31999D0288

99/288/CE: Decisione della Commissione, del 29 luglio 1998, recante approvazione condizionata dell'aiuto concesso dall'Italia al Banco di Napoli [notificata con il numero C(1998) 2495] (Il testo in lingua italiana è il solo facente fede) (Testo rilevante ai fini del SEE)

Gazzetta ufficiale n. L 116 del 04/05/1999 pag. 0036 - 0056


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 29 luglio 1998

recante approvazione condizionata dell'aiuto concesso dall'Italia al Banco di Napoli

[notificata con il numero C(1998) 2495]

(Il testo in lingua italiana è il solo facente fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(1999/288/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 92 e 93,

visto l'accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare gli articoli 61 e 62,

dopo aver invitato gli interessati, conformemente alle disposizioni degli articoli succitati, a presentarle le loro osservazioni(1),

considerando quanto segue:

1. Introduzione

Il Banco di Napoli è un ex istituto di credito di diritto pubblico. A seguito della legge 30 luglio 1990, n. 218 (legge "Amato") e dei relativi decreti d'applicazione, esso è stato riformato attraverso la separazione dell'attività bancaria, affidata a una società per azioni scorporata dal preesistente ente pubblico, da quella diretta al conseguimento di finalità di natura sociale, affidata a un ente conferente (Fondazione) detentore del capitale della società bancaria. Prima della misura di aiuto in questione la Fondazione possedeva il 48,1 % del capitale sociale del Banco di Napoli SpA e il 71,2 % dei diritti di voto. Il Tesoro possedeva il 9,1 % del capitale sociale, rappresentante il 13,5 % dei diritti di voto. Altri azionisti detenevano il 10,3 % del capitale, pari al 15,3 % dei diritti di voto. Il resto del capitale (32,4 %) era rappresentato da azioni di risparmio, senza diritto di voto, quotate in Borsa.

Il gruppo Banco di Napoli, composto dalla capogruppo Banco di Napoli SpA, da una subholding, da undici società controllate dirette e due indirette e da altre sedici partecipazioni rilevanti dirette ed indirette, era presente alla fine del 1994 sull'intero territorio nazionale con 810 sportelli, di cui 684 localizzati nel meridione e 126 nel centro-nord d'Italia. A tale rete si aggiungeva la presenza all'estero, con dipendenze principali in Francia, Lussemburgo, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Stati Uniti e Hong Kong. L'attività del gruppo si estende ai vari campi dell'intermediazione finanziaria e creditizia, dell'attività mobiliare e immobiliare, del factoring, del leasing, della gestione fiduciaria di patrimoni e di fondi comuni d'investimento, del "merchant banking" e dell'assicurazione. Alla fine del 1993 il Banco di Napoli era la settima banca italiana in termini di bilancio complessivo (totale attivo pari a 126000 miliardi di ITL a livello consolidato), con un coefficiente di solvibilità (9,3 %) superiore al minimo dell' 8 %, ma un livello di redditività modesto (utile di esercizio/patrimonio netto pari a 3,8 %).

Il Banco di Napoli (in prosieguo: il "Banco") ha registrato perdite particolarmente importanti negli anni 1994 e 1995, pari rispettivamente a 1147 e 3155 miliardi di ITL, che hanno quasi azzerato il partrimonio e reso impossibile il rispetto dei coefficienti prudenziali previsti dalle normative in materia creditizia.

Le cause di perdite così rilevanti sono molteplici. Per lungo tempo principale referente degli enti locali, il Banco ha intrapreso una politica commerciale particolarmente espansiva all'inizio degli anni '90, caratterizzata da una crescita particolarmente forte della rete di sportelli e dei crediti verso i grandi gruppi industriali nel settentrione e verso le piccole e medie imprese nel meridione, quando l'economia era già entrata nella sua fase recessiva. Le difficoltà dei debitori, unitamente a processi di selezione del credito inadeguati e ad insufficienti procedure di controllo dei rischi, hanno determinato l'emergere di rilevanti perdite sui crediti. La natura pubblica dell'istituzione ha ritardato l'adeguamento al crescente contesto concorrenziale e l'adozione dei necessari provvedimenti indirizzati allo sviluppo dell'efficienza tecnica e organizzativa. Gli oneri del personale sono rimasti attestati su livelli particolarmente elevati, superiori alla media nazionale. La politica di assunzione e gestione delle partecipazioni è stata disordinata, non improntata a criteri di redditività e priva del necessario controllo, da parte del vertice del gruppo, sui rischi assunti dalle partecipate. Il sistema globale di controllo della gestione del gruppo, costituito dalle regole e dalle istituizioni pertinenti al finanziamento e al controllo di un'impresa ("corporate governance"), si è rivelato inadeguato.

Il degrado dei risultati del Banco, principalmente a causa dell'elevato ammontare delle sofferenze sui crediti, unito allo sbilancio tra attivo fruttifero e passivo oneroso e alla crescente quota delle attività non fruttifere, ha determinato la necessità per il Banco di fare continuamente ricorso al mercato interbancario, con un aggravio del costo della raccolta e a scapito della redditività. Le difficoltà di finanziamento del Banco hanno generato una crisi di liquidità, fronteggiata con la concessione, nel gennaio 1996, di un prestito obbligazionario di 2365 miliardi di ITL da parte della Cassa depositi e prestiti e di altre banche.

Il 27 marzo 1996 il governo italiano ha approvato in via d'urgenza un decreto legge finalizzato al risanamento, alla ristrutturazione e alla privatizzazione del Banco (decreto legge del 27 marzo 1996, n. 163). Con decisione del 30 luglio 1996, comunicata alle autorità italiane con lettera del 12 agosto 1996, la Commissione ha avviato il procedimento di cui all'articolo 93, paragrafo 2, del trattato nei confronti di varie misure contenute nel decreto, in particolare della ricapitalizzazione di 2000 miliardi di ITL da parte del Tesoro, delle anticipazioni della Banca d'Italia secondo le disposizioni del decreto ministeriale del 27 settembre 1974 e degli sgravi fiscali.

Allo stesso tempo la Commissione ha invece ritenuto che altre misure in favore del Banco potessero essere poste in essere, in quanto si trattava sia di misure che non costituivano aiuti, come il prestito obbligazionario di 2365 miliardi di ITL, concesso dalla Cassa depositi e prestiti e da altri istituti creditizi pubblici e privati nel gennaio 1996, e gli apporti di capitale ai sensi della legge Amato, che di una misura configurante aiuto, più precisamente la possibilità di svincolo della riserva obbligatoria depositata dal Banco presso la Banca d'Italia, che però poteva essere dichiarata compatibile in base alla normativa sugli aiuti di Stato al salvataggio di imprese in difficoltà, nonostante il carattere d'illegalità derivante dalla mancanza del rispetto delle procedure di notifica.

Successivamente le autorità italiane hanno informato la Commissione dell'approvazione di un nuovo decretolegge, che modifica il precedente decreto al fine di facilitare ed anticipare la privatizzazione del Banco. Nell'autunno 1996 esse hanno bandito una gara d'asta per la cessione del 60 % del capitale del Banco. Tale procedura si è conclusa all'inizio di gennaio 1997 tramite l'aggiudicazione di azioni del Banco pari al 60 % del suo capitale ad una società detenuta per il 51 % dall'Istituto nazionale per le assicurazioni (in prosieguo INA) e per il 49 % dalla Banca nazionale del lavoro (in prosieguo BNL). Nel frattempo le autorità italiane avevano deciso di procedere all'aumento di capitale del Banco prima della fine del 1996, onde evitare che fosse posto in liquidazione.

Nel quadro della presente procedura nessuna osservazione da parte di terzi interessati è pervenuta alla Commissione entro i termini stabiliti.

2. Descrizione delle misure di sostegno pubblico in favore del Banco di Napoli

Al termine di un primo esame del caso, la Commissione, in occasione dell'avvio della presente procedura, aveva concluso che alcune delle misure disposte dal decreto legge 27 maggio 1996, n. 293, che ha reiterato con leggere modifiche il precedente decreto legge del 27 marzo 1996, n. 163, erano suscettibili di contenere elementi di aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 92, paragrafo 1, del trattato CE e non potevano, a quello stadio e in base alle informazioni all'epoca disponibili, essere dichiarate compatibili con il mercato comune. In particolare la Commissione aveva chiesto chiarimenti in merito alle seguenti misure di aiuto:

1) la partecipazione del Tesoro agli aumenti di capitale del Banco per un ammontare di 2000 miliardi ai sensi degli impegni previsti dal suddetto decreto;

2) la possibilità per la Banca d'Italia di concedere al Banco, al fine di agevolare la ristrutturazione del gruppo, anticipazioni con le modalità di cui al decreto del ministro del Tesoro del 27 settembre 1974 a fronte delle perdite derivanti da finanziamenti e altri interventi effettuati dal Banco a favore di società del gruppo poste in liquidazione, e nell'interesse dei creditori delle medesime;

3) le misure fiscali in materia di imposta di registro (fissata forfettariamente a 1 milione di ITL) per gli atti concernenti le operazioni di cessione di azienda, di rami di azienda, di beni e di rapporti giuridici posti in essere dalle società del gruppo entro il 30 giugno 1997.

In seguito sono state apportate talune modifiche al decreto succitato al fine di accelerare il processo di risanamento, ristrutturazione e privatizzazione del Banco (decreto legge n. 396/96). In particolare le autorità italiane hanno introdotto la possibilità di costituire una struttura di dimissione incaricata di permettere la gestione, la liquidazione e il deconsolidamento di circa 12400 miliardi di ITL di attività meno remunerative del Banco. Esse hanno inoltre previsto una procedura accelerata di cessione del 60 % del capitale del Banco mediante gara d'asta le cui modalità sono state fissate con decreto del ministro del Tesoro del 14 ottobre 1996.

Le specifiche misure in oggetto sono illustrate in appresso.

2.1. La partecipazione del Tesoro all'aumento di capitale del Banco

Il decreto legge n. 163, del 27 marzo 1996, in seguito più volte reiterato(2), da ultimo con decreto legge 24 settembre 1996, n. 497, convertito nella legge n. 588, del 19 novembre 1996, dispone una serie di interventi finanziari finalizzati al risanamento, alla ristrutturazione e alla privatizzazione del Banco. In particolare è prevista la partecipazione del Tesoro a uno o più aumenti di capitale del Banco, per un ammontare di 2000 miliardi di ITL. Tale partecipazione è stata subordinata al rispetto di molteplici condizioni che le autorità italiane hanno presentato come atte a garantire il carattere commerciale dell'operazione di Stato.

Innanzitutto è stato previsto che l'intervento del Tesoro dovesse realizzarsi unicamente in presenza dell'intervento finanziario di una o più banche e di altri investitori istituzionali, oppure del loro impegno a partecipare alla procedura di vendita del pacchetto di controllo del Banco pari al 60 % del capitale. Il meccanismo prescelto ha permesso al Tesoro di realizzare l'aumento di capitale dopo aver ricevuto le prime offerte e quindi con la certezza di poter trovare un acquirente per il Banco.

In secondo luogo l'intervento del Tesoro è stato effettuato previo adeguamento del capitale sociale in funzione della valutazione della situazione patrimoniale del Banco alla data del 31 marzo 1996. Tale condizione trova spiegazione nella necessità che l'intervento del Tesoro e dei nuovi azionisti avvenisse sulla base della più aggiornata situazione patrimoniale del Banco. La registrazione contabile delle perdite fino al primo trimestre 1996 ha comportato la riduzione del patrimonio netto da 3867 a 422 miliardi di ITL e del capitale sociale da 1111 a 128 miliardi di ITL. La perdita del secondo trimestre, di 389 miliardi di ITL, è stata riportata alla fine dell'anno. La decisione di non assorbire integralmente la perdita del primo semestre nei conti semestrali è stata motivata da due considerazioni: da un lato, dalla necessità di mantenere un livello minimo di capitale necessario ad evitare l'obbligazione giuridica della messa in liquidazione del Banco; dall'altro, dalla necessità per il Tesoro, azionista di minoranza del Banco, di ottenere dalla Fondazione, azionista di maggioranza, il mandato di gestire le sue azioni al fine di concludere con successo la procedura di vendita del Banco. Pertanto l'operazione è stata subordinata al trasferimento al Tesoro del pegno, con diritto di voto, delle azioni del Banco, di proprietà dell'azionista di maggioranza (la Fondazione) oppure alla concessione, in favore del Tesoro, del mandato irrevocabile, senza istruzioni, di esercitare il diritto di voto relativo alle azioni suddette al fine di permettergli di detenere la maggioranza dei diritti di voto nelle assemblee che avrebbero dovuto decidere in merito alle operazioni di aumento di capitale e di rinnovo degli organi societari del Banco.

