27.2.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 59/1


REGOLAMENTO (CE) N. 192/2007 DEL CONSIGLIO

del 22 febbraio 2007

che impone un dazio antidumping definitivo alle importazioni di alcuni tipi di polietilentereftalato originario dell’India, dell’Indonesia, della Malaysia, della Repubblica di Corea, della Thailandia e di Taiwan a seguito di un riesame in previsione della scadenza e di un riesame intermedio parziale ai sensi dell’articolo 11, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) n. 384/96

IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (1) («il regolamento di base»), in particolare l’articolo 11, paragrafi 2 e 3,

vista la proposta presentata dalla Commissione dopo aver sentito il comitato consultivo,

considerando quanto segue:

A.   PROCEDIMENTO

1.   Misure in vigore

(1)

In data 27 novembre 2000, il Consiglio ha imposto, con regolamento (CE) n. 2604/2000 (2) dazi antidumping definitivi sulle importazioni di taluni tipi di polietilentereftalato («PET») originario dell’India, dell’Indonesia, della Malaysia, della Repubblica di Corea, di Taiwan e della Thailandia («i paesi interessati»). Le misure imposte sono il risultato di un’inchiesta antidumping («l’inchiesta originale») aperta ai sensi dell’articolo 5 del regolamento di base.

(2)

Il 13 agosto 2004, il Consiglio ha imposto, con regolamento (CE) n. 1467/2004 (3) dazi antidumping definitivi sulle importazioni di taluni tipi di PET originari dell’Australia e della Repubblica popolare cinese («RPC») e ha posto fine al procedimento sulle importazioni di PET originario del Pakistan.

(3)

Le modifiche apportate al regolamento (CE) n. 2604/2000 sono il risultato o di inchieste di riesame aperte ai sensi dell’articolo 11, paragrafi 3 e 4, del regolamento di base o di impegni sui prezzi accettati ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento di base.

2.   Domanda di riesame

(4)

In seguito alla pubblicazione di un avviso di imminente scadenza (4), la Commissione ha ricevuto in data 30 agosto 2005 la richiesta di riesaminare le misure in vigore ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base («riesame in previsione della scadenza»), e di riesaminare parzialmente le misure imposte alle importazioni provenienti da Taiwan e a quelle provenienti da tre produttori esportatori nella Repubblica di Corea ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base («riesame intermedio parziale»).

(5)

La richiesta è stata presentata dal comitato per il polietilentereftalato di Plastics Europe («il denunziante») a nome di produttori che rappresentano gran parte (in questo caso, oltre il 90 %) dell’intera produzione comunitaria di PET.

(6)

La domanda di riesame in previsione della scadenza era motivata dal fatto che la scadenza delle misure porterebbe verosimilmente alla continuazione o alla reiterazione del dumping e del pregiudizio ai danni dell’industria comunitaria.

(7)

La domanda di riesame intermedio parziale delle misure sulle importazioni provenienti da Taiwan e da tre produttori esportatori nella Repubblica di Corea (Daehan Synthetic Fiber Co. Ltd, SK Chemicals Co. Ltd e KP Chemical Corp.) era motivata dal fatto che il livello delle misure bastava a neutralizzare il dumping nocivo.

(8)

Interpellato il comitato consultivo, la Commissione rilevava l’esistenza di prove sufficienti per avviare i 2 esami, ai sensi rispettivamente dell’articolo 11, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base, e dava loro inizio in data 1o dicembre 2005 (5).

(9)

Un avviso pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 2 giugno 2006 (6) chiariva che l’ambito di applicazione dell’esame intermedio parziale comprendeva anche tutte le società collegate.

3.   Inchiesta parallela

(10)

In data 1o dicembre 2005, la Commissione ha anche avviato un riesame ai sensi dell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 2026/97 del Consiglio (7) sulle misure compensative in vigore sulle importazioni di PET provenienti dall’India.

4.   Parti interessate dall’inchiesta

(11)

La Commissione ha informato ufficialmente i produttori esportatori, i rappresentanti dei paesi esportatori, gli importatori, i produttori comunitari, gli utenti e il denunziante dell’apertura del riesame in previsione della scadenza e del riesame intermedio parziale. Le parti interessate hanno avuto la possibilità di rendere note le loro osservazioni per iscritto e di chiedere un’audizione entro il termine fissato nell’avviso di apertura. Hanno ottenuto un’audizione tutte le parti che ne hanno fatto richiesta e che hanno dimostrato di avere particolari motivi per essere sentite.

(12)

Dato l’alto numero di produttori/esportatori indiani, indonesiani, coreani e taiwanesi e di produttori e importatori comunitari elencati nella richiesta di riesame in previsione della scadenza e il numero di produttori/esportatori di Taiwan elencati nella richiesta di riesame intermedio, ci si è chiesto, ai sensi dell’articolo 17 del regolamento di base, se fosse opportuno ricorrere al campionamento. Perché la Commissione potesse decidere se servirsi di un campione e, in tal caso, di selezionarlo, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, del regolamento di base, le parti summenzionate sono state invitate a manifestarsi entro 15 giorni dall’apertura del riesame per fornire alla Commissione le informazioni richieste negli avvisi di apertura.

(13)

Esaminate le informazioni presentate, poiché i produttori/esportatori in India, Indonesia, Repubblica di Corea e Taiwan intenzionati a cooperare erano pochi, è stato deciso riguardo ai produttori/esportatori in questi 4 paesi che il campionamento non fosse necessario.

(14)

Esaminate le informazioni presentate dai produttori e dagli importatori comunitari, anch’essi in numero non elevato, è stato deciso di includerli tutti e che il campionamento non fosse necessario.

(15)

Sono stati perciò inviati questionari a tutti i produttori/esportatori noti dei paesi interessati, nonché agli importatori, fornitori, produttori e utenti comunitari.

(16)

Risposte ai questionari sono pervenute da:

3 produttori/esportatori dell’India,

3 produttori/esportatori dell’Indonesia (sebbene solo 2 abbiano accettato una visita di verifica),

2 produttori/esportatori della Malaysia,

4 produttori/esportatori della Repubblica di Corea,

3 produttori/esportatori di Taiwan (sebbene solo 2 abbiano accettato una visita di verifica),

1 produttore/esportatore della Thailandia,

2 fornitori della Comunità,

12 produttori comunitari,

10 trasformatori/utenti.

Si è anche scoperto che un produttore/esportatore indonesiano, che non ha collaborato, aveva cambiato nome dopo la pubblicazione delle misure in vigore. Si tratta di P.T. Bakrie Kasei Corp. divenuta P.T. Mitsubishi Chemical Indonesia.

(17)

La Commissione ha raccolto e verificato tutte le informazioni ritenute necessarie per l’analisi e ha effettuato controlli di verifica nelle sedi delle seguenti società:

a)

India

 

Produttori/esportatori

Pearl Engineering Polymers Ltd, Delhi,

SENPET, ex Elque Polyesters Ltd, Calcutta,

Futura Polyesters Ltd, Chennai,

 

Esportatore collegato

Plastosen Ltd, Calcutta, (collegato a SENPET, ex Elque Polyesters Ltd);

b)

Indonesia

Produttori/esportatori

P.T. Polypet Karyapersada, Giacarta,

P.T. Petnesia Resindo, Tangerang;

c)

Malaysia

Produttori/esportatori

MPI Polyester Industries Sdn. Bhd., Selangor,

Hualon Corporation (M) Sdn. Bhd. Kuala Lumpur;

d)

Repubblica di Corea

 

Produttori/esportatori

SK Chemicals Co. Ltd, Seoul,

Huvis Corp., Seoul (collegato alla SK Chemicals Co. Ltd),

KP Chemicals Corp., Seoul,

Honam Petrochemicals Corp., Seoul (collegato alla KP Chemicals Co. Ltd),

 

Operatori commerciali/importatori collegati, con sede nella Repubblica di Corea

SK Networks Ltd, Seoul (collegato alla SK Chemicals Co. Ltd),

Lotte Trading Ltd, Seoul, Repubblica di Corea (collegato alla KP Chemicals Co. Ltd),

Lotte Daesan Ltd, Seoul, Repubblica di Corea (collegato alla KP Chemicals Co. Ltd),

 

Operatori commerciali/importatori collegati, con sede nella Comunità

SK Networks Deutschland GmbH, Frankfurt/Main, Germania (collegato alla SK Chemicals Co. Ltd),

SK Eurochem, Varsavia, Polonia (collegato alla SK Chemicals Co. Ltd);

e)

Taiwan

Produttori/esportatori

Shinkong Synthetic Fibers Corporation, Taipei,

Far Eastern Textile Ltd, Taipei;

f)

Thailandia

Produttore/esportatore

Bangkok Polyester Public company Ltd, Bangkok, Thailandia;

g)

Produttori comunitari

Voridian BV (Paesi Bassi),

M & G Polimeri Italia SpA (Italia),

Equipolymers Srl (Italia),

La Seda de Barcellona SA (Spagna),

Novapet SA (Spagna),

Selenis Industria de Polímeros SA (Portogallo),

Selenis Italia SpA (Italia);

h)

Fornitori comunitari

Interquisa SA (Spagna);

i)

Importatori comunitari non collegati

Global Service International Srl (Italia);

j)

Utenti comunitari

Coca Cola Enterprises Europe Ltd (Belgio).

(18)

L’inchiesta sulla probabilità del persistere o della reiterazione del dumping e del pregiudizio prima del riesame in previsione della scadenza ha riguardato il periodo tra il 1o ottobre 2004 e il 30 settembre 2005 («PIR»). L’esame delle tendenze significative ai fini della valutazione della probabilità del persistere o della reiterazione del pregiudizio ha riguardato il periodo tra il 1o gennaio 2002 e la fine del PIR («periodo considerato»). Il periodo d’inchiesta per il riesame intermedio parziale ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base, riguardo alle importazioni provenienti da Taiwan e da tre produttori/esportatori della Repubblica di Corea, è identico a quello del riesame in previsione della scadenza.

B.   PRODOTTO IN ESAME

1.   Prodotto in esame

(19)

Il prodotto in esame è lo stesso dell’inchiesta iniziale, vale a dire PET con un coefficiente di viscosità di almeno 78 ml/g secondo la norma ISO 1628-5, originario dei paesi interessati. È attualmente classificabile al codice NC 3907 60 20.

2.   Prodotto simile

(20)

Come nell’inchiesta iniziale e nell’inchiesta di riesame, è emerso che i prodotti interessati, PET fabbricato e venduto sui mercati interni nei paesi interessati e PET fabbricato e venduto dai produttori comunitari, hanno identiche caratteristiche fisico-chimiche di base e sono destinati allo stesso uso. Tali prodotti sono perciò considerati un prodotto simile a norma dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di base.

C.   PROBABILITÀ DEL PERSISTERE E/O DELLA REITERAZIONE DEL DUMPING

1.   Dumping delle importazioni durante il periodo d’inchiesta — Principi generali

(21)

Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, è stato esaminato se il dumping fosse in atto e, in tal caso, se lo scadere delle misure comportasse o meno il rischio di una sua persistenza.

(22)

A tutti i produttori/esportatori dei paesi interessati è stata applicata la metodologia generale di seguito illustrata, la stessa dell’inchiesta iniziale. La presentazione delle risultanze relative al dumping per ciascuno dei paesi interessati descrive pertanto solo gli aspetti specifici di quel paese esportatore.

(23)

Per stabilire il valore normale, si è innanzitutto esaminato se le vendite totali del prodotto in esame effettuate da ciascun produttore esportatore sul mercato interno erano rappresentative rispetto alle sue esportazioni totali nella Comunità. Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, le vendite effettuate sul mercato interno sono rappresentative se il volume totale di tali vendite, per ciascun produttore/esportatore, corrisponde ad almeno il 5 % del volume totale delle sue esportazioni nella Comunità.

(24)

Si individuano poi i tipi di prodotto in esame che i produttori/esportatori, dotati di vendite interne, in complesso, rappresentative, vendono sul mercato interno e che sono identici o direttamente comparabili ai tipi venduti per l’esportazione verso la Comunità.

(25)

Per ciascuno dei tipi venduti dai produttori/esportatori sui rispettivi mercati interni e ritenuti direttamente comparabili ai tipi di PET venduti per l’esportazione nella Comunità, si stabilisce se le vendite sul mercato interno siano abbastanza rappresentative ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base. Le vendite interne di un determinato tipo di PET si ritengono sufficientemente rappresentative se durante il PIR il loro volume complessivo è almeno pari al 5 % del volume totale delle vendite del tipo comparabile di PET esportate nella Comunità.

(26)

Si è inoltre esaminato se le vendite interne di ciascun tipo di PET si possono considerare avvenute durante normali operazioni commerciali, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento di base. Per ogni produttore/esportatore dei paesi interessati, è stata perciò fissata la quota di vendite remunerative a clienti indipendenti sul mercato interno, di ogni tipo di prodotto interessato sul mercato interno, esportato durante il periodo d’inchiesta.

a)

Il valore normale dei tipi di prodotto per i quali più dell’80 % in volume di vendite sul mercato interno non è stato inferiore ai costi unitari, per i quali cioè il prezzo medio di vendita è stato pari o superiore al costo di produzione medio del tipo di prodotto interessato, è stato calcolato come prezzo medio di tutte le vendite interne di tale tipo di prodotto indipendentemente dal fatto che tali vendite fossero remunerative o no.

b)

Il valore normale dei tipi di prodotto per i quali almeno il 10 % ma non più dell’80 % in volume delle vendite sul mercato interno non è stato inferiore ai costi unitari, è stato calcolato come il prezzo medio ponderato delle vendite ottenuto nelle transazioni i cui costi unitari sono stati pari o superiori al tipo in questione.

c)

Per i tipi di prodotto per i quali meno del 10 % in volume è stato venduto sul mercato interno a un prezzo non inferiore al costo unitario, si è ritenuto che il tipo di prodotto interessato non fosse venduto durante normali operazioni commerciali e, perciò, il valore normale è stato costruito ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base.

