immobili che ha sostituito l'ICI - su richiesta delle autorità italiane e alla luce delle osservazioni dei denuncianti in merito alla nuova normativa, la Commissione ha accettato di verificare se la nuova esenzione dall’IMU concernente gli enti non commerciali che svolgono attività specifiche sia conforme alle norme in materia di aiuti di Stato. La Commissione valuterà pertanto se l'esenzione dall'IMU in questione si configuri come un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. |
(161) |
La Commissione osserva che, dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 1/2002, convertito con legge n. 27/2012, l’esenzione prevista dall’articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92 si applica agli immobili degli enti non commerciali soltanto se le attività ivi elencate vengono svolte con modalità non commerciali. Le disposizioni relative alla «utilizzazione mista» degli immobili, sia nel caso in cui le porzioni di immobili presentino autonomia funzionale e reddituale, sia nel caso in cui risulti necessaria la dichiarazione degli enti interessati, avranno effetto dal 1o gennaio 2013. |
(162) |
Secondo la Commissione, le nuove norme esprimono in modo chiaro che l'esenzione può essere garantita soltanto se non vengono svolte attività commerciali. Non sono quindi più possibili le situazioni ibride create dalla normativa ICI, in base alla quale, in alcuni immobili che beneficiavano di esenzioni fiscali, si svolgevano attività di natura commerciale. |
(163) |
In generale, l’interpretazione del concetto di attività economica dipende, tra le altre cose, dalle circostanze specifiche, dal modo in cui l'attività è organizzata dallo Stato e dal contesto in cui viene organizzata. Per determinare il carattere non economico di un’attività ai sensi della giurisprudenza dell’Unione occorre esaminare la natura, lo scopo e le norme che regolano tale attività. Il fatto che alcune attività possano essere qualificate come «sociali» non basta a escluderne la natura economica. Tuttavia, anche la Corte di giustizia dell’Unione europea ha riconosciuto che alcune attività che adempiono una funzione puramente sociale possono essere considerate non economiche, soprattutto in settori collegati ai doveri e alle responsabilità fondamentali dello Stato. |
(164) |
Ciò detto, per quanto riguarda l’IMU, la Commissione ritiene essenziale determinare in via preliminare se i criteri previsti dal sistema giuridico italiano per escludere la natura commerciale delle attività che beneficiano dell'esenzione dall’IMU siano conformi al concetto di attività non economica previsto dal diritto dell’Unione. |
(165) |
A tale proposito, come illustrato al punto (82) e seguenti, le autorità italiane hanno recentemente approvato le disposizioni di attuazione previste dall’articolo 91bis, terzo comma, del decreto-legge n. 1/2012. Il regolamento del Ministero dell’economia e delle finanze del 19 novembre 2012 stabilisce, tra l’altro, i requisiti generali e settoriali che permettono di stabilire quando le attività di cui all’articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92 vengono svolte con modalità non commerciali. |
(166) |
Innanzitutto, l’articolo 1, primo comma, lettera p), del regolamento ministeriale del 19 novembre 2012 definisce il concetto di «modalità non commerciali». Le attività istituzionali sono considerate svolte con modalità non commerciali quando a) sono prive di scopo di lucro, b) conformemente al diritto dell’Unione europea, per loro natura, non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che perseguono uno scopo di lucro e c) costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà. Al riguardo, il requisito di cui alla lettera b) costituisce una tutela importante poiché, riferendosi espressamente al diritto dell'Unione, garantisce in generale che l'attività non sia in concorrenza con altri operatori del mercato che perseguono uno scopo di lucro, caratteristica, questa, fondamentale per le attività non economiche (67). |
(167) |
In secondo luogo, l’articolo 3 del regolamento definisce i requisiti generali di carattere soggettivo che devono essere indicati nell’atto costitutivo o nello statuto dell'ente non commerciale affinché le attività previste vengano svolte con modalità non commerciali. I criteri sono i seguenti: a) divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili, avanzi di gestione, fondi, riserve o capitale durante la vita dell’ente, a meno che la distribuzione non sia imposta per legge ovvero sia effettuata a favore di enti che fanno parte della medesima ed unitaria struttura e svolgono la medesima attività; b) obbligo di reinvestire gli eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente per lo sviluppo di attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale; c) in caso di scioglimento dell’ente non commerciale, obbligo di devolvere il patrimonio ad altro ente non commerciale che svolga un’analoga attività istituzionale, salvo diversa destinazione imposta dalla legge. |
(168) |
In terzo luogo, l'articolo 4 del regolamento individua altri requisiti che devono essere soddisfatti, assieme alle condizioni di cui agli articoli 1 e 3, affinché le attività di cui all'articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92 siano considerate svolte con modalità non commerciali. |
(169) |
In particolare, per quanto riguarda lo svolgimento di attività assistenziali e di attività sanitarie, il regolamento stabilisce che queste sono svolte con modalità non commerciali se risulta soddisfatta almeno una delle seguente condizioni: a) le attività sono accreditate dallo Stato, e sono fornite nell’ambito di un contratto o di una convenzione con lo Stato, le regioni o gli enti locali e sono svolte in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico, fornendo agli utenti un servizio a titolo gratuito o dietro versamento di un importo che rappresenta una semplice partecipazione alla spesa prevista per la copertura del servizio universale; b) se non accreditate e svolte nell’ambito di un contratto o una convenzione, le attività sono fornite a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e comunque non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività realizzate con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio. |
(170) |
Rispetto alla prima condizione, la Commissione osserva innanzitutto che, come hanno spiegato le autorità italiane, gli enti interessati, per poter beneficiare dell’esenzione, devono formare parte integrante del sistema sanitario nazionale, che offre una copertura universale e si basa sul principio di solidarietà. In tale sistema, gli ospedali pubblici sono finanziati direttamente dai contributi sociali e da altre risorse statali. Tali ospedali forniscono il servizio a titolo gratuito sulla base della copertura universale o dietro versamento di un importo ridotto, che copre soltanto una piccola frazione del costo effettivo del servizio. Gli enti non commerciali che rientrano nella stessa categoria e che soddisfano le stesse condizioni sono anch’essi considerati facenti parte integrante del sistema sanitario nazionale (68). Alla luce delle caratteristiche precipue del caso di specie e conformemente ai principi stabiliti dalla giurisprudenza dell’Unione (69), considerato che il sistema nazionale italiano fornisce un sistema di copertura universale, la Commissione conclude che gli enti in parola che svolgono le attività sopra descritte e che soddisfano tutte le condizioni previste dalla legge, non possono essere considerati imprese. |
(171) |
