31998Y1120(01)

Relazione speciale n. 9/98 sulla tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea in materia di IVA sugli scambi intracomunitari, corredata delle risposte della Commissione (presentata in virtù dell'articolo 188 C, paragrafo 4, secondo comma, del trattato CE)

Gazzetta ufficiale n. C 356 del 20/11/1998 pag. 0001 - 0017


RELAZIONE SPECIALE N. 9/98 sulla tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea in materia di IVA sugli scambi intracomunitari, corredata delle risposte della Commissione (Presentata in virtù dell'articolo 188 C, paragrafo 4, secondo comma, del trattato CE) (98/C 356/01)

1. IVA E RISORSA IVA

Un settore di interesse nazionale e comunitario

1.1. Quasi la metà del bilancio dell'Unione (45 % nel 1997) è finanziata con la risorsa IVA (1). Quest'ultima è fissata applicando un'aliquota (1,08 % al massimo nel 1998) a una base imponibile determinata in modo uniforme, la quale rappresenta l'insieme delle operazioni imponibili di ciascuno Stato membro gravate da IVA non detraibile da parte del destinatario.

1.2. I versamenti effettuati dagli Stati membri a titolo della risorsa IVA dipendono, tra l'altro, dal gettito IVA riscosso. Essi dipendono in parte quindi anche dai risultati da essi ottenuti sul fronte della lotta antifrode, della quale sono i principali responsabili (2). La frode fiscale conosce uno sviluppo preoccupante. Alcuni lavori effettuati dalla Corte sulla valutazione del totale delle perdite di entrate fiscali dell'IVA (di origine interna e intracomunitaria) dimostrano che esse sono rilevanti (3).

Riepilogo dei cambiamenti introdotti al 1° gennaio 1993

1.3. Fin dall'attuazione del sistema comune dell'IVA, negli anni '70 (4), l'obiettivo conclamato è stato di creare le condizioni necessarie allo sviluppo di un mercato interno soggetto a una sana concorrenza, nel quale venissero meno la tassazione all'importazione e la detassazione all'esportazione negli scambi tra gli Stati membri. Tale obiettivo è ribadito nella sesta direttiva del Consiglio del 1977 (5), che costituisce la base della legislazione vigente sull'IVA nell'Unione europea.

1.4. In concomitanza con l'attuazione del mercato unico, il 1° gennaio 1993, entra in vigore un nuovo regime transitorio dell'IVA sugli scambi intracomunitari (6). Tale sistema si propone di rispondere alle esigenze di un mercato interno senza frontiere, rispettando nel contempo alcuni margini di manovra fiscale a livello nazionale per quanto riguarda la fissazione delle aliquote, nonché la riscossione e il controllo dell'imposta.

1.5. Le principali caratteristiche di tale regime sono le seguenti:

a) i termini di esportazione e di importazione tra Stati membri sono soppressi (realizzando in questo modo uno degli obiettivi della prima direttiva) e sostituiti nei fatti da un sistema equivalente: le «cessioni intracomunitarie di beni» (ex esportazioni) sono esenti dall'IVA nello Stato membro d'origine a condizione che l'acquirente abbia un numero di identificazione IVA in un altro Stato membro e che i beni in questione lascino il territorio nazionale. Gli «acquisti intracomunitari di beni» (ex importazioni) sono soggetti all'imposta nello Stato membro di consumo e l'acquirente è tenuto a dichiararli nella propria dichiarazione periodica dell'IVA;

b) per compensare la soppressione delle formalità e dei controlli doganali e per evitare di subire perdite di entrate fiscali, le amministrazioni nazionali hanno istituito un sistema informatico di scambio automatico di informazioni relative al valore delle cessioni intracomunitarie di beni (sistema di scambio di informazioni relative all'IVA o «sistema VIES») (7);

c) i consumatori possono oramai pagare l'IVA all'origine sui beni acquistati in un altro Stato membro, senza altre formalità. Il regime particolare di vendite in esenzione d'imposta concesso ai viaggiatori intracomunitari negli aeroporti, nonché a bordo degli aerei e delle navi, scadrà il 30 giugno 1999;

d) nel quadro di tre «regimi particolari» (vendite a distanza, mezzi di trasporto nuovi, acquisti intracomunitari effettuati da agricoltori forfettari, da soggetti passivi esenti e da enti che non sono soggetti passivi), le operazioni sono in generale soggette a imposizione nei paesi di consumo.

Maggiori rischi di irregolarità

1.6. Con la creazione del mercato unico sono scomparsi i controlli sistematici alle frontiere interne. È stato allora istituito un sistema di scambio di informazioni a posteriori (sistema VIES). Dato che l'IVA non viene più versata al momento dell'importazione dei beni bensì in una fase successiva, sulla base della dichiarazione periodica del soggetto passivo, le possibilità di frode sono maggiori.

1.7. Vi sono due meccanismi principali di frode:

a) la dichiarazione di cessioni intracomunitarie fittizie: i beni esonerati vengono in realtà venduti sul mercato interno e vi è una frode sull'IVA dovuta sui consumi finali;

b) la mancata dichiarazione dell'IVA dovuta sugli acquisti intracomunitari: ci può allora essere una frode sull'IVA sui consumi finali nel caso in cui i beni vengano rivenduti da circuiti di commercializzazione occulti; ci può anche essere un abuso del diritto alla detrazione dell'imposta a monte qualora l'acquirente, nella propria dichiarazione IVA, richieda indebitamente il rimborso dell'imposta in merito ad acquisti per i quali non ha versato l'IVA.

1.8. Alcuni Stati membri sono inquieti a causa dell'evoluzione recente del loro gettito IVA, inferiore alle previsioni. Due di essi hanno individuato un'erosione della base imponibile che sarebbe connessa ad uno sviluppo dell'economia sommersa (8), provocato dal regime transitorio dell'IVA.

1.9. Secondo la Commissione, gli scambi commerciali intracomunitari per i quali i beni circolano attualmente in regime di esenzione IVA rappresentano da soli un valore superiore a 700 Mrd ECU, ossia 100 Mrd ECU di imposta. Gli importi finanziari in causa negli scambi intracomunitari di beni sono quindi rilevanti.

Prospettive di evoluzione del regime transitorio

1.10. Al momento dell'adozione della direttiva che istituisce il regime transitorio dell'IVA era previsto che quest'ultimo sarebbe rimasto in vigore fino al 31 dicembre 1996. In mancanza di una decisione del Consiglio su un regime definitivo, tale regime «transitorio» è ancora in vigore. Per i prossimi anni, non sembra esserci alcuna alternativa al proseguimento dell'attuale regime.

1.11. In effetti, la proposta della Commissione per l'attuazione di un regime definitivo (9) comporta almeno due presupposti. Essa prevede in particolare la soppressione di qualsiasi distinzione tra le operazioni interne e intracomunitarie (imposizione dei beni all'origine) e un luogo unico di registrazione e di imposizione per gli operatori economici comunitari. Essa presuppone quindi una coincidenza, in tutti gli Stati membri, tra beni e servizi ed aliquote IVA applicabili. Se così non fosse, un operatore economico potrebbe vendere dei beni in altri Stati membri, all'occorrenza attraverso una filiale, all'aliquota (ipoteticamente inferiore di due o tre punti) dello Stato membro in cui è registrato. Al consumo finale di uno Stato membro ci sarebbero quindi beni analoghi ma soggetti ad aliquote IVA diverse a seconda del luogo di residenza fiscale del venditore.

1.12. Dato che le entrate dell'IVA non sarebbero versate dagli operatori economici nel paese di consumo bensì in quello di registrazione, tale proposta comporta inoltre la necessità di riattribuire agli Stati membri le entrate dell'IVA corrispondenti al loro consumo nazionale. Al fine di garantire tuttavia a ciascuno Stato membro un livello di entrate equivalente a quello del sistema attuale, la Commissione propone di istituire un meccanismo macroeconomico destinato a ricostituire statisticamente il consumo imponibile, detraendo le operazioni relative all'economia sommersa (10), per le quali l'IVA non è stata quindi riscossa. In caso contrario, il livello variabile della frode tra gli Stati membri provocherebbe delle distorsioni nelle entrate ad essi attribuite.

1.13. La scelta di un meccanismo macroeconomico richiede la disponibilità di fonti, metodi, mezzi e procedure di tipo statistico uniformi o equivalenti. Tale scelta potrebbe comportare delle divergenze tra gli Stati membri nella stima del consumo imponibile statistico di ciascuno di essi, segnatamente procedendo alla riduzione della base imponibile di ripartizione di ciascuno Stato membro mediante la sottrazione dell'economia sommersa. Tale questione è in effetti oggetto di studio da anni, pure nel quadro dell'elaborazione dei conti nazionali. Le stime presentate sono molto diverse e dipendono in particolare dalle fonti e dai metodi utilizzati (11).

1.14. È vero che gli Stati membri, nel quadro dei conti nazionali, hanno già degli obblighi di esaustività da soddisfare entro la fine del 1998 (12). Va tuttavia sottolineato che l'esaustività dei conti nazionali, nella misura in cui porta ad un aumento del prodotto nazionale lordo ai prezzi di mercato (PNL) (13), pone attualmente gli Stati membri in una situazione di conflitto di interessi. Qualsiasi aumento del PNL implica in effetti da parte loro il pagamento di risorse supplementari al bilancio comunitario mediante la risorsa basata sul PNL. La proposta della Commissione non può che esacerbare tale conflitto in quanto, in vista del sistema dell'IVA proposto, gli Stati membri avrebbero obiettivamente un interesse a limitare il peso dell'economia sommersa nei loro conti nazionali, o a sopravvalutare il consumo imponibile, in modo da massimizzare la loro parte nella ridistribuzione delle entrate complessive dell'IVA. Il controllo dell'elaborazione dei conti nazionali avrebbe quindi un'importanza ancora maggiore di quella attuale nel quadro della determinazione del PNL.