(27)

Quando si sono dovuti costruire i valori normali, ciò è avvenuto in base all’articolo 2, paragrafo 6, del regolamento di base, cioè in base al costo di produzione del tipo interessato, cui è stato aggiunto un congruo importo per spese generali, amministrative e di vendita (SGAV) e un margine di profitto. L’importo per SGAV è quello sostenuto dal produttore/esportatore per il prodotto simile e il margine di profitto è pari al profitto medio realizzato dal produttore/esportatore su vendite del prodotto simile durante normali operazioni commerciali.

(28)

In tutti i casi in cui il prodotto è stato esportato verso acquirenti indipendenti nella Comunità, il prezzo all’esportazione è stato definito ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 8, del regolamento di base, in base cioè a prezzi all’esportazione corrisposti o pagabili effettivamente.

(29)

Se le vendite sono avvenute tramite un importatore o un operatore commerciale collegato, il prezzo all’esportazione è stato costruito in base ai prezzi di rivendita di tale importatore collegato ai clienti indipendenti. Sono state effettuate correzioni per riflettere tutti i costi sostenuti tra l’importazione e la rivendita (SGAV e congruo margine di profitto compresi), ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base. Il congruo margine di profitto è stato fissato in base a informazioni fornite dagli operatori commerciali/importatori non collegati che hanno collaborato che operano sul mercato della Comunità.

(30)

Il valore normale e il prezzo all’esportazione sono stati confrontati a livello franco fabbrica. Per un equo confronto tra valore normale e prezzo all’esportazione, sono state effettuate delle correzioni per tener conto delle differenze che incidono sui prezzi e sulla loro comparabilità, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base. Opportuni adeguamenti sono stati concessi ogni volta risultassero ragionevoli, accurati e giustificati.

(31)

Per ogni produttore/esportatore che ha collaborato, è stato calcolato un margine di dumping comparando, ai sensi dell’articolo 2, paragrafi 11 e 12, del regolamento di base, il valore normale medio ponderato al prezzo all’esportazione medio ponderato.

(32)

Per i paesi in cui il livello di cooperazione è risultato alto (oltre l’80 % di tutti i volumi importati nella Comunità durante il PIR) e in cui hanno cooperato tutti i produttori/esportatori, il margine di dumping residuo è stato posto a livello del produttore/esportatore, che ha cooperato, con il margine di dumping più elevato, in modo da garantire l’efficacia delle misurazioni.

(33)

Per i paesi in cui il livello di cooperazione è risultato basso (meno dell’80 % di tutti i volumi importati nella Comunità durante il PIR), il margine di dumping residuo è stato fissato ai sensi dell’articolo 18 del regolamento di base, cioè in base agli elementi disponibili.

2.   Dumping sulle importazioni durante il periodo d’inchiesta — Risultati specifici per paese

(34)

Hanno cooperato all’inchiesta 3 produttori/esportatori noti su 5. Le 2 imprese che non hanno collaborato rappresentano più dell’80 % della produzione totale di PET dell’India e il 25 % delle esportazioni indiane verso la Comunità. La quota delle esportazioni indiane verso la Comunità rispetto al consumo comunitario è stata dello 0,3 % nel PIR. 2 dei 3 esportatori che hanno collaborato hanno formulato impegni sui prezzi per le loro esportazioni di PET verso la Comunità, che erano stati conclusi ai sensi dell’inchiesta iniziale.

(35)

Riguardo a 2 imprese che hanno collaborato, è emerso che i loro prezzi comunitari all’esportazione erano conformi ai prezzi minimi fissati dagli impegni. Tali prezzi erano chiaramente superiori a quelli fatti pagare per vendite su mercati di paesi terzi. Le ultime vendite effettuate superano largamente le esportazioni comunitarie. Ciò indica che i prezzi fatti pagare ai clienti comunitari non riflettono il normale comportamento di prezzo dei titolari di impegni sui prezzi indiani.

(36)

Riguardo alle esportazioni verso la Comunità, i margini di dumping di 3 produttori/esportatori che hanno collaborato sono risultati rientrare in una gamma di dumping tra 0 e 17 %. Si noti che il produttore/esportatore senza dumping è titolare di un impegno sui prezzi e che le sue esportazioni verso la Comunità erano molto ridotte (meno del 10 %) rispetto alle sue esportazioni verso paesi terzi. Nell’inchiesta iniziale, e negli esami successivi, i margini di dumping si collocavano in una gamma tra il 14,7 % e il 51,5 % (8). Poiché tuttavia le quantità importate erano effettivamente molto piccole, il nucleo dell’analisi consiste nel rischio di reiterazione del dumping.

(37)

Dall’inchiesta è emersa l’esistenza in Indonesia di 5 produttori di PET durante il PIR. Come ricordato nel considerando 16, tre imprese hanno fornito risposte complete al questionario ma solo 2 hanno accettato visite di verifica ai loro stabilimenti. Data l’impossibilità di verificare la correttezza dei dati presentati dalla terza impresa nel questionario, quest’ultima non ha cooperato correttamente all’inchiesta ai sensi dell’articolo 18 del regolamento di base. L’impresa è stata debitamente informata e le è stata data la possibilità di presentare osservazioni su tale conclusione.

(38)

Le vendite sul mercato dell’UE di una delle imprese che ha collaborato sono state modeste ma sono avvenute verso un utente specializzato del settore medico. Non sono stati perciò considerati rappresentativi né il volume né il prezzo unitario di tali vendite. Oltre a queste piccole quantità, Eurostat non ha registrato alcun’altra vendita sul mercato UE in provenienza dall’Indonesia.

(39)

Poiché le 2 imprese che hanno collaborato non hanno effettuato vendite rappresentative sul mercato dell’UE durante il PIR e dalle statistiche di Eurostat sulle importazioni non emergono altre importazioni dall’Indonesia, non ha potuto essere fissato alcun margine di dumping.

(40)

Hanno cooperato all’inchiesta 2 produttori malesi di PET. Solo 1 di essi ha effettuato esportazioni verso la Comunità e rappresenta così il 100 % delle esportazioni malesi totali di PET verso la Comunità. Le importazioni totali dalla Malaysia del prodotto in esame sono state trascurabili — nella gamma delle 2 000-4 000 t — se comparate all’insieme del mercato comunitario.

(41)

Per il produttore/esportatore che ha esportato verso la Comunità durante il PIR, le vendite interne del prodotto simile sono state rappresentative. Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base, il valore normale si fonda sui prezzi pagati o pagabili da clienti indipendenti in Malaysia, durante normali operazioni commerciali.

(42)

L’inchiesta ha rivelato che il costo di produzione riferito dall’impresa è stato sottovalutato: le spese generali dello stabilimento effettivamente sostenute durante il PIR (ammortamenti, affitti, salari e manutenzione) sono state riclassificate come SGAV. L’impresa sostiene che ciò è avvenuto per tener conto del basso tasso d’uso delle capacità dei suoi impianti di produzione. Comunque, i costi effettivi sostenuti comprendono anche i costi fissi riclassificati dello stabilimento. Il fatto che l’impresa funzioni con una frazione della sua capacità totale di produzione non significa che i costi causati dagli impianti non vengano sostenuti. Effettivamente, tali costi risultano dalla contabilità dell’impresa e poiché sono stati direttamente collegati alla produzione del prodotto simile, si è dovuto introdurre una correzione dei costi riferiti di produzione.

(43)

Per lo stesso produttore/esportatore, i prezzi all’esportazione sono stati stabiliti in base ai prezzi realmente pagati da acquirenti non collegati della Comunità, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 8, del regolamento di base.

(44)

Per garantire un equo confronto, sono state apportate, ove opportuno e giustificato, correzioni per differenze a livello di trasporti, assicurazioni, movimentazione, operazioni di carico e costi accessori e di credito.

(45)

Per calcolare il margine di dumping, i valori normali medi ponderati sono stati comparati al prezzo medio ponderato d’esportazione verso la Comunità del prodotto in esame.

(46)

Dalla comparazione emerge l’esistenza di un dumping del 5 % circa per l’unico produttore/esportatore che ha esportato verso la Comunità durante il PIR. Poiché tuttavia le quantità importate erano effettivamente molto piccole, il nucleo dell’analisi consiste nel rischio di reiterazione del dumping.

(47)

Si ricorda che il riesame intermedio si limitava al dumping di Daehan Synthetic Fiber Co. Ltd, di SK Chemicals Co. Ltd e di KP Chemicals Corp. Le risposte complete al questionario sono state ricevute da queste 3 imprese.

(48)

Si sono inoltre manifestate anche imprese collegate a uno dei suddetti produttori/esportatori. Così, risposte al questionario sono pervenute anche dai produttori/esportatori Honam Petrochemicals e Huvis Corp.

(49)

Prima della ricerca in loco, Daehan Synthetic Fiber Co. Ltd informava la Commissione della sua decisione di cessare la produzione di PET nella Repubblica di Corea. L’impresa decideva perciò di annullare la prevista visita di verifica. Poiché tale impresa ha mancato di collaborare ai sensi dell’articolo 18 del regolamento di base, essa andrà soggetta al margine di dumping residuo.

(50)

Secondo la domanda, esistono nella Repubblica di Corea 10 produttori che hanno le capacità di fabbricare PET, 5 dei quali (compresa Daehan Synthetic Fiber Co. Ltd) si sono manifestati alla Commissione fornendole risposte al questionario. Tra gli altri 5 produttori che non hanno collaborato, uno aveva collaborato con la Commissione nell’inchiesta iniziale.

(51)

Le quantità esportate dai 4 produttori/esportatori che hanno collaborato oltre a quelle non verificate di Daehan Synthetic Fiber Co. Ltd rappresentano quasi il 100 % di tutte le esportazioni coreane verso la Comunità durante il PIR, secondo Eurostat.

(52)

Come già detto ai considerando 16 e 17, i 4 produttori/esportatori che hanno pienamente collaborato all’inchiesta sono stati:

SK Chemicals Co. Ltd, Seoul,

Huvis Corp., Seoul (collegato a SK Chemicals Co. Ltd),

KP Chemicals Corp., Seoul,

Honam Petrochemicals Corp., Seoul (collegato a KP Chemicals Co. Ltd).

(53)

Per evitare elusioni in futuro, i margini di dumping sono stati calcolati a livello di gruppo.

(54)

Per tutti i tipi di PET esportati dai produttori/esportatori coreani, è stato possibile stabilire il valore normale in base ai prezzi pagati o pagabili, nel corso di normali operazioni commerciali, da acquirenti indipendenti sul mercato interno, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base.

(55)

2 produttori/esportatori coreani hanno esportato nella Comunità vendendo direttamente a clienti indipendenti, tramite imprese collegate con sede nella Repubblica di Corea e importatori collegati con sede nella Comunità. Per quest’ultima situazione si è quindi costruito un prezzo all’esportazione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base.

(56)

Sono state concesse detrazioni per differenze nei costi di trasporto, assicurazione, movimentazione, commissioni, credito, imballaggio, dazi doganali (restituzioni) e oneri bancari, se giustificate e debitamente provate.

(57)

2 produttori/esportatori coreani hanno chiesto di tener conto della restituzione dei dazi perché gli oneri all’importazione gravavano sul prodotto simile destinato al consumo interno, mentre venivano rimborsati se il prodotto veniva esportato nella Comunità. L’importo richiesto si è sempre rivelato superiore all’importo del dazio gravante sul prodotto simile destinato al mercato interno: le detrazioni richieste sono state perciò opportunamente adeguate. Il metodo usato nell’attuale inchiesta è compatibile con le condizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 10, lettera b), del regolamento di base in quanto riflette esattamente il livello reale del dazio all’importazione sostenuto dal prodotto simile.

(58)

I 2 produttori/esportatori hanno anche chiesto correzioni per costi del credito a causa dell’effettivo periodo di rimborso del credito di cui gli acquirenti dispongono con la formula di pagamento «conto aperto» usata sul mercato interno coreano. Nel quadro di tale formula di pagamento, però, i produttori/esportatori non accordavano periodi specifici di rimborso del credito né era possibile stabilire con precisione tali periodi, non potendosi collegare le ricevute a fatture specifiche. In queste circostanze, le correzioni richieste non sono state concesse.

(59)

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafi 11 e 12, del regolamento di base, la media ponderata del valore normale di ciascun tipo di prodotto in esame esportato nella Comunità è stata comparata alla media ponderata del prezzo all’esportazione del tipo corrispondente del prodotto in esame.

(60)

Dalla comparazione è emersa l’esistenza del dumping de minimis per i produttori/esportatori che hanno esportato verso la Comunità durante il PIR.

(61)

Su 4 produttori/esportatori noti, 2 hanno collaborato all’inchiesta. Le 2 imprese che hanno collaborato rappresentano più dell’80 % della produzione totale di PET di Taiwan e il 99 % delle sue esportazioni totali verso la Comunità. La quota delle esportazioni di Taiwan verso la Comunità rispetto al consumo comunitario è stata dell’1,2 % durante il PIR.

(62)

Un terzo produttore/esportatore di Taiwan, pur avendo in un primo tempo risposto al questionario, ha interrotto la collaborazione prima della verifica in loco. Negare ai funzionari della Commissione la possibilità di verificare in loco le risposte al questionario, equivale a non voler collaborare all’inchiesta. In virtù dell’articolo 18 del regolamento di base, tale impresa va assoggettata al margine di dumping residuo.

(63)

Per tutti i tipi di PET esportati dai produttori/esportatori taiwanesi, è stato possibile stabilire il valore normale in base ai prezzi pagati o pagabili, nel corso di normali operazioni commerciali, da acquirenti indipendenti sul mercato interno, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base.