In merito alla seconda condizione, il regolamento prevede che le attività siano svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico. I servizi forniti a titolo gratuito non costituiscono in generale un'attività economica. In particolare, questo è il caso se, come stabilito all’articolo 1, i servizi non sono offerti in concorrenza con altri operatori del mercato. Lo stesso vale per i servizi forniti dietro versamento di un compenso simbolico; al riguardo si noti, da un lato, che a norma del regolamento, per avere natura simbolica il compenso non deve essere commisurato al costo del servizio, e dall’altro, che il limite della metà del prezzo medio, fissato per le stesse attività svolte nello stesso ambito territoriale con modalità concorrenziali, può essere utilizzato solo per escludere il diritto all'esenzione (come indicano le parole «in ogni caso») e non implica a contrario che possano beneficiare dell'esenzione i fornitori di servizi che applicano un prezzo al di sotto di tale limite. Pertanto, considerando che le attività assistenziali e quelle sanitarie soddisfano altresì i requisiti generali e soggettivi di cui agli articoli 1 e 3 del regolamento, la Commissione conclude che dette attività, svolte nel rispetto dei principi stabiliti dalla legislazione vigente, non costituiscono attività economica. |
(172) |
Per quanto riguarda le attività didattiche, queste si ritengono svolte con modalità non commerciali se sono soddisfatte alcune condizioni specifiche. In particolare, l'attività deve essere paritaria rispetto all'istruzione pubblica e la scuola deve garantire la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni; la scuola deve inoltre accogliere gli alunni portatori di handicap, applicare la contrattazione collettiva, avere strutture adeguate agli standard previsti e prevedere la pubblicazione del bilancio. Oltre a ciò, l’attività deve essere svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un importo simbolico, tale da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso. Al riguardo, la Commissione ricorda che, conformemente alla giurisprudenza (70), non costituiscono attività economica i corsi offerti da determinati stabilimenti che formano parte del sistema dell’istruzione pubblica e sono finanziati, del tutto o prevalentemente, con fondi pubblici. La natura non economica dell’istruzione pubblica non viene in linea di principio contraddetta dal fatto che talvolta gli alunni o i loro genitori debbano versare tasse scolastiche o di iscrizione, che contribuiscono ai costi di esercizio del sistema scolastico, purché tali contributi finanziari coprano solo una frazione del costo effettivo del servizio e non possano pertanto considerarsi una retribuzione del servizio prestato. Come anche la Commissione ha riconosciuto nella comunicazione sull'applicazione delle norme dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale (71), tali principi riguardano la formazione professionale, la scuola elementare e gli asili nido privati e pubblici, l'attività d'insegnamento esercitata in via accessoria nelle università, nonché l'offerta di istruzione universitaria. Alla luce di quanto precede, la Commissione ritiene che le rette di importo simbolico cui si riferisce il decreto non possano essere considerate una remunerazione del servizio fornito. Pertanto, nella fattispecie, considerati i requisiti generali e soggettivi di cui agli articoli 1 e 3 del regolamento e i requisiti oggettivi specifici di cui all’articolo 4, la Commissione ritiene che il servizio didattico fornito dagli enti in questione non possa essere considerato un’attività economica. |
(173) |
Per quanto riguarda le attività ricettive, culturali, ricreative e sportive, l’articolo 4 del regolamento indica che queste devono essere fornite a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e in ogni caso non superiori alla metà del prezzo medio praticato per attività analoghe svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio. Tale requisito è identico alla seconda condizione prevista per le attività assistenziali e sanitarie esaminate al punto (171) e quindi valgono le stesse considerazioni di cui sopra. I servizi forniti a titolo gratuito non costituiscono in generale un'attività economica. Lo stesso vale per i servizi forniti dietro versamento di un compenso simbolico; al riguardo si noti, da un lato, che a norma del regolamento, per avere natura simbolica il compenso non deve essere in relazione con il costo del servizio, e dall’altro, che il limite della metà del prezzo medio, fissato per le stesse attività svolte nel medesimo ambito territoriale con modalità commerciali, può essere utilizzato solo per escludere il diritto all'esenzione (come indicano le parole «in ogni caso») e non implica a contrario che possano beneficiare dell'esenzione i fornitori di servizi che applicano un prezzo al di sotto di tale limite. |
(174) |
Inoltre, per le attività ricettive e sportive, la Commissione prende in considerazione altresì i requisiti ulteriori derivanti dalle definizioni di tali attività contenute nell'articolo 1, primo comma, lettere j) ed m) del regolamento. In particolare, per quanto riguarda le attività ricettive, il regolamento limita l’esenzione alle attività svolte da enti non commerciali che prevedono l’accessibilità a determinate categorie di destinatari e la discontinuità nell’apertura. Più nello specifico, per quanto riguarda la «ricettività sociale», il regolamento precisa che le attività devono essere dirette a persone con bisogni speciali temporanei o permanenti o a persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari. Resta inteso che l’ente può richiedere soltanto il versamento di una retta di importo simbolico e in ogni caso non superiore alla metà del prezzo medio praticato per attività analoghe svolte da enti commerciali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio. Il regolamento chiarisce inoltre che in ogni caso l’esenzione non è applicabile alle attività svolte in strutture alberghiere o paralberghiere, di cui all’articolo 9 del decreto legislativo del 23 maggio 2011, n. 79 (72). L’esenzione risulta pertanto esclusa per quanto riguarda le attività svolte, tra l’altro, in alberghi, motel e bed and breakfast. Considerato che nella fattispecie gli enti non commerciali che offrono attività ricettive devono soddisfare i requisiti generali soggettivi ed oggettivi di cui agli articoli 1, 3 e 4 del regolamento, la Commissione ritiene che, alla luce delle peculiarità del caso in questione, le attività in oggetto, che presentano le sopracitate caratteristiche, non costituiscano un’attività economica ai sensi del diritto dell’Unione. |
(175) |
Pertanto, considerate le circostanze specifiche del caso in esame e visto che gli enti non commerciali che svolgono attività ricettive, culturali, ricreative e sportive devono soddisfare altresì i requisiti di cui agli articoli 1 e 3 del regolamento, la Commissione conclude che tali attività, svolte nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge, non sono considerate attività economiche. |
(176) |
Concludendo, la Commissione ritiene che, in base alle informazioni trasmesse dalle autorità italiane, alla luce delle caratteristiche specifiche e peculiari del caso in oggetto, le attività esaminate nei punti che precedono, svolte da enti non commerciali nel pieno rispetto dei criteri generali soggettivi ed oggettivi di cui agli articoli 1, 3 e 4 del regolamento, non hanno natura economica. Pertanto, gli enti non commerciali in questione, quando svolgono le attività suindicate rispettando integralmente le condizioni previste dalla legislazione italiana non agiscono come imprese ai sensi del diritto dell’Unione. Dato che l’articolo 107, paragrafo 1, del trattato si applica soltanto alle imprese, nel caso di specie la misura non risulta rientrare nel campo di applicazione di tale articolo. |