1.15. La Commissione riconosce che «Eurostat non si occupa direttamente della misura dell'entità dell'economia sommersa negli Stati membri» e che per i lavori in corso in materia di esaustività del PNL «non si prevede di corredare i risultati di indicatori di affidabilità o di variabilità» (14). Ciò sembra pertanto indicare che, per il momento, una valutazione obiettiva dell'economia sommersa non è immaginabile.

Controlli realizzati dalla Corte assieme a talune istituzioni nazionali di controllo

1.16. Dal 1994, un gruppo di lavoro composto da rappresentanti delle istituzioni nazionali di controllo e della Corte dei conti europea esamina diversi aspetti relativi all'IVA sugli scambi intracomunitari. Da tali lavori è emerso che il sistema di scambio automatico di informazioni VIES risentiva ancora di imperfezioni, nonostante i miglioramenti apportati dalla sua entrata in funzione. Era peraltro risultato necessario che i metodi di controllo applicati negli Stati membri tenessero conto specificatamente dei rischi di evasione direttamente connessi all'abolizione delle frontiere fiscali. Infine, si raccomandava agli Stati membri e alla Commissione di seguire più da vicino l'evoluzione del gettito dell'IVA sugli scambi intracomunitari (15).

1.17. Nel 1996 e nel 1997, il gruppo di lavoro ha preso in esame i sistemi comunitari e taluni sistemi nazionali di lotta antifrode. Sono stati analizzati alcuni casi di frode intracomunitaria che le amministrazioni nazionali ritengono rappresentativi e, più in particolare, si è prestata attenzione al funzionamento dei dispositivi di cooperazione amministrativa.

1.18. Le osservazioni presentate di seguito sono il risultato delle indagini effettuate, nel quadro del gruppo di lavoro, presso cinque Stati membri e i servizi della Commissione. I risultati di tali indagini hanno formato oggetto di comunicazione alle amministrazioni interessate. Alla luce delle diverse relazioni redatte dalla Commissione (16) e delle informazioni raccolte presso i suoi servizi, le lacune constatate e le raccomandazioni formulate potrebbero riferirsi, nella maggior parte dei casi, ad altri o anche a tutti gli Stati membri.

2. IL CAMPO DELLA FRODE IVA SUGLI SCAMBI INTRACOMUNITARI

Mancanza di una definizione unica della frode

2.1. Negli Stati membri controllati, le definizioni legislative della frode implicano la presenza di un elemento intenzionale da parte di un singolo (17). La frode non si riferisce sempre specificatamente all'IVA ma può avere una portata più generale. I casi di mancata presentazione della dichiarazione IVA, di presentazione di dichiarazioni contenenti elementi falsi o incompleti, di falsificazione di documenti o di utilizzo di documenti falsi costituiscono, in linea di massima, un reato penale. In alcuni Stati membri, tuttavia, l'infrazione è collegata all'ottenimento di risultati mentre in altri è sufficiente che ci sia stato un comportamento di questo tipo (per esempio, la mancata presentazione della dichiarazione).

2.2. A causa delle lacune e delle incompatibilità pregiudizievoli alla repressione della frode e alla cooperazione giudiziaria in materia penale, gli Stati membri hanno firmato, il 26 luglio 1995, una convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (18). Essa si propone di giungere alla definizione di norme penali minime, a partire da una definizione unica della frode sia per quanto riguarda le spese che le entrate comunitarie. La frode in materia di entrate è definita come «qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa all'utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale delle Comunità europee o dei bilanci gestiti dalle Comunità europee o per conto di esse; alla mancata comunicazione di un'informazione in violazione di un obbligo specifico cui consegua lo stesso effetto; alla distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto, cui consegua lo stesso effetto».

2.3. Secondo la relazione esplicativa della Convenzione approvata dal Consiglio, l'IVA è stata esclusa dal campo di applicazione della convenzione non essendo «una risorsa propria riscossa direttamente per conto della Comunità» (19). Ne consegue che, a differenza di altri settori comunitari, non si prevede per la risorsa IVA un livello di tutela identico in tutti gli Stati membri, sebbene essa contribuisca per quasi la metà al finanziamento del bilancio comunitario (20).

Eterogeneità delle sanzioni

2.4. L'esclusione dell'IVA da tale convenzione comporta il mantenimento di diverse definizioni della frode e quindi il prosieguo dei comportamenti fraudolenti in materia di IVA. Uno stesso comportamento può pertanto essere punito in modo sostanzialmente diverso, a seconda dello Stato membro. Ne forniamo alcuni esempi.

2.5. La falsificazione delle scritture contabili da parte di un amministratore di una società costituisce, in uno Stato membro, una frode grave, punita con una sanzione penale (detenzione). In un altro Stato membro, invece, essa è considerata come un atto preparatorio, punito a titolo di infrazione amministrativa (pena pecuniaria).

2.6. In certi Stati membri, inoltre, per uno stesso fatto, alle sanzioni amministrative si possono aggiungere sanzioni penali. Solo alcuni, tuttavia, possono applicare realmente più sanzioni per la stessa infrazione.

2.7. Un eventuale complice può spesso approfittare di una riduzione di pena se il suo ruolo è stato marginale ma le legislazioni degli Stati membri differiscono riguardo alle forme di partecipazione all'azione fraudolenta (qualità di provocatore, di autore principale, di autore accessorio, di autore per interposta persona ecc.). In due Stati membri, inoltre, il complice non è punibile se la frode non ha conseguenze finanziarie. Il fatto che una siffatta frode possa provocare delle perdite per altri Stati membri non giustifica l'avvio di un procedimento giudiziario.

2.8. Altre differenze riguardano ad esempio:

- la responsabilità penale della società, persona giuridica, da cui dipende l'amministratore colpevole, responsabilità riconosciuta da certi Stati membri ma non da altri;

- l'applicazione di una pena fin dall'«inizio dell'esecuzione» (tentativo) della frode o soltanto quando è stata pienamente commessa;

- la determinazione delle sanzioni in funzione della loro gravità. A titolo di esempio, alcuni Stati membri prevedono una sanzione pecuniaria compresa tra un minimo e un massimo, mentre altri una sanzione proporzionale agli importi frodati.

Mancanza di valutazione del meccanismo sanzionatorio

2.9. La maggior parte degli Stati membri controllati non valuta l'applicazione del sistema sanzionatorio, segnatamente sotto il profilo dell'efficacia e della proporzionalità. Un'analisi di questo tipo consentirebbe tuttavia di capire meglio il grado di dissuasione delle pene previste in materia di frode fiscale. Ciò sembra tanto più necessario in quanto, come indicato nella parte precedente, la definizione e l'applicazione delle sanzioni da parte degli Stati membri non sono ancora armonizzate.

3. LA TUTELA DEGLI INTERESSI FINANZIARI IN MATERIA DI IVA SUGLI SCAMBI INTRACOMUNITARI

Una competenza condivisa tra gli Stati membri e la Commissione

3.1. La responsabilità dell'individuazione e della rettifica delle irregolarità e delle frodi commesse in materia di IVA spetta innanzitutto agli Stati membri, i quali sono tenuti a garantire una prevenzione e una repressione efficaci, nonché a ricuperare le risorse perdute. Il regolamento concernente il regime uniforme di riscossione delle risorse proprie comunitarie provenienti dall'IVA (21) assegna tuttavia alla Commissione un ruolo nel controllo dell'efficacia delle procedure di riscossione di tale imposta e nella prevenzione delle irregolarità. Le disposizioni di tale regolamento, segnatamente le modalità di controllo in loco della risorsa IVA, costituiscono, a parere della Commissione, una base giuridica per la lotta antifrode (22).

La cooperazione amministrativa

3.2. Il regolamento (CEE) n. 218/92 (23) concernente la cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette è stato adottato nel quadro dell'istituzione del mercato interno e delle successive modifiche della legislazione in materia di IVA. Esso ha consentito l'istituzione di un sistema comune di scambi, per via elettronica, di informazioni relative all'IVA sulle transazioni intracomunitarie, per fare in modo che il regime transitorio in materia di IVA «possa venire instaurato effettivamente senza rischi di frodi che potrebbero determinare distorsioni di concorrenza» (24). Ogni Stato membro ha creato delle basi elettroniche di dati, a partire dalle quali vengono effettuati gli scambi di informazioni attraverso una rete orientata dalla Commissione che elabora ogni tre mesi statistiche ricapitolative (sorveglianza della gestione, misure di scambio di dati sulla cifra d'affari ecc.).

3.3. L'articolo 11 del regolamento n. 218/92 stipula che «gli Stati membri e la Commissione esaminano e valutano il funzionamento dei meccanismi di cooperazione amministrativa previsti nel presente regolamento e la Commissione riunisce le esperienze fatte negli Stati membri, segnatamente per quanto concerne nuovi metodi di evasione o frode fiscale, per migliorarne il funzionamento». Il comitato permanente per la cooperazione amministrativa (Standing Committee on Administrative Cooperation o «SCAC»), composto dei rappresentanti degli Stati membri e presieduto dalla Commissione, è l'organismo incaricato di valutare il funzionamento della cooperazione amministrativa. Due sottocomitati si occupano rispettivamente della lotta antifrode e delle questioni informatiche. Lo stesso regolamento dispone che la Commissione presenti ogni due anni una relazione di valutazione.

L'assistenza reciproca

3.4. Oltre che mediante il sistema VIES, uno scambio di informazioni tra Stati membri è predisposto dalla direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977 (25). La legislazione in questione, applicabile inizialmente al settore delle imposte dirette, è stata estesa all'IVA in quanto «l'estensione della reciproca assistenza si presenta come una necessità particolarmente impellente per quanto attiene all'imposta sul valore aggiunto, a causa del suo carattere d'imposta generale sul consumo e della sua funzione nel sistema delle risorse proprie della Comunità» (26). La direttiva indica le modalità di scambio di informazioni tra Stati membri e definisce le procedure di consultazione e di comunicazione delle esperienze (27) tra questi ultimi e la Commissione. Il comitato SCAC è altresì competente per le questioni di applicazione della direttiva.