In terzo luogo il decreto ha previsto che gli organi amministrativi del Banco adottassero entro il 30 giugno 1996 un idoneo piano di ristrutturazione, da elaborare con l'ausilio di un consulente specializzato scelto dal Tesoro, da sottoporre all'approvazione della Banca d'Italia e conforme all'ordinamento comunitario. Le linee principali di tale piano, redatto con l'ausilio della banca d'affari Rothschild, sono state comunicate alla Commissione il 4 luglio 1996. Un rinforzo di detto piano, tramite la creazione di una struttura di dismissione, è stato presentato alla Commissione il 6 dicembre 1996.

In quarto luogo l'intervento del Tesoro è stato subordinato alla stipulazione di accordi sindacali che comportassero la diminuzione, entro il 31 dicembre 1997, del costo del lavoro, anche attraverso la riduzione del costo unitario (ivi compresi i trattamenti previdenziali e assistenziali) ai livelli medi nazionali del settore del credito. Tali accordi sono stati effettivamente conclusi tra il 19 e 22 luglio 1996. Per quanto concerne le pensioni supplementari a carico del Banco, i meccanismi di perequazione sono stati sospesi fino al ritorno ad un livello sufficiente degli utili e in ogni caso fino alla fine dell'anno 2000. Inoltre, è stato previsto che il Banco possa ricorrere ai prepensionamenti per circa 800 persone.

2.2. Le anticipazioni consentite dalla Banca d'Italia ai sensi del decreto ministeriale del 27 settembre 1974

Al fine di agevolare la ristrutturazione del gruppo bancario, il comma 6 dell'articolo 3 della sudetta legge n. 588/96 prevede la possibilità per la Banca d'Italia di concedere al Banco anticipazioni con le modalità di cui al decreto del ministro del Tesoro del 27 settembre 1974 a fronte delle perdite derivanti da finanziamenti accordati dal Banco a società del gruppo poste in liquidazione, nell'interesse dei creditori delle medesime, nonché ad altre imprese del gruppo cui sono stati ceduti, dopo l'autorizzazione della Banca d'Italia, crediti ed altri attivi non immobiliari del Banco. Il decreto ministeriale del 27 settembre 1974 prevede che la Banca d'Italia possa concedere anticipazioni, a 24 mesi, sui buoni del Tesoro a lunga scadenza, all'interesse dell'1 %, a favore delle banche che, surrogatesi ai depositanti di altre banche in liquidazione coatta, si trovino a dover ammortizzare le perdite connesse alla irrecuperabilità dei loro crediti. La Banca d'Italia determina l'ammontare del ricorso a tali anticipazioni in rapporto all'entità della perdita e all'esigenza dei piani di ammortamento.

In un primo tempo la possibilità di utilizzare le anticipazioni in questione era stata limitata alle perdite che avrebbero potuto prodursi nell'ambito della liquidazione dell'Isveimer. Successivamente tale possibilità è stata estesa alle perdite relative agli attivi del Banco trasferiti ad una struttura specifica di dismissione per la parte che non potrà essere coperta dai proventi della vendita delle azioni del Banco.

2.2.1. La liquidazione dell'Isveimer

Il 3 aprile 1996 l'Isveimer, di cui il Banco deteneva il 65 % del capitale, è stato posto in liquidazione volontaria e la partecipazione nel Banco nel capitale dell'Isveimer è stata ricondotta da 402 miliardi di ITL (alla fine del 1994) a 1 ITL. Nell'ambito della liquidazione i commissari liquidatori potranno rimborsare i creditori dell'Isveimer secondo le scadenze previste grazie al sostegno in liquidità del Banco. Le anticipazioni della Banca d'Italia sono finalizzate a compensare il Banco delle perdite che esso dovesse subire a seguito dei finanziamenti concessi all'Isveimer, per permettere a quest'ultimo di rimborsare i suoi creditori. L'obiettivo perseguito è limitato al valore negativo della liquidazione, nella misura in cui la cessione delle attività dell'Isveimer non sia sufficiente a coprirne le passività debitorie. L'operazione ha lo sopo di evitare il prodursi di tensioni e conseguenze negative indesiderabili sui mercati finanziari, tenuto conto, in particolare, della rilevante esposizione dell'Isveimer nei confronti di istituzioni finanziarie estere.

2.2.2. L'operazione di scorporo

L'operazione di dismissione permette al Banco di scorporare dal suo bilancio e di trasferire ad una struttura ad hoc un certo numero di attività meno remunerative. Tale struttura è composta da una società denominata "S.G.A. - Società per la gestione di attività SpA" (in prosieguo "SGA") che acquista al valore netto contabile al 30 giugno 1996 le attività non remunerative ("sofferenze", "incagli" al di là di 100 milioni di ITL, crediti ristrutturati, o in corso di ristrutturazione) e otto partecipazioni del Banco, salvo le attività immobiliari, per un totale di 12378 miliardi di ITL. Da notare che le attività sono rilevate al valore netto al 30 giugno 1996, vale a dire dopo la copertura delle perdite presunte su dette attività, il che riduce notevolmente la presunzione di perdite future sulle medesime. Quanto alle partecipazioni trasferite - di cui la più importante è quella nel Banco di Napoli International (in prosieguo "BNI"), la succursale bancaria del Banco a Lussemburgo - quelle quotate in borsa sono state valutate al valore di mercato, le altre secondo il metodo del patrimonio netto. Per la BNI è stata utilizzata la valutazione recentemente realizzata dalla società di audit specializzata KPMG sulla base di un metodo misto di patrimonio/reddito.

Siffatta operazione è stata decisa al fine di eliminare il rischio di perdite future su dette attività e di facilitare quindi la vendita anticipata del Banco. Infatti anche se, in linea di massima, l'accantonamento del giugno scorso è sufficiente per azzerare le perdite finora prevedibili sulle attività, non si può escludere che in futuro siano necessari adattamenti del valore contabile di dette attività al loro valore effettivo. L'operazione permette anche di scorporare dal bilancio del Banco attività che dovrebbero normalmente formare oggetto, come qualsiasi altra attività, di una copertura patrimoniale secondo le regole vigenti in materia di solvibilità. Pertanto è stato possibile minimizzare l'intervento di Stato di ricapitalizzazione del Banco necessario per rafforzare il coefficiente di solvibilità.

La tabella seguente riporta il valore delle attività scorporate:

Tabella 1a

Valore delle attività trasferite nella SGA

Impegni di bilancio

>SPAZIO PER TABELLA>

A ciò si debbono aggiungere i seguenti crediti di firma:

Tabella 1b

Valore delle attività trasferite nella SGA

Impegni fuori bilancio

>SPAZIO PER TABELLA>

La struttura di scorporo sarà finanziata mediante un prestito concesso dal Banco a concorrenza del valore delle attività trasferite. Il prestito sarà rimborsato mano a mano che verranno cedute le attività scorporate. Quanto al tasso d'interesse applicato a detto prestito, è stato adottato il principio secondo il quale il Banco non deve trarre vantaggi né subire perdite rispetto alla situazione pre-scorporo. Di conseguenza è stato deciso di utilizzare un tasso composto che deriva dalla media aritmetica dei livelli dei seguenti tassi per l'anno precedente:

- il tasso medio annuale BOT a tre mesi lordo (media delle 24 aste attuali),

- il tasso attuale della lira interbancaria a tre mesi "lettera" (media dei dati del giorno),

- il tasso medio annuale "prime rate ABI" (media dei dati del giorno).

La tabella seguente riporta le simulazioni svolte sulla base di stime obiettive dei tassi suddetti.

Tabella 2

Tasso d'interesse del prestito del Banco alla SGA

>SPAZIO PER TABELLA>

Fonte:

Elaborazioni fornite dal Banco basate sulle previsioni di Prometeia e di ABI Financial Outlook.

La durata della società di scorporo è stimata in cinque anni. Il Banco non potrà riacquistare attività scorporate. Sono previste misure specifiche per evitare conflitti d'interesse nella gestione delle attività scorporate. Innanzitutto la struttura di scorporo sarà gestita da persone non appartenenti al Banco. In secondo luogo è stato adottato il principio generale di gestione delle attività secondo il quale "la struttura di scorporo decide mentre il Banco propone". A tal fine sarà creata una struttura specifica della direzione generale del Banco, distinta e separata dal resto della banca, incaricata della gestione delle relazioni con la SGA e le filiali del Banco cui la SGA abbia delegato la gestione delle attività. La separazione amministrativa e contabile tra il Banco e la SGA sarà garantita dall'adozione di un sistema contabile elettronico specifico separato dalla gestione contabile interna del Banco.

2.3. Gli sgravi fiscali

Il comma 7 dell'articolo 3 della legge prevede che per gli atti concernenti le operazioni di cessione di azienda, di rami di azienda, di beni e di rapporti giuridici posti in essere dalle società del gruppo Banco entro il 30 giugno 1997 l'imposta di registro sia sostituita da un'imposta forfettaria di 1 milione di ITL. Al proposito le autorità italiane hanno dichiarato che tale misura trova piena applicazione solo in presenza di cessione di crediti a terzi e di cessione di sportelli. Gli sgravi fiscali in tal modo accordati nel 1996 non hanno raggiunto l'ammontare di 6 miliardi di ITL e per cessioni di crediti pari a 1154 miliardi di ITL e 21 miliardi di ITL per la vendita di 50 sportelli. È previsto uno sgravio addizionale di circa 10 miliardi di ITL per la cessione di altri 27 sportelli supplementari. Complessivamente gli sgravi fiscali previsti ammontano a circa 36 miliardi lordi di ITL. Una volta dedotto il reddito d'impresa, i vantaggi connessi a dette operazioni complessivamente ammontano a 17 miliardi di ITL.

3. Valutazione del carattere di aiuto delle misure di sostegno del Banco di Napoli

3.1. L'aumento di capitale

Nel valutare gli interventi effettuati dallo Stato, la Commissione applica in generale il cosiddetto "principio dell'investitore privato in un'economia di mercato" così com'è indicato nella sua comunicazione sulle imprese pubbliche(3). Tale comunicazione stabilisce che si concreta un aiuto di Stato in relazione ad un'operazione quando un investitore privato operante in condizioni normali di economia di mercato non avrebbe accettato di intraprenderla. Per quanto riguarda le partecipazioni statali nel capitale sociale di un'impresa, secondo quanto esposto nella comunicazione della Commissione del 1984(4), si ritiene che un investitore privato non avrebbe avviato tale operazione e che si tratta pertanto di un aiuto di Stato nei seguenti casi:

a) quando la situazione finanziaria dell'impresa è tale da fare apparire ingiustificata la previsione di un rendimento normale dei capitali investiti (sotto forma di dividendi o d'incremento del valore dei titoli di capitale acquisiti) entro un termine ragionevole di tempo, o troppo elevati o troppo estesi nel tempo i rischi di siffatta operazione; oppure

b) quando, in occasione di un conferimento di capitale in un'impresa il cui capitale è suddiviso tra azionisti privati e pubblici, la partecipazione pubblica raggiunge una proporzione sensibilimente superiore a quella iniziale e il disimpegno relativo degli azionisti privati è essenzialmente imputabile alle cattive prospettive di redditività dell'impresa; oppure

c) quando l'ammontare della partecipazione supera l'ammontare del valore effettivo dell'impresa beneficaria.

Nella fattispecie in esame ricorrono tutte e tre queste condizioni. Al proposito, va innanzitutto osservato che l'operazione di aumento di capitale di 2000 miliardi di ITL da parte del Tesoro, realizzata alla fine del 1996 a valere sui conti dello stesso esercizio, è necessaria alla sopravvivenza del Banco in quanto le perdite registrate negli anni 1994 e 1995 e nel primo semestre del 1996 hanno assorbito quasi totalmente i fondi propri "di base" del Banco, lasciandolo con un coefficiente di solvibilità praticamente nullo e quindi molto al di sotto del livello minimo richiesto. Inoltre il proseguimento dell'azione di risanamento in particolare tramite la registrazione nel bilancio di fine 1996 delle perdite legate alle attività trasferite e dei costi della ristrutturazione, ivi compresi quelli del 1997, ha posto il Banco in una situazione patrimoniale netta negativa che, secondo le disposizioni del codice civile italiano, obbliga gli amministratori a ricapitalizzare il Banco oppure a porlo in liquidazione.