(177) |
La Commissione ricorda infine che, a partire dal 1o gennaio 2013, in caso di utilizzazione mista di un immobile la legislazione italiana consentirà di calcolare il rapporto proporzionale dell’uso commerciale dell’immobile e di applicare l’IMU solo alle attività economiche. La Commissione osserva al riguardo che, nei casi in cui un ente svolga attività sia economiche che non economiche, l’esenzione parziale, di cui beneficia per la frazione dell’immobile utilizzata per attività non economiche, non rappresenta un vantaggio per tale ente quando presta un'attività economica in quanto impresa. In una situazione del genere la misura non costituisce pertanto un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. |
6.5. Recupero
(178) |
Conformemente alle disposizioni del trattato e alla giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia dell’Unione europea, qualora abbia accertato l'incompatibilità dell'aiuto con il mercato interno, la Commissione è competente per decidere se lo Stato interessato debba abolire o modificare l’aiuto (73). Sempre secondo la giurisprudenza costante della Corte, l’obbligo imposto a uno Stato di sopprimere un aiuto che la Commissione considera incompatibile con il mercato interno è finalizzato al ripristino della situazione preesistente (74). Al riguardo, la Corte ha stabilito che tale obiettivo è raggiunto quando il beneficiario ha rimborsato gli importi concessi a titolo di aiuti illeciti, perdendo quindi il vantaggio di cui aveva fruito sul mercato rispetto ai suoi concorrenti, ed è ripristinata la situazione esistente prima della corresponsione dell'aiuto (75). |
(179) |
Sulla base di tale giurisprudenza, l'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 659/99 (76) stabilisce che «nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di prendere tutte le misure necessarie per recuperare l'aiuto dal beneficiario». |
(180) |
Pertanto, dal momento che la misura di esenzione dall’ICI deve essere considerata un aiuto illegale e incompatibile, in linea di principio, l’importo dell’aiuto deve essere restituito al fine di ripristinare la situazione di mercato precedente la concessione dell’aiuto. |
(181) |
Tuttavia, il regolamento (CE) n. 659/99 impone limiti alle disposizioni di recupero. In particolare, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, «la Commissione non impone il recupero dell'aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario», ad esempio la tutela del legittimo affidamento. La Corte di giustizia ha anche ammesso un'eccezione all'obbligo posto a carico di uno Stato membro di dare esecuzione a una decisione di recupero ad esso destinata, ossia l'esistenza di circostanze eccezionali da cui derivi l'impossibilità assoluta per lo Stato membro di dare corretta esecuzione alla decisione (77). |
(182) |
Considerato che tali eccezioni sono state invocate dalle autorità italiane nel contesto dell’indagine formale, la Commissione deve esaminare se esse siano applicabili al caso di specie, al fine di determinare se sia necessario procedere al recupero. |
6.5.1. Legittimo affidamento
(183) |
Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia e la prassi decisionale della Commissione, un ordine di recupero di un aiuto comporta una violazione di un principio generale del diritto dell’Unione qualora, per effetto dell’azione della Commissione, sia sorto nel beneficiario il legittimo affidamento che l’aiuto è stato accordato conformemente alla normativa dell’Unione. |
(184) |
La Corte ha ripetutamente affermato che il diritto di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento si estende a tutti i soggetti nei confronti dei quali un’istituzione dell’Unione abbia fatto sorgere aspettative fondate. Una persona non può tuttavia invocare la tutela del legittimo affidamento se le autorità amministrative non le hanno fornito assicurazioni precise (78). |
(185) |
Nel caso in oggetto, le autorità italiane e i 78 terzi interessati hanno essenzialmente invocato la tutela del legittimo affidamento sulla base di una risposta ad un'interrogazione parlamentare scritta del 2009 (79). Nella risposta a tale interrogazione, la Commissione dichiara che essa «ha effettuato una valutazione preliminare e ha ritenuto che non fossero giustificate ulteriori indagini, giacché risulta improbabile che il regime ICI ponga le istituzioni ecclesiastiche in una posizione vantaggiosa sotto il profilo della concorrenza». |
(186) |
La Commissione ritiene che tale risposta non abbia ingenerato alcun legittimo affidamento, per i seguenti motivi. |
(187) |
Innanzitutto, la dichiarazione della Commissione si basava semplicemente su una «valutazione preliminare»; la Commissione non ha dichiarato di aver preso una decisione, ma ha semplicemente ritenuto che non vi fosse motivo di effettuare ulteriori indagini. In secondo luogo, la Commissione si è espressa in termini dubitativi, sostenendo che era improbabile che l’esenzione dall’ICI conferisse un vantaggio alle istituzioni ecclesiastiche. In terzo luogo, l’interrogazione e la risposta fanno esclusivamente riferimento agli enti ecclesiastici, che rappresentano una sottocategoria degli enti non commerciali interessati dall’esenzione dall'ICI. |
(188) |
Alla luce di quanto precede, la Commissione ritiene di non avere fornito assicurazioni specifiche, incondizionate e concordanti di natura tale da indurre i beneficiari della misura in questione a nutrire fondate aspettative che il regime fosse legittimo, nel senso che non rientrasse nel campo d’azione delle norme in materia di aiuti di Stato e che pertanto gli eventuali vantaggi derivanti da tale misura non potessero essere oggetto di procedure di recupero. In conclusione, la Commissione ritiene di non avere reso alcuna dichiarazione precisa e incondizionata volta ad assicurare che l’esenzione dall’ICI in questione non avrebbe dovuto essere considerata un aiuto di Stato. |
(189) |
L’Italia ha inoltre sostenuto che le risposte sull’esenzione dall’ICI fornite dalla Commissione ai denuncianti, in merito alle quali le autorità italiane sono state informalmente messe al corrente, avrebbero ingenerato un legittimo affidamento negli enti non commerciali a proposito della compatibilità di tale esenzione con il diritto dell’Unione. La Commissione non concorda con le osservazioni dell’Italia. In effetti, le lettere contenenti una valutazione preliminare che i servizi della Commissione hanno inviato ai denuncianti, delle quali lo Stato membro viene messo a conoscenza soltanto in modo informale, non rappresentano la posizione definitiva della Commissione. Mentre le decisioni della Commissione sono rese pubbliche e sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale, ciò non avviene nel contesto di una semplice procedura amministrativa in cui, sulla base dei dati disponibili, i servizi della Commissione non nutrono seri dubbi sulla compatibilità delle misure in esame. Inoltre, contro la lettera inviata ai denuncianti in data 15 febbraio è stato presentato ricorso dinanzi al Tribunale da parte di due di essi, e pertanto tale lettera non è diventata definitiva; i ricorsi sono stati ritirati solo dopo la decisione di avvio. |
(190) |
La Commissione conclude pertanto che nel caso di specie, l’Italia e i 78 terzi interessati non hanno ricevuto alcuna garanzia da parte di una istituzione dell’Unione che giustificasse il legittimo affidamento, impedendo quindi alla Commissione di disporre un recupero. |