3.5. Il campo di applicazione della direttiva 76/308/CEE del Consiglio, del 15 marzo 1976, relativa all'assistenza reciproca in materia di ricupero dei crediti (28) è stato ampliato all'IVA con la direttiva 79/1071/CEE (29). Un comitato di ricupero è istituito «al fine di organizzare una stretta ed efficiente collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione in tale settore».

L'azione svolta dagli Stati membri

Strategie di controllo

3.6. Tutti gli Stati membri controllati si avvalgono dell'analisi di rischio per orientare meglio i controlli nei confronti dei soggetti passivi nonché dei settori che possono presentare rischi di frode importanti. Ciò consente loro di determinare un ordine di priorità nei controlli, al fine di migliorare l'efficacia delle loro risorse (30). In linea di massima, tuttavia, essi non dispongono di dati particolareggiati sulle attività e sui risultati dei loro servizi in materia di lotta antifrode. Ciò nuoce all'efficacia delle analisi di rischio in quanto è impossibile valutare la pertinenza dei criteri utilizzati.

3.7. Per evitare un eventuale ricupero, spesso problematico, di indebiti crediti d'imposta, la maggior parte degli Stati membri controllati riserva una particolare attenzione ai controlli delle dichiarazioni IVA che comportano un rimborso dei crediti d'imposta. La loro strategia di controllo non comporta tuttavia una verifica sistematica del pagamento dell'IVA fatturata dal fornitore. Uno Stato membro ha preso alcune misure specifiche che consentono, qualora ci siano indizi di frode, di bloccare il credito IVA del soggetto passivo fino a quando non se ne è determinata la fondatezza e, all'occorrenza, fino a quando le informazioni richieste alle amministrazioni di altri Stati membri non siano state ottenute.

3.8. Taluni meccanismi di frode comportano l'impiego di società fittizie che, una volta registrate e prima di scomparire, possono chiedere rimborsi indebiti, stilare fatture false, evitare di dichiarare la loro cifra d'affari o evitare di procedere al pagamento dell'IVA dovuta. Certi Stati membri dispongono pertanto specificatamente il controllo dei nuovi soggetti passivi. Il controllo di uno Stato membro ha rivelato inoltre che i responsabili delle frodi si avvalgono in misura crescente di società che, segnatamente a causa della loro limitata cifra d'affari, sono tenute a presentare la dichiarazione IVA un'unica volta all'anno. La riconciliazione in tempo utile dei dati con quelli del soggetto passivo che richiede il rimborso sulla base di una dichiarazione trimestrale o mensile è quindi spesso impossibile.

Disparità di poteri legislativi in materia di azioni giudiziarie

3.9. La situazione in materia varia a seconda degli Stati membri. In certi casi, esiste l'obbligo di perseguire tutte le frodi sospette. In altri, l'azione giudiziaria può essere avviata soltanto su richiesta del pubblico ministero o dell'amministrazione fiscale.

Raffronto dei dati

3.10. Nella propria relazione annuale sull'esercizio finanziario 1995 (31), la Corte aveva illustrato l'utilità di controlli incrociati tra i dati VIES e Intrastat relativi alle statistiche degli scambi di beni tra Stati membri (32). L'esame della base giuridica degli Stati membri controllati mostra che, in uno solo di essi, l'amministrazione fiscale è autorizzata ad utilizzare le dichiarazioni Intrastat di ogni soggetto passivo nel quadro dei controlli sull'IVA.

3.11. In materia di accesso ai dati informatici, si riscontrano differenze significative tra gli Stati membri controllati. A titolo di esempio, i servizi antifrode di uno Stato membro hanno un accesso limitato alle sole dichiarazioni fiscali. Tale accesso non avviene peraltro in tempo reale (ivi compresa la base di dati VIES). Certe amministrazioni fiscali di altri Stati membri, invece, dispongono di un accesso illimitato e diretto ad altri dati.

Accesso alle legislazioni di altri Stati membri

3.12. Lo sviluppo del mercato unico fa sì che, in definitiva, ogni amministrazione fiscale sia anche interessata dalle operazioni effettuate dai soggetti passivi in altri Stati membri. In particolare in caso di frode, conoscere le procedure applicate in altri paesi dell'Unione in materia di procedimenti e termini di prescrizione può essere estremamente importante. L'esame della situazione negli Stati membri controllati ha evidenziato l'esistenza di lacune a livello della documentazione in merito agli aspetti giuridici e pratici delle legislazioni IVA degli altri Stati membri.

Ricupero degli importi frodati

3.13. Come indicato dalla Commissione «le azioni intraprese in materia di lotta antifrode sarebbero vane se non potessero portare al ricupero effettivo dell'imposta dovuta: identificare e perseguire la frode, infatti, è utile soltanto se ciò consente la debita riscossione dell'imposta» (33).

3.14. La maggior parte degli Stati membri controllati dispone di dati globali relativi alle correzioni della base imponibile, in seguito ai controlli svolti dai loro servizi nei confronti dei soggetti passivi. Nessuno di questi Stati membri è però stato in grado di fornire informazioni sugli importi ricuperati e sui motivi del mancato ricupero degli importi dovuti. Per questo motivo, non è possibile formulare un giudizio sull'efficacia della lotta antifrode e sull'insieme delle procedure intese al ricupero delle somme sottratte al fisco.

Scambio di informazioni tra Stati membri

3.15. Gli scambi di informazioni nel quadro della cooperazione amministrativa e della reciproca assistenza sono stati, nell'insieme, poco utilizzati, sebbene si constati un aumento dal 1995, e in modo peraltro estremamente diverso a seconda degli Stati membri. Mentre tutti gli Stati membri riconoscono l'utilità di uno scambio di informazioni a livello comunitario ai fini della prevenzione, dell'individuazione e della ricerca delle frodi, non è stato ancora raggiunto alcun accordo sul tipo di informazioni che devono formare oggetto di scambio (34).

3.16. Uno Stato membro controllato ha rivelato un problema di ottenimento di informazioni dovuto alla legislazione di un altro Stato membro. Quest'ultimo si è richiamato alle disposizioni nazionali che vietano che una richiesta di informazioni formi oggetto di una richiesta complementare concernente lo stesso soggetto passivo.

3.17. La possibilità di trasmettere ad altri Stati membri interessati le informazioni ricevute ai sensi della direttiva sull'assistenza reciproca e del regolamento sulla cooperazione amministrativa è stata utilizzata soltanto in alcuni casi. La direttiva 77/799/CEE prevede una procedura di consultazione tra Stati membri al fine di determinare le categorie di casi in cui si può procedere a uno scambio automatico di informazioni. Tra gli Stati membri controllati, si è constatato in un unico caso che era stato raggiunto un accordo di questo tipo.

3.18. Lo scambio di informazioni ai sensi dell'articolo 5 del regolamento concernente la cooperazione amministrativa è generalmente preceduto da una riconciliazione dei dati VIES ricevuti da altri Stati membri con gli acquisti intracomunitari dichiarati dai soggetti passivi. Succede tuttavia che numerosi soggetti passivi non presentino le situazioni sintetiche delle loro transazioni intracomunitarie che alimentano il sistema VIES (35). Nel dicembre 1996, uno Stato membro controllato non era ancora in grado di procedere a tali confronti per il 1995 in quanto i soggetti passivi disponevano ancora di un margine di tempo per la presentazione delle dichiarazioni IVA. Un altro Stato membro controllato prevedeva di effettuare tali riconciliazioni nel marzo 1997 per l'esercizio 1994.

3.19. Questi confronti possono inoltre dare luogo a differenze importanti (fino all'85 %), richiedendo pertanto, da parte delle amministrazioni nazionali, un notevole lavoro di ricerca per chiarirne le cause. In realtà, esse possono provocare un abbandono di questa possibilità di controllo, ritenuta a volte troppo onerosa, segnatamente in termini di risorse umane, e inadatta a identificare i settori economici in cui i rischi di frode sono i più importanti.

3.20. Gli Stati membri controllati non si scambiano le informazioni di cui dispongono sulle società fittizie. Nel 1995, uno degli Stati membri controllati ha proposto a tutti gli Stati membri di procedere allo scambio delle informazioni utili per la lotta ai rimborsi fraudolenti. Solo due Stati membri hanno manifestato il loro assenso.

3.21. Negli Stati membri controllati, i contatti con i funzionari di altri Stati membri sono in linea di massima riservati al livello centrale. Il ricorso alla presenza di funzionari dell'amministrazione fiscale di altri Stati membri è estremamente limitato, sebbene al riguardo vi sia un progetto di accordo tra due degli Stati membri controllati (36).

L'azione svolta dalla Commissione

Le relazioni periodiche

Le relazioni sui sistemi nazionali

3.22. In conformità degli obblighi del regolamento (CEE) n. 1553/89, la Commissione ha elaborato due relazioni sulle procedure di riscossione e di controllo dell'IVA applicate negli Stati membri (37). L'esame si è limitato all'elaborazione di documenti di sintesi delle informazioni fornite dagli Stati membri. I dati comunicati in materia di irregolarità IVA non sono stati analizzati e la diversa struttura delle due relazioni non consente di valutare l'evoluzione del fenomeno.

3.23. La mancanza di una sorveglianza regolare dell'efficacia delle procedure nazionali in materia di gestione e controllo, per esempio di un «quadro degli strumenti», nonché la mancanza di informazioni in materia di frodi e di irregolarità sminuiscono l'impatto di tali relazioni. La Commissione non esamina peraltro le modalità e i risultati dei sistemi di controllo di ciascuno Stato membro e quindi non è in grado di formulare eventuali proposte di miglioramento.

