31992L0069

Direttiva 92/69/CEE della Commissione, del 31 luglio 1992, recante diciassettesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose

Gazzetta ufficiale n. L 383 del 29/12/1992 pag. 0113 - 0115
edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 6 pag. 0003
edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 6 pag. 0003
L 383A 29/12/1992 P. 0001 - 0235


DIRETTIVA 92/69/CEE DELLA COMMISSIONE del 31 luglio 1992 recante diciassettesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea,

vista la direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose (1), modificato da ultimo dalla direttiva 92/32/CEE (2), in particolare gli articoli 28 e 29,

(1) GU n. 196 del 16. 8. 1967, pag. 1.

(2) GU n. L 154 del 5. 6. 1992, pag. 1.

considerando che l'articolo 3, paragrafo 1 della direttiva 67/548/CEE e l'articolo 3 della direttiva 88/379/CEE del Consiglio, del 7 giugno 1988, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi (3), modificata da ultimo dalla direttiva 90/492/CEE della Commissione (4), stabiliscono che le proprietà fisico-chimiche, la tossicità e l'ecotossicità delle sostanze e dei preparati sono eterminate conformemente ai metodi previsti all'allegato V della direttiva 67/548/CEE;

(3) GU n. L 187 del 16. 7. 1988, pag. 14.

(4) GU n. L 275 del 5. 10. 1990, pag. 35.

considerando che il testo dell'allegato V della direttiva 67/548/CEE è attualmente pubblicato in due parti, di cui una costituisce l'allegato della direttiva 84/449/CEE della Commissione (5) e l'altra l'allegato della direttiva 88/302/CEE della Commissione (6);

(5) GU n. L 251 del 19. 9. 1984, pag. 1.

(6) GU n. L 133 del 30. 5. 1988, pag. 1 e GU n. L 136 del 2. 6. 1988, pag. 20.

considerando che, per tener conto degli sviluppi tecnici, è necessario rivedere i metodi di prova riportati nell'allegato della direttiva 84/449/CEE;

considerando che, per tener conto degli sviluppi tcnici, è necessario rivedere il metodo di prova per il saggio di inibizione della crescita algale, riportato nell'allegato della direttiva 88/302/CEE e contemporaneamente includere questo metodo nell'allegato della direttiva 84/449/CEE;

considerando l'opportunità di ridurre al minimo il numero di animali utilizzati a fini sperimentali, conformemente al disposto della direttiva 86/609/CEE del Consiglio, del 24 novembre 1986, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici (7);

(7) GU n. L 358 del 18. 12. 1986, pag. 1.

considerando che le disposizioni della presente direttiva sono conformi al parere del comitato per l'adeguamento al progresso tecnico delle direttive volte all'eliminazione degli ostacoli tecnici agli scambi di sostanze e preparati pericolosi,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1

L'allegato della direttiva 84/449/CEE è sostituito dall'allegato della presente direttiva.

Articolo 2

Il metodo di saggio di inibizione della crescita algale riportato nell'allegato della direttiva 88/302/CEE è annullato.

Articolo 3

Gli Stati membri mettono in vigore entro il 30 ottobre 1993 le disposizioni legislative, regolamentari e amministative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale.

Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

Articolo 4

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, il 31 luglio 1992.

Per la Commissione

Karel VAN MIERT

Membro della Commissione

ALLEGATO

Questo allegato sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee n. L 383 A.

(Vedi annuncio in terza pagina di copertina della presente Gazzetta ufficiale)

Allegato della direttiva 92/69/CEE della Commissione, del 31 luglio 1992, recante diciassettesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose (1)

CONTENUTO

INTRODUZIONE

PARTE A: METODI PER LA DETERMINAZIONE DELLE PROPRIETÀ FISICO-CHIMICHE //5

A.1. Temperatura di fusione/congelamento//5

A.2. Temperatura di ebollizione//15

A.3. Densità relativa//21

A.4. Tensione di vapore//26

A.5. Tensione superficiale//47

A.6. Idrosolubilità//54

A.8. Coefficiente di ripartizione//63

A.9. Punto d'infiammabilità//74

A.10. Infiammabilità (solidi)//76

A.11. Infiammabilità (gas)//79

A.12. Infiammabilità (contatto con l'acqua)//81

A.13. Proprietà piroforiche di solidi e liquidi//85

A.14. Proprietà esplosive//87

A.15. Temperatura di autoaccensione (liquidi e gas)//98

A.16. Temperatura di autoaccensione relativa dei solidi//99

A.17. Proprietà ossidanti (solidi)//102

PARTE B: METODI PER LA DETERMINAZIONE DELLA TOSSICITÀ//107

Introduzione generale//107

B.1. Tossicità acuta per via orale//110

B.1 bis Tossicità acuta (per via orale) metodo a dose fissa//113

B.2. Tossicità acuta per inalazione//117

B.3. Tossicità acuta per via cutanea//121

B.4. Tossicità acuta (irritazione cutanea)//124

B.5. Tossicità acuta (irritazione oculare)//127

B.6. Sensibilizzazione cutanea//131

B.7. Tossicità a dose ripetuta (28 giorni) per via orale//136

B.8. Tossicità a dose ripetuta (28 giorni) per inalazione//140

B.9. Tossicità a dose ripetuta (28 giorni) per via cutanea//144

B.10. Mutageneticità (mammiferi: saggio citogenetico in vitro)//148

B.11. Mutageneticità (mammiferi: midollo osseo - saggio citogenetico in vivo - analisi cromosomica)//151

B.12. Mutageneticità (saggio del micronucleo)//154

B.13. Mutageneticità (batteri - Escherichia coli - saggio di reversione)//157

B.14. Mutageneticità (Salmonella typhimurium - saggio di reversione)//160

PARTE C: METODI PER LA DETERMINAZIONE DELL'ECOTOSSICITÀ//163

C.1. Tossicità acuta per i pesci//163

C.2. Tossicità acuta per le Daphnia//172

C.3. Saggio di inibizione della crescita delle alghe//179

C.4. Degradazione biologica: determinazione della «pronta» biodegradabilità//187

C.4-A Carbonio organico disciolto (DOC) sparizione lenta//194

C.4-B Saggio di Screening OCSE modificato//197

C.4-C Sviluppo di biossido di carbonio (CO2)//202

C.4-D Respirometria manometrica//207

C.4-E Bottiglia chiusa//211

C.4-F MITI (Ministero del Commercio Internazionale e dell'Industria - Giappone)//216

Allegati//221

C.5. Degradazione: domanda biochimica di ossigeno (BOD)//226

C.6. Degradazione: domanda chimica di ossigeno (COD)//227

C.7. Degradazione: degradazione abiotica: idrolisi in funzione del pH//229

INTRODUZIONE

L'allegato presenta dei metodi di prova per la determinazione delle proprietà chimico-fisiche, tossicologiche e ecotossicologiche elencate negli allegati VII e VIII della direttiva 79/831/CEE. I metodi sono basati su quelli riconosciuti e raccomandati da organismi internazionali competenti (in particolare l'OCSE).

Nei casi in cui non sono disponibili tali metodi, sono stati adottati norme nazionali o metodi che godono di consenso a livello scientifico. In generale le prove devono essere eseguite con la sostanza come definito dalla direttiva. Si deve porre attenzione alla possibile influenza di impurezze sui risultanti delle prove.

Nel caso in cui i metodi di questo allegato siano inappropriati per lo studio di una certa proprietà, il notificante deve giustificare il metodo alternativo utilizzato.

Prove e studi su animali saranno condotti secondo i regolamenti nazionali e dovranno tener conto di principi umani e sviluppi internazionali nel campo del benessere degli animali.

Tra metodi di prova equivalenti, si sceglie il metodo che utilizza il numero minimo di animali.

PARTE A: METODI PER LA DETERMINAZIONE DELLE PROPRIETÀ FISICO-CHIMICHE

A.1. TEMPERATURA DI FUSIONE/CONGELAMENTO

1. METODO

La maggior parte dei metodi descritti si basano sulle linee direttrici OCSE (1). I principi fondamentali sono riportati nei riferimenti (2) e (3).

1.1. INTRODUZIONE

I metodi e le apparecchiature qui illustrati si applicano alla determinazione della temperatura di fusione di sostanze senza alcuna limitazione rispetto al loro grado di purezza.

La scelta del metodo più idoneo dipende dalla natura delle sostanze in esame. Di conseguenza, il fattore limitante sarà inerente al fatto che la sostanza sia facilmente, difficilmente o per nulla polverizzabile.

Per alcune sostanze, la determinazione della temperatura di congelamento o di solidificazione risulta più appropriata e pertanto in questo metodo sono state incluse anche le norme per queste determinazioni.

Dove, a motivo delle particolari proprietà della sostanza, non sia possibile misurare in modo adatto alcuni dei parametri suddetti, può essere appropriato un punto di scorrimento.

1.2. DEFINIZIONI ED UNITÀ

La temperatura di fusione è definita come la temperatura alla quale si verifica la transizione di fase dallo stato solido allo stato liquido a pressione atmosferica, e questa temperatura nel caso ideale corrisponde alla temperatura di congelamento.

Poiché per molte sostanze la transizione di fase si verifica in un intervallo di temperatura ampio, questo viene spesso descritto come intervallo di fusione.

Conversione delle unità (da K a C):

t = T 273,15

t: temperatura Celsius, gradi Celsius ( C)

T: temperatura termodinamica, kelvin (K)

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Non è necessario utilizzare sostanze di riferimento ogni volta che si esamina una nuova sostanza. Esse devono principalmente venire impiegate per controllare periodicamente i risultati ottenuti col metodo e per permettere confronti con i risultati ottenuti con altri metodi.Alcune sostanze di riferimento sono elencate nel riferimento bibliografico (4).

1.4. PRINCIPIO DEL METODO

Si determina la temperatura (o l'intervallo di temperatura) della transizione di fase dallo stato solido allo stato liquido o dallo stato liquido allo stato solido. In pratica si determina la temperatura di fusione/congelamento incipiente e di fusione/congelamento finale durante il riscaldamento/raffreddamento di un campione della sostanza in esame a pressione atmosferica. Sono descritti 5 metodi, e precisamente il metodo del capillare, il metodo degli elementi riscaldanti, la determinazione del punto di congelamento, i metodi di analisi termica e la determinazione del punto di scorrimento (come è stata sviluppata per gli olii di origine petrolifera).

In alcuni casi, può essere conveniente misurare la temperatura di congelamento invece della temperatura di fusione.

1.4.1. Metodo del capillare

1.4.1.1. Apparecchi per la determinazione del punto di fusione tramite bagno liquidoUna piccola quantità della sostanza finemente macinata viene introdotta in un tubo capillare e compattata fortemente. Il tubo viene riscaldato, insieme ad un termometro, e l'aumento di temperatura viene regolato in modo che sia inferiore a circa 1 K/min durante la fusione propriamente detta. Si determinano quindi e temperature iniziale e finale di fusione.

1.4.1.2. Apparecchi per la determinazione del punto di fusione a blocco metallicoSi procede come indicato al punto 1.4.1.1, salvo il fatto che il tubo capillare ed il termometro sono collocati in un blocco di metallo riscaldante, attraverso alcuni fori del quale è possibile la loro osservazione.

1.4.1.3. Determinazione tramite fotocellula

Il campione contenuto nel tubo capillare viene riscaldato automaticamente in un cilindro metallico. Attraverso un foro praticato nel cilindro un raggio luminoso viene convogliato sulla sostanza e raggiunge poi una fotocellula accuratamente tarata. Per la maggior parte delle sostanze le proprietà ottiche si modificano durante la fusione, passando dall'opacità alla trasparenza. L'intensità della luce che raggiunge la fotocellula aumenta fino ad inviare un segnale di arresto all'indicatore numerico di un termometro a resistenza di platino collocato nella camera di riscaldamento. Questo metodo non è adatto per alcune sostanze fortemente colorate.

1.4.2. Elementi riscaldanti

1.4.2.1. Banco riscaldante di Kofler

Il banco riscaldante di Kofler fa uso di due corpi metallici di diversa conducibilità termica, riscaldati elettricamente; la sbarra è progettata in modo tale che per tutta la sua lunghezza il gradiente di temperatura è virtualmente costante. La temperatura dell'elemento riscaldante può variare da 283 K a 573 K; essa viene letta su un apposito strumento costituito da un cursore provvisto di indice e di linguetta specificamente realizzati per ogni banco. Per determinare una temperatura di fusione, la sostanza viene distribuita in uno strato sottile direttamente sulla superficie dell'elemento riscaldante. In pochi secondi appare una linea di separazione netta tra la fase solida e quella liquida. La temperatura corrispondente a questa linea di separazione viene letta facendovi coincidere l'indice dello strumento.

1.4.2.2. Microscopio di fusione

Numerosi sono gli elementi riscaldanti forniti di microscopio utilizzati per la determinazione del punto di fusione con quantità molto piccole di materiale. Nella maggioranza di questi strumenti, la temperatura viene determinata mediante una termocoppia sensibile, ma talvolta si usano anche termometri a mercurio. La versione tipica di un apparecchio per la determinazione del punto di fusione ad elemento riscaldante con microscopio è dotato di una camera di riscaldamento contenente una piastra metallica sopra la quale si pone il campione, distribuito su un vetrino. Al centro della piastra metallica si trova un foro che permette il passaggio della luce proveniente dallo specchio di illuminazione del microscopio. Durante la misura la camera viene chiusa da una piastra di vetro in modo da escludere l'aria dalla zona del campione.

Il riscaldamento del campione è regolato da un reostato. Per misure di grande precisione e nel caso di sostanze otticamente anisotrope, si può utilizzare luce polarizzata.

1.4.2.3. Metodo del menisco

Questo metodo è specifico per le poliammidi.Si determina visivamente la temperatura alla quale si verifica lo spostamento di un menisco di olio siliconico compreso tra un elemento riscaldante e un copri-oggetti sostenuto dal campione di poliammide in esame.

1.4.3 Metodo per determinare la temperatura di congelamento

Il campione viene posto in una provetta speciale e inserito in un apparecchio per la determinazione della temperatura di congelamento. Il campione viene agitato con delicatezza e continuità durante il raffreddamento e la temperatura viene misurata ad intervalli adatti. Non appena la temperatura si mantiene costante per qualche lettura, si registra tale temperatura (corretta per l'errore termometrico) come temperatura di congelamento.

Si deve evitare un sovraraffreddamento mantenendo l'equilibrio tra le fasi solida e liquida.

1.4.4. Analisi termica

1.4.4.1. Analisi termica differenziale (ATD)

Questa tecnica registra la differenza di temperatura tra la sostanza e un materiale di riferimento in funzione della temperatura stessa mentre la sostanza e il materiale di riferimento sono sottoposti allo stesso programma controllato di temperatura. Quando il campione subisce una transizione che implica una variazione di entalpia, tale variazione è indicata da una deviazione endotermica (fusione) o esotermica (congelamento) dalla linea di base del tracciato della temperatura.

1.4.4.2. Calorimetria differenziale a scansione (CDS)

Questa tecnica registra la differenza tra l'energia introdotta in una sostanza e quella introdotta in un materiale di riferimento, in funzione della temperatura, mentre la sostanza e il materiale di riferimento sono sottoposti allo stesso programma controllato di temperatura. Questa energia è l'energia necessaria per mantenere nulla la differenza di temperatura tra la sostanza e il materiale di riferimento. Quando il campione subisce una transizione che implica una variazione di entalpia, tale variazione è indicata da una deviazione en dotermica (fusione) o esotermica (congelamento) dalla linea di base del tracciato del flusso termico.

1.4.5. Punto di scorrimento

Questo metodo è stato sviluppato per l'uso con gli olii di origine petrolifera ed è adatto per l'uso con sostanze oleose aventi una bassa temperatura di fusione.

Dopo un riscaldamento preliminare, il campione viene raffreddato ad una velocità specifica mentre, ad intervalli di 3 K, se ne esaminano le caratteristiche di scorrimento. La temperatura più bassa alla quale si osserva un movimento della sostanza viene registrata come punto di scorrimento.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

L'applicabilità e l'accuratezza dei vari metodi impiegati per la determinazione della temperatura di fusione/ intervallo di fusione sono indicate nella seguente tabella.

TABELLA: APPLICABILITÀ DEI METODI

>SPAZIO PER TABELLA>

>SPAZIO PER TABELLA>

>SPAZIO PER TABELLA>

>SPAZIO PER TABELLA>

1.6. DESCRIZIONE DEI METODI

Le procedure relative a quasi tutti i metodi di determinazione sono state descritte in varie norme internazionali e nazionali (vedi appendice 1).

1.6.1. Metodi con tubo capillare

Quando vengono sottoposte ad un lento aumento di temperatura, sostanze finemente polverizzate mostrano solitamente gli stadi di fusione mostrati in figura 1.

Figura 1

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Stadio A (inizio della fusione): minuscole goccioline aderiscono uniformemente alla parete interna del capillare;

Stadio B: in seguito alla contrazione del fuso, va evidenziandosi uno spazio libero tra il campione e la parete interna;

Stadio C: dopo essersi contratto, il campione inizia a scivolare in basso ed a liquefarsi;

Stadio D: si ha la formazione di un menisco completo alla superficie, ma una quantità apprezzabile del campione rimane solida;

Stadio E (stadio finale della fusione): non restano più particelle solide. Durante la determinazione della temperatura di fusione viene registrata la temperatura all'inizio della fusione e nello stadio finale.

1.6.1.1. Apparecchi per il punto di fusione a bagno liquido

La figura 2 presenta un tipo di apparecchio normalizzato, realizzato in vetro, per la temperatura di fusione (JIS K0064): tutte le quote sono date in mm.

Figura 2

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

A: Recipiente di misura

B: Tappo di sughero

C: Sfogo

D: Termometro

E: Termometro ausiliario

F: Bagno liquido

G: Tubo capillare in vetro: lunghezza da 80 a 100 mm ; diametro interno 1 ± 0,2 mm ; spessore da 0,2 a 0,3mm

H: Tubo laterale

Bagno liquido:

Si deve scegliere un liquido adatto. La scelta del liquido dipende dalla temperatura di fusione da determinare, per esempio paraffina liquida per temperature di fusione non superiori a 473 K, olio di silicone per temperature di fusione non maggiori di 573 K.

Per temperature di fusione superiori a 523 K, si può usare una miscela costituita da 3 parti di acido solforico e 2 parti di solfato di potassio (rapporto in peso). Se si usa una miscela di questo tipo occorre prendere opportune precauzioni.

Termometro:

Vanno impiegati soltanto termometri che soddisfano le prescrizioni delle norme ASTM E 1-71, DIN 12770, JIS K 8001, o di norme equivalenti.ASTM E 1671, DIN 12770, JIS K 8001.

Modalità operative:

La sostanza secca va polverizzata finemente in un mortaio e posta in un tubo capillare, chiuso per fusione ad una estremità, in modo che, dopo ssestamento nella maniera più compatta possibile, l'altezza del riempimento sia di 3 mm circa. Per ottenere un assestamento uniforme del campione, il tubo capillare deve essere lasciato cadere attraverso una canna di vetro su un vetro da orologio da un'altezza di circa 700 mm.

Il capillare riempito viene posto nel bagno in modo tale che la parte centrale del bulbo del termometro a mercurio sia in contatto con il tubo capillare nella zona dove è collocato il campione. Il tubo capillare viene di solito introdotto nell'apparecchio a temperatura inferiore di circa 10 K a quella della temperatura di fusione.

Il bagno liquido viene riscaldato in modo che l'aumento di temperatura corrisponda a circa 3 K/min. Il liquido va mantenuto sotto agitazione. A circa 10 K al di sotto della temperatura prevista di fusione, la velocità di incremento della temperatura va regolata ad un massimo di 1 K/min.

Calcolo:

La temperatura fusione si calcola con la formula seguente:

T = TD + 0,00016 (TD TE)n

dove:

T = temperatura di fusione corretta, in K,

TD = temperatura letta sul termometro D, in K,

TE = temperatura letta sul termometro E, in K,

n = numero di graduazioni della colonnina di mercurio sul termometro D sulla parte di stelo emergente.

1.6.1.2. Apparecchi per la temperatura di fusione con blocco metallico

Apparecchiatura:

La strumentazione consiste in:

- un blocco cilindrico di metallo, la cui parte superiore è cava e forma una camera (vedi figura 3);

- un tappo metallico provvisto di due o più fori per permettere l'inserimento dei tubi capillari nel blocco metallico;

- un sistema di riscaldamento per il blocco metallico realizzato, per esempio, tramite una resistenza elettrica incorporata nel blocco;

- un reostato per la regolazione della potenza applicata, se si fa uso del riscaldamento elettrico;

- quattro finestre di vetro resistente al calore sulle pareti laterali della camera, disposte diametralmente ad angolo retto l'una rispetto all'altra. Di fronte ad una di esse è montato un oculare per l'osservazione del capillare. Le altre tre finestre vengono usate per illuminare l'interno per mezzo di lampade;

- un capillare di vetro resistente al calore chiuso ad una estremità (vedi punto 1.6.1.1).

Termometro:

Vedi norme citate al punto 1.6.1.1. Possono utilizzarsi anche strumenti di misura termoelettrici di analoga accuratezza.

Figura 3

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

1.6.1.3. Determinazione tramite fotocellula

Apparecchiatura e modalità operative:

La strumentazione consiste in una camera metallica con un sistema automatico di riscaldamento. Si riempiono tre capillari secondo le indicazioni del punto 1.6.1.1 e si pongono nella camera.

Per la taratura dell'apparecchio sono disponibili diverse velocità di incremento lineare della temperatura e l'aumento di temperatura opportuno viene regolato elettricamente su una velocità costante e lineare preselezionata. La temperatura effettiva nel forno e la temperatura della sostanza nei tubi capillari sono indicate da registratori.

1.6.2. Elementi riscaldanti

1.6.2.1. Banco riscaldante di Kofler

Vedi appendice.

1.6.2.2. Microscopio di fusione

Vedi appendice.

1.6.2.3. Metodo del menisco (per poliammidi)

Vedi appendice.

La velocità di riscaldamento nella zona di passaggio attraverso la temperatura di fusione deve essere inferiore a 1 K/min.

1.6.3. Metodi per la determinazione della temperatura di congelamento

Vedi appendice.

1.6.4. Analisi termica

1.6.4.1. Analisi termica differenziale

Vedi appendice.

1.6.4.2. Calorimetria differenziale a scansione

Vedi appendice.

1.6.5. Determinazione del punto di scorrimento

Vedi appendice.

2. DATI

In alcuni casi si rende necessaria una correzione della lettura termometrica.

3. RELAZIONE

La relazione sulla prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- metodo utilizzato;

- descrizione precisa della sostanza (identità e impurezze) ed eventuale stadio preliminare di purificazione;

- stima dell'accuratezza.

Come temperatura di fusione viene riportata la media di almeno due misure che cadano nel campo di accuratezza stimata (vedi tabelle).

Se la differenza tra la temperatura all'inizio e allo stadio finale della fusione ricade nei limiti di accuratezza del metodo, si prende come punto di fusione la temperatura dello stadio finale della fusione; altrimenti vengono riportate ambedue le temperature.

Se la sostanza si decompone o sublima prima del raggiungimento della temperatura di fusione, si riporterà la temperatura alla quale si osserva l'effetto.

Devono essere riportate tutte le informazioni e osservazioni utili per l'interpretazione dei risultati, in particolare per quanto riguarda le impurezze e lo stato fisico della sostanza.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) OECD, Paris, 1981, Test Guideline 102, Decision of the Council C(81) 30 final.

(2) IUPAC, B. Le Neindre, B. Vodar, eds. Experimental thermodynamics, Butterworths, London 1975, vol. II, 803-834.

(3) R. Weissberger ed.: Technique of organic Chemistry, Physical Methods of Organic Chemistry, 3rd ed., Interscience Publ., New York, 1959, vol. I, Part I, Chapter VII.

(4) IUPAC, Physicochemical measurements: Catalogue of reference materials from national laboratories, Pure and applied chemistry, 1976, vol. 48, 505-515.

Appendice

Per ulteriori particolari tecnici, si possono consultare ad esempio le seguenti norme:

1. Metodi basati sull'impiego di capillari

1.1. Apparecchi per la determinazione del punto di fusione a bagno liquido

ASTM E 324-69 Standard test method for relative initial and final melting points and the melting range of organic chemicals

BS 4634 Method for the determination of melting point and/or melting range

DIN 53181 Bestimmung des Schmelzintervalles von Harzen nach Kapillarverfahren

JIS K 00-64 Testing methods for melting point of chemical products

1.2. Apparecchi per la determinazione della temperatura di fusione a blocco di metallo

DIN 53736 Visuelle Bestimmung der Schmelztemperatur von teilkristallinen Kunststoffen

ISO 1218 (E) Plastics - polyamides - determination of «melting point»

2. Apparecchi ed elementi riscaldanti

2.1. Banco riscaldante di Kofler

ANSI/ASTM D 3451-76 Standard recommended practices for testing; polymeric powder coatings

2.2. Microscopio di fusione

DIN 53736 Visuelle Bestimmung der Schmelztemperatur von teilkristallinen Kunststoffen

2.3. Metodo del menisco (poliammidi)

ISO 1218 (E) Plastics - polyamides - determination of «melting point»

ANSI/ASTM D2133-66 Standard specification for acetal resin injection; moulding and extrusion materials

NF T 51-050 Résines de polyamides. Détermination du «point de fusion». Méthode du ménisque

3. Metodi per la determinazione della temperatura di congelamento

BS 4633 Method for the determination of crystallizing point

BS 4695 Method for determination of melting point of petroleum wax (Cooling Curve)

DIN 51421 Bestimmung des Gefrierpunktes von Flugkraftstoffen, Ottokraftstoffen und Motorenbenzolen

ISO 2207 Cires de pétrole: détermination de la température de figeage

DIN 53175 Bestimmung des Erstarrungspunktes von Fettsauren

NF T 60-114 Point de fusion des paraffines

NF T 20-051 Méthode de détermination du point de cristalisation (point de congélation)

ISO 1392 Method for the determination of the freezing point

4. Analisi termica

4.1. Analisi termica differenziale

ASTM E 537-76 Standard method for assessing the thermal stability of chemicals by methods of differential thermal analysis

ASTM E 473-85 Standard definitions of terms relating to thermal analysis

ASTM E 472-86 Standard practice for reporting thermoanalytical data

DIN 51005 Thermische Analyse, Begriffe

4.2. Calorimetria differenziale a scansione

ASTM E 537-76 Standard method for assessing the thermal stability of chemicals by methods of differential thermal analysis

ASTM E 473-85 Standard definitions of terms relating to thermal analysis

ASTM E 472-86 Standard practice for reporting thermoanalytical data

DIN 51005 Thermische Analyse, Begriffe

5. Determinazione del punto di scorrimento

NBN 52014 Echantillonnage et analyse des produits du pétrole: Point de trouble et point d'écoulement limite - Monsterneming en ontleding van aardolieproducten: Troebelingspunt en vloeipunt

ASTM D 97-66 Standard test method for pour point of petroleum oils

ISO 3016 Petroleum oils - Determination of pour point.

A.2. TEMPERATURA DI EBOLLIZIONE

1. METODO

La maggior parte dei metodi descritti sono basati sulle linee direttrici OCSE (1). I principi fondamentali sono riportati nei riferimenti (2) e (3).

1.1. INTRODUZIONE

I metodi e le apparecchiature qui illustrati possono essere applicati a sostanze liquide e a bassa temperatura di fusione, purché queste non siano soggette a reazioni chimiche al di sotto della temperatura di ebollizione (per esempio: autoossidazione, trasposizione, degradazione, ecc.).

I metodi possono essere applicati a sostanze liquide sia pure che impure.Si dà particolare risalto a metodi che utilizzano la determinazione tramite fotocellula e l'analisi termica perché questi metodi permettono la determinazione sia della temperatura di fusione che della temperatura di ebollizione. Inoltre, le misure possono essere eseguite in automatico.

Il «metodo dinamico» ha il vantaggio di poter essere applicato anche alla determinazione della tensione di vapore e di non richiedere la correzione della temperatura di ebollizione per riferirla alla pressione normale (101,325 kPa) dal momento che la pressione normale può essere regolata durante la misura mediante un manostato.

Osservazioni:

L'influenza delle impurezze sulla determinazione della temperatura di ebollizione dipende in notevole misura dalla natura delle impurezze. Quando il campione contiene impurezze volatili che possono alterare i risultati, la sostanza può venire purificata.

1.2. DEFINIZIONI E UNITÀ

La temperatura di ebollizione normale è definita come la temperatura alla quale la tensione di vapore di un liquido è di 101,325 kPa.

Se la temperatura di ebollizione non viene misurata alla pressione atmosferica normale, la dipendenza della tensione di vapore dalla temperatura può essere descritta mediante l'equazione di

Clausius-Clapeyron:

log p = 2,3 RTD Hv + cost.

dove:

p = tensione di vapore della sostanza in Pascal,

Ä Hv = calore di evaporazione in J mol 1,

R = costante universale dei gas = 8,314 J mol 1 K 1,

T = temperatura termodinamica in K.

La temperatura di ebollizione è riferita alla pressione ambiente al momento della misura.

Fattori di conversione

Pressione (unità: kPa)

100 kPa = 1 bar = 0,1 MPa

(«bar» è ancora ammissibile, ma non raccomandato).

133 Pa = 1 mm Hg = 1 Torr

(le unità «mm Hg» e «Torr» non sono permesse).

1 atm = atmosfera standard = 101 325 Pa

(l'unità «atm» non è permessa).

Temperatura (unità: K)

t = T 273,15

t: temperatura Celsius, gradi Celsius ( C)

T: temperatura termodinamica, Kelvin (K)

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Non è necessario utilizzare sostanze di riferimento in tutti i casi in cui si esamina una nuova sostanza. Esse servono principalmente per controllare periodicamente l'accuratezza del metodo e per permettere un confronto coi risultati ottenuti con altri metodi.

Alcune sostanze di riferimento sono elencate nei metodi riportati in appendice.

1.4. PRINCIPIO DEI METODI

Cinque metodi per la determinazione della temperatura di ebollizione (intervallo di ebollizione) sono basati sulla misura della temperatura di ebollizione, altri due sono basati sull'analisi termica.

1.4.1. Determinazione tramite ebulliometro

Gli ebulliometri sono stati originariamente concepiti per la determinazione del peso molecolare tramite l'innalzamento della temperatura di ebollizione, ma si prestano anche per accurate misure della temperatura di ebollizione. Una apparecchiatura molto semplice è descritta nella norma ASTM D 1120-72 (vedi appendice). Con questo strumento il liquido viene riscaldato fino all'ebollizione in condizioni di equilibrio a pressione atmosferica.

