26.1.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 22/54


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 22 dicembre 2005

recante modifica della decisione 1999/572/CE che accetta gli impegni offerti riguardo ai procedimenti antidumping relativi alle importazioni di cavi di acciaio originarie, tra l’altro, dell’India

(2006/38/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (1) (di seguito denominato «regolamento di base»), in particolare gli articoli 8 e 9,

sentito il comitato consultivo,

considerando quanto segue:

A.   PROCEDIMENTO PRECEDENTE

(1)

Nell’agosto 1999, con il regolamento (CE) n. 1796/1999 (2), il Consiglio ha istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di cavi d’acciaio («il prodotto in esame») originarie, tra l’altro, dell’India.

(2)

Con decisione 1999/572/CE (3) la Commissione ha accettato l’impegno relativo ai prezzi da parte della società indiana Usha Martin Industries & Usha Beltron Ltd. La società ha nel frattempo modificato la ragione sociale ed è ora denominata Usha Martin Ltd («UML»). La variazione della ragione sociale non ha in alcun modo inciso sulle attività della società.

(3)

Di conseguenza, le importazioni nella Comunità del prodotto in esame di origine indiana, fabbricato dalla UML o da qualsiasi altra società ad essa collegata nel mondo, e del tipo oggetto dell’impegno («il prodotto oggetto dell’impegno»), erano esenti dal dazio antidumping definitivo.

(4)

Al riguardo, occorre rilevare che taluni tipi di cavi di fili di acciaio attualmente prodotti dalla UML non venivano esportati verso la Comunità durante il periodo dell’inchiesta che ha determinato l’istituzione di misure antidumping definitive e non rientravano, quindi, nell’ambito dell’esenzione determinata dall’impegno. Pertanto, tali cavi di fili di acciaio erano assoggettati al pagamento del dazio antidumping all’atto dell’immissione in libera pratica nella Comunità.

(5)

Nel novembre 2005, al termine di un riesame in previsione della scadenza ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2 del regolamento di base, il Consiglio ha deciso, con il regolamento (CE) n. 121/2006 (4), di mantenere le misure antidumping applicabili alle importazioni del prodotto in esame originarie, tra l’altro, dell’India,

B.   VIOLAZIONI DELL’IMPEGNO

1.   Obblighi delle società che hanno assunto impegni

(6)

L’impegno offerto dalla UML obbliga la società (e qualsiasi altra società ad essa collegata nel mondo), tra l’altro, ad esportare il prodotto oggetto dell’impegno al primo acquirente indipendente della Comunità almeno al prezzo minimo all’importazione stabilito nell’impegno. Tale prezzo elimina il pregiudizio causato dal dumping. In caso di rivendita nella Comunità al primo acquirente indipendente da parte di importatori collegati, il prezzo di rivendita del prodotto oggetto dell’impegno, al netto di adeguati aggiustamenti che tengano conto delle spese generali, amministrative e di vendita, e di un profitto ragionevole, deve anch’esso collocarsi a livelli che eliminino il pregiudizio causato dal dumping.

(7)

Inoltre, le condizioni dell’impegno impongono alla UML di fornire alla Commissione informazioni periodiche e dettagliate sotto forma di relazioni trimestrali sulle vendite (e rivendite ad opera delle parti collegate nella Comunità) del prodotto in esame originario dell’India. È inteso che tali relazioni riguardino i prodotti oggetto dell’impegno beneficiari dell’esenzione dal dazio antidumping e i tipi di cavi di fili di acciaio non oggetto dell’impegno e quindi assoggettati al dazio antidumping.

(8)

Salvo indicazioni contrarie, la Commissione presume che le relazioni presentate sulle vendite della UML (e sulle rivendite delle società collegate con sede nella Comunità) siano complete, esaurienti ed esatte in ogni loro parte.