3.24. Nel proprio progetto di terza relazione, la Commissione procede a un'analisi delle frodi e delle irregolarità in materia di IVA. Essa si limita tuttavia a indicare genericamente, in mancanza di qualsiasi indicazione degli Stati membri interessati, le procedure di controllo che possono servire alla lotta antifrode.

3.25. In futuro, la Commissione si propone di esaminare, per ciascuno Stato membro e assieme alle autorità competenti, l'insieme delle procedure di controllo in vigore in tale Stato membro al fine di individuare i miglioramenti possibili e di riferirne in una quarta relazione.

3.26. Se la Commissione ritiene che tale esame possa essere condotto in porto nel quadro delle proprie attuali competenze, è opportuno interrogarsi sui motivi che non hanno consentito di effettuarlo prima. Se invece tale auspicio richiede un incremento dei poteri della Commissione, quest'ultima dovrebbe indicare gli elementi nuovi intervenuti dopo il ritiro nel 1996, a causa dell'opposizione del Consiglio, di una proposta legislativa che le avrebbe consentito di procedere a verifiche in loco presso le amministrazioni nazionali, al fine di giungere all'eventuale formulazione di raccomandazioni (38).

Le relazioni sulla cooperazione amministrativa

3.27. La Commissione ha pubblicato, nel 1994 e nel 1997, due relazioni sul funzionamento del regolamento (CEE) n. 218/92 del Consiglio concernente la cooperazione amministrativa in materia di IVA (39). Nella prima, essa illustrava le strutture amministrative approntate a livello comunitario e nazionale e descriveva il funzionamento del sistema VIES. Essa metteva in rilievo il successo dell'attuazione del sistema che, secondo la Corte, presentava alcune lacune sulle quali ha riferito nella propria relazione annuale sull'esercizio finanziario 1994 (40). Nel documento si rilevava in particolare la mancata constatazione di nuove frodi dopo l'attuazione del mercato interno. La Commissione illustrava inoltre le prospettive in materia di reciproca assistenza. Lo sviluppo della rete «SCENT fiscal», rete informatica che consente lo scambio mirato di messaggi in funzione antifrode tra le amministrazioni di controllo, veniva presentato come un efficace strumento futuro di lotta antifrode. Si prevedeva inoltre un maggiore ricorso alla direttiva 76/308/CEE relativa all'assistenza reciproca in materia di ricupero dei crediti.

3.28. Nella sua seconda relazione, la Commissione valuta il funzionamento della cooperazione amministrativa e dell'assistenza reciproca nel 1994 e nel 1995. Essa constata che il ricorso a tali strumenti rimane ancora insufficiente per consentire un controllo soddisfacente delle operazioni intracomunitarie in tutti gli Stati membri e formula raccomandazioni in merito ad azioni specifiche da intraprendere, sia a livello comunitario che nazionale. In essa si riconosce altresì la mancanza di una strategia comunitaria antifrode, ascritta da un lato al carattere limitato del mandato originariamente affidato al sottocomitato antifrode dello SCAC e, dall'altro, alla riluttanza di taluni Stati membri a cooperare, su una base multilaterale, ad indagini su casi presunti di frode. La Commissione ritiene che l'assistenza che essa può fornire nell'ambito del coordinamento dell'azione comunitaria sia ostacolata dalla mancanza di una base giuridica sufficiente come quella esistente nei settori doganale e agricolo.

Il comitato permanente per la cooperazione amministrativa (SCAC) e il suo sottocomitato antifrode (SCAF)

Lavori del sottocomitato antifrode

3.29. Lo SCAF, presieduto dalla Commissione, è incaricato di riunire «le esperienze fatte negli Stati membri, segnatamente per quanto concerne nuovi metodi di evasione o frode fiscale» (41). Durante i primi anni di attività, il sottocomitato si è concentrato sull'installazione di una rete di messaggeria elettronica antifrode, detta «SCENT fiscal» (cfr. il paragrafo 3.27). Tale sistema non è stato praticamente utilizzato dagli Stati membri, i quali sono estremamente reticenti a scambiarsi informazioni sulle frodi.

3.30. Le attività del sottocomitato antifrode sono state rilanciate dallo SCAC soltanto nel 1996. Il suo mandato è stato ampliato ed è stato adottato un nuovo programma di lavoro. È stata avviata un'inchiesta per tentare di valutare la diffusione della frode sull'IVA nell'Unione europea. Agli Stati membri è stato chiesto di fornire dei dati sui più importanti casi di frode da loro scoperti nel 1995, al fine di determinare una tipologia sulla base di diversi criteri (quali la cifra d'affari, il settore di attività, il numero di occupati delle imprese interessate) (42). Sono stati analizzati quasi 500 casi ma, per diversi motivi, la rappresentatività del campione esaminato resta da dimostrare. Essa dipende in effetti dai sistemi nazionali di controllo, il cui grado di efficacia non è stato sondato dalla Commissione (cfr. i paragrafi 3.22 3.25), segnatamente sotto il profilo della loro adeguatezza ai nuovi rischi di frode (cfr. i paragrafi 1.6 1.9). Le informazioni raccolte erano inoltre spesso incomplete ed eterogenee.

3.31. Con riserva di tali difficoltà, lo studio conduce alle seguenti conclusioni:

a) un numero importante di responsabili delle frodi era costituito da operatori isolati o con meno di 5 occupati e aventi un numero di identificazione IVA da diversi anni;

b) i due tipi di frode più diffusi sui nove inventariati nel corso dell'indagine sono la mancata dichiarazione dell'IVA percepita sulle vendite (32 %) e l'abuso del diritto alla detrazione dell'IVA sugli acquisti (25 %). Nelle categorie di frode che comportano operazioni tra Stati membri, il 14 % dei casi riguardava un abuso delle norme del regime intracomunitario, il 9 % un abuso delle norme su importazioni ed esportazioni e infine il 3 % dei casi riguardava la frode «carosello» (43);

c) quasi la metà dei soggetti passivi implicati in frodi «carosello» o in società fittizie sono stati registrati dopo il 1992. Questo tipo di frode sembra rappresentare gli importi evasi più consistenti (44);

d) meccanismi di frode analoghi sono stati individuati in tutta la Comunità;

e) i controlli consueti sull'IVA continuano a svolgere un ruolo importante nell'individuazione delle frodi. Per scoprire gli abusi del diritto alla detrazione, si tratta di controlli incrociati delle fatture e, per quanto riguarda gli scambi intracomunitari, si tratta delle informazioni scambiate con altri Stati membri.

Altri lavori dello SCAC

Funzionamento della cooperazione amministrativa

3.32. Al fine di valutare l'efficacia degli strumenti di cooperazione amministrativa previsti dal quadro legislativo comunitario per il controllo delle multinazionali, lo SCAC si è basato sulla direttiva relativa all'assistenza reciproca tra autorità competenti per procedere, nel 1994 e nel 1995, a verifiche coordinate con altri Stati membri (45).

3.33. È emerso che tali strumenti potevano servire a controllare meglio le attività degli operatori multinazionali, ma si scontravano con un certo numero di ostacoli giuridici e pratici all'instaurazione di una cooperazione pienamente efficace.

3.34. Al fine di concretizzare le raccomandazioni formulate nella seconda relazione sul funzionamento della cooperazione amministrativa (cfr. il paragrafo 3.28), il comitato ha discusso, nel 1997, una serie di misure specifiche che gli Stati membri dovrebbero attuare. Si tratta, per esempio, di definire dei livelli minimi di utilizzazione della base di dati VIES da parte dei funzionari responsabili del controllo dell'IVA, di garantire la partecipazione degli Stati membri alle attività di controllo multilaterali e di migliorare i tempi di risposta alle richieste di informazioni provenienti da altri Stati membri. Questi ultimi, ad eccezione di tre, hanno adottato tali obiettivi nella loro integralità e riferiranno regolarmente, a partire dal primo trimestre 1998, in merito ai progressi realizzati.

Assistenza reciproca al ricupero dei crediti

3.35. La questione dell'assistenza reciproca al ricupero dei crediti in materia di imposte indirette è stata sollevata in numerose occasioni in seno allo SCAC. È emerso ben presto che il sistema risentiva di parecchie lacune. In seguito ad un'indagine effettuata nel 1995 dalla Commissione, sono state identificate cinque categorie di problemi:

a) le differenze importanti tra gli Stati membri sotto il profilo dei poteri di ricupero;

b) la disparità di trattamento, sul piano giuridico, dei crediti tra gli Stati membri e i crediti nazionali;

c) la bassa priorità assegnata al ricupero dei crediti per conto di altri Stati membri;

d) la lentezza, la complessità e la comprensione insufficiente dei meccanismi di reciproca assistenza;

e) le difficoltà pure e semplici a ritrovare certi debitori.

3.36. Il cattivo funzionamento dell'assistenza reciproca in materia di ricupero dei crediti è stato rilevato da tempo. La Commissione sta attualmente preparando alcune proposte legislative onde riformare gli accordi esistenti.

I programmi di cooperazione amministrativa

3.37. Al fine di migliorare il funzionamento dei sistemi di imposizione indiretta nel mercato interno, nell'aprile 1997 la Commissione ha proposto al Parlamento europeo e al Consiglio un programma d'azione (Fiscalis) (46) inteso a raggiungere tre obiettivi: l'acquisizione di un elevato livello di conoscenza del diritto comunitario da parte dei funzionari incaricati della fiscalità indiretta, una cooperazione efficace tra gli Stati membri e con la Commissione e un miglioramento continuo delle procedure amministrative. Tale programma, annunciato come la prima fase del nuovo sistema comune dell'IVA (cfr. i paragrafi 1.10 1.15), è rappresentato essenzialmente da una proroga di 5 anni (dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 2002) dell'ex programma Mattheus Tax (47) nonché da un raggruppamento e una continuazione delle diverse azioni esistenti in precedenza finanziate con diversi capitoli di bilancio, quali il sistema VIES, il programma SCENT fiscal e le attività di controllo multilaterale. Lo SCAC ne sarà il comitato di gestione, mentre esso agisce in qualità di comitato consultivo nel quadro del regolamento (CEE) n. 218/92 (cfr. i paragrafi 3.2 e 3.3). A parere della Commissione, il coordinamento di queste diverse misure di cooperazione amministrativa, sia a livello di Stati membri che di Commissione, apporterà un valore aggiunto rilevante. Tale proposta di programma ha tuttavia suscitato delle reticenze da parte di certi Stati membri. Dopo la stesura di una proposta modificata nel novembre 1997 (48), il programma è stato infine adottato il 30 marzo 1998 (49).

