10.3.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 64/4


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 16 luglio 2008

relativa all'aiuto di Stato cui l’Italia ha dato esecuzione per remunerare i conti correnti di Poste Italiane presso la Tesoreria dello Stato [C 42/06 (ex NN 52/06)]

[notificata con il numero C(2008) 3492]

(Il testo in lingua italiana è il solo facente fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2009/178/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 88, paragrafo 2, primo comma,

visto l’accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l’articolo 62, paragrafo 1, lettera a),

dopo aver invitato gli interessati a presentare osservazioni conformemente alle citate disposizioni (1) e viste le osservazioni trasmesse,

considerando quanto segue:

1.   PROCEDIMENTO

(1)

Con lettera del 30 dicembre 2005, l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) presentava denuncia alla Commissione per una serie di presunti benefici a favore delle attività bancarie di Poste Italiane SpA (PI). Stando alla denuncia, l’Italia riconoscerebbe a PI, a fronte delle somme raccolte tramite i conti correnti postali e trasferite su un conto corrente acceso presso la Tesoreria dello Stato, un tasso del 4 % circa, laddove i conti correnti postali offrono un rendimento medio dell’1 %. Il margine positivo di PI risultante dal differenziale tra il tasso di interesse attivo e il tasso d’interesse passivo (2) sarebbe superiore al margine di interesse «di mercato», rappresentando pertanto un aiuto di Stato.

(2)

Con lettera del 7 febbraio 2006 la Commissione poneva alcuni quesiti alle autorità italiane. Dopo aver chiesto proroga del termine di risposta, l’Italia ha replicato con lettera del 21 aprile 2006. Il 30 marzo 2006 si è svolta una riunione con le autorità italiane e i rappresentanti di PI.

(3)

Con lettera del 26 settembre 2006 la Commissione comunicava all’Italia la decisione di avviare, nei confronti della misura, il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2 del trattato CE.

(4)

La decisione della Commissione di avviare il procedimento è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea  (3). La Commissione ha invitato le parti interessate a presentare osservazioni. Le autorità italiane hanno provveduto con lettere del 31 ottobre 2006 e del 29 dicembre 2006, ABI ha risposto con lettera del 27 dicembre 2006. Con lettera del 15 gennaio 2007 la Commissione ha inoltrato le osservazioni di ABI alle autorità italiane, dando loro l’opportunità di rispondere. Le osservazioni italiane sono pervenute con lettera del 16 febbraio 2007.

(5)

Con lettera del 21 febbraio 2007 la Commissione ha chiesto complementi d’informazione, che l’Italia ha trasmesso con lettere del 30 marzo 2007, 2 aprile 2007 e 1o giugno 2007.

(6)

Il 28 giugno 2007 e il 24 ottobre 2007 si sono tenute due riunioni con le autorità italiane e i rappresentanti di PI. A seguito dell’ultimo incontro, la Commissione ha posto nuovi quesiti con lettera del 25 ottobre 2007, cui l’Italia ha risposto il 27 novembre 2007.

(7)

L’Italia ha inviato complementi d’informazione il 29 febbraio 2008 e il 4 marzo 2008 si è tenuta una riunione fra le autorità italiane e la Commissione.

(8)

La Commissione ha posto nuovi quesiti il 5 marzo 2008 e il 3 aprile 2008, cui l’Italia ha risposto rispettivamente il 7 marzo 2008 e il 23 aprile 2008.

2.   ATTIVITÀ DI PI E BANCOPOSTA — MERCATI INTERESSATI

(9)

PI è il fornitore del servizio postale universale in Italia e adempie l’obbligo di servizio postale universale (4) ai sensi della normativa nazionale sul servizio postale universale (5). Attualmente i servizi finanziari non sono compresi nel mandato di servizio di interesse economico generale affidato a PI.

(10)

Oltre a garantire il servizio postale universale, PI è in grado di offrire prodotti e servizi integrati di comunicazione, logistici e finanziari su tutto il territorio nazionale. I dati principali per il 2006 sono (6):

Totale dipendenti (media annuale)

151 470

Aree territoriali

9

Filiali

140

Uffici postali

13 893

PRINCIPALI DATI ECONOMICI DEL GRUPPO POSTE ITALIANE

milioni di EUR

Ricavi totali

17 055,6

Ricavi delle vendite e prestazioni

15 932,2

di cui:

 

da Servizi Postali

5 339,4

da Servizi Finanziari

4 382,5

da Servizi Assicurativi

5 993,6

da Altri Servizi

216,7

Altri ricavi

1 123,3

Utile netto

675,7

IL SETTORE POSTALE

volumi (n. pezzi)

Prodotti e servizi

 

Corrispondenza (Posta Ordinaria, Prioritaria, Raccomandata, Assicurata, atti giudiziari, altra posta registrata)

3 522 792 200

Posta commerciale (Postatarget, cataloghi, posta non indirizzata, ecc.)

1 887 699 700

Periodici (stampe, gadgets, libri, ecc.)

1 216 045 800

Comunicazioni elettroniche (telegrammi, fax, telex)

17 442 800

Corriere Espresso (Poste Italiane e Sda)

46 284 600

Pacchi

16 052 000

IL RISPARMIO POSTALE

 

Libretti di risparmio, buoni fruttiferi e conti correnti postali: ammontare complessivo

282 408 milioni di EUR

Polizze vita: importi sottoscritti

5 989 milioni di EUR

Conto BancoPosta: numero di conti correnti in essere

4 880 000

Carta Postepay: numero carte emesse

2 801 000

(11)

Stando al bilancio di PI, nel 2006 l’apporto dei servizi postali ai ricavi totali del Gruppo è stato del 33,5 %; il 27,5 % dei ricavi totali è derivato dai servizi finanziari, il 37,6 % dai servizi assicurativi. I servizi finanziari e i servizi assicurativi hanno contribuito rispettivamente per l’82,0 % e il 18,7 % alla formazione del risultato operativo del Gruppo PI. I servizi postali hanno registrato una perdita operativa di 4 milioni di euro.

(12)

Le attività bancarie di PI sono svolte tramite la divisione pienamente integrata Bancoposta.

(13)

Prima del dicembre 2003 PI era posseduta al 100 % dallo Stato italiano. Nel dicembre 2003, lo Stato italiano ha disposto il trasferimento del 35 % del capitale sociale di PI presso Cassa Depositi e Prestiti (CDP). CDP è stata trasformata da amministrazione dello Stato in società per azioni a fine 2003. Da allora, nonostante il trasferimento di 30 % del suo capitale sociale a 65 fondazioni bancarie (7), CDP rimane sotto il controllo dello Stato.

(14)

Poste Italiane SpA è anch’essa un soggetto privato controllato dallo Stato.

2.1.   Servizi postali

(15)

Stando a un recente studio (8), il mercato postale italiano era relativamente aperto prima dell’attuazione della prima direttiva postale (9). Operatori diversi da PI potevano già distribuire corrispondenza pubblicitaria indirizzata e posta ibrida. Inoltre, alcuni operatori postali locali erano attivi nella distribuzione di corrispondenza nell’ambito di un rapporto di subappalto con PI. Dopo l’attuazione della direttiva 97/67/CE sui servizi postali, le modalità di recapito della posta ibrida sono state fatte rientrare fra i servizi riservati, con la conseguente interruzione dei rapporti di subappalto. La posta transfrontaliera in entrata e in uscita fa integralmente parte dell’ambito riservato di PI. Dal 1o gennaio 2003 è stata recepita nell’ordinamento italiano la seconda direttiva postale (10) che prevede il pieno completamento del mercato postale interno entro il 1o gennaio 2009, con la limitazione dei prodotti riservati fino a 100 grammi per la corrispondenza e al triplo della tariffa base della posta prioritaria. A partire dal 1o gennaio 2006 la riserva riconosciuta a PI comprende gli invii di corrispondenza di prezzo sino a due volte e mezzo la tariffa base della posta prioritaria e di peso sino a 50 grammi (11). Il mercato postale è ora relativamente aperto de jure, essendo ormai liberalizzata la consegna della pubblicità diretta per corrispondenza. Le regole di ingresso non sono considerate severe (12).

(16)

Il 19 ottobre 2006 la Commissione ha proposto una nuova direttiva postale per il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari. La direttiva (13) è entrata in vigore il 27 febbraio 2008 e prevede l’abolizione dei monopoli legali nei servizi postali entro il 31 dicembre 2010, con possibilità per alcuni Stati membri di posticipare il termine fino al 31 dicembre 2012.

2.2.   Servizi finanziari

(17)

Con decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2001, n. 144 sono stati disciplinati i servizi di tipo bancario e finanziario esercitabili da PI, che costituiscono le attività di Bancoposta. Tali attività comprendono: raccolta di risparmio tra il pubblico sotto ogni forma; prestazione dei servizi di pagamento; intermediazione in cambi; promozione e collocamento di finanziamenti concessi da banche e altri intermediari finanziari abilitati; la prestazione di alcuni servizi di investimento (negoziazione per conto di terzi e collocamento e raccolta di ordini, con l’esclusione pertanto della negoziazione in proprio e della gestione di patrimoni su base individuale, almeno fino al 2007). È esplicitamente escluso che PI possa esercitare l’attività di finanziamento.

(18)

Bancoposta può essere considerata un istituto di risparmio e un’intermediaria finanziaria. Pur non essendo una banca, si serve dei numerosi uffici postali di PI per il proprio funzionamento e per offrire prodotti bancari e altri prodotti finanziari.

(19)

I 13 893 sportelli postali, in media almeno uno per Comune, che fanno di PI la più grande rete bancaria in Italia, sono da considerarsi un vantaggio piuttosto che un onere: alla copertura dei loro costi provvedono essenzialmente i servizi finanziari, e si ritiene quindi che non costituiscano un onere per il fornitore del servizio universale (14).

(20)

In un rapporto pubblicato nel 2004, l’agenzia di rating Fitch dichiara che PI/Bancoposta possiede la capacità di raggiungere l’intera popolazione italiana che nessuna banca nazionale potrà eguagliare in un prossimo futuro (15). L’agenzia ritiene inoltre che PI abbia posto lo sviluppo dei servizi finanziari al centro della sua strategia.

(21)

PI offre un’ampia gamma di servizi finanziari concorrenti con quelli offerti dal sistema bancario:

servizi di raccolta del risparmio diretta, indiretta e relativi impieghi,

servizi di pagamento,

collocamento di prodotti finanziari e di investimento.

(22)

Attraverso i conti correnti postali PI effettua attività di raccolta diretta. La tabella 1 riporta la giacenza media annua dell’impiego dei conti correnti postali nel periodo 1995-2006:

Tabella 1

(miliardi di EUR)

 

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

Giacenza media annua

[…] (16)

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

([…])

(23)

Nel 2001 PI ha lanciato il Conto BancoPosta, un conto corrente postale con caratteristiche simili a un comune conto bancario. Prima del Conto BancoPosta, il conto corrente postale non costituiva uno strumento retail adeguato, mancando di servizi connessi (ad es. carte di credito e di debito), ed era destinato soprattutto alla pubblica amministrazione e a società grandi fatturatrici (i.e. utilities nazionali).

(24)

Stando ai dati trasmessi dall’Italia, la quota di mercato del conto corrente postale italiano nel mercato italiano dei conti correnti, per il periodo 2000-2007, era la seguente:

Data contabile

Quota di mercato

31/12/2000

[3-8] %

31/12/2001

[3-8] %

31/12/2002

[3-8] %

31/12/2003

[3-8] %

31/12/2004

[3-8] %

31/12/2005

[3-8] %

31/12/2006

[3-8] %

31/12/2007

[3-8] %

(25)

ABI indica che la raccolta diretta di PI è cresciuta a ritmi superiori rispetto a quelli della raccolta bancaria concorrente. Nel periodo 1999-2004 il tasso di crescita della raccolta diretta bancaria è stato del 36 % circa, contro un incremento pari al 94 % dei c/c postali (17). ABI sostiene che la crescita della provvista diretta di PI abbia eroso in maniera significativa la raccolta del sistema bancario: nel 1999 i c/c postali rappresentavano il 2,2 % del mercato della provvista diretta (bancaria e postale); nel 2004 tale percentuale è salita al 3,1 %. ABI ritiene che il maggiore successo dei c/c postali rispetto a quelli bancari è da ascriversi principalmente alle appetibili condizioni offerte da PI ai propri correntisti, a parità di servizi. Ad esempio, il rendimento medio dei conti correnti bancari si attesta all’incirca allo 0,6 %-0,7 %, contro l’1 % offerto dal conto corrente BancoPosta a inizi 2005.

(26)

Oltre alla raccolta diretta tramite i conti correnti postali, PI svolge attività di raccolta indiretta con il risparmio postale (collocamento dei libretti e dei buoni fruttiferi postali per conto di CDP).

(27)

Negli ultimi anni, inoltre, PI ha sensibilmente ampliato la gamma degli strumenti di pagamento offerti alla propria clientela, affiancando a quelli tradizionalmente postali (bollettini postali e vaglia postali) anche gli strumenti un tempo tipicamente offerti dalle banche (carte di debito e di credito, bonifici, servizi di addebito in conto per il pagamento di bollette) (18).

(28)

Da ultimo, PI colloca i seguenti prodotti finanziari e di investimento:

obbligazioni emesse da banche e CDP,

polizze assicurative emesse da Poste Vita (19),

fondi comuni di Bancoposta Fondi SGR, società di gestione patrimoniale (20),

finanziamenti per conto terzi. Vengono offerti prestiti personali e mutui per conto di banche.

3.   MISURE SOTTOPOSTE A VALUTAZIONE

(29)

Il grafico sottostante schematizza i rapporti tra PI e il Tesoro a seguito del decreto 5 dicembre 2003 (21):

Grafico 1

Image

(30)

In questo contesto, la misura sottoposta a valutazione con la presente decisione è la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (22) («legge finanziaria 2006»), attuata con convenzione tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze e Poste Italiane del 23 febbraio 2006 («Convenzione»).

(31)

La legge finanziaria 2006 stabilisce che il Ministero dell’Economia e delle Finanze e PI determinano i parametri di mercato e le modalità di calcolo del tasso da corrispondere sulle giacenze dei conti correnti postali in essere presso la Tesoreria dello Stato, prevedendo altresì una riduzione di almeno 150 milioni di euro rispetto agli interessi a tale titolo dovuti dal Ministero dall’anno 2005.

(32)

La Convenzione definisce le modalità concrete di calcolo dei tassi di remunerazione per una durata triennale, è entrata in vigore il 4 aprile 2006 (23) e ha effetto retroattivo al 1o gennaio 2005. La Convenzione ha scadenza il 4 aprile 2009. La remunerazione annua viene calcolata essenzialmente come media ponderata dei rendimenti medi annui dei BTP (24) a 30 anni (peso 80 %) e a 10 anni (peso 10 %), e dei BOT a 12 mesi (25) (peso 10 %). I rendimenti medi annui dei titoli di Stato usati nella Convenzione sono ottenuti calcolando la media aritmetica semplice (sommatoria di 24 rilevazioni/24) dei tassi di rendimento rilevati il 1o e il 15 di ogni mese da MTS SpA (società che gestisce la piattaforma elettronica per la negoziazione dei titoli di Stato italiani e di altri titoli a reddito fisso). L’aggiornamento quindicinale dei parametri implica pertanto che i rendimenti sono di fatto variabili e fluttuanti. Inoltre, in caso di spostamenti della curva dei tassi tali da modificare le relazioni tra tassi a breve e a lungo termine, PI ha la facoltà di richiedere la revisione del paniere. Ciascuna parte può recedere dalla Convenzione dandone disdetta all’altra parte almeno sei mesi prima del 31 dicembre di ogni anno.

(33)

L’applicazione della metodologia della Convenzione ha dato i seguenti risultati:

 

2005

2006

2007

Tasso di rendimento (%)

3,90

4,25

4,70

Interessi (milioni di EUR)

1 336 (26)

1 516

1 012

(34)

Gli interessi di competenza 2005 e 2006 sono stati liquidati rispettivamente nel 2006 e nel 2007. Stando alle autorità italiane, l’importo relativo alla competenza 2007 non è stato ancora liquidato.

(35)

Le somme derivanti dai conti correnti postali dovevano essere riversate al ministero dell’Economia e delle Finanze/Tesoro (cosiddetto «vincolo di impiego») (27).

(36)

Con legge 27 dicembre 2006, n. 296 (28) («legge finanziaria 2007»), l’Italia ha trasformato il meccanismo di remunerazione previsto dalla legge finanziaria 2006. Secondo la nuova legge, i fondi provenienti da raccolta effettuata presso la clientela privata (fondi raccolti tramite i conti correnti postali che non appartengono alla Pubblica Amministrazione) sono investiti in titoli governativi dell’area euro a cura di PI (29). La nuova legge abroga il vincolo di destinazione in capo a PI limitatamente alla raccolta fondi presso la clientela privata. L’attuazione progressiva del nuovo assetto è prevista dalla legge entro il 31 dicembre 2007. La legge finanziaria 2007 mantiene invece inalterato l’investimento della liquidità derivante dalla clientela non privata (circa il 25-30 %).

4.   MOTIVI CHE HANNO INDOTTO ALL’AVVIO DEL PROCEDIMENTO

(37)

Nella decisione del settembre 2006 la Commissione osservava che, nel valutare se esista un vantaggio a favore di PI, potrebbe in teoria essere importante analizzare gli elementi costitutivi del margine positivo di PI risultante dal differenziale tra il tasso di interesse attivo e il tasso d’interesse passivo (30). La decisione di avviare il procedimento giungeva però già alla conclusione formale che, nel presente caso, il vantaggio può derivare unicamente dal tasso di interesse attivo.

(38)

La Commissione esprimeva quindi dubbi quanto alla possibilità che il sistema per la determinazione del tasso di interesse sulle giacenze dei conti correnti in essere presso la Tesoreria dello Stato a partire dal 2005 costituisca un appropriato riferimento di mercato.

(39)

La Commissione osservava che per stabilire il tasso di mercato occorre di norma tener conto del tasso di interesse che un mutuatario privato sarebbe disposto a pagare a PI per la liquidità depositata, in funzione della sua natura e importo. Il tasso fissato dalla Convenzione potrebbe non essere un tasso di mercato. La Commissione osservava in particolare che il deposito di PI presso il Tesoro era su conto corrente. Il Tesoro, e non PI, assumeva il rischio di liquidità associato ai fondi depositati. Inoltre, la raccolta riversata sul conto corrente presso il Tesoro era impiegata per finanziare ordinarie esigenze di bilancio. Non era poi chiaro se lo strumento di finanziamento che l’Italia userebbe, se dovesse provvedere alla sostituzione dell’attuale forma di raccolta tramite PI, si costituirebbe comunque essenzialmente di titoli a lunga scadenza. Inoltre, nonostante le insistenze dell’Italia sulla recente crescita della raccolta in conti correnti postali a conferma della stabilità delle risorse disponibili per il Tesoro, il livello delle giacenze messe a disposizione di CDP e del Tesoro ha di fatto subito notevoli variazioni negli anni.

(40)

Inoltre, la Commissione non poteva escludere, date le specificità di PI cui compete l’obbligo normativo di versare allo Stato la raccolta conti correnti, che fosse impossibile trovare termini di confronto sul mercato. Con queste premesse, la Commissione doveva stabilire il costo di gestione del conto per PI (cosa possibile con un buon sistema di contabilità analitica) e aggiungere un margine ragionevole. La somma avrebbe indicato un tasso «di mercato» ad hoc. Tale approccio si sarebbe giustificato anche se la Commissione avesse dovuto ritenere che PI funge da mero canale di raccolta fondi per lo Stato attraverso la sua fitta rete di uffici postali.

(41)

Se la legge finanziaria 2006 e la Convenzione avessero generato aiuti di Stato, questi sarebbero stati, a giudizio della Commissione, nuovi, illegali e incompatibili.

5.   OSSERVAZIONI DEI TERZI INTERESSATI

(42)

Con lettera del 27 dicembre 2006 ABI ha presentato le seguenti osservazioni.

(43)

ABI osserva che le consistenze dei fondi messi a disposizione del Tesoro rappresentano un debito che il Tesoro stesso onora nell’anno successivo al deposito delle giacenze. Come la Commissione rileva nella decisione del settembre 2006, è quindi il Tesoro, non PI, ad assumersi il rischio di liquidità connesso ai fondi depositati. Ciò significa che, qualora si riducessero le consistenze dei fondi trasferiti rispetto all’anno precedente, il Tesoro, oltre a remunerare Bancoposta per l’operazione in base al tasso convenuto, dovrebbe restituire a PI la differenza di giacenza registrata.

(44)

Ad avviso di ABI, la raccolta in questione non può essere considerata altro che a breve termine. A ciò si aggiunga che i fondi sono utilizzati per finanziare esigenze ordinarie di bilancio.

(45)

Ai sensi del decreto ministeriale 5 dicembre 2003, CDP ha aperto due conti correnti fruttiferi presso il Tesoro, sui quali veniva corrisposto un interesse semestrale ad un tasso variabile pari alla media aritmetica semplice tra il rendimento lordo di BOT a 6 mesi e l’andamento dell’indice mensile Rendistato (31).

