31998H0454

98/454/CE: Raccomandazione del Consiglio del 6 luglio 1998 sugli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità

Gazzetta ufficiale n. L 200 del 16/07/1998 pag. 0034 - 0044


RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 6 luglio 1998 sugli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità (98/454/CE)

IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 103, paragrafo 2,

vista la raccomandazione della Commissione,

viste le conclusioni del Consiglio europeo di Cardiff, del 15 e 16 giugno 1998,

considerando che il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla raccomandazione della Commissione,

RACCOMANDA:

1. PRIORITÀ PRINCIPALI: SUCCESSO DELL'UEM, PROSPERITÀ E POSTI DI LAVORO

L'introduzione dell'euro, il 1° gennaio 1999, segna una nuova fase nel processo di integrazione europea e nella condotta delle politiche economiche degli Stati membri e della Comunità.

La decisione e la credibilità con la quale, soprattutto negli ultimi due anni, gli Stati membri hanno perseguito politiche miranti al raggiungimento di un alto grado di convergenza economica sostenibile a livello comunitario ha prodotto risultati concreti.

Come primo passo, a coronamento di questi straordinari sforzi di convergenza e dei risultati raggiunti, il 3 maggio 1998 il Consiglio dell'Unione europea, riunito nella composizione dei capi di Stato o di governo, ha deciso che undici Stati membri soddisfacevano le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro.

In secondo luogo, questi sforzi favoriscono lo sviluppo di un dosaggio di politiche macroeconomiche favorevole alla crescita e all'occupazione.

Fino ad oggi, tuttavia, i progressi in materia di riduzione della disoccupazione sono stati insufficienti in molti Stati membri.

Dall'estate del 1997, data di adozione degli ultimi indirizzi di massima per la politica economica, la Comunità vive una fase di ripresa economica sempre più vivace e di ampia portata, in un contesto di inflazione storicamente bassa. Considerata la capacità non utilizzata attualmente disponibile nella maggior parte degli Stati membri e le ottime prospettive di conseguente crescita degli investimenti, soprattutto in beni strumentali, la ripresa dovrebbe consolidarsi senza vincoli di capacità e senza generare tensioni inflazionistiche a patto di poter contare, come previsto, su di una dinamica salariale che continui ad essere appropriata. I fondamentali economici, inoltre, sono positivi ed in costante miglioramento; le prospettive della domanda migliorano e il clima di fiducia si rafforza. L'impatto delle turbolenze economico-finanziarie asiatiche sulle prospettive di crescita della Comunità sembra limitato, purché la crisi non si inasprisca né si diffonda ad altri paesi della regione.

L'ulteriore consolidamento della ripresa dovrebbe stimolare in tutta la Comunità un moderato aumento dell'occupazione e, nel 1999, una conseguente leggera flessione del tasso di disoccupazione. Si tratterebbe di un primo, seppur modesto, passo nella direzione dell'obiettivo di elevata occupazione sancito dall'articolo 2 del trattato di Amsterdam.

Attualmente la Comunità è caratterizzata da un basso livello di occupazione, dovuto non solo ad un'elevata disoccupazione (circa 18 milioni di persone nel 1997) ma anche alle scarse prospettive di occupazione nel lungo periodo che hanno scoraggiato molti, che spesso fruiscono di altre forme di reddito (prestazioni sociali), dal ricercare un posto di lavoro. La creazione di nuovi posti di lavoro deve pertanto non solo essere in grado di assorbire i disoccupati esistenti ma anche di far fronte ad un tasso di partecipazione crescente e ancora ad un certo aumento demografico della popolazione in età lavorativa.

L'aumento dell'occupazione nel medio e nel lungo termine potrebbe alleggerire notevolmente l'onere che grava sulle finanze pubbliche degli Stati membri e sui loro regimi di previdenza sociale. Potrebbe inoltre dare un efficace contributo alla lotta contro la povertà e l'esclusione sociale.

Alla politica economica spetta il compito di creare le condizioni per i) un ulteriore rafforzamento della ripresa e per, ii) una sua successiva trasformazione in un processo di crescita economica autoalimentantesi e non inflazionistica nel medio e lungo termine - requisito essenziale per un aumento sostanziale e duraturo del livello di occupazione. A tal fine si renderà necessario un programma ancor più deciso di politiche macroeconomiche e strutturali accompagnato da un'applicazione risoluta degli orientamenti in materia di occupazione per il 1998 al fine di far fronte ad un certo numero di sfide essenziali e consentire al tempo stesso alle economie comunitarie di adeguarsi meglio ai cambiamenti degli anni a venire.

L'introduzione dell'euro non risolverà di per sé il problema della disoccupazione nella Comunità. Realizzando pienamente i compiti suesposti, tuttavia, il quadro di stabilità offerto dall'Unione economica e monetaria contribuirà al mantenimento di un dosaggio di politiche favorevoli alla crescita e all'occupazione.

A livello macroeconomico, i governi e le parti sociali dovranno, ciascuno per quanto gli compete, sforzarsi in tutti i modi di sostenere l'obiettivo di stabilità perseguito dalla politica monetaria unica.

Allo stesso tempo, occorre avviare politiche e riforme strutturali dei mercati dei prodotti, dei servizi e del lavoro al fine di favorire un processo di crescita privo di tensioni, rafforzare la competitività, tradurre la crescita in occupazione e rendere la crescita più rispettosa dell'ambiente.

Più in generale, si ravvisa l'esigenza di far funzionare meglio il mercato unico, di cui tutti gli Stati membri sono responsabili.

Solo se tutte le parti si impegneranno a perseguire questa strategia politica con determinazione, coordinandone efficacemente l'attuazione secondo quanto auspicato dalla risoluzione del Consiglio europeo di Lussemburgo, l'UEM darà i frutti sperati e contribuirà, in linea con l'articolo 2 del trattato, al raggiungimento degli obiettivi generali della Comunità, tra cui la promozione di una crescita sostenuta, non inflazionistica, e rispettosa dell'ambiente, di un elevato livello di occupazione e del miglioramento della qualità della vita.

2. DOSAGGIO DI POLITICHE MACROECONOMICHE ORIENTATO ALLA CRESCITA E ALLA STABILITÀ

Ai fini del raggiungimento degli obiettivi summenzionati, a livello macroeconomico gli Stati membri devono continuare a perseguire la strategia centrata sulla crescita e sulla stabilità raccomandata nei precedenti indirizzi di massima, che ha già iniziato a dare frutti.