(64)

I 2 produttori/esportatori di Taiwan che hanno collaborato hanno esportato direttamente verso clienti comunitari non collegati. I prezzi all’esportazione si possono valutare in base ai prezzi pagati o pagabili da tali clienti ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 8, del regolamento di base.

(65)

Sono state concesse detrazioni per differenze nei costi di trasporto, assicurazione, movimentazione, credito, imballaggio e oneri bancari.

(66)

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafi 11 e 12, del regolamento di base, la media ponderata del valore normale di ciascun tipo di prodotto in esame esportato nella Comunità è stata comparata alla media ponderata del prezzo all’esportazione del tipo corrispondente del prodotto in esame.

(67)

In base a tale comparazione, nel caso di Far Eastern Textile, il margine di dumping trovato era inferiore al margine de minimis. Nel caso di Shinkong, il margine di dumping era del 6,5 %. Ma per Far Eastern Textile, l’inchiesta ha mostrato che la comparazione tra valore normale medio ponderato e i prezzi medi ponderati all’esportazione non rispecchiava pienamente il grado di dumping praticato. Di fatto, l’inchiesta denunciava notevoli volumi (25 % circa di tutte le esportazioni verso la Comunità) a prezzi veramente bassi e concentrati su un cliente. Inoltre, verso tutte le destinazioni comunitarie erano avvenute esportazioni a prezzi molto bassi negli ultimi 4 mesi del PIR rispetto ai primi 8 mesi del PIR. Ha dovuto perciò essere applicato un altro metodo di comparazione. È emersa una forte differenza tra i margini di dumping dovuti a una comparazione tra due medie rispetto alla comparazione tra un’operazione e una media. Comparare operazione a operazione non è stato ritenuto un metodo alternativo appropriato perché la scelta delle singole operazioni da sottoporre al confronto appare in questo caso arbitraria. È stata pertanto effettuata una comparazione tra l’operazione e la media ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base. Esistevano, insomma, chiari schemi di esportazione, diversi a seconda del cliente e del momento.

(68)

Ci si avvale perciò del margine di dumping risultato dal raffronto tra operazione e media ai fini dell’ulteriore analisi sul persistere del dumping. Nel caso di Shinkong, la differenza tra i margini di dumping calcolati secondo i due metodi non era significativa e non è stato trovato alcuno schema. Per questa impresa, ci si deve dunque avvalere del margine di dumping risultato dal raffronto tra media e media.

(69)

Pertanto, i margini di dumping fissati per i 2 produttori/esportatori che hanno collaborato sono:

Far Eastern Textile Ltd

3,5 %

Shinkong Synthetic Fibers Corp.

6,5 %

Espressi su base specifica, questi margini percentuali corrispondono ai dazi specifici che seguono:

Far Eastern Textile Ltd

36,3 EUR/t

Shinkong Synthetic Fibers Corp.

67 EUR/t

Il dazio residuo si baserà sul dazio residuo attualmente applicabile a Taiwan, dato che, da questo punto di vista, le circostanze non sono mutate. Esso ammonta a 143,4 EUR/t.

(70)

Riguardo alle 2 imprese che non hanno collaborato all’inchiesta, si farà uso delle informazioni disponibili ai sensi dell’articolo 18 del regolamento di base. In effetti, a queste società andrebbe assegnato il dazio residuo.

(71)

All’inchiesta ha collaborato 1 solo produttore tailandese di PET che, durante il PIR, non ha effettuato esportazioni verso la Comunità. Secondo Eurostat, durante il PIR, i volumi delle importazioni originarie della Thailandia sono stati trascurabili. È tuttavia noto che, durante il PIR, esistevano almeno altri 3 produttori di PET in Tailandia che non hanno collaborato all’inchiesta.

(72)

In mancanza di esportazioni di PET verso la Comunità da parte dell’unico produttore che ha collaborato, non è possibile calcolare il dumping per quest’ultimo.

3.   Andamento delle importazioni in caso di abrogazione delle misure

(73)

Per misurare il rischio di reiterazione del dumping in caso di abrogazione delle misure, sono stati esaminati anche i prezzi dei produttori, che hanno collaborato, su altri mercati d’esportazione nonché la loro capacità produttiva e le loro scorte. L’analisi si è basata sulle informazioni disponibili, cioè quelle date, e verificate, nelle risposte al questionario dai produttori che hanno collaborato, di cui alla sezione A.4. È stata anche analizzata la politica in materia di prezzi, produzione e capacità di produzione di altri produttori/esportatori nei paesi interessati dalla procedura. Tale analisi si fonda su dati, provenienti da analisi di mercato, forniti dall’industria comunitaria e da produttori/esportatori, su statistiche delle importazioni di Eurostat e, se disponibili, su statistiche delle esportazioni dei paesi interessati.

(74)

Il probabile scenario di ciò che accadrebbe se le misure fossero abrogate si fonda:

sulle risposte verificate, date al questionario dai tre produttori esportatori che hanno pienamente collaborato con l’inchiesta, e

su un’analisi di mercato redatta da una società di consulenza indipendente e presentata dal richiedente.

(75)

I prezzi nella Comunità sono stati in genere inferiori ai prezzi interni indiani. È probabile che le esportazioni avvengano a prezzi almeno leggermente inferiori agli attuali prezzi comunitari. Se le misure fossero abrogate, è probabile che le esportazioni verso la Comunità avvengano a prezzi di dumping, supponendo che vengano mantenuti gli stessi livelli di prezzo.

(76)

I prezzi all’esportazione indiani verso paesi terzi sono stati generalmente inferiori ai prezzi interni. Tale differenza dei prezzi arriva al 24 % del livello dei prezzi all’esportazione. Ciò mostra che le esportazioni verso la Comunità potrebbero avvenire, se le misure venissero abrogate, a prezzi di dumping analoghi. I margini registrati sono di fatto maggiori dell’attuale livello di dumping verso la CE, di cui sopra. Si noti: 1) l’attuale livello di dumping verso la CE è stato calcolato in base a piccoli volumi d’esportazione; 2) alcune di queste esportazioni sono avvenute in base a un impegno di prezzo con effetti correttivi sul livello dei prezzi all’esportazione. Se le misure venissero abrogate è perciò probabile che anche il margine di dumping sarebbe maggiore.

(77)

I prezzi all’esportazione dell’India verso paesi terzi sono stati in genere inferiori al livello di prezzi nella Comunità. Se le misure venissero abrogate, è perciò probabile che gli esportatori indiani esportino PET in maggior quantità verso la Comunità e a prezzi prossimi a quelli praticati a paesi terzi durante il PIR. È perciò probabile che, se le misure venissero abrogate, il dumping riscontrato per le esportazioni verso la Comunità durante il PIR aumenti ulteriormente.

(78)

Riguardo alle capacità di riserva, si ricorda che i 2 maggiori produttori indiani non hanno collaborato all’inchiesta. È però emerso che durante il PIR le loro capacità complessive ammontano al 23 % circa del consumo comunitario. In base alle informazioni disponibili, la parte inutilizzata delle loro capacità è assai vasta e si aggira tra 80 000 e 130 000 tonnellate. Anche i 3 produttori che hanno collaborato hanno alcune capacità inutilizzate. In India esistono insomma notevoli capacità di riserva disponibili. Il mercato indiano è poi caratterizzato da un eccesso di offerta. Se le misure venissero abrogate, i produttori possono quindi scegliere di riorientare le eccedenze verso la Comunità a prezzi che saranno di continuo e sempre più oggetto di dumping.

(79)

Se le misure venissero abrogate, è probabile che le capacità inutilizzate si dirigano verso la Comunità. Dati i rapporti riscontrati tra i prezzi, soprattutto quelli tra prezzi nella Comunità e prezzi in India, è probabile che le esportazioni verso la Comunità avvengano a prezzi di dumping.

(80)

I prezzi nella Comunità sono stati in genere superiori a quelli ottenuti sul loro mercato interno dai 2 produttori/esportatori indonesiani che hanno collaborato. Ciò fa pensare che, se le misure antidumping venissero abrogate, per i produttori/esportatori indonesiani esisterebbe l’attraente possibilità di riorientare le vendite verso la Comunità.

(81)

Per Polypet, che operava in perdita su tutti i mercati, i prezzi interni non sono ritenuti affidabili e si è dovuto quindi costruire un valore normale basato sui suoi costi di produzione più un congruo profitto. Per i calcoli è stato usato un margine di profitto del 7 %, equivalente a quello usato nell’inchiesta iniziale. Tra questo valore normale costruito e i prezzi all’esportazione verso i paesi terzi, è stata individuata una differenza di prezzo del 25 %. Se i prezzi all’esportazione sono inferiori al valore normale in misura così ampia, è probabile che, abrogando le misure, il dumping verso la Comunità sia reiterato.

(82)

Petnesia operava in pareggio durante il PIR e il valore normale è stato perciò calcolato sia sulle vendite interne che su un valore normale costruito con lo stesso metodo descritto per Polypet. La differenza tra i valori normali e il prezzo all’esportazione verso paesi terzi si è aggirata intorno al 5-10 % (per i metodi in questione). Se i prezzi all’esportazione sono inferiori al valore normale in misura così ampia, è probabile che, abrogando le misure, il dumping verso la Comunità sia reiterato.

(83)

I prezzi di vendita dei produttori comunitari per le vendite nell’UE sono stati fissati a 1 058 EUR durante il PIR. Nello stesso periodo, i prezzi di vendita degli esportatori indonesiani sui mercati dei paesi terzi erano di 911 EUR. I prezzi di vendita sul mercato dell’UE erano perciò del 16 % superiori a quelli praticati su altri mercati. Ciò fa pensare che, se le misure antidumping venissero abrogate, per i produttori/esportatori indonesiani esisterebbe l’attraente possibilità di riorientare le vendite verso la Comunità.

(84)

Come già detto (cfr. sopra), durante il PIR operavano in Indonesia 5 produttori. L’analisi del mercato valuta in 324 000 t la produzione dell’Indonesia e i produttori che hanno collaborato ne rappresentano il 47 % circa. Le informazioni date dai produttori che hanno collaborato e desunte dall’analisi del mercato, suggeriscono che le capacità inutilizzate si aggirano intorno al 10 % della capacità totale, cioè 37 000 t circa. Ciò rappresenta l’1,5 % circa del consumo comunitario.

(85)

Secondo le informazioni date dai produttori che hanno collaborato, le scorte di PET sono scarse.

(86)

Date le capacità inutilizzate e gli stock, l’inchiesta denuncia che un volume significativo di PET può essere riversato sul mercato della Comunità.

(87)

Vagliando i suddetti fattori è emersa una differenza sostanziale tra i prezzi praticati dai produttori indonesiani sui mercati dei paesi terzi e il loro valore normale.

(88)

I prezzi all’esportazione sui mercati dei paesi terzi dei produttori/esportatori che hanno collaborato e quelli per il mercato interno indonesiano sono notevolmente inferiori ai prezzi di vendita dell’industria comunitaria nella Comunità. Tutto ciò, insieme alla presenza di capacità di riserva, spronerà i produttori esportatori indonesiani ad aumentare le vendite sul mercato comunitario se le misure verranno abrogate e rende probabile che tali vendite siano oggetto di dumping.

(89)

Mentre produzione e vendite totali del prodotto in esame da parte dei produttori malesi sono stimate intorno a 120 000 t, il consumo totale di PET in Malaysia è di sole 60 000 t. Con un mercato interno che può assorbire solo la metà circa della produzione e delle vendite totali, è chiaro che i produttori malesi di PET dipendono largamente dai mercati d’esportazione per continuare a operare alle attuali capacità.

(90)

L’inchiesta ha rivelato che i prezzi interni erano del 10-20 % circa inferiori ai prezzi medi praticati sul mercato della Comunità. Non c’è motivo di credere che ciò cambi se le misure venissero abrogate.

(91)

Le informazioni fornite dai 2 esportatori che hanno collaborato di cui al considerando 17, mostrano che le esportazioni verso i paesi terzi sono avvenute in grandi quantità e che rappresentano il 67 % delle vendite totali nel PIR.

(92)

Per un esportatore malese, che esporta nella Comunità, i prezzi medi ponderati all’esportazione verso i paesi terzi erano inferiori ai valori normali medi ponderati fissati per calcolare il dumping da esso praticato ed erano anche inferiori ai prezzi di vendita alla Comunità. L’esportatore malese dunque vende probabilmente il suo PET a prezzi di dumping anche sui mercati dei paesi terzi e la differenza di prezzo è ancora maggiore di quella riscontrata sul mercato europeo.

(93)

Per l’altro esportatore, che non ha esportato verso la Comunità durante il PIR, l’inchiesta ha rivelato che i prezzi medi d’esportazione verso i paesi terzi sono stati inferiori ai costi di produzione, il che indica che anche il prodotto simile è stato oggetto di dumping sui mercati terzi.

(94)

La reiterazione del dumping sulle esportazioni verso la Comunità, se le misure venissero abrogate, è perciò altamente probabile.

(95)

Le informazioni fornite dagli esportatori che hanno collaborato di cui al considerando 17, mostrano che le esportazioni verso i paesi terzi sono avvenute a un prezzo medio ponderato all’esportazione notevolmente inferiore ai prezzi di vendita dell’industria comunitaria nella Comunità.

(96)

Con il livello di prezzi più alto, si può dunque concludere che la Comunità sarà considerata come un mercato attraente per i produttori/esportatori malesi. Esiste pertanto un incentivo economico a riorientare le esportazioni destinate ai paesi terzi al ben più proficuo mercato della Comunità, se le misure fossero abrogate. Se le vendite si spostano verso la Comunità è probabile che esse siano oggetto di dumping.

(97)

L’inchiesta ha rivelato che l’utilizzazione delle capacità dei 2 unici produttori che hanno collaborato, compresa tra il 30 e l’80 %, è stata molto bassa durante il PIR. Si può perciò concludere che in Malaysia esistano notevoli capacità di riserva. L’abrogazione delle misure spronerebbe i produttori/esportatori malesi a utilizzare tali capacità di riserva e ad aumentare le esportazioni, in particolare verso la Comunità.