6.5.2. Circostanze eccezionali: assoluta impossibilità di dare esecuzione al recupero.
(191) |
Conformemente all’articolo 288 del trattato, lo Stato membro cui è destinata una decisione di recupero è tenuto a eseguirla. Come indicato sopra, esiste un’eccezione a tale obbligo, rappresentata dal caso in cui lo Stato membro dimostri l'esistenza di circostanze eccezionali che rendono la corretta esecuzione della decisione assolutamente impossibile. |
(192) |
Solitamente, gli Stati membri invocano tale possibilità nel quadro delle discussioni con la Commissione successive all’adozione della decisione (80). Nella fattispecie, tuttavia, l’Italia ha sostenuto, prima dell’adozione della decisione, che non si doveva disporre il recupero, in quanto sarebbe stato assolutamente impossibile darvi esecuzione. Poiché l’Italia ha sollevato tale questione in sede di indagine formale e poiché, secondo un principio generale di diritto, nessuno può essere obbligato a fare l’impossibile, la Commissione ritiene necessario che la questione venga affrontata nella presente decisione. |
(193) |
Occorre innanzitutto ricordare che la Corte di giustizia ha costantemente dato un’interpretazione molto restrittiva della nozione di «assoluta impossibilità». La condizione dell'assoluta impossibilità di procedere al recupero non è soddisfatta quando lo Stato membro si limita a comunicare alla Commissione le difficoltà giuridiche, politiche o pratiche che l'esecuzione della decisione comporta (81). L’unico caso in cui può essere accolta l’impossibilità assoluta è quello in cui il recupero sia fin dall'origine, e in maniera obiettiva e assoluta, impossibile da realizzare (82). |
(194) |
Nel caso in oggetto, le autorità italiane hanno sostenuto che sarebbe assolutamente impossibile definire, sia quali immobili appartenenti agli enti non commerciali erano destinati all’esercizio di attività non aventi esclusivamente natura commerciale, sia recuperare le informazioni necessarie per determinare l’importo dell’imposta che avrebbe dovuto essere versato. |
(195) |
Le autorità italiane, infatti, hanno spiegato che, a causa della struttura del catasto, risulta impossibile estrapolare, con effetto retroattivo, dalle banche dati catastali i dati relativi agli immobili appartenenti ad enti non commerciali destinati ad attività non aventi esclusivamente natura commerciale del tipo indicato nelle disposizioni di esenzione dall’ICI. Le informazioni presenti nel catasto non permettono di risalire alle attività svolte nell'immobile. In altri termini, sulla base dei dati presenti nel catasto, non è possibile determinare se, in un determinato immobile, un ente ha svolto attività commerciali o non commerciali. Infatti, ogni singolo immobile (comprese le porzioni di immobili aventi un classamento separato) è censito in catasto soltanto sulla base delle sue caratteristiche oggettive, che riflettono gli elementi fisici e strutturali riconducibili alla sua destinazione d'uso. |
(196) |
Con riferimento alle banche dati fiscali e, in particolare, agli archivi delle dichiarazioni dei redditi presentate dagli enti non commerciali, l’Italia ha chiarito che le stesse consentono solo di individuare gli immobili utilizzati con modalità non commerciali. In tal caso, infatti, i fabbricati che generano reddito devono essere indicati nel Modello Unico della dichiarazione dei redditi nel Quadro RB relativo al reddito dei fabbricati, mentre non va compilato il Quadro RS relativo ai costi e ricavi promiscui. D’altra parte, nel caso in cui un ente non commerciale possieda immobili in cui si svolgono anche attività commerciali, vanno compilati sia il Quadro RB che il Quadro RS. Tuttavia, se nel Quadro RB vengono dichiarati più fabbricati, non risulta possibile individuare l’immobile in cui si è svolta l’attività che ha generato il reddito indicato nella dichiarazione. In ogni caso, va osservato che il Quadro RS del Modello Unico comprende dati aggregati su costi e redditi relativi a beni e servizi utilizzati con modalità commerciali e non commerciali (beni e servizi adibiti promiscuamente all'esercizio di attività commerciali e di altre attività). Ciò detto, anche quando nel Quadro RB viene indicato un solo fabbricato, a causa delle caratteristiche strutturali del sistema catastale (che non permettono una ripartizione proporzionale tra gli usi commerciali e non commerciali del fabbricato), non risulta possibile individuare in quale porzione dell’immobile sono state realizzate le attività economiche che hanno generato il reddito denunciato nella dichiarazione. |
(197) |
La Commissione ritiene pertanto che le autorità italiane abbiano dimostrato che i beneficiari dell’aiuto in questione non possono essere identificati e che l’aiuto non può essere oggettivamente calcolato a causa della mancanza di dati disponibili. In effetti, le banche dati fiscali e catastali non consentono di individuare gli immobili appartenenti ad enti non commerciali, che sono stati destinati ad attività non esclusivamente commerciali del tipo indicato nelle disposizioni sull’esenzione dall’ICI, né, di conseguenza, consentono di ottenere le informazioni necessarie per calcolare l'importo dell'imposta da recuperare. Pertanto, l’attuazione di un’eventuale ingiunzione di recupero risulterebbe impossibile in termini oggettivi e assoluti. |
(198) |
Per concludere, la Commissione ritiene che, alla luce della specificità del caso in esame, risulterebbe assolutamente impossibile per l’Italia procedere al recupero di eventuali aiuti illegittimamente concessi nel quadro delle disposizioni di esenzione dall'ICI. Non si procede dunque al recupero degli aiuti derivanti dall'esenzione illegittima ed incompatibile relativa all'imposta comunale sugli immobili. |
7. CONCLUSIONE
(199) |
La Commissione conclude che l’Italia ha illegittimamente attuato l’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili prevista dall’articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92 in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato. |
(200) |
Poiché per il regime in questione non è possibile individuare alcun motivo di compatibilità, lo stesso risulta incompatibile con il mercato interno. Tuttavia, alla luce delle circostanze eccezionali invocate dall’Italia, non deve essere disposto il recupero dell’aiuto, avendo l’Italia dimostrato l’impossibilità assoluta di darvi esecuzione. |
(201) |
La Commissione ritiene che l’articolo 149, quarto comma, del TUIR non costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. |
(202) |
Infine, alla luce delle specifiche caratteristiche della misura di esenzione dall’IMU per gli enti non commerciali, che svolgono esclusivamente specifiche attività non commerciali nel rispetto delle condizioni imposte dalla legislazione nazionale, la Commissione conclude che tali attività non possono essere considerate attività economiche ai sensi delle norme in materia di aiuti di Stato e che pertanto la misura non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato, |
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
L’aiuto di Stato accordato sotto forma di esenzione dall’ICI, concesso a enti non commerciali che svolgevano negli immobili esclusivamente le attività elencate all’articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92, illecitamente posto in essere dall’Italia in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, è incompatibile con il mercato interno.