(46)

Da ultimo, per valutare se la misura riconosciuta a PI possa essere considerata aiuto di Stato, occorre confrontare la remunerazione sui conti correnti postali con i tassi applicati ai Buoni del Tesoro a breve termine (a 12 mesi). Nel gennaio 2005, il rendimento dei BOT a 12 mesi era del 2,21 %, pari a una differenza dell’1,69 % in meno rispetto alla remunerazione riconosciuta a PI.

6.   OSSERVAZIONI DELL’ITALIA

(47)

Con lettere del 31 ottobre 2006, 29 dicembre 2006, 16 febbraio 2007, 30 marzo 2007, 2 aprile 2007, 1o giugno 2007, 27 novembre 2007, 29 febbraio 2008, 7 marzo 2008 e 23 aprile 2008 l’Italia ha presentato le seguenti osservazioni principali.

(48)

L’Italia ribadisce che, ai sensi della legge finanziaria e della Convenzione, gli interessi finanziari da corrispondere a PI sono determinati secondo parametri di mercato. Tali interessi non comportano vantaggio alcuno a favore di PI.

6.1.   Variazione nell’andamento della raccolta postale

(49)

L’Italia sostiene che lo sviluppo della raccolta postale può essere confrontato con quello del sistema bancario solo a partire dal 2001, anno di lancio del nuovo prodotto Conto BancoPosta. Fino al 2001 il conto corrente postale retail non era considerabile uno strumento succedaneo ai conti correnti bancari per inadeguatezza dei servizi correlati (per esempio assenza di carte di credito e di debito), e veniva prevalentemente utilizzato dalla Pubblica Amministrazione e da società grandi fatturatrici (per esempio utilities nazionali). Secondo l’Italia, i tassi di crescita della raccolta postale dal 2001 in poi risultano coerenti con la novità dello strumento.

(50)

Prima del 2001 l’andamento delle giacenze, come il calo significativo registrato a fine anni Novanta, in particolare tra il 1996 e il 1997, ha risentito della legge 23 dicembre 1996, n. 662 che ha imposto la chiusura dei conti utilizzati dal Tesoro per il pagamento delle pensioni di Stato, con un conseguente movimento fondi per valuta 1o gennaio 1997 di circa 11 miliardi di euro. Tra il 1997 e il 1999 una serie di fattori eterogenei ha contribuito al calo delle giacenze. Secondo le autorità italiane è difficile giungere a una ricostruzione precisa delle cause di tali variazioni, anche in considerazione della natura di PI (allora ente pubblico economico) e di fattori politici esogeni. Soltanto successivamente alla trasformazione di PI in società per azioni nel 1998, si assiste a un netto sviluppo regolare e costante delle giacenze.

6.2.   Natura della Convenzione

(51)

Secondo le autorità italiane PI e il Tesoro, attraverso la stipula della Convenzione, hanno regolamentato uno strumento di lungo termine in maniera trasparente. La Convenzione, infatti, non è perpetua ma ha una durata triennale e inoltre prevede la possibilità per ambo le parti di recedere dal contratto qualora le condizioni di mercato siano tali da non garantire la coerenza con il meccanismo di determinazione della remunerazione della giacenza. Tali clausole sono state inserite per tutelare ambo le parti dal rischio che, anche durante il triennio, dovessero emergere particolari condizioni legate al mercato o alle caratteristiche della raccolta tali da alterare il meccanismo di remunerazione.

(52)

Secondo le autorità italiane, la scelta della variabilità del parametro come prevista dalla Convenzione risponde all’esigenza di determinare un tasso in linea con il mercato. In particolare, la modalità di remunerazione variabile è equa per entrambe le parti: per il Tesoro al quale garantisce un costo del finanziamento in linea con il costo del proprio debito di medio-lungo termine; per PI in quanto rappresenta lo spostamento verso un meccanismo di remunerazione allineato al mercato e coerente con la raccolta. La decisione di questo riallineamento al mercato è stata avviata in un momento di mercato sfavorevole, in cui i rendimenti ottenuti sulla base della Convenzione negli anni 2005 e 2006 (rispettivamente 3,9 % e 4,25 %) sono risultati significativamente inferiori al tasso fisso (4,35 %) di cui beneficiava PI negli anni precedenti.

(53)

L’Italia osserva che, a partire dal 2007, PI ha avviato una gestione attiva molto prudente della propria liquidità fondata su interessi a tasso fisso, che le garantisce un rendimento certo su un orizzonte temporale determinato. La gestione attiva delle giacenze differisce da quella passiva della Convenzione in quanto consente a PI, primo, di costruire un portafoglio con una base di rendimento certo e indirizzare l’asset allocation in linea con gli obiettivi della società, secondo, di assumere rischi aggiuntivi nell’ambito di scenari di rischiosità valutati e approvati. Essendo in grado di implementare soluzioni di gestione attiva dei fondi, PI ha adottato strategie finanziarie di ottimizzazione del rendimento ottenendo ritorni superiori a quelli consentiti dalla Convenzione.

6.3.   Modifiche introdotte in relazione al vincolo di impiego

(54)

Le autorità italiane hanno informato la Commissione dell’avvenuta abrogazione del vincolo di destinazione in forza del quale PI era tenuta a depositare presso il Tesoro le liquidità derivanti dai conti correnti postali. La legge finanziaria 2007 modifica il regime previsto dalla legge finanziaria 2006 e prevede che i fondi provenienti dalla raccolta effettuata da PI presso la clientela privata siano investiti in titoli governativi dell’area euro. La legge prevede il completamento del nuovo assetto entro il 31 dicembre 2007. L’Italia considera pertanto che tale modifica sottrae le liquidità raccolte da PI alle norme in materia di aiuti di Stato in quanto la remunerazione percepita non è corrisposta dallo Stato.

(55)

Tale modifica legislativa risponde all’esigenza del Tesoro di conferire a PI una maggiore autonomia finanziaria, resa necessaria dai risultati economici e finanziari dell’azienda e dalle dimensioni raggiunte. Il percorso verso una maggiore autonomia, iniziato nel 1998 con la trasformazione di PI in società per azioni, è stato caratterizzato dal lancio del conto corrente postale retail Conto BancoPosta nel 2001; è proseguito nel 2005-2006 con l’abbandono del tasso di remunerazione fisso per passare all’indicizzazione a parametri allineati ai tassi di mercato prevista dalla Convenzione, e nel 2007 con l’eliminazione del vincolo d’impiego, almeno limitatamente alla raccolta presso la clientela privata.

(56)

L’Italia fa notare che il percorso verso una progressiva autonomia finanziaria di PI non deve portare a considerare i fondi come non più soggetti a vincolo d’impiego. Inoltre, al momento della stipula della Convenzione, il Tesoro ha dovuto tenere conto degli obblighi di legge in capo a PI e non ha potuto prevederne l’evoluzione legislativa che esorbitava dalla sua competenza.

6.4.   Stabilità dello stock di raccolta

(57)

Per dimostrare la stabilità sostanziale nel tempo dello stock di raccolta, l’Italia fa notare come l’indicatore Deviazione Standard/Giacenza Media, che è una misura della volatilità della liquidità presso il Tesoro, sia passato dall’8 % nel 2002 al 5 % nel 2005; come il peso della componente stabile della raccolta, che per un dato anno l’Italia definisce come la giacenza minima raggiunta in quell’anno, sulla giacenza media complessiva sia cresciuto nel contempo dall’83,8 % all’89,5 %, e come il peso della componente volatile della raccolta, definito come la differenza fra la giacenza media e la giacenza minima per quell’anno, sulla giacenza media complessiva sia passato dal 16,2 % del 2002 al 10,5 % del 2005.

(58)

L’Italia ha trasmesso alla Commissione le conclusioni di due tipi di modelli: i modelli statistici interni di PI e il modello elaborato da PI in collaborazione con la società di consulenza […] mirato a individuare l’andamento prudenziale delle liquidità raccolte tramite i conti correnti postali.

(59)

A raccomandare l’adozione di modelli diretti a quantificare l’andamento prudenziale della raccolta e la durata comportamentale della liquidità sui conti a vista sono le stesse istituzioni di vigilanza bancaria quando l’obiettivo è definire meccanismi di gestione del rischio di interesse (32).

(60)

I modelli interni sono basati sull’analisi degli scostamenti giornalieri delle giacenze rispetto ai saldi medi, senza usare scenari probabilistici ma semplicemente analizzando i risultati storici dell’andamento delle masse dei conti correnti. I modelli interni evidenziano come la serie giornaliera del deposito presso il Tesoro registri, da quando è stata avviata una raccolta retail (che oggi costituisce il 75 % della intera raccolta in conti correnti postali), una tendenza crescente. Il livello minimo annuo (cioè la componente stabile delle giacenze), crescente anch’esso nel tempo, rappresenta una percentuale del totale del saldo medio pari al 90 % in media (dall’85 % nel 2002 al 92 % nel 2006). Analogamente i modelli interni confermano la presenza di una componente volatile delle giacenze, definita come la differenza fra la giacenza media e la giacenza minima (stabile) per un dato anno, che negli ultimi anni rappresenta solo il 10 % circa del saldo.

(61)

Il modello […], che l’Italia giudica molto prudente, indica che la «durata comportamentale» dell’insieme dei rapporti non coincide con la durata contrattuale del singolo conto corrente. Infatti, se è certamente possibile che, dall’oggi all’indomani, alcuni clienti decidano di estinguere il proprio conto, in virtù della grande numerosità di clienti e granularità dei conti correnti (le giacenze medie per singolo rapporto sono contenute) e del fatto che nuovi depositi sostituiscono i rapporti estinti, le conseguenze sulla raccolta complessiva di PI sono modeste. Il tipo di modello prudenziale elaborato da […] è usato da varie banche italiane nella gestione attiva delle liquidità, per determinare la durata comportamentale dei loro conti correnti e rispecchiare poi tale durata in un portafoglio corrispondente che tenga conto delle loro esigenze di Asset Liability Management («ALM»).

(62)

PI si è avvalsa di questo modello per individuare la «durata comportamentale» dei rapporti di conto corrente postale (clientela retail  (33) sia nel periodo 2005-2006, quando vigeva il vincolo in capo a PI di destinare la raccolta in conti correnti postali al Tesoro (gestione passiva dei fondi), sia nel periodo a partire dal 1o gennaio 2007 quando PI ha iniziato a investire la raccolta effettuata presso la clientela privata in titoli eurogovernativi (gestione attiva dei fondi).

6.4.1.   Gestione passiva dei fondi

(63)

Secondo l’Italia, nello specifico contesto della gestione passiva delle liquidità di PI, il modello […] definisce i criteri per individuare la «durata comportamentale» della raccolta postale. Il modello cerca di attribuire una quantificazione temporale ai concetti di giacenza stabile e volatile individuati dai modelli interni, basandosi sull’analisi della volatilità storica dei conti correnti e sul comportamento probabilistico dei correntisti. In una variante del modello [metodo Value at Risk o VaR, con istante di estinzione finale (cut off al decimo anno), alle giacenze sono attribuite durate lunghissime per i 2/3 della raccolta (34) (intesi come il volume minimo al di sotto del quale non è ipotizzabile scendere nell’arco di 10 anni], e durate da 0 a 10 anni per la parte residua (1/3) (la raccolta cioè che può esaurirsi nell’arco di 10 anni). Secondo questo profilo della raccolta, l’investimento corrispondente avrà una durata media (35) pari a 4,1 anni e una duration di Macauley (36) pari a 3,2 anni. In un’altra variante (modello di deprezzamento lineare, con cut off al decimo anno), l’investimento corrispondente avrà una durata media pari a 4,9 anni e una duration di Macauley pari a 3,8 anni (37).

6.4.2.   Gestione attiva dei fondi

(64)

Secondo l’Italia, nello specifico contesto della gestione attiva delle liquidità da parte di PI, il modello […] sostiene PI nella scelta dell’asset allocation ottimale. Basandosi su ipotesi molto prudenziali, indica che è ragionevole per PI adottare un asset allocation con una durata media che si colloca tra i 4 e i 5 anni.

(65)

A partire dal 2007, anche se il modello individua durate quasi infinite per circa i 2/3 della raccolta e durate da 0 a 10 anni per la parte residua, PI ha prescelto una scadenza media di […] anni per motivi legati alle condizioni di mercato del momento (38). In effetti, il differenziale fra i titoli a 5 anni e quelli a 30 anni è di soli 20 punti base (di seguito «bp»); per questo PI ha preferito investire in un portafoglio con una scadenza media inferiore a quella del modello […]: il maggior rischio insistente sui trentennali non sarebbe altrimenti remunerato. Nella sua lettera del 28 febbraio 2008 […] aggiunge che i risultati del modello consentirebbero a PI di sviluppare strategie di investimento che si potrebbero spingere, in termini di durata finanziaria media, oltre la scelta finora adottata (durata massima di 10 anni).

6.5.   Costi della gestione dei conti correnti postali

(66)

Quanto alla descrizione dei costi annuali di raccolta e deposito delle somme derivanti dai conti correnti della clientela di PI secondo la contabilità analitica di PI, l’Italia osserva che quest’ultima consente di individuare i costi complessivi dell’attività finanziaria di PI, e non i costi per singolo prodotto. In questo contesto, secondo l’Italia i margini di PI/Bancoposta sono percentualmente inferiori ai margini conseguiti dal settore bancario.

6.6.   Conformità della remunerazione di PI da parte del Tesoro a criteri di mercato

(67)

Il tasso attivo, che è essenzialmente un tasso a lungo termine, è congruo al mercato per via della natura a lungo termine della raccolta stessa. Infatti:

il vincolo d’impiego ha scadenza indeterminata; l’Italia ricorda per l’appunto che PI non ha altre possibilità (eventualmente più redditizie) del conto presso il Tesoro per impiegare la liquidità generata dai conti correnti postali,

l’Italia ritiene che la crescita nel tempo della raccolta in conti correnti mostra la stabilità delle risorse per il Tesoro (39) (la giacenza media della raccolta ha presentato un trend crescente del 40 % circa dal 2002 al 2005; la percentuale di tale valore di natura stagionale è pari a circa il 10 %),

l’Italia ritiene che PI risulti penalizzata, nella propria asset allocation, dal vincolo d’impiego che le preclude la possibilità di una gestione attiva e potenzialmente più vantaggiosa dei fondi. In assenza di tale vincolo PI avrebbe potuto dar luogo a un asset allocation in linea con il ruolo e le caratteristiche dell’azienda, impiegando il 10 % della liquidità in titoli a breve termine e il 90 % in titoli a lungo termine. Il vincolo garantisce al Tesoro una linea di finanziamento con caratteristiche assimilabili a un investimento a lungo termine,

oltre alle lettere di […] e […] pervenute alla Commissione nell’aprile 2006 prima dell’avvio del procedimento, tre banche private hanno confermato che il meccanismo di remunerazione parametrico non comporta alcun vantaggio a favore di PI (cfr. considerando 73).

(68)

Quanto alla conformità della remunerazione di PI a criteri di mercato, l’Italia ha evidenziato i quattro seguenti aspetti: la congruità del tasso di interesse attivo a criteri di mercato (cfr. sopra); il confronto con la francese Banque Postale; la valutazione dei revisori contabili di PI; il riferimento ai tassi di mercato.

6.6.1.   Confronto con La Banque Postale

(69)

Secondo le autorità italiane, dal confronto con la situazione della francese La Banque Postale emerge che la sua strategia ALM (Asset Liability Management) si è basata sullo stesso modello statistico di PI. Il modello individua la componente stabile e la componente volatile della giacenza, laddove la componente stabile è investita in titoli di Stato dell’OCSE con ponderazione zero e quella volatile in titoli di breve durata.

(70)

Sulla base della strategia ALM, La Banque Postale ha registrato nel 2005 un rendimento pari a 4,4 % a fronte di un rendimento del parametro della Convenzione pari a 3,9 %. L’Italia afferma che La Banque Postale è un esempio concreto della possibilità di avere rendimenti superiori a quelli del parametro di PI, utilizzando una gestione prudenziale e con una durata media pari a 5 anni.

(71)

Uno studio commissionato dalla […] dal titolo «[…]» (di seguito l’«analisi» o «analisi […]») sviluppa argomentazioni analoghe a conferma della comparabilità fra le due aziende. Stando all’analisi, La Banque Postale, che a partire dal 2001 ha dato avvio a una strategia di gestione attiva dei fondi analoga a quella di PI investendo il 90 % della componente di raccolta identificata come stabile in titoli di Stato OCSE su un orizzonte temporale di 10 anni, ha registrato un rendimento superiore a quello del parametro. In effetti, utilizzando le stesse logiche di investimento prudenziale di PI, La Banque Postale ha ottenuto un rendimento medio del 4,45 % circa negli anni 2004-2005.

6.6.2.   Parere dei revisori

(72)

I revisori di PI sono concordi nel definire, sulla base delle caratteristiche di volatilità e dei tassi di crescita, la raccolta in conti correnti come una raccolta stabile.

6.6.3.   Lettere di banche private e consulenti

(73)

L’Italia ha trasmesso alla Commissione le lettere di banche private e consulenti in cui si afferma che la remunerazione ricevuta da PI sulla liquidità derivante dai c/c postali e depositata presso il Tesoro è in linea con il rendimento di mercato che PI avrebbe ottenuto con un’adeguata strategia di investimento e di gestione dei rischi.

Lettera di […] del 4 ottobre 2006: […] rileva che in assenza di vincolo di destinazione PI potrebbe attuare un’appropriata strategia ALM, intesa a minimizzare il rischio di mercato e il rischio di liquidità. La strategia di composizione degli asset di PI dovrebbe tenere conto dei profili di durata previsti in relazione ai depositi, basati su serie storiche e ipotesi ragionevoli, in modo da stabilire la strategia d’investimento più congrua in termini di durata e profilo di credito. A mo’ di esempio, […] confronta i rendimenti ottenuti dall’applicazione dei parametri del paniere con i rendimenti delle riserve di Ramo I di Poste Vita SpA (controllata di PI) gestite da […].

Lettera di […] del 2 ottobre 2006: partendo dai dati forniti da PI (40), […] reputa perfettamente coerente da parte di PI l’aver indicizzato il 10 % della raccolta a un parametro di breve termine e il 90 % a un parametro di lungo termine. Se PI non fosse vincolata per legge a riversare i proventi della raccolta postale presso il Tesoro, il tasso di interesse a breve termine che dovrebbe pagare sul mercato contro la remunerazione del Tesoro (constant maturity swap) sarebbe pari all’Euribor 6 mesi più uno spread dello 0,43 % (41), il che costituisce, secondo […], un rendimento perfettamente in linea con quello ottenibile da una gestione di titoli di Stato o corporate di elevato rating a tasso fisso. La conclusione di […] è, quindi, che la remunerazione conseguita da PI in forza della legge finanziaria e della Convenzione è quella che si otterrebbe sui mercati finanziari con un profilo di rischio comparabile.

Lettera di […] del 4 ottobre 2006: […] afferma che, con una diversificazione degli investimenti, che resterebbero comunque basati su un portafoglio di titoli sovreign e possibilmente corporate con rating AA- o superiore (di non più del 20 per cento), PI potrebbe registrare rendimenti annualizzati in linea o superiori alla remunerazione ottenuta nel 2005 e nel 2006 sulla base dell’applicazione dei tassi del paniere.

Lettera di […] del 20 gennaio 2006: la banca conclude che PI avrebbe potuto ottenere nel 2005, per la liquidità da conti correnti postali, un rendimento del 4 % in linea con quello percepito da Ramo I, controllata di Poste Vita, per la gestione di fondi pari a 6 miliardi di euro. Tale risultato è comparabile alla remunerazione del 3,9 % applicata a PI dalla Convenzione.

Lettera di […] del 13 gennaio 2006: […] ritiene che la liquidità generata dai conti correnti possa considerarsi permanente a causa della scadenza indeterminata del vincolo di impiego, da un lato, e del trend crescente della giacenza media a conferma della stabilità delle risorse per il Tesoro, dall’altro; che, dovendo sostituire questa forma tecnica di raccolta, il Tesoro ricorrerebbe all’emissione di titoli di debito a lunga scadenza; che, in considerazione del costo di sostituzione, appare coerente e convergente determinare il tasso di remunerazione della raccolta in conti correnti di PI sulla base del rendimento di titoli di debito governativi a lunga scadenza. […] effettua poi un’analisi di confronto tra il rendimento generato dalla gestione finanziaria di Poste Vita SpA e il rendimento in base all’applicazione della Convenzione. Per gli anni 2002-2005 il rendimento della gestione delle attività finanziarie di Posta Vita risulta non discostarsi significativamente dalla rilevazione del parametro.

6.6.4.   Confronto con i rendimenti ottenuti sui prodotti Poste Vita

(74)

Le autorità italiane ritengono che il rendimento percepito da PI per le liquidità depositate presso il Tesoro sia in linea con la remunerazione degli impieghi di Poste Vita. In particolare esse sostengono che le polizze vita di ramo I sono prodotti comparabili ai conti correnti postali e che il rendimento medio della gestione di tali prodotti (per esempio Posta Più) è stato del 4,68 % nel periodo 2002-2006, a fronte di un valore medio del parametro pari a 4,55 %.