(9)

La UML aveva inoltre preso atto che l’esenzione dai dazi antidumping determinata dall’impegno è subordinata alla presentazione alle autorità doganali della Comunità di una «fattura corrispondente all’impegno». Inoltre, la società si è impegnata a non emettere fatture corrispondenti all’impegno per le vendite dei tipi di prodotto in esame non oggetto dell’impegno e quindi assoggettati al dazio antidumping.

(10)

Tra le condizioni inerenti all’impegno figura quella secondo cui esso si applica a qualsiasi società collegata, nel mondo, alla UML.

(11)

Ai fini del rispetto dell’impegno, la UML ha inoltre accettato di fornire tutte le informazioni ritenute necessarie dalla Commissione e di permettere verifiche in loco presso i suoi impianti, e quelli delle società collegate, per accertare l’esattezza e la veridicità dei dati presentati nelle summenzionate relazioni trimestrali.

(12)

Al riguardo sono state effettuate visite di verifica presso la sede della UML in India e presso una società collegata alla UML a Dubai, la Brunton Wolf Wire Ropes FZE («BWWR»).

2.   Risultati della visita di verifica presso la UML

(13)

Dall’esame della contabilità della società indiana è emerso che dalle relazioni trimestrali sulle vendite oggetto dell’impegno presentate alla Commissione erano stati omessi quantitativi considerevoli del prodotto in esame non oggetto dell’impegno. Inoltre, le merci in questione erano state vendute dalla UML ai suoi importatori collegati nel Regno Unito e in Danimarca e incluse nelle fatture corrispondenti all’impegno.

(14)

L’omissione delle vendite in questione dalle relazioni e la loro erronea inclusione nelle fatture relative all’impegno sono considerate violazioni dell’impegno.

3.   Risultati della visita di verifica presso la BWWR

(15)

Occorre rilevare innanzitutto che il cavo di fili di acciaio che costituisce il prodotto finito della BWWR passa attraverso due fasi principali di produzione: i) un determinato numero di fili di acciaio singoli sono attorcigliati per costituire il «trefolo», ii) un determinato numero di tali trefoli costituiti da singoli fili di acciaio vengono a loro volta ritorti per formare il cavo di fili di acciaio finito.

(16)

Dalla verifica effettuata presso la BWWR è emerso che la UML aveva venduto alla BWWR quantitativi considerevoli di trefoli di origine indiana, che la BWWR aveva trasformato in cavi di fili di acciaio, di cui una parte era stata successivamente esportata nella Comunità come prodotto originario degli Emirati arabi uniti («UAE»).

(17)

In considerazione del summenzionato processo di trasformazione, è stato ritenuto necessario esaminare la questione dell’origine dei cavi di fili di acciaio venduti alla Comunità dalla BWWR. Si è fatto quindi riferimento all’articolo 22 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (5) (il «codice doganale comunitario»); tale articolo dispone che alle misure diverse da quelle tariffarie stabilite da disposizioni comunitarie specifiche nel quadro degli scambi di merci — quali le misure antidumping — si applicano le norme sull’origine non preferenziale.

(18)

Le disposizioni in merito alla determinazione dell’origine non preferenziale delle merci, alla cui produzione hanno contribuito due o più paesi, sono stabilite dagli articoli 24 e 25 del codice doganale comunitario nonché dagli articoli 35 e 39 del regolamento (CEE) n. 2454/93 (6) che fissa le disposizioni di applicazione del codice doganale comunitario. Per quanto riguarda il concetto di «ultima trasformazione sostanziale» di cui all’articolo 24 del codice doganale comunitario, nel caso dei cavi di fili di acciaio si considera che l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale sia avvenuta allorché il prodotto è classificato in una voce del sistema tariffario armonizzato a 4 cifre (la «voce a 4 cifre») distinta dalle voci a 4 cifre in cui erano stati classificati i materiali utilizzati per la fabbricazione del prodotto.

(19)

Pertanto, la trasformazione di trefoli indiani della voce a 4 cifre 73.12 in cavi di fili di acciaio rientranti anch’essi nella voce a 4 cifre 73.12 non conferisce al prodotto finito, nella fattispecie cavi di fili di acciaio, l’origine UAE e il prodotto conserva l’origine indiana.