In secondo luogo va rilevato che lo Stato è l'unico azionista che partecipa all'operazione, giacché gli atri azionisti, in particolare la Fondazione e gli azionisti privati, hanno rifiutato di fare altrettanto. Di conseguenza, in seguito a detta operazione, lo Stato diventa l'azionista più importante del Banco, mentre prima deteneva soltanto il 9 % del suo capitale. Infatti, l'iniezione di 2000 miliardi di ITL è utilizzata per compensare le perdite del 1996 calcolate a più di 1650 miliardi di ITL. È chiaro sotto questo profilo che nessun azionista privato sarebbe disposto a conferire fondi che sono destinati a ripianare perdite a meno che i proventi futuri del capitale restante siano in grado di compensare la perdita iniziale e il mancato guadagno durante il periodo di ristrutturazione. Ciò non si verifica giacché il piano di ristrutturazione del Banco prevede il ritorno al rendimento normale, e non oltre, soltanto alla fine del 1999.

In linea di massima lo Stato avrebbe potuto recuperare almeno una parte della sua partecipazione in occasione della cessione del 60 % della partecipazione del Banco, ma i proventi della cessione si sono rivelati alquanto modesti, pari a circa 61 miliardi di ITL, e quindi insufficienti per ricuperare l'iniezione di capitale. La valutazione del capitale restante secondo i metodi dei "cash-flows" futuri attualizzati e della quotazione del titolo in Borsa, per quanto consenta di giungere ad una stima relativamente elevata, non permette di garantire il recupero della differenza. Inoltre i proventi della cessione non possono essere utilizzati a deduzione dei costi dell'aumento di capitale, essendo di fatto destinati alla copertura di eventuali perdite della struttura di scorporo. Di conseguenza si può ritenere che il costo netto per lo Stato dell'operazione di aumento di capitale sia pari all'ammontare dell'iniezione, ossia 2000 miliardi di ITL.

Per quanto concerne le condizioni preliminari all'aumento di capitale che, in linea di massima, secondo il Tesoro avrebbero dovuto garantire il rispetto del principio dell'investitore privato operante in economia di mercato, la Commissione constata che tali condizioni sono state effettivamente introdotte nel decreto per evitare che l'intervento del Tesoro fosse realizzato senza alcun progetto di ritorno all'efficienza del Banco. Ma siffatte condizioni non sono sufficienti per considerare l'operazione alla stregua di quella di un investitore privato, in virtù delle ragioni esposte in precedenza. Tuttavia, anche se le condizioni precitate non possono escludere il carattere di aiuto dell'operazione, la Commissione ne apprezza l'introduzione, in quanto esse sono atte a garantire la compatibilità dell'aiuto (cfr. infra sezione 5).

Inoltre, come è già stato rilevato in occasione dell'avvio della procedura, il Tesoro in un primo tempo ha dovuto agire senza l'appoggio delle banche private. In particolare va sottolineato che la metà dei 2000 miliardi di ITL di aumento di capitale effettuato nel dicembre 1996 deriva dalla trasformazione del prestito subordinato concesso dal Tesoro al Banco nel giugno 1996. Orbene tale prestito subordinato, a sua volta, derivava dalla conversione del prestito obbligazionario di 1000 miliardi di ITL accordato dalla Cassa depositi e prestiti al Banco nel gennaio 1996. L'operazione tramite la quale il Tesoro ha rilevato e convertito il prestito obbligazionario della Cassa despositi e prestiti, permettendo al Banco di contabilizzare l'ammontare di 1000 miliardi di ITL come prestito subordinato, non può essere considerata neutrale per il Tesoro in quanto essa ha determinato un aumento del grado di rischio associato al prestito, in ragione del suo carattere subordinato i caso di liquidazione rispetto agli altri debiti del Banco, senza che per questo le condizioni finanziarie del prestito siano state modificate nel senso di garantire al Tesoro una maggiore remunerazione atta a compensare l'incremento del grado di rischio.

Per quanto concerne la trasformazione del prestito subordinato in capitale effettuata nel 1996, va sottolineato che tale operazione è stata realizzata prima della conclusione della gara d'asta bandita nell'ottobre 1996 per l'acquisto del 60 % del capitale del Banco, allorché era stato ricevuto soltanto l'impegno di una banca pubblica a presentare un'offerta di acquisto il cui contenuto non poteva essere noto. Di conseguenza le operazioni mediante le quali il Tesoro ha rilevato e convertito il prestito obbligazionario di 1000 miliardi di ITL dalla Cassa depositi e prestiti in prestito subordinato alle stesse condizioni di tasso nel giugno 1996 e la sua successiva trasformazione in capitale nel dicembre 1996, prima della conclusione della gara d'asta, devono essere considerate come operazioni che non rispettano il principio dell'investitore privato e che, di conseguenza, contengono elementi di aiuto.

La ricapitalizzazione del Banco è stata realizzata dal Tesoro prima della decisione della Commissione. A questo proposito le autorità italiane hanno affermato che la ricapitalizzazione del Banco doveva assolutamente essere effettuata entro la fine dell'anno, altrimenti il Banco avrebbe dovuto essere posto in liquidazione. Infatti, in base agli articoli 2446, 2447 e 2448 del codice civile italiano, gli amministratori del Banco sono tenuti a convocare l'assemblea degli azionisti, quando constatino perdite ingenti per ridurre il capitale e ricostituirlo oppure procedere alla liquidazione della banca. Diversamente, gli amministratori sono considerati penalmente responsabili. In virtù di una deroga specifica, introdotta dal decreto fino al 31 dicembre 1996, l'assemblea degli azionisti ha deciso il 31 luglio 1996 la riduzione parziale del capitale (lasciando intatte le azioni di risparmio) e l'aumento di capitale di 2000 miliardi di ITL da realizzare entro la fine del 1996. Le autorità hanno sottolineato di aver rispettato le condizioni previste dal decreto legge che obbligavano il Tesoro a ricapitalizzare soltanto dopo aver ricevuto l'impegno da parte di una banca di despositare un'offerta ferma di acquisto del Banco.

La Commissione comprende le ragioni che hanno spinto le autorità italiane ad effettuare l'operazione prima della fine dell'anno; tuttavia osserva che tale operazione si è svolta inaspettatamente, in assenza di una richiesta formale e prima della conclusione della procedura di gara d'asta per la cessione del pacchetto di azioni di controllo del Banco. Inoltre le informazioni all'epoca fornite alla Commissione erano ancora incomplete. Di conseguenza la Commissione non avrebbe potuto decidere in merito alla compatibilità degli aiuti in favore del Banco prima della ricapitalizzazione, dato il ritardo con cui le autorità italiane le hanno formalmente presentato il piano di ristrutturazione. L'aiuto deve dunque essere considerato illegittimo.

La Commissione constata inoltre che la procedura di vendita è stata conclusa nel gennaio 1997 tramite l'aggiudicazione del pacchetto di controllo del Banco al duo formato dall'assicuratore INA, a concorrenza del 51 %, e dalla banca BNL, a concorrenza del 49 %, essendo stata giudicata inadeguata l'offerta concorrente del Mediocredito centrale.

Si deve pertanto concludere che un investitore privato operante in economia di mercato non avrebbe accettato, come ha fatto lo Stato italiano, di conferire capitali nel Banco per poi non recuperarne una frazione minima al momento della privatizzazione. Di conseguenza, sulla base delle informazioni disponibli, l'aumento di capitale di 2000 miliardi di ITL deve essere considerato come un aiuto di Stato.

3.2. Le anticipazioni della Banca d'Italia ai sensi del decreto del 27 dettembre 1974

3.2.1. La liquidazione dell'Isveimer

In generale, nel caso in cui la liquidazione di una banca consente la cessione di ogni attività commerciale e d'intermediazione e la libera ripartizione dei suoi beni e delle sue attività tra i concorrenti, può essere affermato che le misure destinate a coprire le perdite per i creditori derivanti dalla liquidazione non sono suscettibili di produrre distorsioni della concorrenza ai sensi dell'articolo 92, paragrafo 1, del trattato CE. D'altra parte, nel caso in cui le attività e le passività della banca in liquidazione siano cedute in blocco ad un altro soggetto, è possibile che le disposizioni del decreto ministeriale del 27 settembre 1974, che permettono di compensare l'acquirente del valore negativo del riacquisto, falsino il libero gioco della concorrenza, in quanto possono consentire di fatto la continuazione dell'attività della banca in liquidazione da parte di un altro soggetto. Come la Commissione ha indicato nelle sue linee direttrici per gli aiuti di Stato al salvataggio ed alla ristrutturazione delle imprese in difficoltà, "non sarà possibile eludere il controllo degli aiuti transferendo le attività ad un'altra persona giuridica o ad un altro proprietario"(5).

Nel caso in esame, le autorità italiane hanno affermato che la liquidazione dell'Isveimer corrisponde alla prima eventualità descritta ed hanno aggiunto che la partecipazione del Banco nel capitale dell'Ivseimer è stata ridotta da 402 miliardi di ITL a 1 ITL. Esse hanno sottolineato che le misure in oggetto potranno essere attuate soltanto per risolvere le difficoltà connesse con la liquidazione dell'attivo dell'Isveimer. La liquidazione dell'Isveimer è inoltre realizzata sotto lo stretto controllo della Banca d'Italia che, in Italia, è l'autorità di vigilanza sugli enti creditizi. Il primo bilancio interinale di liquidazione dell'Isveimer, redatto con riferimento al 31 dicembre 1996, si è chiuso con un deficit patrimoniale di circa 1775 miliardi di ITL, corrispondente alla stima del valore attuale della perdita finale di liquidazione. Dalla data di avvio della liquidazione (9 aprile 1996) al 31 dicembre 1997, il realizzo dei crediti a clientela e il regolare flusso di rimborsi hanno causato la riduzione degli attivi di 5028 miliardi di ITL, attestandosi a 6224 miliardi di ITL, di cui 3086 di disponibilità liquide. A fine anno le passività ammontavano, al netto delle voci patrimoniali, a 6341 miliardi di ITL contro i 12077 miliardi di ITL dell'avvio della liquidazione. Si approssima quindi la conclusione dell'attività liquidatoria.

Le autorità italiane hanno affermato che l'intervento non è distorsivo della concorrenza a livello comunitario, essendo diretto non al salvataggio dell'Isveimer ma ad assicurare la tutela degli interessi dei creditori dell'istituto che, in quanto posto in liquidazione, viene collocato fuori dal mercato. Al proposito è stato evidenziato come tra i creditori dell'Isveimer figurino per quote significative numerosi istituti di credito esteri. Infine le autorità italiane hanno dichiarato che il Banco non trarrebbe alcun profitto specifico dalle anticipazioni in questione in quanto esse rappresentano finalità puramente compensative, comportando il ristoro degli oneri che il Banco subisce in relazione ai finanziamenti erogati alle controllate per agevolare la procedura di liquidazione. In altre parole tali anticipazioni non fanno altro che transitare per il Banco. Le autorità italiane hanno anche escluso che alcune attività dell'Isveimer siano acquistate dal Banco nel quadro della liquidazione salvo il caso in cui risulti impossibile venderle ad altri oppure ricuperarle a condizioni più vantaggiose per la liquidazione.

La Commissione ha inoltre esaminato se le anticipazioni in questione siano del pari destinate a compensare le perdite possibili del Banco sui crediti da esso accordati all'Isveimer per un ammontare di circa 800 miliardi di ITL. Al riguardo, le autorità italiane hanno dichiarato che i crediti del Banco erano pienamente garantiti da ipoteche iscritte per importi superiori al valore dei crediti. Pertanto il Banco avrebbe verosimilmente ricuperato i suoi crediti nel quadro della liquidazione anche in assenza delle anticipazioni della Banca d'Italia. Da notare inoltre che è stato previsto che i crediti del Banco nei confronti dell'Isveimer siano rimborsati soltanto alla fine della liquidazione. Di conseguenza la Commissione ritiene giustificato considerare che il Banco non trae alcun vantaggio indebito dall'applicazione del decreto ministeriale 27 settembre 1974.