1.4.2. Metodo dinamico

Questo metodo implica la misura della temperatura di ricondensazione del vapore mediante un appropriato termometro nella zona di riflusso durante l'ebollizione. Questo metodo permette di variare la pressione.

1.4.3. Metodo della distillazione per la temperatura di ebollizione Il metodo si basa sulla distillazione del liquido e sulla misura della temperatura di ricondensazione del vapore con determinazione della quantità di distillato.

1.4.4. Metodo di Siwoloboff

Il campione viene riscaldato in una provetta immersa a sua volta nel liquido di un bagno riscaldante. Nella provetta contenente il campione viene introdotto un capillare, chiuso per fusione ad un estremo e contenente una bollicina d'aria nella parte inferiore.

1.4.5. Determinazione tramite fotocellula

Si impiega il metodo Siwoloboff, applicando tuttavia la misura fotoelettrica della fase di emissione delle bollicine.

1.4.6. Analisi termica differenziale

Questa tecnica registra la differenza di temperatura tra la sostanza e un materiale di riferimento, in funzione della temperatura, mentre la sostanza e il materiale di riferimento sono sottoposti allo stesso programma controllato di variazione della temperatura. Quando il campione subisce una transizione che implica una variazione di entalpia, tale variazione è indicata da un allontanamento endotermico (ebollizione) dalla linea di base nella registrazione della temperatura.

1.4.7. Calorimetria differenziale a scansione

Questa tecnica registra la differenza di energia introdotta in una sostanza e in un materiale di riferimento in funzione della temperatura mentre la sostanza e il materiale di riferimento vengono sottoposti allo stesso programma controllato di variazione della temperatura. Questa energia è l'energia necessaria per mantenere a zero la differenza di temperatura tra la sostanza e il materiale di riferimento. Quando il campione subisce una transizione che implica una variazione di entalpia, tale variazione è indicata da un allontanamento endotermico (ebollizione) dalla linea di base della registrazione del flusso di calore.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

La tabella 1 riporta l'applicabilità e l'accuratezza dei vari metodi utilizzati per la determinazione della temperatura di bollizione/intervallo di ebollizione.

1.6. DESCRIZIONE DEI METODI

I procedimenti relativi ad alcuni dei metodi citati sono descritti in varie norme internazionali e nazionali (vedi appendice).

1.6.1. Ebulliometro

Vedi appendice.

1.6.2. Metodo dinamico

Vedi metodo A.4. per la determinazione della tensione di vapore.

Si assume come temperatura di ebollizione quella misurata in corrispondenza di una pressione di 101,325 kPa.

1.6.3. Metodo della distillazione (intervallo di ebollizione)

Vedi appendice.

1.6.4. Metodo di Siwoloboff

Il campione viene riscaldato in una apparecchiatura per il punto di fusione in una provetta di diametro approssimato di 5 mm (figura 1).

La figura 1 presenta un tipo di apparecchiatura standardizzata per la determinazione della temperatura di fusione e di ebollizione (JIS K 0064) (realizzata in vetro; tutte le quote sono in mm).

Figura 1

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

A: Recipiente di misura

B: Tappo

C: Sfogo

D: Termometro

E: Termometro ausiliario

F: Bagno liquido

G: Provetta contenente il campione: diametro esterno massimo 5 mm; contenente un tubo capillare di lunghezza di 100 mm circa, diametro interno di 1 mm circa e con spessore della parete da 0,2 a 0,3 mm

H: Tubo laterale

Nella provetta viene posto un tubo capillare (capillare di ebollizione) fuso a circa 1 cm dall'estremità inferiore. Il livello di riempimento della sostanza in esame deve essere tale che la parte fusa del capillare si trovi al di sotto della superficie del liquido. La provetta contenente il capillare di ebollizione può essere assicurata al termometro con un elastico oppure fissata tramite un sostegno laterale (vedi figura 2).

Figura 2

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Principio secondo Siwoloboff

Figura 3

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Principio modificato

Il liquido per il bagno va scelto in funzione della temperatura di ebollizione. Per temperature fino a 573 K si può impiegare olio di silicone. La paraffina liquida può essere impiegata solo fino a 473 K. Il riscaldamento del bagno liquido deve essere regolato in modo che l'incremento di temperatura sia inizialmente di circa 3 /min. Il liquido del bagno va tenuto in agitazione. A circa 10 K al di sotto della temperatura di ebollizione prevista, il riscaldamento va diminuito in maniera da ridurre la velocità di aumento della temperatura a meno di 1 K/min. In prossimità della temperatura di ebollizione, dal capillare in ebollizione incominciano a emergere rapidamente delle bollicine.

La temperatura di ebollizione è la temperatura alla quale, per raffreddamento temporaneo, la serie di bollicine s'arresta e il fluido inizia improvvisamente a risalire nel capillare. La corrispondente lettura termometrica rappresenta la temperatura di ebollizione della sostanza.

Secondo il principio modificato (vedi figura 3) la temperatura di ebollizione viene determinata in un capillare per la temperatura di fusione. Questo viene sfinato per circa 2 cm (a) e con esso si espira una piccola quantità del campione. L'estremità aperta della parte sfinata viene chiusa alla fiamma in modo da far restare una bollicina d'aria in vicinanza della punta. Durante il riscaldamento nell'apparecchio per la temperatura di fusione (b) la bolla d'aria si dilata. La temperatura di ebollizione corrisponde alla temperatura alla quale il menisco superiore della sostanza raggiunge il livello della superficie del bagno liquido (c).

1.6.5. Determinazione tramite fotocellula

Il campione viene riscaldato in un tubicino capillare all'interno di un blocco metallico riscaldante.

Tramite opportune aperture sul blocco, un raggio di luce viene fatto passare attraverso la sostanza e colpisce una fotocellula accuratamente tarata.

Durante l'aumento della temperatura del campione, dal capillare di ebollizione emergono bollicine d'aria isolate. Quando viene raggiunta la temperatura di ebollizione, il numero di bollicine aumenta enormemente. Ciò fa variare l'intensità della luce misurata dalla fotocellula, inviando un segnale di arresto all'indice di un termometro a resistenza di platino collocato nel blocco.

Questo metodo risulta particolarmente vantaggioso poiché permette determinazioni al di sotto della temperatura ambiente fino a 253,15 K ( 20 C) senza modifiche dell'apparecchiatura. È semplicemente necessario porre lo strumento in un bagno di raffreddamento.

1.6.6. Analisi termica

1.6.6.1. Analisi termica differenziale

Vedi appendice

1.6.6.2. Calorimetria differenziale a scansione

Vedi appendice

2. DATI

Per piccole deviazioni dalla pressione normale (max. ±5 kPa), le temperature di ebollizione vengono normalizzate a Tn mediante la seguente equazione numerica di Sidney-Young:

Tn = T + (fT × D p)

dove:

Ä p = (101,325 p) [notare il segno],

p = valore misurato della pressione, in kPa,

fT = coefficiente di correzione della temperatura di ebollizione con la pressione, in K/kPa,

T = valore misurato della temperatura, in K,

Tn = temperatura di ebollizione corretta a pressione normale, in K.

Per molte sostanze i coefficienti di correzione della temperatura fT e le equazioni per il calcolo approssimativo sono indicati nelle norme internazionali e nazionali prima citate.

A titolo di esempio, il metodo DIN 53171 cita i seguenti coefficienti approssimativi per i solventi contenuti nelle vernici:

>SPAZIO PER TABELLA>

3. RELAZIONE

La relazione sulla prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- metodo usato;

- descrizione precisa della sostanza (identità e impurezze) e dell'eventuale stadio preliminare di purificazione;

- una stima dell'accuratezza.

Come temperatura di ebollizione viene riportata la media di almeno due misure che ricadano nel campo dell'accuratezza stimata (vedi tabella 1).

Devono essere riportate le temperature di ebollizione misurate e la loro media, e le pressioni alle quali sono state effettuate le misure devono essere riportate in kPa. La pressione deve preferibilmente essere prossima alla normale pressione atmosferica.

Vanno fornite tutte le informazioni e osservazioni utili per l'interpretazione dei risultati, in particolare per quanto riguarda le impurezze e lo stato fisico della sostanza.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) OCDE, Paris, 1981, Test Guideline 103, Decision of the Council C(81) 30 final.

(2) IUPAC, B. le Neindre, B. Vodar, eds. Experimental thermodynamics, Butterworths, London 1975, vol. II.

(3) R. Weissberger ed.: Technique of organic Chemistry, Physical Methods of Organic Chemistry, 3rd ed., Interscience Publ., New York, 1959, vol. I, Part I, Chapter VIII.

Appendice

Per ulteriori particolari tecnici, si possono ad esempio consultare le seguenti norme:

1. Ebulliometro

ASTM D 1120-72 Standard test method for boiling point of engine anti-freezes

2. Metodo della distillazione (intervallo di ebollizione)

ISO/R 918 Test Method for Distillation (Distillation Yield and Distillation Range)

BS 4349/68 Method for determination of distillation of petroleum products

BS 4591/71 Method for the determination of distillation characteristics

DIN 53171 Lösungsmittel für Anstrichstoffe, Bestimmung des Siedeverlaufes

NF T 20-608 Distillation: détermination du rendement et de l'intervalle de distillation

3. Analisi termica differenziale e calorimetria differenziale a scansione

ASTM E 537-76 Standard method for assessing the thermal stability of chemicals by methods of differential thermal analysis

ASTM E 473-85 Standard definitions of terms relating to thermal analysis

ASTM E 472-86 Standard practice for reporting thermoanalytical data

DIN 51005 Thermische Analyse: Begriffe

A.3. DENSITÀ RELATIVA

1. METODO

I metodi descritti si basano sulle linee direttrici (OCSE) (1). I principi fondamentali sono riportati nel riferimento (2).

1.1. INTRODUZIONE

I metodi qui illustrati si applicano alle sostanze solide e liquide senza alcuna limitazione rispetto al loro grado di purezza.

I vari metodi da utilizzare sono elencati nella tabella 1.

1.2. DEFINIZIONI ED UNITÀ

La densità relativa, D420, di solidi o liquidi è il rapporto tra la massa di un determinato volume della sostanza in esame, misurata a 20 C, e la massa di un ugual volume di acqua, misurata a 4 C. La densità relativa è una grandezza adimensionale.La densità, ñ, di una sostanza è il rapporto tra una determinata massa m e il volume corrispondente v.

In unità SI la densità, ñ, viene espressa in kg/m3.

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO (1) (3)

Non è necessario utilizzare sostanze di riferimento in tutti i casi in cui si esamina una nuova sostanza. Esse servono principalmente per controllare periodicamente l'accuratezza del metodo e per permettere un confronto con risultati ottenuti con altri metodi.

1.4. PRINCIPIO DEI METODI

Si utilizzano quattro classi di metodi.

1.4.1. Metodi per galleggiamento

1.4.1.1. Idrometro (per sostanze liquide)

Determinazioni rapide e sufficientemente accurate della densità possono essere eseguite per mezzo di idrometri galleggianti, che permettono di dedurre la densità di un liquido dal grado di immersione desunto da una scala graduata.

1.4.1.2. Bilancia idrostatica (per sostanze solide e liquide)

La differenza tra il peso di un campione in aria e quello in un liquido adatto (per esempio acqua) può essere utilizzata per determinare la densità.

Nel caso dei solidi, la densità così misurata va considerata valida solo per il particolare campione in esame. Per la determinazione della densità dei liquidi, un corpo di volume V noto viene pesato prima in aria e poi nel liquido stesso.

1.4.1.3. Metodo ad immersione di sfera (per sostanze liquide) (4)

In questo metodo la densità di un liquido viene determinata in base alla differenza tra i valori ottenuti pesando il liquido prima e dopo l'immersione di una sfera di volume noto nel liquido stesso.

1.4.2. Metodi picnometrici

Per solidi o liquidi possono impiegarsi picnometri di varia forma e di volume noto. La densità si calcola in base alla differenza di peso tra il picnometro pieno e quello vuoto ed in base al suo volume noto.

1.4.3. Picnometro di comparizione ad aria (per solidi)

La densità di un solido di forma qualsiasi può essere determinata a temperatura ambiente con il picnometro di comparazione a gas. Il volume di una sostanza viene misurato in aria o in un gas inerte all'interno di un cilindro tarato di volume variabile. Per il calcolo della densità va effettuata una misura di massa successivamente a quella di volume.

1.4.4. Densimetro oscillante (5) (6) (7)

La densità di un liquido può essere determinata per mezzo di un densimetro oscillante. Un oscillatore meccanico costruito a forma di un tubo a U viene fatto vibrare alla frequenza di risonanza dell'oscillatore, che dipende dalla sua massa. L'introduzione di un campione modifica la frequenza di risonanza dell'oscillatore. L'apparecchio deve essere calibrato mediante due sostanze liquide di densità nota. Tali sostanze vanno preferibilmente selezionate in modo da coprire l'intervallo di densità in cui si effettuano le misure.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

L'applicabilità dei vari metodi impiegati per la determinazione della densità relativa è indicata nella tabella.

1.6. DESCRIZIONE DEI METODI

Nell'appendice sono riportate a titolo di esempio alcune delle norme da consultare per ulteriori dettagli tecnici.

Le prove vanno eseguite a 20 C effettuando almeno due misure.

2. DATI

Vedi norme

3. RELAZIONE

La relazione sulla prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- metodo usato;

- descrizione precisa della sostanza (identità e impurezze) e dell'eventuale stadio preliminare di purificazione;

La densità relativa D420 deve essere indicata secondo quanto prescritto al punto 1.2., insieme allo stato fisico della sostanza esaminata.

Vanno fornite tutte le informazioni ed osservazioni utili per l'interpretazione dei risultati, in modo particolare per quel che riguarda le impurezze e lo stato fisico della sostanza.

>SPAZIO PER TABELLA>

4. BIBLIOGRAFIA

(1) OECD, Paris, 1981, Test Guideline 109, Decision of the Council C(81) 30 final.

(2) R. Weissberger ed., Technique of Organic Chemistry. Physical Methods of Organic Chemistry, 3rd ed., Chapter IV, Interscience Publ., New York, 1959, vol. I, Part 1.

(3) IUPAC, Recommended reference materials for realization of physico-chemical properties, Pure and applied chemistry, 1976, vol. 48, 508.

(4) Wagenbreth, H., Die Tauchkugel zur Bestimmung der Dichte von Flüssigkeiten, Technisches Messen tm, 1979, vol. 11, 427-430.

(5) Leopold, H., Die digitale Messung von Flüssigkeiten, Elektronik, 1970, vol. 19, 297-302.

(6) Baumgarten, D., Füllmengenkontrolle bei vorgepackten Erzeugnissen - Verfahren zur Dichtebestimmung bei flüssigen Produkten und ihre praktische Anwendung, Die Pharmazeutische Industrie, 1975, vol. 37, 717-726.

(7) Riemann, J., Der Einsatz der digitalen Dichtemessung im Brauereilaboratorium, Brauwissenschaft, 1976, vol. 9, 253-255.

Appendice

Per ulteriori particolari tecnici, possono essere consultate, a titolo d'esempio, le seguenti norme:

1. METODI PER GALLEGGIAMENTO

1.1. Idrometro

DIN 12790, ISO 387 Hydrometer; general instructions

DIN 12791 Part I: Density hydrometers: construction, adjustment and use

Part II: Density hydrometers: standardized sizes, designation

Part III: Use and test

ISO 649-2 Laboratory glassware: density hydrometers for general purpose

NF T 20-050 Chemical products for industrial use Determination of density of liquids - Areometric method

DIN 12793 Laboratory glassware: range find hydrometers

1.2. Bilancia idrostatica

Per sostanze solide

ISO 1183 Method A: Methods for determining the density and relative density of plastics excluding cellular plastics

NF T 20-049 Chemical products for industrial use - Determination of the density of solids other than powders and cellular products - Hydrostatic balance method

ASTM-D-792 Specific gravity and density of plastics by displacement

DIN 53479 Testing of plastics and elastomers; determination of density

Per sostanze liquide

ISO 901 ISO 758

DIN 51757 Testing of mineral oils and related materials; determination of density

ASTM D 941-55, ASTM D 1296-67 and ASTM D 1481-62

ASTM D 1298 Density, specific gravity or API gravity of crude petroleum and liquid petroleum products by hydrometer method

BS 4714 Density, specific gravity or API gravity of crude petroleum and liquid petroleum products by hydrometer method

1.3. Metodo della sfera immersa

DIN 53217 Testing of paints, varnishes and similar coating materials; determination of density; immersed body method

2. METODI PICNOMETRICI

2.1. Per sostanze liquide

ISO 3507 Pycnometers

ISO 758 Liquid chemical products; determination of density at 20 C

DIN 12797 Gay-Lussac pycnometer (for non-volatile liquids which are not too viscous)

DIN 12798 Lipkin pycnometer (for liquids with a kinematic viscosity of less than 100,10 6 m2 s 1 at 15 C)

DIN 12800 Sprengel pycnometer (for liquids as DIN 12798)

DIN 12801 Reischauer pycnometer (for liquids with a kinematic viscosity of less than 100,10 6 m2 s 1 at 20 C, applicable in particular also to hydrocarbons and aqueous solutions as well as to liquids with higher vapour pressure, approximately 1 bar at 90 C)

DIN 12806 Hubbard pycnometer (for viscous liquids of all types which do not have a too high vapour pressure, in particular also for paints, varnishes and bitumen)

DIN 12807 Bingham pycnometer (for liquids, as in DIN 12801)

DIN 12808 Jaulmes pycnometer (in particular for ethanol-water mixture)

DIN 12809 Pycnometer with ground-in thermometer and capillary side tube (for liquids which are not too viscous)

DIN 53217 Testing of paints, varnishes and similar products; determination of density by pycnometer

DIN 51757 Point 7: Testing of mineral oils and related materials; determination of density

ASTM D 297 Section 15: Rubber products - chemical analysis

ASTM D 2111 Method C: Halogenated organic compounds

BS 4699 Method for determination of specific gravity and density of petroleum products (graduated bicapillary pycnometer method)

BS 5903 Method for determination of relative density and density of petroleum products by the capillary-stoppered pycnometer method

NF T 20-053 Chemical products for industrial use - Determination of density of solids in powder and liquids - Pycnometric method

2.2. Per sostanze solide

ISO 1183 Method B: Methods for determining the density and relative density of plastics excluding cellular plastics.

NF T 20-053 Chemical products for industrial use - Determination of density of solids in powder and liquids - Pycnometric method

DIN 19683 Determination of the density of soils

3. PICNOMETRO DI COMPARAZIONE AD ARIA

DIN 55990 Part 3: Prüfung von Anstrichstoffen und ähnlichen Beschichtungsstoffen; Pulverlack; Bestimmung der Dichte

DIN 53243 Anstrichstoffe; Chlorhaltige Polymere; Prüfung

A.4. TENSIONE DI VAPORE

1. METODO

La maggior parte dei metodi descritti sono basati sulle linee direttrici OCSE (1). I principi fondamentali sono presentati nei riferimenti (2) e (3).

1.1. INTRODUZIONE

Per eseguire questa prova è utile avere informazioni preliminari sulla struttura, la temperatura di fusione e la temperatura di ebollizione della sostanza.

Non esiste un procedimento unico che sia applicabile a tutto l'intervallo dei valori di tensione di vapore. Si raccomanda pertanto di usare più di un metodo per la misura di tensione di vapore da SPAZIO PER TABELLA>

(1) Dipendente dal grado di purezza.

(2) Questi metodi possono essere usati anche nel campo da 1 a 10 Pa a condizione di operare con attenzione.

1.6. DESCRIZIONE DEI METODI

1.6.1. Misura dinamica

1.6.1.1. Apparecchiatura

L'apparecchio di misura consiste generalmente in un recipiente per l'ebollizione provvisto di un refrigerante in vetro o metallo (vedi figura 1), strumenti per misurare la temperatura e apparecchi per regolare e misurare la pressione. Un tipico apparecchio di misura è realizzato, come mostra la figura, in vetro resistente al calore ed è composto di 5 parti:

Il tubo grande, parzialmente a doppia parete, consiste in un giunto smerigliato a camicia, un recipiente di raffreddamento ed un ingresso.

Il cilindro di vetro, provvisto di pompa Cottrell, è montato sulla sezione di ebollizione del tubo ed è fornito di una superficie scabra di frammenti di vetro per evitare la formazione di grosse bolle durante il processo di ebollizione.La temperatura viene misurata con un adatto sensore di temperatura (per esempio un termometro a resistenza, una termocoppia incamiciata) immers nell'apparecchiatura fino al punto di misurazione (figura 1, numero 5) attraverso un passaggio adatto (per esempio un giunto smerigliato maschio).Devono essere realizzati i necessari collegamenti con l'apparecchiatura di regolazione e misura della flessione.

Il bulbo, che agisce da polmone, è collegato allo strumento di misura mediante un tubo capillare.Il recipiente di ebollizione è riscaldato mediante un elemento riscaldante (per esempio un riscaldatore a cartuccia) inserito dal basso nell'apparecchiatura di vetro. La corrente di riscaldamento richiesta viene fissata e regolata tramite una termocoppia.Il vuoto necessario tra 102 Pa e approssimativamente 105 Pa viene prodotto mediante una pompa a vuoto.

Per dosare l'aria o l'azoto per la regolazione della pressione (campo di misura approssimativamente 102 105 Pa) e per la ventilazione si usa una valvola adatta.La pressione viene misurata con un manometro.

1.6.1.2. Procedimento di misura

La tensione di vapore viene misurata determinando la temperatura di ebollizione del campione a varie pressioni prestabilite approssimativamente tra 103 e 105 Pa. Una temperatura constante a pressione costante indica che è stata raggiunta la temperatura di ebollizione. Questo metodo non è adatto per la determinazione nel caso di sostanze che fanno schiuma.La sostanza viene posta in un porta camponi pulito ed asciutto. Con solidi non in forma di polvere si possono incontrare dei problemi, ma questi possono talvolta essere risolti riscaldando la camicia di raffreddamento. Dopo che il recipiente è stato riempito, l'apparecchiatura viene sigillata in corrispondenza della flangia e la sostanza viene degassata. Viene poi impostata la pressione minima desiderata e si accende il riscaldamento. Nello stesso tempo, il sensore di temperatura è collegato ad un registratore.

L'equilibrio è raggiunto quando viene registrata una temperatura di ebollizione costante a pressione costante. Bisogna porre una particolare cura per evitare una formazione di grosse bolle durante l'ebollizione. Inoltre, sul refrigerante deve avvenire una condensazione completa. Quando si determina la tensione di vapore di solidi basso-fondenti, bisogna porre attenzione ad evitare il bloccaggio del condensatore.

Dopo aver registrato il punto di equilibrio così raggiunto, si regola la pressione su un valore più elevato. Questa procedura va ripetuta fino a raggiungere una pressione di 105 Pa (per un totale da 5 a 10 punti di misura). A titolo di controllo, la determinazione dei punti di equilibrio deve essere ripetuta a pressioni decrescenti.

1.6.2. Misura statica

1.6.2.1. Apparecchiatura

L'apparecchiatura comprende un contenitore per il campione, un sistema di riscaldamento e raffreddamento per regolare la temperatura del campione e per misurare la temperatura. L'apparecchio comprende anche strumenti per impostare e misurare la pressione. Le figure 2a e 2b illustrano i principi fondamentali implicati.

La camera del campione (figura 2a) è collegata da una parte con un'adatta valvola per alto vuoto e dall'altra con un tubo ad U contenente un opportuno fluido manometrico. Una estremità del tubo ad U è collegata con la pompa da vuoto, la bombola dell'azoto o la valvola di ventilazione, ed un manometro.

Al posto del tubo ad U si può usare un manometro con indicatore di pressione (figura 2b).Allo scopo di regolare la temperatura del campione, il recipiente del campione, insieme con la valvola e il tubo ad U o il manometro, viene posto in un bagno mantenuto ad una temperatura costante ± 0,2 K. Le misure di temperatura vengono effettuate sulla parete esterna del recipiente contenente il campione o nel recipiente stesso.

Per evacuare l'apparecchio si utilizza una pompa da vuoto a monte della quale vi è una trappola refrigerante.

Nel metodo 2a, la tensione di vapore della sostanza viene misurata indirettamente utilizzando un indicatore di zero. Questo tiene conto del fatto che la densità del fluido nel tubo ad U risulta alterata se la temperatura cambia in maniera consistente.

Come indicatori di zero per il tubo ad U, sono adatti secondo il campo di pressioni e il comportamento chimico della sostanza in esame, i seguenti fluidi: fluidi siliconici, ftalati. La sostanza in esame non deve sciogliersi in maniera apprezzabile o reagire con il fluido del tubo ad U.Per il manometro può venire usato il mercurio nel campo dalla normale pressione atmosferica fino a 102 Pa, mentre per l'uso tra 102 Pa e 10 Pa sono adatti i fluidi siliconici e gli ftalati. I manometri capacitivi a membrana riscaldabile possono essere usati anche al di sotto di 10 1 Pa. Esistono anche altri manometri che possono essere usati al di sotto di 102 Pa.

1.6.2.2. Procedimento di misura

Prima della misura, tutti i componenti dell'apparecchio mostrato in figura 2 devono essere puliti e asciugati accuratamente.

Per il metodo 2a, riempire il tubo ad U con il liquido scelto, che deve essere degassato a temperatura elevata prima di procedere alla lettura.La sostanza in esame viene posta nell'apparecchio, che viene poi chiuso, e la temperatura viene ridotta in modo sufficiente per il degassaggio. La temperatura deve essere sufficientemente bassa per assicurare che l'aria sia aspirata fuori ma - nel caso di sistema a componenti multipli - non deve alterare la composizione del materiale. Se richiesto, l'equilibrio può essere raggiunto più rapidamente mediante agitazione.

Il campione può essere sovrarraffreddato, per esempio con azoto liquido (attenzione: condensazione dell'aria, fluido di pompaggio) o con una miscela di etanolo e ghiaccio secco. Per misure a bassa temperatura, usare un bagno con regolazione della temperatura collegato ad un ultracriostato.Con la valvola sopra al recipiente del campione aperta, si applica il vuoto per qualche minuto per rimuovere l'aria. La valvola viene poi chiusa e la temperatura del campione viene ridotta al livello minimo desiderato. Se necessario, l'operazione di degassaggio deve essere ripetuta più volte.

Quando il campione viene riscaldato, la tensione di vapore aumenta. Ciò altera l'equilibrio del fluido nel tubo ad U. Per compensare questo effetto, lasciare entrare azoto o aria nell'apparecchio attraverso una valvola fino a che il fluido indicatore di pressione è nuovamente a zero. La pressione richiesta a questo scopo può essere letta da un manometro di precisione a temperatura ambiente. Questa pressione corrisponde alla tensione di vapore della sostanza a quella particolare temperatura di misura.

Il metodo 2b è simile, ma la tensione di vapore viene letta direttamente.La dipendenza dalla temperatura della tensione di vapore viene determinata ad intervalli adeguatamente piccoli (approssimativamente da 5 a 10 punti di misura in totale) fino al valore massimo desiderato. Le letture a bassa temperatura devono essere ripetute per verifica.Se i valori ottenuti dalla ripetizione delle letture non coincidono con la curva ottenuta per la temperatura crescente, la ragione può essere una delle seguenti:

1. Il campione contiene ancora aria (per esempio materiali ad elevata viscosità) o sostanze basso-bollenti, che vengono liberate durante il riscaldamento e possono essere rimosse mediante applicazione di vuoto dopo ulteriore sovrarraffreddamento.

2. La temperatura di raffreddamento non è sufficientemente bassa. In questo caso si usa come agente refrigerante azoto liquido.Se vale il caso 1 o 2, le misure devono essere ripetute.

3. La sostanza subisce una reazione chimica nel campo di temperature studiato (per esempio decomposizione, polimerizzazione).

1.6.3. Isoteniscopio

Una descrizione completa del metodo è reperibile in letteratura (7). Il principio dell'apparecchio di misura è illustrato nella figura 3. Analogamente al metodo statico descritto al punto 1.6.2, l'isoteniscopio si presta all'esame di solidi e liquidi.

Nel caso dei liquidi, la sostanza in esame serve essa stessa da fluido nel manometro ausiliario. Una quantità di liquido sufficiente per riempire il bulbo e il gambo corto della sezione del manometro viene introdotta nell'isoteniscopio. L'isoteniscopio viene poi collegato ad un sistema di vuoto; l'isoteniscopio viene evacuato e poi riempito con azoto. L'evacuazione e la bonifica del sistema vengono ripetute due volte per rimuovere l'ossigeno residuo. L'isoteniscopio riempito viene posto in posizione orizzontale in modo che il campione si sparga in uno strato sottile nel bulbo del campione e nella sezione manometrica (parte ad U). La pressione del sistema viene ridotta a 133 Pa e il campione viene riscaldato delicatamente fino a quando incomincia a bollire (rimozione dei gas fissi disciolti). L'isoteniscopio viene poi sistemato in modo che il campione ritorni nel bulbo e nel gambo corto del manometro, di modo che siano ambedue completamente riempiti di liquido. La pressione viene mantenuta allo stesso livello usato per il degassaggio; la punta stirata del bulbo porta campione viene riscaldata con una fiamma piccola fino a che i vapori del campione liberati si espandono in modo sufficiente per spostare parte del campione dalla parte superiore del bulbo e del braccio manometrico nella sezione manometrica dell'isoteniscopio, creando uno spazio riempito di vapore ed esente da azoto.

L'isoteniscopio viene posto in un bagno a temperatura costante e la pressione dell'azoto viene regolata fino a quando coincide con la pressione del campione. L'equilibrio della pressione è indicato dalla sezione manometrica dell'isoteniscopio. All'equilibrio, la tensione di vapore dell'azoto è uguale alla tensione di vapore della sostanza. Nel caso di solidi, si usano i liquidi manometrici elencati in 1.6.2.1, secondo il campo di pressioni e di temperature. Il liquido manometrico degassato viene introdotto in una boccia sul braccio lungo dell'isoteniscopio. Il solido in esame viene poi posto nel bulbo e degassato a temperatura elevata. Dopo di ciò si inclina l'isoteniscopio in modo che il fluido manometrico possa defluire nel tubo ad U. La misura della tensione di vapore in funzione della temperatura viene effettuata come indicato al punto 1.6.2.