L'unità di coordinamento della lotta antifrode (UCLAF)

3.38. Nel 1995, in seguito a una riorganizzazione dell'UCLAF intesa a migliorarne l'efficacia, c'è stato un raggruppamento di alcuni funzionari in precedenza incaricati della lotta antifrode in diverse direzioni generali della Commissione. Riguardo all'IVA, il cambiamento ha comportato unicamente il trasferimento di un funzionario all'UCLAF. Attualmente, due agenti temporanei sono impegnati a tempo pieno nella lotta contro la frode sull'IVA, sotto la direzione di un capo unità competente per le risorse proprie.

3.39. Relativamente alla debolezza dei mezzi predisposti per il coordinamento della lotta contro la frode sull'IVA, l'UCLAF si richiama alla mancanza di una base giuridica sufficiente e alla reticenza di taluni Stati membri a legittimare un'azione comunitaria operativa, a differenza di quanto avviene nei settori doganale e agricolo nei quali essi sono tenuti a comunicare alla Commissione l'importo delle irregolarità constatate. Si rileva peraltro che almeno uno Stato membro ritiene di non poter cooperare con l'UCLAF, in mancanza di una base giuridica adeguata a livello nazionale.

3.40. Le informazioni disponibili da altre fonti non sono state utilizzate. Per esempio, a partire dalla base di dati IRENE che registra l'importo delle frodi in materia doganale, non si è proceduto ad effettuare una stima, per quanto approssimativa, delle frodi concernenti l'IVA sulle importazioni da paesi esterni all'Unione. Nonostante la responsabilità degli Stati membri in materia di ricuperi, non c'è stata neppure un'azione sistematica di sorveglianza, a livello di Commissione, per verificare le modalità e il grado di ricupero dell'IVA in questione.

3.41. In taluni casi specifici di frode transnazionale, l'UCLAF organizza delle riunioni di coordinamento tra i diversi servizi competenti degli Stati membri quali le dogane, la polizia e le autorità fiscali. Si organizzano peraltro dei seminari onde incoraggiare i contatti e gli scambi di opinioni tra esperti sui metodi pratici per individuare e combattere le frodi sull'IVA.

3.42. Dopo il rilancio recente delle attività del sottocomitato antifrode dello SCAC, copresieduto dall'UCLAF, che ne ha approfittato per far conoscere meglio le proprie attività, quest'ultima ritiene che i suoi sforzi di persuasione abbiano raggiunto i loro limiti. A suo parere, è fondamentale che gli Stati membri acconsentano a scambiarsi le informazioni di cui dispongono in materia di frode sull'IVA ed essa ritiene che una modifica della base giuridica sia indispensabile per le sue attività a livello comunitario.

Rischi di frode in taluni regimi derogatori

Vendite a distanza

3.43. Per le vendite a distanza (50) a singoli all'interno di uno Stato membro da parte di imprese la cui sede sia all'esterno di tale Stato membro, l'IVA all'origine si applica se la cifra d'affari realizzata dal fornitore non supera una certa soglia fissata dallo Stato membro di destinazione e se si tratta di prodotti non soggetti ad accise. Oltre tale soglia (35 000 o 100 000 ECU a seconda dello Stato membro), si applica un regime derogatorio particolare. Il fornitore deve farsi registrare ai fini dell'IVA nello Stato membro di arrivo e, se necessario, deve designare un rappresentante fiscale per adempiervi tutti gli obblighi di dichiarazione.

3.44. La sorveglianza di tale soglia e, all'occorrenza, dell'obbligo di presentare una dichiarazione dell'IVA è delicata. In certi Stati membri controllati, gli operatori non sono tenuti a dichiarare separatamente la cifra d'affari imponibile relativa alle vendite a distanza effettuate negli altri paesi dell'Unione. La mancanza di uno scambio regolare di informazioni tra gli Stati membri, nonché il numero limitato di controlli, fanno sì che le possibilità di mancata imposizione siano reali.

3.45. In caso di superamento di tale soglia e qualora l'IVA dello Stato membro di origine sia inferiore a quello dello Stato membro di destinazione, il fornitore non ha peraltro interesse a segnalare tale superamento. Esso sarebbe infatti soggetto ad obblighi amministrativi e dichiarativi complessi e diversi, a seconda dello Stato membro di destinazione. I servizi fiscali da cui dipende il fornitore non hanno neanch'essi interesse a controllare tale soglia, il cui superamento comporta una perdita di entrate.

Vendite intracomunitarie in esenzione d'imposta

3.46. In linea di massima, le vendite intracomunitarie in esenzione d'imposta avrebbero dovuto scomparire con l'attuazione del mercato interno, il 1° gennaio 1993. Il Consiglio dei ministri ha tuttavia concesso ai settori economici in causa un periodo transitorio - fino al 30 giugno 1999 - per consentire loro di prepararsi alla scomparsa delle vendite intracomunitarie in esenzione d'imposta. Al fine di evitare che i viaggiatori superino i limiti di esenzione fissati in termini di quantità e valore, gli Stati membri hanno deciso di procedere a un livello minimo di controlli (51) ad opera dei gestori e il cui rispetto doveva essere garantito dalle amministrazioni fiscali nazionali. Alla Commissione veniva infine assegnato il compito di riesaminare il funzionamento dei controlli predisposti dagli Stati membri alla luce dell'esperienza pratica, di riferire quanto prima sul funzionamento di tali controlli e, se del caso, di proporre le eventuali misure adeguate al più tardi entro il 31 dicembre 1993.

3.47. La Commissione ha reso la propria relazione nel luglio 1996 (52), nella quale conclude che nessuno Stato membro ha istituito meccanismi di controllo efficaci, che questa situazione può provocare distorsioni della concorrenza non solo tra i negozi ma anche tra i modi di trasporto e che, probabilmente, c'è stata una riduzione della base delle risorse proprie della Comunità. Essa osserva peraltro che la professione, lungi dal prepararsi alla soppressione delle vendite in esenzione d'imposta, le ha sviluppate, in particolare a bordo dei traghetti, aumentando le superfici commerciali e la varietà dei prodotti.

3.48. In contrasto con gli orientamenti fissati dal Consiglio, non si propone alcuna misura per porre rimedio a tale situazione. La Commissione ritiene infatti che, data la manifesta mancanza di volontà degli Stati membri di procedere a un livello minimo di controlli e in vista della conclusione di tale regime il 30 giugno 1999, sarebbe stato inutile proporre obblighi ancora più rigorosi.

4. CONCLUSIONE

Rafforzare la tutela degli interessi finanziari a livello di Unione europea

4.1. La lotta antifrode risente, in linea di massima, di una mancanza di strategia integrata, con il rischio di privilegiare una visione limitata al quadro nazionale che può tradursi in una dispersione di energie e in un impiego inefficace dei mezzi disponibili. Ciò è particolarmente vero quando la mancanza di ripercussioni di bilancio di una frode in uno Stato membro costituisce un motivo di inazione da parte sua (cfr. in particolare i paragrafi 2.2 2.8, 3.12, 3.15 3.17, 3.20 3.21, 3.28, 3.35 3.37, 3.39, 3.44 3.45, 3.47 3.48).

4.2. Come per il transito comunitario, la riscossione dell'IVA può risentirne in quanto «l'Unione europea si trova di fronte ad una contraddizione fondamentale che essa stessa ha sviluppato: dispone di un mercato unico nel quale le persone e le merci attraversano liberamente le frontiere nazionali, quelle stesse frontiere che limitano le autorità incaricate della gestione e della regolamentazione del mercato. In pratica, esiste un mercato unico delle frodi, ma non della legge» (53). Alcuni lavori intrapresi dalla Corte sulla valutazione dell'insieme delle perdite di entrate fiscali dell'IVA, sia di origine interna sia intracomunitaria, mostrano peraltro che esse sono rilevanti (54).

4.3. Una definizione giuridica comparabile dei casi punibili, delle procedure di repressione e delle sanzioni applicabili dovrebbe portare a punire uno stesso comportamento in modo equivalente negli Stati membri. Le differenze nelle definizioni nazionali della frode e quindi nelle sanzioni applicabili possono nuocere alle attività di dissuasione delle azioni fraudolente. Lo stesso vale per le particolarità nazionali in materia di riorganizzazione delle pene e dei termini di prescrizione (cfr. in particolare i paragrafi 2.1, 2.4 2.8).

4.4. Al fine di porre rimedio alle lacune e alle incompatibilità pregiudizievoli alla repressione delle frodi e alla cooperazione giudiziaria in materia penale tra Stati membri, è stata conclusa una convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari comunitari. Tale convenzione, firmata nel 1995 e non ancora entrata in vigore, intende giungere a una maggiore compatibilità tra le disposizioni penali degli Stati membri mediante la creazione di norme penali minime. Il fatto di aver escluso la risorsa IVA dal suo campo di applicazione impedisce di dare a tale risorsa un livello di tutela identico in tutti gli Stati membri, sebbene essa contribuisca per quasi la metà al finanziamento del bilancio comunitario (cfr. in particolare i paragrafi 2.2 2.3).