(75)

Le autorità italiane rilevano che i conti correnti postali e le polizze vita sono prodotti comparabili sotto il profilo della gestione finanziaria in quanto il conto corrente costituisce uno strumento solo formalmente a breve, ma è di fatto assimilabile a un prodotto finanziario di media durata, a capitale e tasso minimo garantito. Le polizze vita sono in sostanza prodotti di capitalizzazione, hanno anch’esse un capitale e un tasso minimo garantito, una scadenza di medio-lungo termine (di solito decennale) con possibilità di riscatto in qualsiasi momento senza penali.

(76)

Il confronto tra la remunerazione corrisposta a PI nel periodo 2002-2006 e la remunerazione percepita da Posta Più nello stesso periodo figura nella tabella 2.

Tabella 2

Anni

Rendimento lordo Posta Più

Convenzione

Delta

Durata media finanziaria

2002

6,38 %

5,25 %

1,13 %

3,78

2003

5,11 %

4,69 %

0,42 %

2,66

2004

4,13 %

4,64 %

–0,51 %

2,53

2005

4,00 %

3,90 %

0,10 %

3,62

2006

3,77 %

4,25 %

–0,48 %

3,15

Media

4,68 %

4,55 %

0,13 %

3,148

6.6.5.   Confronto con il costo del debito del Tesoro

(77)

Le autorità italiane osservano che l’indicizzazione dell’investimento presso il Tesoro a parametri legati al debito pubblico italiano si rivela l’unico meccanismo non penalizzante per il Tesoro e coerente con la sua natura di emittente, se si considera il vincolo di impiego della raccolta postale presso il Tesoro.

(78)

Inoltre, la Convenzione accorda a PI una remunerazione vincolata a tassi d’interesse a lungo termine, coerentemente con la natura della raccolta stessa. La Convenzione tutela poi il Tesoro contro avverse condizioni di mercato che potrebbero rendere il costo di questa forma di indebitamento non più in linea con il proprio costo di raccolta tradizionale.

(79)

Le autorità italiane confrontano il tasso pagato sul parametro concordato tra PI e Tesoro con il costo del funding, calcolato su questa base:

i fondi sono raccolti con emissioni di BTP a 5, 10, 15 e 30 anni,

il periodo in esame è il 2001-2006,

è stata calcolata la media ponderata delle emissioni citate, considerati anche il peso e il costo di tutte le emissioni outstanding del periodo in esame.

Tabella 3

Anni

BTP a 5 anni

BTP a 10 anni

BTP a 15 anni

BTP a 30 anni

Convezione

Media

2001

4,59 %

5,13 %

 

5,80 %

 

5,04 %

2002

4,58 %

5,09 %

5,46 %

5,73 %

5,25 %

5,03 %

2003

4,15 %

4,81 %

4,96 %

5,44 %

4,69 %

4,71 %

2004

3,95 %

4,66 %

4,85 %

5,35 %

4,64 %

4,56 %

2005

3,68 %

4,43 %

4,64 %

5,19 %

3,90 %

4,31 %

2006

3,47 %

4,35 %

4,54 %

5,06 %

4,25 %

4,21 %

(80)

Sulla base dei risultati ottenuti, l’Italia indica che, nei 5 anni in considerazione, il costo del debito a medio-lungo termine del Tesoro è in linea con il rendimento ottenuto mediante l’applicazione del parametro.

(81)

Inoltre, i) il tasso di remunerazione è indicizzato a parametri legati al debito pubblico italiano (titoli di Stato), che costituiscono il riferimento più indicato per l’indebitamento del Tesoro; ii) la stabilità della raccolta, verificata attraverso modelli statistici, ed il vincolo d’impiego gravante su PI rendono la durata dell’investimento in massima parte permanente (senza considerare le specifiche cautele, quali la possibilità di recesso anticipato, la durata triennale del rapporto, che garantiscono il Tesoro da mutamenti imprevisti del mercato); iii) il rischio di liquidità assunto dal Tesoro è limitato in considerazione della provata stabilità della raccolta postale e riflesso nell’aver indicizzato il 10 % di tale raccolta a un parametro di breve termine.

(82)

Con riguardo all’elemento a lungo termine del tasso attivo [90 % di cui i) il 10 % legato al rendimento dei BTP a 10 anni e ii) l’80 % legato al rendimento dei BTP a 30 anni], l’Italia ritiene che il vincolo d’impiego in capo a PI (investimento di tipo parametrico), remunerato in base a un tasso attivo calcolato come media ponderata dei rendimenti medi annui dei titoli di Stato, differisce dall’obbligo introdotto con la legge finanziaria 2007 di investire direttamente in titoli di Stato (investimenti diretti) scelti autonomamente e liberamente gestiti. In particolare, l’«investimento parametrico» previsto dalla Convenzione implica un rendimento variabile, ingestibile e quindi passivamente esposto alle fluttuazioni di mercato. L’«investimento parametrico» è più rigido degli investimenti diretti di fronte a movimenti di mercato, ha un’operatività massima a 12 mesi (possibilità di disdetta della Convenzione dietro preavviso di sei mesi per ambo le parti) e il suo rendimento incorpora un premio ad hoc a compensazione dei vincoli cui l’investimento stesso è soggetto. L’Italia rileva che tale premio, valutato nell’ordine di circa 0,25-0,50 punti percentuali, è in linea con il differenziale di rendimento medio fra BTP a 30 anni e BTP a 10 anni ai minimi storici (0,20-0,40 punti percentuali).

(83)

Il premio di cui sopra è assimilabile a una remunerazione ex post che da un lato compensa PI del vincolo di investimento e dell’impossibilità di gestire attivamente le liquidità, dall’altro risulta coerente per il Tesoro che agisce come un mutuatario privato, anche in considerazione delle clausole inserite nella Convenzione (possibilità di recesso anticipato, durata triennale della Convenzione e aggiornamento quindicinale dei parametri), mirate a tutelare il Tesoro dagli effetti di movimenti di mercato avversi.

6.7.   Confronto con strategie di investimento alternative (gestione attiva)

(84)

Nell’intento di dimostrare che la remunerazione prevista dalla Convenzione non ha comportato nessun vantaggio a favore di PI, le autorità italiane hanno trasmesso alla Commissione l’analisi […].

(85)

L’analisi […] sviluppa i seguenti elementi:

i)

Perché la remunerazione corrisposta dal Tesoro a PI sulla raccolta postale è corretta:

Lo studio condotto da […] sulla massa dei depositi ricevuti da PI — che l’analisi […] dà per acquisita — conclude che, al netto di una componente teoricamente più volatile, la durata attesa di tali depositi è estremamente lunga, quasi infinita. Approcci analoghi sono comuni nel sistema bancario.

Le caratteristiche di durata delle giacenze sono trasferite al Tesoro per disposto di legge.

L’indicizzazione corrisposta dal Tesoro riflette tale approccio, essendo per il 10 % legata ai BOT a 12 mesi (componente più volatile), per il 10 % ai BTP a 10 anni (la componente che potrebbe gradualmente decrescere in base a talune assunzioni prudenziali) e per l’80 % ai BTP trentennali.

Il rapporto sottintende un impegno (vincolo d’impiego) da parte di PI e del Tesoro di lungo periodo.

I vincoli imposti a PI in qualità di depositario incorporano oneri impliciti:

Il deposito presso il Tesoro non può considerarsi un vero e proprio deposito a breve termine risk free in ragione del vincolo permanente di PI di destinare le liquidità al Tesoro. Il rendimento riconosciuto rifletteva tale vincolo di lungo periodo in quanto pagava il rischio a lunga scadenza implicito della Repubblica italiana, stimato in un extrarendimento dello 0,30 % (pari allo spread di mercato pagato dai titoli di Stato a lungo termine rispetto ai parametri monetari).

L’impossibilità per PI di avviare strategie di gestione attiva delle liquidità (l’analisi quantitativa di […] è indirizzata a quantificare tali oneri);

ii)

Confronto tra il margine di interesse di PI e quello delle banche del settore privato:

Il costo della raccolta presso la clientela retail di PI è in linea con il costo della raccolta in depositi conseguita dalle banche del settore privato, come ha ammesso la stessa Commissione.

Al contrario, il margine di interesse conseguito dalle banche del settore privato in relazione alla componente derivante dai depositi raccolti presso la propria rete è significativamente superiore a quello di PI (4,7 % nel 2006 e 4,6 % nel 2005, a fronte rispettivamente del 3,75 % e del 3 % per PI). Questi dati rappresentano, a giudizio di […], la prova dell’assenza di aiuto di Stato a favore di PI;

iii)

Confronto tra la trasformazione delle scadenze (mismatch) condotta da PI e da operatori comparabili del settore privato:

Il modello […] attribuisce alle giacenze di PI una durata comportamentale «quasi infinita» prudenzialmente stimata in almeno il 60,8 % del totale (metodo VaR, con cut-off al decimo anno). Secondo la Convenzione, PI utilizza i proventi della raccolta postale per finanziare uno strumento a lungo termine come il deposito presso il Tesoro. Per verificare il comportamento delle banche del settore privato sono stati analizzati i bilanci di banche specializzate nel finanziamento di enti pubblici (Dexia, Depfa, ecc.), che risultano comportarsi secondo schemi analoghi. Le banche pubbliche raccolgono in effetti all’incirca il 50 % dei propri fabbisogni a medio-lungo termine, mentre la restante quota è finanziata a breve termine con pronti contro termine presso la Banca centrale europea e depositi da intermediari finanziari, e impiegano i loro fondi in prestiti a enti pubblici con scadenze generalmente comprese tra i 10 ed i 50 anni;

iv)

Analisi numerica volta a dimostrare la valenza di una gestione attiva del portafoglio.

A partire dal marzo 2007 PI ha dato avvio ad un investimento diretto in titoli di Stato dell’area euro, che ha completato nel dicembre 2007 con l’ultimo flusso erogato dal Tesoro.

Le scelte di investimento fatte da PI, oltre a tener conto dei vincoli di legge e degli obiettivi di rendimento della società, si sono basate anche sulle condizioni e opportunità offerte dal mercato. A partire da inizio 2008 il portafoglio incorpora notevoli plusvalenze. Al contrario, il deposito detenuto presso il Tesoro esprime solamente i rendimenti correnti di mercato, senza possibilità di registrare guadagni o perdite in conto capitale, essendo indicizzato a parametri di tasso variabile.

Pertanto, ai fini di un confronto che confermi la superiorità del rendimento di una gestione attiva verso il parametro, vista anche la volatilità dei guadagni e perdite in conto capitale, risulta necessario esaminare i dati riferibili ad un arco temporale di lungo periodo. Al di là del corrente maggiore rendimento espresso dal portafoglio di PI, l’analisi numerica vuole dimostrare come un’attenta e oculata gestione del portafoglio può generare maggiori rendimenti a lungo termine.

Tale analisi si fonda su due elementi, uno basato sulla considerazione di dati passati (punti 1 e 2) e l’altro di natura prospettica (punto 3).

[…] ha adottato retrospettivamente due strategie di gestione dei fondi sul portafoglio di PI, di cui una comporta una durata simile al portafoglio dello studio […] secondo il metodo VaR (di seguito «portafoglio benchmarck»), l’altra (di seguito «tactical strategy») utilizza gli stessi criteri e vincoli d’investimento attualmente adottati da PI (42) ed è stata impostata su modelli quantitativi automatici (43). Il risultato di PI negli ultimi 10 anni, in un’ipotetica tactical strategy sarebbe stato di circa 1,62 % annuo superiore al rendimento della Convenzione per lo stesso periodo (senza considerare però l’impatto dei costi di transazione). Il rendimento nel biennio 2005-2006 sarebbe stato invece inferiore (2,45 % contro il 4,14 % della Convenzione).

Viene citato il caso La Banque Postale (cfr. anche considerando 69).

In ultimo, […] ha identificato alcune soluzioni di gestione dei fondi che PI può implementare nel prossimo futuro, finalizzate a ottenere ritorni superiori a quelli di politiche di investimento passivo in titoli di Stato, senza aggiunta di rischi incrementali significativi. A supporto di ciò l’analisi riporta una descrizione dettagliata di queste strategie. In breve:

[…]

[…]

[…]

[…]

Per confrontare la performance di un portafoglio completamente indicizzato (deposito presso il Tesoro) e di un portafoglio di gestione attiva delle liquidità (v. punto 1 sopra), l’Italia spiega che è necessario considerare un arco temporale significativo, 10 anni, che incorpori almeno un ciclo economico completo. Per questo motivo l’analisi […] ha comparato il rendimento previsto dalla Convenzione con i rendimenti derivanti da strategie alternative su un periodo di 10 anni e non meno. Un arco temporale di analisi più breve rischia di prendere in considerazione solo una singola fase del ciclo economico. Per cui, in una fase di rialzo dei tassi, un portafoglio su titoli a tasso fisso tende a sottoperformare rispetto a un portafoglio a tasso variabile, e l’opposto accade nelle fasi di ribasso dei tassi. Il periodo 2005-2007 (primo semestre) è stato caratterizzato da una fase di rialzo consistente dei tassi in cui i portafogli investiti in titoli a tasso fisso (come quelli usati da […]) hanno incorporato perdite in conto capitale, producendo rendimenti inferiori rispetto alla Convenzione.

Secondo le autorità italiane, nell’arco di 10 anni un portafoglio a tasso variabile è assimilabile a un portafoglio a tasso fisso in quanto i guadagni e le perdite in conto capitale tendono a bilanciarsi. Su 10 anni, in effetti, i rendimenti complessivi di un portafoglio a tasso variabile rispetto a uno a tasso fisso sono sostanzialmente in linea. Una gestione attiva dei fondi produce chiaramente risultati migliori rispetto a una gestione passiva («parametrica») di cui dalla Convenzione (ad esempio, il rendimento del benchmark proposto da […], con una durata media di 5 anni, è in linea con il rendimento del parametro, che ha una durata media molto più lunga).

Inoltre, secondo le autorità italiane la Commissione dovrebbe distinguere tra rischio a breve e a lungo termine. Se è vero che i titoli a tasso fisso con durata decennale possono avere un rendimento molto variabile sul breve periodo, sull’arco di 10 anni offrono un tasso di remunerazione del tutto affidabile (perché fisso). Tutto sommato, su un arco di 10 anni i rendimenti complessivi di un portafoglio a tasso fisso tendono ad allinearsi ai rendimenti di un portafoglio a tasso variabile, presentando questi ultimi maggiore rischiosità (perché soggetti a variazioni annuali dei tassi di interesse).

Inoltre, una vera gestione alternativa degli investimenti che mantenga un certo grado di flessibilità e si avvalga di tutti gli strumenti finanziari offerti dal mercato aumenta la possibilità di ottenere risultati superiori rispetto a un portafoglio statico come quello previsto dalla Convenzione.

[…]

L’Italia rileva che al momento della stipula della Convenzione con il Tesoro non era dato conoscere l’andamento futuro dei tassi né la durata di vigenza della Convenzione. La scelta di parametri variabili risultava, secondo l’Italia, economicamente razionale perché equa e coerente per ambo le parti: PI e il Tesoro.

Riguardo al trade off rischio/rendimento, l’Italia rileva che il deposito presso il Tesoro ha inevitabilmente un rapporto rischio/rendimento peggiore rispetto a quello dei titoli di Stato a tasso fisso di durata 1-10 anni. Secondo l’Italia, i titoli a tasso variabile hanno una volatilità, in termini di prezzo, sempre inferiore a quella dei titoli a tasso fisso, che è direttamente proporzionale alla durata dello strumento. Tuttavia, la volatilità del prezzo non va confusa concettualmente con la volatilità del rendimento: dal punto di vista puramente del rendimento, la Convenzione può risultare più rischiosa di un portafoglio a tasso fisso in termini di impatto sul margine di interesse di PI (in uno scenario di tassi calanti, i titoli a tasso variabile hanno una rischiosità superiore rispetto ai titoli a tasso fisso in quanto non hanno un’adeguata protezione dal rischio di refixing e determinano una riduzione del margine di PI). Pertanto, un titolo a tasso variabile avrà una volatilità bassa in termini di prezzo e una volatilità alta in termini di rendimento. Inoltre, le tecniche utilizzate da PI per il monitoraggio dei rischi inerenti alla gestione dei conti correnti postali, basate sulle disposizioni previste da Basilea II, valutano gli impatti di una variazione dei tassi di interesse sui flussi di cassa attesi. Tale analisi, effettuata su un orizzonte temporale di 12 mesi, dimostra che il rischio maggiore deriva dai titoli in scadenza nei successivi 12 mesi (in quanto soggetti a rischio di rifinanziamento), nonché da eventuali titoli a tasso variabile, e non invece dai titoli a tasso fisso di più lunga durata. Di conseguenza, la gestione attiva consente a PI di attuare una politica di yield enhancement coerente con lo scenario di mercato del momento e tale da poter modificare il portafoglio in funzione delle strategie di ottimizzazione del rendimento.

Secondo le autorità italiane, la variabilità del parametro scelta dalla Convenzione scaturiva dall’esigenza di tutelare gli interessi di ambo le parti: di PI, garantendole un’equa remunerazione allineata al mercato; del Tesoro, assicurando un costo del finanziamento in linea con il costo del proprio debito di medio-lungo termine.

L’Italia sostiene che, qualora si ipotizzasse la costruzione di un portafoglio con durata perpetua, detto ipotetico portafoglio di PI sarebbe stato investito per il 60 % in titoli eurogovernativi a 30 anni e a 50 anni (OAT), e per il 40 % in BTP con durate da 0 a 10 anni. Questo portafoglio, molto teorico ed improbabile, avrebbe ottenuto un rendimento pari a 3,6 % nel 2005, 3,65 % nel 2006 e 3,7 % nel 2007. La volatilità del rendimento di questo portafoglio sarebbe estremamente scarsa, per contro avrebbe un’esposizione al rischio significativa data la sua durata molto elevata.

(86)

L’analisi […] indica che il vincolo di impiego genera costi opportunità e rischi per PI limitandone lo spettro di opzioni d’investimento. Il deposito presso il Tesoro era associato esclusivamente al rischio di credito della Repubblica italiana, il che ha precluso a PI la possibilità di diversificare il proprio portafoglio sul mercato dei titoli eurogovernativi. Inoltre, il rischio di credito era affiancato dal rischio di liquidità, data la natura a lungo termine del deposito senza rimborso anticipato. I costi opportunità associati all’impossibilità di effettuare investimenti diversificati a seconda del rischio di credito sono stimati attualmente nell’ordine dell’1 %-1,50 % annui se si considerano i titoli emessi da società finanziarie europee aventi rating AA, e nell’ordine dello 0,60 %-1 % annui se si considerano i titoli emessi da società industriali europee aventi rating AA. L’effetto di limitare la possibilità di gestire attivamente un portafoglio è di difficile valutazione: il caso La Poste e gestioni attive del tipo trading system che investono in titoli eurogovernativi dimostrano che si possono ottenere rendimenti superiori rispetto al rendimento del deposito presso il Tesoro.

(87)

Le autorità italiane giustificano il confronto tra il meccanismo di remunerazione della Convenzione (basato su un tasso di interesse variabile) e i modelli quantitativi automatici di […] diretti a dimostrare il vantaggio di una gestione attiva (basata su tassi di interesse fissi) affermando che la prassi degli operatori di mercato in titoli obbligazionari, nonché quella adottata da PI dal 2007, prevede l’investimento in titoli a tasso fisso. Esse aggiungono poi che tale confronto non deve avvenire alla luce del confronto tra titoli a tasso variabile e titoli a tasso fisso, bensì tra una gestione attiva e una gestione passiva dei fondi.

(88)

Da ultimo, l’Italia ritiene che il meccanismo di remunerazione della Convenzione, basato su tassi a breve termine per la componente volatile della raccolta dei conti correnti postali, stimi congruamente l’effettivo rischio di liquidità assunto dal Tesoro.

(89)

Secondo le autorità italiane, la remunerazione dei conti correnti postali non può essere indicizzata a parametri di breve termine (ad es. la remunerazione dei BOT a 12 mesi) a causa della stabilità della raccolta.

(90)

L’Italia rileva che, prendendo a riferimento, come ha fatto ABI, il 2005, l’analisi risulta fuorviante in quanto nel 2005 i tassi a breve scendevano ai livelli più bassi (il livello di rendimento dei BOT a 12 mesi era del 2,21 % con uno scarto di – 1,69 % rispetto al tasso individuato dalla Convenzione). La parzialità dell’analisi di ABI trova conferma, secondo l’Italia, nel fatto che, nel febbraio 2007, il rendimento dei BOT a 12 mesi si attestava su livelli del 3,9 %, evidenziando un differenziale rispetto alla media del paniere della Convenzione (all’epoca del 4,5 % circa), di – 0,60 %, pari cioè a quasi un terzo del differenziale indicato da ABI.