Gli ingredienti essenziali di tale strategia sono tre:

- una politica monetaria orientata alla stabilità dei prezzi;

- sforzi sostenuti volti al raggiungimento ed al mantenimento di una sana situazione di bilancio, coerente con il Patto di stabilità e crescita;

- una dinamica dei salari nominali coerente con l'obiettivo di stabilità dei prezzi; al tempo stesso gli adeguamenti dei salari reali dovrebbero essere collegati ad aumenti di produttività, e non dovrebbero prescindere dall'esigenza di rafforzare la redditività degli investimenti al fine di creare nuovi posti di lavoro.

Più l'obiettivo di stabilità dei prezzi perseguito dalla politica monetaria verrà agevolato da adeguate politiche di bilancio e da un'appropriata dinamica salariale, più probabilità ci saranno che le condizioni monetarie siano favorevoli alla crescita e all'occupazione.

Il dosaggio complessivo di politiche macroeconomiche dell'area dell'euro dipenderà fondamentalmente dall'interazione fra la politica monetaria unica, da un lato, e la situazione di bilancio e la dinamica salariale specifiche dei paesi partecipanti, dall'altro. Per queste ultime si procederà a una sorveglianza ravvicinata e a un più stretto coordinamento delle politiche economiche, al fine di realizzare in tutta l'area dell'euro e nei singoli paesi partecipanti un dosaggio di politiche appropriato.

L'esigenza di politiche macroeconomiche orientate alla stabilità sarà ugualmente forte per i paesi che non adotteranno inizialmente la moneta unica. La forte e intima interdipendenza economica e monetaria fra i paesi dell'area dell'euro e gli Stati membri al di fuori di essa e l'esigenza di garantire un'ulteriore convergenza e un funzionamento senza intoppi del mercato unico renderanno necessario il coinvolgimento di tutti gli Stati membri nel coordinamento delle politiche economiche.

3. STABILITÀ DEI PREZZI

La stabilità dei prezzi è un requisito essenziale ai fini di una crescita economica sostenuta a medio termine. Grazie ai notevoli progressi degli ultimi anni, la Comunità nel suo complesso ha raggiunto un livello elevato di stabilità dei prezzi. Tutte le politiche dovranno mirare alla credibilità e coerenza con l'obiettivo di una stabilità dei prezzi duratura.

Nella futura area dell'euro, con un tasso medio di inflazione - calcolato mediante l'indice armonizzato dei prezzi al consumo - ormai al di sotto del 2 %, le politiche economiche perseguite da tutti gli Stati membri dovranno mirare al mantenimento della stabilità dei prezzi, creando in questo modo condizioni monetarie che favoriscono la crescita. Essi dovranno inoltre evitare differenziali di inflazione troppo elevati che potrebbero creare problemi di competitività.

Il tasso medio di inflazione è sceso al di sotto del 2 % anche in Danimarca, Svezia e nel Regno Unito. È loro compito mantenere politiche economiche e monetarie che continuino ad assicurare la stabilità dei prezzi.

Negli ultimi anni, la Grecia ha compiuto sostanziali progressi verso l'obiettivo della stabilità dei prezzi. Insieme agli sforzi di risanamento di bilancio compiuti negli ultimi anni, questo impegno ha agevolato l'ingresso della dracma, nel marzo 1998, nel meccanismo di cambio (AEC). L'adesione all'AEC aiuterà il paese a migliorare ulteriormente i risultati conseguiti a livello di inflazione. Ulteriori sforzi sono tuttavia necessari al fine di contenere le pressioni inflazionistiche generate dalla svalutazione della dracma al momento dell'ingresso nell'AEC e di raggiungere quanto prima l'obiettivo della stabilità dei prezzi.

4. TRANSIZIONE ALL'EURO

Il 1° gennaio 1999 la transizione verso l'euro dovrà avvenire quanto più possibile senza scosse per garantire che il lancio dell'UEM avvenga nelle condizioni più favorevoli. Le politiche monetarie delle banche centrali nazionali degli Stati membri partecipanti nei restanti mesi del 1998 - durante i quali la politica monetaria sarà ancora di loro competenza - devono tendere principalmente ad assicurare che l'attuale contesto caratterizzato da un grado elevato di stabilità dei prezzi sia mantenuto a livello nazionale e, quindi, in tutta l'area dell'euro. Alla fine del 1998 si sarà avuta la convergenza dei tassi d'interesse ufficiali verso il tasso comune dell'area dell'euro. Ciò sarà in linea con una situazione in cui i tassi di cambio di mercato corrispondono ai tassi preannunciati, ossia agli attuali tassi centrali bilaterali dell'AEC.

A partire dal 1° gennaio 1999 la politica monetaria unica nell'area dell'euro sarà di competenza dell'indipendente Banca centrale europea e del Sistema europeo di banche centrali.

Gli Stati membri che non adotteranno la moneta unica fin dall'inizio manterranno le rispettive competenze in materia di politica monetaria, ma saranno anch'essi legati dall'impegno di condurre una politica monetaria orientata alla stabilità. A norma dell'articolo 109 M del trattato, detti Stati membri dovranno considerare le loro politiche dei tassi di cambio come una questione di interesse comune. L'AEC 2 offrirà il quadro per le relazioni monetarie tra gli Stati membri partecipanti al meccanismo e l'area dell'euro del 1999 in poi e sosterrà i loro sforzi di convergenza. Quantunque la partecipazione all'AEC 2 rimanga volontaria, si può ipotizzare che gli Stati membri con una deroga vi aderiranno.

5. FINANZE PUBBLICHE SANE

5.1. Indirizzi generali

Nonostante i considerevoli sforzi di risanamento compiuti da praticamente tutti gli Stati membri, nella maggior parte di essi sono necessari ulteriori progressi per riuscire a rispettare l'obiettivo di medio termine previsto dal Patto di stabilità e crescita, e cioè un saldo di bilancio vicino al pareggio o positivo. Ciò consentirà a tutti gli Stati membri di far fronte alle normali situazioni cicliche mantenendo nel contempo il disavanzo pubblico entro il valore di riferimento del 3 % del PIL. In conformità del trattato, il risanamento è inoltre necessario per assicurare che i rapporti debito/PIL superiori al 60 % continuino a calare adeguatamente e ad avvicinarsi a ritmo soddisfacente al valore di riferimento. Questi requisiti valgono per tutti gli Stati membri, per le ragioni seguenti.

i) Una politica di bilancio sana agevolerà il compito della politica monetaria unica e delle politiche monetarie degli Stati membri non partecipanti all'euro, di mantenere la stabilità dei prezzi, in quanto alimenterà aspettative di inflazione bassa e stabile. Nell'attuale congiuntura, un'ulteriore riduzione dei disavanzi di bilancio contribuirà a rendere più sostenibile la ripresa economica e potrebbe favorire il mantenimento di condizioni monetarie favorevoli, sostenendo così gli investimenti.