1.6.4. Metodo di effusione: bilancia a tensione di vapore

1.6.4.1. Apparecchiatura

In letteratura (1) sono descritte varie versioni dell'apparecchiatura. L'apparecchiatura qui descritta illustra il principio generale implicato (figura 4). La figura 4 mostra i componenti principali dell'apparecchiatura, che comprendono un contenitore d'acciaio inossidabile o vetro per alto vuoto, strumenti per produrre e misurare il vuoto e componenti incorporati per misurare la tensione di vapore su una bilancia. Nell'apparecchio sono incorporati i seguenti componenti:

- Un forno evaporatore provvisto di flangia e ingresso rotativo. Il forno evaporatore è un recipiente cilindrico, fatto per esempio di rame o di lega chimicamente resistente con buona conducibilità termica. Può essere usato anche un recipiente di vetro con parete di rame. Il forno ha un diametro approssimativo di 3-5 cm e un'altezza di 2-5 cm e presenta da 1 a 3 aperture di differenti dimensioni per la corrente di vapore. Il forno è riscaldato o mediante una piastra riscaldante sottostante o mediante una spirale riscaldante avvolta intorno. Per impedire la dissipazione di calore verso la piastra di base, il riscaldatore è attaccato alla piastra di base mediante un metallo di bassa conducibilità termica (nichel-argento o acciaio al cromo-nichel), per esempio un tubo di nichel-argento collegato ad un ingresso rotativo se si usa un forno con più aperture. Questa disposizione ha il vantaggio di permettere l'introduzione di una barra di rame. Ciò permette di effettuare il raffreddamento dall'esterno utilizzando un bagno di raffreddamento.

- Se il coperchio del forno di rame presenta tre aperture di differenti diametri, a 90 una rispetto all'altra, è possibile coprire vari intervalli di tensione di vapore all'interno dell'intervallo di misura globale (diametri delle aperture compresi approssimativamente tra 0,30 e 4,50 mm). Le aperture più grandi vengono usate per le basse tensioni di vapore, e viceversa. Ruotando il forno, si può selezionare l'apertura desiderata o una posizione intermedia per la corrente di vapore (apertura del forno - schermo - piatto della bilancia) liberando la corrente molecolare o deviandola, attraverso l'apertura del forno, sul piatto della bilancia. Allo scopo di misurare la temperatura della sostanza, in un punto opportuno si posiziona una termocoppia o un termometro a resistenza.

- Al di sopra dello schermo vi è il piatto di una microbilancia di alta sensibilità (vedi avanti). Il piatto della bilancia ha un diametro approssimativo di 30 mm. Un materiale adatto è alluminio placcato d'oro.

- Il piatto della bilancia è circondato da una cassetta di refrigerazione cilindrica di ottone o rame. Secondo il tipo di bilancia, essa presenta aperture per il giogo della bilancia e un'apertura nello schermo per la corrente molecolare, e deve garantire una condensazione completa del vapore sul piatto della bilancia. La dissipazione del calore verso l'esterno è assicurata, per esempio, mediante una barra di rame collegata alla cassetta di refrigerazione. La barra passa attraverso la piastra di base ed è isolata termicamente da essa, per esempio, con un tubo di acciaio al cromo-nichel. La barra è immersa in una bottiglia di Dewar contenente azoto liquido posta sotto la piastra di base, oppure azoto liquido viene fatto circolare attraverso la barra. La cassetta di refrigerazione viene così mantenuta a circa 120 C. Il piatto della bilancia è raffreddato esclusivamente per irraggiamento ed è soddisfacente per il campo di pressioni in esame (raffreddare approssimativamente per 1 ora prima dell'inizio della misura).

- La bilancia viene posizionata sopra alla cassetta di refrigerazione. Bilance adatte sono, per esempio, una microbilancia elettronica a 2 bacci di alta sensibilità (8) o uno strumento a spirale mobile di elevata sensibilità (vedi linee direttrici OCSE 104, edizione 12. 5. 1981).

- La piastra di base contiene anche connessioni elettriche per termocoppie (o termometri a resistenza) e serpentine di riscaldamento.

- Nel recipiente viene prodotto il vuoto usando una pompa per vuoto parziale o una pompa per alto vuoto (vuoto richiesto: circa da 1 a 2 . 10 3 Pa, ottenuto dopo 2 ore di pompaggio). La pressione viene regolata con un adatto manometro a ionizzazione.

1.6.4.2. Procedimento di misura

Il recipiente viene riempito con la sostanza in esame e il coperchio viene chiuso. Lo schermo e la cassetta di refrigerazione vengono portati sopra al forno. L'apparecchiatura viene chiusa e le pompe a vuoto vengono accese. La pressione finale prima di iniziare le misure deve essere di circa 10 4 Pa. Il raffreddamento della cassetta di refrigerazione parte da 10 2 Pa.Dopo aver raggiunto il vuoto richiesto, partire con la serie di taratura alla temperatura più bassa richiesta. Si seleziona l'apertura corrispondente del coperchio, e la corrente di vapore passa attraverso lo schermo direttamente sopr all'apertura e colpisce il piatto della bilancia raffreddato. Il piatto della bilancia deve essere sufficientemente grande per assicurare che l'intera corrente guidata dallo schermo lo colpisca. La quantità di moto della corrente di vapore agisce da forza contro il piatto della bilancia e le molecole condensano sulla sua superficie raffreddata.

La quantità di moto e la condensazione simultanea producono un segnale sul registratore. La valutazione dei segnali fornisce due elementi di informazione:

1. Nell'apparecchiatura qui descritta la tensione di vapore è determinata direttamente dalla quantità di moto sul piatto della bilancia (a questo scopo non è necessario conoscere il peso molecolare (2). Nella valutazione delle letture, bisogna tenere conto dei fattori geometrici, come l'apertura del forno e l'angolo della corrente molecolare.

2. Contemporaneamente si può misurare la massa del condensato e calcolare da ciò la velocità di evaporazione. La tensione di vapore può essere calcolata anche dalla velocità di evaporazione e dal peso molecolare utilizzando l'equazione di Hertz (2)

p = G

2 p T × 103M

dove:

G = velocità di evaporazione (kg s 1 m 2)

M = massa molare (g mol 1)

T = temperatura (K)

R = costante universale dei gas (J mol 1 K 1)

p = tensione di vapore (Pa)

Dopo aver raggiunto il vuoto necessario, si inizia la serie delle misure alla temperatura di misurazione minima desiderata.

Per ulteriori misure, la temperatura viene aumentata per piccoli incrementi fino a che si raggiunge il massimo valore desiderato della temperatura. Il campione viene poi nuovamente raffreddato e si può registrare una seconda curva della tensione di vapore. Se la seconda prova non conferma i risultati della prima prova, può darsi che la sostanza si decomponga nell'intervallo di temperature oggetto delle misure.

1.6.5. Metodo di effusione: per perdita di peso

1.6.5.1. Apparecchiatura

L'apparecchiatura di effusione è costituita dai seguenti componenti fondamentali:

- un serbatoio che può essere termostatato ed evacuato e nel quale sono posizionate le celle di effusione;

- una pompa per alto vuoto (per esempio una pompa a diffusione o una pompa turbomolecolare) con vacuometro;

- una trappola, in cui si usa azoto liquefatto o ghiaccio secco.

PER LA CONTINUAZIONE DEL TESTO VEDI SOTTO NUMERO: 392L0069.1

In figura 5 è mostrato un esempio di un recipiente da vuoto in alluminio, riscaldato elettricamente, con 4 celle di effusione in acciaio inossidabile. Il foglio d'acciaio inossidabile dello spessore di circa 0,3 mm presenta un orificio di effusione da 0,2 mm a 1,0 mm di diametro ed è collegato alla cella di effusione mediante un coperchio a vite.

1.6.5.2. Procedimento di misura

La sostanza di riferimento e la sostanza in esame sono introdotte nella cella di effusione, il diaframma metallico con l'orificio viene fissato mediante il coperchio a vite e la cella viene pesata con un'approssimazione di 0,1 mg. La cella viene poi posta nell'apparecchio termostatato, che viene poi evacuato a meno di 1/10 della tensione prevista. Ad intervalli di tempo definiti, che variano da 5 a 30 ore, si introduce aria nell'apparecchio e si determina la perdita di massa della cella di effusione ripesandola.

Allo scopo di assicurare che i risultati non siano influenzati da impurezze volatili, la cella viene ripesata ad intervalli di tempo definiti per controllare che la velocità di evaporazione sia costante su almeno due intervalli di tempo.

La tensione di vapore p nella cella di effusione è data da:

p =mKAtE2 p R TM

dove:

p = tensione di vapore (Pa)

m = massa della sostanza che lascia la cella nel tempo t (kg)

t = tempo (s)

A = area del foro (m2)

K = fattore di correzione

R = costante universale dei gas (J mol 1 K 1)

T = temperatura (K)

M = massa molecolare (kg mol 1)

Il fattore di correzione K dipende dal rapporto tra la lunghezza e il raggio dell'orificio cilindrico:

rapporto:0,10,20,61,02,0

K:0,9520,9090,7710,6720,514

L'equazione vista sopra può essere scritta nella forma:

p = EmtTM dove E =1KA

2 p R è la costante di effusione della cella.

Questa costante di effusione della cella E può essere determinata mediante sostanze di riferimento (2,9), usando la seguente equazione:

E =p(r) tmM(r)T

dove:

p(r) = tensione di vapore della sostanza di riferimento (Pa)

M(r) = massa molecolare della sostanza di riferimento (kg.mol 1)

1.6.6. Metodo della saturazione del gas

1.6.6.1. Apparecchiatura

Un apparecchio tipico usato per eseguire questa prova comprende un certo numero di componenti presentati in figura 6a e descritti nel seguito (1).

Gas inerte:

Il gas di trasporto non deve reagire chimicamente con la sostanza in esame. A tale scopo è in genere sufficiente l'azoto, ma talvolta possono essere necessari altri gas (10). Il gas impiegato deve essere secco (vedi figura 6a, riferimento 4: sensore dell'umidità relativa).

Controllo del flusso:

Per assicurare un flusso costante e regolabile del gas attraverso la colonna del saturatore va impiegato un adatto sistema di controllo.

Condensatori di raccolta del vapore:

I condensatori da impiegare dipendono dalle caratteristiche del particolare campione e dal metodo di analisi prescelto. Il vapore deve essere condensato quantitativamente ed in una forma che ne consenta la successiva analisi. Per talune sostanze saranno adatti condensatori contenenti liquidi, quali l'esano od il glicol etilenico. Per altre sostanze possono essere impiegati assorbenti solidi.

In alternativa alla condensazione dei vapori e successiva analisi, si possono usare tecniche analitiche a flusso continuo, come la cromatografia, per determinare quantitativamente la quantità di materiale trasportato da una quantità nota di gas di trasporto. Inoltre, si può misurare la perdita di massa del campione.

Scambiatore di calore:

Per misure a temperature diverse, può essere necessario includere nell'apparecchiatura uno scambiatore di calore.

Colonna di saturazione:

La sostanza in esame, sotto forma di soluzione, viene depositata su di un adatto supporto inerte. Il supporto così ricoperto viene introdotto nella colonna di saturazione, le cui dimensioni così come la velocità di flusso del gas di trasporto devono essere tali da assicurare una completa saturazione di quest'ultimo. La colonna di saturazione va termostatata. Per misure al di sopra di temperatura ambiente, la zona compresa tra la colonna del saturatore ed i dispositivi di condensazione del vapore deve essere riscaldata in modo da evitare la condensazione della sostanza in esame.Al fine di ridurre il trasporto di massa per diffusione, a valle della colonna di saturazione si può disporre un capillare (figura 6b).

1.6.6.2. Procedimento di misura

Preparazione della colonna di saturazione:

Una soluzione della sostanza in esame in un solvente altamente volatile viene aggiunta ad un'adeguata quantità di supporto. Si deve impiegare una sufficiente quantità di sostanza per mantenere la saturazione per tutta la durata della prova. Si evapora completamente il solvente, in aria o mediante un evaporatore rotante, e si introduce nella colonna di saturazione il materiale ben miscelato. Dopo aver regolato il termostato, si fa passare azoto secco attraverso l'apparecchio.

Misura:

I condensatori o i rivelatori a flusso continuo sono collegati alla linea di efflusso della colonna e si registra il tempo. La portata viene controllata all'inizio e ad intervalli regolari durante l'esperimento usando un misuratore a bolle (o in continuo con un flussimetro di massa).Si deve misurare la pressione all'uscita verso il saturatore. Ciò può essere fatto:

a) includendo un manometro tra il saturatore e i condensatori (questa soluzione può non essere soddisfacente in quanto aumenta lo spazio morto e la superficie di adsorbimento);

b) determinando la caduta di pressione attraverso il particolare sistema di condensazione impiegato in funzione della velocità di flusso, eseguendo una determinazione a parte (questo metodo può essere non molto soddisfacente per i condensatori a liquido).Il tempo richiesto per raccogliere la quantità di sostanza in esame necessaria per i differenti metodi d'analisi viene determinato in prove preliminari o stimato per calcolo. In alternativa alla raccolta della sostanza per l'ulteriore analisi, si può usare una tecnica analitica quantitativa a flusso continuo (per esempio la cromatografia). Prima di calcolare la tensione di vapore ad una data temperatura, vanno eseguite prove preliminari per stabilire la velocità di flusso massima ancora capace di saturare completamente il gas di trasporto con il vapore della sostanza. Ciò viene assicurato se il gas di trasporto passa attraverso la colonna di saturazione tanto lentamente che una velocità ancora minore non conduce alla misura di una tensione di vapore superiore.Il metodo analitico specifico (per esempio gascromatografia o gravimetria) verrà scelto in funzione della sostanza in esame.

Si determina la quantità di sostanza trasportata da un volume noto di gas di trasporto.

1.6.6.3. Calcolo della tensione di vapore

La tensione di vapore è calcolata in base alla densità di vapore, (W/V), mediante l'equazione:

p =WV×RTM

dove:

p = tensione di vapore (Pa)

W = massa di sostanza in esame evaporata (g)

V = volume di gas saturato (m3)

R = costante universale molare dei gas (J mol 1 K 1)

T = temperatura (K)

M = massa molare della sostanza in esame (g mol 1)

I volumi misurati vanno corretti per tenere conto delle differenze di temperatura e di pressione tra il flussimetro e la colonna di saturazione termostatata. Se il flussimetro si trova a valle del condensatore del vapore, possono essere necessarie correzioni che tengano conto degli eventuali prodotti di evaporazione provenienti da esso (1).

1.6.7. Rotore (8, 11, 13)

1.6.7.1. Apparecchiatura

La tecnica del rotore può venire messa in atto usando un viscosimetro a rotore come mostrato in figura 8. Un disegno schematico della disposizione sperimentale è mostrato in figura 7.

L'apparecchio di misura è costituito tipicamente da una testa di misurazione a rotore posta in un recipiente termostatato (regolato con l'approssimazione di 0,1 C). Il contenitore del campione viene posto in un recipiente termostatato (regolato con un'approssimazione di 0,01 C), e tutte le parti dell'apparecchiatura vengono tenute ad una temperatura più elevata del contenitore del campione per impedire la condensazione. Un dispositivo di pompa ad alto vuoto viene collegato al sistema mediante valvole per alto vuoto.

La testina di misurazione a rotore è costituita da una pallina d'acciaio (diametro da 4 a 5 mm) disposta in un tubo. La pallina è sospesa e stabilizzata in un campo magnetico, generalmente con l'uso di una combinazione di magneti permanenti e bobine di controllo.

La palla viene fatta ruotare da campi rotanti prodotti dalle bobine. Bobine di trasduzione, che misurano la leggera magnetizzazione laterale sempre presente della pallina, permettono di misurare la sua velocità di rotazione.

1.6.7.2. Procedimento di misura

Quando la pallina ha raggiunto una determinata velocità di rotazione v(o) (di solito circa 400 giri al secondo), si interrompe la fornitura di energia ed avviene una decelerazione dovuta all'attrito col gas.

La riduzione della velocità di rotazione viene misurata in funzione del tempo. Poiché l'attrito provocato dalla sospensione magnetica è trascurabile in confronto con l'attrito gassoso, la pressione del gas p è data da:

p =p c r rs 10 t× lnv (t)v (o)

dove:

c = velocità media delle molecole del gas

r = raggio della pallina

ñ = densità di massa della pallina

ó = coefficiente di trasferimento tangenziale della quantita di moto (ó = 1 per una superficie sferica ideale della pallina)

t = tempo

v(t) = velocità di rotazione dopo il tempo t

v(o) = velocità di rotazione iniziale

Questa equazione può anche essere scritta nella forma:

p =p c r r10 s×tn tn-1tn × tn-1

dove tn, tn 1 sono i tempi occorrenti per un determinato numero N di rotazioni. Questi intervalli di tempo tn e tn 1 si succedono uno all'altro, e si ha tn > tn 1.

La velocità media delle molecole di gas Ec è data da:

c =(8 RTp M)12

dove:

T = temperatura (K)

R = costante molare universale dei gas

M = massa molare

2. DATI

La tensione di vapore misurata mediante uno qualunque dei metodi precedenti deve essere determinata per almeno due temperature. Tre o più temperature diverse nell'intervallo da 0 a 50 C sarebbero preferibili per verificare la linearità della curva di tensione di vapore.

3. RELAZIONE

La relazione sulla prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- metodo usato;

- descrizione precisa della sostanza (identità e impurezze) ed eventuale stadio preliminare di purificazione;

- almeno due valori di tensione di vapore e di temperatura; preferibilmente nel campo da 0 a 50 C;

- tutti i dati grezzi;

- una curva di log p contro 1/T;

- una stima della tensione di vapore a 20 o 25 C.

Qualora si osservi una transizione (cambiamento di stato, decomposizione), saranno fornite le informazioni seguenti:

- la natura del cambiamento;

- la temperatura a cui il cambiamento si verifica sotto la pressione atmosferica;

- la tensione di vapore a 10 C e a 20 C al di sotto della temperatura di transizione, nonché a 10 C e a 20 C al di sopra di tale temperatura (a meno che la transizione non consista in un passaggio dallo stato solido allo stato gassoso).

Devono essere riportate tutte le informazioni e osservazioni significative per l'interpretazione dei risultati, in particolare per quanto riguarda le impurezze e lo stato fisico della sostanza.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) OECD, Paris, 1981, Test Guideline 104, Decision of the Council C(81) 30 final.

(2) Ambrose, D. B. Le Neindre, B. Vodar, (Eds): Experimental Thermodynamics, Butterworths, London, 1975, vol. II.

(3) R. Weissberger ed.: Technique of Organic Chemistry. Physical Methods of Organic Chemistry, 3rd ed. Chapter IX, Interscience Publ., New York, 1959, Vol. I, Part I.

(4) Knudsen, M. Ann. Phys. Lpz., 1909, vol. 29, 1979; 1911, vol. 34, 593.

(5) NF T 20-048 AFNOR (Sept. 85). Chemical products for industrial use - Determination of vapour pressure of solids and liquids within range from 10 1 to 105 Pa - Static method.

(6) NF T 20-047 AFNOR (Sept. 85). Chemical products for industrial use - Determination of vapour pressure of solids and liquids within range from 10 3 to 1 Pa - Vapour pressure balance method.

(7) ASTM D 2879-86, Standard test method for vapour pressure-temperature relationship and initial decomposition temperature of liquids by isoteniscope.

(8) G. Messer, P. Röhl, G. Grosse and W. Jitschin. J. Vac. Sci. Technol. (A), 1987, vol. 5 (4), 2440.

(9) Ambrose, D.; Lawrenson, I.J.; Sprake, C.H.S. J. Chem. Thermodynamics 1975, vol. 7, 1173.

(10) B.F. Rordorf. Thermochimica Acta, 1985, vol. 85, 435.

(11) G. Comsa, J.K. Fremerey and B. Lindenau. J. Vac. Sci. Technol., 1980, vol. 17 (2), 642.

(12) G. Reich, J. Vac. Sci. Technol., 1982, vol. 20 (4), 1148.

(13) J.K. Fremerey, J. Vac. Sci. Technol. (A), 1985, vol. 3 (3), 1715.

Appendice 1

Metodo di stima

INTRODUZIONE

I valori calcolati della tensione di vapore possono essere utilizzati:

- per decidere quale dei metodi sperimentali sia appropriato;

- per fornire un valore di stima o un valore limite nei casi in cui il metodo sperimentale non possa esser applicato per ragioni tecniche (incluso il caso in cui la tensione di vapore sia molto bassa);

- per aiutare ad identificare i casi nei quali è giustificato omettere la misura sperimentale perché la tensione di vapore è probabile che sia INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Apparecchio per la determinazione della curva di tensione di vapore mediante il metodo dinamico

1 = Termocoppia

2 = Polmone per il vuoto

3 = Manometro

4 = Al vuoto

5 = Punto di misura

6 = Elemento riscaldante (150 W circa)

Figura 2a

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Apparecchio per la determinazione della curva della tensione di vapore secondo il metodo statico (con l'uso di un manometro con tubo ad U)

1. Sostanza in esame

6. Bagno termostatico

2. Fase vapore

7. Dispositivo di misura della temperatura

3. Valvola per alto vuoto

8. Verso la pompa a vuoto

4. Tubo ad U (manometro ausiliario)

9. Ventilazione

5. Manometro

Figura 2b

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Apparecchio per la determinazione della curva della tensione di vapore secondo il metodo statico (con l'uso di un indicatore di pressione)

1. Sostanze in esame

5. Indicatore di pressione

2. Fase vapore

6. Bagno termostatico

3. Valvola per alto vuoto

7. Dispositivo di misura della temperatura

4. Manometro

Figura 3

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Isoteniscopio (rif. bibl. 7)

1. A sistema di controllo e misura della pressione

2. Tubo da 8 mm di diametro esterno

3. Azoto secco nel sistema di pressione

4. Vapore del campione

5. Estremo inferiore

6. Campione liquido

Figura 4

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Apparecchio per la determinazione della curva della tensione di vapore secondo il metodo della bilancia a tensione di vapore

1. Sostanza in esame

7. Schermo

2. Fase vapore con corrente di vapore

8. Barra di raffreddamento per il recipiente refrigerante

3. Forno di evaporazione con ingresso rotativo

3a. Coperchio del forno con apertura

9. Piatto della bilancia

4. Riscaldamento (refrigerazione) del forno

10. Microbilancia

5. Misura della temperatura del campione

11. Al registratore

6. Recipiente refrigerante

12. Alla pompa ad alto vuoto

Figura 5

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Esempio di apparecchio per l'evaporazione a bassa pressione mediante il metodo di effusione, con una cella di effusione del volume di 8 cm3

1. Connessione al vuoto

2. Pozzetti per il termometro a resistenza di platino o per la misura e il controllo della temperatura (n. 2)

3. Coperchio del recipiente da vuoto

4. O-ring

5. Recipiente da vuoto in alluminio

6. Dispositivo per installare e rimuovere le celle di effusione

7. Coperchio a vite

8. Dadi ad alette (n. 6)

9. Bulloni (n. 6)

10. Celle di effusione in acciaio inossidabile

11. Cartucce riscaldanti (n. 6)

Figura 6a

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Esempio di sistema di flusso per la determinazione della tensione di vapore mediante il metodo della saturazione gassosa

1 = Regolatore di flusso

2 = Scambiatore di calore

3 = Valvola a spillo

4 = Sensore umidità relativa

5 = Colonne di saturazione

6 = Giunti in teflon

7 = Flussimetro

8 = Condensatore per il vapore (adsorbente)

9 = Condensatore ad olio

10 = Gorgogliatore in vetro sinterizzato

Figura 6b

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Esempio di sistema per la determinazione della tensione di vapore mediante il metodo della saturazione di gas, con un capillare disposto a valle della camera di saturazione

1. Flussimetro di massa termico

6. Camera di saturazione del gas

2. Manometro

7. Capillare

3. Camera a temperatura controllata

8. Vasi di adsorbimento

4. Serpentino di termostatazione per il gas di trasporto

9. Contatore di gas

5. Termometro (Pt 100)

10. Trappola fredda

Figura 7

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Esempio della disposizione sperimentale per il metodo del rotore

Apparecchio per la tensione di vapore

A. Testina del sensore a rotore

B. Cella del campione;

C. Termostato

D. Linea del vuoto (turbopompa)

E. Termostato ad aria

Figura 8

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Esempio di testina di misurazione a rotore

1. Sfera;

2. Estensione tubolare evacuata di 6

3. Magneti permanenti (n. 2);

4. Bobine (n. 2) per la stabilizzazione verticale;

5. Bobine di azionamento (n. 4)

6. Flangia di collegamento.

A.5. TENSIONE SUPERFICIALE

1. METODO

I metodi descritti si basano sulle linee direttrici OCSE (1).

I principi fondamentali sono presentati nel riferimento (2).

1.1. INTRODUZIONE

I metodi qui illustrati si applicano alla misura della tensione superficiale di soluzioni acquose.

Prima di effettuare le prove, è utile disporre di dati preliminari su alcune caratteristiche della sostanza in esame, quali la solubilità in acqua, la struttura, il comportamento all'idrolisi e la concentrazione critica per la formazione di micelle.I metodi qui illustrati si applicano alla maggior parte delle sostanze chimiche senza alcuna limitazione rispetto al loro grado di purezza.La misura della tensione superficiale col metodo del tensiometro ad anello può essere effettuata soltanto su soluzioni acquose con viscosità dinamica inferiore a 200 mPa s circa.

1.2. DEFINIZIONI ED UNITÀ

Per tensione superficiale si intende l'entalpia libera superficiale per unità di area.La tensione superficiale si misura in:

N/m (unità SI) oppure in

mN/m (sottomultipli della unità SI);

1 N/m = 103 dine/cm,

1 mN/m = 1 dine/cm nel vecchio sistema cgs.

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Non è necessario utilizzare sostanze di riferimento ogni volta che si esamina una nuova sostanza. Esse servono principalmente per controllare periodicamente l'attendibilità del metodo e per permettere il confronto dei risultati ottenuti con altri metodi.

Nei riferimenti bibliografici (1) e (3) sono citate varie sostanze di riferimento in grado di coprire un ampio campo di valori della tensione superficiale.

1.4. PRINCIPIO DEI METODI

I metodi si basano sulla misura della massima forza che è necessario esercitare in senso verticale ad una staffa o ad un anello a contatto con la superficie del liquido in esame posto in un recipiente di misura affinchè detto liquido si distacchi dalla superficie stessa, ovvero ad una lamina che abbia un bordo a contatto con la superficie suddetta per sollevare la pellicola che si è formata.

Le sostanze che sono solubili in acqua ad una concentrazione di almeno 1 mg/l sono esaminate in soluzione acquosa ad un'unica concentrazione.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

I metodi descritti permettono misure più precise di quanto possa essere necessario per valutazioni di ordine ambientale.

1.6. DESCRIZIONE DEI METODI

Si prepara una soluzione della sostanza in acqua distillata. La concentrazione di questa soluzione dovrebbe essere il 90 % del valore corrispondente alla concentrazione di saturazione della sostanza in acqua; quando questa concentrazione supera 1 g/l, si usa per la prova una concentrazione di 1 g/l. Non è necessario eseguire il saggio su sostanze con una solubilità in acqua minore di 1 mg/l.

1.6.1. Metodo della lamina

Vedi ISO 304 e NF T 73-060 (Tensioattivi - Determinazione della tensione superficiale attraverso il sollevamento di pellicole liquide).

1.6.2. Metodo della staffa

Vedi ISO 304 e NF T 73-060 (Tensioattivi - Determinazione della tensione superficiale attraverso il sollevamento di pellicole liquide).

1.6.3. Metodo dell'anello

Vedi ISO 304 e NF T 73-060 (Tensioattivi - Determinazione della tensione superficiale attraverso il sollevamento di pellicole liquide).

1.6.4. Metodo armonizzato dell'anello secondo l'OCSE

1.6.4.1. Apparecchiatura

I tensiometri reperibili in commercio risultano adeguati a questo tipo di misura. Essi consistono delle parti seguenti:

- tavolo mobile per il campione,

- sistema di misurazione della forza,

- elemento di misura (anello),

- recipienti di misura.

1.6.4.1.1. Tavolo mobile per il campione

Il tavolo mobile per il campione viene usato come piano d'appoggio per il recipiente di misura termostatato contenente la soluzione in esame. Detto tavolo è montato su di un sostegno assieme al sistema di misurazione della forza.

1.6.4.1.2. Sistema di misurazione della forza

Il sistema di misurazione della forza (vedi la figura) è collocato al di sopra del tavolo che sostiene il campione. L'errore nella misura della forza non deve essere maggiore di ± 10 6N, corrispondente ad un limite d'errore di ± 0,1 mg in unità di massa. Nella maggioranza dei casi, la scala di misura dei tensiometri reperibili in commercio è tarata in mN/m, in modo che la tensione superficiale possa essere direttamente letta in mN/m con una incertezza di 0,1 mN/m.

1.6.4.1.3. Elemento di misura (anello)

L'anello è generalmente costituito da un filo di platino-iridio di circa 0,4 mm di spessore ed avente una circonferenza media di 60 mm. L'anello è sospeso orizzontalmente ad uno stelo metallico e ad una forcella di supporto in filo metallico che costituiscono il collegamento con il sistema di misurazione della forza (vedi la figura).

Figura

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Elemento di misura

(Tutte le quote sono in mm)

1.6.4.1.4. Recipiente di misura

Il recipiente di misura contenente la soluzione in esame deve essere in vetro e permettere la termostatazione. Esso deve essere progettato in modo che, durante la misura, la temperatura della soluzione liquida in esame e della fase gassosa sovrastante la sua superficie rimanga costante e che il campione non possa evaporare. Sono accettabili recipienti cilindrici in vetro di diametro interno non inferiore a 45 mm.

1.6.4.2. Preparazione dell'apparecchiatura

1.6.4.2.1. Pulizia

I recipienti di vetro devono essere accuratamente puliti. Se necessario, essi vanno lavati con miscela solfo-cromica bollente, poi con acido fosforico sciropposo (dall'83 al 98 % in peso di H3PO4), abbondantemente risciacquati con acqua di rubinetto, lavati con acqua bidistillata fino a reazione neutra ed infine asciugati o risciacquati con parte del campione liquido in esame.

L'anello deve essere innanzitutto abbondantemente risciacquato con acqua per eliminare ogni sostanza idrosolubile, poi immerso per breve tempo nella miscela solfo-cromica, lavato con acqua bidistillata fino a reazione neutra ed infine riscaldato brevemente su una fiamma a metanolo.

Nota:

Eventuali sostanze contaminanti che non possano essere disciolte o distrutte dalla miscela solfo-cromica o dall'acido fosforico, come ad esempio siliconi, vanno eliminate mediante un opportuno solvente organico.

1.6.4.2.2. Taratura dell'apparecchio

La convalida dell'apparecchiatura consiste nel controllo del punto di zero e nella regolazione dello strumento in modo che esso permetta determinazioni attendibili in mN/m.