(98)

I 2 produttori/esportatori che hanno collaborato avevano livelli di stock normali. Si noti però che gli stock non vanno considerati un indicatore significativo perché la produzione di PET in Malaysia si basa soprattutto sugli ordini dei clienti. Gli stock sono principalmente composti di PET che aspetta di essere spedito ai clienti già noti.

(99)

Dall’inchiesta è emerso che uno dei produttori che ha collaborato ha continuato le pratiche di dumping nonostante le misure in vigore.

(100)

Inoltre, i prezzi medi ponderati all’esportazione verso i mercati dei paesi terzi dei produttori/esportatori che hanno collaborato e i prezzi di vendita sul mercato interno sono notevolmente inferiori al livello prevalente dei prezzi nella Comunità. Tutto ciò, insieme al basso uso delle capacità, spronerà i produttori/esportatori malesi a spostarsi verso il mercato comunitario, se le misure verranno abrogate e, probabilmente, a ricorrere al dumping.

(101)

Nel considerando 60, è stato riferito che i margini di dumping riscontrati per i 4 produttori/esportatori che hanno collaborato erano inferiori al de minimis. Si noti che le esportazioni sono avvenute nel periodo in cui 2 esportatori che hanno collaborato potevano esportare verso la Comunità a dazio zero. Il rischio di reiterazione del dumping da parte di uno dei 4 produttori/esportatori che hanno collaborato all’inchiesta è basso, dato che le loro esportazioni costituivano quasi il 100 % di tutte le importazioni di PET durante RIP (fonte: Eurostat).

(102)

Secondo l’inchiesta, i prezzi sul mercato interno coreano praticati dalle imprese che hanno collaborato sono maggiori di quelli dell’industria comunitaria sul mercato della Comunità. Non si può pensare che i prezzi interni riscontrati per le imprese che hanno collaborato non siano rappresentativi o che i produttori/esportatori non collaboranti vendano sul mercato interno a prezzi molto inferiori di quelli delle altre imprese. È poi probabile che le imprese non cooperanti che non hanno esportato verso la CE vendano a prezzi bassi per riacquistare quote di mercato perse sul mercato CE. Ciò rende probabile, in caso di abrogazione delle misure, la reiterazione del dumping da parte delle imprese che non hanno collaborato. Si noti inoltre che, secondo l’inchiesta iniziale, queste imprese non cooperanti hanno esportato quantità non insignificanti verso la Comunità.

(103)

Per i produttori/esportatori che hanno collaborato, è stata riscontrata una differenza di prezzo del 5 % circa tra il livello di prezzo più alto sul mercato interno coreano e quello delle esportazioni verso paesi terzi. Ancora, avendo avuto la possibilità di esportare quantità illimitate di PET verso la Comunità a dazio zero, il rischio di diversione degli scambi verso la Comunità è piuttosto basso.

(104)

I prezzi all’esportazione verso paesi terzi erano inoltre universali, compresi quelli praticati dai produttori non cooperanti. Quest’ultimi erano inferiori ai prezzi interni praticati dai produttori che hanno collaborato. Questa differenza di prezzo mostra di nuovo che, abrogando le misure, le esportazioni verso la Comunità possono avvenire a prezzi oggetto di dumping.

(105)

Dall’inchiesta emerge che i produttori/esportatori coreani che hanno collaborato hanno venduto quantità significative ai paesi terzi. Ancora, per SK Chemicals e KP Chemicals, avendo avuto la possibilità di esportare quantità illimitate di PET verso la Comunità a dazio zero, il rischio di diversione degli scambi da parte di produttori/esportatori che hanno collaborato è piuttosto basso.

(106)

Per i produttori/esportatori non cooperanti, sono state usate informazioni provenienti da un’analisi di mercato e dall’Istituto statistico coreano.

(107)

Sommando le esportazioni complessive dei produttori/esportatori coreani verso i paesi terzi durante il PIR (727 Kt; fonte: Istituto statistico coreano) e deducendo le esportazioni dei produttori/esportatori che hanno collaborato (320 Kt), le esportazioni totali da parte dei produttori/esportatori non cooperanti sono state calcolate in 407 Kt.

(108)

Le quantità esportate verso ogni destinazione dai produttori/esportatori non cooperanti sono state fissate prendendo le esportazioni complessive per destinazione e deducendo le esportazioni per destinazione dei produttori/esportatori che hanno collaborato. Le 5 destinazioni verso le quali si suppone che i produttori/esportatori non cooperanti abbiano esportato le quantità maggiori sono la RPC seguita da Ucraina, Giappone, Tunisia e Repubblica islamica dell’Iran.

(109)

In base ai valori d’esportazione forniti dall’Istituto statistico coreano, il prezzo medio ponderato verso le 5 destinazioni con le quantità maggiori è stato calcolato in 759 EUR/t. Nonostante tale prezzo si basi sui dati statistici grezzi non verificati (in parte contenenti valori statistici dei produttori/esportatori che hanno collaborato, e contenenti forse prezzi all’esportazione verso imprese collegate nonché prezzi che escludono il trasporto marittimo), il prezzo medio resta notevolmente inferiore ai prezzi d’importazione medi (CIF) verso la Comunità (25 % circa).

(110)

Date le notevoli quantità apparenti esportate verso i paesi terzi dai produttori esportatori non cooperanti e il fatto che i prezzi di questi ultimi verso le 5 maggiori destinazioni sono notevolmente inferiori ai prezzi medi d’importazione nella Comunità, l’eventuale scadenza delle misure aumenterebbe in misura significativa il rischio di deviazione degli scambi da parte dei produttori esportatori non cooperanti. Dato l’ampio margine di dumping riscontrato (55 %) presso il maggiore dei produttori/esportatori non cooperanti nell’inchiesta iniziale, è molto probabile che quest’ultimi, se le misure venissero abrogate, riprendano le pratiche di dumping.

(111)

Tutti i produttori esportatori che hanno collaborato avevano livelli normali di stock e operavano quasi a pieno regime. Da questo punto di vista il rischio di reiterazione del dumping sembra molto limitato.

(112)

Per i produttori/esportatori non cooperanti, la capacità è stata accertata in base alla capacità generale dei produttori/esportatori coreani data dall’analisi di mercato. Non esistono informazioni sul livello delle scorte. È stata calcolata una stima delle capacità dei produttori/esportatori non cooperanti sottraendo la capacità del produttore/esportatore che ha collaborato dalla capacità coreana complessiva. Secondo tale stima, la capacità si aggira intorno a 550 Kt, pari a una quota di mercato del 23 % del consumo comunitario totale.

(113)

Secondo l’analisi di mercato, la capacità non utilizzata della Repubblica di Corea nel suo insieme è stimata a 200 000 t circa. Abrogando le misure, non si può dunque escludere un rischio di reiterazione del dumping da parte di produttori/esportatori non cooperanti con capacità inutilizzata.

(114)

Sebbene per le 4 imprese che hanno collaborato non sembri esistere alcun rischio evidente di reiterazione del dumping, l’inchiesta dimostra che esso esiste per le imprese non cooperanti. Ciò emerge comparando i livelli di prezzo più elevati sul mercato interno coreano e i prezzi sul mercato comunitario nonché raffrontando tale livello interno dei prezzi con quello dei prezzi medi all’esportazione verso i mercati dei paesi terzi.

(115)

Si può effettivamente constatare una grave minaccia di deviazione degli scambi comparando i volumi significativi di PET che essi vendono ai paesi terzi, a prezzi largamente inferiori a quelli ai quali il PET è importato nella Comunità. Dati i precedenti di dumping delle imprese non cooperanti (nell’inchiesta iniziale, fino al 55 %), non c’è motivo di credere che esse non riprenderebbero le pratiche di dumping se le misure fossero fatte scadere.

(116)

I prezzi interni di Taiwan dei produttori/esportatori che hanno collaborato, e non, erano in generale inferiori ai prezzi nella Comunità. I prezzi precedenti erano effettivamente proficui. Ciò significa che anche il livello comunitario dei prezzi sarebbe molto attraente dal punto di vista di un produttore/esportatore di Taiwan. Dato il rapporto di prezzo riscontrato, è probabile che anche i prezzi all’esportazione di Taiwan siano molto inferiori ai prezzi medi praticati dall’industria comunitaria.

(117)

Nel caso di un produttore che ha collaborato, i prezzi per i paesi terzi erano molto inferiori ai prezzi interni di Taiwan. I prezzi d’esportazione verso paesi terzi dell’altro produttore che ha collaborato, che vende soprattutto in Giappone, sono superiori ai prezzi delle vendite interne. Non si può quindi escludere che i prezzi all’esportazione verso la Comunità seguano la tendenza di prezzi di Taiwan verso altri paesi (Giappone escluso), una volta abrogate le misure. In tale scenario la reiterazione del dumping è perciò probabile. Questa conclusione si fonda sui dati forniti dai produttori che hanno collaborato poiché, in questo senso, non è stato ottenuto nessun altro dato.

(118)

I prezzi di Taiwan all’esportazione verso paesi terzi erano molto inferiori al livello dei prezzi nella Comunità. Le esportazioni di Taiwan verso altri paesi non erano soggette a dazi antidumping durante il PIR. Se le misure fossero abrogate non si può escludere che i prezzi all’esportazione verso la Comunità seguirebbero la tendenza dei prezzi verso altri mercati. In tali circostanze, le future esportazioni verso la Comunità avverrebbero a prezzi di dumping. Anche questa conclusione si fonda su dati forniti da produttori che hanno collaborato. Ma poiché nulla indica che i prezzi all’esportazione verso i paesi terzi, o che i prezzi interni riscontrati per le imprese che hanno collaborato, non siano rappresentativi di tutti i produttori/esportatori di Taiwan, si può ritenere probabile che le future esportazioni verso la CE delle imprese non cooperanti avvengano a prezzi di dumping.

(119)

Mentre una società che ha collaborato ha usato tutta sua capacità durante il PIR, l’altra ha lasciato inutilizzata una quota significativa della sua capacità totale. Le imprese non cooperanti all’inchiesta sembrano avere tra 400 000 e 500 000 t di capacità inutilizzate. Ciò rappresenta il 20 % del consumo comunitario durante il PIR. Dato l’attraente livello dei prezzi sul mercato comunitario, è effettivamente probabile che, se le misure fossero abrogate, tali capacità inutilizzate siano riorientate verso la Comunità.

(120)

Se le misure venissero abrogate, è probabile che le capacità inutilizzate siano riorientate verso la Comunità. Dato il basso livello dei prezzi all’esportazione verso i mercati dei paesi terzi, Giappone escluso, è anche probabile che tali esportazioni verso la Comunità avvengano a prezzi di dumping. È probabile che i prezzi comunitari subiscano pressioni se verranno importate quantità maggiori sul mercato della Comunità. Una tendenza al ribasso dei prezzi può acutizzare il dumping riscontrato dall’inchiesta iniziale durante il PIR.

(121)

Come riferito al considerando 71, è noto che, durante il PIR, esistevano almeno altri 3 produttori di PET in Thailandia che non hanno collaborato all’inchiesta. Per questi produttori non cooperanti, sono state analizzate le informazioni disponibili di Eurostat e di altre fonti.

(122)

Le informazioni sugli stock e sulle vendite sui mercati terzi si riferiscono solo al produttore/esportatore che ha collaborato. È stato possibile ottenere dati sulla capacità complessiva di produzione della Thailandia e stimare il volume della produzione di tutti i produttori/esportatori thailandesi a partire da un’analisi di mercato. In proposito, si è tenuto conto del fatto che i risultati per le imprese non cooperanti non potevano essere più favorevoli di quelli delle imprese che hanno collaborato.

(123)

L’inchiesta ha rivelato che i prezzi interni erano inferiori del 10-20 % circa ai prezzi medi praticati sul mercato della Comunità. Non c’è motivo di credere che ciò cambi se le misure venissero abrogate.

(124)

Secondo le informazioni fornite dall’esportatore/produttore di cui al precedente considerando 17 che non ha esportato nella Comunità, le esportazioni verso i paesi terzi sono avvenute in grandi volumi che rappresentano oltre l’80 % delle vendite totali durante il PIR. Si è anche riscontrato che i prezzi medi all’esportazione verso paesi terzi erano inferiori ai costi, cioè che il prodotto sui mercati dei paesi terzi è venduto a prezzi di dumping. Non esistono poi informazioni che dicano se la politica seguita delle imprese non cooperanti in materia di prezzi sia diversa per il mercato interno tailandese o per quello dei paesi terzi e si può dunque supporre che esse vendano sul mercato dei paesi terzi a prezzi più bassi che sul loro mercato interno.

(125)

Le informazioni fornite dall’esportatore che ha collaborato che non ha esportato verso la Comunità, mostrano che le esportazioni verso i paesi terzi sono avvenute a un prezzo medio ponderato all’esportazione molto inferiore ai prezzi di vendita dell’industria comunitaria nella Comunità.

(126)

Supponendo che il livello prevalente dei prezzi nella Comunità resti lo stesso, si può dunque concludere che la Comunità sarà considerata un mercato attraente per i produttori/esportatori della Thailandia. Esiste pertanto un incentivo economico a riorientare le esportazioni destinate ai paesi terzi al ben più proficuo mercato della Comunità, se le misure fossero abrogate.

(127)

Esistono capacità di riserva significative in Thailandia. Dall’inchiesta emerge che l’utilizzazione delle capacità del produttore/esportatore che ha collaborato è stata scarsa durante il PIR.