ii) Una sana posizione di bilancio contribuirà a mantenere bassi i tassi di interesse a lungo termine attraendo quindi gli investimenti privati. Se lo Stato assorbirà in proporzione ridotta i risparmi privati oppure se fornirà un contributo positivo al risparmio in seno all'economia, si assisterà, molto probabilmente - a parità di altre condizioni - ad un aumento del saggio di investimento senza alcuna pressione sulla bilancia dei pagamenti e sui tassi di interesse a lungo termine.

iii) In molti paesi, le finanze pubbliche non hanno ancora recuperato lo spazio di manovra necessario per far fronte ad una congiuntura economica sfavorevole. A partire all'introduzione della moneta unica, tutti gli aggiustamenti necessari per far fronte a fluttuazioni cicliche negative e a perturbazioni proprie di ciascun paese avverranno in larga misura attraverso la politica di bilancio e sarà pertanto fondamentale assicurare un efficace funzionamento degli stabilizzatori automatici. D'altra parte, è assai probabile che una sana politica di bilancio rafforzi anche l'efficacia di tali stabilizzatori. Una comprovata disciplina di bilancio rafforzerà la fiducia degli operatori economici che anche un eventuale aumento del disavanzo di bilancio in un periodo di recessione non comprometterà più in maniera permanente le finanze pubbliche di uno Stato, evitando così eventuali reazioni negative da parte dei mercati finanziari.

iv) Infine, bilanci vicini al pareggio o in attivo consentiranno una rapida riduzione del rapporto debito/PIL che rimane relativamente elevato in molti paesi. Ciò permetterà una riduzione dell'onere del servizio del debito, favorendo così una ristrutturazione della spesa pubblica. Potrebbe altresì agevolare la riduzione degli oneri fiscali rendendo possibile il ripensamento di tutti gli aspetti dei regimi di previdenza sociale nella prospettiva dell'invecchiamento della popolazione.

In questo quadro è fondamentale che gli Stati membri forniscano delle garanzie circa la continuità del processo di aggiustamento del loro bilancio. A questo fine, gli Stati membri si sono impegnati a:

i) realizzare pienamente gli obiettivi di bilancio previsti per il 1998, se necessario intraprendendo tempestivamente azioni correttive;

ii) se la congiuntura economica evolve più favorevolmente del previsto, sfruttare l'occasione per migliorare il risanamento di bilancio onde raggiungere l'obiettivo a medio termine di un saldo di bilancio vicino al pareggio o in attivo, quale sancito dagli impegni del Patto di stabilità e crescita;

iii) presentare entro la fine del 1998 i loro programmi di stabilità e convergenza al fine di consentire alla Commissione ed al Consiglio di valutarli, inclusa la posizione di bilancio complessiva ed il dosaggio di politiche nell'area dell'euro, all'inizio della terza fase dell'UEM;

iv) garantire, ove opportuno, un'ulteriore costante flessione del debito pubblico ed un'adeguata strategia di gestione dello stesso, al fine di ridurre la vulnerabilità delle finanze pubbliche.

La scelta dei tempi, della portata e della composizione degli adeguamenti di bilancio è importante per garantire un loro impatto duraturo sulla situazione delle finanze pubbliche ed un aumento del dinamismo economico, della competitività e dell'occupazione. Anche se tali adeguamenti dovranno riflettere le caratteristiche specifiche di ogni paese, negli indirizzi delineati per esercizi precedenti sono già stati individuati un certo numero di principi generali. Gli indirizzi del presente documento ribadiscono ed ampliano tali principi, sempre nel rispetto della competenza degli Stati membri riguardo alle rispettive politiche di bilancio.

i) Nella maggior parte degli Stati membri i disavanzi di bilancio dovrebbero essere ridotti mediante misure di contenimento della spesa piuttosto che attraverso inasprimenti fiscali.

ii) Ai fini del miglioramento dell'efficienza e del dinamismo economico è auspicabile un alleggerimento della pressione fiscale complessiva nella maggior parte degli Stati membri. Le riforme fiscali permettono altresì un funzionamento più efficiente dei mercati e, potenziando gli investimenti, promuovono la creazione di posti di lavoro duraturi e competitivi.

iii) In presenza di un disavanzo di bilancio o di un rapporto debito pubblico/PIL ancora relativamente elevati, l'eventuale alleggerimento fiscale non dovrà rallentare il ritmo della riduzione del disavanzo.

iv) Occorre procedere al risanamento di bilancio con equità ed equilibrio. Esso dev'essere volto a migliorare l'efficacia e l'efficienza della spesa pubblica e a stimolare quindi l'offerta. A questo fine, le misure intraprese dovrebbero concentrarsi su un migliore controllo o su una riforma dei consumi pubblici, delle prestazioni pensionistiche pubbliche, della sanità, delle misure relative al mercato del lavoro e dei sussidi. Negli ultimi anni si è assistito inoltre ad una riduzione degli investimenti pubblici in percentuale del PIL, sebbene questo andamento rispecchi in parte il passaggio al finanziamento ed alla gestione privata degli investimenti in infrastrutture pubbliche. Nella misura del possibile e senza mettere in pericolo l'ulteriore necessaria riduzione del disavanzo pubblico, sarebbe auspicabile favorire la spesa per investimenti produttivi ed altre attività produttive, come per il capitale umano ed interventi attivi sul mercato del lavoro. Una tale ristrutturazione dovrebbe portare, grazie ai suoi effetti positivi sulla crescita e sull'occupabilità, ad un aumento del tasso di occupazione e/o ad una riduzione del numero di persone in età lavorativa che fruiscono di trasferimenti sociali, con conseguente miglioramento delle posizioni di bilancio a medio termine.

Esattamente come gli Stati membri, anche la Comunità è chiamata ad attenersi a una disciplina di bilancio rigorosa. Questa dev'essere applicata a tutte le categorie delle prospettive finanziarie, nel rispetto dell'accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio e sul miglioramento della procedura di bilancio.

5.2. Indirizzi specifici per i singoli paesi

i) Stati membri dell'area dell'euro

Il Belgio, grazie anche alle condizioni favorevoli di crescita economica, è riuscito ad anticipare di un anno la realizzazione degli obiettivi di bilancio stabiliti nel suo programma di convergenza. È necessario assicurare che venga realizzato l'impegno del governo di mantenere l'avanzo primario al 6 % del PIL sul medio termine, in modo da garantire una rapida riduzione del rapporto debito/PIL, che è ancora ad un livello alquanto elevato. I trasferimenti alle famiglie, ed in particolare la spesa sanitaria, richiedono ancora un rigido controllo.