Montaggio:

La base dell'apparecchio deve essere posta perfettamente in piano, per esempio utilizzando una livella a bolla d'aria e regolando le apposite viti di livellemento.

Azzeramento dell'apparecchio:

Dopo aver montato l'anello sull'apparecchio e prima di immergerlo nel liquido, il tensiometro deve essere azzerato, controllando inoltre il parallelismo dell'anello con la superficie della soluzione. A tale scopo la superficie della soluzione può essere usata come uno specchio.

Taratura:

La taratura può essere effettuata tramite uno dei due procedimenti seguenti:

a) per mezzo di una massa: il procedimento si basa sull'impiego di cavalieri di massa nota compresa tra 0,1 e 1,0 g, da collocare sull'anello. Il fattore di calibrazione Öa, per il quale tutte le letture dell'apparecchio devono essere moltiplicate, va determinato con la seguente equazione (1):

fa = srsa(1)

dove:

sr = mg2b (mN/m)

m = massa del cavaliere (in g),

g = accelerazione di gravità (981 cm.s 2 al livello del mare),

b = circonferenza dell'anello (in cm),

óa = lettura al tensiometro dopo collocamento del cavaliere sull'anello (in mN/m);

b) per mezzo dell'acqua: il procedimento si basa sull'impiego di acqua pura, la cui tensione superficiale è nota; per esempio, a 23 C essa è di 7,3 mN/m. Questo metodo è più rapido della taratura con pesi, ma comporta sempre il rischio che la tensione superficiale dell'acqua risulti alterata a causa della contaminazione con tensioattivi in traccia.

Il fattore di taratura Öb, per il quale tutte le letture dell'apparecchio devono essere moltiplicate, va determinato con la seguente equazione (2):

fb = sosg(2)

dove:

óo = valore riportato in letteratura per la tensione superficiale dell'acqua (in mN/m),

óg = valore misurato della tensione superficiale dell'acqua (in mN/m) entrambi riferiti alla stessa temperatura.

1.6.4.3. Preparazione dei campioni

Vanno preparate soluzioni acquose delle sostanze da esaminare alle concentrazioni richieste ed in assenza di alcun corpo di fondo.

La soluzione deve essere mantenuta a temperatura costante (± 0,5 C). Poiché la tensione superficiale di una soluzione nel recipiente di misura varia con il tempo, devono essere effettuate più misure a distanza l'una dall'altra, in modo da poter tracciare un grafico rappresentante le variazioni della tensione superficiale in funzione del tempo. Lo stato di equilibrio si considera raggiunto quando non si riscontrano più variazioni.

La polvere e la contaminazione gassosa ad opera di altre sostanze interferiscono con le misure. Queste devono pertanto essere effettuate sotto una copertura di protezione.

1.6.5. Condizioni sperimentali

Le misure vanno eseguite a 20 C circa con variazioni non superiori a ± 0,5 C.

1.6.6. Esecuzione della prova

Le soluzioni da sottoporre a misura devono essere trasferite nel recipiente di misura accuratamente pulito, avendo cura di evitare la formazione di schiuma, e successivamente il recipiente di misura va collocato sul tavolo dell'apparecchio di prova. Il piano del tavolo va alzato insieme al recipiente fino ad immergere l'anello sotto la superficie della soluzione in esame. Il piano del tavolo va poi abbassato gradualmente ed uniformemente (ad una velocità di circa 0,5 cm/min), in modo da staccare l'anello dalla superficie, fino a raggiungere il massimo della forza. Lo strato liquido attaccato all'anello non deve separarsi da esso. Al termine della misura, l'anello va nuovamente immerso sotto la superficie della soluzione ed il procedimento ripetuto finché si ottenga un valore costante della tensione superficiale. In ciascuna determinazione va registrato il tempo trascorso dal trasferimento della soluzione nel recipiente di misura. Le letture devono essere effettuate in corrispondenza dello sforzo massimo necessario per distaccare l'anello dalla superficie del liquido.

2. DATI

Per calcolare la tensione superficiale, il valore in mN/m letto sull'apparecchio va innanzitutto moltiplicato per il fattore di calibrazione Öa o Öb (secondo il procedimento di taratura adottato). Si otterrà così un valore approssimativo, che deve essere a sua volta opportunamente corretto.Harkins e Jordan (4) hanno determinato alcuni fattori di correzione empirici per i valori della tensione superficiale misurata col metodo dell'anello, i quali dipendono dalle dimensioni dell'anello, dalla densità del liquido e dalla sua tensione superficiale.

Poiché la determinazione del fattore di correzione con le tabelle di Harkins e Jordan per ciascuna singola misura di tensione superficiale risulta troppo laboriosa, per le soluzioni acquose può applicarsi un metodo semplificato, consistente nel desumere la tensione superficiale corretta direttamente dalla tabella qui di seguito riportata (per valori compresi tra quelli tabulati si può ricorrere all'interpolazione).

>SPAZIO PER TABELLA>

Questa tabella è stata compilata sulla base della correzione secondo Harkins e Jordan, in modo analogo alla norma DIN 53914 per l'acqua e le soluzioni acquose (densità ñ = 1 g/cm3) e per anelli reperibili in commercio aventi dimensioni di R = 9,55 mm (raggio medio dell'anello) e r = 0,185 mm (spessore del filo metallico). La tabella fornisce i valori corretti per le misure di tensione superficiale effettuate dopo taratura con pesi o con acqua.In alternativa, la tensione superficiale può essere calcolata senza taratura preliminare ricorrendo alla formula seguente:

s = 4 p Rf × F

dove:

F = forza misurata al dinamometro al punto di rottura della pellicola,

R = raggio dell'anello,

f = fattore di correzione (1).

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- metodo usato;

- tipo d'acqua o soluzione impiegata;

- descrizione precisa della sostanza (identità e impurezze);

- risultati delle misure: tensione superficiale (lettura), indicando sia le singole letture e la loro media che la media corretta (tenendo conto del fattore specifico dell'apparecchio e della tabella di correzione);

- concentrazione della soluzione;

- temperatura di esecuzione delle prove;

- età della soluzione impiegata; in particolare il tempo trascorso tra la preparazione della soluzione e le misure;

- descrizione della variazione della tensione superficiale col tempo dopo il trasferimento della soluzione nel recipiente di misura;

- tutte le informazioni e osservazioni utili per l'interpretazione dei risultati, in particolare per quanto riguarda le impurezze e lo stato fisico della sostanza.

3.2. INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI

Considerando che l'acqua distillata ha una tensione superficiale di 72,75 mN/m a 20 C, le sostanze che presentano una tensione superficiale minore di 60 mN/m nelle condizioni di misura previste da questo metodo devono essere considerate come materiali tensioattivi.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) OECD, Paris, 1981, Test Guideline 115, Decision of the Council C(81) 30 final.

(2) R. Weissberger ed., Technique of Organic Chemistry, Chapter XIV, Physical Methods of Organic Chemistry, 3rd, ed., Interscience Publ., New York, 1959, Vol.I, Part I.

(3) Pure Appl. Chem., 1976, vol. 48, 511.

(4) Harkins, W.D., Jordan, H.F., J. Amer. Chem. Soc., 1930, vol. 52, 1751.

A.6. IDROSOLUBILITÀ

1. METODO

I metodi descritti sono basati sulle linee direttrici OCSE (1).

1.1. INTRODUZIONE

Per l'esecuzione della prova in oggetto è utile disporre di informazioni preliminari sulla formula di struttura, la tensione di vapore, la costante di dissociazione e l'idrolisi (in funzione del pH) della sostanza in esame.

Non esiste un procedimento unico che sia applicabile a tutto l'intervallo delle possibili solubilità in acqua.

I due metodi di prova descritti nel seguito coprono l'intera gamma della solubilità, ma non sono applicabili a sostanze volatili:

- il primo si applica a sostanze essenzialmente pure, scarsamente solubili (10 2 g/l) e stabili in acqua, e viene definito «metodo del matraccio».

La solubilità in acqua della sostanza esaminata può essere considerevolmente alterata dalla presenza di impurezze.

1.2. DEFINIZIONI ED UNITÀ

La solubilità in acqua di una sostanza è definita come la concentrazione di saturazione della sostanza in acqua ad una determinata temperatura. La solubilità in acqua è espressa in unità di massa per volume di soluzione. L'unità SI è il kg/m3 (si può anche far uso del g/l).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Non è necessario utilizzare sostanze di riferimento ogni volta che si esamina una nuova sostanza. Esse servono principalmente per controllare periodicamente l'attendibilità del metodo e per permettere il confronto con risultati ottenuti mediante altri metodi.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO

Tramite una semplice prova preliminare si stabilisce la quantità approssimativa del campione ed il tempo necessario per raggiungere la concentrazione di saturazione.

1.4.1. Metodo dell'eluizione su colonna

Questo metodo si basa sull'eluizione con acqua della sostanza in esame da una microcolonna riempita con materiale di supporto inerte, come perline di vetro o sabbia, con un eccesso della sostanza stessa. La solubilità in acqua viene valutata quando la concentrazione della sostanza nell'eluato è costante. Ciò si deduce dal fatto che la concentrazione in funzione del tempo raggiunge un valore costante.

1.4.2. Metodo del matraccio

In questo metodo la sostanza (polverizzata, se solida) è disciolta in acqua ad una temperatura leggermente superiore a quella del saggio. Quando si raggiunge la saturazione, la miscela viene raffreddata e mantenuta alla temperatura della determinazione, agitando per tutto il tempo necessario a raggiungere l'equilibrio. In lternativa, la misura può essere eseguita direttamente alla temperatura di prova se, mediante un appropriato campionamento, si può essere sicuri di avere raggiunto l'equilibrio di saturazione. Successivamente, si determina mediante un opportuno metodo analitico la concentrazione della massa della sostanza nella soluzione acquosa, quest'ultima non deve contenere particelle indisciolte.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

1.5.1. Ripetibilità

Per il metodo dell'eluizione su colonna, si può ottenere una ripetibilità inferiore al 30 %; per il metodo del matraccio essa dovrebbe essere inferiore al 15 %.

1.5.2. Rivelabiltà

La rivelabilità dipende dal metodo d'analisi; si possono comunque effettuare determinazioni della concentrazione di massa fino a 10 6 g/l.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO

1.6.1. Condizioni di determinazione

La prova deve essere eseguita preferibilmente a 20 C ± 0,5 C. Se si presume che ci sia una dipendenza della solubilità anche dalla temperatura (> 3% per C), la prova deve essere eseguita ad altre due temperature di almeno 10 C al di sopra e al di sotto di quella scelta inizialmente. In questo caso il controllo della temperatura deve rientrare in ± 0,1 C. La temperatura prescelta deve essere mantenuta costante in tutti i componenti importanti della strumentazione.

1.6.2. Prova preliminare

In un cilindro graduato da 10 ml, chiuso con tappo di vetro e contenente all'incirca 0,1 g del campione (le sostanze solide devono essere polverizzate), vengono versati volumi crescenti di acqua distillata a temperatura ambiente, secondo le indicazioni riportate nella seguente tabella:

>SPAZIO PER TABELLA>

Dopo ciascuna aggiunta delle quantità d'acqua indicate, la miscela viene vigorosamente agitata per 10 minuti e controllata visualmente per accertare la presenza di particelle non disciolte del campione. Se, dopo l'aggiunta di 10 ml d'acqua, il campione, o parte di esso, rimane indisciolto, l'esperimento deve essere ripetuto in un cilindro graduato da 100 ml con volumi d'acqua maggiori. Per solubilità inferiori, il tempo necessario per sciogliere la sostanza può essere considerevolmente più lungo (si devono prevedere almeno 24 ore). La solubilità approssimativa è indicata nella tabella in corrispondenza del volume d'acqua aggiunto per ottenere la dissoluzione completa del campione. Se la sostanza è ancora manifestamente insolubile, occorre attendere più di 24 ore (fino ad un massimo di 96 ore), oppure si deve effettuare un'ulteriore diluizione per accertarsi se debba essere usato il metodo dell'eluizione su colonna o il metodo del atraccio.

1.6.3. Metodo dell'eluizione su colonna

1.6.3.1. Materiale di supporto, solvente ed eluenteIl materiale di supporto per il metodo dell'eluizione su colonna deve essere inerte. Possibili materiali adatti allo scopo sono perline di vetro e sabbia. Per distribuire la sostanza in esame sul materiale di supporto, va utilizzato un opportuno solvente volatile di purezza analitica. Come eluente va utilizzata acqua bidistillata ottenuta tramite apparecchi in vetro od in quarzo.

Nota:

Non deve utilizzarsi acqua proveniente direttamente da scambiatore di ioni di natura organica.

1.6.3.2. Caricamento del supporto

Si pesano circa 600 mg del materiale di supporto, che si trasferiscono poi in un pallone a base tonda da 50 ml.

Si scioglie nel solvente prescelto una quantità pesata opportuna della sostanza da esaminare. Una quantità appropriata di questa soluzione viene aggiunta al materiale di supporto. Il solvente deve essere completamente evaporato, per esempio in un evaporatore rotante. In caso contrario non si raggiunge la saturazione con acqua del supporto a causa degli effetti di ripartizione sulla superficie del materiale di supporto.

Il caricamento del materiale di supporto può causare problemi (risultati erronei) se la sostanza di prova si deposita sotto forma di olio o di una differente fase cristallina. Il problema deve essere esaminato sperimentalmente e i dettagli riportati nella relazione.

Il materiale di supporto così caricato viene lasciato a bagno approssimativamente per 2 ore in circa 5 ml di acqua, e quindi la sospensione viene introdotta nella microcolonna. In alternativa, si può versare il materiale di supporto già ricoperto della sostanza ed essiccato nella microcolonna previamente riempita d'acqua e quindi lasciare il tutto ad equilibrarsi per circa 2 ore.

Procedimento di determinazione:

L'eluizione della sostanza dal materiale di supporto può essere eseguita in due modi diversi:

- con una pompa di circolazione (si veda la figura 1),

- con un recipiente di livellamento (si veda la figura 4).

1.6.3.3. Metodo dell'eluizione su colonna con pompa di circolazione

Apparecchiatura:

La rappresentazione schematica di un sistema convenzionale è riportata nella figura 1. La figura 2 presenta una microcolonna di adatte caratteristiche, che peraltro può avere altre misure, purché vengano rispettati i criteri di riproducibilità e sensibilità. La colonna deve comprendere uno spazio di testa pari ad almeno cinque volte il volume del letto d'acqua ed essere in grado di contenere un minimo di cinque campioni. In alternativa, le dimensioni possono anche essere ridotte qualora si impieghi un solvente di riempimento per sostituire i primi cinque volumi del letto d'acqua, scartati perché contenenti impurezze.

La colonna deve essere collegata ad una pompa di circolazione capace di assicurare una portata di circa 25 ml/h. La pompa è collegata mediante giunti in politetrafluoroetilene (PTFE) e/o in vetro. La colonna e la pompa, dopo il montaggio, devono permettere il campionamento dell'effluente e l'equilibrazione dello spazio di testa a pressione atmosferica. Il materiale della colonna è sostenuto da un batuffolo dilana di vetro (5 mm), che serve anche da filtro per le particelle. La pompa di circolazione può essere per esempio una pompa peristaltica od una pompa a membrana (si deve fare attenzione affinché non ci sia contaminazione e/o adsorbimento da parte del materiale del tubo).

Procedimento di misura:

Si avvia il flusso attraverso la colonna. Si raccomanda di usare una portata di approssimativamente 25 ml/h (che corrisponde a 10 volumi del letto per ora per la colonna descritta). Si devono scartare almeno i primi cinque volumi per allontanare le impurezze solubili in acqua. Successivamente si lascia funzionare la pompa di circolazione fino al raggiungimento dell'equilibrio; ciò viene accertato sulla base di cinque campioni successivi, le concentrazioni dei quali non differiscono più del ± 30 % con distribuzione casuale. Questi campioni devono essere distanziati l'uno dall'altro da intervalli di tempo corrispondenti al passaggio di almeno dieci volte il volume del letto di eluente.

1.6.3.4. Metodo dell'eluizione su colonna con recipiente di livellamento

Apparecchiatura (si vedano le figure 3 e 4):

Recipiente di livellamento: il collegamento con il recipiente di livellamento si realizza tramite un giunto di vetro smerigliato, connesso con un tubo in teflon. Si raccomanda una velocità di flusso di circa 25 ml/h. Frazioni eluite consecutivamente vanno prelevate ed analizzate con il metodo prescelto.

Procedimento di misura:

Per determinare la solubilità in acqua si utilizzano le frazioni eluite nella fase centrale, dove le concentrazioni devono risultare costanti (± 30 %) in almeno cinque frazioni consecutive.In ambedue i casi (sia che si usi una pompa di circolazione sia che si usi un vaso di livellamento), si deve eseguire una seconda prova con una velocità di flusso uguale alla metà di quella della prima prova. Se i risultati delle due prove concordano, la determinazione è soddisfacente. Se si misura una solubilità manifestamente superiore alla portata minore, il dimezzamento della velocità di flusso va proseguito finché due prove successive non forniscano lo stesso valore della solubilità.

In entrambi i casi (utilizzando una pompa di circolazione od un recipiente di livellamento), l'eventuale presenza di materia colloidale va controllata tramite l'effetto Tyndall (diffusione della luce). La presenza di tali particelle toglie validità ai risultati e pertanto si deve ripetere la determinazione migliorando l'azione filtrante della colonna.

Va registrato il pH di ogni campione. Deve essere eseguita una seconda prova alla stessa temperatura.

1.6.4. Metodo del matraccio

1.6.4.1. Apparecchiatura

Per il metodo del matraccio è necessario il seguente materiale:

- normale strumentazione e vetreria di laboratorio,

- un apparecchio adatto per l'agitazione delle soluzioni a temperatura costante e controllata,

- una centrifuga (preferibilmente con termostato), se necessaria quando siano presenti emulsioni, e

- apparecchiatura per determinazioni analitiche.

1.6.4.2. Procedimento di misura

La quantità di materiale necessario per saturare il volume di acqua viene valutata in base alla prova preliminare. Il volume di acqua necessario dipenderà dal metodo analitico e dall'intervallo di solubilità. Una quantità di materiale pari a cinque volte quella determinata in conformità a quanto detto sopra viene pesata direttamente in tre recipienti di vetro (per esempio, provette da centrifuga, beute) provvisti di tappi di vetro. A ciascun recipiente viene aggiunto il volume prescelto di acqua e quindi i recipienti vengono chiusi ermeticamente. Questi sono poi agitati a 30 C si deve utilizzare un apparecchio di agitazione o di mescolamento che funzioni a temperatura costante, per esempio un agitatore magnetico in bagno d'acqua termostato). Dopo un giorno, uno dei recipienti viene prelevato e riequilibrato per 24 ore alla temperatura della determinazione, con agitazione intermittente. Il contenuto del recipiente viene poi centrifugato alla temperatura di prova, e si misura con un opportuno metodo analitico la concentrazione del composto nella fase acquosa limpida. Gli altri due recipienti vengono trattati in modo analogo dopo una equilibrazione iniziale a 30 C per due e tre giorni, rispettivamente. Se i valori di concentrazione concordano, nei limiti richiesti per la riproducibilità, almeno per i due ultimi campioni, la prova è positiva.

Se invece i dati relativi ai recipienti 1, 2 e 3 mostrano una tendenza verso valori crescenti, l'intera prova deve essere ripetuta utilizzando tempi di equilibrazione più lunghi.

Il procedimento di misura può anche venire eseguito senza preincubazione a 30 C. Allo scopo di stimare la velocità con cui si stabilisce l'equilibrio di saturazione, si prelevano dei campioni fino a che il tempo di agitazione non influisce più sulla concentrazione della soluzione di prova.Va riportato il pH di ciascun campione.

1.6.5. Analisi

Per queste determinazioni va preferito un metodo analitico specifico per la sostanza in esame, poiché piccole quantità di impurezze solubili possono causare forti errori nella misura della solubilità. Esempi di tali metodi sono la gascromatografia, la cromatografia liquida, procedimenti di titolazione, procedimenti fotometrici, procedimenti voltammetrici.

2. DATI

2.1. METODO DELL'ELUIZIONE SU COLONNA

Per ciascuna prova si deve calcolare il valore medio di almeno cinque campioni consecutivi, prelevati in corrispondenza della fase di costanza di saturazione, nonché la deviazione standard. I risultati devono essere presentati in unità di massa per volume di soluzione.Le medie calcolate su due prove con l'utilizzo di portate differenti vengono confrontate e devono presentare una ripetibilità inferiore al 30 %.

2.2. METODO DEL MATRACCIO

Si devono riportare i singoli risultati per ciascuno dei tre matracci e i risultati giudicati costanti (ripetibilità entro il 15 %) devono essere mediati e presentati in unità di massa per volume di soluzione. Ciò può richiedere la conversione delle unità di massa in unità di volume, utilizzando la densità quando la solubilità sia molto elevata (> 100 g/l).

3. RELAZIONE

3.1. METODO DELLA ELUIZIONE SU COLONNA

La relazione sulla prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- i risultati della prova preliminare;

- la descrizione precisa della sostanza (identità e impurezze);

- le concentrazioni, flussi e pH individuali di ciascun campione;

- le medie e le deviazioni standard di almeno cinque campioni nella zona di saturazione costante per ciascuna prova;

- la media delle due prove successive accettabili;

- la temperatura dell'acqua durante il processo di saturazione;

- il metodo di analisi utilizzato;

- la natura del materiale di supporto utilizzato;

- il procedimento di carica del materiale di supporto;

- il solvente utilizzato;

- l'indicazione di eventuale instabilità chimica della sostanza durante la prova e il metodo utilizzato;

- tutte le informazioni attinenti all'interpretazione dei risultati, in particolare per quanto riguarda le impurezze e lo stato fisico della sostanza.

3.2. METODO DEL MATRACCIO

La relazione sulla prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- i risultati della prova preliminare;

- la descrizione precisa della sostanza (identità ed impurezze);

- le singole determinazioni analitiche e la media nel caso in cui più di un valore sia stato determinato per ciascun matraccio;

- il pH di ciascun campione;

- la media dei valori per i diversi matracci, i cui risultati siano concordanti;

- la temperatura di determinazione;

- il metodo analitico utilizzato;

- l'indicazione di eventuale instabilità chimica della sostanza durante la prova e il metodo utilizzato;

- tutte le informazioni attinenti all'interpretazione dei risultati, in particolare per quanto riguarda le impurezze e lo stato fisico della sostanza.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) OECD, Paris, 1981, Test Guideline 105, Decision of the Council C(81) 30 final.

(2) NF T 20-045 (AFNOR) (Sept. 85). Chemical products for industrial use - Determination of water solubility of solids and liquids with low solubility - Column elution method.

(3) NF T 20-046 (AFNOR) (Sept. 85). Chemical products for industrial use - Determination of water solubility of solids and liquids with high solubility - Flask method.

Appendice

Figura 1

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Metodo dell'eluizione su colonna con pompa di circolazione

Figura 2

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Microcolonna tipica

(tutte le quote sono in mm)

Figura 3

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Microcolonna tipica

(tutte le quote sono in mm)

Figura 4

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Metodo dell'eluizione su colonna con recipiente di livellamento

1 = Recipiente di livellamento (per esempio bottiglia da 2,5 litri)

2 = Colonna (vedi figura 3)

3 = Collettore di frazioni

4 = Termostato

5 = Tubo in teflon

6 = Tappo di vetro (per connessione in vetro smerigliato)

7 = Tubi per l'acqua (tra il termostato e la colonna, diametro interno: 8 mm circa)

A.8. COEFFICIENTE DI RIPARTIZIONE

1. METODO

Il metodo del «dibattimento in pallone» descritto è basato sulle linee direttrici OCSE (1).

1.1. INTRODUZIONE

Per eseguire questa prova è utile disporre di informazioni preliminari sulla formula di struttura, la costante di dissociazione, la solubilità in acqua, l'idrolisi, la solubilità in n-ottanolo e la tensione superficiale della sostanza.

La misura sulle sostanze ionizzabili deve essere eseguita solo nella loro forma non ionizzata (acido libero o base libera), prodotta mediante l'uso di un tampone appropriato con un pH di almeno una unità inferiore (acido libero) o superiore (base libera) al pK.

Questo metodo di prova include due procedure separate - il metodo dell'agitazione in pallone e la cromatografia liquida ad alte prestazioni (HPLC). Il primo può essere applicato quando il valore di log Poa (per le definizioni si veda più avanti) ricade nel campo da 2 a 4 e il secondo nel campo da 0 a 6. Prima di eseguire una delle due procedure sperimentali, si deve ricavare una stima preliminare del coefficiente di ripartizione.

Il metodo del dibattimento in pallone vale solo per sostanze essenzialmente pure, solubili in acqua e in n-ottanolo. Non è applicabile a materiali tensioattivi (per i quali si deve fornire un valore calcolato o una stima basata sulle solubilità individuali in n-ottanolo e in acqua).

Il metodo HPLC non è applicabile ad acidi e basi forti, complessi metallici, materiali tensioattivi o sostanze che reagiscono con l'eluente. Per questi materiali, si deve fornire un valore calcolato o una stima basata sulle solubilità individuali in n-ottanolo e acqua.

Il metodo HPLC è meno sensibile alla presenza di impurezze nel composto in esame che non il metodo dell'agitazione in pallone. Tuttavia, in alcuni casi, le impurezze possono rendere difficile l'interpretazione dei risultati perché l'assegnazione dei picchi diventa incerta. Per le miscele che forniscono una banda non risolta, si devono indicare i limiti inferiore e superiore di log P.

1.2. DEFINIZIONI ED UNITÀ

Il coefficiente di ripartizione (P) si definisce come il rapporto tra le concentrazioni all'equilibrio (ci) di una sostanza disciolta in un sistema costituito da due solventi pressoché immiscibili. Nel caso del n-ottanolo e dell'acqua:

Poa = cn-ottanolocacqua

Il coefficiente di ripartizione (P) è pertanto il quoziente di due concentrazioni e viene generalmente espresso sotto forma del suo logaritmo decimale (log P).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Metodo del dibattimento in pallone

Non è necessario utilizzare sostanze di riferimento ogni volta che si esamina una nuova sostanza.

Esse servono principalmente per controllare periodicamente l'attendibilità del metodo e per permettere il confronto con risultati ottenuti mediante altri metodi.

Metodo HPLC

Allo scopo di correlare i dati di un composto misurati per HPLC con il suo P, si deve tracciare un grafico di taratura di log P contro i dati cromatografici utilizzando almeno 6 punti di riferimento. Sta all'utilizzatore selezionare le sostanze di riferimento appropriate. Se possibile, almeno un composto di riferimento deve avere un Poa al di sopra di quello della sostanza in esame e un altro un Poa al di sotto di quello della sostanza in esame. Per valori di log P minori di 4, la taratura può essere basata su dati ottenuti mediante il metodo del dibattimento in pallone. Per valori di log P maggiori di 4, la taratura può essere basata su valori di letteratura convalidati, purché siano in accordo con i valori calcolati. Per una migliore accuratezza, è preferibile scegliere composti di riferimento strutturalmente simili alla sostanza in esame.

Sono disponibili elenchi estesi di valori di log Poa per molti gruppi di composti chimici (2) (3). Se non sono disponibili dati di coefficienti di ripartizione di composti strutturalmente simili, si può allora usare una taratura più generale basata su altri composti di riferimento.In appendice 2 è fornito un elenco di sostanze di riferimento raccomandate e dei loro valori di Poa.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO

1.4.1. Metodo del dibattimento in pallone

Per determinare il coefficiente di ripartizione è necessario raggiungere l'equilibrio tra tutti i componenti che interagiscono nel sistema, e si devono determinare le concentrazioni delle sostanze disciolte nelle due fasi. Un esame della letteratura sull'argomento indica che si possono utilizzare varie tecniche per risolvere questo problema, cioè l'accurata miscelazione delle due fasi seguita dalla loro separazione per poter determinare la concentrazione all'equilibrio della sostanza in esame.

1.4.2. Metodo HPLC

La misura viene eseguita su colonne analitiche impaccate con una fase solida disponibile in commercio contenente idrocarburi a catena lunga (per esempio C8, C18) chimicamente legati su silice. I prodotti chimici iniettati su una colonna si muovono lungo di essa a velocità differenti a causa del differente grado di ripartizione tra la fase mobile e la fase stazionaria idrocarbonica. Miscele di composti chimici vengono eluite nell'ordine della loro idrofobicità, dove i composti chimici solubili in acqua sono eluiti per primi e i composti chimici liposolubili per ultimi, in proporzione al loro coefficiente di ripartizione idrocarburo-acqua. Questo permette di stabilire la relazione esistente tra il tempo di ritenzione su tale colonna (a fase inversa) e il coefficiente di ripartizione n-ottanolo/acqua. Il coefficiente di ripartizione viene dedotto dal fattore di capacità k, fornito dall'espressione:

k = tR toto

in cui tR = tempo di ritenzione della sostanza in esame e to = tempo medio richiesto perché una molecola di solvente passi attraverso la colonna (tempo morto).

Non sono richiesti metodi analitici quantitativi, ed è necessaria solo la determinazione dei tempi di eluizione.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

1.5.1. Ripetibilità

Metodo del dibattimento in pallone

Per assicurare l'accuratezza del coefficiente di ipartizione, vanno eseguite determinazioni in doppio in tre diverse condizioni sperimentali, così da poter variare la quantità della sostanza considerata nonché il rapporto tra i volumi dei solventi. I valori determinati per il coefficiente di ripartizione, espressi come logaritmi decimali, devono essere compresi in un intervallo di ± 0,3 unità logaritmiche.

Metodo HPLC

Al fine di aumentare la validità della misura, si devono eseguire determinazioni in doppio. I valori di log P derivati dalle singole misure devono essere compresi in un intervallo di ± 0,1 unità logaritmiche.

1.5.2. Sensibilità

Metodo del dibattimento in pallone

L'intervallo di misura del metodo è definito dal limite di rivelabilità del procedimento analitico. Questo deve essere sufficiente per permettere l valutazione dei valori di log Poa nel campo da 2 a 4 (occasionalmente, quando si verificano le opportune condizioni, questo intervallo può essere esteso ad un log Poa fino a 5) quando la concentrazione del soluto in una delle due fasi non è superiore a 0,01 moli/l.

Metodo HPLC

Il metodo HPLC permette di stimare i coefficienti di ripartizione nel campo di log Poa da 0 a 6.Normalmente, il coefficiente di ripartizione di un composto può essere stimato entro ± 1 unità logaritmica del valore ottenibile con il metodo del dibattimento in pallone. In letteratura è possibile trovare correlazioni tipiche (4) (5) (6) (7) (8). Un'accuratezza più elevata si può in genere ottenere con grafici di correlazione basati su composti di riferimento di struttura simile (9).