4.5. Le differenze del quadro giuridico e amministrativo costituiscono altrettanti fattori di rischio suscettibili di essere utilizzati dai responsabili delle frodi, i quali sanno sfruttare le lacune dei diversi sistemi giuridici. Ciò è altrettanto vero per quanto riguarda la capacità variabile degli Stati membri di lottare efficacemente contro le frodi. In tale contesto, un ravvicinamento dei metodi e delle strategie di controllo delle amministrazioni nazionali consentirebbe di lottare con maggiore efficacia contro un fenomeno sempre più multinazionale (cfr. in particolare i paragrafi 3.6 3.8).

4.6. Le competenze della Commissione in materia di applicazione del diritto comunitario negli Stati membri e le ripercussioni sul bilancio comunitario delle frodi sull'IVA richiedono la messa a punto di un'azione più incisiva. I seminari e le altre iniziative di formazione che essa organizza permettono infatti di procedere a un utile scambio di esperienze tra i servizi nazionali. Tali azioni non possono tuttavia esimerla dalle sue responsabilità, vale a dire quella di individuare le disfunzioni dei sistemi nazionali in materia di lotta antifrode e quella di suggerire i rimedi adeguati agli Stati membri interessati (cfr. in particolare i paragrafi 3.22 3.26, 3.38 3.42, 3.48).

4.7. La prospettiva di adozione di un regime definitivo implica il rispetto di diverse precondizioni. Alcune di esse sarebbero necessarie fin d'ora per il buon funzionamento dell'attuale sistema. Sarebbe pertanto opportuno predisporre senza indugio la loro attuazione. In effetti, le divergenze di applicazione delle normative in materia di IVA creano una situazione di grande complessità nonché una mancanza totale di sicurezza giuridica per la maggior parte degli operatori il che, del resto, potrebbe avvantaggiare i responsabili delle frodi. L'armonizzazione delle prestazioni delle amministrazioni nazionali costituisce un altro settore nel quale si devono prendere urgentemente dei provvedimenti (cfr. in particolare i paragrafi 1.10 1.15).

4.8. L'attuale sistema transitorio comporta dei regimi derogatori o particolari il cui controllo è molto problematico e che creano delle possibilità di frode e di distorsione della concorrenza. Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero interrogarsi sulla fondatezza di tali regimi e accertarsi che vengano posti in essere sistemi di controllo veramente efficaci (cfr. in particolare i paragrafi 3.43 3.47).

Migliorare la cooperazione amministrativa e gli scambi di informazioni tra Stati membri

4.9. Gli strumenti di cooperazione tra Stati membri non sono pienamente utilizzati, sebbene l'indagine effettuata dalla Corte e da talune Istituzioni nazionali di controllo dimostri che, quando sono impiegati, essi apportano in linea di massima un valore aggiunto al perseguimento delle frodi individuate. La lentezza delle procedure, se non addirittura la mancata conoscenza degli strumenti esistenti, segnatamente a livello di amministrazioni locali, sono spesso all'origine di tale sottoutilizzazione. Sarebbe pertanto opportuno rendere tali strumenti utilizzabili su vasta scala e vincere le reticenze attualmente esistenti negli Stati membri, segnatamente per quanto riguarda lo scambio di informazioni in materia di frodi (cfr. in particolare i paragrafi 3.15 3.17).

4.10. Per poter essere validamente utilizzate nella lotta antifrode, le informazioni sugli scambi intracomunitari di beni, di qualsiasi fonte utile, devono essere sostanzialmente migliorate sul piano qualitativo, segnatamente per quanto riguarda la loro esaustività (cfr. in particolare i paragrafi 3.18 3.19).

4.11. Sapendo che il fattore tempo ha spesso un ruolo importante nei meccanismi di frode, si dovrebbero facilitare e velocizzare le possibilità di cooperazione tra le amministrazioni fiscali degli Stati membri (cfr. in particolare i paragrafi 3.20 3.21).

Dotarsi di strumenti di valutazione

4.12. L'analisi di rischio consente di stilare un ordine di priorità nei controlli. Al fine di lottare in modo efficace contro la frode sull'IVA, gli Stati membri devono tuttavia mettere a punto sistemi in grado di calcolarne la diffusione e soprattutto di valutare periodicamente l'efficacia e i risultati delle attività di controllo (cfr. in particolare il paragrafo 3.6).

4.13. La mancanza di valutazione del meccanismo sanzionatorio previsto e della sua applicazione, segnatamente sotto il profilo della sua effettività, dissuasività e proporzionalità, costituisce una lacuna da colmare in via prioritaria (cfr. in particolare il paragrafo 2.9).

4.14. In materia di ricupero delle somme frodate, e in modo da poter valutare l'efficacia delle proprie procedure di controllo e determinare l'importanza del fenomeno, gli Stati membri dovrebbero disporre di dati sulle correzioni effettuate e sugli importi infine ricuperati (cfr. in particolare il paragrafo 3.14).

4.15. Le relazioni che la Commissione è tenuta a presentare devono costituire un'occasione per valutare le attività avviate e i progressi registrati, sia a livello comunitario, sia a livello di Stati membri (cfr. in particolare i paragrafi 3.23 3.25).

La presente relazione è stata adottata dalla Corte dei conti a Lussemburgo nella riunione del 2 luglio 1998.

Per la Corte dei conti

Bernhard FRIEDMANN

Presidente

(1) Decisione 94/728/CE, Euratom del Consiglio, del 31 ottobre 1994 (GU L 293 del 12.11.1994, pag. 9). Per informazioni dettagliate in merito al calcolo della risorsa IVA, cfr. il regolamento (CEE) n. 1553/89 del Consiglio, del 29 maggio 1989 (GU L 155 del 7.6.1989, pag. 9).

(2) Doc. SEC(92) 280 def. del 24 febbraio 1992, pag. 5 bis. La frode fiscale e le attività economiche sommerse possono avere un impatto, oltre che sulle entrate IVA, anche sul calcolo del PNL stesso (e pertanto della risorsa PNL, altra risorsa principale di finanziamento del bilancio comunitario), a meno che non vengano apportati gli adeguamenti del caso. Ne potrebbero quindi risentire non soltanto la ripartizione dell'onere finanziario tra gli Stati membri, ma anche il livello delle risorse di bilancio, che è fissato in percentuale del PNL.

(3) Cfr. la relazione speciale della Corte dei conti europea n. 6/98 sul bilancio del sistema delle risorse basate sull'IVA e sul PNL, paragrafi 4.16 4.19.

(4) Fin dal 1967, la prima e la seconda direttiva del Consiglio (direttive 67/227/CEE e 67/228/CEE del Consiglio, dell'11 aprile 1967, GU 71 del 14.4.1967, pag. 1301) in materia di armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d'affari prevedevano l'eliminazione dei sistemi di imposta cumulativa a cascata ancora in vigore e l'adozione, da parte di tutti gli Stati membri, di un'imposta generale sul consumo, proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque fosse il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione.

(5) Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977 (GU L 145 del 13.6.1977, pag. 1) e successive modifiche.

(6) Direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991 (GU L 376 del 31.12.1991, pag. 1).

(7) Regolamento(CEE) n. 218/92 del Consiglio, del 27 gennaio 1992, concernente la cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette (GU L 24 dell'1.2.1992, pag. 1).

(8) La Commissione fornisce la seguente definizione dell'economia sommersa: «L'economia sommersa comprende le attività lecite non dichiarate, cioè:

a) quelle svolte da unità di produzione legalmente registrate, ma che dichiarano i loro risultati sottovalutandoli, per quanto riguarda la produzione e i redditi;

b) quelle effettuate da unità che svolgono la loro attività in modo clandestino e ricorrendo al lavoro "nero"».

Cfr. il doc. SEC (92) 588 def. del 24 aprile 1992, pag. 29.

(9) Doc. COM (96) 328 def. del 22 luglio 1996.

(10) Per una definizione dell'economia sommersa, cfr. la nota n. 8.

(11) Cfr. al riguardo la relazione speciale della Corte dei conti europea n. 6/98 sul bilancio del sistema delle risorse basate sull'IVA e sul PNL, paragrafi 4.8 4.26.

(12) Decisione 97/619/CE, Euratom della Commissione, del 3 settembre 1997 (GU L 252 del 16.9.1997, pag. 33). Per l'Austria, la Finlandia e la Svezia, il termine è fissato al 1999.

(13) Il prodotto nazionale lordo ai prezzi di mercato è definito dalla direttiva 89/130/CEE, Euratom del Consiglio, del 13 febbraio 1989 (GU L 49 del 21.2.1989, pag. 26).

(14) Cfr. la risposta all'interrogazione scritta P-1784/97 (GU C 45 del 10.2.1998, pag. 103).

(15) Cfr. la relazione annuale della Corte dei conti sull'esercizio finanziario 1994, paragrafi 1.90 1.111 e la relazione annuale sull'esercizio finanziario 1995, paragrafi 1.72 1.103.

(16) Si tratta, in particolare, delle seguenti relazioni:

- Seconda relazione a norma dell'articolo 12 del regolamento (CEE, Euratom) n. 1553/89, doc. COM (95) 354 def.;

- Studio sui sistemi di sanzioni amministrative e penali degli Stati membri nonché sui principi generali del sistema delle sanzioni comunitarie [doc. SEC (93) 1172 del 16 luglio 1993];

- Analisi comparata, ad opera della Commissione, delle relazioni presentate dagli Stati membri sulle misure adottate a livello nazionale per lottare contro lo spreco e la distrazione delle risorse comunitarie [doc. COM (95) 556 def. del 14 novembre 1995];

- Relazione annuale 1995, «Lotta contro le frodi» [doc. COM (96) 173 def. dell'8 maggio 1996];

- Seconda relazione ex articolo 14 del regolamento n. 218/92 [doc. COM (96) 681 def.];

- Relazione presentata dalla Commissione conformemente all'articolo 28 terdecies della direttiva 77/388/CEE [doc. COM (94) 515 def.].