Visti i chiarimenti forniti dalle autorità italiane al riguardo, la Commissione ritiene che nel caso di specie il ricorso alle disposizioni del decreto del 27 settembre 1974 non costituisce aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 92, paragrafo 1, del trattato CE. Ciononostante essa giudica necessario che, in futuro, le sia preliminarmente comunicato il ricorso al detto decreto in altri casi, in particolare quando le attività e passività dell'ente creditizio in liquidazione siano cedute in blocco ad un altro soggetto, in quanto la sua applicazione potrebbe costituire un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 92, paragrafo 1, del trattato.

3.2.2. L'operazione di scorporo

In generale, e come avvenuto già in altri casi, la Commissione considera questo tipo di operazioni di dismissione di attività bancarie come aiuti di Stato, in quanto esse permettono di alleviare il bilancio dell'istituzione creditizia in difficoltà degli accantonamenti e delle perdite che la banca avrebbe normalmente dovuto sostenere autonomamente e facilitano il rispetto delle norme in materia di solvibilità. Inoltre, esse permettono anche di facilitare eventuali operazioni di privatizzazione in quanto evitano ai potenziali acquirenti di dover effettuare una valutazione lunga e difficile, data la natura delle attività trasferite, dell'esattezza degli accantonamenti necessari. Lo scorporo viene sostenuto finanziariamente grazie a risorse fornite per il tramite della società bancaria scorporante oppure di una società appositamente costituita che si interpone tra la banca e la società di dismissione, alla quale sono trasferite le attività scorporate. In ogni caso, le perdite prodotte dalle società di dismissione vengono in ultima analisi sopportate dallo Stato, attraverso meccanismi di garanzia pubblica; nel caso in esame, attraverso il ricorso alle anticipazioni della Banca d'Italia, secondo le modalità del decreto 27 settembre 1974.

Data la natura delle attività oggetto di scorporo, del meccanismo finanziario utilizzato e della durata dell'operazione è spesso assai difficile giungere a una stima attendibile dei costi finali di tali strutture di dismissione. Tuttavia, la quantificazione del costo presunto per lo Stato è essenziale per l'approvazione dell'aiuto e per la determinazione delle contropartite necessarie a compensare le distorsioni della concorrenza da esso indotte. La Commissione ha prestato particolare attenzione a questo aspetto, alla luce dell'esperienza acquisita in altri casi di creazione di strutture di dismissione, a causa soprattutto delle deviazioni significative dei risultati recenti di dette strutture rispetto alle stime che le erano state sottoposte nel quadro dell'esame che essa è tenuta a svolgere secondo le regole del trattato in materia di aiuti di Stato. L'aggiornamento delle stime del valore netto delle attività in portafoglio, la variazione dei tassi d'interesse di mercato, il rallentamento del ritmo di cessione delle attività o di rimborso del credito concesso dalla banca alla struttura di dismissione possono avere conseguenze alquanto significative sul costo netto finale dell'operazione per lo Stato.

Al momento della creazione della struttura di dismissione, le autorità italiane avevano sostenuto che questa non avrebbe prodotto perdite significative e che la sua realizzazione era finalizzata esenzialmente a ridurre l'incertezza sulla valutazione di alcune poste di bilancio che avrebbe potuto ritardare la privatizzazione.

Le autorità italiane hanno innanzitutto sottolineato che la struttura e i meccanismi di scorporo presentano una differenza fondamentale rispetto a quelli altrove utilizzati e già esaminati dalla Commissione, in quanto le attività del Banco sono state trasferite alla struttura di dismissione al loro valore netto e non al loro valore lordo. Ciò significa che il Banco ha già sostenuto negli esercizi 1995 e 1996 le perdite prevedibili sulle attività trasferite, il che lo ha portato a registrare una perdita rispettivamente di oltre 1650 miliardi di ITL nel 1996 e 3160 miliardi di ITL nel 1995. In totale, il Banco ha sopportato con risorse proprie, ossia mediante riduzione delle riserve e abbattimenti di capitale, perdite e accantonamenti su crediti per 4460 miliardi di ITL che corrispondono al 26,5 % del valore complessivo di 16840 miliardi di ITL delle attività scorporate. In proposito è da notare che le attività sono state valutate individualmente e non tramite accantonamenti forfettari. Inoltre, grazie ad un sistema informatico, denominato Centrale dei rischi, che permette ad una banca di conoscere l'esposizione totale di uno dei suoi clienti presso altre banche e il grado di rischio che queste ultime gli hanno assegnato, il Banco ha anche potuto adattare la valutazione del rischio dei suoi clienti che sono debitori anche delle altre banche, in particolare per quanto concerne le sofferenze. Quanto agli incagli, il Banco ha adottato un criterio di classificazione particolarmente prudente che consiste nell'includere crediti in questa categoria a partire dal secondo pagamento non effettuato. Infine, la svalutazione delle attività è stata compiuta sotto lo stretto controllo della Banca d'Italia, che è l'autorità indipendente responsabile della vigilanza bancaria. L'adeguatezza delle valutazioni contabili appare peraltro confermata dalle risultanze delle prime cessioni di attività effettuata dalla SGA.

La Commissione, pur ritenendo plausibili le precisazioni fornite dalle autorità italiane in merito all'adeguatezza delle valutazioni eonomiche delle attività trasferite, ha considerato comunque opportuno acquisire una relazione dettagliata sull'andamento della SGA, tenendo presente il peso degli oneri finanziari da essa sostenuti per la sua attività. Nel corso del 1998, la banca d'affari Rothschild ha quindi presentato alla Commissione uno studio sulla SGA e le sue possibili future perdite, basato su informazioni fornite dalla Banca d'Italia e dal Banco e su altri dati.

Rothschild ha esaminato i seguenti aspetti: a) l'assetto organizzativo della SGA, la sua operatività e i suoi rapporti con il Banco; b) gli indirizzi gestionali seguiti dalla SGA nella sua attività di recupero; c) le risultanze dell'attività di realizzo per il 1997; d) i valori economici ai quali è stato effettuato il trasferimento degli attivi alla SGA; e) il saldo fra gli interessi attivi connessi al rendimento delle attività trasferite e gli oneri passivi sul finanziamento concesso dal Banco, sulla base delle anticipazioni della Banca d'Italia.

a) La SGA presenta un peculiare assetto organizzativo articolato in:

- una struttura propria che svolge funzioni di indirizzo, impulso, coordinamento e controllo dell'attività di realizzo. Queste funzioni sono svolte da dipendenti di provenienza esterna al Banco in possesso di adeguati requisiti di professionalità ed esperienza nel settore della gestione e del recupero dei crediti;

- una struttura dedicata e separata divisa in un servizio centrale che opera in via esclusiva per la SGA e nella rete di filiali del Banco dove operano dipendenti della banca che hanno il compito di gestire i crediti e compiti di istruttoria e di proposta delle decisioni;

- in una ripartizione dei poteri decisionali tra il consiglio di amministrazione e l'amministratore delegato, che possono gestire direttamente i crediti più importanti e più delicati e che sono i soli responsabili dell'attività di recupero e realizzo dei crediti.

Tale assetto organizzativo, incentrato sulla ripartizione di compiti tra una struttura autonoma e separata, un servizio centrale e la rete delle filiali della banca, consente alla SGA di gestire in condizioni di economicità e con la necessaria flessibilità le numerosissime posizioni creditorie distribuite estesamente sul territorio. Ciò dovrebbe in ultima analisi facilitare il completamento della sua missione in tempi e con costi contenuti. Peraltro, la ripartizione e la separazione tra responsabilità di gestione ed istruttorie e responsabilità di indirizzo, controllo e decisionali tra dipendenti della banca e quelli della SGA soddisfa le necessarie esigenze di separatezza tra la società veicolo e la banca.

b) La SGA, in conformità con le direttive impartite dalla Banca d'Italia, ha improntato le linee strategiche dell'attività di recupero al criterio della massimizzazione dei realizzi, tenuto conto degli obiettivi di contenimento dei tempi e degli oneri dell'attività aziendale. In questa prospettiva sono state privilegiate, in alternativa alle vie giudiziarie, caratterizzate da tempi lunghi e connessi rischi di degrado dei cespiti aggrediti, soluzioni stragiudiziali a saldo e stralcio e/o con piani di ammortamento pluriennali, contenendo il più possibile, in questo caso, i tempi di rientro. Tale approccio ha consentito altresì di tenere conto delle prospettive di risanamento delle imprese debitrici evitando ove possibile effetti traumatici. Per i crediti ristrutturati, è stato deciso di non assumere ulteriori impegni di erogazione di nuova finanza; di ridurre, ove possibile, quelli già previsti nelle convenzioni di ristrutturazione; di evitare la conversione di crediti in capitale di rischio.

c) L'attività di realizzo ha fatto registrare risultati soddisfacenti: al 31 dicembre 1997 sono stati conseguiti recuperi per 1476 miliardi di ITL, corrispondenti al 12 % circa dell'attivo, di cui 660 miliardi di ITL circa provenienti dalla cessione di titoli esteri e di crediti verso paesi a rischio (con plusvalenze lorde per circa 80 miliardi di ITL) e 780 miliardi di ITL circa relativi a crediti anomali. Si è registrata una lieve plusvalenza anche in relazione ai titoli italiani che sono stati venduti. Sono stati inoltre conclusi accordi a saldo e stralcio e/o con rateizzazione che, a partire dal 1998, produrranno introiti dilazionati nel tempo complessivamente per oltre 580 miliardi di ITL. Nel complesso il consiglio di amministrazione della SGA ha preso in esame posizioni per un totale di 3789 miliardi di ITL e delibere per un totale di 3559 miliardi di ITL. I risultati dell'attività di realizzo ottenuti dalla SGA ad un anno di inizio della sua attività sono in linea con le previsioni assunte al momento dell'elaborazione del piano di ristrutturazione del Banco.

d) Rothschild ha raffrontato la valutazione del credito e la politica degli accantonamenti seguiti da alcune delle principali banche paragonabili, per dimensioni e per localizzazione geografica, al Banco. Utilizzando i dati di bilancio al 31 dicembre 1996, data alla quale sono state trasferite le attività dal Banco alla SGA, ne emerge che la politica di accantonamento e di pulizia di bilancio seguita dal Banco è stata o in linea con quella delle principali banche oppure più conservativa. Tuttavia, la possibilità che, una volta raggiunto un livello importante di recupero delle attività trasferite, la SGA possa decidere di terminare la sua operatività e liquidare le posizioni residue per le quali mancherebbe lo stimolo al recupero, impone la necessità di stimare le perdite. Le valutazioni prudenziali di Rothschild si attestano su di una perdita fisiologica valutata nell'ordine massimo del 10 % del portafoglio trasferito e cioè 1000-1200 miliardi di ITL.

e) Quanto ai costi di finanziamento della struttura di scorporo, le autorità italiane hanno sostenuto che il tasso d'interesse applicato al prestito del Banco alla SGA è stato fissato sulla base del principio secondo il quale il Banco non deve trarre vantaggi né subire perdite rispetto alla situazione presente. Pertanto il tasso dovrebbe corrispondere al tasso di remunerazione effettiva delle attività scorporate. In tale ipotesi la SGA dovrebbe poter utilizzare i redditi generati dalle attività in portafoglio per pagare gli interessi sul prestito del Banco.

L'analisi dell'advisor Rothschild sulla società veicolo ha preso in considerazione anche la possibilità di eventuali sbilanci economici; in particolare si è analizzata la possibilità che gli oneri passivi connessi con il finanziamento da parte del Banco alla SGA siano certi e di elevato ammontare, mentre gli interessi attivi che si riceveranno dalle posizioni creditizie trasferite oppure i dividendi ricevuti sui titoli siano perlopiù "incerti" e di ammontare non rilevante. Nel 1997 lo sbilancio tra gli oneri finanziari sostenuti dalla SGA per il finanziamento ricevuto dal Banco di Napoli (1089 miliardi di ITL) e gli interessi attivi - comprensivi di interessi di mora - (1039 miliardi di ITL) è stato pari a 60 miliardi di ITL. Tale sbilancio potrebbe in ipotesi subire delle variazioni a causa di una serie di fattori quali: l'effettiva recuperabilità degli interessi di mora su posizioni creditizie; la proporzione dei crediti collegati ad un interesse fisso rispetto a quelli a tasso variabile; la progressiva riduzione degli oneri finanziari dovuti ad una generale riduzione dei tassi d'interesse; la progressiva riduzione dell'ammontare del finanziamento della SGA a seguito di write-off e di rimborsi e il progressivo peggioramento delle attività facenti parte della SGA. Ipotizzando che quanto verificatosi nel 1997 sia valido anche per gli esercizi futuri, tenuto conto della durata prevista della società di dismissione e dei fattori appena citati, lo sbilancio passivo dovrebbe variare, secondo la stima prudenziale di Rothschild, da 1000 a 2700 miliardi di ITL nei prossimi 2-3 anni ivi compresi i costi previsti alla lettera d).