1.5.3. Specificità

Metodo del dibattimento in pallone

La legge di ripartizione di Nernst si applica esclusivamente a soluzioni diluite a temperatura, pressione e pH costanti. Essa è rigorosamente valida solo per una sostanza pura dispersa tra due solventi puri. Qualora in una delle due fasi, od in ambedue, siano presenti più soluti diversi, ciò può alterare i risultati.

La dissociazione o l'associazione delle molecole disciolte portano a deviazioni dalla legge di ripartizione di Nernst. Tali deviazioni sono evidenziate dal fatto che il coefficiente di ripartizione varia in funzione della concentrazione della soluzione.Dati gli equilibri multipli che hanno luogo, questo metodo non può essere applicato a composti ionizzabili senza ricorrere ad opportuni fattori di correzione. Per tali composti si deve prendere in considerazione l'uso di soluzioni tampone invece di acqua; il pH del tampone deve differire di almeno un'unità di pH dal pKa della sostanza, tenendo presente la significatività di questo pH per l'ambiente.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO

1.6.1. Stima preliminare del coefficiente di ripartizione

Il coefficiente di ripartizione viene stimato preferibilmente utilizzando un metodo di calcolo (si veda l'appendice 1), o, dove appropriato, dal rapporto delle solubilità della sostanza in esame nei solventi puri (10).

1.6.2. Metodo del dibattimento in pallone

1.6.2.1. Preparazione

n-ottanolo: la determinazione del coefficiente di ripartizione deve essere eseguita con reattivi per analisi di elevata purezza.

Acqua: va impiegata acqua distillata o bidistillata in apparecchi di vetro o quarzo. Per i composti ionizzabili, si devono usare soluzioni tampone al posto dell'acqua, se giustificato.

Nota:

Non si deve usare acqua prelevata direttamente da uno scambiatore di ioni.

1.6.2.1.1. Presaturazione dei solventi

Prima di determinare il coefficiente di ripartizione, le fasi del sistema di solventi devono essere mutuamente saturate mediante agitazione alla temperatura della determinazione. Per far ciò è vantaggioso agitare per 24 ore con un agitatore meccanico due grandi bottiglie di riserva contenenti rispettivamente n-ottanolo ed acqua, entrambi di grande purezza, addizionati ciascuno di una adeguata quantità dell'altro solvente, e poi lasciate riposare abbastanza a lungo da consentire la separazione delle fasi ed il raggiungimento dello stato di saturazione.

1.6.2.1.2. Preparazione per la determinazione

L'intero volume del sistema bifasico deve riempire quasi completamente il recipiente di misura. Ciò permetterà di evitare le perdite di materiale per volatilizzazione. I rapporti in volume e le quantità delle sostanze da impiegare devono essere stabilite tenendo conto:

- della valutazione preliminare del coefficiente di ripartizione (si veda sopra);

- della quantità minima di sostanza da esaminare per il procedimento analitico;

- della limitazione della concentrazione ad un massimo di 0,01 moli/l per ognuna delle due fasi.

Si eseguono tre determinazioni. Nella prima, si usa il rapporto in volume calcolato di n-ottanolo ad acqua; nella seconda, questo rapporto viene diviso per due; e nella terza questo rapporto viene moltiplicato per due (p. es. 1:1, 1:2, 2:1).

1.6.2.1.3. Sostanza da esaminare

Si prepara una soluzione di riserva in n-ottanolo presaturato con acqua. La concentrazione di questa soluzione di riserva deve essere determinata con precisione prima di impiegarla nella determinazione del coefficiente di ripartizione. Questa soluzione deve essere conservata in condizioni che assicurino la sua stabilità.

1.6.2.2. Condizioni sperimentali

La temperatura della determinazione deve essere mantenuta costante (± 1 C) ed essere compresa nell'intervallo 20-25 C.

1.6.2.3. Procedimento di misura

1.6.2.3.1. Raggiungimento dell'equilibrio di ripartizione

Per ciascuna condizione sperimentale si devono preparare in doppio i recipienti contenenti la quantità richiesta dei due solventi, esattamente misurata, insieme all'opportuna quantità della soluzione di riserva.Le fasi in n-ottanolo devono essere misurate in volume. I recipienti per la determinazione devono essere collocati in un opportuno agitatore o essere agitati manualmente. Un metodo raccomandato è quello di fare ruotare rapidamente di 180 la provetta da centrifuga intorno al suo asse trasversale in modo che l'eventuale aria intrappolata risalga attraverso le due fasi. L'esperienza ha mostrato che 50 rotazioni così effettuate sono in generale sufficienti per raggiungere l'equilibrio di ripartizione. Per sicurezza sono raccomandate 100 rotazioni in 5 minuti.

1.6.2.3.2. Separazioni delle fasi

Quando è necessario, allo scopo di separare le fati si deve effettuare una centrifugazione della miscela. Ciò dovrebbe essere fatto mediante una centrifuga da laboratorio mantenuta a temperatura ambiente o, se si usa una centrifuga non termostatata, le provette da centrifuga devono essere riequilibrate alla temperatura di determinazione per almeno 1 ora prima dell'analisi.

1.6.2.4. Analisi

Per la determinazione del coefficiente di ripartizione è necessario misurare la concentrazione della sostanza in esame in ambedue le fasi. Ciò può essere fatto prelevando un'aliquota di entrambe le fasi da ciascuna provetta per ciascuna condizione sperimentale ed analizzando ciascuna aliquota mediante il procedimento prescelto. La quantità totale delle sostanze presenti in ambedue le fasi deve essere calcolata e confrontata con la quantità della sostanza inizialmente introdotta.

Il prelievo di un campione della fase acquosa va eseguito con un procedimento che renda minimo il rischio di inclusione di tracce di n-ottanolo; a tal fine si può impiegare una siringa in vetro con ago asportabile. All'inizio, la siringa deve essere parzialmente riempita d'aria. L'aria deve essere espulsa cautamente mentre si inserisce l'ago attraverso lo strato di ottanolo. Si aspira nella siringa un adeguato volume di fase acquosa. Si toglie rapidamente la siringa dalla soluzione e si rimuove l'ago. Il contenuto della siringa può quindi essere impiegato come campione della fase acquosa. La concentrazione nelle due fasi separate va determinata preferibilmente attraverso un metodo specifico per la sostanza. Esempi di determinazioni chimico-fisiche che possono essere adatte sono i seguenti:

- metodi fotometrici;

- gascromatografia;

- cromatografia liquida ad alte prestazioni.

1.6.3. Metodo HPLC

1.6.3.1. Preparazione

Apparecchiatura

È necessario un cromatografo liquido equipaggiato con pompa esente da pulsazioni e con un adatto dispositivo di rivelazione. Si raccomanda di usare una valvola di iniezione con serbatoi di iniezione. La presenza di gruppi polari nella fase stazionaria può peggiorare gravemente le prestazioni della colonna HPLC. Pertanto, le fasi stazionarie devono contenere una percentuale minima di gruppi polari (11). Si possono usare riempimenti commerciali a fase inversa a microparticelle o colonne preimpaccate. Si può posizionare una colonna di protezione tra il sistema di iniezione e la colonna analitica.

Fase mobile

Per preparare il solvente di eluizione si usano metanolo per HPLC e acqua per HPLC e il solvente viene degassato prima dell'uso. Si deve ricorrere all'eluizione isocratica. Si devono usare rapporti metanolo/acqua con un contenuto minimo d'acqua del 25%. Normalmente, una miscela metanolo-acqua 3:1 (v/v) è soddisfacente per eluire composti con log P 6 in un'ora ad una portata di 1 ml/min. Per composti con log P elevato, può essere necessario abbreviare il tempo di eluizione (e quello dei composti di riferimento) diminuendo la polarità della fase mobile oppure la lunghezza della colonna.

Sostanze con solubilità molto bassa in n-ottanolo tendono a fornire dei valori anormalmente bassi di log Poa con il metodo HPLC; i picchi di tali composti accompagnano talvolta il fronte del solvente. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che il processo di ripartizione è troppo lento perché raggiunga l'equilibrio nel tempo normalmente richiesto da una separazione mediante HPLC. Una diminuzione del flusso e/o una diminuzione del rapporto metanolo/acqua può essere efficace per arrivare ad un valore affidabile.

Il composto in esame e i composti di riferimento devono essere solubili nella fase mobile in concentrazioni sufficienti per permetterne la rivelazione. Solo in casi eccezionali si possono usare degli additivi con la miscela metanolo-acqua perché questi modificano le proprietà della colonna. Per i cromatografi con additivi, è obbligatorio usare una colonna separata dello stesso tipo. Se la miscela metanolo-acqua non è appropriata, si possono usare altre miscele solvente organico-acqua, per esempio etanolo-acqua o acetonitrile-acqua.Il pH dell'eluente è critico per i composti ionizzabili. Esso deve rientrare nel campo operativo di pH della colonna, che di solito è compreso tra 2 e 8. Si raccomanda di tamponare la soluzione. Occorre aver cura di evitare la precipitazione di sali e il deterioramento della colonna che si verificano con alcune miscele di fase organica/tampone. Le misure mediante HPLC con fasi stazionarie a base di silice al di sopra di pH 8 non sono consigliabili perché l'uso di una fase mobile alcalina può provocare un rapido scadimento delle prestazioni della colonna.

Soluti

I composti di riferimento devono essere i più puri disponibili. I composti da usare a scopo di prova o di taratura devono, se possibile, essere disciolti nella fase mobile.

Condizioni sperimentali

La temperatura durante le misure non deve variare di oltre ± 2 K.

1.6.3.2. Misure

Calcolo del tempo morto toIl tempo morto to può venire determinato usando o una serie omologa di sostanze (per esempio n-alchilmetilchetoni) o composti organici non trattenuti (per esempio tiourea o formammide). Per il calcolo del tempo morto to mediante l'uso di una serie omologa, si inietta una successione di almeno 7 elementi di una serie omologa e si determinano i rispettivi tempi di ritenzione. I tempi di ritenzione grezzi tr(nc+1) sono riportati in grafico in funzione di tr(nc), determinano la intercetta a e il coefficiente angolare b della equazione di regressione:

tr(nc + 1) = a + b tr(nc)

(nc = numero di atomi di carbonio). Il tempo morto to è rappresentato allora da:

t0 = a / (1 b)

Grafico di taratura

La fase successiva consiste nella costruzione di un tracciato di correlazione di log k contro log P per appropriati composti di riferimento. Nella pratica, si effettua la determinazione su un gruppo di 5-10 composti standard di riferimento, il cui log P cade nei dintorni dell'intervallo previsto, iniettandoli simultaneamente ed effettuando preferibilmente la determinazione con un registratore integratore collegato al sistema di rivelazione. I logaritmi dei fattori di capacità corrispondenti, log k, vengono calcolati e riportati sul tracciato in funzione del log P determinato mediante il metodo del dibattimento in pallone. La taratura viene eseguita a intervalli regolari ed almeno una volta al giorno, in modo da tenere conto di possibili variazioni delle prestazioni della colonna.

Determinazioni del fattore di capacità della sostanza in esame

La sostanza in esame viene iniettata nella più piccola quantità possibile di fase mobile. Viene determinato il tempo di ritenzione (in doppio) e questo permette il calcolo del fattore di capacità k. Dal grafico di correlazione dei composti di riferimento, si può interpolare il coefficiente di ripartizione della sostanza in esame. Per coefficienti di ripartizione sia molto bassi che molto elevati è necessario ricorrere alla estrapolazione. In tali casi bisogna porre particolare attenzione ai limiti di validità della retta di regressione.

2. DATI

Metodo del dibattimento in pallone

L'affidabilità dei valori di P determinati può essere controllata confrontando le medie delle determinazioni in doppio con la media globale.

3. RELAZIONE

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- indicazione precisa della sostanza (identità e impurezze);

- quando i metodi non siano applicabili (per esempio materiale tensioattivo), deve essere fornito un valore calcolato o una stima basata sulle singole solubilità in n-ottanolo e acqua;

- ogni informazione e osservazione significativa per l'interpretazione dei risultati, in particolare per quanto riguarda le impurezze e lo stato fisico della sostanza.

Per il metodo del dibattito in pallone:

- il risultato dell'eventuale stima preliminare;

- la temperatura di determinazione;

- i dati sui procedimenti analitici impiegati per determinare le concentrazioni;

- il tempo e la velocità di centrifugazione, se quest'ultima è stata applicata;

- le concentrazioni misurate in ambedue le fasi per ciascuna determinazione (ciò significa che dovrà essere riportato un totale di 12 concentrazioni);

- il peso della sostanza in esame, il volume di ciascuna fase impiegata in ciascun recipiente di prova e la quantità totale calcolata della sostanza in esame presente in ciascuna fase dopo equilibrazione;

- i valori calcolati per il coefficiente di ripartizione (P), e le medie per ciascuna serie di condizioni sperimentali, nonché la media per tutte le determinazioni. Se esiste il sospetto di una dipendenza dalla concentrazione del coefficiente di ripartizione, ciò va menzionato nella relazione;

- la deviazione standard dei singoli valori di P rispetto alla loro media;

- il valore medio di P risultante da tutte le determinazioni deve pure essere espresso come logaritmo (base 10);

- il valore teorico calcolato per Poa quando esso è stato determinato o quando il valore misurato è > 104;

- il pH dell'acqua impiegata e della fase acquosa durante l'esperimento;

- se vengono usati dei tamponi, giustificazione del loro uso al posto dell'acqua, composizione, concentrazione e pH dei tamponi, pH della fase acquosa prima e dopo l'esperimento.

Per il metodo HPLC:

- il risultato dell'eventuale stima preliminare;

- sostanze in esame e di riferimento e loro purezza;

- intervallo di temperatura delle determinazioni;

- pH al quale vengono effettuate le determinazioni;

- dettagli relativi alla colonna analitica e di protezione, alla fase mobile e al dispositivo di rivelazione;

- dati di ritenzione e valori di log P desunti dalla letteratura per i composti di riferimento usati nella taratura;

- dettagli della curva di regressione risultante (log k contro log P);

- dati di ritenzione media e valore interpolato di log P per il composto in esame;

- descrizione dell'apparecchiatura e delle condizioni operative;

- profili di eluizione;

- quantità delle sostanze in esame e di riferimento introdotte nella colonna;

- tempo morto e metodo secondo il quale questo è stato misurato.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) OECD, Paris, 1981, Test Guideline 107, Decision of the Council C(81) 30 final.

(2) C. Hansch and A.J. Leo, Substituent Constants for Correlation Analysis in Chemistry and Biology, John Wiley, New York, 1979.

(3) Log P and Parameter Database, A tool for the quantitative prediction of bioactivity (C. Hansch, chairman; A.J. Leo, dir.) - Available from Pomona College Medical Chemistry Project, 1982, Pomona College, Claremont, California 91711.

(4) L. Renberg, G. Sundström and K. Sundh-Nygärd, Chemosphere, 1981, vol. 80, 683.

(5) H. Ellgehausen, C. D'Hondt and R. Fuerer, Pestic. Sci., 1981, vol. 12, 219.

(6) B. McDuffie, Chemosphere, 1981, vol. 10, 73.

(7) W.E. Hammers et al., J. Chromatogr, 1982, vol. 247, 1.

(8) J.E. Haky and A.M. Young, J. Liquid, Chromat., 1984, vol. 7, 675.

(9) S. Fujisawa and E. Masuhara, J. Biomed. Mat. Res., 1981, vol. 15, 787.

(10) O. Jubermann, Verteilen und Extrahieren, in Methoden der Organischen Chemie (Houbenm Weyl), Allgemeine Laboratoriumpraxis (edited by E.Muller), Georg Thieme Verlag, Stuttgart, 1958, Band I/1, 223-339.

(11) R.F. Rekker and H.M. de Kort, Euro. J. Med. Chem. 1979, vol. 14, 479.

(12) A. Leo, C. Hansch and D. Elkins, Partition coefficients and their uses. Chem. Rev., 1971, vol. 71, 525.

(13) R.F. Rekker, The Hydrophobic Fragmental Constant, Elsevier, Amsterdam, 1977.

(14) NF T 20-043 AFNOR (1985). Chemical products for industrial use - Determination of partition coefficient - Flask shaking method.

(15) C.V. Eadsforth and P.Moser, Chemosphere, 1983, vol. 12, 1459.

(16) A. Leo, C. Hansch and D. Elkins, Chem. Rev, 1971, vol. 71, 525.

(17) C. Hansch, A. Leo, S.H. Unger, K.H. Kim, D. Nikaitani and E.J. Lien, J. Med. Chem., 1973, vol. 16, 1207.

(18) W.B. Neely, D.R. Branson and G.E. Blau, Environ. Sci. Technol., 1974, vol. 8, 1113.

(19) D.S. Brown and E.W. Flagg, J. Environ. Qual., 1981, vol. 10, 382.

(20) J.K. Seydel and K.J. Schaper, Chemische Struktur und biologische Aktivität von Wirkstoffen, Verlag Chemie, Weinheim, New York, 1979.

(21) R. Franke, Theoretical Drug Design Methods, Elsevier, Amsterdam, 1984.

(22) Y.C. Martin, Quantitative Drug Design, Marcel Dekker, New York, Basel, 1978.

(23) N.S. Nirrlees, S.J. Noulton, C.T. Murphy, P.J. Taylor; J. Med. Chem., 1976, vol. 19, 615.

Appendice 1

Metodi di calcolo/stima

INTRODUZIONE

Un'introduzione generale ai metodi di calcolo, dati ed esempi si trova nello Handbook of Chemical

Property Estimation Methods (a).

I valori calcolati di Poa possono essere usati:

- per decidere quale dei metodi sperimentati sia appropriato (intervallo del metodo di dibattimento in pallone: log Poa da 2 a 4, intervallo del metodo in HPLC: log Poa da 0 a 6);

- per scegliere le condizioni sperimentali appropriate (per esempio, sostanze di riferimento per i procedimenti HPLC, rapporto in volume n-ottanolo/acqua per il metodo del dibattimento in pallone);

- come verifica interna di laboratorio per possibili errori sperimentali;

- per ottenere una stima di Poa nei casi in cui i metodi sperimentali non possano essere applicati per ragioni tecniche.

METODO DI STIMA

Stima preliminare del coefficiente di ripartizione

Il valore del coefficiente di ripartizione può essere stimato mediante l'uso delle solubilità della sostanza in esame nei solventi puri:

a tale scopo:

Pstimato = cn-ottanolo alla saturazionecacqua alla saturazione

METODI DI CALCOLO

Principio dei metodi di calcolo

Tutti i metodi di calcolo sono basati sulla frammentazione formale della molecola in sottostrutture adatte per le quali sono noti incrementi di log Poa affidabili. Il log Poa della molecola intera viene poi calcolato come somma dei valori corrispondenti dei suoi frammenti più la somma di termini di correzione per le interazioni intramolecolari.Sono disponibili elenchi delle costanti di frammentazione e dei termini di correzione (b) (c) (d) (e). Alcuni di questi vengono regolarmente aggiornati (b).

Criteri di qualità

In generale, l'affidabilità del metodo di calcolo diminuisce al crescere della complessità del composto in esame. Nel caso di molecole semplici di basso peso molecolare e con uno o due gruppi funzionali, ci si può attendere una deviazione da 0,1 a 0,3 unità di log Poa tra i risultati dei metodi di frammentazione e il valore misurato. Nel caso di molecole più complesse, il margine d'errore può essere più grande. Questo dipenderà dalla affidabilità e disponibilità delle costanti dei frammenti, nonchè dalla capacità di riconoscere l interazioni intramolecolari (per esempio i legami idrogeno) e dall'uso corretto dei termini di correzione (problema di non difficile soluzione utilizzando un elaboratore di calcolo e il programma CLOGP-3) (b). Nel caso di composti che si ionizzano, è importante considerare correttamente la carica e il grado di ionizzazione.

Procedure di calcolo

Metodo del ð di Hansch

La costante del sostituente idrofobo originale, ð, introdotta da Fujita et al. (f) è definita come:

px = log Poa (PhX) log Poa (PhH)

dove Poa (PhX) è il coefficiente di ripartizione di un derivato aromatico e Poa (PhH) quello del composto capostipite

(p. es. pCl= log Poa (C6H5Cl) log Poa (C6H6)= 2,84 2,13 = 0,71).

Secondo la sua definizione, il metodo del ð può essere applicato principalmente per la sostituzione aromatica. Valori di ð per un gran numero di sostituenti sono stati tabulati in (b) (c) (d). Essi vengono usati per il calcolo di log Poa di molecole o sottostrutture aromatiche.

Metodo di Rekker

Secondo Rekker (g), il valore di log Poa viene calcolato come segue:

log Poa = Siai fi + Sj (termini di interazione) dove fi rappresenta la costante dei differenti frammenti molecolari e ai la frequenza con cui essi si presentano nella molecola in esame. I termini di correzione possono essere espressi come multiplo intero di una costante singola Cm (la cosiddetta «costante magica»). Le costanti di frammento fi e Cm sono state ricavate da un elenco di 1 054 valori sperimentali di Poa (825 composti) utilizzando l'analisi di regressione multipla (c) (h). La determinazione dei termini di interazione viene eseguita secondo regole fisse descritte in letteratura (e) (h) (i).

Metodo di Hansch-Leo

Secondo Hansch e Leo (c), il valore di log Poa si calcola dalla relazione:

log Poa = Siai fi + Sj bj Fj

in cui fi rappresenta la costante per differenti frammenti molecolari, Fj il termine di correzione e ai, bj le corrispondenti frequenze con cui essi si presentano. Una serie di valori di frammenti costituiti da atomi e gruppi e una serie di termini di correzione Fj (i cosiddetti «fattori») sono stati determinati per approssimazioni successive derivandoli da valori sperimentali di Poa. I termini di correzione sono stati ordinati in varie classi (a) (c). È relativamente complicato e lungo tener conto di tutte le regole e dei termini di correzione. Sono stati sviluppati a tale scopo dei pacchetti di programma (b).

Metodo combinato

Il calcolo del log Poa di molecole complesse può venire migliorato considerevolmente se la molecola viene divisa in strutture più semplici per le quali sono disponibili valori affidabili di log Poa ottenuti o da tabelle (b) (c) o da proprie misure. Tali frammenti (p. es. sostanze eterocicliche, antrachinoni, azobenzene) possono poi venire combinati con i valori di ð di Hansch o con le costanti di frammento di Rekker o Leo.

Osservazioni

i) I metodi di calcolo possono essere applicati a composti parzialmente o completamente ionizzati solo quando è possibile tener conto dei necessari fattori di correzione.

ii) Se si può assumere che vi siano dei legami idrogeno intramolecolari, i corrispondenti termini di correzione (approssimativamente da + 0,6 a +1,0 unità di log Poa) devono venire aggiunti (a). Indicazioni della presenza di tali legami si possono ottenere da modelli tridimensionali o da dati spettroscopici della molecola.

iii) Se sono possibili varie forme tautomere, si deve assumere come base di calcolo la forma più probabile.

iv) È opportuno seguire con attenzione le revisioni degli elenchi delle costanti di frammento.

Relazione

Quando si utilizzano metodi di calcolo/stima, la relazione deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- descrizione della sostanza (miscela, impurezze, e così via);

- indicazione di ogni possibile legame idrogeno intramolecolare, dissociazione, carica e altri effetti insoliti (per esempio tautomeria);

- descrizione del metodo di calcolo;

- identificazione o fornitura della base di dati;

- peculiarità della scelta dei frammenti;

- documentazione completa del calcolo.

BIBLIOGRAFIA

(a) W.J. Lyman, W.F. Reehl and D.H. Rosenblatt (ed.), Handbook of Chemical Property Estimation Methods, McGraw-Hill, New York, 1983.

(b) Pomona College, Medicinal Chemistry Project, Claremont, California 91711, USA, Log P Database and Med. Chem. Software (Program CLOGP-3).

(c) C. Hansch, A.J. Leo, Substituent Constants for Correlation Analysis in Chemistry and Biology, John Wiley, New York, 1979.

(d) A. Leo, C. Hansch, D. Elkins, Chem. Rev., 1971, vol. 71, 525.

(e) R.F. Rekker, H.M. de Kort, Eur. J. Med. Chem. - Chim. Ther., 1979, vol. 14, 479.

(f) T. Fujita, J. Iwasa and C. Hansch, J. Amer. Chem. Soc., 1964, vol. 86, 5175.

(g) R.F. Rekker, The Hydrophobic Fragmental Constant, Pharmacochemistry Library, vol. 1, Elsevier,

(h) C.V. Eadsforth, P. Moser, Chemosphere, 1983, vol. 12, 1459.

(i) R.A. Scherrer, ACS - American Chemical Society, Washington D.C., 1984, Symposium Series 255, p. 225.

Appendice 2

>SPAZIO PER TABELLA>

A.9. PUNTO D'INFIAMMABILITÀ

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Prima di procedere all'esecuzione della prova sarà utile disporre di informazioni preliminari sulla infiammabilità della sostanza. Il metodo è applicabile a sostanze liquide i cui vapori possono infiammarsi mediante sorgenti di accensione. I metodi sperimentali elencati in questo testo sono affidabili solo per gli intervalli del punto di infiammabilità specificati nei singoli metodi.Quando si sceglie il metodo da usare, bisogna considerare la possibilità di reazioni chimiche tra la sostanza e il porta campioni.

1.2. DEFINIZIONI E UNITÀ

Il punto di infiammabilità è la temperatura più bassa, corretta alla pressione di 101,325 kPa, alla quale un liquido sviluppa vapori, nelle condizioni definite nel metodo sperimentale, in quantità tali da produrre una miscela vapore/aria infiammabile nel recipiente di prova.

unità: C

t = T 273,15(t in C e T in K)

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Non è necessario utilizzare sostanze di riferimento ogni volta che si esamina una nuova sostanza. Esse servono principalmente per controllare periodicamente la precisione del metodo e per permettere il confronto con risultati ottenuti mediante altri metodi.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO

La sostanza viene posta in un recipiente di prova e riscaldata o raffreddata alla temperatura sperimentale secondo la procedura descritta nei singoli metodi sperimentali. Vengono eseguite delle prove di accensione allo scopo di accertare se il campione si infiamma o non si infiamma alla temperatura di prova.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

1.5.1. Ripetibilità

La ripetibilità varia secondo l'intervallo del punto di infiammabilità e secondo il metodo sperimentale usato; massimo 2 C.

1.5.2. Sensibilità

La sensibilità dipende dal metodo sperimentale applicato.

1.5.3. Specificità

La specificità di alcuni metodi sperimentali è limitata a particolari intervalli di punto di infiammabilità e dipende dalle caratteristiche delle sostanze (come ad esempio una elevata viscosità).

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO

1.6.1. Preparazioni

Un campione della sostanza in esame viene posto in un apparecchio di prova in conformità a quanto indicato nei punti 1.6.3.1 e/o 1.6.3.2.Per ragioni di sicurezza, si raccomanda di usare un metodo che utilizzi un campione di piccole dimensioni, circa 2 cm3, per le sostanze di elevato contenuto energetico o tossiche.

1.6.2. Condizioni di prova

L'apparecchio, nei limiti in cui ciò sia in linea con le esigenze di sicurezza, deve essere collocato lontano da correnti d'aria.

1.6.3. Esecuzione della prova

1.6.3.1. Metodo dell'equilibrio

Vedi norme ISO 1516, ISO 3680, ISO 1523 e ISO 3679.

1.6.3.2. Metodo basato sul non equilibrio

Apparecchio di Abel:

Vedi norme BS 2000, parte 170, NF M07-011 e NF T66-009.

Apparecchio di Abel-Pensky:

Vedi norme EN 57, DIN 51755 - parte 1 - (per temperature comprese tra 5 C e 65 C) e DIN 51755 - parte 2 - (per temperature al di sotto di 5 C), NF M07-036

Apparecchio di Tag:

Vedi norma ASTM D 56.

Apparecchio di Pensky-Martens:

Vedi norme ISO 2719, EN 11, DIN 51758, ASTM D 93, BS 2000-34 e NF M 07-019.

Osservazioni:

Quando il punto di infiammabilità, determinato mediante un metodo non di equilibrio scelto tra quelli elencati al punto 1.6.3.2, risulta essere pari a 0 ± 2 C, 21 ± 2 C, o 55 ± 2 C, occorre confermarlo con un metodo all'equilibrio, utilizzando la stessa apparecchiatura.

Ai fini della notifica possono applicarsi solo i metodi che forniscono la temperatura del punto di infiammabilità.

Per determinare il punto di infiammabilità di liquidi viscosi (vernici, gomme e prodotti analoghi) contenenti solventi, possono impiegarsi soltanto apparecchiature e metodi di prova adatti alla determinazione del punto di infiammabilità di liquidi viscosi.

Vedi norme ISO 3679, ISO 3680, ISO 1523 e DIN 53213, parte 1.

2. DATI

3. RELAZIONE

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- la descrizione precisa della sostanza (identità e impurezze presenti),

- l'indicazione del metodo impiegato e di eventuali deviazioni da esso,

- i risultati e tutte le osservazioni aggiuntive utili ai fini dell'interpretazione dei risultati.

4. BIBLIOGRAFIA

Nessuna.

A.10. INFIAMMABILITÀ (SOLIDI)

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Prima di effettuare la prova sarà utile disporre di informazioni preliminari sulle eventuali proprietà esplosive della sostanza.

La presente prova dovrebbe essere applicata esclusivamente a sostanze in polvere, granulari e pastose.

Evitando di considerare tutte le sostanze capaci di infiammarsi e limitandosi soltanto a quelle che bruciano rapidamente o il cui comportamento alla combustione presenta particolari pericoli di qualsiasi genere, si considerano come facilmente infiammabili soltanto le sostanze la cui velocità di combustione supera un certo valore limite.

Può essere particolarmente pericoloso se l'incandescenza si propaga lungo una polvere metallica a motivo della difficoltà di estinguere l'incendio. Le polveri metalliche sono da considerarsi facilmente infiammabili se sostengono la diffusione dell'incandescenza attraverso la massa entro un tempo specificato.

1.2. DEFINIZIONE E UNITÀ

La velocità di combustione è espressa in secondi.