(91)

Per quanto riguarda il raffronto fatto da ABI con la remunerazione della liquidità di CDP investita presso il Tesoro (a un tasso variabile semestrale pari alla media aritmetica semplice fra il rendimento dei BOT a sei mesi e dell’indice mensile Rendistato), l’Italia rileva che PI non può essere utilmente confrontata con CDP, società diversa per struttura, peculiarità di attività, finalità di business, tipologia di operatività, organizzazione e politiche di investimento. In secondo luogo, essendo l’indice Rendistato un indice di rendimento a medio-lungo termine, risulta contraddittoria la conclusione di ABI secondo cui i conti correnti postali dovrebbero essere remunerati secondo parametri a breve termine.

(92)

L’Italia osserva inoltre che la liquidità raccolta dai conti correnti postali costituisce un unicum nel mercato e che è quindi difficile individuare un singolo strumento sostitutivo. Tuttavia, la stabilità dello stock di raccolta consente di assimilare di fatto la stessa a uno strumento di raccolta di più lunga durata e rende irrilevante il confronto con i BOT a breve termine (12 mesi).

7.   VALUTAZIONE DELLE MISURE

(93)

La misura sottoposta a valutazione è il regime istituito dalla legge finanziaria 2006 e dalla Convenzione che definisce il tasso di interesse attivo corrisposto dal Tesoro a fronte della liquidità versata da PI.

(94)

Per stabilire se una misura costituisca aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, la Commissione deve valutare se il regime:

è concesso dallo Stato, ovvero mediante risorse statali,

conferisce un vantaggio economico,

può falsare la concorrenza favorendo talune imprese o talune produzioni,

incide sugli scambi fra Stati membri.

7.1.   Risorse statali

(95)

Per configurare aiuto di Stato, i vantaggi devono essere imputabili allo Stato e concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali.

(96)

La remunerazione è a carico del ministero dell’Economia e delle Finanze/Tesoro e si fonda su specifiche leggi e decreti e convenzioni, applicabili a PI.

(97)

Pertanto, nel presente caso ricorrono entrambe le condizioni cumulative citate sopra. I tassi corrisposti a PI gravano su risorse statali.

7.2.   Selettività

(98)

L’articolo 87, paragrafo 1, vieta gli aiuti che «favoriscano talune imprese o talune produzioni», cioè gli aiuti selettivi.

(99)

La possibilità di beneficiare di conti correnti remunerati presso il Tesoro non vale per tutte le imprese, che in teoria potrebbero trarne vantaggio, considerata la natura e l’economia del sistema. In ogni caso, l’Italia non ha dimostrato che il numero limitatissimo di beneficiari dei conti in parola trova giustificazione nella natura e nell’economia del sistema.

(100)

Inoltre, la legge finanziaria 2006 e la Convenzione si applicano esclusivamente a PI.

(101)

Di conseguenza, i tassi di interesse attivi riconosciuti a PI sono selettivi.

7.3.   Incidenza sugli scambi e distorsione della concorrenza

(102)

L’articolo 87, paragrafo 1, vieta gli aiuti che incidono sugli scambi tra Stati membri e falsano o minacciano di falsare la concorrenza.

(103)

Nel valutare le due condizioni, la Commissione non è tenuta a dimostrare un’incidenza effettiva degli aiuti sugli scambi tra gli Stati membri o un’effettiva distorsione della concorrenza, ma deve solamente esaminare se gli aiuti siano idonei a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza (44). Allorché un aiuto finanziario concesso da uno Stato membro rafforza la posizione di un’impresa nei confronti di altre imprese concorrenti negli scambi intracomunitari, questi sono da considerarsi influenzati dall’aiuto.

(104)

Non è necessario che PI partecipi direttamente agli scambi intracomunitari. Infatti, quando uno Stato membro concede un aiuto a un’impresa, l’attività sul mercato nazionale può essere mantenuta o incrementata, con la conseguente diminuzione delle possibilità per le imprese con sede in altri Stati membri di penetrare nel mercato di tale Stato membro. Inoltre, il rafforzamento di un’impresa che fino a quel momento non partecipava a scambi intracomunitari può porla nella condizione di penetrare nel mercato di un altro Stato membro.

(105)

Come indicato nella sezione II della presente decisione «Attività di PI/Bancoposta — Mercati interessati», nel settore postale italiano esisteva una certa concorrenza anche prima della graduale liberalizzazione promossa dalla normativa comunitaria.

(106)

È noto che la principale sfida per gli operatori del settore postale pubblico europeo è l’incremento della pressione concorrenziale in tutti i segmenti di mercato — corrispondenza, pacchi e corriere espresso. Mentre i mercati dei pacchi e del corriere espresso sono aperti alla concorrenza da decenni, nel segmento della corrispondenza i monopoli legali hanno fortemente ostacolato lo sviluppo della concorrenza. Secondo le autorità nazionali di regolamentazione e gli operatori postali pubblici la concorrenza nei segmenti pacchi e corriere espresso è notevole tanto sul piano nazionale che internazionale, mentre nel segmento della corrispondenza è appena emergente (45).

(107)

In particolare, i servizi di corriere espresso, i servizi di inoltro pacchi per l’utenza commerciale e i servizi logistici sono stati sviluppati in Italia da imprese private, alcune delle quali, come TNT e DHL, con sede in altri Stati membri. Da un rapporto pubblicato nel 2004 dalla Commissione (46) emerge che alcuni operatori postali (Royal Mail nel Regno Unito, TPG nei Paesi Bassi, Deutsche Post in Germania e La Poste in Francia) hanno acquisito imprese basate in Italia, attive nei servizi postali.

(108)

Relativamente ai servizi finanziari, la Commissione ricorda che il settore bancario è aperto alla concorrenza da molti anni. La progressiva liberalizzazione ha sviluppato la concorrenza cui aveva già dato il via la libera circolazione dei capitali prevista dal trattato CE.

(109)

Inoltre, come si è già visto nel precedente caso di aiuti di Stato relativo all’Ente Poste Italiane/PI (47), PI compete con operatori bancari e finanziari che offrono servizi finanziari in larga misura sostituibili ai suoi prodotti. Soprattutto i conti correnti postali sono in concorrenza con i conti correnti bancari, nelle località in cui sia le banche che PI hanno sportelli. Oltre a ciò, negli ultimi anni PI ha sensibilmente ampliato la gamma degli strumenti di pagamento offerti alla propria clientela, affiancando a quelli tradizionalmente postali (bollettini postali e vaglia postali) anche gli strumenti un tempo tipicamente offerti dalle banche (carte di debito e di credito, bonifici, servizi di addebito in conto per il pagamento di bollette). In alcuni casi (carte di debito e servizi di addebito in conto) il servizio è fornito direttamente da PI; in altri PI si pone quale distributore di servizi prodotti di terzi (operatori del settore bancario nel caso delle carte di credito). Questi sviluppi hanno aumentato la sostituibilità fra i servizi finanziari di PI e quelli offerti dagli operatori del settore bancario.

(110)

È probabile che istituti di credito e altri operatori del mercato finanziario italiano subiscano gli effetti negativi dell’aiuto. In particolare, nella misura in cui la remunerazione corrisposta dal Tesoro per le somme depositate da PI supera il relativo benchmark di mercato, PI sarà incentivata ad aumentare l’attività di raccolta al di là di quanto avrebbe fatto in presenza di una normale remunerazione di mercato. Ne consegue che le opportunità di mercato degli istituti di credito sono ridotte in modo corrispondente.

(111)

Per lo stesso motivo la Commissione ritiene che la misura ostacoli l’entrata nel mercato italiano di imprese stabilite in altri Stati membri. Diverse banche, di vari Stati membri, operano in Italia direttamente, attraverso filiali o uffici di rappresentanza, oppure indirettamente, controllando banche ed enti finanziari con sede in Italia. Le operazioni transfrontaliere di capitale che hanno di recente coinvolto banche italiane come Antonveneta e BNL esemplificano questa situazione. La più forte posizione di mercato di PI costituisce un ostacolo per entrambi i tipi di penetrazione di mercato.

(112)

Per concludere, esistono scambi tra gli Stati membri nel settore dei servizi postali e finanziari. I tassi di interesse attivi riconosciuti a PI ne rafforzano la posizione rispetto ai concorrenti postali o bancari negli scambi intracomunitari. Di conseguenza, la misura può falsare la concorrenza tra imprese e gli scambi tra Stati membri.

7.4.   Vantaggio economico

(113)

Per configurare aiuto di Stato, la misura deve favorire le imprese beneficiarie.

7.4.1.   Contesto dell’analisi

(114)

Si ribadisce che i tassi di interesse attivi corrisposti in forza della legge finanziaria 2006 e della Convenzione conferiscono un vantaggio economico se superano il tasso che un mutuatario privato, a condizioni di mercato, sarebbe disposto a pagare a PI per la liquidità depositata, in funzione della sua natura e importo.

(115)

Data la premessa, la valutazione della Commissione consisterà nell’appurare se la Convenzione stabilisce una remunerazione simile a quelle che avrebbe offerto un mutuatario privato in un’economia di mercato per le somme depositate, in particolare tenendo conto del vincolo di impiego e dei rischi finanziari connessi (cfr. sezione 7.4.2). Una congrua remunerazione dovrebbe considerare sia il rendimento atteso che il rischio, e non soltanto la performance (ex post) in termini di rendimento.

(116)

Inoltre, a causa del vincolo di impiego, l’Italia ha ripetutamente sostenuto che PI è stata penalizzata in quanto avrebbe realizzato rendimenti superiori in assenza di detto vincolo. La Commissione esaminerà la fondatezza dell’argomento avanzato dall’Italia (cfr. sezione 7.4.3).

(117)

L’analisi svolta dalla Commissione implica una valutazione economica complessa. La Commissione, quando adotta un atto che comporta una tale valutazione, gode di un ampio potere discrezionale (48).

(118)

Da ultimo, la Convenzione, che è entrata in vigore il 4 aprile 2006, è del 23 febbraio 2006 (49). L’analisi della Commissione dovrà basarsi sulle informazioni a disposizione delle parti della Convenzione fino al febbraio 2006.

7.4.2.   Il criterio del mutuatario diligente operante in un’economia di mercato

(119)

Nel definire il tasso di interesse attivo, un mutuatario diligente operante in un’economia di mercato (in appresso «mutuatario privato») avrebbe essenzialmente preso in considerazione i seguenti elementi:

la massa delle liquidità depositate,

la componente stabile e la componente volatile delle liquidità depositate,

la durata media e le variazioni delle liquidità depositate,

i rischi finanziari sostenuti.

(120)

Gli elementi di cui sopra sono interconnessi e assieme determinano il tasso che un mutuatario privato sarebbe disposto a pagare in una prospettiva rischio/rendimento. La presente decisione esamina tali elementi uno dopo l’altro. È quindi possibile trarre una conclusione sulla struttura e sull’entità dei relativi tassi di interesse, contribuendo a quantificare la differenza tra i tassi fissati dalla Convenzione ed i tassi del mutuatario privato.

7.4.2.1.   La massa delle liquidità depositate

(121)

Prima del 2004, la raccolta conti correnti postali veniva riversata non soltanto presso il Tesoro ma anche presso CDP (50). La tabella seguente indica l’ammontare medio dei conti correnti postali e le giacenze medie annue presso il Tesoro:

Tabella 4

(miliardi di EUR)

 

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

Conti correnti postali

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

Giacenze medie presso il Tesoro

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

(122)

Il considerevole aumento delle giacenze presso il Tesoro a partire dal 2002 è connesso alla creazione del Conto BancoPosta. Prima del Conto BancoPosta, il conto corrente postale non costituiva uno strumento retail adeguato per mancanza dei servizi correlati (per esempio assenza di carte di credito e di debito), e veniva prevalentemente utilizzato dalla Pubblica Amministrazione e da società grandi fatturatrici (per esempio utilities nazionali).

(123)

Le autorità italiane hanno dichiarato che, attraverso i conti correnti postali, il Tesoro può beneficiare di una fonte di provvista stabile ed affidabile, che rappresenta per il Tesoro un’alternativa al mercato. L’Italia sostiene inoltre che, nel periodo 2005-2006, quando è stata redatta e stipulata la Convenzione, si prevedeva un aumento dei depositi sui conti correnti postali.

(124)

In questo contesto, un prestito di 35 miliardi di euro da un unico mutuante costituisce un importo significativo. Tuttavia, la Commissione nota anche che il Tesoro ha emesso titoli (di una durata sia breve che lunga) per un ammontare annuo di circa a 400 miliardi di euro nel periodo 2001-2005 (51) e che le richieste di titoli sono state superiori alle emissioni. Non vi era dunque penuria di fondi sul mercato durante quel periodo.

(125)

La Commissione osserva inoltre che una crescita della raccolta postale non implica necessariamente un aumento delle giacenze presso il Tesoro visto che il vincolo di impiego può, almeno in teoria, essere modificato (cfr. infra).

7.4.2.2.   Componente stabile e componente volatile delle liquidità depositate

(126)

Solitamente, la remunerazione che un mutuatario privato sarebbe disposto a pagare è funzione della durata dei fondi forniti. I fondi che sono impegnati a lungo termine sono in genere remunerati ad un tasso superiore rispetto a quelli impegnati soltanto per un breve periodo. Nel caso della Convenzione, nessun fondo viene realmente impegnato: se il livello della raccolta di PI diminuisce, la quantità dei fondi riversati al Tesoro si riduce in maniera corrispondente. Tuttavia, il livello storico dei fondi e il loro sviluppo nel tempo indicano che è possibile distinguere tra una componente stabile e una componente volatile delle giacenze.

(127)

Poiché il Tesoro ottiene accesso a una fonte di finanziamento che è relativamente stabile, le autorità italiane ritengono appropriato basare la remunerazione su un benchmark che riflette parzialmente il carattere a lungo termine della raccolta. La Commissione ritiene che un mutuatario privato indicizzerebbe la massa delle liquidità, che è stabile, a parametri a medio-lungo termine e la parte residua, che è volatile, a parametri a breve termine.

(128)

Come osservato sopra, l’Italia ha definito la componente stabile della raccolta come la giacenza minima raggiunta in un dato anno. La differenza tra la giacenza minima complessiva e la giacenza media complessiva per quel dato anno costituisce la componente volatile.

(129)

Come confermato dall’Italia e verificato dalla Commissione, altre istituzioni finanziarie utilizzano la suddivisione «stabile» contrapposta a «non stabile» per caratterizzare il livello di raccolta nell’esercizio delle loro attività. Anche se le banche possono utilizzare varie metodologie per tale caratterizzazione (52), il metodo proposto dalle autorità italiane è di uso relativamente semplice. Il benchmark ottenuto utilizzando questo metodo sembra inoltre non discostarsi dal risultato ottenuto con altri parametri.

(130)

La Commissione può pertanto accettare la metodologia proposta dall’Italia per distinguere tra la componente stabile e la componente volatile.

(131)

A partire dal 1995, gli importi in termini assoluti sono i seguenti:

Tabella 5

(miliardi di EUR)

 

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

Giacenza media della raccolta

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

Giacenza media stabile della raccolta (pari alla giacenza minima raggiunta nell’anno di calendario)

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

Giacenza media volatile della raccolta

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

(132)

La Commissione ha calcolato che la componente stabile e la componente volatile rappresentano in media, rispettivamente, l’85,4 % ed il 14,6 % dei conti correnti postali nel periodo 1995-2005, con una deviazione standard per la componente volatile del 4,1 %. Inoltre, in anni più recenti, la componente volatile della raccolta è diminuita in misura significativa, raggiungendo il 10,5 % nel 2005 su base annua. Utilizzando periodi mensili, trimestrali e semestrali, la componente volatile è in media vicina o inferiore al 10 % per i periodi 1995-2005 e 2001-2005. I primi mesi del 2006 confermano questa tendenza.

(133)

In conclusione, la Commissione ritiene che il 90 % della raccolta postale possa considerarsi relativamente stabile e il 10 % relativamente volatile.

(134)

Fintanto che sussiste il vincolo di impiego, la Commissione ritiene che, in termini percentuali, le componenti stabile/volatile si rifletteranno proporzionalmente sul deposito presso il mutuatario privato.

(135)

Di conseguenza, in linea con la Convenzione, un peso del 10 % per la componente a breve termine del tasso attivo sembra giustificato nel caso di specie. Il peso dell’elemento a medio-lungo termine è dunque del 90 %. Tuttavia, come illustrato in appresso, non sarà necessario procedere a un’analisi più dettagliata dei pesi del 10 % e dell’80 % delle componenti a medio-lungo termine previste dalla Convenzione.

7.4.2.3.   Durata media e variazioni delle liquidità depositate

(136)

L’analisi della parte del passivo del bilancio per quanto riguarda le fonti di finanziamento richiede che una banca comprenda le caratteristiche dei fornitori di fondi e degli strumenti di finanziamento. Per valutare i cash flow derivanti dalle passività di una banca, questa valuterà innanzi tutto l’andamento delle sue passività in condizioni commerciali normali, accertando in particolare:

il livello normale di roll-over dei depositi e altre passività,

l’effettiva durata di depositi richiamabili su richiesta, come i depositi in conto corrente e molti tipi di deposito a risparmio,

la crescita normale dei nuovi depositi.

(137)

Per quanto riguarda la valutazione dei roll-over e delle nuove richieste di mutui, una banca può utilizzare varie tecniche per determinare le durate effettive delle proprie passività, come evoluzioni storiche di comportamento delle giacenze. Per i depositi a vista, sia di privati che di imprese, molte banche svolgono un’analisi statistica che tiene conto di fattori stagionali, sensibilità ai tassi di interesse e altri fattori macroeconomici. Per alcuni grossi titolari di conto corrente, la banca può effettuare una valutazione per singolo cliente della probabilità di roll-over. La difficoltà di realizzare tali stime del comportamento delle passività è aumentata con il crescere della concorrenza degli investimenti alternativi ai depositi. Vengono inoltre valutati i cash flow derivanti dalle passività di una banca in circostanze anormali (problemi bancari specifici o problemi generali di mercato).

(138)

In questo contesto, la Commissione ha esaminato nel dettaglio i dati trasmessi dall’Italia in relazione al modello statistico utilizzato da PI (studio […]) per quantificare l’andamento prudenziale e previsionale della raccolta a vista partendo dall’analisi dei risultati storici (53).

(139)

La Commissione sottolinea che lo studio […] è volto a quantificare la durata comportamentale della raccolta a vista e che […] non trae nessuna conclusione quanto alla durata del deposito presso il Tesoro.

(140)

Per determinare la durata media rilevante della raccolta, la Commissione deve considerare in questa sede il contesto di due possibili tipi di gestione dei fondi: la gestione attiva e la gestione passiva.

(141)

L’Italia sostiene che, nello specifico contesto della gestione passiva delle liquidità di PI (nel 2005 e 2006), il modello […] definisce i criteri per individuare la durata della raccolta postale. Questo modello probabilistico si basa sull’analisi della volatilità storica dei conti correnti postali e sul comportamento dei correntisti di PI (54) e individua le dinamiche comportamentali della clientela di PI con un intervallo di confidenza del 99 %.

(142)

Secondo il metodo VaR, che utilizza il decimo anno come istante di estinzione finale (cut-off), il […] % delle giacenze ha durate comportamentali «quasi infinite» (nel senso che si ritiene molto improbabile che le giacenze scendano al di sotto dei 2/3 nell’arco di 10 anni) e la parte residua ha durate da 0 a 10 anni (ossia si prevede che tale parte della raccolta possa esaurirsi entro 10 anni).

(143)

La Commissione ritiene che la gestione passiva dei fondi da parte di PI derivi soprattutto dal vincolo di impiego. È dunque essenziale valutare in che modo un mutuatario privato avrebbe analizzato il vincolo di impiego e il suo mantenimento nel tempo (55).

(144)

Innanzi tutto, l’effetto del vincolo di impiego è quello di trasferire la durata media di tutte le liquidità derivanti dai conti correnti postali al conto corrente di PI presso il Tesoro. Anche l’Italia ritiene infatti che il vincolo di impiego sia un elemento chiave per definire di lungo termine la massa delle giacenze presso il Tesoro. In assenza di vincolo di impiego, il deposito di PI sarebbe piuttosto simile a un conto corrente presso il mutuatario privato.

(145)

In secondo luogo, come illustrato nel grafico che segue, le giacenze presso Tesoro hanno subito variazioni significative dal 1995 in poi (56).

Grafico 2

[…]

(146)

Le variazioni sono dovute in particolare a cambiamenti della rilevante legislazione nazionale:

si è avuto un calo brusco delle giacenze tra il 1996 e il 1997, quando la legge 23 dicembre 1996, n. 662 ha imposto la chiusura dei conti utilizzati dal Tesoro per pagare le pensioni di Stato,

la raccolta ha registrato un deciso aumento a partire dal 2001 con il lancio del Conto BancoPosta regolamentato dal DPR n. 144/2001,

le giacenze presso il Tesoro sono considerevolmente aumentate nel 2004 rispetto agli anni precedenti grazie al decreto ministeriale 5 dicembre 2003 in virtù del quale il Tesoro subentra a CDP nei rapporti in essere derivanti dal servizio dei conti correnti postali.

(147)

Le autorità italiane confermano che tali modifiche legislative rispondono all’esigenza del Tesoro di conferire a PI una maggiore autonomia finanziaria. Questo processo, iniziato nel 1998 con la trasformazione di PI in società per azioni, è stato caratterizzato dal lancio del conto corrente postale retail Conto BancoPosta nel 2001.