In Germania è necessario che il disavanzo di bilancio continui ad essere ridotto negli anni a venire. Le sovvenzioni, i trasferimenti alle famiglie e i consumi delle amministrazioni pubbliche vanno ulteriormente contenuti. Si rendono inoltre necessari costanti sforzi di riduzione della spesa se si intende realizzare l'obiettivo del governo di riportare entro il 2000 il rapporto spesa/PIL al 46 %, cioè al livello precedente alla riunificazione. La Germania dovrebbe accelerare il proprio processo di risanamento del bilancio se intende avviare con decisione Il rapporto debito/PIL su un sentiero discendente per riportarlo rapidamente, nel prossimo futuro, al di sotto del valore di riferimento del 60 %.

In Spagna, il mantenimento dell'attuale politica di bilancio consentirebbe una riduzione del disavanzo nei prossimi anni, grazie anche alle condizioni favorevoli di crescita economica. La Spagna dovrebbe tuttavia ancora compiere sforzi per accelerare il conseguimento dell'obiettivo di medio termine di una posizione vicina al pareggio o in attivo. Infatti, l'attuale congiuntura ciclica dell'economia spagnola e la sostenibilità dell'attuale espansione richiederebbero il rapido raggiungimento di tale obiettivo. La spesa deve essere tenuta ulteriormente sotto controllo se il governo vuole realizzare l'obiettivo di ridurre il rapporto spesa/PIL appena al di sotto del 42 % entro il 2000.

Per quanto concerne la Francia, gli sforzi di risanamento di bilancio dovrebbero essere ulteriormente intensificati nel 1999, e soprattutto dopo, per assicurare il rispetto degli impegni derivanti dal Patto di stabilità e crescita. Tali interventi di risanamento delle finanze pubbliche sono necessari anche per stabilizzare il rapporto debito/PIL ed avviarlo su un sentiero discendente. Il controllo sui trasferimenti alle famiglie e sul consumo pubblico dovrebbe contribuire alla riduzione del disavanzo.

In Irlanda il bilancio dovrebbe registrare nei prossimi anni un attivo sempre maggiore ed il rapporto debito/PIL dovrebbe scendere al di sotto del 60 % nel 1998 e continuare a diminuire negli anni successivi. Tenuto conto dell'attuale sostenuta crescita economica e della possibilità di un surriscaldamento, le eventuali entrate in eccesso rispetto a quelle previste nel bilancio 1998 dovrebbero essere destinate ad aumentare l'attivo. Al fine di ridurre il rischio di un surriscaldamento, si rende inoltre necessaria una politica di bilancio rigorosa. Si rilevi la ferma intenzione delle autorità irlandesi di proporre per il 1999 un bilancio teso principalmente a proseguire sulla via di un'inflazione bassa.

Dopo essere riuscita nel 1997 a ridurre il disavanzo pubblico al di sotto del valore di riferimento del 3 % del PIL, l'Italia deve ora intensificare ulteriormente il suo impegno a favore del risanamento del bilancio per ottemperare agli obblighi imposti dal Patto di stabilità e crescita. Ai fini di una rapida diminuzione del rapporto debito/PIL, è importante assicurare il mantenimento a medio termine degli alti livelli di avanzo primario, pari al 5,5 % del PIL, come previsto nel piano triennale approvato dal Parlamento italiano. Questo fatto, sostenuto dagli introiti delle privatizzazioni, dovrebbe assicurare il proseguimento della riduzione del rapporto debito/PIL.

Il Lussemburgo dovrebbe mantenere anche nei prossimi anni un bilancio in attivo, con un rapporto debito/PIL che resterebbe ad un livello estremamente basso.

I Paesi Bassi non dovranno consentire un deterioramento della loro attuale situazione di bilancio. Alla luce delle condizioni favorevoli di crescita economica previste per gli anni a venire, dovrebbe essere possibile ridurre ulteriormente il disavanzo per ottemperare agli obblighi imposti dal Patto di stabilità e crescita. La politica di bilancio non dovrebbe pertanto essere allentata e si dovrebbe evitare che il disavanzo pubblico salisse nuovamente. La politica di risanamento del bilancio andrebbe mantenuta per garantire il proseguimento costante della riduzione del rapporto debito/PIL.

L'Austria dovrebbe proseguire nei prossimi anni i propri sforzi di risanamento del bilancio per raggiungere l'obiettivo di una posizione di bilancio prossima al pareggio o in attivo. L'Austria deve esercitare un severo controllo sul suo bilancio e dovrebbe scongiurare ulteriori pressioni sul bilancio. Saranno necessari ulteriori e notevoli sforzi di risanamento del bilancio a seguito della recente riforma della tassazione delle famiglie, scaturita da una sentenza della Corte costituzionale, e nel contesto della prospettata riforma fiscale. Si ricorda inoltre che è necessario mantenere su un sentiero discendente il rapporto debito/PIL.

Il Portogallo dovrebbe sfruttare l'occasione offerta dalle favorevoli condizioni di crescita economica dei prossimi anni per migliorare ulteriormente la sua situazione di bilancio, per ottemperare agli obblighi imposti dal Patto di stabilità e crescita. In tal modo si ridurrebbe anche il rischio di un surriscaldamento dell'economia. Il risanamento del bilancio dovrebbe incentrarsi sempre più sul fronte della spesa primaria. Il rapporto debito/PIL dovrebbe scendere al 60 % nel 1998 e continuare a diminuire negli anni successivi.

In Finlandia il bilancio dovrebbe passare in attivo nel 1998, ed ulteriori aumenti dell'attivo costituiscono gli obiettivi degli anni successivi. Nel 1999, la Finlandia prevede una riduzione dell'imposta sul reddito. Questa misura dovrebbe essere attuata in modo tale da consentire il proseguimento del risanamento di bilancio.

ii) Stati membri che non adottano l'euro a partire dal gennaio 1999

Per quanto riguarda la Danimarca ci si attende una politica di bilancio ancora più rigorosa ed un incremento dell'attivo di bilancio negli anni a venire. Il gettito fiscale resterà sostenuto mentre gli investimenti pubblici verranno ulteriormente ridotti. Tenuto conto dell'aumento dell'attivo di bilancio, il rapporto debito/PIL dovrebbe scendere al di sotto del 60 % nel 1998 e continuare a ridursi negli anni successivi.