1.3. COMPOSTI DI RIFERIMENTO

Non specificati.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO

La sostanza viene sagomata in una striscia continua o in una miccia di polvere della lunghezza di circa 250 mm e si esegue una prova preliminare orientativa per determinare se, all'accensione mediante una fiamma gassosa, si verifica la propagazione per combustione con fiamma o senza fiamma. Se entro un tempo specificato si verifica la propagazione su 200 mm della massa di campione, allora si esegue un programma completo di prova per determinare la velocità di combustione.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Non definiti.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO

1.6.1. Prova preliminare orientativa

La sostanza viene sagomata in una striscia continua o in una miccia di polvere per una lunghezza di circa 250 mm per 20 mm di larghezza per 10 mm di altezza su una lastra di base non combustibile, non porosa e di bassa conducibilità termica. Ad una estremità della miccia in polvere si applica una fiamma di alta temperatura generata da un bruciatore a gas (diametro minimo 5 mm) fino a che la polvere si accende oppure per un massimo di 2 minuti (5 minuti per polveri di metalli o leghe metalliche). Ciò che deve essere osservato è se la combustione si propaghi per 200 mm della miccia entro un tempo di prova di 4 minuti (o 40 minuti per polveri metalliche). Se la sostanza non si accende e non propaga la combustione bruciando con fiamma o senza fiamma su 200 mm della miccia di polvere entro 4 minuti (o 40 minuti) nel periodo di prova, allora la sostanza non è da considerarsi come facilmente infiammabile e non sonorichieste ulteriori prove. Se la sostanza propaga la combustione per un tratto di 200 mm della miccia di polvere in meno di 4 minuti o in meno di 40 minuti per le polveri metalliche, si deve eseguire il procedimento descritto nel seguito (punto 1.6.2. e successivi).

1.6.2. Prova della velocità di combustione

1.6.2.1. Preparazione

Le sostanze in polvere o granulari vengono introdotte in modo sfuso in uno stampo della lunghezza di 250 mm con sezione trasversale triangolare ed altezza interna di 10 mm e larghezza di 20 mm. Su ambedue i lati dello stampo, in senso longitudinale, sono montate due lastrine di metallo, con la funzione di limiti laterali; esse devono sporgere di 2 mm oltre il bordo superiore della sezione triangolare (vedi figura). Lo stampo viene poi lasciato cadere per tre volte su una superficie solida, dall'altezza di 2 cm. Se necessario, lo stampo viene nuovamente riempito. I limiti laterali vengono poi rimossi e la sostanza in eccesso viene asportata. Sopra allo stampo si pone una piastra non combustibile, non porosa e con una bassa conducibilità termica che funge da piastra di base, si rovescia l'apparecchio e si rimuove lo stampo.

Le sostanze pastose sono sparse su una piastra di base non combustibile, non porosa e di bassa conducibilità termica in forma di un cordone della lunghezza di 250 mm con una sezione trasversale di circa 1 cm2.

1.6.2.2. Condizioni sperimentali

Nel caso di una sostanza sensibile all'umidità, la prova deve essere effettuata con la massima rapidità possibile subito dopo aver tolto la sostanza stessa dal recipiente.

1.6.2.3. Esecuzione della prova

Disporre il campione nella corrente di una cappa per l'aspirazione dei fumi.La velocità dell'aria deve essere sufficiente per impedire ai fumi di sfuggire verso il laboratorio e non deve venire modificata durante la prova. L'apparecchio deve essere schermato dalla corrente d'aria.

Per accendere l'ammasso ad una estremità, si utilizza una fiamma calda di un bruciatore a gas (diametro minimo 5 mm). Quando l'ammasso è bruciato per un tratto di 80 mm, si misura la velocità di combustione sui successivi 100 mm. L'esperimento viene eseguito sei volte usando ogni volta una piastra pulita e fredda, salvo che si osservi prima un risultato positivo.

2. DATI

Il tempo di combustione risultante dalla prova preliminare orientativa (1.6.1) e il minimo tempo di combustione su un massimo di sei prove (1.6.2.3) sono i dati utili ai fini della valutazione.

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- l'indicazione esatta della sostanza (identificazione e impurezze);

- una descrizione della sostanza esaminata e del suo stato fisico, incluso il contenuto di umidità;

- i risultati della prova preliminare orientativa e della prova della velocità di combustione, se eseguita;

- tutte le osservazioni aggiuntive significative ai fini dell'interpretazione dei risultati.

3.2. INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI

PER LA CONTINUAZIONE DEL TESTO VEDI SOTTO NUMERO: 392L0069.2

Le sostanze in polvere, granulari o pastose sono da considerarsi facilmente infiammabili se il tempo di combustione in una qualunque delle prove eseguite secondo la procedura sperimentale descritta al punto 1.6.2. è minore di 45 secondi. Le polveri di metalli o leghe metalliche sono considerate facilmente infiammabili quando sono suscettibili di accensione e la fiamma o la zona di reazione si propaga sull'intero campione in 10 minuti o meno.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) NF T 20-042 (SEPT 85). Chemical products for industrial use. Determination of the flammability of solids.

Appendice

Figura

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Stampo e accessori per la preparazione del campione

(Tutte le dimensioni sono espresse in mm)

A.11. INFIAMMABILITÀ (GAS)

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Questo metodo permette di determinare se gas miscelati con aria a temperatura ambiente (circa 20 C) e pressione atmosferica sono infiammabili e, in tale caso, in quale intervallo di concentrazioni. Miscele a concentrazioni crescenti del gas in esame con l'aria vengono esposte a una scintilla elettrica e si osserva se ha luogo l'accensione.

1.2. DEFINIZIONE E UNITÀ

L'intervallo d'infiammabilità è l'intervallo di concentrazione compreso fra il limite minimo e il limite massimo di esplosione. I limiti minimo e massimo di esplosione sono quei limiti di concentrazione del gas infiammabile in miscela con l'aria ai quali non si verifica la propagazione della fiamma.

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Non specificate

1.4. PRINCIPIO DEL METODO

La concentrazione del gas nell'aria viene aumentata gradualmente e ad ogni livello di concentrazione la miscela viene esposta ad una scintilla elettrica.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Non stabiliti

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO

1.6.1. Apparecchiatura

Il recipiente di prova è costituito da un cilindro verticale di vetro con un diametro interno di almeno 50 mm ed una altezza di 300 mm. Gli elettrodi di accensione, separati da una distanza di 3-5 mm, sono collocati 60 mm al di sopra del fondo del cilindro. Il cilindro è provvisto di un'apertura per lo sfogo della pressione. L'apparecchio deve essere schermato in modo da limitare gli eventuali danni dovuti ad esplosione.

Come fonte di accensione si impiega una scintilla ad induzione permanente della durata di 0,5 sec., generata da un trasformatore ad alto voltaggio con una tensione di uscita compresa fra 10 e 15 kV (potenza massima di entrata: 300 W). Un esempio di un apparecchio adatto è descritto nel riferimento bibliografico (2).

1.6.2. Condizioni sperimentali

La prova deve essere eseguita a temperatura ambiente (circa 20 C).

1.6.3. Esecuzione della prova

Usando pompe dosatrici, si introduce nel cilindro di vetro una miscela gas - aria di concentrazione nota. Si fa passare una scintilla attraverso la miscela e si osserva se si stacca o no dalla fonte di accensione una fiamma che si propaga indipendentemente. La concentrazione del gas viene variata per incrementi dell'1 % in volume fino a quando si verifica l'accensione sopra descritta.Se la struttura chimica del gas indica che esso non dovrebbe essere infiammabile e si può calcolare la composizione della miscela stechiometrica con aria, si effettua allora la prova solo su miscele nell'intervallo dal 10 % al di sotto della composizione stechiometrica al 10 % al di sopra di questa composizione in incrementi dell'1 %.

2. DATI

La propagazione della fiamma è l'unico fenomeno significativo per la determinazione di questa proprietà.

3. RELAZIONE

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- la descrizione esatta della sostanza (identità e impurezze presenti),

- la descrizione dell'apparecchiatura utilizzata con l'indicazione delle dimensioni,

- la temperatura alla quale la prova è stata eseguita,

- le diverse concentrazioni impiegate e i risultati ottenuti,

- il risultato della prova: gas non infiammabile o gas facilmente infiammabile,

- se si conclude che il gas non è infiammabile, si deve allora dichiarare l'intervallo di concentrazioni nel quale esso è stato provato in incrementi dell'1 %;

- tutte le informazioni e osservazioni significative per l'interpretazione dei risultati.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) NF T 20-041 (SEPT 85). Chemical products for industrial use. Determination of the flammability of gases.

(2) W.Berthold, D.Conrad, T.Grewer, H.Grosse-Wortmann, T.Redeker und H.Schacke. «Entwicklung einer Standard-Apparatur zur Messung von Explosionsgrenzen». Chem.-Ing.-Tech. 1984, vol. 56, 2, 126-127.

A.12. INFIAMMABILITÀ (Contatto con l'acqua)

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Questo metodo sperimentale può essere usato per determinare se la reazione di una sostanza con acqua o aria umida porta allo sviluppo di quantità pericolose di gas che possono essere facilmente infiammabili.

Il metodo è applicabile alle sostanze solide e liquide. Questo metodo non è applicabile a sostanze che si infiammano spontaneamente a contatto con l'aria.

1.2. DEFINIZIONI E UNITÀ

Facilmente infiammabili: sostanze che, a contatto con l'acqua o con l'aria umida, sviluppano gas facilmente infiammabili in quantità pericolose ad una velocità minima di 1 litro/kg per ora.

1.3. PRINCIPIO DEL METODO

La sostanza viene saggiata secondo il procedimento per gradi descritto nel seguito; se ad uno qualsiasi dei livelli si verifica l'accensione, non è necessario proseguire nella prova. Se è noto che la sostanza non reagisce violentemente con l'acqua, procedere allora al livello 4 (1.3.4).

1.3.1. Livello 1

La sostanza in esame viene versata in un recipiente contenente acqua distillata a 20 C e si osserva se il gas sviluppato si infiamma o meno.

1.3.2. Livello 2

La sostanza in esame viene posta su un foglio di carta da filtro galleggiante sulla superficie di un recipiente contenente acqua distillata a 20 C e si osserva se il gas sviluppato si infiamma o meno. La carta da filtro ha semplicemente la funzione di evitare la dispersione della sostanza in acqua, aumentando così le possibilità di accensione.

1.3.3. Livello 3

La sostanza in esame viene disposta in forma approssimativamente cilindrica di circa 2 cm di altezza e 3 cm di diametro. Si aggiungono alcune gocce di acqua e si osserva se il gas sviluppato si infiamma.

1.3.4. Livello 4

La sostanza in esame viene mescolata con acqua distillata a 20 C e si misura la velocità di sviluppo del gas per un periodo di 7 ore ad intervalli di un'ora. Se la velocità di formazione del gas non è costante, o è ancora in aumento dopo 7 ore, si deve prolungare il tempo di misurazione fino ad un massimo di 5 giorni. La prova può essere sospesa in qualsiasi momento se la velocità di sviluppo del gas supera 1 l/kg per ora.

1.4. SOSTANZA DI RIFERIMENTO

Non specificata.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Non stabiliti.

1.6. DESCRIZIONE DEI METODI

1.6.1. Livello 1

1.6.1.1. Condizioni di prova

La prova va eseguita a temperatura ambiente (circa 20 C).

1.6.1.2. Esecuzione della prova

Una piccola quantità (2 mm circa di diametro) della sostanza da esaminare viene posta in un recipiente contenente acqua distillata. Si deve osservare: (i) se si ha sviluppo di gas: (ii) se si verifica l'accensione del gas. Se si verifica l'accensione del gas, non sono necessarie ulteriori prove, poiché la sostanza deve essere considerata pericolosa.

1.6.2. Livello 2

1.6.2.1. Apparecchiatura

Un foglio di carta da filtro viene fatto galleggiare sulla superficie di acqua distillata contenuta in un qualsiasi recipiente idoneo, per esempio una capsula da evaporazione del diametro di 100 mm.

1.6.2.2. Condizioni di prova

La prova va eseguita a temperatura ambiente (circa 20 C).

1.6.2.3. Esecuzione della prova

Una piccola quantità della sostanza in esame (2 mm circa di diametro) viene posta al centro del foglio di carta da filtro. Si deve osservare: (i) se si ha sviluppo di gas; (ii) se si verifica l'accensione del gas. Se si verifica l'accensione del gas, non sono necessarie ulteriori prove, poiché la sostanza deve essere considerata pericolosa.

1.6.3. Livello 3

1.6.3.1. Condizioni di prova

La prova deve essere eseguita a temperatura ambiente.

1.6.3.2. Esecuzione della prova

La sostanza da esaminare viene disposta in forma approssimativamente cilindrica di circa 2 cm d'altezza e 3 cm di diametro, con una leggera concavità sulla cima. Si aggiungono alcune gocce di acqua e si osserva: (i) se si ha sviluppo di gas; (ii) se si verifica l'accensione del gas. Se si verifica l'accensione del gas, non sono necessarie ulteriori prove, poiché la sostanza deve essere considerata pericolosa.

1.6.4. Livello 4

1.6.4.1. Apparecchiatura

L'apparecchiatura viene montata come mostrato in figura.

1.6.4.2. Condizioni di prova

Controllare il contenitore della sostanza da esaminare per accertare l'eventuale presenza di polveri al di sotto di 500 5m (dimensioni delle particelle). Se il contenuto in polvere supera l'1% (p/p) del totale, o se il campione è friabile, tutta la sostanza deve essere ridotta in polvere prima della prova, per tener conto della riduzione di formato delle particelle durante l'immagazzinamento e la manipolazione; in caso contrario, la sostanza deve essere saggiata così come ricevuta. La prova deve essere eseguita a temperatura ambiente (circa 20 C) e a pressione atmosferica.

1.6.4.3. Esecuzione della prova

Si introducono da 10 a 20 ml d'acqua nel contagocce dell'apparecchiatura e 10 g di sostanza nella beuta. Il volume del gas sviluppato può essere misurato mediante qualsiasi mezzo opportuno. L'imbuto del contagocce viene aperto per immettere l'acqua nella beuta e si avvia un cronometro. Lo sviluppo del gas viene misurato ogni ora per un periodo di 7 ore. Se durante questo periodo lo sviluppo del gas è irregolare o se, al termine di questo periodo, la velocità di sviluppo del gas è in aumento, le misure devono essere continuate fino a 5 giorni. Se in qualunque momento durante la misura la velocità di sviluppo del gas è superiore a 1 l/kg per ora, la prova può essere interrotta. La prova va eseguita in triplo.

Se l'identità chimica del gas è sconosciuta, il gas deve essere analizzato. Quando il gas contiene componenti facilmente infiammabili e non si sa se l'intera miscela sia facilmente infiammabile, si deve preparare e saggiare secondo il metodo A.11 una miscela avente la stessa composizione.

2. DATI

La sostanza viene considerata pericolosa se:

- a qualsiasi livello della procedura sperimentale si verifica l'accensione spontanea;

o

- avviene uno sviluppo di gas infiammabile ad una velocità maggiore di 1 l/kg della sostanza per ora.

3. RELAZIONE

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- l'indicazione precisa della sostanza (identificazione e impurezze);

- dettagli dell'eventuale preparazione iniziale della sostanza in esame;

- i risultati delle prove (livelli 1, 2, 3 e 4);

- l'identità chimica del gas sviluppato;

- la velocità di sviluppo del gas se viene eseguito il livello 4 (1.6.4);

- ogni ulteriore osservazione significativa ai fini dell'interpretazione dei risultati.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) Recommendations on the Transport of Dangerous Goods, test and criteria, 1990, United Nations, New York.

(2) NF T 20-040 (SEPT 85). Chemical products for industrial use. Determination of the flammability of gases formed by the hydrolysis of solid and liquid products.

Appendice

Figura

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Apparecchiatura

A.13. PROPRIETÀ PIROFORICHE DI SOLIDI E LIQUIDI

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

La procedura sperimentale può essere applicata a sostanze solide o liquide che, in piccole quantità, si accendano spontaneamente poco tempo dopo essere venute in contatto con l'aria a temperatura ambiente (circa 20 C).

Questo metodo di prova non considera le sostanze che devono essere esposte all'aria per ore o giorni a temperatura ambiente o a temperature elevate prima che si verifichi l'accensione.

1.2. DEFINIZIONI E UNITÀ

Si considera che una sostanza presenti proprietà piroforiche se si accende o carbonizza nelle condizioni descritte in 1.6.Può anche essere necessario controllare l'autoinfiammabilità dei liquidi usando il metodo A.15 (Temperatura di autoaccensione liquidi e gas).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Non specificata.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO

La sostanza solida o liquida viene aggiunta ad un veicolo inerte e portata in contatto con aria a temperatura ambiente per un periodo di 5 minuti. Se le sostanze liquide non si accendono, esse vengono assorbite su carta da filtro ed esposte all'aria a temperatura ambiente (circa 20 C) per 5 minuti. Se un solido o un liquido si infiammano, o se un liquido provoca l'accensione o la carbonizzazione della carta da filtro, la sostanza è considerata piroforica.

1.5. CRITERIO DI QUALITÀ

Ripetibilità: per motivi di sicurezza, un singolo risultato positivo è sufficiente perché la sostanza sia considerata piroforica.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI PROVA

1.6.1. Apparecchiatura

Una capsula di porcellana del diametro di circa 10 cm viene riempita con farina di diatomee per un'altezza di circa 5 mm a temperatura ambiente (circa 20 C).

Nota:

La farina di diatomee, o qualsiasi altra sostanza inerte paragonabile facilmente reperibile, sarà considerata rappresentativa di un suolo su cui può riversarsi, in caso di incidente, la sostanza in esame.

Per l'analisi di liquidi che non si accendono a contatto con l'aria quando siano in contatto con un veicolo inerte, è necessaria carta da filtro asciutta.

1.6.2. Esecuzione della prova

a) Solidi in polvere

Da 1 a 2 cm3 della sostanza in polvere da esaminare vengono versati da un'altezza di circa 1 m su una superficie non combustibile e si osserva se la sostanza si infiamma durante la caduta o entro 5 minuti dopo la caduta.

La prova viene eseguita fino a quando si verifica l'accensione, per un massimo di 6 volte.

b) Liquidi

Circa 5 cm3 del liquido in esame vengono versati nella capsula di porcellana preparata e si osserva se la sostanza si infiamma entro 5 minuti.

Se nelle 6 prove non si verifica accensione, eseguire le prove seguenti:

un campione da 0,5 ml viene applicato mediante siringa su una carta da filtro dentellata e si osserva se avviene l'accensione o la carbonizzazione della carta da filtro entro 5 minuti dall'aggiunta del liquido. La prova viene eseguita fino a quando si verifica l'accensione o la carbonizzazione, per un massimo di tre volte.

2. DATI

2.1. TRATTAMENTO DEI RISULTATI

La prova può essere interrotta non appena si verifichi un risultato positivo in una qualunque delle prove.

2.2. VALUTAZIONE

Se la sostanza si accende entro 5 minuti da quando viene aggiunta ad un veicolo inerte ed esposta all'aria, oppure se una sostanza liquida carbonizza o provoca l'accensione di una carta da filtro entro 5 minuti da quando è stata aggiunta ed esposta all'aria, tale sostanza viene considerata piroforica.

3. RELAZIONE

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- l'indicazione precisa della sostanza (identificazione e impurezze);

- i risultati delle prove;

- ogni ulteriore osservazione significativa ai fini dell'interpretazione dei risultati.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) NF T 20-039 (SEPT 85). Chemical products for industrial use. Determination of the spontaneous flammability of solids and liquids.

(2) Recommendations on the Transport of Dangerous Goods, Test and criteria, 1990, United Nations, New York.

A.14. PROPRIETÀ ESPLOSIVE

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Il metodo fornisce uno schema di prove per determinare se una sostanza solida o pastosa presenti un pericolo di esplosione quando viene sottoposta all'effetto di una fiamma (sensibilità termica) o ad urti o sfregamenti (sensibilità agli stimoli meccanici) e se una sostanza liquida presenti un pericolo di esplosione quando viene sottoposta all'effetto di una fiamma o di un urto.

Il metodo comprende tre parti:

a) una prova di sensibilità termica (1);

b) una prova di sensibilità meccanica relativa agli urti (1);

c) una prova di sensibilità meccanica relativa allo sfregamento (1).

Il metodo fornisce dei dati per valutare la probabilità che certe sollecitazioni comuni possano dar luogo ad una esplosione. Il metodo non è previsto per stabilire se una sostanza sia in grado di esplodere in qualsiasi condizione.

Il metodo è appropriato per determinare se una sostanza presenti un pericolo di esplosione (sensibilità termica e meccanica) nelle particolari condizioni specificate nella direttiva. Questo metodo è basato su un certo numero di tipi di apparecchi ampiamente usati a livello internazionale (1) e che danno normalmente dei risultati significativi. Si riconosce che il metodo non è definitivo. Apparecchi alternativi a quelli specificati possono essere usati purché siano internazionalmente riconosciuti e i risultati possano adeguatamente venire correlati con quelli ricavabili dall'apparecchio specificato.

Non è necessario eseguire le prove quando le informazioni termodinamiche disponibili (per esempio il calore di formazione, calore di decomposizione) e/o l'assenza di certi gruppi reattivi (2) nella formula di struttura permettano di stabilire al di là di ogni ragionevole dubbio che la sostanza non è soggetta a rapida decomposizione con sviluppo di gas o liberazione di calore (cioè che il materiale non presenta alcun rischio di esplosione). Per i liquidi non è richiesto un saggio di sensibilità allo sfregamento.

1.2. DEFINIZIONI E UNITÀ

Esplosivi:

Sostanze che possono esplodere sotto l'effetto di una fiamma o che sono sensibili agli urti o all'attrito nell'apparecchiatura specificata (o che presentano una sensibilità meccanica maggiore dello 1,3-dinitrobenzene in un apparecchio alternativo).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

1,3-dinitrobenzene tecnico cristallino passante un setaccio da 0,5 mm per il metodo dello sfregamento e dell'urto.

Peridro-1,3,5-trinitro-1,3,5-triazina (RDX, esogeno, ciclonite - CAS 121-82-4), ricristallizzata da cicloesanone acquoso, setacciata a umido attraverso un setaccio da 250 ìm e trattenuta su un setaccio da 150 ìm, essiccata a 103 ± 2 C (per 4 ore) per la seconda serie di prove di sfregamento e urto.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO

Per stabilire le condizioni di sicurezza per l'esecuzione delle tre prove di sensibilità sono necessarie delle prove preliminari.

1.4.1. Prove di sicurezza di manipolazione (3)

Per ragioni di sicurezza, prima di eseguire le prove principali campioni molto piccoli (circa 10 mg) della sostanza vengono sottoposti a riscaldamento senza restrizioni fisiche in una fiamma gassosa, ad urti in qualunque tipo di apparecchio adato e allo sfregamento con l'impiego di un mazzuolo contro un incudine o qualsiasi altro tipo di macchina che produca attrito. Obiettivo della prova è di stabilire se la sostanza sia sensibile ed esplosiva in misura tale che le prove di sensibilità prescritte, in particolare quella della sensibilità termica, debbano essere eseguite con precauzioni particolari per evitare danni all'operatore.

1.4.2. Sensibilità termica

Il metodo prevede di riscaldare la sostanza in un tubo d'acciaio chiuso con piastre forate di differente diametro del foro per determinare se la sostanza tenda ad esplodere nelle condizioni di intensa sollecitazione termica e delimitazione spaziale definita.

1.4.3. Sensibilità meccanica (urti)

Il metodo prevede di sottoporre la sostanza all'urto di una massa specificata lasciata cadere da un'altezza specificata.

1.4.4. Sensibilità meccanica (sfregamento)

Il metodo prevede di sottoporre le sostanze solide o pastose ad attrito tra superfici standard in condizioni specificate di carico e movimento relativo.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Non stabiliti.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO

1.6.1. Sensibilità termica (effetto di una fiamma)

1.6.1.1. Apparecchiatura

L'apparecchiatura è costituita da un tubo d'acciaio non riutilizzabile con il suo dispositivo di chiusura riutilizzabile (figura 1), installato in un dispositivo di riscaldamento e protezione. Ciascun tubo è ottenuto per imbutitura da una lamiera d'acciaio (vedi appendice) e presenta un diametro interno di 24 mm, una lunghezza di 75 mm e uno spessore delle pareti di 0,5 mm. I tubi sono flangiati all'estremità aperta per permetterne la chiusura mediante la piastra forata. Questa è costituita da una piastra forata resistente alle alte pressioni, dotata di un foro centrale, saldamente fissata ad un tubo con un giunto a vite a due parti (dado e collare filettato). Il dado e il collare filettato sono in acciaio al cromo-manganese (vedi appendice) che non genera scintille fino a 800 C. Le piastre forate hanno uno spessore di 6 mm, sono in acciaio resistente al calore (vedi appendice) e sono disponibili con aperture di vario diametro.

1.6.1.2. Condizioni di prova

Normalmente la sostanza viene controllata così come fornita, benché in certi casi, per esempio se è pressata, colata o altrimenti condensata, posso essere necessario triturarla prima di esaminarla.Per i solidi, la massa di materiale da usarsi in ciascuna prova viene determinata secondo un procedimento a secco in due stadi. Un tubo tarato viene riempito con 9 cm3 di sostanza e la sostanza viene compattata con una forza di 80 N applicata alla sezione trasversale totale del tubo.

Per ragioni di sicurezza o nei casi in cui la forma fisica del campione possa essere modificata per compressione, si possono usare differenti procedure di riempimento; per esempio, se la sostanza è molto sensibile all'attrito la pigiatura non è appropriata. Se il materiale è comprimibile, se ne aggiunge dell'altro e lo si pigia fino a che il tubo è riempito fino a 55 mm dal bordo. Si determina la massa totale usata per riempire il tubo fino al livello di 55 mm e se ne aggiungono due ulteriori aliquote, pigiata ciascuna con una forza di 80 N. Poi, secondo le necessità, si aggiunge ulteriore materiale pigiandolo oppure lo si toglie per lasciare il tubo riempito fino a 15

mm dal bordo. Si esegue una seconda prova a secco partendo con una quantità pigiata pari a un terzo della massa totale trovata nella prima prova a secco. Si aggiungono altre due di queste aliquote pigiandole a 80 N e il livello della sostanza nel tubo viene regolato a 15 mm dal bordo mediante l'aggiunta o la sottrazione di materiale secondo le necessità. La quantità di solido usata in ciascuna prova è quella determinata nella seconda prova a secco; il riempimento viene eseguito in tre quantità uguali, compresse ciascuna a 9 cm3 con la forza necessaria, qualunque essa sia. (Ciò può essere facilitato mediante l'uso di anelli distanziatori.)

I liquidi e i gel sono caricati nel tubo fino ad un'altezza di 60 mm ponendo particolare attenzione con i gel per impedire la formazione di vuoti. Il collare filettato viene fatto scivolare sul tubo dal basso, si inserisce l'appropriato piatto forato e si serra il dado dopo aver applicato un po' di lubrificante a base di disolfuro di molibdeno. È essenziale controllare che non vi sia sostanza intrappolata tra la flangia e la piastra né nella filettatura.

Per il riscaldamento si utilizza propano prelevato da una bombola industriale dotata di regolatore di pressione (60-70 mbar), passandolo attraverso un manometro e distribuendolo in modo uniforme (come indicato dall'osservazione visiva delle fiamme uscenti dai bruciatori) a 4 bruciatori mediante un collettore. I bruciatori sono disposti intorno alla camera di prova come mostrato in figura 1. I quattro bruciatori hanno un consumo totale di circa 3,2 litri di propano al minuto. È possibile usare gas combustibili e bruciatori alternativi, ma la velocità di riscaldamento deve essere quella specificata in figura 3. Per tutte le apparecchiature, si deve controllare periodicamente la velocità di riscaldamento con l'uso di tubi riempiti di dibutilftalato, come indicato in figura 3.

1.6.1.3. Esecuzione delle prove

Ciascuna prova viene eseguita fino a quando il tubo si frammenta o è stato riscaldato per 5 minuti. Una prova che dia come risultato la frammentazione del tubo in tre o più pezzi, che in alcuni casi possono essere collegati uno all'altro da sottili strisce di metallo come è illustrato in figura 2, viene valutata come esplosione. Se una prova dà come risultato un minor numero di frammenti o nessuna frammentazione, si considera che non abbia dato luogo ad esplosione.Si esegue inizialmente una serie di tre prove con una piastra con orificio da 6,0 mm di diametro e, se non si ottengono esplosioni, si esegue una seconda serie di tre prove con una piastra avente un orificio del diametro di 2,0 mm. Se avviene un'esplosione durante una delle serie di prova non sono necessarie prove ulteriori.

1.6.1.4. Valutazione

Il risultato della prova è considerato positivo se si verifica un'esplosione in una delle serie di prove sopra descritte.

1.6.2. Sensibilità meccanica (urti)

1.6.2.1. Apparecchiatura (figura 4)

Le parti essenziali di una tipica apparecchiatura a martello cadente sono un blocco d'acciaio fuso con base, incudine, colonna, guide, pesi cadenti, dispositivo di rilascio e porta campione. L'incudine d'acciaio da 100 mm di diametro per 70 mm di altezza è avvitata su un blocco d'acciaio da 230 mm di lunghezza per 250 mm di larghezza per 200 mm d'altezza con una base fusa da 450 mm di lunghezza per 450 mm di larghezza per 60 mm d'altezza. Sul retro del blocco d'acciaio è avvitato un sostegno nel quale è fissata una colonna in tubo d'acciaio trafilato senza saldatura. Quattro viti ancorano l'apparecchio ad un blocco massiccio di cemento da 60 × 60 × 60 cm in modo che le guide siano assolutamente verticali e il peso cadente possa cadere liberamente. Per l'uso sono disponibili pesi di acciaio massiccio da 5 e 10 kg. La testa di impatto dei pesi è di acciaio temprato da 60 a 63 HRC e presenta un diametro minimo di 25 mm.

Il campione da esaminare viene posto in un dispositivo per prove d'urto costituito da due cilindri massicci d'acciaio coassiali e sovrapposti in un cilindro cavo d'acciaio che funge da guida. I cilindri d'acciaio massiccio devono avere un diametro di 10 ( 0,003, 0,005) mm e un'altezza di 10 mm e superfici levigate, spigoli arrotondati (raggio di curvatura 0,5 mm) e una durezza HRC da 58 a 65. Il cilindro cavo deve avere un diametro esterno di 16 mm, un foro levigato di 10 (+0,005, + 0,010) mm e un'altezza di 13 mm. Il dispositivo per le prove d'urto è montato su un'incudine intermedia d'acciaio (diametro 26 mm, altezza 26 mm) e centrato mediante un anello con fori di sfogo dei fumi.