Secondo le autorità italiane i risultati registrati finora farebbero presumere buone possibilità che l'attività della SGA si concluda in tempi brevi e senza che si manifestino perdite significative. Tuttavia, allo stato attuale la Commissione non può escludere il rischio che il progressivo scadimento dell'attivo della SGA possa comportare maggiori perdite in conto capitale e un aumento dello sbilancio fra oneri di finanziamento ed interessi attivi. Vista la difficile recuperabilità degli interessi di mora e sulla base di altre esperienze, la Commissione ritiene sia più prudente assumere la valutazione massima di 2700 miliardi di ITL di perdita. Inoltre la garanzia statale copre la perdita teoretica massima, cioè 12378 miliardi di ITL, che risulterebbe dalla situazione ipotetica secondo Rothschild, in base alla quale le attività rimaste in carico alla SGA non hanno alcun valore positivo.

Tuttavia la Commissione, come già fatto in altri casi, ha preso anche in considerazione elementi addizionali suscettibili di diminuire il costo netto finale dell'onere in capo allo Stato.

A fronte di questi costi presunti occorre considerare che la legge n. 588/96 prevede che le eventuali perdite prodotte dalla struttura di dismissione saranno innanzitutto coperte dai proventi delle cessioni delle azioni del Banco detenute dal Tesoro. Per conoscere il costo netto per lo Stato è quindi lecito, così come fatto in altri casi, portare in deduzione del costo lordo dell'operazione di scorporo per lo Stato i proventi netti dell'operazione di dismissione delle azioni detenute dallo Stato nel Banco. Inoltre il valore della partecipazione minoritaria ancora nelle mani dello Stato è chiaramente un valore patrimoniale la cui valutazione è più sicura rispetto al caso in cui il piano di ristrutturazione debba ancora dare i suoi frutti rendendo più aleatoria una valutazione dell'impresa in questione. Il Tesoro ha in proposito dichiarato di aver l'intenzione di cedere la quota azionaria in proprio possesso pari al 17,4 % del capitale del Banco. Sulla base della quotazione in Borsa dell'azione del Banco nell'ultimo semestre, si può ritenere che tale partecipazione valga circa 1000 miliardi di ITL.

A tal proposito, infine, deve essere segnalato che il Tesoro dovrebbe beneficiare anche dei risultati della procedura di privatizzazione in corso della BNL che attualmente detiene il 27,7 % del Banco. Alla luce dell'aumento del valore delle azioni del Banco testimoniato dal citato andamento del titolo dell'ultimo semestre, il valore della partecipazione nel Banco detenuta dalla BNL è stimato in circa 1500 miliardi di ITL. Il Tesoro beneficerà direttamente di tale incremento nella privatizzazione in corso della BNL già lanciata in esecuzione dell'impegno del governo italiano formalizzato con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 28 gennaio 1998 che prevede un'offerta diretta, al fine di costituire un gruppo di azionisti stabili, e un'offerta pubblica di vendita che dovrebbe comportare un incasso per lo Stato stimato, sulla base delle quotazioni attuali, di circa 10000 miliardi di ITL. In seguito alla partecipazione alle "data rooms" di diverse banche, sia italiane che straniere, il Tesoro ha accettato l'offerta del Banco Bilbao Vizcaya di acquistare il 10 % del capitale della banca. La seconda parte dell'operazione è prevista per l'autunno 1998 ed il Tesoro ha nominato i "global coordinators" della vendita pubblica. A tal proposito si deve sottolineare che, in vista della vendita futura di una percentuale di non meno del 50% della propria partecipazione sul mercato, il Tesoro ha trasformato le azioni di risparmio della BNL in titoli ordinari, riducendo in tal modo la propria partecipazione nella banca dall'85,5 al 70 %.

In conclusione, la Commissione ritiene che, tenuto conto delle stime quantitative, i costi netti che lo Stato sarà chiamato a sopportare dalla struttura di scorporo al netto dei proventi della cessione delle azioni del Banco da parte del Tesoro e dei proventi addizionali dalla vendita della partecipazione della BNL nel quadro della privatizzazione in corso siano stimabili, sulla base delle informazioni fornite dalle autorità italiane, in circa 200 miliardi di ITL.

Tuttavia un eventuale superamento dell'ammontare totale degli aiuti potrebbe configurare aiuti di Stato supplementari. In particolare, variazioni del costo netto per lo Stato rispetto alle stime attuali potrebbero dare luogo, infine, ad aiuti di Stato supplementari in favore del Banco giacché questi costi supplementari corrispondono a perdite che quest'ultimo avrebbe verosimilmente dovuto sostenere qualora tali attività non fossero state trasferite nella SGA. Gli elementi d'incertezza legati alla creazione di siffatte strutture di scorporo sono talmente rilevanti che l'autorizzazione da parte della Commissione dell'aiuto attualmente stimato deve interessare l'intero meccanismo al momento della sua decisione. Nel caso di specie le recenti stime effettuate da Rothschild si basano sugli sviluppi sucessivi alla creazione della SGA, il che induce ad allargare la forchetta di stima delle probabili perdite della struttura di scorporo. Questa forchetta, come già indicato prima, prevede già adesso 1000/2700 miliardi di ITL. L'approvazione degli aiuti da parte della Commissione deve riguardare il rischio teorico massimale coperto dalla garanzia, pari a 12378 miliardi di ITL.

Quanto agli effetti dell'operazione di dismissione rispetto alle imprese debitrici, le autorità italiane hanno spiegato che la gestione delle operazioni di liquidazione di attività è improntata a stretti criteri professionali. Conformemente al suo scopo sociale, la SGA deve gestire le attività trasferite perseguendo finalità di realizzazione secondo criteri di economicità. In particolare essa deve riuscire a ricuperare crediti e a realizzare altre attività ottenendo il massimo di incassi nei termini più brevi. Anche la gestione della SGA è sottoposta a controllo della Banca d'Italia. La Commissione ha potuto constatare che la società veicolo si comporta come un investitore privato che intende minimizzare i costi della liquidazione delle attività. La Commissione si riserva tuttavia la possibilità di esaminare se siano concessi aiuti in favore delle imprese debitrici o delle attività trasferite alla SGA.

3.3. Gli sgravi fiscali

Per quanto concerne gli sgravi fiscali previsti dal comma 7 dell'articolo 3 della legge, le autorità italiane hanno dichiarato che si tratta di un ammontare molto ridotto, pari a circa 36 miliardi di ITL, il che corrisponde a un ammontare netto di circa 17,2 miliardi di ITL, una volta dedotto il reddito d'impresa. Esse hanno sottolineato che il vantaggio economico a favore del Banco nel caso di cessione di crediti è stato molto ridotto e che si sarebbe potuto ottenere un risultato equivalente se il Banco avesse deciso di non registrare gli atti di trasferimento, il che era possibile in quanto la registraszione è opzionale alle parti. Nel caso di cessione degli sportelli la registrazione è obbligatoriamente a carico dell'acquirente. Dal punto di vista negoziale la necessità par il Banco di cedere con urgenza tali attività lo pone in una posizione di debolezza rispetto all'acquirente o agli acquirenti potenziali, per cui è da ritenere poco probabile che i vantaggi fiscali accordati all'acquirente possano in qualche modo essere ricuperati, in tutto o in parte, dal Banco.

Tuttavia, sulla base delle informazioni disponibili, la Commissione ritiene che le misure in questione costituiscano aiuti, anche se ridotti, di Stato. Quanto ai vantaggi connessi alla cessione dei crediti, pare che il Banco abbia deciso di registrare gli atti per aumentare la trasparenza delle operazioni e rassicurare in tal modo gli acquirenti e i suoi altri creditori. Tale decisione è quindi stata motivata dall'intento di cedere meglio i crediti e di ridurre le incertezze relative al processo di risanamento del Banco. Di conseguenza la decisione del Banco ha un valore economico.

Si può formulare la stessa conclusione anche per la cessione degli sportelli giacché non si può escludere, essendo la registrazione formalmente a carico dell'acquirente, la possibilità che questi vantaggi fiscali possano produrre un beneficio economico a favore del Banco. Trattandosi di una deroga ad una misura generale, inclusa in un dispositivo giuridico destinato al salvataggio e alla ristrutturazione e concernente direttamente il Banco, non è chiaro per quale motivo siffatta misura sarebbe stata introdotta se non per agevolvare il Banco e facilitare la sua ristrutturazione. L'ammontare degli aiuti massimi di Stato contenuti negli sgravi fiscali in questione si calcola, come testé indicato, in 17 miliardi di ITL in valore netto.

La Commissione ritiene che l'aiuto di Stato in favore del Banco risultante dagli elementi citati si situi in una forchetta che va da 4717 miliardi di ITL a 14395 miliardi di ITL. Nella stima di questo ammontare si deve tener conto del valore delle partecipazioni dirette e indirette dello Stato nel Banco di circa 2500 miliardi di ITL: il costo netto del sostegno statale sarà dunque di circa 2217 miliardi di ITL con un plafond potenziale di 11895 miliardi di ITL, qualora si consideri il rischio totale della struttura di scorporo.

4. Distorsione degli scambi tra gli Stati membri

La liberalizzazione dei servizi finanziari e l'integrazione dei mercati finanziari hanno l'effetto di rendere gli scambi intracomunitari sempre più sensibili a distorsioni della concorrenza. L'aiuto accordato ad un gruppo creditizio come il Banco, che eroga crediti ed altri finanziamenti alle imprese in concorerenza sui mercati internazionali ed inoltre offre servizi finanziari in concorrenza con altre banche europee estendendo all'estero la sua attività tramite la sua rete di agenzie al di fuori dell'Italia, può senz'altro produrre effetti distorsivi sugli scambi intracomunitari. Questa tendenza sarà messa in evidenza dal raggiungimento della moneta unica e dall'apertura definita dei mercati che accresceranno le tensioni concorrenziali all'interno dei paesi della Comunità.

Occorre inoltre considerare che le banche, malgrado abbiano la possibilità di esercitare la loro attività, principalmente basata sui servizi di raccolta di depositi e concessione di prestiti, senza frontiere, trovano spesso degli ostacoli alla loro espansione all'estero. Questi ostacoli sono sovente legati al radicamento locale delle banche nazionali che rende più costosa l'entrata sul mercato da parte dei concorrenti stranieri. Data che la liberalizzazione amplierà sempre più le possibilità per le banche di offrire servizi negli altri Stati membri, così come è già stato fatto per esempio dal Crédit Lyonnais, dalla Deutsche Bank o dalla Westdeutsche Landesbank, un aiuto di Stato erogato a favore di una banca, sia essa internazionale o domestica, è suscettibile di ostacolare tali possibilità. Gli aiuti finalizzati al mantenimento in vita di banche anche locali che sarebbero state altrimenti espulse dal mercato in ragione della loro minore efficienza e capacità competitiva rischiano dunqué di falsare il gioco della concorrenza a livello comunitario, in quanto rendono più arduo l'ingresso sul mercato italiano delle banche estere.

Senza gli aiuti in questione, il Banco avrebbe dovuto probabilmente essere liquidato. In tal caso le attività del Banco avrebbero potuto essere acquistate da uno o più concorrenti stranieri desiderose di acquisire una presenza commerciale significativa in Italia. La clientela del Banco avrebbe dovuto inoltre indirizzarsi verso altre banche, eventualmente straniere. Occorre pertanto ritenere che gli aiuti in favore del Banco rientrino nel campo d'applicazione dell'articolo 92, paragrafo 1, del trattato CE in quanto possono costituire aiuti di Stato che falsano la concorrenza in misura suscettibile di incidere sugli scambi intracomunitari.

5. Valutazione della compatibilità degli aiuti di Stato in favore del Banco di Napoli

5.1. Considerazioni generali

Valutata la sussistenza di aiuti di Stato nelle misure di sostegno finanziario accordate al Banco, la Commissione deve ora esaminare se tali aiuti possono considerasi compatibili con il mercato comune ai sensi dell'articolo 92, paragrafi 2 e 3, del trattato.