La Grecia ha realizzato negli ultimi anni notevoli progressi per quanto riguarda la riduzione dei consistenti squilibri delle proprie finanze pubbliche. Nel 1997 il disavanzo è sceso al 4,0 % del PIL e pare proiettato a scendere al di sotto del valore di riferimento previsto dal trattato nel 1998, mentre il rapporto debito pubblico/PIL, praticamente stabile dal 1993, ha iniziato a scendere nel 1997. La Grecia dovrebbe proseguire l'impegno verso un risanamento del bilancio, in particolare attraverso l'attuazione rigorosa delle misure annunciate dal governo quando la dracma è entrata a far parte del meccanismo di cambio, al fine di garantire una partecipazione agevole e regolare a tale meccanismo e concretare l'intenzione del governo di entrare nell'area dell'euro nel 2001. Le misure in questione comprendono un'ulteriore riduzione della spesa primaria, una razionalizzazione generalizzata del settore pubblico e la riforma del sistema di sicurezza sociale a medio termine.

In Svezia il passaggio all'attivo di bilancio è previsto per il 1998 e aumenti dell'attivo sono previsti per i prossimi anni. L'obiettivo della Svezia è quello di un avanzo di bilancio di circa il 2 % del PIL nell'arco del ciclo economico. Sarà necessario continuare a tenere sotto stretto controllo la spesa pubblica.

Per quanto riguarda il Regno Unito, il bilancio è proiettato verso una posizione prossima al pareggio entro la fine del decennio. A tale scopo, il Regno Unito dovrebbe attuare in modo rigoroso le misure di bilancio annunciate. La spesa pubblica dovrebbe continuare ad essere sottoposta ad un controllo severo. La politica di bilancio del Regno Unito dovrebbe inoltre tener conto della necessità di realizzare le condizioni di stabilità previste per l'economia britannica in generale.

6. DINAMICA SALARIALE

L'andamento dei salari nel loro complesso e quello dei differenziali salariali presentano implicazioni significative per l'inflazione, la crescita, l'occupazione ed il contenuto occupazionale della crescita. Nell'ambito dell'UEM, con il regime monetario unico, il legame tra salari ed occupazione diventerà più evidente ed intenso. D'altro canto, il contesto macroeconomico credibile ed orientato, alla stabilità si farà promotore di un andamento adeguato dei salari.

La politica salariale continuerà ad essere di competenza delle parti sociali a livello nazionale, regionale, settoriale o a livello ancor più decentralizzato, nel pieno rispetto delle rispettive tradizioni. Come sottolineato nella risoluzione di Amsterdam su crescita e occupazione, spetta alle parti sociali conciliare l'obiettivo di un'elevata occupazione con un'adeguata dinamica salariale, creando un quadro istituzionale idoneo per il processo di formazione salariale.

Affinché l'andamento salariale contribuisca alla realizzazione di una combinazione di politiche favorevoli all'occupazione, le parti sociali dovrebbero continuare a mantenere un atteggiamento responsabile e a concludere negli Stati membri accordi salariali in linea con le seguenti regole generali.

i) Gli aumenti dei salari nominali nel loro complesso devono essere coerenti con l'obiettivo della stabilità dei prezzi. Aumenti salariali nell'intera area dell'euro che risultino incompatibili con la stabilità dei prezzi determineranno inevitabilmente una stretta monetaria nell'insieme dell'area stessa, con ripercussioni negative sulla crescita e sull'occupazione. Aumenti eccessivi dei salari nominali in un determinato paese o in una data regione non avranno necessariamente ripercussioni significative sull'inflazione nell'intera unione monetaria ma, attraverso il loro effetto sul costo unitario del lavoro, comprometteranno la competitività e le condizioni occupazionali di tale paese o regione.

ii) Gli aumenti dei salari reali rispetto alla crescita della produttività del lavoro dovrebbero tenere conto dell'esigenza di incrementare, ove necessario, e successivamente mantenere la redditività degli investimenti in grado di aumentare la capacità produttiva e di creare occupazione. Ciò significa che nei paesi in cui la crescita complessiva della produttività del lavoro sta subendo un rallentamento, il margine per gli aumenti dei salari reali risulterà ridotto. Più specificamente, una riduzione dell'orario di lavoro non dovrà determinare un aumento dei costi unitari reali del lavoro. Affinché un'accresciuta redditività determini maggiori investimenti all'interno della Comunità, è fondamentale dar vita ad un contesto favorevole agli investimenti in termini di promozione della domanda, condizioni del mercato del lavoro, imposizione fiscale e quadro normativo.

iii) Gli accordi salariali dovrebbero tener maggiormente conto dei differenziali di produttività sulla base delle qualifiche, delle capacità professionali e delle aree geografiche. A questo proposito e ove opportuno i salari d'ingresso per i giovani, per i lavoratori meno qualificati o per i disoccupati di lunga durata dovrebbero essere tali da migliorare la loro occupabilità; gli effetti benefici dei salari d'ingresso più bassi potrebbero essere rafforzati ulteriormente da misure volte a promuovere l'adattabilità della forza lavoro.

iv) È necessario evitare i cosiddetti «effetti di imitazione salariale», nel senso che le differenze tra il costo del lavoro nei vari Stati membri dovrebbero continuare a riflettere le differenze di produttività del lavoro. L'esistenza di una moneta unica renderà più trasparenti le differenze tra i livelli retributivi degli Stati membri. Ciò potrà determinare un certo aumento nella mobilità dei lavoratori, ma anche generare rivendicazioni salariali nei paesi con i livelli salariali più bassi per colmare il divario con i paesi in cui le retribuzioni sono più elevate. Incrementi salariali più rapidi di quanto giustificato dal miglioramento della produttività in un paese porterebbero ad un deterioramento della sua competitività e della redditività degli investimenti, e di conseguenza ne ridurrebbero l'attrattiva come sito per l'installazione di impianti produttivi. Gli scambi del paese in questione ne risentirebbero, gli investimenti sarebbero scoraggiati e vi sarebbe un aumento della disoccupazione.

Il rispetto di questi requisiti non implica che la dinamica salariale all'interno dell'intera area dell'euro debba essere uniforme. Vi saranno probabilmente differenze in termini di crescita della produttività e quindi di margine disponibile per l'incremento dei salari reali. Inoltre si deve tenere conto anche delle differenze riguardanti le situazioni del mercato del lavoro e le condizioni economiche. All'interno dell'UEM gli adeguamenti salariali dovranno svolgere un ruolo molto più importante in relazione all'adattamento alle mutate situazioni economiche, in particolare nel caso di turbolenze che interessino un particolare paese, il che richiederà pertanto un maggior grado di adattabilità nel processo di formazione delle retribuzioni.