1.6.2.2. Condizioni sperimentali

Il volume del campione dovrebbe essere di 40 mm3, o un volume adatto per eventuali apparecchi alternativi. Le sostanze solide dovrebbero essere provate allo stato secco e preparate come segue:

a) le sostanze in polvere sono setacciate (maglie da 0,5 mm); per le prove si usa tutto il materiale passato attraverso il setaccio;

b) le sostanze pressate, fuse o altrimenti condensate vengono rotte in pezzettini e setacciate. Per le prove si usa la frazione di setacciatura compresa tra 0,5 e 1 mm di diametro, e questa deve essere rappresentativa della sostanza originale.Le sostanze che si presentano normalmente sotto forma di pasta dovrebbero essere saggiate per quanto possibile alla stato secco o comunque dopo aver rimosso la maggior quantità possibile di diluente.

1.6.2.3. Esecuzione delle prove

Si esegue una serie di 6 prove lasciando cadere la massa di 10 kg da 0,40 m (40 J). Se durante le sei prove a 40 J si ottiene un'esplosione, si deve eseguire una serie ulteriore di 6 prove lasciando cadere una massa di 5 kg da 0,15 m (7,5 J). In altri apparecchi, il campione viene confrontato con la sostanza di riferimento scelta usando una procedura di provata validità (per esempio tecnica «su e giù», ecc.).

1.6.2.4. Valutazione

Il risultato della prova viene considerato positivo se si verifica un'esplosione (l'accensione violenta e/o un colpo sono equivalenti a un'esplosione) almeno una volta in qualsiasi delle prove con l'apparecchio per prove d'urto specificato oppure se il campione è più sensibile dello 1,3-dinitrobenzene o della RDX in una prova d'urto alternativa.

1.6.3. Sensibilità meccanica (attrito)

1.6.3.1. Apparecchiatura (figura 5)

L'apparecchiatura per le prove d'attrito è costituita da una piastra di base d'acciaio fuso sulla quale è montato il dispositivo di sfregamento, costituito da una barra fissa di porcellana con una piastra mobile di porcellana. La piastra di porcellana è tenuta in una slitta che corre su due guide. La slitta è collegata ad un motore elettrico mediante un'asta di collegamento, un eccentrico e una trasmissione adatta perché la piastra di porcellana venga spostata, una sola volta, avanti e indietro sotto la barra di porcellana per un tratto di 10 mm. La barra di porcellana può essere sottoposta ad un carico per esempio di 120 o 360 newton.

Le piastre di porcellana piatte sono fatte di porcellana tecnica bianca (ruvidità da 9 a 32 ìm) e hanno le seguenti dimensioni: 25 mm di lunghezza × 25 mm di larghezza × 5 mm di altezza. La barra cilindrica di porcellana è fatta anch'essa di porcellana bianca tecnica ed ha una lunghezza di 15 mm, un diametro di 10 mm e superfici terminali sferiche irruvidite con un raggio di curvatura di 10 mm.

1.6.3.2. Condizioni sperimentali

Il volume del campione dovrebbe essere di 10 mm3 o un volume adatto ad eventuale apparecchio alternativo.

Le sostanze solide sono controllate allo stato secco e preparate come segue:

a) le sostanze in polvere sono setacciate (maglie da 0,5 mm); per la prova si utilizza tutto il materiale passato attraverso il setaccio;

b) le sostanze pressate, fuse o altrimenti condensate vengono rotte in pezzettini e setacciate. La frazione di setacciatura INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Apparecchio per la prova della sensibilità termica

(quote espresse in millimetri)

Figura 1a Tubo

Figura 1b

Dispositivo di d'acciaio e accessori riscaldamento e protezione

(1) tubo

(7) due facce per chiave numero 36

(1a) flangia esterna

(8) scatola resistente alle schegge

(2) collare filettato: filetto a basso attrito

(9) due aste di supporto per il tubo

(3) piastra forata, diametro a = 2,0 o 6,0 mm

(10) tubo assemblato

(4) dado diametro b = 10 mm

(11) posizione del bruciatore posteriore;

(5) superficie smussata gli altri bruciatori sono visibili

(6) 2 facce per chiave n. 41

(12) getto pilota

Figura 2

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Prova di sensibilità termica

Esempi di frammentazione

Figura 3

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Taratura della velocità di riscaldamento per la prova di sensibilità termica

Curva temperatura/tempo ottenuta riscaldando dibutilftalato (27 cm3) in un tubo chiuso (piastra forata da 1,5 mm) con propano ad una portata di 3,2 litri al minuto. La temperatura viene misurata con una termocoppia cromel/alumel con guaina d'acciaio inossidabile del diametro di 1 mm disposta centralmente 43 mm al di sotto del bordo del tubo. La velocità di riscaldamento tra 135 C e 285 C deve essere compresa tra 185 e 215 K/min.

Figura 4

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Apparecchio per le prove d'urto

(quote espresse in millimetri)

Figura 4a

Martello cadente, vista generale frontale e laterale

Figura 4b

Martello cadente, parte inferiore

(1) base, 450 × 450 × 60

(9) martello cadente (massa cadente)

(2) blocco d'acciaio, 230 × 250 × 200

(10) dispositivo di ritenzione e liberazione

(3) incudine, diametro 100 × 70

(11) piastra di posizionamento

(4) colonna

(12) incudine intermedia

(5) traversa mediana (sostituibile) diametro 26 × 26

(6) due guide

(13) anello di posizionamento con orifici

(7) cremagliera

(14) dispositivo d'urto

(8) scala graduata

Figura 4

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Continua

Figura 4c

Dispositivo d'urto

Figura 4d

Dispositivo d'urto per sostanze liquide

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

per sostanze in polvere o in pasta

(1) cilindri d'acciaio

(2) anello di guida per i cilindri d'acciaio

(3) anello di posizionamento con orifici

(a) sezione verticale

(b) pianta

(4) anello di gomma

(5) sostanza liquida (40 mm3)

(6) spazio libero sopra al liquido

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Figura 4e

Martello (massa di caduta di 5 kg)

(1) giunto di sospensione

(2) indicatore d'altezza

(3) solco di posizionamento

(4) testa d'urto cilindrica

(5) dente d'arresto

Figura 5

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Apparecchio per la sensibilità all'attrito

Figura 5a

Apparecchio di sfregamento:

Figura 5b

Posizione di partenza vista in elevazione e in pianta della barra sul campione

(1) base d'acciaio

(6) supporto della barra

(2) carrello mobile

(7) braccio di armatura

(3) piastra di porcellana,

(8) contrappeso 25 × 25 × 5 mm, portata

(9) interruttore sul carrello

(10) ruota per regolare il

(4) barra di porcellana fissa, carrello nella posizione diametro 10 × 15 mm di partenza

(5) campione in esame, appros-

(11) direzione verso il simativamente 10 mm3 motore elettrico

A.15. TEMPERATURA DI AUTOACCENSIONE (LIQUIDI E GAS)

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

A questa prova non devono essere sottoposte le sostanze esplosive e le sostanze che si accendono spontaneamente per contatto con l'aria a temperatura ambiente. La procedura d'esame è applicabile a gas, liquidi e vapori che in presenza dell'aria possono essere infiammati da una superficie calda.La temperatura di autoaccensione può essere ridotta considerevolmente dalla presenza di impurezze catalitiche, dal materiale della superficie o da un maggiore volume del recipiente di prova.

1.2. DEFINIZIONI E UNITÀ

Il grado di autoinfiammabilità è espresso in termini di temperature di autoaccensione. La temperatura di autoaccensione è la temperatura minima alla quale la sostanza in esame si infiamma quando sia miscelata con aria nelle condizioni definite nel metodo di prova.

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Le sostanze di riferimento sono citate nelle norme (vedi 1.6.3.). Queste sostanze servono principalmente per verificare periodicamente la precisione del metodo e per permettere il confronto coi risultati ottenuti mediante altri metodi.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO

Il metodo determina la temperatura minima della superficie interna di un recipiente chiuso che dà luogo all'accensione di un gas, vapore o liquido iniettato nel recipiente chiuso.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

La ripetibilità varia secondo l'intervallo delle temperature di autoaccensione e il metodo di prova usato.

La sensibilità e la specificità dipendono dal metodo di prova utilizzato.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO

1.6.1. Apparecchiatura

L'apparecchiatura è descritta nel metodo di cui al punto 1.6.3.

1.6.2. Condizioni di prova

Un campione della sostanza in esame viene saggiato in conformità al metodo di cui al punto 1.6.3.

1.6.3. Esecuzione della prova

Vedi IEC 79-4, DIN 51794, ASTM-E 659-78, BS 4056, NF T 20-037.

2. DATI

Registrare la temperatura di prova, la pressione atmosferica, la quantità di campione usato e l'intervallo di tempo dopo il quale si verifica l'accensione.

3. RELAZIONE

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- l'indicazione precisa della sostanza (identificazione e impurezze);

- la quantità di campione usato, la pressione atmosferica,

- l'apparecchiatura usata;

- i risultati delle misure (temperature di prova, risultati relativi all'accensione, e corrispondenti ritardi temporali);

- tutte le osservazioni aggiuntive significative per l'interpretazione dei risultati.

4. BIBLIOGRAFIA

Nessuna.

A.16. TEMPERATURA DI AUTOACCENSIONE RELATIVA DEI SOLIDI

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Non devono essere sottoposte a questa prova le sostanze esplosive e le sostanze che si infiammano spontaneamente a contatto con l'aria a temperatura ambiente.Lo scopo della prova è di fornire informazioni preliminari sull'autoinfiammabilità di sostanze solide a temperature elevate.

Se il calore sviluppato dalla reazione della sostanza con l'ossigeno o dalla sua decomposizione esotermica non viene ceduto con sufficiente rapidità all'ambiente circostante, si ha un autoriscaldamento che porta all'autoaccensione. L'autoaccensione si verifica quindi quando la velocità di produzione di calore supera quella della sua dispersione.

Il procedimento è utile come saggio preliminare per le sostanze solide. Data la complessità dei processi di accensione e di combustione dei solidi, la temperatura di autoaccensione determinata con questo metodo deve essere utilizzata soltanto a scopo di confronto.

1.2. DEFINIZIONI E UNITÀ

La temperatura di autoaccensione ottenuta secondo il presente metodo è la minima temperatura, espressa in C, alla quale un dato volume di una sostanza si infiamma in determinate condizioni.

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Nessuna.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO

In un forno a temperatura ambiente viene posto un certo volume della sostanza da esaminare; si registra la curva temperatura/tempo relativa alle condizioni esistenti al centro del campione mentre la temperatura del forno viene aumentata fino a 400 C o fino al punto di fusione, se inferiore, ad una velocità di 0,5 C/min. Ai fini di questa prova, la temperatura del forno alla quale la temperatura del campione raggiunge i 400 C per autoriscaldamento è detta temperatura di autoaccensione.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Nessuno.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO

1.6.1. Apparecchiatura

1.6.1.1. Forno

Forno da laboratorio a temperatura programmata (volume circa 2 litri) con circolazione d'aria naturale e sfogo per esplosioni. Per evitare un rischio potenziale di esplosione, si deve impedire che eventuali gas di decomposizione vengano in contatto con gli elementi riscaldanti elettrici.

1.6.1.2. Cubo di rete metallica

Ritagliare un pezzo di rete d'acciaio inossidabile con luce di 0,045 mm secondo il modello della figura 1. Piegare la rete e fissarla con filo metallico in forma di cubi con la faccia superiore aperta.

1.6.1.3. Termocoppie

Termocoppie adatte.

1.6.1.4. Registratore

Qualsiasi registratore a due canali tarato da 0 a 600 C o tensione corrispondente.

1.6.2. Condizioni di prova

Le sostanze vengono sottoposte a prova nella forma in cui vengono ricevute.

1.6.3. Esecuzione della prova

Il cubo viene riempito con la sostanza da esaminare e battuto leggermente, aggiungendo ulteriore sostanza fino a quando è completamente pieno. Il cubo viene poi sospeso al centro del forno a temperatura ambiente. Una termocoppia viene posta al centro del cubo e l'altra tra il cubo e la parete del forno per registrare la temperatura del forno.

Le temperature del forno e del campione vengono registrate in continuo mentre la temperatura del forno viene aumentata fino a 400 C o fino al punto di fusione, se inferiore, ad una velocità di 0,5 C/min.

Quando la sostanza si infiamma, la temperatura del campione presenterà un aumento brusco della temperatura al di sopra di quella del forno.

2. DATI

Rilevante ai fini della valutazione è la temperatura del forno alla quale la temperatura del campione raggiunge i 400 C per autoriscaldamento (vedi figura 2).

3. RELAZIONE

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- descrizione della sostanza in esame;

- risultati delle misure, inclusa la curva temperatura/tempo;

- tutte le osservazioni aggiuntive significative per l'interpretazione dei risultati.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) NF T 20-036 (SEPT 85). Chemical products for industrial use. Determination of the relative temperature of the spontaneous flammability of solids.

Figura 1

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Sviluppo di un cubo di prova da 20 mm

Figura 2

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Curva tipica temperatura/tempo

A.17. PROPRIETÀ OSSIDANTI (SOLIDI)

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

È utile avere informazioni preliminari sulle potenziali proprietà esplosive della sostanza prima di effettuare la prova.

Questa prova non si applica ai liquidi e ai gas, alle sostanze esplosive o altamente infiammabili, e ai perossidi organici.

Non occorre eseguire questa prova quando l'esame delle formule di struttura stabilisce, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la sostanza non è suscettibile di reagire esotermicamente con materiale combustibile.

Per appurare se la prova debba essere condotta con precauzioni particolari, è opportuno effettuare un test preliminare.

1.2. DEFINIZIONI ED UNITÀ

Tempo di combustione: tempo di reazione, in secondi, riferito allo spostamento della zona di reazione lungo il cumulo, seguendo la procedura descritta nel punto 1.6.

Velocità di combustione: espressa in mm/s.

Velocità di combustione massima: il valore più elevato della velocità di combustione ottenuto con miscele contenenti dal 10 % al 90 %, in peso, di ossidante.

1.3. SOSTANZA DI RIFERIMENTO

Per la prova e per la prova preliminare si usa il nitrato di bario (grado analitico) come sostanza di riferimento.

La miscela di riferimento è costituita da una miscela di nitrato di bario e di polvere di cellulosa, preparata secondo il punto 1.6, che presenta la massima velocità di combustione (di solito una miscela con il 60 % in peso di nitrato di bario).

1.4. PRINCIPIO DEL METODO

Per sicurezza si esegue una prova preliminare. Quando la prova preliminare indica chiaramente che la sostanza in esame presenta proprietà ossidanti, non sono necessarie prove ulteriori. Quando ciò non si verifica, la sostanza deve essere sottoposta alla prova completa.

Nella prova completa, la sostanza da esaminare e una sostanza combustibile definita vengono miscelate in vari rapporti. Si formano altrettanti cumuli con le varie miscele e si procede all'accensione di un'estremità di ognuno di essi. La velocità massima determinata viene poi confrontata con la velocità massima di combustione di una miscela di riferimento.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Qualsiasi metodo di macinazione e mescolamento è valido a condizione che la differenza fra le velocità massime di combustione in ciascuna delle 6 prove non differisca dal valore della media aritmetica di oltre il 10 %.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO

1.6.1. Preparazione

1.6.1.1. Sostanza in esame

Ridurre il campione da esaminare ad una granulometria INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Stampo e accessori per la preparazione del campione

(Tutte le dimensioni sono espresse in mm)

PARTE B: METODI PER LA DETERMINAZIONE DELLA TOSSICITÀ

INTRODUZIONE GENERALE: PARTE B

A. INTRODUZIONE

Vedi introduzione generale.

B. DEFINIZIONI

(i) La tossicità acuta comprende i diversi effetti che si verificano entro un dato tempo (in genere 14 giorni) dalla somministrazione di una singola dose di sostanza.

(ii) La DL50 (dose letale mediana) è la dose singola di una sostanza, valutata statisticamente, che si prevede causi la morte del 50 % degli animali trattati. Il valore della DL50 viene espresso in termini di peso della sostanza saggiata per unità di peso dell'animale usato per il saggio (mg/kg).

(iii) La CL50 (concentrazione letale mediana) è la concentrazione di una sostanza, valutata statisticamente, che si può prevedere causi la morte durante l'esposizione o entro un determinato tempo, consecutivo all'esposizione, del 50 % degli animali esposti per un periodo determinato. Il valore della CL50 viene espresso in termini di peso della sostanza in esame per volume standard di aria (mg/l).

(iv) Il livello senza effetti tossici è la dose o il livello di esposizione massimo, usato in un saggio, che non produce effetti tossici individuabili.

(v) La tossicità subacuta/subcronica comprende gli effetti tossici che si verificano negli animali del saggio come conseguenza della somministrazione ripetuta quotidianamente di una dose o di una esposizione ripetuta quotidianamente a una sostanza chimica per una breve parte della loro prevista durata di vita.

(vi) La dose massima tollerata (DMT) è il livello massimo di dose che provoca sintomi di tossicità in animali senza avere effetti di grande portata sulla sopravvivenza, in relazione al saggio in cui viene usata.

(vii) L'irritazione cutanea è la produzione di alterazioni infiammatorie reversibili nella cute a seguito di applicazione di una sostanza in esame.

(viii) L'irritazione oculare è la produzione di alterazioni reversibili nell'occhio a seguito dell'applicazione di una sostanza in esame alla superficie anteriore dell'occhio.

(ix) La sensibilizzazione cutanea (dermatite allergica da contatto) è una reazione cutanea ad una sostanza mediata da fattori immunologici.

Definizioni specifiche per la tossicità all'inalazione

- Un aerosol è definito come particelle (solide e/o liquide) disperse omogeneamente in aria.

- Il diametro aerodinamico è il diametro di una sfera di densità unitaria (1 g cm 3) avente la stessa velocità terminale di decantazione della particella in questione.

- Il diametro aerodinamico mediano in massa (DAMM) è il diametro aerodinamico calcolato che divide in due parti uguali la distribuzione dimensionale dell'aerosol misurata relativamente alla massa.

- La deviazione standard geometrica (DSG) è il rapporto fra l'ottantaquattresimo percentile stimato e il cinquantesimo percentile e indica la pendenza della curva della distribuzione granulometrica cumulativa, assumendo che la distribuzione granulometrica sia normale logaritmica.

Definizioni specifiche per il procedimento con dosaggio fisso nella determinazione della tossicità per via acute orale

- La tossicità evidente riguarda gli effetti tossici osservati a seguito della somministrazione di una sostanza di saggio, i quali sono talmente evidenti che la somministrazione al livello di dosaggio immediatamente superiore protrebbe essere letale.

- La dose discriminante è la più alta dei quattro livelli di dosaggio fissi che si possono somministrare senza provocare morte dipendente dal composto (incluse le morti dolci).

C. MUTAGENICITÀ (incluso il pre-screening di cancerogenicità)

Per la valutazione preliminare del potenziale mutageno di una sostanza, è necessario ottenere informazioni su due categorie di effetti terminali, ossia mutazione genica e aberrazioni cromosomiche.

Questi due tipi di effetti terminali vengono valutati mediante i seguenti saggi:

(i) saggi di induzione di mutazioni geniche (puntiformi) in cellule procariotiche quali Salmonella typhimurium; saggi basati sull'impiego dell'Escherichia coli sono anche accettabili. La scelta tra questi due organismi di saggio può essere determinata dalla natura della sostanza chimica da saggiare;

(ii) saggi di induzione di aberrazioni cromosomiche in cellule di mammifero coltivate in vitro; è anche accettabile una procedura in vivo (saggio del micronucleo o saggio dell'analisi metafisica delle cellule di midollo osseo). In assenza di contraindicazioni sono tuttavia decisamente da preferire i metodi in vitro.

D. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE

Nella valutazione e nell'interpretazione dei saggi sperimentali si deve tener presente che vi sono limitazioni nella estrapolabilità diretta all'uomo dei saggi su animali e in vitro.

Eventualmente la prova degli effetti nocivi sull'uomo può essere significativa per la determinazione degli effetti potenziali sull'uomo delle sostanze chimiche.

E. BIBLIOGRAFIA

La tossicologia è una scienza sperimentale in evoluzione e su ogni argomento esiste una notevole letteratura. Per le informazioni pertinenti si rinvia alle linee guida per i saggi elaborati dall'OCSE.

Note aggiuntive

Cura degli animali

Nelle prove di tossicità è essenziale uno stretto controllo delle condizioni ambientali e tecniche di mantenimento degli animali.

(i) Condizioni di stabulazione

Le condizioni ambientali nei locali o nei recinti degli animali da laboratorio devono essere appropriate per le specie sperimentali. Per ratti, topi e porcellini d'India, condizioni adatte sono una temperatura ambiente di 22 C (± 3 C) con una umidità relativa del 30-70 %; per i conigli, la temperatura dovrebbe essere di 20 C (± 3 C) con un'umidità relativa del 30-70 %.Alcune tecniche sperimentali sono particolarmente sensibili agli effetti della temperatura e, in tali casi, nella descrizione del metodo di saggio sono inclusi i dati particolareggiati delle condizioni opportune. In tutte le indagini sugli effetti tossici, la temperatura e l'umidità dovrebbero essere controllate, registrate e incluse nella relazione finale dello studio.Quando l'illuminazione sia artificiale, la sequenza dovrebbe essere normalmente di 12 ore di luce e di 12 ore di buio. I particolari dello schema di illuminazione dovrebbero essere registrati e inclusi nella relazione finale dello studio.Nelle relazioni sugli esperimenti effettuati su animali, è importante indicare il tipo di gabbie usate e il numero degli animali ospitati in ciascuna gabbia sia durante l'esposizione alla sostanza chimica che durante qualsiasi successivo periodo di osservazione.

(ii) Condizioni di alimentazione

Le diete devono soddisfare tutte le necessità nutrizionali della specie utilizzata per il saggio. Qualora le sostanze siano somministrate agli animali nella loro dieta, il valore nutrizionale potrebbe essere ridotto da interazioni fra la sostanza e un costituente della dieta.La possibilità di una tale reazione dovrebbe essere considerata quando i risultati dei saggi vengono interpretati.

I contaminanti della dieta noti per influenzare la tossicità non devono essere presenti in concentrazioni tali da causare interferenze con i risultati dei saggi.Benessere degli animaliNell'elaborazione dei metodi sperimentali, si è tenuto nella dovuta considerazione il benessere degli animali. Nel seguito sono brevemente presentati alcuni esempi, ma questo elenco non è esauriente. Le espressioni e/o le condizioni esatte vanno lette nel testo dei metodi:

- Per la determinazione della tossicità per via acuta orale, s'introduce un metodo alternativo, il cosiddetto «procedimento a dosaggio fisso». Tale procedimento non considera la morte come punto finale specifico. Esso impiega meno animali e comporta minor sofferenza e dolore fisico rispetto alla determinazione classica della tossicità orale acuta.

- Il numero di animali utilizzati va ridotto al minimo scientificamente ammissibile: solo cinque animali di egual sesso sono sottoposti ad esperimento per livello di dosaggio, per i metodi B.1 e B.3; solo 10 animali (e solo 5 per il gruppo di controllo negativo) sono utilizzati per la determinazione della sensibilizzazione cutanea con il test di massimizzazione del porcellino d'India (metodo B.6); viene anche ridotto il numero degli animali necessari per il controllo positivo quando si effettua la prova della mutagenicità in vivo (metodi B.11 e B.12).

- Il dolore e la sofferenza degli animali nel corso degli esperimenti sono ridotti al minimo: gli animali che presentano segni gravi e duraturi di sofferenza dovranno essere sacrificati; non è necessario effettuare il dosaggio delle sostanze in maniera che provocano notoriamente gravi sofferenze per le proprietà corrosive o irritanti (metodi B.1, B.2 e B.3).

- L'esperimento con dosi troppo elevate è vietato dall'introduzione di esperimenti limite non solo nel test di tossicità acuta (metodi B.1, B.2 e B.3) ma anche nel test in vivo per lo studio della mutagenicità (metodi B.11 e B.12).

- Una strategia per la determinazione del grado di irritabilità, consente ora la mancata esecuzione dell'esperimento o la sua riduzione allo studio di un singolo animale quando si può fornire una prova scientifica plausibile.Tale dimostrazione scientifica può essere basata sulle proprietà fisico-chimiche della sostanza, sui risultati di altre prove già eseguite, o sui risultati di prove in vitro ben convalidate. Per esempio, se uno studio di tossicità acuta per via cutanea è stato condotto alla dose del saggio limite con la sostanza (metodo B.3) e non si è osservata irritazione della pelle, può essere superflua l'esecuzione di ulteriori prove della irritazione della pelle (metodo B.4); i materiali che si sono chiaramente dimostrati corrosivi o gravemente irritanti per la pelle in uno studio di irritazione cutanea (metodo B.4) non devono essere sottoposti ad ulteriori saggi per la capacità irritante nei confronti dell'occhio (metodo B.5).

B.1. TOSSICITÀ ACUTA PER VIA ORALE

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto A).

1.2. DEFINIZIONI

Vedi introduzione generale, parte B (punto B).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Nessuna.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

La sostanza da saggiare viene somministrata per via orale mediante gavaggio in dosi graduate (un livello di dose per gruppo) a vari gruppi di animali. Vengono quindi osservati gli effetti e gli eventi letali. Gli animali morti durante il saggio vengono sottoposti a necroscopia e, a conclusione del saggio, si procede alla necroscopia di quelli rimasti in vita. Questo metodo riguarda principalmente gli studi sui roditori.Può essere necessaria la eutanasia degli animali che mostrino indizi gravi e permanenti di sofferenza e dolore. Non è necessario eseguire la somministrazione di sostanze di prova in una maniera che notoriamente provoca evidente dolore e sofferenza in conseguenza di proprietà corrosive o irritanti.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Nessuno.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI SAGGIO

1.6.1. Preparazioni

Prima del saggio gli animali sono mantenuti nelle stesse condizioni di stabulazione e di alimentazione dell'esperimento per un periodo di almeno 5 giorni. Prima dell'esecuzione del saggio gli animali che dovrano essere giovani adulti e sani sono scelti con metodo casuale e assegnati ai gruppi sperimentali. Se necessario, la sostanza in esame viene sciolta o sospesa in veicolo adatto. Si raccomanda di considerare, ovunque possibile, come prima scelta una soluzione acquosa, seguita da una soluzione in olio vegetale e quindi in altri veicoli o una sospensione. Per i veicoli non acquosi, le caratteristiche di tossicità del veicolo dovranno essere note o, in caso contrario, dovranno essere determinate prima o durante il saggio. Nei roditori, generalmente il volume non dovrebbe superare 10 ml/kg di peso corporeo, a meno che non vengano utilizzate soluzioni acquose, nel qual caso si possono raggiungere 20 ml/kg. La variabilità del volume di saggio dovrà essere ridotta al minimo, regolando la concentrazione per assicurare la somministrazione di un volume costante a tutti i dosaggi.

1.6.2. Condizioni per il saggio

1.6.2.1. Animali da esperimento

Salvo controindicazioni, il ratto è la specie d'elezione.Si dovrebbero utilizzare ceppi di laboratorio comunemente usati. Per ciascun sesso, all'inizio del saggio, l'intervallo della variazione ponderale degli animali utilizzati non dovrà superare più o meno il 20% del valore medio.

1.6.2.2. Numero e sesso

Per ciascun saggio vengono usati almeno 5 roditori a ciascun livello di dosaggio. Essi dovranno essere tutti dello stesso sesso. Se si usano femmine, dovranno esse nullipare e non gravide. Nel caso siano disponibili informazioni che dimostrano che un sesso è nettamente più sensibile, si dovranno usare animali di questo sesso.

Nota: nei saggi di tossicità acuta con animali di ordine superiore ai roditori, si dovrebbe prendere in considerazione l'uso di un numero minore di animali.Le dosi devono essere accuratamente scelte e si deve fare ogni sforzo possibile per non superare dosi moderatamente tossiche. In tali prove si dovrebbe evitare la somministrazione di dosi letali della sostanza in esame.

1.6.2.3. Livelli di dosaggio

Questi dovranno essere in numero sufficiente, almeno tre, opportunamente intervallati per produrre nei gruppi trattati una graduazione di effetti tossici e di mortalità. I risultati dovrebbero essere sufficienti per fornire una curva dose-risposta e, quando possibile, permettere un'accettabile determinazione della DL50.

1.6.2.4. Saggio limite

Quando si usano dei roditori, si può eseguire un saggio limite ad un unico livello di dosaggio di almeno 2 000 mg/kg in un gruppo di 5 maschi e 5 femmine utilizzando le procedure sopra descritte. Se si osserva mortalità correlata all'espsizione al composto, può essere necessario prendere in considerazione uno studio completo.

1.6.2.5. Periodo di osservazione

Il periodo di osservazione dovrebbe essere di almeno 14 giorni. Tuttavia, tale durata non è tassativa. Essa dovrebbe dipendere dalla natura delle reazioni tossiche, dalla velocità del loro insorgere e dalla durata del periodo di recupero; essa può quindi essere estesa, se considerato necessario. Il momento in cui compaiono e scompaiono i segni di tossicità e il momento in cui sopraggiunge la morte sono importanti, soprattutto la sostanza in esame tende a causare mortalità ritardata.

1.6.3. Procedimento

Prima della somministrazione della sostanza in esame, gli animali vanno tenuti a digiuno. Al ratto non dovrebbe essere somministrato cibo durante la notte prima dell'esperimento; per animali con metabolismo più veloce, un periodo di digiuno più breve è adeguato; l'aqua resterà disponibile ad libitum. Il giorno successivo, gli animali devono essere pesati e poi la sostanza in esame somministrata mediante ingozzatura in una dose singola.Qualora non sia possibile somministrare tutta la quantità con una singola dose, si può procedere alla somministrazione ripetuta di frazioni più piccole della stessa durante un periodo non superiore alle 24 ore. A somministrazione della sostanza avvenuta, il cibo può essere sospeso per altre 3 o 4 ore. Nel caso di una dose somministrata in frazioni durante un certo periodo di tempo, può essere necessario fornire agli animali cibo e acqua in misura dipendente dalla durata del periodo di somministrazione.

Dopo la somministrazione, si effettuano osservazioni e si registrano sistematicamente i risultati per ogni singolo animale. Durante il primo giorno, le osservazioni dovrebbero essere frequenti.Un attento esame clinico dovrebbe essere effettuato almeno una volta al giorno per 5 giorni per settimana. Altre osservazioni dovrebbero essere effettuate quotidianamente, accompagnate da azioni adeguate per minimizzare la perdita di animali dall'esperimento, ad esempio, necroscopia oppure refrigerazione degli animali deceduti e isolamento o sacrificio degli animali deboli o moribondi. Le osservazioni devono includere le alterazioni della cute e del pelo, degli occhi e delle membrane mucose, e anche del sistema respiratorio, circolatorio, nervoso autonomo e centrale, dell'attività somatomotoria e del quadro comportamentale. Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta all'osservazione di tremori, convulsioni, salivazione, diarrea, letargia, sonno e coma. Il momento in cui sopraggiunge il decesso dell'animale dovrà essere registrato con la massima precisione possibile.