(128)

L’analisi di mercato stima il livello di capacità dei produttori/esportatori non cooperanti a circa 500 000 t con una produzione totale di circa 430 000. Secondo queste cifre la capacità di riserva ammonterebbe a 70 000 t circa. E la capacità di riserva ammonterebbe al 2,9 % circa del consumo comunitario totale, se essa fosse orientata a essere venduta sul mercato della Comunità.

(129)

Nel complesso, secondo i dati dell’analisi di mercato, il mercato interno della Thailandia può assorbire meno di 95 000 t di PET (25 % della produzione interna). In tali circostanze, i fabbricanti thailandesi del prodotto in esame dipendono fortemente dalle esportazioni per continuare a operare con la capacità attuale. Se le misure venissero abrogate, un aumento delle esportazioni verso la CE è perciò altamente probabile. Non è da escludere che, abrogando le misure, i produttori/esportatori thailandesi abbassino i loro prezzi d’esportazione verso la Comunità a livello dei prezzi d’esportazione verso i mercati di altri paesi terzi, nel tentativo di riacquistare quote di mercato perse. E, se le misure fossero abrogate, non si può escludere il rischio di reiterazione del dumping da parte dei produttori/esportatori non cooperanti.

(130)

Il produttore/esportatore che ha collaborato aveva un livello normale di stock. Si noti però che gli stock non vanno considerati un indicatore significativo perché la produzione di PET in Thailandia si basa soprattutto sugli ordini dei clienti. Gli stock sono principalmente composti di PET che aspetta di essere spedito ai clienti già noti.

(131)

Poiché l’unico produttore/esportatore che ha collaborato non ha esportato verso la Comunità, l’inchiesta non può stabilire se il dumping continua nonostante le misure in vigore.

(132)

Tuttavia i prezzi medi ponderati all’esportazione sui mercati dei paesi terzi del produttore/esportatore che ha collaborato e i prezzi di vendita sul mercato interno erano molto inferiori ai prezzi di vendita dell’industria comunitaria nella Comunità. I prezzi di vendita erano inferiori ai costi di produzione. Ciò è un indicatore del fatto che, se le misure fossero abrogate, le vendite avverranno probabilmente a prezzi di dumping. Con l’attraente livello di prezzi nella Comunità, se le misure fossero abrogate, i produttori/esportatori thailandesi saranno spronati a vendere sul mercato comunitario.

(133)

Per i produttori/esportatori non cooperanti, emerge un rischio significativo di deviazione degli scambi comparando la domanda interna e i notevoli volumi di PET venduti ai paesi terzi. Si noti, come riferito al considerando 129 e successivi, che i produttori tailandesi dipendono molto dalle esportazioni e che esiste una grande capacità di riserva complessiva che potrebbe essere deviata verso la Comunità. Dati i precedenti di dumping (nell’inchiesta iniziale, fino al 32,5 %), esiste un rischio di reiterazione del dumping, se le misure fossero abrogate.

4.   Conclusioni circa la probabilità di persistenza o di reiterazione del dumping

(134)

In base a quanto sopra, si conclude che se le misure verranno abrogate è probabile che il dumping continui e/o sia reiterato. Si propone, di conseguenza, di mantenere le misure applicabili alle importazioni di PET provenienti da India, Indonesia, Malaysia, Taiwan e Thailandia.

(135)

Secondo le informazioni raccolte per i produttori/esportatori non cooperanti, esiste un rischio significativo di reiterazione del dumping. Il rischio si fonda soprattutto su dati che fanno intuire una notevole capacità di produzione e di esportazione da parte dei produttori/esportatori non collaboranti che, come dimostrano le pratiche di dumping nell’inchiesta iniziale, se le misure fossero abrogate si concretizzerebbe assai probabilmente in esportazioni a prezzi di dumping verso la Comunità.

(136)

Si propone, di conseguenza, di mantenere le misure applicabili alle importazioni di PET originarie della Repubblica di Corea.

D.   DUREVOLEZZA DEL MUTAMENTO DELLE CIRCOSTANZE

(137)

Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base, è stato anche esaminato se, rispetto all’inchiesta iniziale sul dumping, il mutamento delle circostanze potesse essere ragionevolmente considerato di natura durevole.

(138)

Si ricorda che il riesame intermedio relativo alla Repubblica di Corea è limitato ai margini di dumping per le 3 imprese SK Chemicals Co. Ltd, KP Chemicals Corp. e Daehan Synthetic Fibres Co. Ltd e le imprese ad esse collegate.

(139)

Per i produttori/esportatori che hanno collaborato e che hanno esportato PET verso la Comunità durante il PIR, il riesame intermedio ha mostrato che il loro margine di dumping è rimasto a un livello de minimis. Ciò si è verificato perché all’aumento dei valori normali e dei prezzi delle vendite interne di queste società rispetto ai dati dell’inchiesta iniziale, sono aumentati in misura corrispondente anche i prezzi delle vendite sul mercato comunitario.

(140)

Nulla fa pensare che questi mutamenti che portano a un margine di dumping de minimis non siano di natura durevole poiché tutti i produttori/esportatori che hanno collaborato operano a un elevato tasso di utilizzazione delle capacità (oltre il 90 %). Inoltre, nessuno di essi progetta di aumentare la propria capacità di produzione nella Repubblica di Corea. Al contrario, uno di essi, SK Chemicals, ha aperto uno stabilimento di produzione all’interno della Comunità ed è più probabile che faccia diminuire le sue esportazioni dalla Repubblica di Corea.

(141)

Non si è potuto verificare nessuno dei fatti relativi al produttore/esportatore Daehan che (cfr. considerando 49) alla fine ha scelto di non collaborare all’inchiesta.

(142)

La conclusione per questa società deve fondarsi quindi sugli elementi disponibili ai sensi dell’articolo 18 del regolamento di base, cioè sulle informazioni della denuncia e sulle informazioni del questionario non verificato.

(143)

Per i 2 gruppi di produttori/esportatori che hanno collaborato, SK Chemicals e KP Chemicals, le circostanze nel cui ambito sono stati calcolati i margini di dumping in questa inchiesta possono essere considerate di natura durevole.

(144)

Per il terzo produttore/esportatore Daehan Synthetic Fibres, si ricorda che questa impresa non ha cooperato e che l’analisi va dunque fondata sugli elementi disponibili, che suggeriscono che il dumping continua. In tali circostanze, questa impresa va soggetta al dazio residuo — come stabilito nell’inchiesta iniziale e come confermato dal riesame più recente.

(145)

Solo 2 produttori/esportatori di Taiwan hanno collaborato all’attuale procedura. L’analisi sulla durevolezza del mutamento delle circostanze si limita dunque a queste 2 imprese.

(146)

Far Eastern Textiles è stata assoggettata a un dazio zero poiché è stato adottato il regolamento (CE) n. 83/2005 del Consiglio (9). All’altro produttore/esportatore che ha collaborato, Shinkong Synthetic Fibres, è stato assegnato un margine di dumping del 3,1 % applicando lo stesso regolamento.

(147)

In base all’analisi sul dumping effettuata per il PIR, sono stati rilevati margini di dumping mutati del 3,5 % per Far Eastern e del 6,5 % per Shinkong.

(148)

Per i 2 produttori, che hanno collaborato e che hanno esportato verso la Comunità durante il PIR, non c’è motivo di credere che i mutamenti intervenuti tra l’inchiesta attuale e la precedente, soprattutto riguardo ai prezzi all’esportazione verso la Comunità e nei valori normali, che hanno portato alla revisione dei margini di dumping, non siano di natura durevole. Riguardo all’impresa per la quale è emersa una forma di dumping, l’inchiesta ha mostrato che essa aveva venduto forti quantità a un nuovo cliente a un prezzo notevolmente inferiore al suo livello generale di prezzi all’esportazione. Poiché l’impresa non si pronuncia sulla cessazione delle vendite a tale cliente o sulla correzione dei suoi prezzi all’esportazione, si può concludere che tale forma di dumping continuerà. Essa ha inoltre utilizzato quasi al completo le sue capacità durante il PIR. È perciò improbabile che intervengano mutamenti di rilievo nel modello delle vendite della società che avrebbero un impatto sui suoi livelli dei prezzi e si ripercuoterebbero sui valori normali e sui prezzi all’esportazione.

(149)

Riguardo alla seconda impresa che ha collaborato, i non molto grandi mutamenti osservati (cambiamento nei margini di dumping da 3,1 % a 6,5 %) erano dovuti a cambiamenti un po’ più pronunciati nei valori normali che nei prezzi all’esportazione. È improbabile che questa circostanza cambi in futuro perché il prezzo del petrolio, fattore di costo importante per produrre il PET, si assesta su livelli elevati.

(150)

Si ritiene pertanto che i margini di dumping per entrambe le società, calcolati in base ai dati forniti in questa inchiesta, siano affidabili e che i mutamenti emersi vadano considerati di natura durevole.

E.   DEFINIZIONE DI INDUSTRIA COMUNITARIA

1.   Produzione comunitaria

(151)

Il PET viene prodotto nella Comunità dalle seguenti imprese:

produttori che hanno chiesto il riesame in previsione della scadenza, lo hanno appoggiato e hanno collaborato all’inchiesta (cfr. considerando 154),

2 produttori che hanno chiesto il riesame in previsione della scadenza ma non hanno collaborato all’attuale inchiesta,

la filiale con sede nella Comunità di un produttore coreano che ha collaborato all’inchiesta e ha appoggiato la richiesta.

(152)

Il PET prodotti da tutte queste imprese rappresentano l’intera produzione della Comunità ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base.

2.   Industria comunitaria

(153)

La Commissione ha verificato se i produttori comunitari che hanno collaborato e hanno chiesto o appoggiato il riesame in previsione della scadenza, costituissero una quota di rilievo della produzione totale di PET della Comunità. I produttori in questione rappresentavano l’88 % della produzione totale di PET. I produttori che non hanno pienamente collaborato sono stati esclusi dalla definizione di industria comunitaria. La Commissione ha pertanto ritenuto che i produttori comunitari che hanno pienamente collaborato rappresentassero l’industria comunitaria ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, e dell’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base. Nelle inchieste iniziali, l’industria comunitaria rappresentava, in quel momento, più dell’85 % della produzione totale di PET nella Comunità.

(154)

L’industria comunitaria è costituita dai 12 produttori comunitari, in parte citati nel considerando 16:

Voridian BV (Paesi Bassi), M & G Polimeri Italia SpA (Italia), Equipolymers Srl (Italia), La Seda de Barcellona SA (Spagna), Novapet SA (Spagna), Selenis Industria de Polimeros SA (Portogallo), Aussapol SpA (Italia), Advansa Ltd (UK), Wellman BV (Paesi Bassi), Filiale Boryszew di Elana Wse (Polonia), V.P.I. SA (Grecia), SK Eurochem (Polonia).

F.   SITUAZIONE SUL MERCATO COMUNITARIO

1.   Consumo sul mercato comunitario

(155)

Il consumo comunitario è stato calcolato in base alle vendite dell’industria comunitaria, a stime delle vendite degli altri produttori comunitari sul mercato della Comunità desunte da dati forniti nella fase del reclamo e da dati di Eurostat per tutte le importazioni comunitarie da paesi terzi.

(156)

Tra il 2002 e il PIR, il consumo comunitario del prodotto in esame è costantemente aumentato fino a toccare un totale di 2 400 000 t durante il PIR. L’aumento complessivo durante il periodo è stato del 18 %. Esso è dovuto in parte a nuovi campi d’applicazione (tra l’altro, birra e vino) e in parte all’aumento del consumo nei paesi che avrebbero aderito all’UE nel 2004.

Tabella 1

 

2002

2003

2004

PIR

Consumo comunitario (t)

2 041 836

2 213 157

2 226 751

2 407 387

Indice

100

108

109

118

2.   Importazioni dai paesi interessati

2.1.   Cumulo

(157)

Nell’inchiesta iniziale, le importazioni del prodotto in esame provenienti da India, Indonesia, Malaysia, Repubblica di Corea, Taiwan e Thailandia, erano state valutate cumulativamente ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento di base. La Commissione ha esaminato se la valutazione cumulativa fosse appropriata anche nell’inchiesta attuale.

(158)

Riguardo alle importazioni delle 2 imprese coreane che hanno collaborato, dall’inchiesta non è emerso dumping o solo dumping de minimis. Pertanto, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento di base, tali importazioni non potevano essere valutate cumulativamente. È emerso tuttavia che il margine di dumping rilevato rispetto alle importazioni da India, Malaysia e Taiwan era superiore al livello de minimis. Dalle inchieste è emerso che le importazioni da Indonesia e Thailandia non erano rappresentative e che non si poteva perciò rilevare alcun margine di dumping. Ma è stato anche concluso che, se le misure fossero giunte a scadenza, la reiterazione del dumping sarebbe stata probabile. Riguardo alle quantità esportate da ciascuno dei 6 paesi interessati si è ritenuto che, se le misure venissero abrogate, le importazioni da tali paesi sarebbero probabilmente aumentate fino a livelli ben superiori a quelli raggiunti durante il PIR e avrebbero certamente cessato di essere trascurabili. Riguardo alle condizioni di concorrenza, l’inchiesta ha confermato che tutte le caratteristiche fisiche e tecniche essenziali dei trucioli di PET importati dai paesi interessati coincidevano. Tali trucioli erano inoltre intercambiabili con quelli prodotti nella Comunità e sono stati commercializzati nella Comunità nello stesso periodo, attraverso canali di vendita simili, a condizioni commerciali simili. I trucioli di PET importati sono perciò considerati concorrenti reciproci e concorrenti dei trucioli di PET prodotti nella Comunità.

(159)

Visto quanto precede, si è ritenuto che per le importazioni provenienti da India, Malaysia, Thailandia, Indonesia, Taiwan e le importazioni in dumping dalla Repubblica di Corea, tutti i criteri fissati all’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento di base fossero soddisfatti. Le importazioni provenienti dai 6 paesi interessati sono state dunque esaminate cumulativamente, escludendo quelle non soggette a dumping prodotte dai 2 produttori esportatori coreani che hanno collaborato.