(20)

Pertanto, i cavi di fili di acciaio venduti dalla BWWR e costituiti da trefoli di origine indiana sono considerati di origine indiana e sono quindi assoggettati alle vigenti misure antidumping applicabili alle importazioni originarie dell’India. Di conseguenza, tali prodotti sono assoggettati alle condizioni dell’impegno, oppure all’applicazione dei dazi antidumping all’atto dell’immissione in libera pratica nella Comunità qualora non rientrino in nessuna delle categorie di prodotti oggetto dell’impegno.

(21)

Inoltre, è stato constatato che i cavi di fili di acciaio in questione, considerati di origine indiana, venduti dalla BWWR alla Comunità non erano stati riportati nelle relazioni trimestrali sulle vendite interessate dall’impegno trasmesse alla Commissione dalla UML o dalle società ad essa collegate, e che non erano stati dichiarati aventi origine indiana all’atto dell’importazione per l’immissione in libera pratica nella Comunità. Ne consegue che, in mancanza di una fattura corrispondente all’impegno, tali importazioni nella Comunità del prodotto in esame in provenienza da Dubai, considerato di origine indiana, dovevano essere assoggettate al pagamento del dazio antidumping all’atto dell’immissione in libera pratica nella Comunità.

(22)

Inoltre, è stato accertato che tali cavi di fili di acciaio di origine indiana prodotti a Dubai erano stati venduti sul mercato comunitario a prezzi inferiori ai corrispondenti prezzi minimi all’importazione fissati nell’impegno della UML relativo ai cavi di fili di acciaio in questione.

(23)

Pertanto, viste le risultanze, la società UML è stata informata dei fatti e delle considerazioni essenziali in base ai quali la Commissione intendeva revocare l’accettazione dell’impegno e istituire invece un dazio antidumping definitivo. È stato inoltre concesso un periodo di tempo entro il quale presentare osservazioni oralmente e per iscritto. La UML ha presentato osservazioni sia per iscritto che oralmente.

4.   Osservazioni

a)   Violazioni degli obblighi in materia di relazioni

(24)

In merito al prodotto in esame esportato dalla UML e non riportato nelle relazioni trimestrali sulle vendite interessate dall’impegno, è stato dichiarato che, benché le merci in questione figurassero sulle fatture corrispondenti all’impegno, erano state importate nella Comunità in regime di perfezionamento attivo per essere successivamente immesse in libera pratica nella Comunità previo pagamento del dazio antidumping, oppure riesportate fuori della Comunità. È stato quindi argomentato che erano state omesse dalle relazioni sulle vendite interessate dall’impegno a causa di un mero errore materiale, che non era stato arrecato pregiudizio e che non si era verificata nessuna violazione sostanziale.

(25)

A sostegno di questa tesi, la UML ha ritenuto che la finalità principale di un impegno sia quella di garantire vendite a livelli tali da eliminare il pregiudizio. In proposito ha osservato che, avendo pienamente rispettato tali condizioni, l’esattezza delle relazioni sulle vendite interessate dall’impegno era di secondaria importanza. Analogamente, nella misura in cui i prodotti non rientranti nell’impegno ma figuranti sulle fatture corrispondenti all’impegno erano stati in definitiva assoggettati al dazio antidumping oppure riesportati fuori della Comunità, la UML considerava che l’impegno fosse stato sostanzialmente rispettato. La UML riteneva quindi che la situazione del mercato comunitario non avesse subito variazioni a causa delle sue azioni in questo ambito o di quelle delle società della Comunità ad essa collegate.