Poiché, in generale, le parti sociali sono responsabili del mantenimento di una dinamica salariale compatibile con la realizzazione ed il mantenimento di un elevato livello di occupazione, e svolgono in tal senso un ruolo importante nella messa a punto di un adeguato dosaggio di politiche macroeconomiche, è fondamentale rafforzare il dialogo sociale a tutti i livelli coinvolti. A livello nazionale, i governi dovranno probabilmente adoperarsi maggiormente per promuovere il dialogo e favorire la comprensione della strategia politica sviluppata negli indirizzi di massima per le politiche economiche. A livello comunitario, la Commissione continuerà a sviluppare il dialogo sociale, in particolare sulle questioni di politica macroeconomica. Inoltre, nel quadro di un intensificato coordinamento delle politiche economiche, si pone la necessità di assicurare una maggiore credibilità ed instaurare un clima di fiducia tra i principali responsabili politici, fattori che potrebbero venire consolidati attraverso un dialogo costante tra le parti sociali da un lato e le autorità responsabili delle politiche economiche dall'altro.

7. POLITICHE STRUTTURALI A FAVORE DELLA CRESCITA E DELL'OCCUPAZIONE

Le politiche strutturali sono chiamate a svolgere un ruolo primario nel favorire il benessere economico, migliorare la produttività ed accrescere i livelli di occupazione. Esse debbono contribuire a garantire un processo di crescita macroeconomica esente da tensioni, a rafforzare la competitività della Comunità, ad aumentare il contenuto occupazionale della crescita e a rendere tale crescita più compatibile con la tutela dell'ambiente. Per essere pienamente efficaci, le politiche strutturali devono essere coerenti con l'applicazione di politiche macroeconomiche sane.

Le politiche strutturali mirano a migliorare il funzionamento dei mercati; qualora comportino costi di bilancio, è essenziale che questi siano tenuti sotto controllo e non compromettano il risanamento della finanza pubblica. Inoltre i benefici economici delle politiche strutturali si manifestano solo gradualmente.

Giacché i progressi realizzati in materia di riforme strutturali per quanto riguarda i mercati dei prodotti, dei servizi ed in particolare del lavoro sono insufficienti nella maggior parte degli Stati membri, è necessario profondere un impegno sempre maggiore per eliminare le deficienze strutturali, che sono spesso profondamente radicate. L'aggiustamento degli Stati membri a perturbazioni che colpiscano in modo specifico la loro economia dovrà basarsi, nella misura del possibile, sulla flessibilità e l'adattabilità dei loro mercati dei prodotti, dei servizi e dei fattori di produzione. A causa dell'eliminazione delle oscillazioni dei cambi all'interno dell'area dell'euro e della maggiore trasparenza dei prezzi, l'UEM intensificherà le pressioni concorrenziali sulle imprese.

7.1. Mercati dei prodotti, dei servizi e dei capitali

Per preservare e promuovere la competitività, l'occupazione e il tenore di vita in un mondo caratterizzato dalla libertà degli scambi e da una evoluzione tecnologica permanente, è essenziale che gli Stati membri e la Comunità intensifichino i loro sforzi volti a migliorare l'efficacia dei mercati dei prodotti, dei servizi e dei capitali. Tali sforzi dovrebbero articolarsi su quattro grandi assi.

i) Riforme destinate a perfezionare il mercato unico

Il miglioramento del funzionamento del mercato unico riveste un'importanza capitale per il successo dell'UEM. Per quanto siano stati realizzati progressi considerevoli, permangono taluni problemi gravi. Il quadro legislativo del mercato unico resta incompleto, soprattutto in quanto le direttive comunitarie non sono ancora state pienamente attuate a livello nazionale. Gli sforzi volti a ridurre la percentuale delle direttive relative al mercato unico non recepite dovrebbero continuare vigorosamente nella maggior parte degli Stati membri, come individuato dal quadro del punteggio del mercato unico istituito dalla Commissione. Coscienti di questa sfida, la Commissione e gli Stati membri hanno adottato nel giugno del 1997 un «Piano d'azione per il mercato unico», con il quale gli Stati membri si sono impegnati a colmare le principali lacune legislative entro il 1° gennaio 1999. Tra i settori che richiedono ulteriori provvedimenti meritano particolare attenzione quello degli appalti pubblici e quello del mutuo riconoscimento.

Gli sforzi dovrebbero essere volti principalmente a garantire una rapida attuazione del piano d'azione e a controllare i progressi realizzati sulla via di un mercato unico efficace. A tal fine è in via d'elaborazione un «quadro del punteggio del mercato unico», destinato ad essere pubblicato semestralmente. Inoltre il Consiglio europeo di Lussemburgo ha sottolineato nelle sue conclusioni sia l'importanza di essere molto attenti agli sviluppi e alle politiche economiche nazionali che rischiano di impedire il buon funzionamento del mercato unico, sia la necessità di un coordinamento politico volto, tra l'altro, ad incoraggiare le riforme fiscali nell'intento di favorire l'efficacia del sistema e a scoraggiare le forme pregiudizievoli di concorrenza fiscale. In questo settore il trattamento degli incentivi fiscali dovrebbe essere coerente con le regole comunitarie relative agli aiuti di Stato e sarà opportuno vigilare sul rispetto da parte degli Stati membri dei principi di una concorrenza fiscale equa. Tra i compiti principali del gruppo di controllo istituito il 1° dicembre 1997 vi è proprio questa funzione di monitoraggio.

Il mercato unico e la mondializzazione esercitano pressioni considerevoli nel senso del rafforzamento della competitività, ma quest'ultima dipende anche dalle politiche nazionali o comunitarie perseguite nel settore della ricerca e sviluppo ed in particolare della società dell'informazione. A tal fine è essenziale attuare rapidamente le azioni programmate nel piano d'azione per la promozione dell'innovazione e l'ampia diffusione delle nuove tecnologie. La situazione delle imprese per quanto concerne le comunicazioni richiede inoltre un rafforzamento dell'impegno profuso nel settore dei progetti infrastrutturali: a tal fine si deve mantenere un livello sufficiente di investimenti pubblici ed eventualmente creare imprese comuni con il settore privato. Ci si dovrebbe inoltre adoperare per incoraggiare una cultura d'impresa e stimolare l'imprenditorialità, fattore fondamentale per la promozione della crescita, dell'occupazione e della competitività nella Comunità.

ii) Riforme destinate a rafforzare la concorrenza

Nel settore della politica di concorrenza la Commissione ha riconosciuto la necessità di razionalizzare e di decentralizzare l'applicazione delle norme antitrust in modo tale da accrescerne l'efficacia e ridurre i costi a carico delle imprese. Gli Stati membri dovrebbero inoltre apportare un contributo importante ai fini di un'attuazione più efficace delle norme antitrust, modificando la loro legislazione al fine di consentire alle autorità nazionali garanti della concorrenza di applicare efficacemente la politica antitrust. Per quanto concerne gli aiuti di Stato, occorre che la Commissione li controlli severamente e che gli Stati membri si impongano un'autodisciplina rigorosa.