Nella fattispecie, si deve innanzitutto considerare che non si tratta né di un aiuto a carattere sociale concesso ai singoli consumatori né di un aiuto inteso e concesso per facilitare lo sviluppo di talune regioni italiane. Non si tratta neppure di un aiuto destinato a porre rimedio ad un grave turbamento dell'economia, essendo l'aiuto finalizzato a fronteggiare le difficoltà di una sola istituzione beneficaria, il Banco, e non le difficoltà di tutti gli operatori del settore. Le cause delle perdite del Banco sono proprie all'istituzione e sembrano essere legate, in larga misura, alla aggressiva politica commerciale e creditizia che il Banco ha messo in atto senza un controllo attento dei rischi. Di conseguenza l'aiuto accordato non può nemmeno essere definito di comune interesse europeo.

Potrà unicamente essere presa in considerazione la deroga di cui all'articolo 92, paragrafo 3, lettera c). La compatibilità degli aiuti in questione deve essere valutata secondo regole specifiche concernenti gli aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione(6). Il principio generale da applicare agli aiuti di Stato concessi alle imprese in difficoltà subordina la loro compatibilità a varie condizioni tra cui:

1) l'esecuzione completa di un piano di ristrutturazione basato su ipotesi realistiche e atto a ripristinare, entro un lasso di tempo ragionevole, la redditività minima richiesta dei capitali investiti e a garantire in tal modo l'efficienza economico-finanziaria a lungo termine dell'impresa;

2) l'apporto di contropartite sufficienti per compensare l'effetto distorsivo dell'aiuto sulla concorrenza e poter quindi concludere che l'aiuto non è contrario all'interesse comune;

3) la proporzionalità dell'aiuto alle finalità perseguite e la limitazione dell'ammontare dell'aiuto al minimo strettamente necessario alla ristrutturazione in modo che lo sforzo di risanamento sia sostenuto al massimo dall'impresa stessa;

4) l'attuazione integrale del piano di ristrutturazione e l'esecuzione di qualsiasi altra misura prevista nella decisione finale della Commissione;

5) l'istituzione di un sistema di controllo della condizione precedente.

In base alla normativa sugli aiuti alla ristrutturazione, la Commissione ritiene che siffatti aiuti alla ristrutturazione di norma dovrebbero essere necessari una tantum.

5.2. Analisi del piano di ristrutturazione

Il piano di ristrutturazione del Banco è stato preparato dall'istituto di credito con il sostegno della banca d'affari Rothschild, consulente designato dal Tesoro. Un primo piano era stato redatto alla fine di giugno 1996, comprendente varie misure di cui una parte era già stata attuata fin dall'inizio del 1996. Questo piano è stato rinforzato e precisato a fine novembre 1996 per permettere la privatizzazione del Banco prima della fine dell'anno. Il nuovo piano include in particolare il trasferimento ad una società di scorporo di circa 12400 miliardi di ITL di attività del Banco, l'adozione di una politica di copertura più stretta, il rafforzamento del programma di riduzione del personale e delle spese generali.

Il piano correttamente individua innanzitutto le ragioni dell'insolvenza del Banco, che comprendono una serie di carenze strutturali, finanziarie, di gestione e di programmazione strategica dell'istituto. In particolare, sotto il profilo della gestione si constatano una gestione del personale inappropriata, una struttura di organizzazione complessa, sistemi d'informazione inadeguati, un'attività commerciale non sviluppata e una gestione finanziaria rischiosa. Dal punto di vista dello sviluppo strategico l'analisi mostra un'espansione territoriale non omogenea, una politica di credito incontrollata, una presenza all'estero non integrata, l'investimento in operazioni troppo rischiose, l'assenza di prodotti innovativi. Tali carenze hanno determinato problemi economici e finanziari gravi di perdite sul portafoglio di crediti, insufficiente patrimonializzazione, debole redditività, assenza di liquidità. In particolare, le perdite sui crediti hanno accentuato lo squilibrio finanziario (riduzione del margine da interessi e perdite annuali) e lo squilibrio patrimoniale (aumento dell'attivo improduttivo e diminuzione del passivo non oneroso) con il ricorso eccessivo al mercato interbancario. La rete di sportelli è stata caratterizzata da un'espansione non controllata: gli sportelli aperti nelle regioni del settentrione, dove la concorrenza bancaria è molto intensa, non hanno ottenuto i risultati sperati, a causa di margini troppo modesti, rischi troppo elevati e costi strutturali eccessivi. Il costo del personale era sporporzionato rispetto agli altri enti creditizi della piazza, nonché all'evoluzione del mercato sia a livello individuale che globale.

Il piano di ristrutturazione s'iscrive in un'operazione di privatizzazione competitiva e trasparente realizzata entro un arco di tempo estremamente breve, prima ancora di attendere la conferma del risanamento, con una dotazione di capitali propri notevolmente al di sotto del livello minimo regolamentare previsto dalle norme in materia, lasciando quindi ai potenziali acquirenti l'onere di ricapitalizzare la banca. In generale la Commissione apprezza simile impostazione in quanto garantisce in linea di massima la risoluzione definitiva del problema di risanamento della banca per lo Stato e contribuisce alla riforma del sistema globale di controllo della gestione ("corporate governance") della banca che era all'origine delle perdite del gruppo. La Commissione considera tale soluzione appropriata in quanto permette di ricostituire un sistema di controllo più efficace basato sull'azione senza distorsione dei mercati.

A tale proposito va fatto presente che, forte del sostegno esplicito o implicito dello Stato, il Banco negli ultimi anni si è lanciato in una politica imprudente che lo ha successivamente condotto a registrare perdite particolarmente ingenti. Tale comportamento è particolarmente poco avveduto per due motivi: innanzitutto, perché l'inefficacia del sistema di "corporate governance", come conseguenza, ha aumentato considerevolmente l'ammontare finale degli aiuti attualmente necessari, dato il ruolo passivo degli azionisti di riferimento, determinando per giunta l'insorgenza di un problema di "moral hazard"(7). In secondo luogo perché nel settore bancario le conseguenze di un comportamento errato o imprudente si manifestano generalmente soltanto nel tempo, essendo necessario un dato periodo generalmente più lungo perché l'assunzione di rischi smisurati si traduca in perdite finanziarie, ragione per cui si possono attuare politiche rischiose più a lungo con il risultato di provocare distorsioni più gravi.

Il piano di ristrutturazione concerne tutti i diversi punti deboli del Banco, al fine di risanare il profilo operativo della banca, ripristinarne l'equilibrio patrimoniale, finanziario e di redditività, nonché garantirne la privatizzazione entro un lasso di tempo ridotto.

In particolare il piano sociale prevede la riduzione di 2480 unità, di cui circa 1000 già realizzate nel 1996 ed altrettante nel 1997. Conformemente alle disposizioni del decreto, il costo medio pro capite, che era di 125 milioni di ITL nel 1996, sarà ridotto fino al livello medio del sistema bancario italiano che era di 117 milioni di ITL. La riduzione delle spese amministrative dovrebbe essere del 12 % nel 1997 e del 9 % nel 1998.

Tabella 3

Business plan del Banco di Napoli

>SPAZIO PER TABELLA>

Le ipotesi del piano sembrano sufficientemente realistiche. Esse prevedono la riduzione dei tassi da interessi a breve di circa 300 punti base tra il 1996 e 1999 nonché la riduzione del margine da interessi tra prestiti e deposti di circa 130 punti di base. Il tasso di crescita delle risorse rimane ridotto, mentre gli impieghi dovrebbero registrare un aumento più sensibile. Il margine d'intermediazione è mantenuto a livelli soddisfacenti grazie all'aumento delle commissioni, la cui percentuale sul margine d'intermediazione dovrebbe allinearsi ai livelli più elevati tipici delle banche più esposte alla concorrenza. Tuttavia il ritorno agli utili non pare basato su una crescita del margine di intermediazione, che resta inferiore al livello del 1995, bensì sulla diminuzione delle spese generali e del costo del credito. Ciò può garantire ulteriormente la solidità delle previsioni, coeteris paribus, in quanto siffatto miglioramento si basa su elementi che sono maggiormente soggetti al controllo dell'impresa e non sulla crescita del mercato e del fatturato. La diminuzione degli accantonamenti rispecchia evidentemente il trasferimento dei crediti non remunerativi alla struttura di scorporo e la diminuzione del livello di attività. Tuttavia il piano prevede anche l'adeguamento del tasso dei crediti non remunerativi a livelli più "fisiologici".

La remunerazione del prestito del Banco alla società di scorporo non è stata fissata rigidamente, ma è stata basata su un sistema di indicizzazione che la lega ai tassi di mercato a breve dell'anno precedente (cfr. il precedente punto 2.2). In una situazione di diminuzione dei tassi, simile meccanismo sembra fornire al Banco una remunerazione adeguata, tenuto conto della remunerazione normalmente più elevata dei crediti alla clientela e del costo delle risorse.

Dall'analisi dei documenti ricevuti il piano di risanamento del Banco sembra adeguato. Il sostegno di una banca d'affari internazionali quale la Rothschild garantisce che i problemi di fondo della banca sono stati adeguatamente presi in considerazione. Infatti gli interventi di ristrutturazione vertono sui principali aspetti della gestione ordinaria (personale, organizzazione, informatica, commerciale), dello sviluppo strategico (scelta della clientela, sviluppo territoriale, innovazione dei prodotti) e della struttura finanziaria (fondi propri, qualità dei crediti, redditività, liquidità). Le misure di ristrutturazione sono per la maggior parte già state attuate e in particolare la riduzione del costo del lavoro unitario e assoluto. Gli oneri per il personale in servizio si sono ridotti nel 1997 di 142 miliardi di ITL e dell'11 %; gli oneri per il trattamento di quiescenza hanno subito una riduzione di 83 miliardi di ITL e del 36 % in valore relativo.

I risultati registrati dal Banco nel 1997 confermano il risanamento in corso e superano le aspettative espresse nel "business plan" nonostante la riduzione dei volumi di attività. Già dopo i primi sei mesi, il risultato netto (16,8 miliardi di ITL) risultava superiore all'attesa e pari al livello stimato per la fine dell'anno. Nella seconda parte del 1997 il recupero trovava un'ulteriore conferma e il Banco chiudeva l'anno con un utile netto pari a 142 miliardi di ITL, al di là del risultato atteso, consentendo alla banca di ridistribuire un dividendo agli azionisti di risparmio. In particolare, i conti mostrano che il Banco è stato in grado di arrestare e perfino di rovesciare la diminuzione del margine di intermediazione grazie all'aumento delle commissioni nette e alla stabilizzazione del margine da interessi. La forte diminuzione delle spese generali, grazie in particolare ad una azione radicale sul costo del personale, appare in linea con le previsioni del piano. Questi andamenti lasciano ritenere che il piano di ristrutturazione del Banco sia pienamente in misura di produrre per gli anni successivi i risultati attesi e probabilmente di migliorarli.

La credibilità del piano di ristrutturazione del Banco è stata confermata dalla piena adesione degli azionisti privati all'operazione di rafforzamento dei fondi propri condotta dopo la privatizzazione. Questa operazione, per un ammontare di circa 900 miliardi di ITL, ha visto l'astensione del Tesoro e la partecipazione largamente maggioritaria degli azionisti privati, in particolare dell'INA(8). A tale proposito la Commissione reputa che la partecipazione di maggioranza dell'INA e dell'azionariato privato a questa operazione ne assicuri il carattere commerciale e dia maggiore credibilità al piano di ristrutturazione del Banco.

Secondo le autorità italiane l'efficienza economico-finanziaria di lungo periodo, già adesso assicurata grazie alle misure previste nel piano di ristrutturazione, sarà assicurata anche nel caso di integrazione con la BNL. Esse hanno sottolineato gli effetti positivi delle sinergie delle due banche sul tasso di redditività del Banco e gli importanti sforzi di ristrutturazione della BNL in vista del progetto di privatizzazione. A tal proposito si deve osservare che il processo di privatizzazione della BNL già intrapreso esclude il rischio di un passaggio di controllo del Banco dal soggetto privato (l'INA) a quello pubblico (BNL) e, di conseguenza, diminuisce il rischio della necessità di apportare ulteriori fondi pubblici in caso di mancata realizzazione delle previsioni del piano di ristrutturazione. Al contrario, la privatizzazione della BNL conferma il passaggio definitivo del controllo del Banco ai privati.