(17) La Corte di giustizia delle Comunità europee ha sottolineato la distinzione tra la nozione di evasione, che corrisponde ad un fenomeno puramente obiettivo, e quella di frode, che contiene un elemento intenzionale da parte del soggetto passivo. Cfr. la sentenza del 12 luglio 1988, cause riunite 138 e 139/86, Direct Cosmetics, Rac. p. 3937, punti 20 23.

(18) Cfr. GU C 316 del 27.11.1995, pag. 48. Va notato che la convenzione non è ancora entrata in vigore in quanto priva della ratifica necessaria da parte degli Stati membri.

(19) GU C 191 del 23.6.1997, pagg. 1 e 4.

(20) Va notato che la frode sull'IVA può avere un impatto anche sulla risorsa PNL, la quale costituisce l'altra grande fonte di finanziamento comunitario (cfr. la nota n. 2).

(21) Regolamento (CEE) n. 1553/89 del Consiglio, del 29 maggio 1989 (GU L 155 del 7.6.1989, pag. 13).

(22) Cfr. la risposta della Commissione all'interrogazione scritta E-2630/94 (GU C 75 del 27.3.1995, pag. 62 e allegato non pubblicato).

(23) GU L 24 dell'1.2.1992.

(24) Cfr. il terzo considerando del regolamento (CEE) n. 218/92. Nella sua prima proposta di regolamento [COM(90)183 def. del 19 giugno 1990], la Commissione aveva previsto altre disposizioni relative allo scambio di informazioni tra gli Stati membri e la Commissione al fine di rafforzare la lotta alla frode sull'IVA e sulle accise, su un modello analogo a quello esistente in materia doganale (regolamento 1468/81). All'epoca, gli Stati membri non avevano accolto la proposta.

(25) GU L 336 del 27.12.1977, pag. 15.

(26) Direttiva 79/1070/CEE del Consiglio, del 6 dicembre 1979 (GU L 331 del 27.12.1979, pag. 8).

(27) Direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977, articoli 9 e 10.

(28) GU L 73 del 19.3.1976, pag. 18.

(29) GU L 331 del 27.12.1979, pag. 10.

(30) Nel proprio progetto di terza relazione elaborato in conformità degli obblighi di cui al regolamento (CEE, Euratom) n. 1553/89, la Commissione descrive in modo dettagliato i metodi di controllo istituiti negli Stati membri.

(31) GU C 340 del 12.11.1996, paragrafi 1.80 1.88, pag. 38.

(32) Regolamento (CEE) n. 3330/91 del Consiglio, del 7 novembre 1991 (GU L 316 del 16.11.1991, pag. 1).

(33) Doc. COM (94) 471 def. del 3 novembre 1994, paragrafo 101.

(34) Doc. SCAC n. 178 del 7 novembre 1997 e doc. SCAF n. 39 del 16 febbraio 1998.

(35) Nella propria seconda relazione ai sensi dell'articolo 14 del regolamento (CEE) n. 218/92, capitolo 2.2.2, la Commissione indica un tasso di conformità delle situazioni sintetiche del 95 % nel 1994 e nel 1995 per l'insieme degli Stati membri.

(36) Si tratta dell'applicazione dell'articolo 6 della direttiva 77/799/CEE.

(37) SEC(92) 280 del 24 febbraio 1992 e doc. COM(95)354 del 20 luglio 1995.

(38) Doc. COM (94) 283 del 14 luglio 1994.

(39) COM(94)262 def. del 23 giugno 1994 e COM(96) 681 def. dell'8 gennaio 1997.

(40) GU C 303 del 14.11.1995, paragrafi 1.90 1.111.

(41) Regolamento n. 218/92, articolo 11.

(42) In seguito a tale studio, il comitato SCAF ha deciso di avviare un secondo studio relativo ai casi di frode rilevati nel corso del primo semestre 1998, allo scopo di approfondire le sue conoscenze in merito ai meccanismi, alla frequenza e agli importi delle frodi basate su imprese fittizie, costruzioni «carosello» e transazioni intracomunitarie.

(43) La «frode carosello» comporta l'intervento di tutta una serie di società (reali o fittizie) al fine di ottenere una serie di vantaggi indebiti sull'IVA (detrazione o rimborso). Essa mira nel contempo a far perdere le tracce delle merci, di cui viene dichiarata la destinazione all'esportazione ma che in realtà sono vendute sul mercato nero.

(44) Doc. SCAF 26 rev.1 del 20 ottobre 1997.

(45) Cfr. l'articolo 4, paragrafi 2 e 3 della direttiva 77/799/CEE.

(46) Doc. COM(97) 175 del 23 aprile 1997.

(47) Decisione del Consiglio del 29 ottobre 1993 (GU L 280 del 13.11.1993, pag. 27).

(48) Doc. COM(97) 621 del 24 novembre 1997.

(49) Decisione n. 888/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 marzo 1998 (GU L 126 del 28.4.1998, pag. 1).

(50) La vendita a distanza (per esempio, la vendita per corrispondenza) è stata definita come qualsiasi cessione di beni per la quale il trasporto è effettuato dal fornitore o per suo conto. Gli acquirenti sono singoli, soggetti passivi non aventi diritto a deduzione o enti che non sono soggetti passivi (art. 28 ter della direttiva 77/388/CEE).

(51) «Linee direttrici per il controllo delle vendite esentasse nella Comunità» quali stabilite dal Consiglio dei ministri il 14 dicembre 1992. [COM (96) 245 def. del 26 luglio 1996, allegato 3].

(52) Relazione sui sistemi di «controllo da parte del gestore» attuati dagli Stati membri [COM (96) 245 def. del 26.7.1996].

(53) Doc. PE 220.895/def. (A4-0053/97) del 20 febbraio 1997, volume I, paragrafo n. 10.5.2.

(54) Cfr. la relazione speciale della Corte dei conti europea n. 6/98 sul bilancio del sistema delle risorse basate sull'IVA e sul PNL, paragrafi 4.16 4.19.

RISPOSTE DELLA COMMISSIONE

1. IVA E RISORSA IVA

Controlli realizzati dalla Corte assieme ad alcuni organi nazionali di controllo

1.16. La Commissione concorda con la Corte nel ritenere che il sistema di scambio automatico di informazioni VIES presenta ancora delle lacune e che i metodi di controllo nazionali non tengono sufficiente conto dei rischi di evasione connessi con l'abolizione delle frontiere fiscali. Non sempre, in particolare, la cooperazione amministrativa è stata integrata nella gestione quotidiana del controllo a livello nazionale.

In seguito alle osservazioni formulate dalla Corte nella sua relazione annuale sull'esercizio finanziario 1995, la Commissione ha preso provvedimenti per controllare più da vicino l'evoluzione delle entrate IVA negli Stati membri. I risultati delle discussioni bilaterali intervenute con gli Stati membri sono stati esaminati nella riunione dei direttori generali aggiunti delle imposte indirette svoltasi il 24 marzo 1998. In quell'occasione, gli Stati membri hanno accettato la procedura operativa proposta dalla Commissione per la trasmissione automatica alla Commissione stessa di informazioni relative alle entrate IVA riscosse, con le spiegazioni in merito al loro andamento.

2. IL CAMPO DELLA FRODE IVA SUGLI SCAMBI INTRACOMUNITARI

Mancanza di una definizione unica della frode

2.3. La Commissione deplora che il Consiglio abbia deciso di escludere l'IVA dal campo di applicazione della convenzione, a scapito degli interessi finanziari della Comunità e degli Stati membri.

3. LA TUTELA DEGLI INTERESSI FINANZIARI IN MATERIA DI IVA SUGLI SCAMBI INTRACOMUNITARI

L'azione svolta dagli Stati membri

Strategie di controllo

3.6. La Commissione è molto preoccupata da questo problema che si presenta in parecchi Stati membri. Dati precisi e dettagliati sugli esiti della lotta antifrode costituiscono uno strumento indispensabile, come la Corte sottolinea, per migliorare i metodi di lotta.

3.7. La Commissione concorda nel ritenere che, quantunque sia molto importante controllare i rimborsi dei crediti di imposta, sia necessario altresì verificare il pagamento preliminare dell'IVA fatturata dal fornitore. Uno Stato membro si è impegnato su questa strada, controllando la «trafila delle transazioni», e la Commissione ha raccomandato di generalizzare questo sistema nella sua terza relazione ai sensi dell'articolo 12.

Raffronto dei dati

3.11. La Commissione condivide il parere della Corte in merito a queste divergenze. Nella sua terza relazione essa ha insistito sulla necessità di poter disporre di un accesso rapido a tutte le fonti di informazione utili.

Accesso alle legislazioni di altri Stati membri

3.12. La Commissione ritiene anch'essa importante che gli Stati membri siano ben informati in merito ai rispettivi regimi fiscali e amministrativi. La Commissione stessa svolge un ruolo di primo piano per diffondere questa informazione, ma non va sottovalutata l'ampiezza del compito (e in particolare la complessità del lavoro di traduzione). Sono comunque state avviate le prime iniziative. Nel quadro del programma Matthaeus, la Commissione ha diffuso a tutte le amministrazioni fiscali nazionali una guida generale in tre lingue. In futuro si prevede che, nel quadro del programma Fiscalis, la Comunità redigerà manuali e guide per presentare le varie amministrazioni fiscali e i diversi regimi nazionali.

Scambio di informazioni tra Stati membri

3.15. La Commissione è preoccupata quanto la Corte per l'impossibilità di raggiungere un'intesa con gli Stati membri in merito alle informazioni specifiche da scambiare. Gli Stati membri continuano a ribadire la loro adesione di principio a questa idea, ma nel contempo rifiutano di mettersi d'accordo sui dati specifici che potrebbero essere scambiati a livello comunitario.