iii) Riforme della normativa

L'esistenza di un quadro normativo adeguato è indispensabile per rafforzare la crescita della produttività e la competitività delle imprese europee. Per questo motivo i governi e la Commissione sono tenuti a riesaminare in permanenza le normative esistenti per valutarne l'adeguatezza e ridurre il costo della loro attuazione e del monitoraggio, nonché per migliorarne la trasparenza e l'applicazione. Quanto precede vale anche per la legislazione e la normativa sull'ambiente, le quali dovrebbero fondarsi su incentivi al fine di consentire agli operatori economici di realizzare obiettivi ben definiti in materia di tutela dell'ambiente in modo efficace sotto il profilo dei costi. Giacché sussistono forti disparità tra le prassi regolamentari dei paesi, sono state avviate dagli organismi internazionali diverse analisi comparative volte ad individuare le migliori prassi regolamentari, che potrebbero consentire un miglioramento sensibile del quadro normativo per le imprese. Per quanto concerne la Comunità, la Commissione potrebbe coordinare tali iniziative sulla base dei contributi degli Stati membri.

Spesso le regolamentazioni amministrative e le lungaggini procedurali costituiscono un fardello particolarmente pesante per le piccole e medie imprese, soprattutto nella fase di avviamento. Uno dei primi settori nei quali tali analisi comparative potrebbero essere lanciate è la regolamentazione amministrativa applicabile all'avviamento di un'attività imprenditoriale. Analogamente occorrerebbe dare priorità all'identificazione e all'eliminazione delle barriere regolamentari ingiustificate residue che ostacolano lo sviluppo del capitale di rischio e di nuovi prodotti finanziari, in particolare quelli che potrebbero facilitare il finanziamento delle PMI.

Un'attenzione particolare deve inoltre essere riservata alla creazione di posti di lavoro a livello locale nell'economia sociale e a nuove attività connesse a necessità non ancora soddisfatte dal mercato che hanno un effetto di ricaduta importante in termini sia di attività economica che di coesione sociale. Per sfruttare appieno le possibilità offerte in questi settori, deve essere messo a punto un quadro normativo e fiscale più favorevole.

iv) Mercati finanziari

L'UEM darà luogo a cambiamenti importanti sui mercati finanziari europei che genereranno vasti mercati finanziari in euro, altamente liquidi. Occorre che le autorità nazionali adottino i provvedimenti necessari per sopprimere gli ostacoli giuridici e finanziari che si frappongono all'integrazione dei mercati. Giacché l'UEM diminuirà la compartimentazione dei mercati finanziari degli Stati membri, le eventuali disfunzioni saranno più chiaramente visibili in un quadro di maggiore concorrenza tra gli istituti finanziari dell'area dell'euro. Inoltre i nuovi mercati finanziari delle attività in euro eserciteranno probabilmente un potere di attrazione sugli istituti finanziari extraeuropei. È pertanto essenziale che gli operatori siano pienamente preparati all'UEM affinché il potenziale dei nuovi mercati finanziari in euro possa essere completamente sfruttato.

Ai fini di una maggiore efficacia, queste riforme devono essere oggetto di un monitoraggio severo e, se del caso, essere coordinate su scala comunitaria nel quadro di una vigilanza multilaterale regolare, destinata a completare la vigilanza multilaterale macroeconomica già esistente. Per assicurare progressi costanti in materia di riforme economiche, gli Stati membri e la Commissione sono invitati a presentare relazioni annuali che sintetizzino le politiche attuate per accrescere l'efficacia dei mercati dei prodotti, dei servizi e dei capitali. A partire dall'anno prossimo queste relazioni costituiranno una base per il monitoraggio degli sforzi di riforma a livello comunitario e se ne terrà conto all'atto della redazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche. La Commissione elaborerà inoltre una tabella completa contenente indicatori dell'integrazione effettiva dei mercati che riguarderanno in particolare le differenze tra i prezzi e l'applicazione dei provvedimenti relativi al mercato unico.

7.2. Mercati del lavoro

Una riduzione durevole dei livelli - attualmente elevati - della disoccupazione e un incremento del tasso di occupazione nella Comunità è possibile, ma richiede l'attuazione vigorosa e risoluta di un'ampia gamma di politiche che si rafforzano reciprocamente e i cui risultati appaiono sovente solo a medio o lungo termine. Le politiche macroeconomiche, congiuntamente alle politiche strutturali, dovrebbero consentire l'avvio di un periodo prolungato di forte crescita non inflattiva sostenuta da investimenti volti ad aumentare la capacità. Le politiche necessarie a tal fine costituiscono la base degli indirizzi di massima per le politiche economiche attuali e precedenti. Ma la soluzione dei problemi occupazionali nella Comunità richiederà al contempo una notevole modernizzazione dei mercati del lavoro dell'UE onde aumentare il contenuto occupazionale della crescita ed assicurare «l'occupabilità» della manodopera. Questo secondo pilastro della strategia comunitaria volto ad aumentare il livello dell'occupazione è stato messo a punto negli orientamenti in materia di occupazione adottati a Lussemburgo.

Gli orientamenti in materia di occupazione - che perseguono i quattro seguenti obiettivi: migliorare l'occupabilità, sviluppare lo spirito imprenditoriale, incoraggiare la capacità di adattamento delle imprese e dei loro lavoratori e promuovere la parità di opportunità - saranno attuati tramite piani di azione nazionali (PAN) per l'occupazione. Adattati alle situazioni nazionali specifiche, questi piani debbono integrare i provvedimenti a favore dell'occupazione nell'ambito di una strategia di sana politica macroeconomica, comprendente il risanamento finanziario in conformità alle prescrizioni del Patto di stabilità e crescita. Inoltre debbono costituire uno strumento di azione volto a ridurre le asimmetrie del mercato del lavoro e ad accrescere la capacità delle aziende di reagire ai cambiamenti economici. In questo modo i piani di azione nazionali (PAN) rappresenteranno importanti strumenti politici volti a rafforzare la crescita nella Comunità ed il relativo potenziale occupazionale e in quanto tali costituiranno indubbiamente un ingrediente importante dei futuri indirizzi di massima per le politiche economiche.