(26)

In risposta ai summenzionati argomenti, la Commissione concorda sul fatto che gli impegni siano finalizzati all’eliminazione degli effetti pregiudizievoli del dumping. Tuttavia, non ritiene che l’obbligo di presentare relazioni accurate sulle vendite o l’inclusione nelle fatture corrispondenti all’impegno di merci non rientranti nell’impegno abbia rilevanza secondaria o subordinata rispetto ad altre disposizioni dell’impegno. La Commissione può sorvegliare efficacemente un impegno e determinare se venga rispettato e siano eliminati gli effetti pregiudizievoli del dumping soltanto se è in possesso di tutti i dati relativi alle vendite alla Comunità del prodotto in esame. Se le relazioni sulle vendite sono incomplete o inesatte sorgono dubbi sul rispetto da parte della società dell’impegno complessivo. Il rispetto delle formalità in materia di relazioni deve essere considerato parte integrante degli obblighi principali delle società in questione, nella misura in cui tali formalità non sono soltanto intese a semplificare le procedure amministrative, ma sono necessarie ai fini del corretto funzionamento di tutto il sistema degli impegni.

(27)

Di conseguenza, riguardo al mantenimento dello status quo sul mercato comunitario (e implicitamente sull’eventuale danno all’industria comunitaria), si ritiene che le violazioni degli obblighi in materia di relazioni mettano a repentaglio l’efficacia del sistema degli impegni, che nel caso specifico difende dal dumping pregiudizievole i produttori comunitari di cavi di fili di acciaio. La mancanza di relazioni complete e attendibili fa inoltre sorgere dubbi in merito al rispetto delle disposizioni sostanziali dell’impegno e impedisce quindi alla Commissione di stabilire se la società abbia rispettato tutti i suoi obblighi. Pertanto, la Commissione deve ritenere tali violazioni pregiudizievoli per i produttori comunitari.

(28)

Inoltre, ai sensi dell’impegno, la UML e le sue società collegate nel mondo devono rispettare l’insieme delle disposizioni dell’impegno ed adottare provvedimenti efficaci per garantire il rispetto di tali disposizioni. Nel caso in esame non esistevano le procedure e i controlli interni atti a consentire alla UML di soddisfare pienamente i suoi obblighi ai sensi dell’impegno.

(29)

Pertanto, le argomentazioni addotte dalla società in merito alle formalità di relazione non modificano l’opinione della Commissione secondo cui si sono verificate violazioni dell’impegno.

b)   Proporzionalità

(30)

È stato inoltre affermato che dovrebbe esistere un rapporto ragionevole tra i provvedimenti presi dalle istituzioni comunitarie nell’ambito dell’attuale sistema di impegni sui prezzi per il prodotto in esame originario dell’India e gli obiettivi di tali misure (proporzionalità).

(31)

Per quanto riguarda la proporzionalità, occorre innanzitutto rilevare che ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 7 del regolamento di base, l’inosservanza dell’obbligo di fornire le pertinenti informazioni (ad esempio l’inosservanza di uno qualsiasi dei requisiti in materia di relazione) è considerata violazione dell’impegno. Inoltre, conformemente all’articolo 8, paragrafo 9 del regolamento di base, in caso di violazione dell’impegno è istituito un dazio definitivo. Si ritiene che tali articoli sottolineino di per sé l’importanza dell’obbligo di presentare relazioni. Tale aspetto è messo ulteriormente in rilievo dalla formulazione chiara e precisa dell’impegno stesso, in cui sono indicati tutti gli obblighi in materia di relazioni.

(32)

Tale impostazione è stata inoltre confermata dalla giurisprudenza del tribunale di primo grado secondo cui qualsiasi violazione di un impegno è sufficiente per consentire di revocare la sua accettazione (7).

(33)

Pertanto, le argomentazioni addotte dalla UML in merito alla proporzionalità non modificano l’opinione della Commissione secondo cui si sono verificate violazioni dell’impegno.

c)   Paese in via di sviluppo

(34)

La UML ha inoltre sostenuto che in quanto produttore esportatore con sede in India, paese in via di sviluppo conformemente alla definizione dell’OMC, meriterebbe a norma dell’articolo 15 dell’accordo antidumping dell’OMC una «considerazione particolare»; pertanto, la Commissione non dovrebbe revocare l’accettazione dell’impegno in quanto si tratterebbe di un primo problema di inadempienza.