Articolo 2
L’articolo 149, quarto comma, del TUIR non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato.
Articolo 3
L’esenzione dall’IMU, concessa ad enti non commerciali che svolgono negli immobili esclusivamente le attività elencate all’articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92, non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato.
Articolo 4
La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 19 dicembre 2012
Per la Commissione
Joaquín ALMUNIA
Vicepresidente
(1) GU C 348 del 21.12.2010, pag. 17.
(2) Cfr. le cause T-192/10, Ferracci/Commissione (GU C 179 del 3.7.2010, pag. 45) e T-193/10, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione (GU C 179 del 3.7.2010, pag. 46).
(3) GU C 30 del 29.1.2011, pag. 57.
(4) Nella decisione di avvio la Commissione è giunta alla conclusione che la riduzione del 50 % dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche di cui all'articolo 6 del D.P.R. n. 601/73 potesse configurare un aiuto esistente (punto 18), specificando al contempo che avrebbe trattato tale misura nell'ambito di un procedimento separato, relativo ad aiuti esistenti, avviato successivamente nel febbraio 2011. I soggetti di cui all'articolo 6 del D.P.R n. 601/73 sono: a) enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza; b) istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro; corpi scientifici; accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche aventi scopi esclusivamente culturali; c) enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione; c bis) istituti autonomi per le case popolari e loro consorzi.
(5) Cfr. nota 1.
(6) Convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.
(7) Convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
(8) Più precisamente l'articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92 si riferisce ai soggetti di cui all'articolo 87 [ora articolo 73], primo comma, lettera c), del D.P.R. n. 917/86. La definizione di enti non commerciali è contenuta in quest'ultima disposizione.
(9) Cfr. la circolare, punto 5.
(10) Ad esempio, come già indicato nella decisione di avvio, nei settori delle attività sanitarie e sociali, la circolare richiede una convenzione con le pubbliche autorità. Per quanto riguarda le attività didattiche, la circolare, da un lato, sembra esigere la conformità con i principi di base obbligatori affinché l’attività svolta sia paritaria rispetto a quella statale, dall’altro richiede che gli eventuali avanzi di gestione siano reinvestiti nella stessa attività didattica. Per quanto concerne le sale cinematografiche, agli operatori che vogliono beneficiare dell'esenzione, la circolare sembra imporre di operare solo in determinati segmenti di mercato (film riconosciuti di interesse culturale, film ai quali sia stato rilasciato l'attestato di qualità, film per ragazzi). Analogamente, per quanto riguarda le attività ricettive in generale, le strutture che vogliono beneficiare dell'esenzione devono applicare prezzi inferiori a quelli di mercato e non funzionare come normali alberghi.
(11) Vedi articolo 143 e seguenti del TUIR. In termini generali, il reddito complessivo degli enti non commerciali è formato dai redditi fondiari, di capitale di impresa e diversi (articolo 143 del TUIR). Gli enti non commerciali possono optare per sistemi semplificati di determinazione del reddito, purché siano soddisfatte determinate condizioni (articolo 145 del TUIR).
(12) Gli elementi che possono essere utilizzati ai fini della valutazione ai sensi dell'articolo 149, secondo comma, del TUIR sono: prevalenza delle immobilizzazioni relative all'attività commerciale rispetto alle restanti attività; prevalenza dei ricavi derivanti da attività commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività istituzionali; prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali (ovvero contributi, sovvenzioni, liberalità e quote associative).
(13) Cfr. tra l'altro la causa C-88/03, Portogallo/Commissione (Raccolta 2006, pag. I-7115, punto 56), e la causa C-487/06 P British Aggregates (Raccolta 2008, pag. I-10505, punti 81-83).
(14) Causa C-280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (Raccolta 2003, pag. I-7747).
(15) GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1.
(16) Ex articolo 111bis del TUIR.
(17) Cfr. nota 1.
(18) Inoltre, gli enti in questione operano principalmente in un ambito territoriale limitato (a livello locale) e le attività sono destinate a specifiche categorie di utenti/beneficiari.
(19) Per tutti i culti ammessi nello Stato, inclusa la Chiesa cattolica, la legge stabilisce che, agli effetti tributari, il fine di culto è equiparato a quello di beneficienza e di istruzione.
(20) Cfr. le sentenze n. 20776 del 26 ottobre 2005, n. 23703 del 15 novembre 2007, n. 5485 del 29 febbraio 2008 e n. 19731 del 17 settembre 2010. Cfr. inoltre la sentenza n. 8495 del 9 aprile 2010.
(21) Cfr. parere n. 266 del 18 giugno 1996.
(22) Interrogazione scritta E-177/2009 (GU C 189 del 13.7.2010).
(23) Cfr. nota 12.
(24) Cfr. il precedente punto (31) e seguenti.
(25) Ciò garantisce altresì il rispetto degli accordi internazionali conclusi tra l'Italia e la Santa Sede per quanto concerne gli enti ecclesiastici.
(26) Dei denuncianti iniziali, solo Pietro Ferracci e la Scuola Elementare Maria Montessori s.r.l. hanno presentato osservazioni in merito alla decisione di avvio.
(27) Decreto-legge n. 203/2005 convertito con legge n. 248 del 2 dicembre 2005.
(28) Decreto-legge n. 223/2006 convertito con legge n. 248 del 4 agosto 2006.
(29) Articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203; articolo 91bis, quarto comma, del decreto-legge n. 1/2012.
(30) In merito, cfr. l’articolo 13, comma 13, del decreto-legge n. 201/2011 e anche l’articolo 9, comma 8, del decreto legislativo n. 23/2011, che rinvia all’articolo 7, primo comma, della legge sull’ICI. Per la descrizione dell’articolo 7, primo comma, lettera i), della legge sull’ICI si veda il punto (23).