L'opera degli Stati membri dovrebbe incentrarsi su una strategia preventiva, che privilegi le politiche attive miranti ad accrescere l'offerta di manodopera adeguata formata e qualificata. Questi provvedimenti attivi devono essere associati ad un impegno volto ad accrescere gli incentivi alla ricerca e alla creazione di posti di lavoro tramite un riesame della struttura e della gestione dei sistemi tributari e di previdenza sociale.

i) Politiche attive in materia di mercato del lavoro

Nell'arco di un periodo di cinque anni gli Stati membri debbono far fronte al problema della disoccupazione giovanile e della prevenzione della disoccupazione di lunga durata offrendo a ciascun disoccupato giovane e adulto una nuova possibilità prima che la durata della loro disoccupazione abbia raggiunto rispettivamente i 6 e i 12 mesi. A tal fine saranno necessari maggiori sforzi dei servizi di collocamento per adempiere in modo efficace alle loro funzioni di ricerca di posti di lavoro e di collocamento. Queste iniziative dovrebbero essere sostenute da misure di accompagnamento quali azioni di formazione e, se del caso, compensazioni salariali e riduzioni dei contributi previdenziali, in particolare per il personale poco qualificato. Occorrerà concentrare le scarse risorse dei servizi di collocamento su coloro che più devono essere aiutati a trovare un posto di lavoro.

La disoccupazione di lunga durata è particolarmente elevata in Belgio, Irlanda, Italia e Spagna, mentre la disoccupazione giovanile è consistente in Finlandia, Francia, Grecia, Italia e Spagna. Questi Stati membri dovranno adoperarsi in modo particolare per rispettare gli orientamenti.

ii) Imposte e contributi sociali

Per oltre 15 anni l'aggravio degli oneri fiscali complessivi e lo sviluppo strutturale dei sistemi di imposizione fiscale (imposte e contributi sociali) degli Stati membri sono stati sfavorevoli all'occupazione. In conseguenza a detto aggravio degli oneri fiscali complessivi e dei contributi sociali si è creato uno scarto sempre maggiore tra il salario realmente percepito dai lavoratori e l'importo versato dalle imprese, che ostacola l'efficienza dell'economia, la crescita e, in ultima analisi, la creazione di posti di lavoro. Tale scarto è particolarmente pernicioso all'estremità inferiore della scala dei salari dove dà luogo all'eliminazione degli impieghi poco qualificati e a remunerazione modesta e ad una crescita del mercato «sommerso». In considerazione di questi effetti deleteri, è importante che gli Stati membri prendano le misure necessarie per invertire tale tendenza, ad esempio per mezzo di una riforma dei sistemi fiscali e di previdenza sociale. Tali misure non dovrebbero tuttavia mettere a repentaglio il risanamento di bilancio. L'impatto di siffatte misure sull'occupazione sarebbe accresciuto se sostenuto da misure attive relative al mercato del lavoro nei settori dell'istruzione, dell'apprendistato, della formazione professionale e della riqualificazione. Ai fine di rendere il sistema fiscale più favorevole per l'occupazione, gli Stati membri dovrebbero inoltre esaminare, se del caso, l'opportunità dell'introduzione di una tassa sull'energia o sulle emissioni inquinanti, o di qualsiasi altra misura tributaria. Qualsiasi modifica in tal senso dovrebbe tener conto dell'impatto sulla concorrenza e degli eventuali oneri aggiuntivi per i contribuenti, siano essi persone fisiche o persone giuridiche.

iii) Riforma della previdenza sociale

È necessario riformare i sistemi di previdenza sociale per aumentare gli incentivi ad accettare un posto di lavoro, le opportunità di trovarlo e le responsabilità e, in via più generale, migliorare il funzionamento del mercato del lavoro. Ciò significa che occorrerà passare da sistemi passivi di garanzia del reddito a sistemi di assistenza tramite il lavoro. Tuttavia in taluni paesi accettare un posto di lavoro piuttosto che vivere di prestazioni sociali procura vantaggi limitati, in particolare per quanto riguarda le persone a reddito basso che hanno conosciuto lunghi periodi di disoccupazione: in Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito, l'insieme delle indennità di disoccupazione, di alloggio e degli assegni familiari per figli a carico può costituire, in talune circostanze, un tasso di compensazione netto di oltre l'80 %.

Per rendere il posto di lavoro attraente, occorre porre in essere una doppia strategia. In primo luogo, occorre attuare riforme che incrementino il salario netto. Le riforme del Regno Unito volte al «reinserimento nel lavoro» aprono interessanti prospettive in questo ambito. In secondo luogo occorre agire sulle prestazioni sociali, adattando attentamente i criteri di concessione, i requisiti in materia di ricerca di un posto di lavoro e di formazione e, in taluni casi, modificare i periodi di concessione delle prestazioni sociali. Molti paesi, hanno ottenuto risultati positivi in questo settore. Sarà tuttavia opportuno analizzare l'interazione tra i diversi sistemi di sicurezza sociale, in modo da garantire che sia sempre più interessante accettare un posto di lavoro che percepire un'indennità. In linea di massima i sistemi di previdenza sociale e di imposizione dovrebbero essere analizzati in relazione alla regolamentazione del mercato del lavoro. Gli Stati membri, in particolare quelli che combinano sistemi di previdenza sociale relativamente generosi con una forte protezione dell'occupazione, dovrebbero rivedere la loro legislazione sul mercato del lavoro per riconciliare la sicurezza e la flessibilità accrescendo nel contempo l'efficacia dei loro sistemi di previdenza sociale.

iv) Organizzazione dell'orario di lavoro

È importante che, ove esistano accordi volti alla riduzione dell'orario di lavoro, questi siano attuati con modalità tali da non pregiudicare la flessibilità e che non risultino in una riduzione della disponibilità e della produttività della forza lavoro. Laddove opportuno, l'occupazione potrebbe eventualmente essere favorita da una maggiore flessibilità dell'orario di lavoro a livello microeconomico. In questo contesto talune iniziative fanno pensare che accordi che abbinano una riduzione dell'orario di lavoro alla creazione di posti di lavoro potrebbero dare risultati positivi, purché non aumenti il costo del lavoro per unità di prodotto. Un altro modo per accrescere il contenuto occupazionale della crescita consisterebbe nell'incoraggiare il più possibile il ricorso su base volontaria al tempo parziale e a nuove forme di occupazione. È evidente che le possibilità in questo settore variano notevolmente tra gli Stati membri, dato che allo stato attuale la percentuale dei lavoratori occupati a tempo parziale differisce notevolmente. In questi settori deve essere incoraggiato lo scambio delle esperienze e delle prassi migliori a livello comunitario.

Fatto a Bruxelles, addì 6 luglio 1998.

Per il Consiglio

Il presidente

R. EDLINGER