(35)

In merito al fatto che avendo la UML sede in un paese in via di sviluppo non si dovrebbe revocare l’accettazione dell’impegno da essa assunto, occorre rammentare che la UML è la società madre di un gruppo multinazionale e uno dei maggiori produttori mondiali del prodotto in esame. In considerazione dell’evidente competenza dei dirigenti e della struttura del gruppo UML verificata dalla Commissione durante le visite, non si può accettare l’argomentazione secondo cui il rispetto di un requisito in materia di relazione creerebbe problemi alla società. Inoltre, se una società offre un impegno, deve garantire di essere successivamente in grado di assolvere gli obblighi da esso derivanti. Le argomentazioni della società in proposito sono pertanto respinte.

d)   Origine non preferenziale ai fini dell’importazione

(36)

Per quanto riguarda la questione dell’origine dei cavi di fili di acciaio esportati verso la Comunità da Dubai e costituiti da trefoli di origine indiana, la UML ha osservato che le merci in questione non mantenevano l’origine indiana nella fase finale della trasformazione (ossia la ritorcitura dei trefoli e la rifinitura in cavi di fili di acciaio), bensì che tali processi finali conferivano alle merci l’origine UAE.

(37)

Al riguardo, la UML ha sostenuto che la Commissione sbagliava a fare riferimento alla variazione della voce a 4 cifre come unico fattore determinante dell’origine non preferenziale. La UML ha osservato inoltre che, conformemente agli articoli 24 e 25 del codice doganale comunitario, una variazione del codice a 4 cifre è soltanto uno dei fattori da considerare e non è necessariamente determinante, in quanto un altro aspetto fondamentale è costituito dal valore aggiunto in loco ai fattori di produzione importati. È stato osservato che il valore aggiunto a Dubai superava il 25 %. Inoltre, la UML ha sostenuto che la determinazione dell’origine delle merci mediante riferimento alle (eventuali) variazioni della voce a 4 cifre rappresentava la posizione della Comunità nell’ambito dei negoziati in corso in sede OMC sulle norme di origine e non costituiva normativa comunitaria adottata.

(38)

La UML ha dichiarato di non essere a conoscenza delle norme di origine non preferenziale e che quando, nel 2003, è stato costruito lo stabilimento di Dubai la direzione del gruppo a Dubai e in India presumeva che i cavi di fili di acciaio prodotti a Dubai impiegando trefoli di origine indiana acquisissero l’origine UAE.

(39)

In merito alle summenzionate argomentazioni della UML sull’origine dei prodotti in questione esportati verso la Comunità da Dubai, la Commissione sottolinea innanzitutto che, se due o più paesi contribuiscono alla produzione di una merce, ai fini dell’origine non preferenziale il concetto di «ultima trasformazione sostanziale» determina effettivamente l’origine della merce. Tuttavia, in generale, il criterio dell’ultima trasformazione sostanziale si esprime in uno dei tre modi seguenti: i) mediante una norma che richiede una variazione della (sotto)voce tariffaria della nomenclatura del sistema armonizzato, oppure ii) mediante un elenco di processi di lavorazione o trasformazione che conferiscono o non conferiscono alle merci l’origine del paese in cui si sono svolti tali processi, oppure iii) mediante una norma relativa al valore aggiunto.

(40)

Nel caso in esame, i cavi di fili di acciaio rientrano tra i prodotti disciplinati dalla norma che richiede una variazione della (sotto)voce tariffaria. Pertanto, poiché la voce a 4 cifre per i trefoli e i cavi di fili di acciaio è la stessa, la trasformazione effettuata a Dubai non modifica l’origine indiana ai fini della determinazione dell’origine non preferenziale.