Per quanto riguarda la possibilità di una integrazione tra il Banco e la BNL a conclusione della privatizzazione di quest'ultima, la Commissione constata che a questo stadio non ci sono ancora delle certezze sulla data esatta di realizzazione di questo progetto. In ogni caso, se il progetto dovesse essere realizzato, come previsto dal decreto del 21 gennaio 1998, tenuto conto dei valori patrimoniali delle due banche e delle quotazioni di mercato, la fusione dovrebbe produrre una nuova banca il cui capitale sarebbe in larga maggioranza detenuto dai privati e dove lo Stato manterrà una partecipazione di minoranza.

Tuttavia, la Commissione ha voluto nondimeno verificare che l'ipotesi di fusione con la BNL non fosse pregiduzievole del livello di redditività del complesso aziendale risultante dalla fusione e quindi del Banco. Infatti, la BNL ha mostrato negli ultimi esercizi un livello di redditività alquanto modesto che non permetterebbe di concludere, in assenza di elementi supplementari, che la redditività sui fondi propri della nuova banca risultante dalla fusione della BNL e del Banco sia accettabile per un investitore privato operante in economia di mercato. Le autorità italiane hanno sottolineato a tal riguardo che la BNL ha intrapreso un importante progetto di ristrutturazione, i cui costi saranno sostenuti dalla stessa banca prima della fusione. In particolare, la BNL ha già effettuato degli importanti accantonamenti sulle attività e sui costi di ristrutturazione che hanno provocato una corrispondente riduzione della situazione netta. È dunque ragionevole ritenere che la fusione non avrà effetti negativi sulla redditività della nuova entità bancaria rispetto alle stime relative al solo Banco; un effetto benefico può essere atteso a più lungo termine.

In particolare la banca d'affari Rothschild ha sottoposto alla Commissione una relazione che sottolinea i progressi realizzati dalla banca a partire dal 1993, quando è stato nominato un nuovo gruppo dirigente. Al di là degli accantonamenti sopra descritti, la BNL mostra importanti segni di risanamento aventi carattere strutturale. Coerentemente con le strategie perseguite, la banca è riuscita a contenere la flessione del margine d'interesse rilevabile a livello di sistema e ad accrescere i ricavi da attività di servizi, grazie alla spinta impressa all'attività di risparmio gestito e assicurativa; anche dal lato dei costi, la BNL è riuscita a ridurre il costo del lavoro in termini reali grazie anche alla contrazione del numero di addetti. Il piano di ristrutturazione in corso, che prevede tra l'altro un'ulteriore riduzione dei costi e del personale (-3700 addetti sul triennio 1998-2000) lascia intravedere buone prospettive di miglioramento nei prossimi anni dei risultati fin qui ottenuti.

La banca Rothschild ha stimato che nell'ipotesi di una fusione tra il Banco e la BNL i risultati del Banco beneficerebbero dell'integrazione con la BNL. La fusione tra le due banche è suscettibile di produrre sinergie significative di circa 500 miliardi di ITL, tenuto conto della complementarità geografica e funzionale delle due banche. La fusione dovrebbe permettere di realizzare sinergie al livello del personale, delle altre spese generali e dei ricavi non finanziari. In particolare, le sinergie dovrebbero ammontare a circa 240 miliardi di ITL a livello di personale (il 47,5 % dei costi totali del personale), con la riduzione degli effettivi presso le direzioni generali e la razionalizzazione della rete di agenzie italiane e straniere; 125 miliardi di ITL al livello delle altre spese generali (il 25 % delle spese generali totali) e 140 miliardi di ITL al livello dei ricavi non finanziari (il 27,5 % del totale), in particolare nei centri dei profitti finanziari e delle commissioni.

Nel confronto con altri casi di fusioni, le ipotesi qui utilizzate sembrano sufficientemente prudenti. Si stima che le sinergie siano più o meno pari al 30 % dei costi operativi, laddove in altri casi, in particolare italiani e britannici, le sinergie realizzate sono state circa del 35 % dei costi operativi.

Di conseguenza, nell'eventualità di una fusione con la BNL, il tasso di redditività del capitale del Banco potrebbe aumentare dal 67 all'11,6 %. Questo livello è adeguato ad assicurare l'efficienza economico-finanziaria di lungo periodo dell'insieme. È evidente che un tal risultato, così come lo ha confermato la banca d'affari Rothschild, è subordinato alla piena esecuzione del piano di ristrutturazione del Banco e alla realizzazione della fusione tra il Banco e la BNL. In ogni caso il conferimento del Banco gruppo INA/BNL, con la partecipazione maggioritaria dell'INA, assicurerà la redditività economico-finanziaria di lungo periodo del Banco anche in assenza di una fusione regolare tra il Banco e la BNL.

Tenuto conto degli elementi di cui sopra, la Commissione ritiene che nel caso di una eventuale fusione tra le due banche la redditivà economico-finanziaria dell'insieme Banco-BNL sia garantita e che non vi sarà più ricorso ad interventi di sostegno da parte dello Stato.

5.3. Proporzionalità dell'aiuto alle finalità perseguite

Quanto all'ottemperanza delle altre condizioni previste nella normativa per gli aiuti alla ristrutturazione, la Commissione reputa che il Banco contribuisca in maniera significativa ai costi della ristrutturazione con le sue proprie risorse. A tale proposito va ricordato che il Banco ha sostenuto il costo di copertura di tutti gli impegni trasferiti alla struttura di dismissione, per circa 4400 miliardi di ITL, ossia più del doppio dell'aumento del capitale del Tesoro. A ciò vanno aggiunte le cessioni, esclusa l'operazione di scorporo, di 5300 miliardi di ITL di crediti a medio termine in due anni (1995 e 1996), di partecipazioni, in particolare finanziarie, per circa 210 miliardi di ITL e di immobili per circa 230 miliardi di ITL.

Il principio della limitazione dell'aiuto al minimo strettamente necessario induce altresì a vigilare, da un lato, affinché il Banco disponga di fondi propri per un ammontare sufficiente ad adempiere i suoi obblighi regolamentari ma, d'altro lato, che non sia dotato di un livello di fondi propri superiore allo stretto necessario. Al riguardo, la Commissione nota che il livello di capitalizzazione minimo deve essere valutato tenendo conto della possibilità che all'intervento pubblico faccia seguito l'apporto di fondi supplementari necessari da parte di altri azionisti. Ad esempio, nel caso di una privatizzazione a breve termine tramite gara d'asta si può immaginare che all'osservanza degli obblighi regolamentari provveda il potenziale acquirente.

A questo proposito la Commissione rileva innanzitutto che l'intervento di ricapitalizzazione del Tesoro, quantificabile in 2000 miliardi di ITL, è stato particolarmente ridotto in quanto non sufficiente a ricostituire il coefficiente di solvibilità, date le perdite registrate alla fine del 1996, che hanno ridotto il patrimonio netto del Banco a circa 1000 miliardi di ITL. Il rispetto del livello di capitalizzazione regolamentare del gruppo è stato assicurato dagli acquirenti e dagli altri azionisti privati che hanno ricapitalizzato il Banco nel corso del 1997. Si deve dunque ritenere che l'intervento del Tesoro è stato effettivamente limitato a quanto strettamente necessario.

5.4. L'apporto di contropartite

Per quanto concerne le contropartite destinate a compensare i concorrenti degli effetti distorsivi causati dagli aiuti, è opportuno ricordare la politica della Commissione in materia. Il ruolo delle contropartite, come previsto dagli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, è quello di controbilanciare, per quanto possibile, le ripercussioni negative sui concorrenti. In caso contrario gli aiuti sarebbero "contrari al comune interesse" e non potrebbero usufruire della deroga di cui all'articolo 92, paragrafo 3, lettera c).

Le contropartite devono tendenzialmente rappresentare uno sforzo supplementare dell'impresa beneficaria dell'aiuto rispetto alle operazioni di ristrutturazione necessaria al suo risanamento. Di conseguenza, deve trattarsi innanzitutto di misure che non sono finanziate, direttamente o indirettamente, da aiuti di Stato.

La Commissione ha indicato in un altro recente caso bancario che è possibile pervenire ad una stima della distorsione teorica della concorrenza provocata dagli aiuti. Nel settore bancario, l'esistenza di un'obbligazione di solvibilità che fissa una relazione diretta tra la capitalizzazione di una banca e gli impegni, ponderati secondo il loro livello di rischio, che la banca è autorizzata a prendere, permette di misurare in maniera diretta il possibile impatto teorico dell'aumento di capitale di una banca sul suo livello di attività. In virtù della direttiva 89/647/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1989, relativa al coefficiente di solvibilità degli enti creditizi(9), modificata da ultimo dalla direttiva 96/10/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 marzo 1996(10), tale obbligo di solvibilità è lo stesso per tutte le banche in Europa, semplificando la valutazione dell'effetto di un aumento di capitale o di un aiuto avente un effetto analogo. Se gli aiuti hanno forma di aumenti di capitale, la distorsione concorrenziale può essere valutata, a titolo puramente indicativo, in termini di attività ponderate per il rischio. Ad esempio, un'iniezione di capitale del valore di 1 miliardo di ITL o una misura di effetto equivalente, a parità di altre condizioni, permette ad una banca di accrescere il livello delle proprie attività ponderate (tenuto conto del rispetto del coefficiente di solvibilità che obbliga l'impresa a rispettare il coefficiente minimo di solvibilità dell'8 % che deve essere calcolato sui fondi propri costituiti almeno per la metà da fondi propri di base) per un ammontare compreso tra 12,5 e 25 miliardi di ITL.

Nel caso di specie gli aiuti, pari a circa 2217 miliardi di ITL, risultano pari a circa la metà dei fondi propri necessari per il rispetto del coefficiente di solvibilità alla fine del 1994. Differentemente da altri casi e come già notato al punto 5.3 della presente decisione, gli aiuti in questione sono destinati primariamente alla copertura delle perdite e alla sopravvivenza della banca e non alla conservazione di un livello di patrimonializzazione tale da consentire il mantenimento del precedente livello di attività. Infatti, il rispetto del coefficiente di solvibilità è stato assicurato dall'aumento di capitale sottoscritto nel 1997 dopo la privatizzazione. Essi tuttavia de facto permettono il mantenimento dell'attività del Banco, sia pure ad un livello ridotto dopo le cessioni.

A questo proposito le misure contemplate nel piano di ristrutturazione appaiono sufficienti ad attenuare, nella misura del possibile, la distorsione concorrenziale indotta dagli aiuti.

Innanzitutto, le misure già adottate hanno prodotto una riduzione drastica della taglia della banca. Il totale di bilancio si è ridotto da 121000 miliardi di ITL (fine 1994) a 69000 miliardi di ITL (fine 1997) pari a una riduzione del 43 % in tre anni. Le attività ponderate per il loro rischio hanno subito una riduzione ancora più accentuata. La contrazione della taglia corrisponde, una volta eliminato l'effetto dello scorporo di 12400 miliardi di ITL di attività a favore della SGA, a una riduzione di quasi 40000 miliardi di ITL di attività.

Tuttavia la chiusura, tramite liquidazione volontaria della controllata Isveimer (quasi 15000 miliardi di ITL di attività alla fine del 1994) non può essere pienamente assimilata ad una contropartita, poiché la liquidazione era una misura necessaria nel contesto del piano di ristrutturazione per la quale saranno utilizzate delle risorse statali. Poiché si tratta di una liquidazione e le somme interessate non facevano che transitare per il Banco, si è concluso che non ci sono elementi di aiuto nelle misure di sostegno per il Banco nella liquidazione dell'Isveimer. Tale liquidazione corrisponde ad una chiusura di capacità. Il Banco non potrà rilevare attività dell'Isveimer nel quadro della liquidazione di quest'ultimo salvo il caso in cui risulti impossibile venderle ad altri oppure realizzarle a condizioni più vantaggiose per la liquidazione.

Il Banco ha inoltre ceduto oltre 300 miliardi di ITL di immobili e oltre 200 miliardi di ITL di partecipazioni. In particolare, sono state vendute le partecipazioni nelle banche IMI e Banca di Roma, ricavandone una plusvalenza. Sono previste ulteriori cessioni di immobili per circa 100 miliardi di ITL.