(148)

Un evento analogo, che nel 2005-2006 non era del tutto prevedibile (specie per quanto riguarda il momento preciso), si è ripetuto a inizi 2007 con la legge finanziaria 2007 che ha ridotto significativamente la portata del vincolo di impiego. Ne è conseguito un netto calo delle liquidità depositate presso il Tesoro: nel dicembre 2007, il deposito presso il Tesoro rappresentava soltanto il 25 % circa della raccolta postale complessiva. La Commissione ritiene che quest’ultima modifica legislativa (in particolare le sue conseguenze, ossia il calo delle liquidità depositate presso il Tesoro/mutuatario privato) avrebbe dovuto essere prevista da un operatore diligente al momento della stipula della Convenzione, perché la tendenza a rafforzare l’autonomia nella gestione finanziaria di PI era già iniziata da alcuni anni.

(149)

Secondo la Commissione, al momento della negoziazione della Convenzione, un mutuatario privato avrebbe previsto che nell’arco massimo di cinque anni sarebbe cambiato il vincolo di impiego. Come dimostrano il grafico 2 e il considerando 146, negli anni 1995-2005 e in un contesto in cui il Tesoro intendeva concedere a PI una maggiore autonomia finanziaria, la legislazione è infatti cambiata una prima volta nel 1997, una seconda volta dopo 4 anni e una terza volta 2 anni dopo. Un mutuatario privato ne avrebbe tenuto conto e avrebbe previsto altre modifiche legislative entro al massimo cinque anni, compreso un eventuale periodo di transizione di alcuni mesi. Proprio perché diligente, il mutuatario privato non avrebbe previsto di trarre beneficio dal deposito postale per un periodo superiore ai cinque anni.

(150)

In questo contesto, l’argomentazione avanzata dall’Italia circa una presunta durata indeterminata del vincolo di impiego non può essere accolta. Un mutuatario privato avrebbe potuto considerare indeterminata la durata del vincolo di impiego soltanto se la legislazione rilevante non fosse stata modificabile, il che non corrisponde alla situazione di fine 2005 (osservazione a posteriori). Va inoltre respinto un ulteriore argomento invocato dall’Italia, ossia il fatto che al momento della stipula della Convenzione il Tesoro ha dovuto tenere conto del vincolo di impiego e non ha potuto prevederne l’evoluzione legislativa, che esorbitava dalla sua competenza. Il Tesoro, come mutuatario diligente operante in un’economia di mercato, avrebbe dovuto tener conto di questo importantissimo elemento.

(151)

Anche le variazioni delle giacenze presso il Tesoro nel periodo 1995-2005, in conseguenza delle modifiche legislative, avrebbero dovuto spingere un mutuatario privato a considerare la durata media quinquennale, determinata mediante il modello prudenziale di cui sopra, come limite massimo per fissare il proprio tasso.

(152)

Pertanto, nel contesto di una gestione passiva dei fondi, la Commissione ritiene che, viste le conseguenze del rafforzamento dell’autonomia finanziaria di PI (rischio di modifiche legislative con conseguente riduzione significativa delle liquidità depositate presso il Tesoro/mutuatario privato), un mutuatario privato, al momento della negoziazione della Convenzione, avrebbe considerato la durata quinquennale come la durata massima per fissare la propria offerta.

(153)

L’Italia afferma che, nello specifico contesto della gestione attiva delle liquidità da parte di PI (avviata di fatto dal 2007), il modello […] sostiene PI nella scelta dell’asset allocation ottimale e nel trade off rischio/rendimento. In questo contesto e sulla base di un’ipotesi molto prudenziale, è ragionevole che PI adotti un’asset allocation con una durata media che si colloca tra i […] e i […] anni, a seconda del modello utilizzato (57).

(154)

In questo contesto, la Commissione rileva che:

la gestione attiva delle liquidità da parte di PI implica che il vincolo di impiego non sia in vigore,

il modello è basato sull’ipotesi di un cut-off al decimo anno (il decimo anno rappresenta il momento d’estinzione finale stabilito per la componente di durata quasi infinita),

l’andamento prudenziale è la base per definire il corrispondente portafoglio di investimento (teorico) (58),

la durata del volume complessivo dei fondi raccolti su conti correnti postali differisce dalla durata del singolo conto corrente postale,

il tipo di modello prudenziale elaborato da […] è usato da varie banche italiane nella gestione attiva della liquidità, per determinare la durata comportamentale dei loro conti correnti e rispecchiare poi tale durata nel quadro delle loro tecniche di ALM.

(155)

La Commissione sottolinea che, in una gestione attiva dei fondi, la durata media della raccolta postale complessiva è di massimo cinque anni.

(156)

Per concludere, sia in una gestione attiva che in una gestione passiva, la durata effettiva delle giacenze che avrebbe preso in considerazione un mutuatario privato è pari a massimo cinque anni.

7.4.2.4.   Conclusione provvisoria: benchmark rilevanti nel tasso attivo

(157)

La Commissione ricorda che, stando a quanto sostenuto dall’Italia, la componente stabile delle giacenze, la cui natura è a lungo termine, si riflette nell’elemento a lungo termine del tasso attivo [90 %, composto: i) dal 10 % collegato al rendimento dei BTP a 10 anni e ii) dall’80 % collegato al rendimento dei BTP a 30 anni]. Analogamente, la componente volatile si riflette nell’elemento a breve termine del tasso attivo (10 %), composto dai BOT a 12 mesi.

(158)

In base a tali dati, la durata ponderata degli strumenti che compongono il tasso attivo previsto dalla Convenzione risulta pari a 25 anni.

(159)

La Commissione concorda che un mutuatario privato indicizzerebbe la massa della raccolta, che è stabile, a parametri a medio-lungo termine e la parte residua, che è volatile, a parametri a breve termine.

(160)

Posto che un mutuatario privato avrebbe stimato la durata effettiva della componente stabile delle giacenze ad un massimo di cinque anni, la remunerazione di mercato della componente stabile dovrebbe essere basata sul rendimento dei BTP a 5 anni. La Commissione ritiene che sia sensato usare i BTP come benchmark a medio-lungo termine, essendo questi infatti strumenti di finanziamento di riferimento usati dagli investitori.

(161)

Quanto all’elemento a breve termine del tasso attivo, esso si riferisce alla componente volatile del deposito presso il Tesoro/mutuatario privato. Ogni giorno, in caso di calo delle giacenze rispetto al giorno precedente, la differenza deve essere automaticamente restituita a PI. In queste circostanze, un mutuatario privato non investirebbe la componente volatile delle giacenze in BOT a 12 mesi.

(162)

Secondo la Commissione, i BOT a tre mesi e gli strumenti overnight appaiono idonei a gestire le variazioni delle giacenze su base quotidiana (59). La remunerazione corrisposta a PI dovrebbe riflettere il tasso d’interesse di questi due strumenti.

(163)

Anche se sono teoricamente possibili varie combinazioni di strumenti a breve termine, la Commissione ritiene che una suddivisione 50/50 (60) tra buoni del Tesoro a tre mesi e strumenti overnight permetta un’adeguata gestione dei rischi e corrisponda al comportamento che adotterebbe un diligente operatore di mercato.

(164)

La Commissione reputa che il tasso d’interesse interbancario overnight, pur essendo un parametro del mercato monetario interbancario e non rappresenti l’onere del servizio del debito del Tesoro, possa essere utilizzato come equivalente per il tasso relativo alle operazioni overnight.

(165)

La Commissione sottolinea che, in seguito alla legge finanziaria 2007, PI ha avviato una gestione attiva della propria liquidità derivanti dai conti correnti postali. La durata media degli investimenti in titoli di PI è di […]-[…] anni (61). L’85 % è investito in titoli aventi durate comprese tra i […] e i […] anni, la parte residua è investita in strumenti con durate massime di […] anno. Questi dati convalidano a posteriori le conclusioni della Commissione già esposte.

7.4.2.5.   Rischi finanziari

(166)

In generale, è possibile distinguere tra quattro principali tipi di rischi finanziari:

rischio di mercato (ad esempio rischio equity, ecc.),

rischio di credito (rischio di inadempimento),

rischio di liquidità (funding liquidity risk e market liquidity risk);

rischio di tasso di interesse (rischio della curva dei rendimenti, rischio di refixing).

(167)

Vista la natura delle somme depositate, la Commissione ritiene che i rischi di credito e i rischi di mercato siano molto limitati (62).

(168)

Per il deposito delle liquidità presso il Tesoro esistono due rischi principali: il rischio di tasso di interesse e il rischio di liquidità [cfr. BIS (2003), BIS (2006), BIS (2008) e IIF (2007)] (63).

(169)

Il rischio di tasso di interesse (64) è il rischio che gli interessi a breve termine possano aumentare durante il periodo di vita degli investimenti a lungo termine mentre i tassi di interesse a lungo termine rimangono bloccati, o, in una prospettiva equivalente di valore di mercato, che il valore di mercato dell’equity cali mentre la curva dei rendimenti sale, dato che il valore degli attivi diminuisce più delle passività se queste hanno una durata effettiva inferiore.

(170)

Tuttavia, il meccanismo di indicizzazione previsto dalla Convenzione comprende in particolare l’aggiornamento quindicinale del tasso dei tre componenti, determinando con ciò la variabilità dell’indicizzazione. Il deposito presso il Tesoro non risulta quindi esposto a rischi di perdite in conto capitale ma solo al rischio di diminuzione degli interessi (65). Con un tasso di interesse variabile, il rischio è suddiviso tra le parti.

(171)

Il rischio di liquidità (funding liquidity risk) si riferisce alla capacità di finanziare gli aumenti degli attivi e di far fronte agli impegni man mano che giungono a scadenza (66). La gestione delle liquidità è pertanto un’importante attività svolta dalle istituzioni finanziarie/banche. L’analisi delle liquidità presuppone che la dirigenza della banca non solo misuri la posizione di liquidità della banca su base permanente, ma anche che esamini la probabile evoluzione delle esigenze di finanziamento secondo scenari diversi, anche in condizioni sfavorevoli (67).

(172)

Nel caso di specie, il funding liquidity risk e il rischio della curva dei rendimenti sono integralmente a carico del mutuatario e non di PI. Più specificatamente, nell’ipotesi che i correntisti richiamino tutte le masse depositate, è lo Stato che dovrà fornire a PI i fondi necessari per far fronte alla richiesta; nel qual caso, PI non sarà quindi obbligata a ricorrere all’autorifinanziamento.

(173)

La Commissione sottolinea che il regime in esame non consente lo stesso grado di certezza per quanto riguarda le liquidità di cui dispone il mutuatario. I titoli emessi e venduti da un operatore fruttano a quest’ultimo l’intera somma per l’intera durata dei titoli stessi. Il meccanismo della Convenzione non conduce allo stesso risultato in quanto le somme disponibili per il mutuatario cambiano ogni giorno e possono anche diminuire significativamente in caso di condizioni sfavorevoli.

(174)

Di conseguenza, il tasso di interesse corrisposto a PI dovrebbe, in linea di principio, essere inferiore al tasso offerto sui titoli con durata equivalente. La Commissione ritiene pertanto che si debba applicare una riduzione sul tasso di base che offrirebbe un mutuatario privato per tenere conto del rischio di liquidità.

(175)

La Commissione è consapevole della difficoltà di quantificare con precisione il markdown relativo al rischio di liquidità. Nel caso in esame, la Convenzione e la metodologia della Commissione già prevedono una riduzione adeguata nella misura in cui definiscono una componente volatile agganciandola a un tasso di interesse basato su strumenti a brevissimo termine.

(176)

La Commissione ritiene infine che gli argomenti esposti dall’Italia in merito a una presunta rigidità dell’investimento parametrico definito dalla Convenzione vadano respinti in quanto:

i)

non considerano il rischio di liquidità;

ii)

si ricollegano a un’altra argomentazione dell’Italia riguardante i costi opportunità associati all’impossibilità di svolgere una gestione attiva dei fondi, che viene trattata (e respinta) nella sezione 7.4.3 della presente decisione;

iii)

l’Italia ha sostenuto soltanto a posteriori che la Convenzione prevedeva una compensazione per la presunta rigidità. Le autorità italiane hanno dichiarato che «la logica che ha ispirato la definizione del paniere non si è basata sulla determinazione di uno spread compensativo di tale limitazione di autonomia» e che «il paniere concordato ha prodotto ex post un differenziale che, se da un lato compensa Poste del vincolo di investimento e dell’impossibilità di gestione, dall’altro risulta coerente per il Tesoro». Questo ragionamento a posteriori non risulta essere stato preso in considerazione durante la negoziazione della Convenzione e non può quindi essere considerato rilevante ai fini della presente decisione.

7.4.2.6.   Conclusione: definizione del tasso offerto da un mutuatario privato/esistenza di aiuto di Stato

(177)

Segue un confronto tra i tassi fissati dalla Convenzione e quelli offerti da un mutuatario privato (68) secondo l’analisi della Commissione:

Tabella 6

 

Convenzione

Mutuatario Privato

 

Strumento/rendimento

Peso

Strumento/rendimento

Peso

Componente stabile

BTP a 30 anni

80 %

BTP a 5 anni

90 %

 

BTP a 10 anni

10 %

 

 

Componente volatile

BOT a 12 mesi

10 %

BOT a 3 mesi

5 %

 

 

 

Tasso d’interesse interbancario overnight

5 %


Tabella 6a

 

Tasso della Convenzione

Tasso del mutuatario privato

2005

3,90

2,81

2006

4,25

3,60

2007

4,70

4,23

(178)

Poiché i benchmark impiegati nella Convenzione hanno durate più lunghe rispetto ai benchmark«di mercato», e quindi rendimenti superiori nel periodo interessato (69), e la suddivisione del rischio è a favore di PI più di quanto accadrebbe se assumesse il rischio sulle liquidità depositate, il tasso attivo definito dall’Italia conferisce un vantaggio a PI.

(179)

Pertanto, il regime consistente nel pagamento del tasso attivo da parte del Tesoro per le liquidità riversate da PI a norma della legge finanziaria 2006 e della Convenzione configura aiuto di Stato.

(180)

La Commissione osserva infine che non esiste un’unica combinazione di strumenti a breve/lungo termine che sia la combinazione per eccellenza conforme al mercato. Secondo la Commissione, è l’equilibrio complessivo degli strumenti utilizzati e dei rispettivi pesi che consente di concludere se il tasso attivo rispetta o meno il principio del mutuatario diligente operante in un’economia di mercato. Il tasso attivo definito dalla Convenzione non soddisfa tale criterio di proporzionalità, che un mutuatario privato avrebbe applicato alle liquidità ricevute in deposito.

7.4.3.   Analisi delle politiche di investimento di PI in assenza di vincolo di impiego

(181)

Per motivi di completezza e da un punto di vista teleologico, è opportuno esaminare se i possibili investimenti alternativi considerati da PI nell’ipotesi di assenza di vincolo di impiego offrono un rendimento simile o superiore a quello definito dalla Convenzione o dalla metodologia di calcolo della Commissione.

(182)

A tal proposito, la Commissione, nella valutazione che segue, analizzerà il rischio finanziario e il rendimento, fattori determinanti per un operatore di mercato nella realizzazione delle transazioni finanziarie.

7.4.3.1.   Sintesi delle osservazioni presentate dall’Italia (70)

(183)

L’Italia ha indicato che PI è penalizzata nella propria asset allocation dal vincolo di impiego presso il Tesoro, non avendo così possibilità di investimento, in forme più remunerative, della liquidità proveniente dai conti correnti postali.

(184)

L’Italia sostiene che, in assenza di vincolo di impiego, PI:

i)

avrebbe investito la liquidità proveniente dai conti correnti postali in strumenti simili a quelli utilizzati dai servizi assicurativi di PI, in particolare da Poste Vita SpA. Rifacendosi alle lettere di alcuni intermediari finanziari (cfr. considerando 73), le autorità italiane ritengono che la remunerazione prevista dalla Convenzione sia in linea con la remunerazione degli impieghi di Poste Vita SpA (cfr. considerando 74 e seguenti). In particolare esse indicano, da un lato, che le polizze vita di ramo I sono prodotti comparabili ai conti correnti postali e, dall’altro, che il rendimento medio della gestione di questi prodotti (per esempio Posta Più) è stato del 4,68 % nel periodo 2002-2006, a fronte di un valore medio del parametro pari a 4,55 %;

ii)

avrebbe diversificato il suo portafoglio in base al rischio di credito (cfr. considerando 85.i);

iii)

avrebbe adottato una gestione attiva dei propri fondi (cfr. considerando 85.iv). Una gestione appropriata dei fondi offrirebbe un maggiore rendimento, come dimostrano l’esperienza passata (caso La Poste e gestione attive del tipo trading system) e gli andamenti futuri.

(185)

La Commissione dimostrerà, in primo luogo, che queste politiche di investimento alternative non sono rilevanti nel contesto dell’analisi in corso e, in secondo luogo, che il loro risultato non può essere utilizzato per dimostrare che la Convenzione non conferisce alcun vantaggio a PI.

(186)

Nell’ambito del confronto tra PI e banche del settore privato, l’Italia indica (cfr. considerando 85.ii) che il margine di interesse conseguito da alcune banche del settore privato, in relazione alla componente derivante dai depositi raccolti dalla propria rete è significatamene superiore a quello di PI. Inoltre, gli impieghi delle banche che operano nel settore pubblico sono comparabili a quelli di PI (cfr. considerando 85.iii). Tali elementi dimostrerebbero l’assenza di aiuti di Stato a favore di PI.

(187)

La Commissione dimostrerà che i confronti rilevati dall’Italia (in particolare dall’analisi […]) non sono significativi.

7.4.3.2.   Osservazioni generali sulla pertinenza dell’analisi […] e delle lettere inviate dagli intermediari finanziari

(188)

L’analisi […] e le lettere inviate dagli intermediari finanziari a PI a conferma della conformità con il mercato del tasso di remunerazione individuato dalla Convenzione richiedono commenti di natura generale da parte della Commissione.

i)

Le lettere e l’analisi potrebbero far parte di relazioni commerciali tra gli autori e PI. La Commissione deve essere estremamente prudente nel considerarli;

ii)

le conclusioni generali dell’analisi […] fanno sorgere dubbi in quanto […] stessa indica che «le ipotesi e la conclusione iniziale, come evidenziato in questa presentazione, sono basate sulle informazioni fornite da PI (e la loro comprensione da parte di […]). Tali informazioni sono soggette a diverse interpretazioni; di conseguenza, l’analisi potrebbe condurre a soluzioni e conclusioni diverse»;

iii)

la Commissione ricorda che il tasso di interesse individuato dalla Convenzione è indicizzato a parametri di natura variabile. L’uso di tali parametri è stato deciso liberamente dal Tesoro e da PI e non è conseguenza di alcun obbligo giuridico. La Commissione concorda con le autorità italiane che la scelta di parametri di natura variabile costituisce una scelta razionale per le parti al momento della stipula della Convenzione.

L’analisi […], tuttavia, confronta essenzialmente i parametri della Convenzione con strumenti basati su tassi di interesse fissi.

I tassi di interesse variabili sono stati inferiori ai tassi di interesse fissi di durata paragonabile (71). A titolo illustrativo, la tabella seguente indica i tassi annuali medi delle emissioni del Tesoro di BTP a tasso fisso (BTP a 5 e 10 anni) e dei CCT (certificati di credito del Tesoro), titoli di durata settennale a tasso variabile (72).

Tabella 7

(%)

 

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

BTP 5 anni

5,30

4,59

4,56

3,27

3,34

2,84

3,60

4,23

BTP 10 anni

5,57

5,13

5,46

4,20

4,29

3,54

3,95

4,41

CCT 7 anni

4,40

4,35

3,41

2,36

2,12

2,20

3,13

4,12

Inoltre, l’analisi paragona gestioni attive (cfr. infra) al deposito presso il Tesoro e tiene conto di guadagni in conto capitale nella remunerazione implicita ottenuta da PI. Tuttavia, il meccanismo della Convenzione, proprio per la sua indicizzazione a tassi di natura variabile, non può generare né guadagni né perdite in conto capitale. Di conseguenza, nella dimostrazione condotta dall’Italia, i confronti volti a determinare se PI è stata penalizzata dal vincolo di impiego sarebbero corretti se basati su parametri di natura variabile. I tassi di interesse che PI avrebbe teoricamente potuto ottenere in base all’analisi sono irrilevanti, e probabilmente sovrastimati, in particolare perché basati su strumenti a tasso fisso (73);

iv)

infine, l’analisi […] e le lettere degli intermediari finanziari paragonano fra loro strumenti caratterizzati da diversi livelli di rischio. Ad esempio, come già indicato sopra (cfr. sezione 7.4.2), PI non è esposta ad alcun rischio di liquidità sui fondi depositati presso il Tesoro a titolo della Convenzione, mentre è esposta a tale tipo di rischio quando realizza investimenti in circostanze normali. Allo stesso modo, gli investimenti in prodotti assicurativi sono esposti ad un rischio di mercato (74), mentre tale rischio è poco rilevante nel caso del deposito presso il Tesoro/mutuatario privato. Questi aspetti relativi al rischio non sono mai sottolineati né quantificati in modo sostanziale nelle lettere inviate a PI.