2.2.   Volume, quota di mercato e prezzo delle importazioni

(160)

Nei 6 paesi in esame, i volumi delle importazioni, le quote di mercato e i prezzi medi hanno evidenziato le tendenze illustrate qui di seguito. I dati si fondano su statistiche di Eurostat. In principio, le importazioni coreane non soggette a dumping dovrebbero essere escluse da queste cifre. Ma, per motivi di riservatezza, sono state deliberatamente incluse. Lo sviluppo della tendenza non sarebbe stato comunque diverso se i dati sulle importazioni coreane non soggette a dumping fossero stati esclusi.

(161)

Tra il 2002 e il PIR, le importazioni provenienti dai paesi interessati sono diminuite dal 13 %, da 192 000 t nel 2002 a 167 000 t durante il PIR. Rispetto al 2002, rimanevano invariate nel 2003 e diminuivano del 3 % nel 2004, e di un altro 10 % durante il PIR.

Tabella 2

 

2002

2003

2004

PIR

Volume

192 192

191 455

186 892

166 982

Indice

100

100

97

87

Quota di mercato

9,4 %

8,6 %

8,4 %

7,0 %

Prezzi (EUR/t)

850

803

854

1 030

Indice

100

94

100

121

G.   SITUAZIONE ECONOMICA DELL’INDUSTRIA COMUNITARIA

1.   Osservazioni preliminari

(162)

All’inizio dell’esame era previsto un campionamento dei produttori comunitari ma dato il loro numero ridotto, si è deciso di esaminarli tutti e, di conseguenza, i fattori di pregiudizio sono stati valutati in base alle informazioni raccolte a livello dell’intera industria comunitaria.

(163)

In conformità dell’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base, la Commissione ha esaminato tutti i fattori e gli indicatori economici pertinenti che incidono sulla situazione dell’industria comunitaria.

2.   Analisi degli indicatori economici

2.1.   Produzione

(164)

La produzione dell’industria comunitaria è aumentata del 20 % tra il 2002 e il PIR, cioè da 1 465 000 t nel 2002 a 1 760 000 t durante il PIR. L’aumento annuo è stato del 4,8 % nel 2003 e del 4,6 % nel 2004. Un ulteriore incremento si è verificato durante il PIR, quando la produzione è salita di 150 000 t (10,8 %). Ciò era dovuto al processo di ristrutturazione intrapreso dall’industria al fine di controllare meglio i costi di produzione e di approfittare del crescente consumo nel mercato della Comunità che, come già detto, è aumentato del 19 % tra il 2002 e il PIR (da 2 milioni di t nel 2002 a 2,4 milioni di t durante il PIR).

Tabella 3

 

2002

2003

2004

PIR

Produzione (t)

1 464 522

1 534 480

1 602 086

1 760 828

Indice

100

105

109

120

2.2.   Capacità e utilizzazione degli impianti

(165)

La capacità di produzione è aumentata da 1 760 000 t nel 2002 a 2 156 000 t durante il PIR (+ 22 %). L’incremento è avvenuto principalmente durante il PIR, quando la capacità di produzione, rispetto al 2004, è aumentata di 300 000 t (16,7 %). Tale notevole incremento della capacità di produzione è andata di pari passo con l’aumento della produzione nello stesso periodo (cfr. considerando 164). L’aumento della capacità di produzione è dovuto a investimenti supplementari in linee di produzione destinate a soddisfare la domanda di un mercato in crescita. L’utilizzazione delle capacità è aumentata del 4 % nel 2003, è rimasta costante nel 2004 per poi ripiegare del 5 % nel PIR al livello dell’82 %. La diminuzione tra il 2004 e il PIR è dovuta al notevole aumento della capacità di produzione dello stesso periodo. Di conseguenza, un volume di produzione maggiore nel PIR, rispetto al 2004, ha coinciso con un minor tasso di utilizzazione delle capacità.

Tabella 4

 

2002

2003

2004

PIR

Capacità produttiva (t)

1 760 332

1 762 378

1 848 315

2 156 294

Indice

100

100

105

122

Utilizzazione delle capacità

83 %

87 %

87 %

82 %

Indice

100

105

104

98

2.3.   Vendite e quota di mercato

(166)

Il volume venduto dall’industria comunitaria sul mercato della Comunità è aumentato del 21 % tra il 2002 e il PIR. Una crescita del 2 % nel 2003 è stata seguita da un aumento, nel 2004 e nel PIR, dell’8 % e dell’11 % rispettivamente. Nonostante l’aumento di vendite a causa del maggior consumo, la quota di mercato dell’industria comunitaria è scesa del 4 % nel 2003 per poi aumentare progressivamente del 5 % nel 2004 e dell’1 % nel PIR.

Tabella 5

 

2002

2003

2004

PIR

Vendite nella CE (t)

1 306 768

1 333 976

1 438 883

1 586 902

Indice

100

102

110

121

Quota di mercato

64 %

60 %

65 %

66 %

2.4.   Crescita

(167)

Nel complesso, la quota di mercato dell’industria comunitaria è aumentata del 2 % nel periodo considerato, il che significa che la sua crescita è rimasta indietro rispetto alla crescita del consumo del mercato globale.

2.5.   Occupazione

(168)

L’occupazione nell’industria comunitaria è aumentata del 18 % nel periodo considerato. L’incremento principale è avvenuto nel 2003 (11 %) e nel 2004 (un ulteriore 6 %). Sebbene questa tendenza all’aumento sia continuata nel PIR, esso è stato solo del 2 %. L’aumento del 18 % sull’intero periodo è legato al livello di produzione, aumentato del 20 %.

Tabella 6

 

2002

2003

2004

PIR

Lavoratori dipendenti

1 010

1 124

1 170

1 190

Indice

100

111

116

118

2.6.   Produttività

(169)

Complessivamente, la produttività dell’industria comunitaria (misurata come produzione in t/persona/anno) è aumentata durante il periodo considerato. All’inizio, la produttività è diminuita del 6 % nel 2003 rispetto al 2002, è rimasta costante nel 2004 ma, nel PIR, essa è di nuovo fortemente aumentata di più dell’8 % rispetto al 2004.

Tabella 7

 

2002

2003

2004

PIR

Produttività (t/dipendente)

1 450

1 365

1 369

1 480

Indice

100

94

94

102

2.7.   Salari

(170)

Si noti che la produzione dei trucioli di PET è un’industria ad alta densità di capitale e che perciò i costi della manodopera non incidono molto sul costo globale del prodotto. Nel periodo, i salari sono aumentati del 12 %, rispetto a un aumento del 20 % dei costi di produzione globali. Un altro indicatore significativo è il costo di salari spesi per tonnellata prodotta. Durante il periodo, tale costo è diminuito del 6 %.

Tabella 8

 

2002

2003

2004

RIP

Salari (milioni di EUR)

62,3

63,0

66,3

69,5

Indice

100

101

106

112

Salari per t prodotta (EUR)

44,4

42,9

43,6

41,9

Indice

100

96

98

94

2.8.   Entità del margine di dumping effettivo e ripresa dagli effetti negativi del dumping precedente

(171)

Quanto all’incidenza dell’entità del margine di dumping effettivo sull’industria comunitaria, questa non può considerarsi trascurabile, dati il volume e i prezzi delle importazioni originarie dei paesi interessati.

2.9.   Prezzi di vendita e fattori che incidono sui prezzi dell’industria comunitaria

(172)

I prezzi unitari di vendita sono aumentati da 924 EUR/t nel 2002 a 1 058 EUR/t nel PIR. La tendenza generale era all’aumento (del 15 % nell’intero periodo). Tale aumento è in larga misura una conseguenza dell’aumento del prezzo delle materie prime, dovuto all’aumento del prezzo del petrolio. Sebbene l’industria comunitaria abbia aumentato i prezzi, non è stata in grado di trasferire l’aumento al settore a valle e riflettere pienamente l’aumento dei prezzi delle materie prime nei suoi prezzi di vendita. Ciò è accaduto soprattutto perché l’aumento di prezzo delle materie prime è stato maggiore dell’aumento di prezzo del PET. L’industria comunitaria ha dovuto inoltre subire la pressione delle importazioni. Per mantenere le sue quote di mercato, l’industria comunitaria poteva aumentare i suoi prezzi solo in misura moderata e ha dovuto contenerli.

Tabella 9

 

2002

2003

2004

PIR

Media ponderata del prezzo (EUR/t)

924

902

1 006

1 058

Indice

100

98

109

115

2.10.   Costo di produzione delle principali materie prime

(173)

Per produrre 1 t di PET occorrono 850 kg circa di acido tereftalico purificato (PTA) e 350 kg di glicole monoetilenico (MEG) (le principali materie prime); i costi del PTA e del MEG sono notevolmente aumentati, rispettivamente del 67 % e del 31 % tra il 2002 e il PIR, fino a 770 EUR/t (PTA) e 721 EUR/t (MEG) (media del PIR). Nonostante una lieve flessione nel prezzo del PTA nel terzo trimestre del 2005, quando i prezzi sono caduti a 700 EUR/t, e il prezzo sostanzialmente stabile del MEG, va detto che le materie prime sono acquistate in anticipo con contratti a lungo termine. Per il periodo considerato, quindi, nonostante la piccola flessione nel prezzo del PTA alla fine del PIR, l’industria comunitaria sopporta ancora le conseguenze di un forte aumento dei costi. A causa poi della situazione sul mercato petrolifero mondiale, i prezzi delle materie prime per la produzione di PET vanno soggetti a mutamenti improvvisi ma è probabile che restino alti. Tutti questi fattori contribuiscono a un elevato grado di vulnerabilità dei produttori comunitari di PET.

Tabella 10

Costo medio (EUR/t)

 

2002

2003

2004

PIR

PTA

460

566

718

770

Indice

100

123

156

167

MEG

551

550

650

721

Indice

100

100

118

131

(174)

Dalla comparazione emerge che il costo medio unitario per tonnellata dei trucioli di PET prodotti dall’industria comunitaria era il seguente:

Tabella 11

 

2002

2003

2004

PIR

Costo medio ponderato (EUR/t)

899

918

1 013

1 092

Indice

100

102

113

121

(175)

Durante il periodo considerato, come indicano le tabelle 10 e 11, le materie prime principali sono continuamente aumentate (PTA del 67 %, MEG del 31 %), mentre il costo globale di produzione è aumentato solo del 21 %. Ma (cfr. tabella 9) i prezzi sono aumentati solo del 15 % perché l’industria comunitaria non ha potuto trasferire l’aumento al settore a valle e riflettere pienamente l’aumento del prezzo delle materie prime nei suoi prezzi di vendita.

2.11.   Scorte

(176)

Le scorte durante l’intero periodo considerato, cioè tra il 2002 e il RIP, sono diminuite del 10 %. Come nelle inchieste iniziali, le scorte non vanno però considerate un indicatore significativo rispetto al PET prodotto dall’industria comunitaria, data la natura stagionale del mercato del PET durante l’anno. Rispetto alla produzione, le scorte rappresentano il 5/6 % circa della produzione.

Tabella 12

 

2002

2003

2004

PIR

Scorte (t)

101 554

110 695

90 422

91 123

Indice

100

109

89

90

2.12.   Redditività, utile sul capitale investito e cash flow

(177)

La redditività delle vendite rappresenta il profitto generato dalle vendite del prodotto in esame nella Comunità. Il rendimento delle attività totali e il flusso di cassa hanno potuto essere calcolati solo in relazione a una gamma di prodotti più ristretta possibile, comprendente il prodotto simile, a norma dell’articolo 3, paragrafo 8, del regolamento di base. L’utile sul capitale investito, è stato inoltre calcolato in base al rendimento delle attività totali, considerato più pertinente per l’analisi della tendenza.

Tabella 13

 

2002

2003

2004

PIR

Margine di profitto, al lordo delle imposte sulle vendite nella Comunità

2,7 %

–1,8 %

–0,7 %

–3,2 %

Rendimento delle attività totali

2,0 %

–1,4 %

–0,6 %

–2,4 %

Cash flow (in % delle vendite totali)

18,1 %

5,5 %

10,1 %

–2,6 %

(178)

Oltre al contenimento dei prezzi nel 2002 e in coincidenza con un forte aumento delle importazioni in dumping dai paesi interessati, la situazione finanziaria dell’industria comunitaria si è deteriorata ed è andata in perdita nel 2003. Dopo un piccolo recupero nel 2004 dovuto alle misure imposte alla RPC e all’Australia, le perdite sono salite a – 3,2 % nel PIR. La tendenza al ribasso è evidente.

(179)

Il rendimento delle attività totali e il cash flow denunciano tendenze analoghe, mostrano una situazione relativamente buona nel 2002, un deterioramento nel 2003, un piccolo recupero nel 2004 e un ulteriore deterioramento nel PIR.

2.13.   Investimenti e capacità di reperire capitali

Tabella 14

 

2002

2003

2004

PIR

Investimenti (migliaia di EUR)

31 779

42 302

63 986

50 397

Indice

100

133

201

159

(180)

Gli investimenti sono stati dedicati in parte ad aumentare le capacità e in parte a migliorare il processo di produzione. La maggior parte di essi è stata fatta nel 2004 e durante il PIR, in coincidenza con l’aumento della capacità e al fine di mantenere le quote di mercato dato l’aumento dei consumi. La situazione in quel momento dell’industria comunitaria e l’andamento del mercato comunitario e mondiale del PET, contrassegnati dalla mancanza di redditività, non erano tuttavia un incentivo per fare troppi investimenti. Sebbene in alcune circostanze i produttori comunitari siano stati in grado di raccogliere capitale (in particolare da società collegate), la mancanza di redditività del PET non ha incoraggiato l’investimento e la decisione è stata talvolta rinviata.