A livello nazionale, il Banco ha già ceduto 50 sportelli alla Banca popolare di Brescia e 9 alla Banca popolare antoniana veneta. Inoltre è già stata avviata la cessione di altri 18 sportelli, che normalmente dovrebbe concludersi entro la fine dell'anno. Gli sportelli ceduti presentano una buona capacità di reddito dimostrata in primo luogo dall'interesse suscitato sul mercato e per il prezzo pagato (rispettivamente 290 miliardi di ITL e 34,5 miliardi di ITL), e in secondo luogo, dalla parte di avviamento riconosciuta dall'acquirente (rispettivamente 132 miliardi di ITL, ossia il 46 % del valore della transazione, e 21,3 miliardi di ITL, pari al 62 % del valore). In particolare la vendita dei 59 sportelli ha comportato la cessione di oltre 2500 miliardi di ITL di crediti. Una riduzione addizionale di circa 1000 miliardi di ITL di crediti dovrebbe essere resa possibile dalla cessione dei restanti 18 sportelli. Di conseguenza questa cessione può essere considerata come una compensazione per gli aiuti. Una volta ceduti 77 sportelli, il che rappresenta circa il 10 % della rete in termini del numero di installazioni, il Banco diventerà una banca a carattere regionale che disporrà unicamente di qualche sportello all'estero e che avrà una presenza molto modesta nel nord dell'Italia. In caso di fusione con la BNL potranno intervenire senza dubbio altre cessioni a raggruppamenti di sportelli.

A livello internazionale il Banco ha già ridotto la sua presenza in maniera molto significativa: il numero delle controllate e delle filiali è sceso da 13 a 6 in due anni, mentre il livello di attività ha già subito una riduzione del 70 % circa. In particolare il livello degli impieghi è stato ridotto di circa 22000 miliardi di ITL. Sono state chiuse le dipendenze di Parigi, Francoforte, Los Angeles, Mosca e Seoul mentre le altre (Barcellona) sono state cedute. Ben presto dovrebbe completarsi l'uscita dal mercato spagnolo. Le altre dipendenze hanno subito riduzioni del personale e del livello di attività. Da notare che, salvo qualche eccezione, la rete internazionale del Banco era redditizia. In tale valutazione si è inoltre tenuto conto del trasferimento della succursale lussemburghese (Banco di Napoli International) alla struttura di scorporo, che evidentemente non può essere considerata come una contropartita poiché la creazione della struttura di scorporo ha contribuito al salvataggio del Banco.

In base agli elementi che precedono, la Commissione ritiene che gli sforzi fatti dal Banco e le misure prese dalle autorità, anche se non permettono di sopprimere totalmente gli effetti distorsivi degli aiuti, rappresentano un livello di compensazione molto significativo che permette di attenuare sostanzialmente gli effetti distorsivi degli aiuti accordati al Banco.

Alla luce di quanto descritto sopra, la Commissione ritiene che le contropartite fornite dal Banco siano adeguate e che contribuiscano a rendere l'aiuto al Banco compatibile con l'interesse comune.

5.5. Altri elementi

Come stabilito negli orientamenti comunitari per gli aiuti alla ristrutturazione, la Commissione ha anche esaminato la situazione del Banco in relazione ai crediti d'imposta. Infatti, in base alla normativa in questione, le imprese che abbiano beneficiato di aiuti di Stato non possono beneficiare anche di crediti fiscali pari all'ammontare delle perdite fiscali coperte da aumenti di capitale che costituiscono aiuti. A tale riguardo le autorità italiane hanno dichiarato che le condizioni stabilite dalla legge italiana e in particolare dall'articolo 123 del T. U. 917/86, affinché il Banco possa fruire di tale vantaggio, non sono soddisfatte.

Si può pertanto concludere che l'intervento dello Stato non contribuisce a rafforzare la posizione del Banco al di là dello stretto necessario e non restringe le possibilità di concorrenza nei suoi confronti da parte dei concorrenti europei. Al contrario fin d'ora la quota del mercato del Banco è stata notevolmente ridotta. Di conseguenza, dato il contributo del Banco in termini di sforzi di ristrutturazione e di riduzione di attività, gli aiuti in questione possono essere considerati conformi agli orientamenti comunitari per gli aiuti alla ristrutturazione ed essere dichiarati compatibili con il mercato comune.

6. Conclusioni

In conclusione, dati gli elementi di cui sopra e sulla base delle informazioni disponibili, la Commissione ritiene che il piano di risanamento del Banco contenga importanti elementi di aiuto di Stato, sotto forma in particolare di un aumento di capitale di 2000 miliardi di ITL, dell'utilizzo delle anticipazioni della Banca d'Italia ai sensi del decreto ministeriale del 27 settembre 1974 per l'assorbimento delle perdite della SGA e di sgravi fiscali per un valore netto di 17 miliardi di ITL. Tenuto conto dei proventi stimati per lo Stato dalla privatizzazione in corso, il costo totale netto attualizzato per lo Stato è stimato in 2217 miliardi di ITL con un plafond teorico di 11895 miliardi di ITL. Non costituiscono invece aiuti di Stato al Banco di Napoli le anticipazioni concesse dalla Banca d'Italia ai sensi del decreto del 27 settembre 1974 nel quadro della liquidazione dell'Isveimer, purché siano rispettate determinate condizioni.

Queste misure sono state esaminate accuratamente alla luce dell'articolo 92, paragrafo 3, lettera c), del trattato, onde stabilire se possano essere considerate compatibili con il mercato comune. In base alle considerazioni testé formulate, si può considerare che gli aiuti accordati al Banco rispettino le condizioni previste dagli orientamenti comunitari per gli aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in difficoltà, purché siano soddisfatte talune condizioni, di cui alcune costituiscono condizioni indispensabili alla redditività economico-finanziaria, mentre altre rappresentano contropartite necessarie perché si possa concludere che l'aiuto rispetta l'interesse comune.

Data l'entità degli aiuti è inoltre necessario che sia controllata l'esecuzione del piano, in particolare per quanto concerne gli sforzi di ristrutturazione del progetto di fusione affinché il piano di risanamento presentato alla Commissione sia effettivamente ed integralmente realizzato. Di conseguenza le autorità italiane dovranno informare la Commissione, ogni sei mesi, a decorrere dalla data di approvazione della presente decisione, dello stato di avanzamento del piano nonché di qualsiasi deviazione dei risultati realizzati dalle previsioni. Nessuna modifica atta ad aumentare gli aiuti di Stato in favore del Banco potrà essere apportata al piano senza l'accordo preliminare della Commissione.

In base agli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione, la Commissione considera che l'attribuzione di detti aiuti normalmente dovrebbe essere necessaria solo una tantum.

A siffatte condizioni, gli aiuti in questione possono pertanto essere esentati dal divieto di cui all'articolo 92, paragrafo 1, del trattato CE e all'articolo 61, paragrafo 1, dell'accordo sullo SEE in quanto possono essere considerati compatibli con il mercato comune, secondo il disposto dell'articolo 92, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE e dell'articolo 61, paragrafo 3, lettera c), dell'accordo SEE,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

1. Le misure di risanamento, ristrutturazione e privatizzazione del Banco di Napoli contenute nel decreto legge del 27 marzo 1996, n. 163, in seguito più volte reiterato, da ultimo con decreto legge 24 settembre 1996, n. 497, convertito nella legge, n. 588, del 19 novembre 1996, in particolare l'aumento di capitale del Banco di Napoli da parte del Tesoro di 2000 miliardi di ITL, gli sgravi fiscali e il ricorso alle anticipazioni della Banca d'Italia ai sensi del decreto ministeriale del 27 settembre 1974 per l'assorbimento delle perdite della Società per la gestione di attività SpA, con un tetto massimo potenziale di 14395 miliardi di ITL, costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 92, paragrafo 1, del trattato CE.

Tali operazioni, il cui costo netto stimato per lo Stato è di circa 2217 miliardi di ITL ma con un tetto massimo potenziale di 11895 miliardi di ITL, sono dichiarate compatibili con il mercato comune e con l'accordo SEE, in virtù dell'articolo 92, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE e dell'articolo 61, paragrafo 3, lettera c), dell'accordo SEE.

2. Le anticipazioni erogate dalla Banca d'Italia ai sensi del decreto ministeriale del 27 settembre 1974, nel quadro della liquidazione dell'Isveimer, non costituiscono aiuti di Stato in favore del Banco di Napoli nella misura in cui l'utilizzazione di queste risorse venga fatta secondo criteri accettabili per un investitore privato e la condizione di cui all'articolo 2, lettera e), venga rispettata.

Articolo 2

L'autorizzazione delle misure di cui all'articolo 1 è subordinata al rispetto da parte dell'Italia dell'impegno del Banco di Napoli a cedere o chiudere, entro la fine del 1998, 18 sportelli aventi sede nel nord e nel centro dell'Italia e la dipendenza di Madrid, nonché delle condizioni seguenti:

a) garantire l'attuazione di tutte le misure di risanamento e di tutte le disposizioni previste per il sistema di cui all'articolo 1 e contenute nel piano di ristrutturazione presentato alla Commissione;

b) non modificare, dopo aver tenuto conto delle condizioni imposte dalla presente decisione, e salvo accordo preliminare della Commissione, le condizioni previste nel piano di ristrutturazione;

c) sopprimere la possibilità per il Banco di Napoli di beneficiare di crediti d'imposta per un ammontare pari alle perdite fiscali coperte dall'aumento di capitale del Tesoro;

d) destinare i proventi delle cessioni degli sportelli, delle partecipazioni e di altre attività alla ristrutturazione economica e finanziaria del Banco di Napoli;

e) garantire che il Banco di Napoli non riacquisti attività dalla liquidazione dell'Isveimer, salvo il caso in cui si dimostri impossibile venderle ad altre o realizzarle a condizioni più vantaggiose per la liquidazione.

Articolo 3

Le autorità italiane collaborano pienamente al controllo della presente decisione e sottopongono alla Commissione i seguenti documenti:

a) una relazione circostanziata delle autorità italiane sull'applicazione della decisione della Commissione e sull'applicazione del piano di ristrutturazione. In particolare tale relazione:

- esamina l'efficienza economico-finanziaria delle diverse entità del gruppo eventualmente rimaste sotto il controllo dello Stato tramite la presentazione dei risultati dettagliati rispetto alle stime contenute nel piano;

- specifica qualsiasi intervento dello Stato a favore delle stesse entità, sotto forma di ricapitalizzazione, finanziamento, garanzia, rinuncia a crediti o altra forma;

- analizza dettagliatamente lo svolgimento del processo dell'eventuale fusione tra la Banca nazionale del lavoro e il Banco di Napoli;

- presenta il grado di realizzazione dell'impegno e delle condizioni di cui all'articolo 2.

La relazione deve essere inviata ogni sei mesi a decorrere dalla data della decisione della Commissione e fino alla data di adempimento dell'impegno e delle condizioni di cui all'articolo 2;

b) i bilanci, i conti economici e le relazioni (annuali, semestrali) degli amministratori delle società facenti parte dell'operazione in esame, ossia il Banco di Napoli e la Banca nazionale del lavoro, fino alla data della privatizzazione di quest'ultima, nonché della struttura di dismissione Società di gestione di attività SpA, fino al compimento della sua missione, e dell'Isveimer, fino alla conclusione dalla sua liquidazione. Tali documenti devono essere presentati alla Commissione non appena approvati dal consiglio di amministrazione di ciascun ente in questione.

La Commissione può avvalersi di "audit" specializzati ai fini della valutazione dei documenti e dell'attuazione del piano di cui alle lettere a) e b).

Articolo 4

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 29 luglio 1998.

Per la Commissione

Monika WULF-MATHIES

Membro della Commissione

(1) GU C 328 dell'1.11.1996, pag. 23.

(2) Cfr. decreti legge n. 293 del 27 maggio 1996, n. 394 del 26 luglio 1996 e n. 497 del 24 settembre 1996.

(3) Comunicazione della Commissione agli Stati membri sull'applicazione degli articoli 92 e 93 del trattato e dell'articolo 5 della direttiva 80/723/CEE della Commissione alle imprese pubbliche nell'industria manifatturiera, GU C 307 del 13.11.1993, pag. 3.

(4) Bollettino CE 9-1984.

(5) Cfr. gli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, GU C 368 del 23.12.1994, pag. 12.

(6) Cfr. nota 5.

(7) Per questo effetto di rischio morale ("moral hazard"), più gli errori di gestione sono importanti più l'impresa colpevole di tali errori viene aiutata.

(8) Il carattere privato dell'INA è stato determinato sulla base delle informazioni inviate dalle autorità italiane concernenti il suo azionariato, in particolare la presenza significativa di investitori istituzionali privati e i relativi diritti di voto.

(9) GU L 386 del 30.12.1989, pag. 14.

(10) GU L 85 del 3.4.1996, pag. 17.