(189)

La Commissione non può quindi concludere, né in base alle lettere degli intermediari finanziari né in base all’analisi, che PI è penalizzata dal vincolo di impiego.

7.4.3.3.   Confronto con i servizi assicurativi

(190)

Anche tenendo in considerazione il vincolo di impiego, la Commissione non condivide il parere delle autorità italiane in base al quale le polizze vita di ramo I commercializzate da Poste Vita SpA sono prodotti comparabili ai conti correnti postali, per la diversa natura delle risorse. Per esempio:

le polizze sono prodotti di capitalizzazione mentre i conti correnti postali servono principalmente al trasferimento di denaro, telefonicamente, elettronicamente o tramite depositi in contanti allo sportello; inoltre, in linea generale, i clienti non possono sostituire i conti correnti con altri prodotti bancari,

la redditività delle polizze assicurative è decisamente superiore a quella dei conti correnti postali,

il regime fiscale relativo ai redditi delle polizze assicurative può essere diverso da quello relativo agli interessi maturati sui conti correnti postali.

(191)

Di conseguenza, non è rilevante per l’analisi in corso paragonare i tassi di interesse risultanti dalla Convenzione con quelli derivanti dalla gestione di prodotti assicurativi.

(192)

Anche se non strettamente necessario, la Commissione ha comunque paragonato il rendimento ottenuto dall’applicazione della Convenzione al rendimento medio ottenuto dalla gestione Posta Più, prodotto assicurativo collegato a gestioni separate di ramo I emesse da Poste Vita SpA, indicato dalle autorità italiane come investimento alternativo di PI in assenza del vincolo di impiego.

(193)

Il rendimento di Posta Più indicato dall’Italia, espresso in termini lordi (al lordo cioè degli oneri di gestione) (75) non può essere considerato equivalente a quello ottenibile da PI sul mercato in assenza di vincolo di impiego. La Commissione ritiene che il tasso di interesse previsto dalla Convenzione si avvicini più ad un tasso netto, essendo questo il tasso offerto all’investitore, dedotti gli oneri di gestione (76).

(194)

Per questa analisi, unitamente a un esame annuale, la Commissione ha preso in considerazione dati medi, per limitare, ad esempio, l’effetto di volatilità dei tassi.

(195)

La Commissione ha paragonato i tassi derivanti dalla Convenzione nel periodo 2005-2007 con i rendimenti netti dei prodotti assicurativi di Poste Vita SpA, collegati alle gestioni separate di ramo I [(Posta Più e Posta Valore  (77)].

Tabella 8

(%)

 

Rendimento netto Posta Più (78)

Rendimento netto Posta Valore (78)

Convenzione

Tassi mutuatario privato

31/12/2005

3,00

3,08

3,90

2,81

31/12/2006

2,80

2,63

4,25

3,60

31/12/2007

2,71

2,46

4,70

4,23

Media

2,8

2,7

4,3

3,5

(196)

I tassi derivanti dall’applicazione della Convenzione sono significativamente superiori ai rendimenti netti di Posta Più, considerato dall’Italia quale investimento alternativo in assenza di vincolo di impiego.

(197)

La Commissione nota che i tassi definiti dalla Convenzione sono anche superiori ai rendimenti netti di Posta Valore.

(198)

La differenza sarebbe ancora maggiore se si prendessero adeguatamente in considerazione i rischi (di mercato e di liquidità).

(199)

In conclusione, il confronto tra il rendimento derivante dall’applicazione dei parametri della Convenzione con il rendimento della gestione di prodotti assicurativi non dimostra che la Convenzione non conferisce alcun vantaggio a PI. Nel 2005, i rendimenti derivanti dall’applicazione della metodologia del mutuatario privato e quelli della gestione di Posta Più e Posta Valore sono piuttosto simili (79), di conseguenza non alterano la valutazione globale effettuata dalla Commissione sulla pertinenza della metodologia del mutuatario privato. In media, nel periodo 2005-2007, i rendimenti derivanti dalla metodologia del mutuatario privato sono comparabili a quelli di Posta Più e Posta Valore.

7.4.3.4.   Strategie di investimento alternative

(200)

L’analisi […] indica che il vincolo di impiego genera costi opportunità; in particolare si tratta di costi opportunità associati all’impossibilità di effettuare investimenti diversificati a seconda del rischio di credito. Per esempio, titoli emessi da società finanziarie ed industriali europee aventi rating AA hanno rendimenti più elevati dei titoli governativi (da un minimo di 60 bp a un massimo di 150 bp).

(201)

In primo luogo, è opportuno notare che l’Italia indica in un altro caso di aiuti di Stato relativo a PI (80) che la differenza di pricing fra diversi tipi di emittenti (Stati, emittenti finanziari, bancari e corporate) è estremamente ridotta (la differenza di cost of funding tra i due range estremi — sovereign e corporate — a parità di rating è pari a circa 5-6 bp laddove quella tra finanziari e corporate è quantificabile in 2-3 bp).

(202)

In secondo luogo, la stessa analisi riconosce che strategie di investimento diversificate a seconda del rischio di credito, sarebbero esposte ad un rischio di credito superiore rispetto ai titoli governativi o ai depositi. L’analisi […] non quantifica tale maggior rischio.

(203)

In terzo luogo, anche se vengono rilevati dati sugli spread tra titoli sovereign, finanziari e corporate (aventi rating AA), la Commissione ritiene che questi investimenti sono esposti anche ad altri rischi, inesistenti invece nel caso del deposito presso il Tesoro in base alla Convenzione. Ad esempio, PI non è esposta ad alcun rischio di liquidità sul deposito presso il Tesoro, essendo questo sopportato interamente dal Tesoro stesso. Ciò non risulta dall’analisi […], mentre è rilevante per la valutazione del caso.

(204)

Di conseguenza, il breve riferimento dell’analisi a una strategia di investimento teorica non dimostra che PI non consegua alcun vantaggio in base alla Convenzione, segnatamente nella prospettiva rischio/rendimento.

7.4.3.5.   Strategie di gestioni attive dei fondi

(205)

Relativamente al confronto effettuato con il reddito conseguito da Efiposte nel 2005, la società finanziaria dell’operatore postale francese La Poste, la Commissione osserva che:

al fine di determinare se un’impresa consegue un vantaggio, la Commissione non paragona situazioni esistenti nei diversi Stati Membri,

la presunta durata quinquennale degli investimenti realizzati da Efiposte non è chiaramente confermata dal Rapport de gestion annuale di La Poste/Efiposte  (81),

gli investimenti di Efiposte sembrano avere profili di rischio diversi rispetto a quelli di PI. In particolare Efiposte, e non PI, è esposta al rischio di liquidità (82),

il confronto con Efiposte è relativo a un solo anno. Si tratta di un arco temporale troppo breve per trarre conclusioni utili per il caso in esame. Inoltre, il confronto realizzato dall’analisi […] verte invece sul periodo 2004-2005 che è diverso da quello dalla Convenzione.

(206)

Ciascun punto sopra indicato, per se stesso, è sufficiente a far ritenere che il confronto rilevato dall’Italia non è risolutivo.

(207)

L’Italia ritiene che gestioni attive del tipo trading system che investono in titoli governativi generino sostanziali extrarendimenti rispetto al mercato dei depositi o a quello dei titoli.

(208)

La Commissione non contesta il fatto che certe gestioni attive possano, in teoria, generare rendimenti più elevati rispetto ad altre forme di gestione di fondi, tuttavia ritiene che dall’analisi […] non si possano trarre conclusioni rilevanti per il caso in esame, per le seguenti ragioni:

i)

da un punto di vista generale, l’analisi […] riconosce che l’effetto di limitare la possibilità di gestire attivamente un portafoglio è di difficile valutazione;

ii)

come indicato al considerando 85, l’analisi compara un investimento di riferimento (benchmark), composto da BTP a 10 anni (60 %) e da BOT a 3 mesi (40 %), a una gestione attiva del tipo trading system in base alla metodologia long term signaling (definita tactical portfolio) (83). La metrica di performance si riferisce al portafoglio benchmark. Entrambi i portafogli sono composti da titoli a reddito fisso. In tale contesto, l’Italia osserva che nell’arco di 10 anni i portafogli a tasso variabile (come quello della Convenzione) sono comparabili ai portafogli a tasso fisso (come il benchmark di […]), vista la compensazione dei guadagni con le perdite in conto capitale. Su 10 anni i rendimenti complessivi di un portafoglio a tasso variabile rispetto a uno a tasso fisso sono sostanzialmente in linea. Inoltre, secondo l’Italia, per confrontare la remunerazione prevista dalla Convenzione con quella derivante da una gestione attiva dei fondi è necessario considerare un arco temporale significativo — 10 anni — che incorpori almeno un ciclo economico completo. Il periodo 2005-2007 (primo semestre) è stato caratterizzato da una fase di rialzo consistente dei tassi in cui i portafogli investiti in titoli a reddito fisso come quelli utilizzati da […] (benchmark e tactical strategy) hanno incorporato perdite in conto capitale, diminuendo la performance complessiva del periodo. La Commissione non condivide tuttavia la metodologia né le conclusioni presentate dalle autorità italiane per i motivi che seguono:

Nell’ambito della valutazione relativa agli aiuti di Stato, l’analisi dell’eventuale vantaggio conferito dalla Convenzione deve essere effettuata ex ante ed in base alle informazioni disponibili al momento della stipula della Convenzione stessa (febbraio 2006). Nessun investitore privato, al momento della stipula della Convenzione relativa al periodo 2005-2008, avrebbe esaminato la serie storica dei tassi relativi al periodo 1997-2007. Da un punto di vista economico, […] fa un’analisi ex post (basata su indicatori finanziari del periodo 1997-2007). Le valutazioni ex ante ed ex post non sono tuttavia paragonabili (84). In primo luogo, l’attendibilità delle previsioni dei guadagni o delle perdite in conto capitale di breve periodo è scarsa. Inoltre, è ben confermata la difficoltà per qualsiasi investitore di realizzare sistematicamente risultati superiori a quelli di mercato, cosicché è difficile sostenere che PI sarebbe stata in grado di ottenere risultati eccezionali ex-ante anche in un’ottica di breve periodo. La Commissione ritiene quindi che non sia opportuno considerare i guadagni o le perdite in conto capitale, ma sia necessario concentrarsi sui rendimenti attesi ex ante (componente in conto interessi sul rendimento totale) (85),

anche se si utilizzasse il rendimento annuale medio relativo a un arco temporale di 10 anni per un confronto significativo tra diversi tipi di investimento (come sostenuto dalle autorità italiane), il confronto dovrebbe comunque realizzarsi tra i rendimenti attesi degli investimenti alternativi nel periodo di applicazione della Convenzione [cfr. anche punto iii) infra],

se si prendessero in considerazione, come indicato dall’Italia, anche i guadagni o le perdite in conto capitale ottenuti ex post, occorrerebbe necessariamente considerare anche gli elementi di rischio relativi a tali guadagni o perdite in conto capitale. Il rischio non può essere separato dal rendimento nel confronto tra rendimenti di diversi investimenti. Come indicato in seguito [cfr. punto iii) infra], è estremamente improbabile che la performance in termini di rischio/rendimento di una gestione attiva sia simile a quella della Convenzione,

portafogli del tipo benchmark e tactical strategy non incorporano il rischio di liquidità. Nel caso in esame è il mutuatario (e non PI) a sopportare interamente il rischio di liquidità. Più specificatamente, nell’ipotesi in cui i correntisti richiamino tutte le masse depositate, è il mutuatario, cioè il Tesoro, a dover far fronte a tale richiesta, senza che PI sia obbligata a ricorrere a forme di rifinanziamento, a tassi elevati o comportanti perdite in conto capitale,

secondo l’Italia, le parti (PI e Tesoro) non potevano essere a conoscenza dell’andamento futuro della curva dei tassi (86). L’Italia definisce quindi razionali le scelte effettuate tramite la Convenzione. Di conseguenza, la Commissione conviene che la scelta della variabilità del parametro sia stata razionale per le parti, al momento della stipula della Convenzione e in base alle informazioni disponibili. Scegliendo parametri di natura variabile le parti si sono tutelate dal rischio di perdite in conto capitale. La scelta dei parametri effettuata nella Convenzione non è conseguenza di obblighi giuridici di alcun genere. Inoltre, come riconosciuto dall’Italia, la Convenzione prevede la possibilità per ambo le parti di recedere dal contratto qualora le condizioni di mercato fossero tali da non garantire la coerenza con il meccanismo di remunerazione della giacenza. Tali clausole sono state inserite per tutelare ambo le parti dal rischio che, anche durante il triennio, dovessero emergere particolari condizioni legate al mercato o alle caratteristiche della raccolta tali da alterare il meccanismo di remunerazione. La Commissione ritiene quindi che se la scelta della variabilità del parametro non si fosse rivelata opportuna, si sarebbero potute apportare modifiche alla Convenzione. Questo non si è avverato. In base a quanto sopra, la Commissione ritiene quindi che, da un punto di vista metodologico, non sia corretto l’uso nell’analisi […] di portafogli basati su titoli a tasso fisso.

Ciascuna argomentazione sopra indicata, per se stessa è sufficiente, secondo la Commissione, a far ritenere che le conclusioni dell’analisi […] relativamente alle gestioni attive non dimostrano che la remunerazione ottenuta da PI in base alla Convenzione è conforme al mercato;

iii)

a complemento del punto ii) sopra, anche se la Commissione accettasse l’analisi […] (quod non), i risultati ottenuti dal modello negli ultimi 10 anni sarebbero i seguenti:

Tabella 9

(1997-2007)

Cash return

Convenzione

Rendimento totale benchmark

Rendimento totale tactical strategy

Rendimento medio

3,30 %

5,15 % (87)

5,02 %

6,78 %

Volatilità del rendimento

0,32 %

0,33 %

2,16 %

2,42 %

Indice di Sharpe

 

146,74

0,93

1,66

Grafico 3

Image

Dalla tabella 8 si evince che il modello tactical strategy presenta una performance ampiamente superiore (176 bp) rispetto al benchmark, con un aumento solo modesto del rischio. Secondo l’Italia, ciò è a conferma del fatto che una gestione attiva può essere più efficace rispetto al portafoglio benchmark.

Si ricorda tuttavia che il portafoglio benchmark non è il deposito presso il Tesoro in base alla Convenzione. Il profilo rischio/rendimento è completamente diverso. L’indice di Sharpe  (88) dei portafogli benchmark e tactical strategy è significativamente inferiore a quello della Convenzione. Questo non sorprende in quanto i maggiori rendimenti del benchmark e della tactical strategy rispetto al parametro si ottengono a costo di un aumento significativo della volatilità dei rendimenti stessi. Inoltre, portafogli del tipo benchmark e tactical strategy non incorporano il rischio di liquidità come dovrebbero;

iv)

con riferimento al periodo di applicazione della Convenzione, i rendimenti annuali del deposito presso il Tesoro (e quelli ricavati dalla metodologia del mutuatario privato) sono più elevati di quelli derivanti dalla gestione attiva dei fondi presentata da […];

Tabella 10

(%)

 

Rendimento totale trading strategy (89)

Componente interessi della trading strategy (90)

Convenzione

Mutuatario privato

2005

2,78

2,18

3,90

2,81

2006

1,78

3,88

4,25

3,60

2007

3,58

3,88

4,70

4,23

Media

2,71

3,31

4,28

3,55

v)

la durata media del portafoglio di PI nel 2007, primo anno di vera gestione attiva per PI, è di […] anni; il rendimento implicito è pari a 5,13 % così composto: 4,13 % di rendimento del portafoglio e 1 % di guadagno in conto capitale implicito. La Commissione ricorda tuttavia che i guadagni o le perdite in conto capitale non devono essere considerati in un’analisi ex-ante. Di conseguenza, non possono effettuarsi confronti significativi tra i rendimenti totali del benchmark e della tactical strategy da un lato, e quelli della Convenzione dall’altro. Nel caso comunque di tali confronti, nel 2007 il rendimento del 4,13 % (fisso, senza guadagni in conto capitale e, a quanto consta, senza costi di transazione) della gestione attiva è inferiore al 4,70 % della Convenzione e al 4,23 % calcolato secondo la metodologia del mutuatario privato. Inoltre nel 2005, e mediamente nel periodo 2005-2007, i rendimenti derivanti dall’applicazione della metodologia del mutuatario privato sono comparabili a quelli della trading strategy;

vi)

la Commissione nota che l’analisi […] analizza anche possibili strategie di investimento relative all’anno 2008. Questi scenari non sono pertinenti per la decisione attuale in quanto si riferiscono a eventi ovviamente sconosciuti al momento della negoziazione e stipula della Convenzione;

vii)

l’Italia sostiene che la Convenzione è esposta ad un rischio di refixing  (91) superiore rispetto al benchmark e alla tactical strategy. Tuttavia, se è vero che su un arco temporale di 10 anni il rendimento medio di un titolo a reddito fisso a 10 anni è noto ex ante, il ragionamento dell’Italia dipende in modo critico dalla coincidenza dell’orizzonte temporale dell’investimento con la durata del portafoglio. Inoltre, il benchmark e la tactical strategy sono composti da panieri di titoli a reddito fisso aventi durate diverse. Ciò implica che anch’essi siano esposti a un rischio significativo di refixing.

(209)

Concludendo, i rendimenti che PI avrebbe teoricamente potuto conseguire secondo l’analisi […], nel contesto di una gestione attiva dei fondi, non sono comparabili al rendimento della Convenzione (né a quello derivante dall’applicazione della metodologia del mutuatario privato), in quanto gli strumenti finanziari sottostanti hanno natura diversa. In particolare, differisce sostanzialmente il profilo di rischio dei diversi tipi di investimento. Inoltre, l’analisi, basata su dati ex post (dati sconosciuti al momento della negoziazione della Convenzione), non è corretta dal punto di vista della valutazione degli aiuti di Stato. Di conseguenza, la Commissione ritiene che il modello di gestione attiva illustrato nell’analisi […] non permetta di concludere che il vincolo di impiego penalizzi PI. Al contrario, nel 2005-2007, periodo di vigenza della Convenzione, risulta che la gestione attiva dei fondi avrebbe rendimenti più bassi di quelli della Convenzione e di quelli derivanti dall’applicazione della metodologia del mutuatario privato.

(210)

L’analisi […] indica che, negli anni 2005 e 2006, il margine di interesse di PI è inferiore al margine di interesse medio conseguito dalle banche italiane del settore privato.

(211)

La Commissione ricorda quanto affermato nella decisione di avvio del procedimento in oggetto: «Nel valutare se esista un vantaggio a favore di PI/Bancoposta, è importante analizzare gli elementi costitutivi del margine di PI tra il tasso di interesse attivo e il tasso di interesse passivo. La Commissione osserva che un margine di interesse di mercato può contenere elementi di aiuto in certe circostanze, specie se il tasso di interesse attivo e il tasso di interesse passivo sono individualmente fuori mercato. Non è quanto accade nel caso presente. La Commissione ritiene che il tasso di interesse passivo riconosciuto sui conti correnti del consumatore finale non costituisca aiuto di Stato a favore di PI/Bancoposta. In particolare, la determinazione di questo tasso non comporta trasferimenti di risorse statali a PI/Bancoposta. Inoltre, i tassi praticati nel periodo interessato risultano “di mercato” se confrontati con i tassi di interesse applicati dalle banche su depositi comparabili. Da ultimo, i beneficiari del tasso di interesse passivo sono persone fisiche. Pertanto, in questa fase, analizzando il margine positivo di PI, la Commissione conclude che, nel presente caso, il vantaggio può derivare unicamente dai tassi di interesse attivo. I tassi di interesse attivi corrisposti dallo Stato conferiscono un vantaggio economico se superano il tasso che un mutuatario privato, a condizioni di mercato, sarebbe disposto a pagare a PI/Bancoposta per la liquidità depositata, in funzione della sua natura e importo».

(212)

Di conseguenza, in base alla decisione di avvio del procedimento, il confronto tra il margine di interesse di PI e quello di altre banche del settore privato non è pertinente, essendo il tasso di interesse corrisposto dallo Stato a PI per i fondi depositati il solo elemento oggetto di analisi nella presente decisione.

(213)

Inoltre, non esistono banche italiane veramente comparabili a PI in termini di struttura di bilancio. Il passivo di PI è essenzialmente costituito da conti correnti (conti correnti postali). Non è questo il caso delle «normali» banche che si finanziano tramite titoli, conti correnti, depositi a risparmio ecc.

(214)

La Commissione nota altresì che PI non è abilitata alla concessione di prestiti ai propri clienti; i prestiti personali e i mutui sono offerti per conto di banche terze.

(215)

Concludendo, il margine di interesse di PI e quello delle banche del settore private sono diversi per composizione e non possono essere oggetto di confronto significativo.

(216)

L’analisi […] indica che i conti correnti postali rappresentano una passività a lungo termine per PI vista la diversificazione e la stabilità del comportamento dei correntisti. L’analisi indica altresì che è prassi comune del sistema bancario finanziare l’attivo a lungo termine con i depositi bancari. A tal proposito, confronta la trasformazione delle scadenze condotta da PI con quella delle banche che impiegano i loro fondi in prestiti al settore pubblico (Depfa, Dexia, CCF, ecc).