3.   Conclusioni sulla situazione dell’industria comunitaria

(181)

L’aumento costante dei consumi, dovuto in parte a nuove applicazioni (tra l’altro, birra, vino) e in parte all’aumento dei consumi nei paesi che avrebbero aderito all’UE nel 2004, ha obbligato l’industria comunitaria ad aumentare le capacità e la produzione per non perdere quote di mercato. Nel 2004 e durante il PIR, è avvenuto perciò un profondo processo di ristrutturazione, in cui i vari produttori hanno spesso cambiato proprietario. Parallelamente, il numero delle linee di produzione è stato complessivamente aumentato per soddisfare l’aumento dei consumi e ottenere anche economie di scala. Alcuni indicatori congiunturali, come consumo, capacità di produzione, produzione, vendite UE, occupazione hanno perciò effettivamente registrato tendenze positive.

(182)

Ma lo sforzo di ristrutturazione sopra descritto non ha potuto controbilanciare l’impatto del costante e massiccio aumento dei prezzi delle materie prime nel periodo considerato. L’elevato costo delle materie prime non ha potuto essere scaricato a valle nella misura che sarebbe stata necessaria per mantenere un certo livello di redditività. Ciò ha coinciso con un periodo di prezzi bassi delle importazioni provenienti dai paesi interessati che hanno esercitato una chiara, forte pressione verso il basso sui prezzi dell’industria comunitaria. In tal modo, nonostante evidenti sviluppi positivi nel campo della produzione, delle vendite e dei prezzi di vendita, la situazione finanziaria globale dell’industria comunitaria si è deteriorata come si vede dagli sviluppi negativi della redditività (dal 2,7 % di profitto nel 2002 al 3,2 % di perdite nel PIR), dell’esportazione, dei costi di produzione, dell’utile sugli investimenti e del cash flow.

(183)

Pertanto, nonostante alcune tendenze positive emerse dagli indicatori di pregiudizio, la situazione dell’industria comunitaria è ben lontana dai livelli che ci si potrebbe attendere se si fosse pienamente rimessa dal pregiudizio riscontrato nelle inchieste iniziali.

(184)

La Commissione ha quindi concluso che la situazione dell’industria comunitaria è lievemente migliorata rispetto al periodo precedente all’imposizione delle misure ma che è ancora fragile. La pressione dei prezzi delle importazioni non ha inoltre permesso all’industria comunitaria di recuperare del tutto, con i prezzi di vendita, l’aumento dei prezzi delle materie prime.

4.   Importazioni da altri paesi

4.1.   Altri paesi oggetto di misure antidumping

(185)

Come indicato nel considerando 2, si ricorda che, a partire da agosto 2004, sono in vigore anche altre misure antidumping definitive sulle importazioni di PET originarie dell’Australia e della RPC.

(186)

Durante il periodo considerato, il volume totale delle importazioni provenienti da questi paesi è aumentato del 12 % (da 65 000 t a 73 000 t). Nonostante un aumento significativo della quota di mercato (del 4 %) durante il 2003, questa tendenza all’aumento è stata invertita nel 2004 quando la quota di mercato delle importazioni è scesa al 2,4 %. Durante il PIR, è stato registrato un leggero aumento dello 0,6 % dovuto alle importazioni dalla Cina. L’effetto dei dazi antidumping definitivi si nota a partire dal 2004. Mentre le importazioni dall’Australia sono cessate completamente, il volume di quelle cinesi è aumentato in modo regolare del 130 % nel 2003, è diminuito nel 2004 in coincidenza con le misure ed è nuovamente aumentato del 47 % durante il PIR. I prezzi australiani sono diminuiti del 7 % nel 2003 e di un altro 6 % nel 2004. I prezzi cinesi sono aumentati lentamente nel 2003 e nel 2004, ma del 24 % nel PIR, da 827 a 1 022 EUR/t. Si noti, in conclusione, che le forti importazioni da questi 2 paesi sono avvenute a prezzi sempre inferiori a quelli comunitari, contribuendo così al pregiudizio subito dall’industria comunitaria.

Tabella 15

 

2002

2003

2004

PIR

Australia

Volume (t)

17 179

18 727

2 842

Prezzo (EUR/t)

851

789

741

Quota di mercato

0,8 %

0,8 %

0,1 %

Repubblica popolare cinese

Volume (t)

47 875

131 343

49 678

72 814

Prezzo (EUR/t)

804

806

827

1 022

Quota di mercato

2,3 %

5,9 %

2,2 %

3 %

Totale (t)

65 054

150 070

52 520

72 814

Quota di mercato totale

3,1 %

6,8 %

2,4 %

3 %

4.2.   Altri paesi terzi non menzionati sopra

(187)

In linea di principio, queste cifre dovrebbero comprendere le importazioni coreane non oggetto di dumping. Per ragioni di riservatezza sono state deliberatamente escluse. L’inclusione delle importazioni coreane non oggetto di dumping non avrebbe comunque influito sullo sviluppo della tendenza.

(188)

Tra il 2002 e il PIR, le importazioni totali di PET originarie di altri paesi sono aumentate del 136 %, a 174 000 t. Nel periodo considerato, la loro quota di mercato nell’UE è aumentata dal 3,6 % al 7,1 %. La tabella che segue illustra tali tendenze.

Tabella 16

 

2002

2003

2004

PIR

Volume totale (t) di cui:

73 549

119 973

182 687

173 597

Pakistan

28 558

83 208

55 125

73 426

USA

20 570

16 105

49 763

50 393

Messico

1 476

20

32 112

20 501

Turchia

7 208

17 001

24 032

15 374

Altri

15 737

3 639

21 655

13 903

Quota di mercato

3,6 %

5,4 %

8,2 %

7,1 %

(189)

Nel periodo considerato, le importazioni dal Pakistan sono aumentate del 157 %, in particolare dopo la conclusione della procedura contro di esso nel 2004. Le importazioni dagli USA sono notevolmente aumentate, del 144 % a 50 000 t nel PIR. Le importazioni dal Messico sono passate da 1 500 t nel 2002 a 20 000 t nel PIR, un aumento del 1 390 %. Riguardo alle importazioni dalla Turchia, esse sono notevolmente aumentate tra il 2002 e il 2004 (del 244 %) per poi calare nel PIR del 36 %. Si noti tuttavia che i prezzi delle importazioni da USA, Messico e Turchia sono aumentati ed erano più alti dei prezzi delle importazioni da altri paesi e di quelli dell’industria comunitaria. Con ogni probabilità, per le importazioni dagli USA, si tratta di PET G — una particolare varietà di PET ad alta viscosità, venduta in media a un prezzo del 50 % più elevato del PET normale. Dal 2002 al 2004, i prezzi d’importazione del Pakistan erano inferiori ai prezzi medi dell’industria comunitaria. Durante il PIR, i prezzi d’importazione dal Pakistan sono aumentati fino al livello di quelli dell’industria comunitaria. Si ritiene perciò che queste importazioni non possano influire sulla situazione del mercato della Comunità.

5.   Esportazioni dell’industria comunitaria

(190)

Nel periodo considerato, le esportazioni dell’industria comunitaria si sono contratte, diminuendo dal 7,9 % al 4,9 % delle vendite totali dell’industria comunitaria. Solo nel 2003 le esportazioni dell’industria comunitaria sono aumentate in misura considerevole, forse a causa dei bassi prezzi di vendita dell’UE. Durante il PIR, esse rappresentano meno del 5 % delle vendite totali. Si noti che i prezzi d’esportazione sono sempre stati superiori ai prezzi di vendita della CE.

Tabella 17

 

2002

2003

2004

PIR

Esportazioni (t)

111 381

141 627

97 686

82 388

Indice

100

127

87

74

% delle vendite totali

7,9 %

9,6 %

6,3 %

4,9 %

Prezzo per t

959

942

1 026

1 096

Indice

100

98

107

114

H.   CONCLUSIONE SULLA PROBABILITÀ DI PERSISTENZA O DI REITERAZIONE DEL PREGIUDIZIO

(191)

Come si è visto sopra, i produttori/esportatori di India, Indonesia, Thailandia, Repubblica di Corea, Taiwan e Malaysia sono in grado di aumentare il volume delle loro esportazioni verso il mercato della Comunità.

(192)

I prezzi d’esportazione cif di PET originario di India, Thailandia e Malaysia erano più elevati dei prezzi dell’industria comunitaria. La differenza non era tuttavia significativa, il che porta a concludere che, senza i dazi antidumping, questi paesi possono premere sui prezzi dell’industria comunitaria in misura ancor più forte. I prezzi delle importazioni coreane, taiwanesi e indonesiane nella Comunità, inoltre, erano inferiori al prezzo comunitario. Per la Repubblica di Corea e Taiwan, la differenza era piccola (3-4 %) ma significativa per l’Indonesia (27 %). La probabilità di persistenza o di reiterazione del pregiudizio è pertanto alta.

(193)

Come già detto, la situazione dell’industria comunitaria è stata notevolmente influenzata dalle importazioni dalla RPC. Il loro prezzo era inferiore a quello comunitario (1 022 EUR/t contro 1 058 nella Comunità). E, in volume, le importazioni dalla RPC sono ammontate a 73 000 t, pari a una quota di mercato del 3 % nel PIR.

(194)

Riguardo ai volumi delle importazioni dai paesi interessati, si può quindi concludere che esiste la probabilità che essi aumentino significativamente date le capacità globali di produzione e le capacità di riserva disponibili nei paesi interessati come descritto al considerando 196.

(195)

Per quanto precede, si ritiene che i prezzi all’importazione sul mercato della Comunità sarebbero probabilmente inferiori senza le misure antidumping, dato che i produttori di questi paesi proverebbero a riguadagnare quote di mercato perse o ad aumentare quelle già detenute. Questa politica dei prezzi, insieme alla capacità dei produttori esportatori di questi paesi di vendere quantità significative di PET sul mercato comunitario, avrebbe probabilmente l’effetto di aumentare la pressione sui prezzi, con un ulteriore impatto negativo sulla situazione dell’industria comunitaria.

(196)

In questo contesto, va ricordato che tutti i 6 paesi interessati hanno una notevole capacità di produzione di riserva, che va dalle 37 000 t in Malaysia alle 400 000 t in Taiwan, per un totale di 1 milione di t circa, pari al 45 % della capacità di produzione dell’industria comunitaria. Nel periodo considerato, i prezzi d’importazione si sono aggirati intorno ai prezzi comunitari. I prezzi delle importazioni da Taiwan, ad esempio, paese con altissima capacità di produzione di riserva, sono scesi, nel periodo considerato, sotto il livello dei prezzi comunitari quando erano in vigore le misure antidumping. Inoltre, il livello elevato dei prezzi comunitari rende l’UE un mercato attraente. Si può quindi concludere che, se le misure dovessero scadere, i produttori dei paesi interessati sarebbero spronati a riorientare le loro vendite a basso prezzo verso il mercato UE.

(197)

Inoltre, recenti informazioni disponibili pubblicamente indicano che operatori della Bulgaria e della Romania hanno acquistato quantità insolite di trucioli di PET presso i paesi asiatici sotto esame. Le spedizioni hanno avuto luogo in novembre e dicembre 2006. Ciò indica quanto sia probabile la reiterazione del pregiudizio per l’industria comunitaria, e dimostra che le importazioni dai paesi interessati sul mercato della Comunità sarebbero molto maggiori in mancanza di misure antidumping.

(198)

Come indicato, la situazione dell’industria comunitaria è lievemente migliorata rispetto al periodo precedente all’imposizione delle misure, ma resta vulnerabile e fragile. È probabile che se l’industria comunitaria fosse esposta ad ancor maggiori importazioni in dumping dai paesi in esame, ciò provocherebbe un deterioramento della sua situazione finanziaria e probabilmente un’ulteriore perdita di redditività. Su questa base, si conclude perciò che l’abrogazione delle misure contro India, Indonesia, Thailandia, Repubblica di Corea, Taiwan e Malaysia porterebbe assai probabilmente a una reiterazione del pregiudizio per l’industria comunitaria.

I.   INTERESSE DELLA COMUNITÀ

1.   Introduzione

(199)

Ai sensi dell’articolo 21 del regolamento di base, la Commissione ha esaminato se una proroga delle misure antidumping attualmente in vigore possa essere contraria all’interesse generale della Comunità. La determinazione dell’interesse della Comunità si è basata su una valutazione degli interessi di tutte le parti coinvolte. La presente inchiesta analizza una situazione in cui sono già in vigore misure antidumping e permette di valutare un eventuale eccessivo impatto negativo sulle parti interessate a causa di tali misure.

(200)

La Commissione ha pertanto esaminato se, nonostante le conclusioni sul rischio di persistenza o reiterazione del dumping pregiudizievole, non esistano ragioni valide per concludere che, in questo caso particolare, il mantenimento delle misure non sia nell’interesse della Comunità.

2.   Interesse dell’industria comunitaria

(201)

Come già detto, esiste una forte probabilità di reiterazione del dumping pregiudizievole se le misure venissero abrogate. Tutti i produttori comunitari tranne 2 hanno pienamente collaborato e hanno manifestato il proprio appoggio alle misure in corso. Anche un produttore comunitario collegato a uno degli esportatori coreani ha espresso il proprio sostegno alle misure. Va considerato, tuttavia, che la sua impresa madre esporta a dazio zero.

(202)

La proroga delle misure antidumping sulle importazioni dai paesi in esame migliorerà la possibilità per l’industria comunitaria di raggiungere un livello ragionevole di redditività. Cosa più importante, eviterà che l’industria comunitaria venga eliminata dal mercato. Di fatto, l’alta probabilità del dumping pregiudizievole sta nei grandi volumi cui l’industria comunitaria non può opporre resistenza. L’industria comunitaria continuerà pertanto a trarre beneficio dal mantenimento delle attuali misure antidumping, soprattutto perché ora esistono anche misure contro le importazioni dall’Australia e dalla RPC.