(31) Cfr. articolo 9, paragrafo 6, del decreto-legge del 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con modifiche dalla legge n. 213 del 7 dicembre 2012 (GU n. 286 del 7 dicembre 2012).
(32) Cfr. parere n. 4802/2012, depositato il 13 novembre 2012 (numero affare n. 10380/2012).
(33) Decreto 19 novembre 2012, n. 200, pubblicato nella GU n. 274 del 23 novembre 2012.
(34) Cfr. articolo 1, primo comma, lettera p), del regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze del 19 novembre 2012.
(35) Articolo 3 del regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze del 19 novembre 2012.
(36) Articolo 4 del regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze del 19 novembre 2012.
(37) Ulteriori requisiti si rinvengono nelle definizioni contenute nell'articolo 1 del regolamento. In particolare, per quanto riguarda le attività ricettive, l’articolo 1, primo comma, lettera j), del regolamento prevede che venga accordato l’accesso soltanto a determinate categorie di destinatari e che vi sia una discontinuità nell’apertura Più nello specifico, per quanto riguarda la «ricettività sociale», il regolamento precisa che le attività devono essere dirette a persone con bisogni speciali temporanei o permanenti o a persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari. In ogni caso, l’esenzione non è prevista per le attività svolte in strutture alberghiere o paralberghiere, di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79. Per quanto riguarda le «attività sportive», l’articolo 1, primo comma, lettera m) prevede che gli enti destinatari siano associazioni sportive senza scopo di lucro affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti che promuovono lo sport riconosciuti dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
(38) Cfr. il precedente punto (84).
(39) Cfr. anche la circolare n. 4/2006 dell’Agenzia del Territorio del 16 maggio 2006.
(40) Cfr. tra le altre causa C-41/90, Höfner (Raccolta 1991, pag. I-1979, punto 21); causa C-222/04, Cassa di Risparmio di Firenze, (Raccolta 2006, pag. I-289, punto 107 e sgg.).
(41) Cause riunite da 209/78 a 215/78 e 218/78, Van Landewyck (Raccolta 1980, pag. 3125, punto 21); causa C-244/94, FFSA e altri (Raccolta 1995, pag. I-4013); causa C-49/07, MOTOE (Raccolta 2008, pag. I-4863, punti 27 e 28).
(42) Cfr. cause da C-471/09 P a C-473/09 P, Diputación Foral de Álava e altri/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 98); cfr. inoltre cause riunite C-71/09 P, C-73/09 P e C-76/09 P, Comitato «Venezia vuole vivere»/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 130 e la giurisprudenza ivi citata).
(43) Causa C-143/99, Adria-Wien Pipeline, (Raccolta 2001, pag. I-8365, punto 38).
(44) Cfr. la causa C-66/02, Italia/Commissione (Raccolta 2005, pag. I-10901, punto 94).
(45) Cfr. tra l'altro la causa C-88/03, Portogallo/Commissione (Raccolta 2006, pag. I-7115, punto 56) e le cause riunite da C-78/08 a C-80/08, Paint Graphos (non ancora pubblicata, punto 49).
(46) Causa C-143/99, Adria-Wien Pipeline GmbH e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke, (Raccolta 2001, pag. I-8365, punto 42).
(47) Cfr. gli articoli 1 e 3 del decreto legislativo 504/92.
(48) Cause riunite da C-78/08 a C-80/08, Paint Graphos, punto 67; cfr. anche la causa C-487/06, British Aggregates/Commissione (Raccolta 2008, pag. I-10505, punto 84) e la giurisprudenza ivi citata.
(49) Causa C-487/06, British Aggregates/Commissione (Raccolta 2008, pag. I-10505, punto 85).
(50) GU C 384 del 10.12.1998, pag. 3.
(51) Cause riunite da C-78/08 a C-80/08, Paint Graphos, punto 70.
(52) Cfr. punto 26 della comunicazione della Commissione sull'applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese.
(53) Cause riunite da C-78/08 a C-80/08, Paint Graphos, punto 73 e sgg.
(54) Causa C-372/97, Italia/Commissione (Raccolta 2004, pag. I-3679, punto 44); causa C-148/04, Unicredito Italiano (Raccolta 2005, pag. I-11137, punto 54); causa C-222/04, Cassa di Risparmio di Firenze, (Raccolta 2006, pag. I-289, punto 140); cause riunite da C-78/08 a C-80/08, Paint Graphos, punto 78 (non ancora pubblicate); causa T-303/10, Wam Industriale Spa/Commissione, punto 25 e segg. (non ancora pubblicata).
(55) Cfr. causa C-88/03, Portogallo/Commissione, punto 91 e causa C-172/03, Heiser (Raccolta 2005, pag. I-1627, punto 35); causa C-494/06 P, Commissione/Wam (Raccolta 2009, pag. I-3639 punto 51).
(56) Cfr. causa C-156/98, Germania/Commissione (Raccolta 2000, pag. I-6857, punto 30) e Heiser, punto 55.
(57) Cfr. causa T-298/97, Alzetta (Raccolta 2000, pag. II-2319, punti 93 e segg.).
(58) Cfr. causa C-142/87, Belgio/Commissione (Raccolta 1990, pag. I-959, punto 43); cause riunite C-278/92, C-279/92 e C-280/92, Spagna/Commissione (Raccolta 1994, pag. I-4103, punto 42); causa C-280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (Raccolta 2003, pag. I-7747, punto 81).
(59) Causa T-171/02, Sardegna/Commissione (Raccolta 2005, pag. II-2123, punti 86 e sgg.); causa C-113/00, Spagna/Commissione (Raccolta 2002, pag. I-7601, punto 30); causa T-288/97, Van den Bergh Foods/Commissione (Raccolta 2001, pag. II-1169, punti 44 e 46).
(60) Cfr. cause riunite T-195/01 e T-207/01, Governement of Gibraltar/Commissione (Raccolta 2002, pag. II-2309, punto 111).
(61) Nelle osservazioni sui commenti espressi dai terzi interessati, le autorità italiane hanno sostenuto che l’articolo 107, paragrafo 3, lettera d), del trattato avrebbe potuto essere applicabile, in linea teorica, soltanto ad alcune attività elencate all’articolo 7, primo comma, lettera i). Tuttavia, non sono state presentate ulteriori argomentazioni a questo proposito.
(62) Cfr. nota 12.
(63) In particolare, per quanto riguarda la revoca, cfr. l’articolo 19 della legge del 20 maggio 1985, n. 222.