(217)

Secondo […], tali banche applicano la stessa politica di PI impiegando i fondi in attività a lungo termine del settore pubblico (di durata superiore ai 15 anni) e finanziandosi in parte a breve ed in parte a lungo termine. In particolare, raccolgono all’incirca il 50 % dei propri fabbisogni a medio-lungo termine mentre la restante quota è finanziata a breve termine (pronti contro termine presso la Banca centrale europea e depositi da intermediari finanziari), e impiegano i loro fondi in prestiti a enti pubblici con scadenze generalmente comprese tra i 10 ed i 50 anni. In base a quanto sopra, […] ritiene che il modello di Asset Liability Management (ALM) di PI sia in linea, se non ancora più prudente, con quello di operatori comparabili.

(218)

La Commissione ritiene che non si possano trarre conclusioni dal confronto tra il modello ALM di PI e quello di operatori comparabili per le seguenti ragioni.

(219)

In primo luogo, la struttura del passivo di PI non è paragonabile a quella di operatori comparabili: quasi il 90 % del passivo di PI è costituito da conti correnti postali, mentre appena il 50 % del passivo delle banche private che operano nel settore pubblico è costituito da pronti contro termine e depositi a breve termine, essendo la quota restante rappresentata da finanziamenti a medio-lungo termine.

(220)

In secondo luogo, il confronto con altre banche è anche viziato dal fatto che PI non è esposta ai rischi cui esse sono esposte e per i quali sono remunerate conformemente al mercato.

(221)

In terzo luogo, conformemente alle osservazioni di […] in base alle quali non è pertinente il confronto tra La Banque postale e PI a partire dall’anno 2006 (avendo La Banque Postale iniziato attività di finanziamento al settore private (92), non è possibile per gli stessi motivi trarre conclusioni dal confronto tra PI e banche private operanti nel settore pubblico, poiché quest’ultime esercitano anche attività di finanziamento al settore non pubblico (ad esempio, quasi il 50 % dei prestiti di Dexia sono concessi al settore non pubblico).

(222)

In quarto luogo, come già indicato nell’ambito del confronto tra Efisposte/La Poste, la Commissione, al fine di valutare l’esistenza di un vantaggio a favore di un’impresa, non compara situazioni esistenti in diversi Stati membri.

(223)

Infine, nell’ambito del confronto con presunti operatori comparabili, la Commissione prende atto di quanto segue «Le disponibilità liquide della CDP SpA sono depositate nel conto corrente fruttifero n. 29814, denominato “Cassa DP SpA — gestione separata”, aperto presso la Tesoreria centrale dello Stato. Sulla giacenza di tale conto corrente, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 5 dicembre 2003, è corrisposto un interesse semestrale ad un tasso variabile pari alla media aritmetica semplice tra il rendimento lordo dei buoni ordinari del tesoro a sei mesi e l’andamento dell’indice Rendistato. A seguito della fusione di Infrastrutture SpA per incorporazione nella Cassa depositi e prestiti SpA (4 art. 1, comma 79 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266), a decorrere dal 1o gennaio 2006, il conto corrente fruttifero n. 20347, intestato a ISPA, è stato ridenominato in “Cassa DP SpA — gest. Patrimonio TAV”. Sulle giacenze del predetto conto corrente il Ministero dell’economia e delle finanze corrisponde un interesse semestrale ad un tasso uguale a quello medio dei buoni ordinari del tesoro a sei mesi emessi nel semestre precedente. Per poter usufruire del servizio di tesoreria e di erogazione svolto dalla Banca d’Italia, la CDP SpA continua ad utilizzare il conto corrente infruttifero di tesoreria n. 29815 denominato “CDP SpA — pagamenti”. Peraltro, con l’utilizzo sempre più diffuso dei sistemi di pagamento interbancari, l’impiego del canale della tesoreria statale per i pagamenti e le riscossioni risulta considerevolmente ridimensionato rispetto al passato.» (93) La Commissione è cosciente della difficoltà di trarre conclusioni pertinenti sul confronto tra PI e presunti operatori comparabili, laddove questi si differenziano da PI per diversi aspetti. Tuttavia, in base a quanto indicato sopra, si può notare che gli intermediari finanziari che investono nel settore pubblico come CDP (94) non sono necessariamente remunerati secondo parametri a lungo termine.

(224)

Questo conferma il parere della Commissione in base al quale, al fine della presente decisione, non si possono trarre conclusioni dal confronto tra PI e operatori asseritamene comparabili.

(225)

La Commissione ritiene che i confronti di cui sopra relativi, da un lato, ai margini di interesse di PI e di banche operanti nel settore privato e, dall’altro, alle trasformazioni delle scadenze di PI e di operatori specializzati nei finanziamenti al settore pubblico, non siano pertinenti e non dimostrino che la Convenzione non conferisce alcun vantaggio a PI.

7.4.3.6.   Conclusioni

(226)

Riassumendo, il tasso di interesse previsto dalla Convenzione può essere confrontato con quello derivante da investimenti alternativi in una prospettiva rischio/rendimento. In particolare, a parità di rischio, la Convenzione offre rendimenti superiori rispetto ad investimenti alternativi, e a parità di rendimento è esposta a rischi inferiori.

(227)

Anche l’Italia ritiene che il deposito presso il Tesoro abbia un rapporto rendimento/rischio più alto rispetto a un portafoglio a tasso fisso. Per la Commissione, un’analisi rischio/rendimento è più opportuna di un’analisi basata esclusivamente sui rendimenti.

(228)

La Commissione ritiene che le possibilità di investimento alternative in assenza di vincolo di impiego non avrebbero permesso a PI di conseguire, nel periodo di riferimento, rendimenti simili o superiori a quelli della Convenzione, in una prospettiva rischio/rendimento.

(229)

La correttezza della metodologia del mutuatario privato è quindi confermata.

7.4.4.   Osservazioni complementari

7.4.4.1.   Natura del ruolo di PI

(230)

Nella decisione di avviare il procedimento del settembre 2006, la Commissione affermava di non poter escludere, date le specificità di PI, che fosse impossibile trovare termini di confronto sul mercato. Con queste premesse, la Commissione avrebbe dovuto stabilire il costo di gestione del conto per PI e aggiungere un margine ragionevole. Tale approccio si sarebbe giustificato anche se la Commissione avesse dovuto ritenere che PI funge da mero canale di raccolta fondi per lo Stato attraverso la sua fitta rete di uffici postali.

(231)

Come illustrato nella sezione 7.4.2, la Commissione è persuasa che sia possibile stabilire un termine di confronto sul mercato ricorrendo al criterio del mutuatario diligente operante in un’economia di mercato.

(232)

D’altronde, la Commissione non ritiene affatto che il ruolo di PI si limiti a fungere da mero canale di raccolta fondi per lo Stato. PI implementa infatti una strategia attiva di sviluppo delle sue attività bancarie basata in particolare sulla maggiore appetibilità del conto corrente postale. Inoltre, in un’altra decisione relativa a PI adottata nel novembre 2006 (95), attinente alla fattispecie in cui l’operatore postale raccoglie fondi in nome e per conto di CDP collocando i libretti di risparmio postale, la Commissione ha ritenuto che tale attività non fosse assimilabile a quella di mero canale di raccolta; la remunerazione corrisposta a PI era basata sulla giacenza media annua dei libretti postali. In ultimo, nemmeno ABI ritiene che la remunerazione di PI debba essere basata sui costi sostenuti.

7.4.4.2.   Confronto con il costo del debito a medio-lungo termine del Tesoro

(233)

L’Italia afferma che il costo del debito a medio-lungo termine del Tesoro è spesso superiore al rendimento ottenuto mediante l’applicazione del parametro (cfr. considerando 77 e seguenti).

(234)

In questo contesto, la Commissione rileva che:

procedere al solo raffronto con il finanziamento a medio-lungo termine non è corretta. L’Italia non è stata in grado di dimostrare in modo convincente che i conti correnti postali finanziano solo i fabbisogni a medio-lungo termine del Tesoro. Al contrario, la Commissione ritiene che la raccolta sia impiegata per la copertura di esigenze generali del Tesoro,

il 60 % circa delle emissioni del Tesoro riguarda strumenti a breve termine (BOT e CTZ) con scadenze massime di due anni. La Commissione rileva anche che la scadenza media degli strumenti finanziari (CCT, CTZ, BTP, BOT) emessi dall’Italia nel periodo 2001-2005 è pari a circa 4 anni,

il tasso medio di tali emissioni è stato, nel 2005, 2006 e 2007, rispettivamente del 2,47 %, 3,32 % e 4,14 % (96), ossia nettamente inferiore al parametro,

nella tabella 3, i dati figuranti nella colonna «Media» sono calcolati in relazione al periodo compreso fra il 2001 e l’anno di riferimento. In altri termini, il 4,7 % del 2003 è la media dei dati relativi al 2001, 2002 e 2003. Inoltre, la media ponderata calcolata dall’Italia ricomprende le liquidità raccolte con l’emissione di titoli a 5-10-15-30 anni, mentre il parametro consta anche di una componente a breve termine. La Commissione ritiene poi illogico che l’Italia escluda dal computo i titoli triennali, trattandosi anche questi di strumenti a medio termine. Secondo la Commissione, i fatti in esame non giustificano il ricorso a questa analisi metodologica.

(235)

Di nuovo, ciascun punto sopra indicato, per se stesso, è sufficiente a far ritenere che il confronto prospettato dall’Italia non è risolutivo.

7.4.4.3.   Altri argomenti

(236)

Al fine di provare che la remunerazione conseguita da PI sulla raccolta depositata per legge presso il Tesoro è quella che si otterrebbe sui mercati finanziari con un profilo di rischio comparabile, l’Italia evoca una ipotetica operazione di swap ad 1 anno verso il parametro della Convenzione. In base alle condizioni di mercato correnti, l’Italia argomenta che il valore di questa operazione sarebbe pari all’Euribor 6 mesi più uno spread pari a 1 % a fine 2005, 0,40 % a fine 2006 e a 0,30 % a fine ottobre 2007. A questo riguardo, […] ha rilevato, prima di presentare un’analisi molto più dettagliata dei costi opportunità generati dal vincolo di impiego, che il tasso di interesse a breve termine che PI dovrebbe pagare sul mercato contro la remunerazione del Tesoro (constant maturity swap) sarebbe pari all’Euribor 6 mesi più uno spread dello 0,43 %. La Commissione non ritiene questo specifico argomento, che non è stato approfondito, né appropriato né pertinente ai fini della presente analisi.

7.4.4.4.   Risposte alle altre osservazioni di ABI

(237)

ABI afferma che sui due conti fruttiferi presso il Tesoro aperti da CDP viene corrisposto un interesse semestrale a un tasso variabile pari alla media aritmetica semplice tra il rendimento lordo di BOT a 6 mesi e l’andamento dell’indice mensile Rendistato.

(238)

In questo contesto, la Commissione rileva che:

le risorse di CDP hanno una natura diversa rispetto ai conti correnti della clientela di PI in quanto si compongono prevalentemente del risparmio postale (97), mentre le risorse di PI sono costituite dai conti correnti postali,

la remunerazione versata a CDP consta per il 50 % di una componente a breve termine, e per il 50 % di una componente a medio-lungo termine come la remunerazione corrisposta a PI sui fondi depositati presso il Tesoro. La differenza fra le due remunerazioni risiede essenzialmente nel peso di ciascuna componente. Tuttavia, ABI non ha fornito dati afferenti alla stabilità/volatilità delle risorse di CDP, cosa che avrebbe permesso di qualificare la natura/durata media e il peso delle liquidità di CDP.

(239)

Pertanto, nessun confronto risolutivo è possibile tra i conti di CDP e il conto di PI presso il Tesoro.

7.5.   Legalità e compatibilità dell’aiuto di Stato

(240)

L’Italia, non avendo preventivamente notificato il nuovo regime di aiuti, vi ha dato illegalmente esecuzione in violazione dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato.

(241)

È necessario stabilire se l’aiuto è compatibile con il mercato comune in forza delle deroghe previste all’articolo 87, paragrafi 2 e 3 del trattato.

(242)

L’aiuto non è compatibile ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2. Non si tratta di un aiuto a carattere sociale concesso a singoli consumatori, né di un aiuto destinato a ovviare ai danni arrecati da calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali, né di un aiuto concesso all’economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentano della divisione della Germania.

(243)

Per quanto riguarda le deroghe di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettere b) e d), l’aiuto in discorso non è destinato a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia dell’Italia, né è destinato a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio.

(244)

Per quanto riguarda la deroga di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), per cui possono considerarsi compatibili gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse, la misura in esame non comporta investimenti né creazione di lavoro e costituisce un aiuto al funzionamento non soggetto a condizioni. Stando alla prassi costante della Commissione, non si può considerare che un siffatto aiuto agevoli lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche.

(245)

L’aiuto si applica allo stesso modo a tutto il territorio nazionale e non può pertanto essere considerato compatibile a norma dell’articolo 87, paragrafo 3, lettere a) o c), relative allo sviluppo di talune regioni.

(246)

La Commissione ritiene che l’aiuto al funzionamento in oggetto non possa essere considerato un aiuto destinato ad agevolare lo sviluppo di talune attività, ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), in particolare perché la disposizione esige che gli aiuti «non alterino le condizioni degli scambi in una misura contraria all’interesse comune», condizione che la Commissione non ritiene soddisfatta nel caso presente. Non vengono perseguiti obiettivi orizzontali di comune interesse. L’applicazione restrittiva dell’aiuto a PI non modifica inoltre la conclusione della valutazione in quanto l’incidenza sugli scambi tra Stati membri e gli effetti di un aiuto al funzionamento siffatto in termini di distorsione della concorrenza sono particolarmente sensibili nei settori finanziario e postale in cui opera PI.

(247)

L’Italia non ha mai invocato nessuna delle deroghe summenzionate.

(248)

In conclusione, il regime di aiuti non è compatibile con il mercato comune e deve essere soppresso.

(249)

Qualsiasi convenzione relativa alla remunerazione che il Tesoro deve corrispondere a PI per la raccolta non interessata dalla legge finanziaria 2007 dovrà basarsi su un’analisi dettagliata della natura delle liquidità e dei rischi sostenuti dalle parti. In questo contesto, la Commissione osserva che non è possibile utilizzare i risultati dello studio […] e delle statistiche relative al periodo che precede il 2007 senza effettuare ulteriori indagini, in quanto la natura delle liquidità potrebbe essere cambiata. Lo studio […] e le statistiche, infatti, si fondano soprattutto sulla raccolta in conti correnti presso la clientela privata, mentre le (eventuali) liquidità riversate a partire dal 2007 al Tesoro essenzialmente non riguardano questa clientela.

7.6.   Recupero

(250)

Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 659/1999, nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di prendere tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario. La Commissione non impone tuttavia il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario.

(251)

La Commissione ritiene che, nella fattispecie, nessun principio generale del diritto comunitario si opponga al recupero.

(252)

Ai fini della determinazione del recupero deve essere contemplato il ripristino della situazione precedente, valutando se esiste una strategia di investimento alternativa che, in mancanza dell’aiuto illegale e in conformità a norme interne compatibili con il diritto comunitario, procurerebbe un vantaggio simile a PI. Al riguardo, la Commissione ritiene che non sia possibile desumere una situazione «normale» dai contraddittori investimenti alternativi menzionati dall’Italia. Il recupero non può essere determinato in considerazione di operazioni diverse che le imprese avrebbero potuto effettuare se non avessero optato per la forma di operazione a cui si accompagnava l’aiuto. Questo implicherebbe una ricostruzione del passato in funzione di elementi ipotetici. L’unico riferimento che la Commissione può utilizzare è la metodologia derivante dal criterio del mutuatario diligente operante in un’economia di mercato.

(253)

L’importo da recuperare per ripristinare la situazione precedente deve pertanto essere uguale alla differenza tra: i) la remunerazione annua corrisposta a PI in base alla Convenzione, e ii) l’importo risultante dall’applicazione del criterio del mutuatario diligente operante in un’economia di mercato (cfr. tabelle 6 e 6a).

8.   LEGGE FINANZIARIA 2007

(254)

La legge finanziaria 2007 non figura ovviamente nella decisione di avviare il procedimento. La sua valutazione alla luce delle norme sugli aiuti di Stato non comporta tuttavia difficoltà.

(255)

A norma della legge finanziaria 2007 «i fondi provenienti dalla raccolta effettuata da Poste Italiane SpA per attività di bancoposta presso la clientela privata (…) sono investiti in titoli governativi dell’area euro a cura di Poste Italiane SpA». Gli interessi corrisposti su tali titoli non configurano aiuto di Stato in quanto non comportano vantaggio selettivo.

9.   CONCLUSIONE

(256)

La Commissione constata che l’Italia ha dato illegalmente esecuzione al regime di aiuti consistente nel pagamento del tasso attivo da parte del Tesoro per le liquidità riversate da PI a norma della legge finanziaria 2006 e della Convenzione, in violazione dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato.

(257)

Il regime deve essere soppresso. Gli aiuti di Stato illegali e incompatibili devono essere recuperati.

(258)

La legge finanziaria 2007 non comporta aiuti di Stato,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

Il regime di aiuti di Stato relativo alla remunerazione dei conti correnti di Poste Italiane presso la Tesoreria dello Stato, stabilito della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e dalla convenzione tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze e Poste Italiane del 23 febbraio 2006, al quale l’Italia ha dato illegalmente esecuzione in violazione dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato, è incompatibile con il mercato comune.

Articolo 2

L’Italia sopprime il regime di cui all’articolo 1 con effetto alla data di adozione della presente decisione.

Articolo 3

1.   L’Italia procede al recupero presso il beneficiario dell’aiuto incompatibile concesso nel quadro del regime di cui all’articolo 1.

2.   L’importo da recuperare è uguale alla differenza tra la remunerazione annua dei conti correnti di Poste Italiane presso la Tesoreria dello Stato corrisposta in base alla convenzione di cui all’articolo 1 e l’importo derivante dall’applicazione del criterio del mutuatario diligente operante in un’economia di mercato, quale risulta dalla tabella 6a della presente decisione.

3.   Le somme da recuperare comprendono gli interessi che decorrono dalla data in cui sono state poste a disposizione del beneficiario fino a quella del loro effettivo recupero.

4.   Gli interessi sono calcolati su base composta conformemente al capitolo V del regolamento (CE) n. 794/2004 e al regolamento (CE) n. 271/2008 che modifica il regolamento (CE) n. 794/2004.

5.   L’Italia annulla tutti i pagamenti in essere dell’aiuto a norma del regime di cui all’articolo 1 con effetto alla data di adozione della presente decisione.

Articolo 4

1.   Il recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1 è immediato ed effettivo.

2.   L’Italia garantisce l’esecuzione della presente decisione entro quattro mesi dalla data della sua notifica.

Articolo 5

1.   Entro due mesi dalla notifica della presente decisione, l’Italia trasmette le seguenti informazioni alla Commissione:

a)

l’importo complessivo (capitale e interessi) da recuperare presso il beneficiario;

b)

una descrizione dettagliata delle misure già adottate e previste per conformarsi alla presente decisione;

c)

i documenti attestanti che al beneficiario è stato imposto di rimborsare l’aiuto.

2.   L’Italia informa la Commissione dei progressi delle misure nazionali adottate per l’esecuzione della presente decisione fino al completo recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1. Trasmette immediatamente, dietro semplice richiesta della Commissione, le informazioni relative alle misure già adottate e previste per conformarsi alla presente decisione. Fornisce inoltre informazioni dettagliate riguardo all’importo dell’aiuto e degli interessi già recuperati presso il beneficiario.

Articolo 6

La Repubblica Italiana è destinataria della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 16 luglio 2008.

Per la Commissione

Neelie KROES

Membro della Commissione


(1)  GU C 290 del 29.11.2006, pag. 8.

(2)  Dove il tasso di interesse attivo è la remunerazione corrisposta dal Tesoro a fronte della liquidità versata, e il tasso d’interesse passivo è quello riconosciuto da PI ai titolari di c/c postale.

(3)  Cfr. nota 1.

(4)  Il servizio postale universale comprende la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali fino a 2 kg e dei pacchi postali fino a 20 kg, nonché i servizi relativi agli invii raccomandati e agli invii assicurati.

(5)  Decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 pubblicato in GURI 182 del 5.8.1999, e decreto 17 aprile 2000 del ministero delle Comunicazioni pubblicato in GURI 102 del 4.5.2000.

(6)  Fonte: sito web PI; febbraio 2008.

(7)  A norma dell’articolo 5 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, e della legge di conversione 24 novembre 2003, le azioni di CDP SpA sono attribuite allo Stato. Inoltre, le fondazioni ed altri soggetti pubblici o privati possono solo detenere quote complessivamente di minoranza del capitale di CDP SpA.

(8)  Development of competition in the European postal sector, ECORYS-NEI, luglio 2005.

(9)  Direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio (GU L 15 del 21.1.1998, pag. 14).