3.17. Questa osservazione della Corte mette in evidenza la debolezza delle disposizioni facoltative previste dalla legislazione comunitaria in materia di scambio di informazioni. Gli Stati membri sfruttano solo di rado le possibilità offerte da queste disposizioni, le quali non sembrano quindi avere grande utilità.

3.18. La Commissione ha lungamente insistito presso gli Stati membri affinché pongano fine a queste lacune. Non va però sopravvalutata l'utilità del sistema VIES quale metodo di controllo incrociato.

3.19. La Commissione condivide tale preoccupazione; il costo di queste ricerche è troppo elevato rispetto ai risultati che si possono ottenere in fatto di controllo. Essa ritiene anche che non sia possibile adeguare il sistema VIES alla ricerca settoriale, e quindi per il futuro i limiti del sistema quale strumento di controllo emergono chiaramente. Nel lungo periodo, l'unica soluzione sarebbe data da strumenti comunitari che tengano conto del rapporto costo/vantaggio e che permettano agli Stati membri di definire delle priorità in funzione del rischio. Analogamente, è indispensabile prevedere in futuro strumenti comunitari che consentano un'impostazione settoriale.

3.20. La Commissione concorda con l'analisi della Corte. Gli scambi di informazioni sulle società fittizie e sugli individui che operano al riparo di queste società sono indispensabili se si vuole evitare che il mercato interno diventi un paradiso per i frodatori. La reticenza degli Stati membri rilevata dalla Corte al riguardo è molto rivelatrice dell'atteggiamento di fondo degli Stati membri nei confronti della cooperazione amministrativa.

PER LA CONTINUAZIONE DEL TESTO VEDI SOTTO NUMERO: 398Y1120(01).1

3.21. La Commissione condivide l'analisi della Corte. Una cooperazione tra funzionari che operano sul campo è un presupposto indispensabile per ottenere buoni risultati. La direttiva 77/799/CEE prevede scambi di informazioni tra amministrazioni locali, ma ancora una volta si tratta di una disposizione facoltativa, poco sfruttata dagli Stati membri. Le amministrazioni centrali degli Stati membri sono poco propense a delegare lo scambio di informazioni ai servizi che operano sul campo, e questo atteggiamento è deludente, ma rivelatore della reazione degli Stati membri in materia di cooperazione amministrativa.

L'azione svolta dalla Commissione

Le relazioni periodiche

Le relazioni sui sistemi nazionali

3.22 3.26. La Commissione accetta le critiche formulate dalla Corte in merito alle precedenti relazioni ai sensi dell'articolo 12, nonché gli interrogativi sulle intenzioni della Commissione per il futuro. La Corte dimentica però i limiti pratici cui è soggetto il lavoro della Commissione. Il contenuto delle due prime relazioni era limitato per il fatto che la Commissione dipendeva interamente dalle informazioni fornite dagli Stati membri in merito ai rispettivi sistemi nazionali di controllo; non va poi dimenticato che, non essendo un'amministrazione fiscale, la Commissione non disponeva di un'esperienza e di una conoscenza approfondite delle procedure di controllo.

Se si tiene conto di questi fattori, si può capire meglio la posizione della Commissione. Per le prime due relazioni, essa doveva farsi innanzitutto un'idea precisa dello stato delle procedure di controllo negli Stati membri (compito alquanto complicato). Essa doveva mostrarsi sufficientemente al corrente delle procedure di controllo per essere presa sul serio. Nella terza relazione, l'intento della Commissione era definire la propria posizione in materia di controllo.

Una volta superate queste fasi preliminari, la Commissione potrà dare inizio al compito delicato che consiste nello studiare in dettaglio il sistema di controllo di ciascuno Stato membro e nel presentare raccomandazioni. Come illustrato nella terza relazione, la Commissione intende esaminare con gli Stati membri tutte le procedure di controllo, proprio sulla scorta delle indicazioni contenute in quella relazione. La quarta relazione presenterà i risultati di questo studio.

In un settore nel quale la Commissione non dispone del potere di obbligare gli Stati membri a modificare i loro sistemi di controllo, è opportuno che essa inizi con l'acquisire una propria esperienza. Se le raccomandazioni sono fondate su una conoscenza approfondita del processo estremamente complesso dei controlli, risulterà più probabile ottenere che gli Stati membri le applichino concretamente.

Il Comitato permanente per la cooperazione amministrativa (SCAC) e il suo sottocomitato antifrode (SCAF)

Lavori del sottocomitato antifrode

3.29. La Commissione condivide il parere della Corte in merito all'uso del sistema denominato «SCENT». Da qualche tempo la Commissione si adopera per ovviare a questa situazione, ma in ultima analisi spetta agli Stati membri prendere le iniziative necessarie. Il fatto che alcuni di essi si avvalgano del sistema in modo estremamente limitato denota ancora una volta scarsa disponibilità alla cooperazione amministrativa.

Assistenza reciproca al recupero dei crediti

3.36. La Commissione ha adottato il 25 giugno 1998 una proposta di decisione del Consiglio [COM(98)364] recante modifica della direttiva 76/308/CEE sull'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti. Questa proposta amplia il campo d'applicazione della direttiva, abroga alcuni limiti nella sua applicazione, garantisce un riconoscimento automatico dello strumento giuridico, nonché la parità di trattamento tra crediti nazionali e crediti intracomunitari, oltre a migliorare la trasparenza delle prestazioni e degli obblighi di ciascuno Stato membro ai sensi della direttiva.

L'Unità di coordinamento della lotta antifrode (UCLAF)

3.39. La Commissione concorda nel ritenere che l'UCLAF abbia un ruolo importante da svolgere per potenziare le misure di lotta contro la frode ai danni dell'IVA. Il primo compito dell'UCLAF è coordinare e assistere gli Stati membri nella loro lotta contro le frodi IVA, dato che sono essi i principali responsabili delle azioni in questo campo. La mancanza di una base giuridica adeguata e le reticenze che alcuni Stati membri hanno circa la legittimità di interventi operativi a livello comunitario per combattere le frodi IVA spiegano per quale motivo, nella fase attuale, sia preferibile devolvere le risorse dell'UCLAF ad altri settori prioritari.

3.40. Il ricorso ad altre fonti disponibili di informazione, in particolare a IRENE per valutare le entità delle frodi IVA nel settore delle importazioni da paesi terzi, si scontrerebbe con grandi difficoltà, e persino con una impossibilità, oltre a essere molto onerosa in termini di risorse. Per determinare l'ammontare dell'IVA elusa in casi specifici, occorrerebbe conoscere il prodotto, il paese e l'aliquota IVA per ciascuna delle transazioni in causa. Inoltre occorrerebbe conoscere l'esatta natura dell'irregolarità: per esempio, se all'atto dell'importazione di merci è stata fatta una dichiarazione erronea per beneficiare di un dazio ad aliquota ridotta, l'importo dell'IVA eluso sarà unicamente l'IVA dovuta sul dazio aggiuntivo (e non già l'IVA sul valore totale delle merci). Inoltre, la stima non potrebbe essere completa, dato che i dati si riferiscono unicamente ai casi in cui sono coinvolti dazi doganali. Poiché l'IVA sulle importazioni può quasi sempre essere recuperata da un importatore che disponga di una partita IVA, e l'importo effettivo della perdita fiscale è ancora più difficile da calcolare. Tuttavia la Commissione riconosce che sono necessari maggiori sforzi per usare i dati disponibili ogniqualvolta ciò risulti possibile, al fine di stimare gli importi IVA elusi, ed essa sta studiando cosa sia possibile fare al riguardo.

4. CONCLUSIONE

Rafforzare la tutela degli interessi finanziari a livello di Unione europea

4.1 4.5, 4.9 4.15. La Commissione concorda con i commenti della Corte. Essa sta riflettendo ai provvedimenti da disporre a livello comunitario per risolvere i problemi.

4.6. La Commissione riconosce che spetta a essa individuare le disfunzioni nei sistemi nazionali di lotta antifrode e suggerire agli Stati membri i rimedi del caso. Essa riconosce la necessità di un'azione più incisiva. Come emerge dalle considerazioni formulate ai punti 3.22 3.26, la Commissione è impegnata a fondo in questa azione. Essa sa però che l'eventuale adozione di sue raccomandazioni da parte degli Stati membri dipende interamente dal loro effettivo valore aggiunto. Fino a tempi molto recenti, la Commissione non aveva l'esperienza necessaria per procedere a una valutazione approfondita e per formulare raccomandazioni, come la Corte propone. L'esperienza acquisita nel corso degli ultimi anni permette ora alla Commissione di assumersi le responsabilità evocate dalla Corte.

4.8. I regimi di deroga o specifici che prevedono l'imposizione all'arrivo perseguivano due obiettivi principali: garantire, mediante il regime di imposizione, che il prodotto dell'imposta spettasse allo Stato membro nel quale un prodotto viene consumato, e permettere agli Stati membri di continuare ad applicare aliquote IVA differenziate. Sono però proprio questi regimi a complicare il nostro sistema attuale, dato che

- spronano i soggetti passivi a non uniformarsi agli obblighi fiscali ritenuti troppo gravosi e troppo onerosi,

- rendono ancor più onerosi i mezzi da porre in essere per controllare l'operato delle amministrazioni fiscali.

Solo un regime di imposizione che garantisca la circolazione dei beni tra Stati membri previo pagamento di tutti gli oneri fiscali è in grado di eliminare i problemi di controllo connessi con la circolazione di beni esentasse negli scambi intracomunitari. La Commissione non ha mai celato le proprie critiche nei confronti dei regimi speciali di imposizione all'arrivo. Nel suo programma di lavoro per il mercato unico, essa si è chiaramente espressa a favore di un sistema di imposizione all'origine, concepito in modo da risultare compatibile con un autentico mercato unico, che metta fine ai regimi speciali di imposizione all'arrivo.