(64) Cfr. l’articolo 30 della legge del 29 novembre 2008, n. 185. Cfr. anche la circolare n. 12/E dell’Agenzia delle Entrate del 9 aprile 2009 e il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate del 2 settembre 2009.
(65) Per quanto riguarda il biennio 2010-2011, l’Italia ha realizzato 2 030 verifiche su enti non commerciali, emettendo 5 086 avvisi di accertamento.
(66) Cfr. circolare n. 20/E dell’Agenzia delle entrate del 16 aprile 2010.
(67) Cfr. causa C-222/04, Cassa di Risparmio di Firenze (Raccolta 2006, pag. I-289, punti 121-123).
(68) Vedasi in particolare l'articolo 1, comma 18 del decreto legislativo n. 502 del 30 dicembre 1992.
(69) Cfr. causa T-319/99, FENIN/Commission (Raccolta 2003, pag. II-357, punto 39, confermata dalla causa C-205/03 P, FENIN/Commission (Raccolta 2006, pag. I-6295); cause riunite C-264/01, C-306/01, C-354/01 e C-355/01, AOK Bundesverband e altri (Raccolta 2004, pag. I-2493, punti da 45 a 55); cfr. anche causa T-137/10, CBI/Commissione, non ancora pubblicata.
(70) Causa 263/86, Humbel and Edel (Raccolta 1988, pag. 5365, punti 17 e 18); causa C-109/92, Wirth (Raccolta 1993, pag. I-6447, punti 15 e 16); causa C-76/05, Schwarz (Raccolta 2007, pag. I-6849, punto 39). Cfr. anche la sentenza della Corte dell’EFTA del 21 February 2008 nella causa E-5/07, Private Barnehagers Landsforbund/EFTA Surveillance Authority, punti 80-83.
(71) GU C 8 dell'11.1.2012, pag. 4.
(72) Decreto legislativo del 23 maggio 2011, n. 79, Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprieta', contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio (GU n. 129 del 6.6.2011 - Supplemento Ordinario n. 139). L’articolo 9 del decreto legislativo definisce come strutture alberghiere e paralberghiere le seguenti strutture ricettive: a) gli alberghi; b) i motels; c) i villaggi-albergo; d) le residenze turistico alberghiere; e) gli alberghi diffusi; f) le residenze d'epoca alberghiere; g) i bed and breakfast organizzati in forma imprenditoriale; h) le residenze della salute - beauty farm; i) ogni altra struttura turistico-ricettiva che presenti elementi collegabili a una o più delle precedenti categorie.
(73) Causa C-70/72, Commissione/Germania (Raccolta 1973, pag. 813, punto 13).
(74) Cause riunite C-278/92, C-279/92 e C-280/92, Spagna/Commissione (Raccolta 1994, pag. I-4103, punto 75).
(75) Causa C-75/97, Belgio/Commissione (Raccolta 1999, pag. I-030671, punti 64-65).
(76) GU L 83 del 27.3.1999, pag. 17.
(77) Comunicazione della Commissione - Verso l'esecuzione effettiva delle decisioni della Commissione che ingiungono agli Stati membri di recuperare gli aiuti di Stato illegali e incompatibili, GU C 272 del 15.11.2007, pag. 4, punto 18.
(78) Cause C-182/03 e C-217/03, Belgio e Forum 187 ASBL/Commissione (Raccolta 2006, pag. I-5479, punto 147).
(79) Interrogazione scritta E-177/2009 (GU C 189 del 13.7.2010).
(80) Causa C 214/07, Commissione/Spagna (Raccolta 2008, pag. I-08357, punti 13 e 22).
(81) Causa C-404/00, Commissione/Spagna (Raccolta 2003, pag. I-6695, punto 47).
(82) Causa C-75/97, Belgio/Commissione («Maribel I») (Raccolta 1999, pag. I-3671, punto 86); causa C-214/07 Commissione/Francia (Raccolta 2008, pag. I - 08357, punti 13 e 22 e 48).
ALLEGATO 1
ELENCO DELLE PARTI INTERESSATE CHE HANNO TRASMESSO LE PROPRIE OSSERVAZIONI IN MERITO ALLA DECISIONE DI AVVIO
Nome-Denominazione/indirizzo
1. |
Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa, Via Neera 24, Milano, Italia |
2. |
Fondazione Pro-Familia, Piazza Fontana 2, Milano, Italia |
3. |
Pietro Farracci, San Cesareo, Italia |
4. |
Scuola Elementare Maria Montessori s.r.l., Roma, Italia |
5. |
Parrocchia S. Luca Evangelista, Via Negarville 14, Torino, Italia |
6. |
Parrocchia S. Nicolò di Bari, Piazza Principe Napoli 3, Tortorici (Messina), Italia |
7. |
Parrocchia S. Nicolò di Bari, Via Libertà 30, Caronia (Messina), Italia |
8. |
Parrocchia S. Nicolò di Bari, Piazza Matrice, S. Stefano di Camastra (Messina), Italia |
9. |
Parrocchia S. Orsola, Contrada S. Orsola, S. Angelo di Brolo (Messina), Italia |
10. |
Parrocchia Sacro Cuore di Gesù, Frazione Galbato, Gioiosa Marea (Messina), Italia |
11. |
Parrocchia Sacro Cuore di Gesù, Corso Matteotti 51, Patti (Messina), Italia |
12. |
Parrocchia Sacro Cuore di Gesù, Via Medici 411, S. Agata Militello (Messina), Italia |
13. |
Istituto Sacro Cuore di Gesù, Via Medici 411, S. Agata Militello (Messina), Italia |
14. |
Parrocchia Santi Nicolò e Giacomo, Discesa Sepolcri, Capizzi (Messina), Italia |
15. |
Istituto Diocesano Sostentamento Clero, Via Cattedrale 7, Patti (Messina), Italia |
16. |
Parrocchia Madonna del Buon Consiglio e S. Barbara, Con. Cresta, Naso (Messina), Italia |
17. |
Parrocchia Maria SS. Annunziata, Frazione Marina, Marina di Caronia (Messina), Italia |
18. |
Parrocchia Maria SS. Assunta, Via Battisti, Militello Rosmarino (Messina), Italia |
19. |
Parrocchia Maria SS. Assunta, Via Monte di Pietà 131, Cesarò (Messina), Italia |
20. |
Parrocchia Maria SS. Assunta, Piazza S. Pantaleone, Alcara Li Fusi (Messina), Italia |
21. |