(41)

Inoltre, benché non fosse necessario esaminare l’aspetto relativo al valore aggiunto a Dubai ai fattori di produzione importati, per motivi di buona amministrazione si è proceduto anche all’analisi dei dati forniti per comprovare l’affermazione della UML secondo cui il valore aggiunto a Dubai era sostanziale. Da tale analisi è emerso che, contrariamente a quanto sostenuto dalla società, il valore aggiunto effettivo, espresso in percentuale del prezzo franco fabbrica dei cavi di fili di acciaio, conferito a Dubai era comunque inferiore alla soglia del 25 %.

(42)

Per quanto riguarda l’osservazione della UML secondo cui la considerazione della variazione della voce a 4 cifre rappresenta una posizione negoziale della Commissione nell’ambito dell’OMC e non normativa adottata, si rileva che la norma della voce a 4 cifre rappresenta una prassi consolidata nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 24 del codice doganale comunitario. In quanto tale, è la norma applicata dalle istituzioni comunitarie e dalle competenti autorità doganali degli Stati membri per la determinazione dell’origine non preferenziale di una serie di prodotti, tra cui il prodotto in questione.

(43)

Riguardo all’affermazione che la società non era a conoscenza delle norme di origine non preferenziale, la Commissione ribadisce innanzitutto che la UML è la società madre di una grande multinazionale cui sono collegati impianti di produzione, distributori e uffici vendite sparsi in tutto il mondo. Dati i movimenti di materie prime, prodotti lavorati e semilavorati tra le società appartenenti al gruppo, appare improbabile che la società non conoscesse le norme di origine non preferenziale o l’origine di prodotti fondamentali di uno dei suoi impianti. Comunque, si presume che le società siano a conoscenza delle norme e del codice applicabili e che non possano appellarsi all’ignoranza per giustificare l’inadempienza rispetto alle norme in vigore.

(44)

Alla luce delle considerazioni sopraesposte, la Commissione ritiene che le merci in questione, esportate da Dubai, avessero origine indiana e dovessero pertanto essere assoggettate alle misure antidumping applicabili alle importazioni di cavi di fili di acciaio originarie dell’India.

(45)

Pertanto, le argomentazioni addotte dalla società in merito all’origine delle merci in questione non sono state accettate e non hanno quindi modificato l’opinione della Commissione secondo cui si sono verificate violazioni dell’impegno.

C.   MODIFICA DELLA DECISIONE 1999/572/CE

(46)

Alla luce delle considerazioni sopraesposte, è opportuno revocare l’accettazione dell’impegno offerto dalla società Usha Martin Industries & Usha Beltron Ltd, attualmente denominata Usha Martin Ltd. Occorre modificare di conseguenza l’articolo 1 della decisione 1999/572/CE che accetta l’impegno offerto dalla società Usha Martin Industries & Usha Beltron Ltd,

DECIDE:

Articolo 1

È revocata l’accettazione dell’impegno relativo alle importazioni di cavi di acciaio offerto dalla società Usha Martin Industries & Usha Beltron Ltd.

Articolo 2

La tabella di cui all’articolo 1, paragrafo 1 della decisione 1999/572/CE è sostituita dalla tabella seguente.

Paese

Produttore

Codice addizionale TARIC

Sudafrica

Haggie

Lower Germiston Road

Jupiter

PO Box 40072

Cleveland

South Africa

A023

Articolo 3

La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Fatto a Bruxelles, il 22 dicembre 2005.

Per la Commissione

Peter MANDELSON

Membro della Commissione


(1)  GU L 56 del 6.3.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2117/2005 (GU L 340 del 23.12.2005, pag. 17).

(2)  GU L 217 del 17.8.1999, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1674/2003 (GU L 238 del 25.9.2003, pag. 1).

(3)  GU L 217 del 17.8.1999, pag. 63. Decisione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1678/2003 (GU L 238 del 25.9.2003, pag. 13).

(4)  Cfr. la pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale.

(5)  GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 648/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 117 del 4.5.2005, pag. 13).

(6)  GU L 253, dell’11.10.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 883/2005 (GU L 148 dell’11.6.2005, pag. 5).

(7)  Causa T-51/96 Miwon Co. Ltd. contro Consiglio [2000] Racc. II-1841, paragrafo 52.