(10)  Direttiva 2002/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda l’ulteriore apertura alla concorrenza dei servizi postali della Comunità (GU L 176 del 5.7.2002, pag. 21).

(11)  Decreto legislativo 23 dicembre 2003, n. 383, pubblicato in GURI 22 del 28.1.2004.

(12)  Cfr. nota 8.

(13)  Direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari (GU L 52 del 27.2.2008, pag. 3).

(14)  Cfr. lo studio di PriceWaterhouseCoopers The Impact on Universal Service of the Full Market Accomplishment of the Postal Internal Market in 2009, Final Report, maggio 2006.

(15)  FitchRatings, rapporto speciale del 9.7.2004, The European Regulated Mail Sector: Tomorrow’s Deliveries.

(16)  L’informazione è coperta dal segreto d’ufficio.

(17)  ABI calcola la percentuale del 94 % sulla base dello stato patrimoniale di PI. Secondo i calcoli di ABI, il rapporto c/c postali e totale c/c bancari e postali nel 1999 e nel 2004 è stato rispettivamente del 4,6 % e del 6,2 %.

(18)  In alcuni casi (carte di debito e servizi di addebito in conto) il servizio è fornito direttamente da PI; in altri PI si pone quale distributore di servizi prodotti da terzi (ad es. carte di credito distribuite per conto di operatori del settore bancario).

(19)  Poste Vita SpA è controllata al 100 % da PI.

(20)  Bancoposta Fondi SpA SGR è controllata al 100 % da PI.

(21)  Pubblicato in GURI 288 del 12.12.2003.

(22)  Pubblicata in GURI 302 del 29.12.2005, Supplemento ordinario n. 211. La legge ha effetto retroattivo al 1o gennaio 2005.

(23)  La Convenzione è stata approvata con decreto ministeriale del 3 aprile 2006.

(24)  Buoni del Tesoro Poliennali.

(25)  Buoni Ordinari del Tesoro.

(26)  L’importo relativo alla competenza 2004 è stato di 1 356 milioni di euro. Se nel 2005 si fosse applicata la legge in vigore nel 2004 gli interessi da liquidare sarebbero stati superiori di almeno 150 milioni di euro.

(27)  Il servizio dei conti correnti postali era essenzialmente disciplinato da una legge del 1917, pubblicata in GURI 219 del 6.9.1917 e modificata con decreto legislativo luogotenenziale 22 novembre 1945, n. 822, pubblicato in GURI 12 del 15.1.1946. Fino al 2003 tale decreto prevedeva che i fondi raccolti tramite i conti correnti postali fossero versati in conto corrente fruttifero alla CDP al tasso corrispondente al frutto medio annuale che la Cassa riceveva dalla massa dei capitali da essa amministrati, dedotto 15 centesimi. In seguito al decreto 5 dicembre 2003, il Tesoro è subentrato a CDP nei rapporti in essere derivanti dal servizio dei conti correnti postali. Il vincolo è previsto all’articolo 14 della richiamata legge del 1917.

(28)  Pubblicata in GURI 299 del 27.12.2006.

(29)  Stando alle autorità italiane, l’attività di raccolta dei conti correnti privati rappresenta circa il 70-75 % della raccolta globale.

(30)  Cfr. nota 2.

(31)  Dal 1o ottobre 1995 Rendistato è costituito dal rendimento medio lordo dei BTP soggetti a imposta e con vita residua superiore ad un anno. (Fonte: Banca d’Italia)

(32)  L’andamento prudenziale della raccolta differisce dall’andamento previsionale: l’andamento prudenziale presuppone conservativamente (con intervallo di confidenza del 99 %) un livello minimo di depositi negli anni a seguire, analizzando l’evoluzione storica degli afflussi e deflussi (metodo «Value at Risk» o VaR), ovvero si basa sull’ipotesi dell’esaurimento della raccolta in un arco di 10 anni («modello lineare»). L’andamento previsionale esprime invece una stima di come possa evolvere la raccolta condizionatamente alla realizzazione di scenari macroeconomici diversi e di normali azioni commerciali.

(33)  Nel 2006 la raccolta in c/c postali presso la clientela privata, escluse le Pubbliche Amministrazioni, ammontava a […] di euro, di cui […] da clientela retail e […] miliardi da clientela business.

(34)  Nella lettera del 27 novembre 2007 le autorità italiane spiegano che, secondo il modello […], 2/3 della raccolta da c/c postali ha durate quasi infinite, mentre 1/3 ha durate da 0 a 10 anni. Sempre in questa lettera affermano che il modello ha individuato una durata quasi illimitata per il 70 % delle giacenze e una durata da 0 a 10 anni per la parte residua. Ancora in riferimento al modello […], l’appunto sull’analisi […] trasmesso dall’Italia con lettera del 29 febbraio 2008 indica che PI ha una raccolta di durata quasi infinita stimata in […] del totale.

(35)  «The average life is the period before the principal of a debt security (bond, debenture, note) is scheduled to be repaid» (Fonte: BusinessDictionary.com website: http://www.businessdictionary.com/definition/average-life.html).

(36)  Ovvero la media ponderata di capitale e interessi.

(37)  Nelle lettere inviate dalle autorità italiane i termini «durata media» e «durata» sono spesso usati indistintamente sebbene alludano a concetti diversi. Ciò non pregiudica la valutazione svolta nella presente decisione.

(38)  Lettera delle autorità italiane del 27 novembre 2007, n. prot. A/39763.

(39)  Prima dell’11 dicembre 2003 e della trasformazione di CDP in SpA, la raccolta dei conti correnti effettuata da PI era in parte riversata a CDP. Secondo le autorità italiane, per motivi soprattutto di contabilità una parte della raccolta era destinata a un conto presso il Tesoro (il c.d. conto «libero») mentre la parte restante era accolta in tre altri conti «vincolati» da CDP per erogare mutui a favore di Amministrazioni locali. I tre conti vincolati da CDP erano impiegati per il servizio mutui; nel conto presso il Tesoro confluiva la parte della raccolta non destinata all’erogazione dei mutui ma che rimaneva disponibile per CDP. A far data dall’11 dicembre 2003, tutti i fondi raccolti sui conti vincolati sono stati conferiti al Tesoro, aggiungendosi al conto corrente già esistente.

(40)  Ossia che almeno il 90 % del deposito presso il Tesoro possa costituire la componente ritenuta stabile mentre il restante 10 %, sebbene tendenzialmente non soggetto a riscatto, debba considerarsi, in base ad assunzioni prudenziali, volatile.

(41)  In proposito, le autorità italiane indicano che i valori dello spread da applicare all’Euribor 6 mesi sono grosso modo 1 % circa a fine 2005, 0,4 % circa a fine 2006 e 0,3 % circa a fine ottobre 2007.

(42)  Entrambe le strategie sono descritte più diffusamente al considerando 208 ii).

(43)  Il modello è automatico nella misura in cui gli investimenti sono attuati automaticamente in funzione dei parametri di mercato e degli sviluppi attesi.

(44)  Cfr., ad esempio, la sentenza della Corte di giustizia nella causa C-372/97 Repubblica italiana contro Commissione, Racc. 2004 pagina I-0367, punto 44.

(45)  Rapporto The Evolution of the Regulatory Model for European Postal Services di WIK Consult, luglio 2005.

(46)  Rapporto Main developments in the European Postal Sector di WIK Consult, luglio 2004. Cfr. tabella 5.1.6 «Distribuzione geografica e area commerciale dei “Big Four” (1998 e precedenti, fino al giugno 2004)».

(47)  Decisione del 12 marzo 2002 (GU L 282 del 19.10.2002, pag. 29).

(48)  Sentenza del Tribunale di primo grado dell’8 luglio 2004, Causa T-198/01, Technische Glaswerke Ilmenau GmbH, punto 97.

(49)  Con effetto retroattivo dal 2005.

(50)  Un mutuatario privato prenderebbe in considerazione soltanto le somme di cui può usufruire.

(51)  Il deposito di PI presso il Tesoro corrisponde inoltre soltanto al 2,8 % del totale dei titoli di Stato al 31 dicembre 2005.

(52)  Il metodo prudenziale impiegato nello studio […] sembra costituire un esempio alquanto comune.

(53)  Anche in assenza di uno studio formale strutturato, la Commissione ritiene che PI e Tesoro avrebbero comunque avuto accesso a dati e risultati simili basati sui dati storici e prospettici dell’andamento dei conti correnti postali.

(54)  L’andamento prudenziale presuppone conservativamente un livello minimo di depositi negli anni a seguire, analizzando l’evoluzione storica degli afflussi e deflussi (metodo «Value at Risk» o VaR).

(55)  La Commissione ritiene che un mutuatario privato avrebbe fatto una tale valutazione, specie in considerazione dell’importo lordo in questione (cfr. ad es. il considerando 137 in cui si specifica che per alcuni grossi titolari di conto corrente, la banca può effettuare una valutazione per singolo cliente della probabilità di roll-over).

(56)  Nonostante le argomentazioni sostenute dall’Italia, non vi è motivo di limitare la valutazione di questo aspetto ai dati del periodo 2001-2006. Anche se si può convenire che la creazione di Conto BancoPosta abbia avuto un impatto significativo sulla raccolta da conti correnti, e anche sul modello commerciale delle attività finanziarie di PI, un mutuatario privato avrebbe considerato un periodo più lungo.

(57)  Questo secondo modello proposto da […] si basa su un’ipotesi ancora più conservativa (cut-off al […] anno con distribuzione della componente di durata quasi infinita da […] a […] anni) e determina una durata media di […] o […] anni (per una duration di Macauley tra […] e […] anni), a seconda che si segua il metodo Value at Risk o il modello lineare.

(58)  L’andamento previsionale esprime invece una stima di come possa evolvere la raccolta condizionatamente alla realizzazione di ragionevoli scenari macroeconomici e di normali azioni commerciali. L’andamento previsionale offre il supporto alla definizione degli obiettivi di budget.

(59)  Secondo il Rapport de gestion 2005 della francese Banque Postale: «Les opérations de bilan liées à la gestion de la partie volatile des fonds CCP (comptes courants postaux) constituent un moindre enjeu en terme de PNB mais permettent de garantir la liquidité quotidienne. A l’actif, les fonds correspondants sont soit placés en titres de transaction ou de placement (ayant la note la meilleure attribuée par une agence de notation de renommée internationale), soit prêtés à très court terme sur le marché interbancaire (notamment au travers de prises en pensions livrées). Les prévisions du compte courant représentatif de la partie volatile sur un horizon de 3 mois, et sur un pas quotidien, permettent d’anticiper les variations importantes de liquidité et de déterminer les modalités de placement».

(60)  Questo significa che una volatilità overnight del 5 % è considerata un valore massimo in tempi normali. Un ordine di grandezza di questo tipo sembra ragionevole.

(61)  L’analisi […] fa riferimento a una durata media di […] per il portafoglio di PI nel 2007.

(62)  Il bilancio 2005 di PI specifica: «Rischio di mercato: attiene a quelle poste finanziarie attive che nelle intenzioni dell’Azienda sono disponibili per la vendita. A oggi, infatti, non esistono posizioni detenute con specifica finalità di trading».

«Rischio di credito: per rischio di credito si intende il rischio di inadempimento delle controparti verso le quali esistono posizioni creditorie. Poiché il Gruppo Poste non è abilitato all’effettuazione di operazioni di impiego, il rischio è riconducibile unicamente agli strumenti di investimento detenuti in Portafoglio (rischio emittente)».

(63)  BIS (2003), «Principles for the Management and Supervision of Interest Rate Risk», BCBS, settembre, pagg. 6-8 (http://www.bis.org/publ/bcbs102.pdf?noframes=1), BIS (2006), «The Management of Liquidity Risk in Financial Groups», BCBS, maggio. (http://www.bis.org/publ/joint16.pdf?noframes=1), BIS (2008), «Liquidity Risk: Management and Supervisory Challenges», BCBS, febbraio (http://www.bis.org/publ/bcbs136.pdf?noframes=) BCBS, febbraio, IIF (2007), «Principles of Liquidity Risk Management», marzo, allegato 1.

(64)  Il bilancio 2005 di PI riporta quanto segue: «Rischio di tasso di interesse sui flussi finanziari e politica di hedging: attiene a quelle poste finanziarie caratterizzate da una remunerazione a tasso variabile. L’Azienda ha facoltà di effettuare una politica di copertura (hedging) che prevede l’utilizzo di derivati limitatamente a determinati livelli di rating, di concentrazione, di importo».

(65)  Cfr. anche la lettera di […] del 13 febbraio 2006.

(66)  Il bilancio 2005 di PI specifica: «Per rischio di liquidità si intende il rischio di avere difficoltà nel reperire i fondi per far fronte agli impegni derivanti dagli strumenti finanziari. Il rischio di liquidità può derivare dall’incapacità di vendere un’attività finanziaria rapidamente a un valore prossimo al fair value o anche dalla necessità di raccogliere fondi a tassi non equi. Si tratta di un rischio trascurabile, poiché vi è sostanziale equilibrio in termini di durata temporale fra gli impieghi e le fonti di finanziamento».

(67)  Cfr. Sound Practices for Managing Liquidity in Banking Organizations — Basel Committee on Banking Supervision, Basilea, febbraio 2000.

(68)  Come nella Convenzione, i tassi di interesse della metodologia del mutuatario privato sono calcolati utilizzando parametri a tasso variabile (con aggiornamento quindicinale).

(69)  Oggi, sulla base dei tassi di interesse a breve e lungo termine, la curva dei tassi risulta invertita; questo però non era prevedibile nel 2005-2006, al momento della stipula della Convenzione.

(70)  Una presentazione più dettagliata delle osservazioni presentate dall’Italia figura nella sezione 6.

(71)  A partire dal 1997, i tassi dei CCT sono stati inferiori a quelli dei BTP a 5 ed a 10 anni, eccetto negli anni 1997 e 1998.

(72)  I CCT sono titoli a tasso variabile aventi una durata di 7 anni. Gli interessi vengono corrisposti con cedole posticipate semestrali indicizzate al rendimento dei BOT semestrali.

(73)  L’argomentazione dell’Italia relativa al fatto che i rendimenti di portafogli a tasso fisso tendono ad allinearsi a quelli aventi tasso variabile su un arco temporale significativo (10 anni), e la conseguente necessità di prendere in considerazione un periodo di 10 anni per l’analisi, è analizzata e contestata nel capitolo «Gestione attiva del tipo trading system».

(74)  Il bilancio dell’esercizio 2006 di PI indica che «Il rischio di mercato attiene a quelle poste finanziarie attive che nei programmi dell’azienda sono disponibili per la vendita. Alla data di chiusura del bilancio la quasi totalità di queste poste è ascrivibile agli strumenti finanziari detenuti dalla controllata Poste Vita SpA nell’ambito delle gestioni separate (Ramo I)».

(75)  Le lettere degli intermediari finanziari sembrano anch’esse riferirsi a rendimenti lordi (cfr. lettera di […] del 4 ottobre 2006).

(76)  La Commissione non ritiene che sussistano significativi costi di transazione secondo la metodologia del mutuatario privato né nella Convenzione.

(77)  La Commissione ha notato che altri prodotti di Poste Vita SpA collegati a gestioni separate quali Posta Pensione e Dinamica, non sono comparabili in termini di ammontare di attività a Posta Valore e Posta Più. Mentre il totale delle attività della gestione separata Dinamica ammonta a circa 120 milioni di euro, quello della gestione separata Posta Più supera 6,5 miliardi di euro. Si vedano anche le lettere di […].

(78)  Fonte: sito web PI.

(79)  I tassi sarebbero ancora più simili se i rischi relativi ai prodotti assicurativi (rischi di mercato e di liquidità) fossero adeguatamente presi in considerazione.

(80)  Caso C 49/2006, Poste Italiane — Remunerazione per il collocamento dei prodotti finanziari del risparmio postale.

(81)  Inoltre, l’Italia non ha illustrato il metodo di calcolo che conduce al presunto rendimento di 4,4 % per l’anno 2005, né […] ha spiegato dettagliatamente come calcola il presunto rendimento di 4,45 % nel periodo 2004-2005.

(82)  Tuttavia Efiposte, filiale del Gruppo La Poste incaricata dell’investimento dei fondi provenienti dai Comptes Chèques Postaux (conti correnti), dispone nel 2005 di risorse stabili provenienti da La Poste attraverso i «dépôts à terme contractuellement irrévocables» (cfr. sezione 4-5 «Rischio di liquidità» del Rapport de gestion 2005 di La Banque postale/Efiposte). La ripartizione del rischio tra La Poste e Efiposte, che fanno parte di un gruppo, è diversa da quella di PI e Tesoro.

(83)  A tal proposito l’analisi […] rileva che la metodologia in questione «compares the current level of yields and the steepness of the yield curve relative to recent history and indicates trades based on expectations of yield level and curve steepness mean reversion. For instance, the trading strategy essentially says that if yields are high then expect them to fall and position the investment portfolio with a longer duration than the benchmark.»

(84)  In effetti, i rendimenti ex ante e ex post si muovono spesso in direzioni opposte. Questo è chiaro nel caso di titoli zero coupon. Quando il rendimento atteso aumenta (ad es. per effetto di un aumento dell’avversione al rischio degli investitori), il prezzo del titolo zero coupon diminuisce dando luogo immediatamente ad una minusvalenza/perdita in conto capitale. Tale prezzo più basso tenderà in seguito al valore nominale secondo un tasso di rendimento atteso più elevato. E viceversa.

(85)  Si ricorda inoltre che il meccanismo della convenzione non può incorporare guadagni/perdite in conto capitale in quanto indicizzato a parametri di natura variabile.

(86)  Tuttavia, all’epoca, le parti sapevano che, a partire dal 1997, i tassi dei CCT erano inferiori ai tassi dei BTP a 5 e 10 anni, eccezion fatta per gli anni 1997 e 1998. Inoltre, i tassi relativi al 2005 erano conosciuti nel febbraio 2006, al momento cioè della stipula della Convenzione.

(87)  Le autorità italiane indicano che il rendimento medio corrisposto dal Tesoro in base ai parametri della Convenzione è pari a 4,94 %, invece del 5,15 % indicato nell’analisi […], nell’ipotesi di non reinvestimento dei proventi e di calcolo dei rendimenti annuali sui periodi gennaio-gennaio invece di agosto-agosto.

(88)  L’indice di Sharpe misura la variazione del rendimento di un investimento o di una trading strategy per unità di rischio (premio al rischio). Viene usato per esprimere come il rendimento di un investimento compensa il rischio assunto dall’investitore. Nel confronto tra due investimenti aventi un certo rendimento atteso rispetto ad un dato benchmark, l’investimento con l’indice di Sharpe più elevato ha, a parità di rischio, un rendimento più elevato. Si consiglia spesso agli investitori di scegliere l’investimento con indice di Sharpe alto.

(89)  Il rendimento è già corretto dei costi di transazione esistenti nella gestione attiva (12 bp).

(90)  Il rendimento include solo la componente interessi senza quindi guadagni/perdite in conto capitale ed è già corretto dei costi di transazione pari, secondo […], a 12 bp nel caso di gestione attiva.

(91)  Il rischio di refixing si riferisce al fatto che il continuo rinnovo di investimenti a breve termine comporta un rischio di tasso di interesse superiore rispetto ad un investimento a lungo termine in cui l’orizzonte temporale dell’investimento è identico alla sua vita residua e il rendimento è pari al rendimento totale medio.

(92)  L’analisi […] recita, a pagina 15: «2006 cannot be considered for the comparison since La Banque Postale (the new entity after the transformation of Efiposte in a commercial bank) started the lending activity to the private sector».

(93)  Bilancio 2006 di CDP SpA. Il bilancio relativo all’anno 2005 di CDP SpA indica che: «Le disponibilità liquide della CDP SpA sono depositate nel conto corrente fruttifero n.29814, denominato “Cassa DP SPA — Gestione Separata”, aperto presso la tesoreria centrale dello Stato. Sulle giacenze di tale conto corrente, ai sensi dell’art. 6, comma 2, del decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze del 5 dicembre 2003, è corrisposto un interesse semestrale ad un tasso variabile pari alla media aritmetica semplice tra il rendimento lordo dei buoni ordinari del Tesoro a sei mesi e l’andamento dell’indice mensile Rendistato.»

(94)  Dal bilancio 2005 di CDP SpA si evince che il cost of funding medio era pari a 2,3 % e la differenza tra tassi attivi e tassi passivi era di 1,5 punti percentuali.

(95)  Cfr. decisione 2007/C 31/05 della Commissione, del 26 novembre 2006, «Remunerazione per il collocamento dei prodotti finanziari del risparmio postale» (GU C 31 del 13.2.2007, pag. 11).

(96)  Cfr. documento Le emissioni del Tesoro del 2005, 2006 e 2007, disponibile ai seguenti link: http://www.tesoro.it/publicdebt e http://www.dt.tesoro.it

(97)  Nel 2005, su un totale di bilancio di CDP di 150 miliardi di euro, 122 miliardi derivano dalla raccolta del risparmio postale; nel 2006, su un bilancio totale di CDP di 181 miliardi di euro, 145 miliardi derivano dalla raccolta del risparmio postale (Fonte: Bilancio 2005 e 2006 di CDP).