Parrocchia Maria SS. Assunta, Via Oberdan 6, Castell'Umberto (Messina), Italia |
22. |
Parrocchia Maria SS. Assunta, Piazza Duomo, Tortorici (Messina), Italia |
23. |
Parrocchia Maria SS. Assunta, Via Roma 33, Mirto (Messina), Italia |
24. |
Parrocchia Maria SS. Del Rosario, Contrada Scala, Patti (Messina), Italia |
25. |
Parrocchia Maria SS. Della Scala, Contrada Sceti, Tortorici (Messina), Italia |
26. |
Parrocchia Maria SS. Della Visitazione, Contrada Casale, Gioiosa Marea (Messina), Italia |
27. |
Parrocchia Maria SS. Delle Grazie, Via Campanile 3, Montagnareale (Messina), Italia |
28. |
Parrocchia Maria SS. Delle Grazie, Via Cappellini 2, Castel di Lucio (Messina), Italia |
29. |
Parrocchia Maria SS. Annunziata, Piazza Regina Adelasia 1, Frazzanò (Messina), Italia |
30. |
Parrocchia Maria SS. Annunziata, Contrada Sfaranda, Castell'Umberto (Messina), Italia |
31. |
Parrocchia Maria SS. Di Lourdes, Frazione Gliaca, Piraino (Messina), Italia |
32. |
Parrocchia S. Giuseppe, Contrada Malvicino, Capo d'Orlando (Messina), Italia |
33. |
Parrocchia s. Maria del Carmelo, Piazza Duomo 20, S. Agata Militello (Messina), Italia |
34. |
Parrocchia S. Maria di Gesù, Via Giovanni XXIII 43, Raccuja (Messina), Italia |
35. |
Parrocchia S. Maria Maddalena, Contrada Maddalena, Gioiosa Marea (Messina), Italia |
36. |
Parrocchia S. Maria, Via S. Maria, San Angelo di Brolo (Messina), Italia |
37. |
Parrocchia S. Michele Arcangelo, Via San Michele 5, Patti (Messina), Italia |
38. |
Parrocchia S. Michele Arcangelo, Via Roma, Sinagra (Messina), Italia |
39. |
Parrocchia S. Antonio, Via Forno Basso, Capo d'Orlando (Messina), Italia |
40. |
Parrocchia S. Caterina, Frazione Marina, Marina di Patti (Messina), Italia |
41. |
Parrocchia Cattedrale S. Bartolomeo, Via Cattedrale, Patti (Messina), Italia |
42. |
Parrocchia Maria SS. Addolorata, Contrada Torre, Tortorici (Messina), Italia |
43. |
Parrocchia S. Nicolò di Bari, Via Risorgimento, San Marco d'Alunzio (Messina), Italia |
44. |
Parrocchia Immacolata Concezione, Frazione Landro, Gioiosa Marea (Messina), Italia |
45. |
Parrocchia Maria SS Assunta, Piazza Mazzini 11, Tusa (Messina), Italia |
46. |
Parrocchia Maria SS Assunta, Frazione Torremuzza, Motta d'Affermo (Messina), Italia |
47. |
Parrocchia Maria SS Assunta, Salita Madre Chiesa, Ficarra (Messina), Italia |
48. |
Parrocchia Maria SS. Della Catena, Via Madonna d. Catena 10, Castel di Tusa (Messina), Italia |
49. |
Parrocchia Maria SS. Delle Grazie, Via N. Donna 2, Pettineo (Messina), Italia |
50. |
Parrocchia Ognissanti, Frazione Mongiove, Mongiove di Patti (Messina), Italia |
51. |
Parrocchia S. Anna, Via Umberto 155, Floresta (Messina), Italia |
52. |
Parrocchia S. Caterina, Vico S. Caterina 2, Mistretta (Messina), Italia |
53. |
Parrocchia S. Giorgio Martire, Frazione S. Giorgio, San Giorgio di Gioiosa M. (Messina), Italia |
54. |
Parrocchia S. Giovanni Battista, Frazione Martini, Sinagra (Messina), Italia |
55. |
Parrocchia S. Lucia, Via G. Rossini, S. Agata Militello (Messina), Italia |
56. |
Parrocchia S. Maria delle Grazie, Via Normanni, S. Fratello (Messina), Italia |
57. |
Parrocchia S. Maria, Piazzetta Matrice 8, Piraino (Messina), Italia |
58. |
Parrocchia S. Michele Arcangelo, Piazza Chiesa Madre, Librizzi (Messina), Italia |
59. |
Parrocchia S. Michele Arcangelo, Via Umberto I, Longi (Messina), Italia |
60. |
Parrocchia S. Nicolò di Bari, Piazza S. Nicola, Patti (Messina), Italia |
61. |
Parrocchia S. Nicolò di Bari, Via Ruggero Settimo 10, Gioiosa Marea (Messina), Italia |
62. |
Parrocchia S. Nicolò di Bari, Via S. Nicolò, S. Fratello (Messina), Italia |
63. |
Parrocchia Santa Maria e San Pancrazio, Via Gorgone, S. Piero Patti (Messina), Italia |
64. |
Parrocchia Maria SS Assunta, Piazza Convento, S. Fratello (Messina), Italia |
65. |
Parrocchia Maria SS. Del Rosario, Via Provinciale 7, Caprileone (Messina), Italia |
66. |
Parrocchia Maria SS Assunta, Via Monachelle 10, Caprileone (Messina), Italia |
67. |
Parrocchia Maria SS del Tindari, Via Nazionale, Caprileone (Messina), Italia |
68. |
Parrocchia S. Febronia, Contrada Case Nuove, Patti (Messina), Italia |
69. |
Parrocchia Maria SS. della Stella, Contrada S. Maria Lo Piano, S. Angelo di Brolo (Messina), Italia |
70. |
Parrocchia S. Erasmo, Piazza del Popolo, Reitano (Messina), Italia |
71. |
Parrocchia Maria SS. della Catena, Via Roma, Naso (Messina), Italia |
72. |
Parrocchia S. Benedetto il Moro, Piazza Libertà, Acquedolci (Messina), Italia |
73. |
Parrocchia S. Giuseppe, Frazione Tindari, Tindari (Messina), Italia |
74. |
Parrocchia Santi Filippo e Giacomo, Via D. Oliveri 2, Naso (Messina), Italia |
75. |
Parrocchia SS. Salvatore, Via Cavour 7, Naso (Messina), Italia |
76. |
Santuario Maria SS del Tindari, Via Mons. Pullano, Tindari (Messina), Italia |
77. |
Parrocchia S. Maria Assunta, Via Roma, Galati Mamertino (Messina), Italia |
78. |
Fondazione Opera Immacolata Concezione O.N.L.U.S., Padova, Italia |
79. |
Parrocchia San Giuseppe, Piazza Dante 11, Oliveri (Messina), Italia |
80. |
Parrocchia S. Leonardo, Frazione San Leonardo, Gioiosa Marea (Messina), Italia |