3.   Interesse degli importatori

(203)

La Commissione ha inviato questionari a 18 importatori/operatori commerciali del prodotto in esame. Ma la collaborazione di importatori/operatori commerciali che acquistino soprattutto dai paesi interessati e che rappresentano il 5 % circa del consumo UE, è stata scarsa. Solo 1 importatore/operatore commerciale ha fornito dati e il grosso dei suoi acquisti è avvenuto presso l’industria comunitaria. Solo quantità marginali provenivano dai paesi in esame o da altri paesi esportatori. Tale importatore/operatore commerciale preferirebbe un mercato a dazio zero sebbene goda attualmente di buoni risultati finanziari. Dato che le misure in vigore non hanno influito molto sugli importatori, si conclude che mantenere le attuali misure antidumping contro le importazioni da India, Indonesia, Thailandia, Malaysia, Repubblica di Corea e Taiwan non avrebbe effetti negativi significativi sulla situazione degli importatori nella Comunità.

4.   Interesse dei convertitori/utenti

(204)

La Commissione ha inviato questionari a 47 convertitori/utenti noti. Vi hanno risposto solo 10 di essi e con una scarsa rappresentatività complessiva.

(205)

Secondo le informazioni sugli acquisti fornite nelle risposte al questionario, i convertitori/utenti che hanno collaborato durante il PIR rappresentano il 20 % circa dell’intero consumo comunitario di PET. Durante il PIR, essi hanno acquistato il 95 % del loro fabbisogno di PET presso produttori della Comunità, coprendo il resto con importazioni da paesi diversi da quelli soggetti al presente esame. Essi hanno presentato vari argomenti contro l’imposizione di dazi.

(206)

Hanno risposto al questionario 5 convertitori (che trasformano trucioli di PET in semilavorati idonei alla fabbricazione di bottiglie e che rappresentano il 10 % del consumo). Il costo dei trucioli di PET rappresenta il 55 % del loro prodotto finale (soprattutto semilavorati). È stato assodato che essi importano quantità trascurabili dai paesi in esame e da altri paesi terzi. Essi si oppongono però al mantenimento dei dazi, sostenendo che le misure potrebbero causare un aumento artificiale dei prezzi in Europa.

(207)

5 utenti che rappresentano il 10 % circa del consumo hanno fornito dati piuttosto incompleti. Il basso livello di cooperazione da parte dei maggiori utenti è probabilmente dovuto al fatto che l’ultima inchiesta sulle importazioni di PET da RPC, Australia e Pakistan è avvenuta appena due anni fa. I costi del PET rappresentano il 6-7 % circa del costo globale e sono dunque piuttosto limitati. Pur non avendo dichiarato importazioni dai paesi in esame, analogamente ai convertitori, essi si oppongono all’imposizione di dazi, sostenendo che le misure potrebbero causare un aumento artificiale dei prezzi in Europa.

(208)

Data la situazione finanziaria piuttosto buona dell’industria di trasformazione, rispetto a quella dell’industria comunitaria, nessun convertitore/utente ha argomentato che il mantenimento dei dazi attuali potrebbe causare una perdita di posti di lavoro o la delocalizzazione degli impianti di produzione.

(209)

Inoltre, in termini di volumi di produzione, l’industria comunitaria ha adeguato le proprie dimensioni all’aumento dei consumi ed è quindi altamente probabile che le capacità inutilizzate dell’industria comunitaria possano coprire pienamente la quantità delle importazioni.

(210)

Poiché esistono ancora fonti di approvvigionamento alternative prive di misure antidumping, come Messico, Turchia, USA, Brasile, Pakistan, Iran e Arabia Saudita, gli utenti comunitari potrebbero anche affidarsi o passare a fonti di approvvigionamento diversificate del prodotto in esame.

(211)

Riguardo alla performance dell’industria utilizzatrice, dall’inchiesta emerge che durante il periodo in esame gli utenti che hanno collaborato hanno aumentato il proprio fatturato, mantenuto stabile l’occupazione e migliorato la propria redditività generale. È accertato perciò che le misure antidumping non hanno avuto effetti negativi su di essi.

(212)

In base a quanto precede, si conclude che il mantenimento delle attuali misure antidumping nei confronti delle importazioni da India, Indonesia, Thailandia, Malaysia, Repubblica di Corea e Taiwan non avrebbe una forte incidenza negativa sulla situazione degli utenti nella Comunità.

5.   Interesse dei fornitori

(213)

I fornitori di materie prime (glicole monoetilenico — MEG — e acido tereftalico purificato — PTA, DMT e acido isoftalico — IPA), tutti prodotti petrolchimici derivati dalla nafta, hanno dato il proprio aperto sostegno alle misure. Essi approfitteranno del fatto che l’industria comunitaria si possa riavere dagli effetti del dumping e miglioreranno la propria performance.

6.   Conclusioni in merito all’interesse della Comunità

(214)

Tenuto conto dei fatti e delle considerazioni che precedono, si conclude che non esistono motivi validi per non mantenere in vigore le misure antidumping.

J.   RAPPORTO TRA MISURE ANTIDUMPING E COMPENSATIVE

(215)

Per un paese esportatore, l’India, è stata effettuata un’inchiesta parallela sulla scadenza delle misure compensative (cfr. considerando 10). Tale inchiesta ha confermato la necessità di continuare ad applicare tali misure a livelli invariati. Anche la presente inchiesta ha concluso che si dovrebbero tenere in vigore a livelli invariati le misure antidumping sulle esportazioni dall’India. Da questo punto di vista, si fa riferimento al considerando 125 del regolamento (CE) n. 2604/2007. Poiché le misure attualmente proposte per le esportazioni di PET dall’India restano invariate, ne segue che l’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento di base antidumping e l’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2026/97 sono soddisfatti.

K.   DISPOSIZIONI FINALI

(216)

Tutte le parti sono state informate dei fatti essenziali e delle considerazioni in base alle quali si è inteso raccomandare il mantenimento delle misure in vigore modificandone eventualmente i rispettivi livelli. Inoltre, dopo tale comunicazione, è stato fissato un termine entro il quale le parti potessero presentare osservazioni e commenti. In particolare, un esportatore indiano ha sostenuto che, in caso di abrogazione delle misure, non è probabile che che l’India riorienti le vendite verso la Comunità. Egli sosteneva che i mercati emergenti erano più attraenti della Comunità, che la domanda in India stava crescendo rapidamente e che, pertanto, non fosse disponibile alcuna capacità di riserva. Si deve però tener conto del fatto che, nonostante l’incremento della domanda sul mercato indiano, l’inchiesta a livello di impresa ha rilevato capacità di riserva in eccesso rispetto all’aumento di tale domanda, circostanza confermata dall’analisi di mercato di cui al considerando 74. Si conclude pertanto che nessun commento pervenuto sulla comunicazione fosse di natura tale da cambiare le conclusioni del presente regolamento.

(217)

Ne consegue che i dazi antidumping sono rispettivamente mantenuti e che i loro livelli vengono eventualmente modificati,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

1.   Viene imposto un dazio antidumping definitivo alle importazioni di tereftalato di polietilene avente una viscosità di almeno 78 ml/g, secondo la norma ISO 1628-5, appartenente al codice NC 3907 60 20 e proveniente dall’India, dall’Indonesia, dalla Malaysia, dalla Repubblica di Corea, da Taiwan e dalla Thailandia.

2.   Salvo il disposto dell’articolo 2, le aliquote del dazio antidumping applicabili al prezzo netto franco frontiera comunitaria, dazio non corrisposto, per i prodotti fabbricati dalle imprese sottoelencate sono le seguenti:

Paese

Impresa

Dazio antidumping

(EUR/t)

Codice addizionale TARIC

India

Pearl Engineering Polymers Ltd

130,8

A182

India

Reliance Industries Ltd

181,7

A181

India

SENPET Ltd

200,9

A183

India

Futura Polyesters Ltd

161,2

A184

India

South Asian Petrochem Ltd

88,9

A585

India

Tutte le altre imprese

181,7

A999

Indonesia

P.T. Mitsubishi Chemical Indonesia

187,7

A191

Indonesia

P.T. Indorama Synthetics Tbk

92,1

A192

Indonesia

P.T. Polypet Karyapersada

178,9

A193

Indonesia

Tutte le altre imprese

187,7

A999

Malaysia

Hualon Corp. (M) Sdn. Bhd.

36,0

A186

Malaysia

MpI Polyester Industries Sdn. Bhd.

160,1

A185

Malaysia

Tutte le altre imprese

160,1

A999

Repubblica di Corea

SK Chemicals Group:

 

 

SK Chemicals Co. Ltd

0

A196

Huvis Corp.

0

A196

Repubblica di Corea

KP Chemicals Group:

 

 

Honam Petrochemicals Corp.

0

A195

KP Chemicals Corp.

0

A195

Repubblica di Corea

Tutte le altre imprese

148,3

A999

Taiwan

Far Eastern Textile Ltd

36,3

A808

Taiwan

Shinkong Synthetic Fibers Corp.

67,0

A809

Taiwan

Tutte le altre imprese

143,4

A999

Thailandia

Thai Shingkong Industry Corp. Ltd

83,2

A190

Thailandia

Indo Pet (Thailandia) Ltd

83,2

A468

Thailandia

Tutte le altre imprese

83,2

A999

3.   Se le merci vengono danneggiate prima dell’immissione in libera pratica e, di conseguenza, il prezzo effettivamente pagato o pagabile viene ridotto proporzionalmente ai fini della determinazione del valore in dogana ai sensi dell’articolo 145 del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (10), l’importo del dazio antidumping, calcolato in base agli importi di cui sopra, è ridotto di una percentuale corrispondente alla ripartizione del prezzo effettivamente pagato o pagabile.

4.   In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, il dazio antidumping definitivo non si applica alle importazioni immesse in libera pratica in conformità dell’articolo 2.

5.   Se non altrimenti specificato, le disposizioni in vigore relative ai dazi doganali restano valide.

Articolo 2

1.   Le importazioni del prodotto fabbricato ed esportato direttamente (cioè fatturato e spedito) ad un’impresa operante come importatore nella Comunità delle imprese di cui al paragrafo 3 sono esenti dai dazi antidumping imposti dall’articolo 1, a condizione che siano dichiarate al codice addizionale TARIC appropriato e che sussistano i requisiti di cui al paragrafo 2.

2.   Al momento della richiesta di immissione in libera pratica, l’esenzione dal dazio è subordinata alla presentazione ai servizi doganali degli Stati membri interessati di una fattura valida corrispondente all’impegno rilasciata da una delle imprese esportatrici di cui al paragrafo 3, contenente gli elementi fondamentali elencati in allegato al presente regolamento. Per poter beneficiare dell’esenzione dal dazio, inoltre, i prodotti dichiarati e presentati in dogana devono corrispondere esattamente alla descrizione della fattura corrispondente all’impegno.

3.   Le importazioni accompagnate da una fattura corrispondente a un impegno vengono dichiarate nei seguenti codici addizionali TARIC:

Paese

Impresa

Codice addizionale TARIC

India

Pearl Engineering Polymers Ltd

A182

India

Reliance Industries Ltd

A181

India

Futura Polyesters Ltd

A184

India

South Asian Petrochem Ltd

A585

Indonesia

P.T. Polypet Karyapersada

A193

Articolo 3

Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, addì 22 febbraio 2007.

Per il Consiglio

Il presidente

F. MÜNTEFERING


(1)  GU L 56 del 6.3.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2117/2005 (GU L 340 del 23.12.2005, pag. 17).

(2)  GU L 301 del 30.11.2000, pag. 21. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1646/2005 (GU L 266 dell’11.10.2005, pag. 10).

(3)  GU L 271 del 19.8.2004, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2167/2005 (GU L 345 del 28.12.2005, pag. 11).

(4)  GU C 52 del 2.3.2005, pag. 2.

(5)  GU C 304 dell’1.12.2005, pag. 9.

(6)  GU C 129 del 2.6.2006, pag. 23.

(7)  GU L 288 del 21.10.1997, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 461/2004 (GU L 77 del 13.3.2004, pag. 12).

(8)  Regolamento (CE) n. 2604/2000, considerando 125, e regolamento (CE) n. 496/2002 (GU L 78 del 21.3.2002, pag. 4), considerando 19.

(9)  GU L 19 del 21.1.2005, pag. 6, considerando 58.

(10)  GU L 253 dell’11.10.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1875/2006 (GU L 360 del 19.12.2006, pag. 64).


ALLEGATO

Elementi da indicare nella fattura corrispondente all’impegno di cui all’articolo 2, paragrafo 2:

1)

il numero della fattura corrispondente all’impegno;

2)

il codice addizionale TARIC con il quale le merci figuranti nella fattura possono essere sdoganate alla frontiera comunitaria (come specificato nel regolamento);

3)

la descrizione esatta delle merci, compresi:

il numero di codice del prodotto (quale figura nell’impegno offerto dal produttore/esportatore in questione),

il codice NC,

la quantità (in unità);

4)

la descrizione delle condizioni di vendita, compresi:

il prezzo unitario,

le condizioni di pagamento previste,

le condizioni di consegna previste,

gli sconti e le riduzioni complessivi;

5)

il nome dell’impresa operante come importatore alla quale l’impresa ha rilasciato direttamente la fattura;

6)

il nome del responsabile dell’impresa che ha emesso la fattura corrispondente all’impegno, seguito dalla seguente dichiarazione firmata:

«Il sottoscritto certifica che la vendita per l’esportazione diretta nella Comunità europea delle merci coperte dalla presente fattura è effettuata nell’ambito e alle condizioni dell’impegno offerto dalla … [impresa] e accettato dalla Commissione europea con la decisione 2000/745/CE. Il sottoscritto dichiara che le informazioni contenute sulla presente fattura sono complete ed esatte.»