Gli animali che muoiono durante il saggio e quelli che sopravvivono alla fine dello stesso sono sottoposti a necroscopia. Tutti i cambiamenti patologici macroscopici devono essere registrati. Ove opportuno, si dovrebbero prelevare tessuti per l'esame istopatologico.

Valutazione della tossicità nell'altro sesso

Dopo il completamento dello studio su un sesso, si tratta almeno un gruppo rimanente di 5 animali dell'altro sesso con un livello di dose per verificare che gli animali di tale sesso non siano nettamente più sensibili alla sostanza in esame. In circostanze particolari può essere giustificato l'uso di un minor numero di animali. Nel caso in cui siano disponibili informazioni adeguate che dimostrano che gli animali del sesso controllato sono nettamente più sensibili, si può fare a meno di effettuare la prova su animali dell'altro sesso.

2. DATI

I dati dovranno essere riassunti in una tabella indicante, per ogni gruppo di saggio, il numero di animali all'inizio del saggio, il momento del decesso di ciascun animale, il numero di animali che presentano altri segni di tossicità, la descrizione degli effetti tossici e i risultati della necroscopia. Il peso di ciascun animale dovrà essere determinato e registrato poco prima della somministrazione della sostanza, quindi ogni settimana e al momento del decesso. Le variazioni di peso dovranno essere calcolate e registrate quando la sopravvivenza dell'animale supera un giorno.

Gli animali che vengono uccisi per ragioni umanitarie in conseguenza di sofferenza e dolore dovuti al composto vengono registrati come morti in conseguenza del composto. La DL50 può essere determinata con un metodo riconosciuto.La valutazione dei dati dovrà includere il rapporto, se esistente, tra l'esposizione degli animali alla sostanza in esame e l'incidenza e gravità di tutte le alterazioni, incluse quelle comportamentali e cliniche, le lesioni macroscopiche, le variazioni del peso corporeo, la mortalità e qualsiasi altro effetto tossico.

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- specie, ceppo, origine degli animali usati, condizioni ambientali, dieta, ecc.;

- condizioni dell'esperimento;

- livelli di dosaggio (con veicolo, se usato, e concentrazione);

- sesso degli animali sottoposti a somministrazione;

- tabulato dei dati di risposta per sesso e livello di dosaggio (cioè numero degli animali morti o sacrificati durante la prova, numero degli animali che mostrano sintomi di tossicità, numero degli animali esposti);

- tempo intercorso tra la somministrazione della sostanza e la morte, ragioni e criteri usati per la eutanasia degli animali;

- tutte le osservazioni;

- valore della DL50 per il sesso sottoposto ad uno studio completo determinato a 14 giorni (specificando il metodo di determinazione);

- intervallo di confidenza statistica del 95 % per la DL50 (dove possa essere fornito);

- curva dose-mortalità e relativo cofficiente angolare (se il metodo di determinazione lo consente);

- risultati dell'esame necroscopico;

- qualsiasi reperto istopatologico;

- risultati delle eventuali prove effettuate sull'altro sesso;

- discussione dei risultati (particolare attenzione va posta all'effetto che la soppressione umanitaria di animali durante la prova può avere sul valore calcolato della DL50);

- interpretazione dei risultati.

3.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (D).

4. BIBLIOGRAFIA

Vedi introduzione generale, parte B (E).

B.1 bis. TOSSICITÀ ACUTA (PER VIA ORALE) - METODO A DOSE FISSA

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (A).

1.2. DEFINIZIONI

Vedi introduzione generale, parte B (B).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Nessuna.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI PROVA

Il test di tossicità acuta per via orale fornisce dati sugli effetti nocivi che possono manifestarsi entro un breve periodo di tempo dall'ingestione di un'unica dose della sostanza di prova.Il metodo a dose fissa prevede due fasi.In uno studio preliminare di osservazione si analizzano sequenzialmente gli effetti di varie dosi somministrate oralmente mediante sonda a singole cavie dello stesso sesso. Lo studio di osservazione fornisce informazioni sul rapporto intercorrente fra dose somministrata e tossicità, compresa una valutazione della dose minimaletale. Normalmente non si impiegano più di 5 cavie in questa prima fase.

Nello studio principale la sostanza è somministrta oralmente mediante sonda a gruppi di 5 animali maschi e 5 animali femmine ad uno dei livelli prestabiliti (5, 50, 500 o 2 000 mg/kg). La dose impiegata è quella derivata dallo studio di osservazione in grado di produrre «tossicità evidente»(vedi 1.2. Definizioni), ma non un esito letale.A seguito della somministrazione della dose, si effettuano osservazioni per lo studio dei relativi effetti.

Quando il livello di dose iniziale prescelto produce una tossicità evidente ma non mortalità dipendente dal composto, non è richiesta un'ulteriore prova.

Quando con la dose prescelta non si riscontra un'evidente tossicità, la sostanza sarà sottoposta ad un'ulteriore prova al livello di dosaggio immediatamente superiore. Se sopraggiunge la morte degli animali o se una grave reazione tossica richiede l'eutanasia dei medesimi, la sostanza deve essere nuovamente esaminata al livello di dosaggio immediatamente inferiore.

Questo procedimento consente l'identificazione della dose «discriminante»(vedi 1.2. Definizioni) cioè il massimo livello di dose che si può somministrare senza provocare la morte dell'animale (inclusi i sacrifici terminali).Per gli animali che presentano segni gravi e continui di sofferenza fisica può rendersi necessaria l'eutanasia. Non si dovranno dosare le sostanze in maniera che provochino notoriamente gravi sofferenze per gli animali a causa delle proprietà corrosive ed irritanti.

1.5. CRITERI QUALITATIVI

Nessuno.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI SAGGIO

1.6.1. Procedimenti

1.6.1.1. Animali da esperimento

Salvo contraindicazioni, il ratto è la specie d'elezione.Si dovranno impiegare ceppi utilizzati normalmente in laboratorio. Per ciascun sesso, all'inizio dell'esperimento, la variazione ponderale degli animali scelti non dovrebbe superare più o meno 20 % del valore medio.Gli animali sono mantenuti nelle condizioni sperimentali di stabulazione e di alimentazione per almeno cinque giorni prima dell'esperimento. Gli animali, che dovranno essere giovani adulti, vengono scelti con metodo casuale e assegnati ai gruppi sperimentali dello studio di osservazione e dello studio principale (sebbene in pratica, per lo studio principale, possa anche bastare un solo gruppo di ogni sesso).

1.6.1.2. Preparazione e somministrazione della dose

Se necessario, la sostanza viene sciolta o sospesa in un veicolo adatto. Si raccomanda di considerare, ogni volta possibile, come prima scelta una soluzione acquosa, seguita da una soluzione in olio vegetale, e quindi in altri veicoli o in sospensione. Per i veicoli non acquosi è necessario conoscere le caratteristiche tossiche dei veicoli oppure determinarle prima o durante l'esperimento. Nei roditori, in genere, il volume non dovrà eccedere 10 ml/kg di peso corporeo a meno che non vengano utilizzate soluzioni acquose, nel qual caso si possono raggiungere i 20 ml/kg. La variabilità del volume di prova dovrà essere ridotta al minimo, regolando la concentrazione per garantire un volume costante a tutti i livelli di dosaggio.

Gli animali saranno tenuti a digiuno prima della somministrazione della sostanza. Al ratto non dovrebbe essere somministrato cibo durante la notte prima dell'esperimento mentre l'acqua resta disponibile ad libitum. Il giorno successivo si procederà alla pesatura degli animali e alla somministrazione della sostanza in un'unica dose mediante ingozzamento. Se un'unico dosaggio non è possibile, si può somministrare la dose in frazioni più piccole per un periodo non superiore alle 24 ore. Dopo la somministrazione della sostanza, il cibo può venire sospeso per altre tre-quattro ore. Se una dose è somministrata in frazioni durante un determinato periodo, potrà essere necessario fornire agli animali cibo e acqua in misura dipendente dalla durata del periodo di somministrazione.

1.6.2. Procedimento

1.6.2.1. Studio di osservazione

Gli effetti delle varie dosi sono osservati nelle singole cavie. Le femmine di animali saranno generalmente impiegate in assenza di informazioni indicanti che i maschi sono il sesso più sensibile. Il dosaggio è sequenziale, vale a dire si devono attendere almeno 24 ore prima di somministrare una dose al prossimo animale. Tutti gli animali sono sottoposti ad attenta osservazione per almeno 7 giorni per accertare eventuali sintomi di tossicità; se dopo 7 giorni persistono sintomi di moderata tossicità, l'animale dovrebbe essere osservato per altri 7 giorni. Si propongono i seguenti livelli di dose iniziale : 5, 50, 500 e 2 000 mg/kg. Se la dose iniziale prescelta non induce gravi sintomi di tossicità e il successivo livello superiore ha esito letale, sarà necessario stabilire uno o più livelli intermedi di dosaggio. In tal modo dovrebbe essere possibile ottenere delle informazioni sul livello o sui livelli che inducono sintomi di tossicità e sul livello di dose minima che provoca la morte della cavia.Si dovrebbe cercare di stabilire la dose iniziale servendosi dei dati concernenti prodotti chimici affini. In mancanza di tali si suggerisce di cominciare con la dose di 500 mg/kg. Se non si osservano sintomi di tossicità dopo la somministrazione della dose iniziale si passerà al prossimo livello superiore. Qualora la dose di 2 000 mg/kg non abbia esito letale, lo studio di osservazione è da considerarsi terminato e lo studio principale sarà condotto a partire da tale livello. Se la dose iniziale (ad esempio 500 mg/kg) provoca gravi effetti che rendono necessaria l'eutanasia, al successivo animale sarà somministrata la dose immediatamente inferiore (ad esempio 50 mg/kg). Se l'animale sopravvive, ad altre cavie saranno somministrati appropriati livelli intermedi compresi fra le due dosi fisse. Normalmente, in questa fase, non dovrebbero essere impiegate più di 5 cavie.

1.6.2.2. Studio principale

Si dovranno impiegare almeno 10 animali (5 femmine e 5 maschi) per ciascun dosaggio. Le femmine saranno nullipare e non gravide.L'utilizzazione dei dosaggi a moderata tossicità, costituisce un principio del metodo della dose fissa. Si dovrà quindi evitare di somministrare la sostanza in dosi letali.

Il livello di dosaggio dovrà essere scelto tra uno dei quattro livelli di dose fissi, cioè 5, 50, 500 o 2 000 mg/kg di peso corporeo. Il livello di dose iniziale prescelto dovrebbe essere quello suscettibile di produrre una tossicità evidente ma non la mortalità dipendente dal composto (inclusi i sacrifici terminali; le morti accidentali non sono comprese ma dovrebbero essere registrate). Non è necessaria alcuna prova supplementare quando questo livello di dosaggio produce una tossicità evidente ma non mortalità dipendente dal composto.

Quando la somministrazione del livello di dose prescelto non provoca una tossicità evidente la sostanza dovrà essere ulteriormente esaminata al livello immediatamente superiore. Gli animali, tuttavia, continueranno ad essere tenuti sotto osservazione fino al completamento del periodo. Quando una grave reazione tossica richiede il sacrificio dell'animale o in caso di morte di quest'ultimo, la sostanza dovrà essere riesaminata al livello di dosaggio immediatamente inferiore. Gli animali che non devono essere uccisi aranno tenuti sotto controllo per l'intero periodo di osservazione.

Dopo la somministrazione, si effettuano le osservazioni e si registrano sistematicamente i risultati per ogni singolo animale.Il periodo di osservazione dovrebbe essere di almeno 14 giorni. Tuttavia tale durata non è tassativa e dovrebbe dipendere dalla natura delle reazioni tossiche, dalla velocità del loro insorgere e dalla durata del periodo di recupero; se necessario il termine potrà essere quindi esteso. È importante osservare il momento in cui compaiono e scompaiono i segni di tossicità e il momento in cui sopraggiunge la morte, soprattutto se la sostanza in esame tende a causare tossicità ritardata.

Un attento esame clinico verrà effettuato almeno due volte nel giorno della somministrazione della dose ed almeno una volta al giorno per i giorni successivi. Gli animali che presentano segni gravi di sofferenza dovranno essere sacrificati. Si renderanno necessarie ulteriori osservazioni nei primi giorni successivi alla somministrazione qualora gli animali continuino a presentare segni di tossicità. L'esperimento può essere sospeso se risulta evidente che il livello della dose iniziale era troppo elevato.

Si osserveranno eventuali alterazioni della cute e del pelo, degli occhi e delle membrane mucose, nonché del sistema respiratorio, circolatorio, autonomo e centrale, dell'attività somatomotoria e delle caratteristiche comportamentali. Particolare attenzione sarà rivolta all'osservazione di tremori, convulsioni, salivazione, diarrea, letargia, sonno e coma.

Poco prima della somministrazione della sostanza, gli animali dovranno essere pesati individualmente e poi ogni giorno per tre giorni e successivamente una volta alla settimana. Gli animali che muolono nel corso dell'esperimento e quelli che sopravvivono alla fine dello stesso vengono pesati e sottoposti a necroscopia. Verranno registrate tutte le alterazioni patologiche evidenti. Se del caso, si prelevano dei tessuti per un esame istopatologico.Potrà essere necessaria la somministrazione di un secondo, o in casi eccezionali di un terzo livello di dose in base ai risultati del precedente dosaggio.

Nel caso in cui una sostanza provochi mortalità ad un peso corporeo di 5 mg/kg (o quando uno «range finding test» indica che quel livello di dose causa mortalità si dovrà procedere ad un ulteriore esame della tossicità acuta della sostanza.

2. DATI

I dati ottenuti dallo studio di osservazione e dallo studio principale vengono riassunti in una tabella indicante per ogni singolo livello di dose sperimentato il numero degli animali all'inizio dell'esperimento; il numero degli animali che presentano segni di tossicità, il numero degli animali trovati morti durante l'esperimento o sacrificati per motivi umanitari; una descrizione degli effetti tossici e, per lo studio principale, l'eventuale osservazione di una tossicità evidente connessa con il composto: il decorso nel tempo di qualsiasi effetto tossico ed i risultati della necroscopia. Se la sopravvivenza supera un giorno, si procederà a calcolare e a registrare le variazioni di peso.Gli animali sacrificati a causa di sofferenze dipendenti dal composto sono registrati sotto la voce «morti connesse con il composto».

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni per lo studio di osservazione e lo studio principale :

- specie, ceppo, origine, condizioni ambientali, dieta, ecc.

- condizioni dell'esperimento;

- livelli di dosaggio (con veicolo, se utilizzato, e concentrazione);

- risultati esaurienti di tutti i livelli di dosaggio;

- tabulato dei dati risposta per sesso e livello di dosaggio (ad esempio numero di animali impiegati; variazioni del peso corporeo; eventualmente numero di animali morti o sacrificati nel corso dell'esperimento; numero di animali che presentano segni di tossicità; natura, gravità e durata degli effetti);

- velocità di insorgenza dei segni di tossicità e loro eventuale reversibilità;

- data in cui gli animali sono morti o sono stati sacrificati, data in cui è sopraggiunto il decesso dopo la somministrazione del dosaggio, motivi e criteri adottati per l'eutanasia degli animali;

- risultati dell'esame necroscopico;

- referti istopatologici;

- discussione dei risultati;

- interpretazione dei risultati inclusi i segni di una tossicità evidente e il livello di dosaggio discriminante individuato nell'esperimento.

3.2. VALUTAZIONE A INTERPRETAZIONE

>SPAZIO PER TABELLA>

Vedi anche introduzione generale, parte B (D).

4. REFERENZE

Vedi introduzione generale parte B (E).

B.2. TOSSICITÀ ACUTA PER INALAZIONE

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

È utile avere informazioni preliminari sulla distribuzione della dimensione delle particelle, la tensione di vapore, il punto di fusione, punto di ebollizione, il punto di infiammabilità e l'esplosività (se del caso) della sostanza.

Si veda anche introduzione generale, parte B (A).

1.2. DEFINIZIONI

Vedi introduzione generale, parte B (B).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Nessuna.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Diversi gruppi di animali da esperimento sono esposti a concentrazioni graduate della sostanza in esame per un determinato periodo di tempo (una concentrazione per gruppo). Si procede poi all'osservazione degli effetti e degli eventi letali. Gli animali che muoiono durante l'esperimento sono sottoposti a necroscopia e quelli che sopravvivono sono sottoposti a necroscopia alla fine dell'esperimento.

Può essere necessario sopprimere umanamente gli animali che mostrano segni gravi e persistenti di sofferenza e di dolore. Non è necessario eseguire la somministrazione di dosi delle sostanze in esame in una maniera che può provocare dolore e sofferenza marcate a motivo di proprietà corrosive o gravemente irritanti.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Nessuno.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI SAGGIO

1.6.1. Preparazioni

Prima del saggio gli animali sono tenuti nelle condizioni di stabulazione e di alimentazione dell'esperimento per un periodo di almeno 5 giorni. Prima del saggio gli animali, che dovranno essere giovani adulti e sani sono scelti conmetodo casuale e assegnati ai gruppi necessari per il saggio. Non è necessario sottoporre gli animali a una esposizione simulata, a meno che ciò non sia richiesto dal tipo di dispositivo utilizzato per l'esposizione.

Le sostanze di prova solide possono richiedere una micronizzazione allo scopo di ottenere particelle di dimensione appropriata.Ove necessario, alla sostanza in esame uò essere aggiunto un veicolo idoneo per facilitare una concentrazione appropriata della sostanza in esame nell'atmosfera e, in tal caso, deve essere utilizzato un gruppo di controllo per il veicolo. Se per facilitare il dosaggio si impiega un veicolo o altri additivi, questi non dovrebbero produrre effetti tossici. Se appropriato, possono essere utilizzati dati storici.

1.6.2. Condizioni per il saggio

1.6.2.1. Animali da esperimento

Salvo controindicazioni, il ratto è la specie d'elezione. Si dovrebbero utilizzare ceppi di laboratorio comunemente usati. Per ciascun sesso, all'inizio del saggio la variazione ponderale degli animali utilizzati non dovrebbe superare del ± 20 % il valore medio.

1.6.2.2. Numero e sesso

Per ogni livello di concentrazione vengono utilizzati almeno dieci roditori (5 di sesso femminile e 5 di sesso maschile). Le femmine dovrebbero essere nullipare e non gravide.

Nota: nei saggi di tossicità acuta con animali di ordine superiore ai roditori, si dovrebbe prendere in considerazione l'uso di un numero minore di animali.

Le dosi devono essere accuratamente scelte e si deve fare ogni sforzo possibile per non superare dosi moderatamente tossiche. In tali prove si dovrebbe evitare la somministrazione di dosi letali della sostanza in esame.

1.6.2.3. Concentrazioni di esposizione

Queste dovranno essere in numero sufficiente, almeno tre, e opportunamente intervallate, onde produrre nei gruppi trattati una graduazione di effetti tossici e di mortalità. I risultati dovrebbero essere sufficienti per fornire una curva mortalità-concentrazione e, quando possibile, permettere un'accettabile determinazione della CL50.

1.6.2.4. Saggio limite

Se un'esposizione di 5 animali sperimentali maschi e 5 femmine a 5 mg per litro di un gas o aerosol di un liquido o di una sostanza solida (oppure, nel caso in cui ciò non sia possibile a motivo delle proprietà fisiche o chimiche, incluse le proprietà esplosive, della sostanza in esame, alla massima concentrazione realizzabile) non produce, dopo un'esposizione di 4 ore, mortalità dipendente dal composto entro 14 giorni, si possono considerare non necessari ulteriori saggi.

1.6.2.5. Tempo di esposizione

Il periodo di esposizione dovrà essere di 4 ore.

1.6.2.6. Attrezzatura

Gli animali dovranno essere sottoposti all'esperimento con dispositivi per l'inalazione appositamente progettati per consentire un flusso d'aria dinamico di almeno 12 ricambi d'aria all'ora, per assicurare un adeguato contenuto di ossigeno e un'atmosfera di esposizione distribuita uniformemente. Qualora sia usata una camera, essa dovrà essere progettata in modo da evitare l'affollamento degli animali da esperimento e al tempo stesso rendere massima l'esposizione alla sostanza in esame mediante inalazione. Come regola generale, onde garantire la stabilità dell'atmosfera nella camera, il «volume» complessivo degli animali del saggio non dovrebbe superare il 5 % di quello della camera di saggio. Si può ricorrere ad una esposizione oro-nasale, della sola testa o di tutto il corpo in camera singola; le prime due modalità di esposizione aiuteranno a rendere minimo l'assorbimento delle sostanze attraverso altre vie.

1.6.2.7. Periodo di osservazione

Il periodo di osservazione dovrebbe essere di almeno 14 giorni. Tuttavia la durata dell'osservazione non dovrebbe essere fissata rigidamente. Essa dovrebbe essere determinata dalla natura delle reazioni tossiche, dalla velocità del loro insorgere e dalla durata del periodo di recupero; essa può, quindi, essere estesa se considerato necessario. Il momento in cui si manifestano e scompaiono i sintomi di tossicità e quello nel quale interviene il decesso, sono importanti, soprattutto quando la sostanza tenda a causare mortalità ritardata.

1.6.3. Procedimento

Gli animali sono pesati poco prima dell'esposizione e quindi esposti alla concentrazione di saggio nell'apposito dispositivo, per un periodo di 4 ore, dopo aver effettuato l'equilibramento della concentrazione nella camera di inalazione. Il tempo di equilibramento dovrebbe essere breve. Il saggio dovrebbe essere effettuato ad una temperatura di 22 C ± 3 C. Da un punto di vista ottimale l'umidità relativa dovrebbe essere mantenuta tra il 30 e il 70 % ma, in taluni casi (ad esempio, prove di aerosol), ciò può non essere realizzabile. Mantenendo una pressione leggermente negativa all'interno della camera ( 7 5 mm di acqua) si impedirà un trafilamento della sostanza in esame nell'area circostante. Durante l'esposizione, la somministrazione di cibo e acqua deve essere sospesa. Si devono usare sistemi adatti per la generazione e il controllo dell'atmosfera d'esame. Il sistema dovrà assicurare che condizioni di esposizione stabili vengano realizzate il più rapidamente possibile. La camera deve essere progettata e fatta funzionare in modo da mantenere una distribuzione omogenea dell'atmosfera sperimentale all'interno della camera.Si dovranno misurare o controllare:

(a) la velocità del flusso d'aria (in continuo).

(b) la concentrazione effettiva della sostanza in esame misurata nella zona di respirazione almeno tre volte durante l'esposizione (alcune atmosfere, per esempio aerosoli ad alta concentrazione, possono richiedere un controllo più frequente). Durante il periodo di esposizione, la concentrazione non dovrebbe variare più del ± 15 % del valore medio. Tuttavia nel caso di alcuni aerosol questo livello di regolazione può non essere realizzabile, e in tal caso è accettabile un intervallo più ampio. Per gli aerosol, si deve eseguire con la frequenza necessaria (almeno una volta per gruppo di prova) l'analisi della dimensione delle particelle.

(c) temperatura e umidità, in continuo se possibile.

Durante e dopo l'esposizione, si procede all'effettuazione e alla registrazione sistematica delle osservazioni effettuate; registrazioni individuali dovranno essere tenute per ciascun animale. Durante il primo giorno le osservazioni dovrebbero essere frequenti. Un attento esame clinico dovrà essere effettuato almeno una volta al giorno per cinque giorni per settimana. Altre osservazioni dovranno essere effettuate quotidianamente con azioni appropriate per minimizzare la perdita di animali da studiare, ad esempio necroscopia e refrigerazione degli animali trovati morti e isolamento o sacrificio degli animali deboli e moribondi.Le osservazioni dovrebbero comprendere le alterazione della cute e del pelo, degli occhi, delle membrane mucose e del sistema respiratorio, circolatorio, nervoso autonomo e centrale, dell'attività somatomotoria e del comportamento dell'animale. Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta all'osservazione del comportamento respiratorio, di tremori, convulsioni, salivazione, diarrea, letargia, sonno e coma. Il momento in cui sopraggiunge il decesso dell'animale dovrà essere registrato con la massima precisione possibile. I valori ponderali degli animali dovranno essere determinati settimanalmente dopo l'esposizione e al momento del decesso.Gli animali che muoiono durante il saggio e quelli che sopravvivono a conclusione dello stesso sono sottoposti a necroscopia con particolare riferimento alle alterazioni del tratto respiratorio superiore e inferiore. Si dovranno registrare tutti i cambiamenti patologici macroscopici. Ove del caso, i tessuti dovrebbero essere prelevati per l'esame istopatologico.

2. DATI

I dati dovranno essere riassunti in una tabella indicante per ogni gruppo di saggio il numero di animali all'inizio del saggio, il momento del decesso di ciascun animale, il numero di animali che presentano altri sintomi di tossicità, la descrizione degli effetti tossici e i risultati della necroscopia. Le variazioni ponderali devono essere calcolate e registrate quando la sopravvivenza sia superiore ad un giorno. Gli animali che sono soppressi per motivi umanitari in conseguenza di sofferenze e dolore dovuti al composto sono registrati come morti dovute al composto. La CL50 dovrà essere determinata con un metodo riconosciuto. La valutazione dei dati dovrà comprendere il rapporto, se esistente, tra l'esposizione degli animali alla sostanza in esame e l'incidenza e gravità di tutte le alterazioni incluse quelle comportamentali e cliniche, le lesioni macroscopiche, le variazione del peso corporeo, la mortalità e qualsiasi altro effetto tossico.

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- specie, ceppo, origine degli animali, condizioni ambientali, dieta ecc.;

- condizioni del saggio:descrizione dell'apparecchiatura usata per l'esposizione, incluso il modello, il tipo, le dimensioni, la sorgente d'aria, il sistema per la generazione degli aerosol, il metodo di condizionamento dell'aria e il metodo di alloggiamento degli animali nella camera di prova quando questa venga usata. Si dovrà descrivere anche l'apparecchiatura per la misura della temperatura, dell'umidità e della concentrazione di aerosol e della distribuzione delle dimensioni delle particelle di aerosol.

Dati sull'esposizione:

Questi dati dovranno essere raccolti in tabelle e presentati con i valori medi e con una misura di variabilità (ad esempio, deviazione standard) e dovranno, se possibile, includere:

(a) velocità del flusso d'aria attraverso l'apparecchiatura di inalazione,

(b) temperatura e umidità dell'aria,

(c) concentrazioni nominali (quantitativo totale della sostanza in esame introdotta nel dispositivo per l'inalazione diviso per il volume d'aria);

(d) natura dell'eventuale veicolo, se usato;

(e) concentrazioni effettive nella zona di respirazione;

(f) il diametro aerodinamico mediano in massa (DAMM) e la deviazione standard geometrica (DSG);

(g) periodo di equilibratura;

(h) periodo di esposizione;

- tabulazione dei dati di risposta per sesso e per livello di esposizione (cioè il numero di animali morti o sacrificati durante la prova; il numero di animali che presentano sintomi di tossicità; numero di animali esposti);

- momento della morte durante o dopo l'esposizione, ragioni e criteri usati per la eutanasia di animali;

- tutte le osservazioni;

- CL50 per ciascun sesso determinata alla fine del periodo di osservazione (specificando il metodo di calcolo);

- intervallo di confidenza statistica del 95 % per la CL50 (quando questo possa venire fornito);

- curve dose-mortalità e relativo coefficiente angolare (se il metodo di determinazione lo permette);

- risultati dell'esame necroscopico;

- qualsiasi risultato istopatologico;

- discussione dei risultati (particolare attenzione deve essere dedicata all'effetto che la eutanasia di animali durante la prova può avere sul valore calcolato della CL50);

- interpretazione dei risultati.

3.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto D).

4. BIBLIOGRAFIA

Vedi introduzione generale, parte B (punto E).

B.3. TOSSICITÀ ACUTA PER VIA CUTANEA

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto A).

1.2. DEFINIZIONI

Vedi introduzione generale, parte B (punto B).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Nessuna.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

La sostanza in esame viene applicata a livelli di dose graduati, un livello di dose per gruppo, sulla cute di vari gruppi di animali di saggio. Si procede poi all'osservazione degli effetti e degli eventi letali. Gli animali morti o sacrificati durante il saggio sono sottoposti a necroscopia e i sopravvissuti lo sono a conclusione del saggio.Può essere necessario sottoporre a eutanasia gli animali che mostrano segni gravi e persistenti di sofferenza e di dolore; non bisogna eseguire la somministrazione di dosi delle sostanze in esame in una maniera che notoriamente provoca dolore e sofferenza marcate a motivo delle proprietà corrosive o gravemente irritanti.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Nessuno.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO ADOTTATO PER IL SAGGIO

1.6.1. Preparazioni

Per almeno cinque giorni prima dell'esperimento, gli animali sono tenuti nelle gabbie usate per il saggio nelle stesse condizioni di stabulazione e di alimentazione dell'esperimento. Prima del saggio, gli animali che dovranno essere giovani adulti e sani, sono scelti con metodo casuale e assegnati ai gruppi sperimentali. Circa 24 ore prima del saggio, si effettua il taglio o la rasatura del pelo nella parte dorsale del corpo della cavia. Durante le operazioni di taglio o rasatura, si deve badare a non ledere la cute dell'animale per evitarne l'abrasione che potrebbe alterarne la permeabilità. Si dovrà preparare almeno il 10 % della superficie corporea per l'applicazione della sostanza in esame. Le sostanze solide, che potranno essere eventualmente ridotte in polvere, dovrebbero essere inumidite con acqua o, se necessario, con un veicolo adatto ad assicurare un buon contatto con la cute. Se viene utilizzato un veicolo , si dovrà tener conto dell'influenza dello stesso sulla penetrazione cutanea della sostanza in esame. Le sostanze liquide generalmente vengono saggiate senza diluizione.

1.6.2. Condizioni del saggio

1.6.2.1. Animali da esperimento

PER LA CONTINUAZIONE DEL TESTO VEDI SOTTO NUMERO: 392L0069.3

Possono essere utilizzati ratti o conigli adulti. Si possono utilizzare altre specie animali, ma il loro uso dovrebbe essere giustificato. Dovrebbero essere utilizzati ceppi di laboratorio comunemente usati. Per ciascun sesso, all'inizio della prova l'intervallo di variazione del peso degli animali utilizzati non dovrebbe essere superiore a ± 20 % del valore medio.

1.6.2.2. Numero e sesso

Per ciascun saggio vengono usati almeno 5 animali a ciscun livello di dosaggio. Essi dovrebbero essere tutti dello stesso sesso. Se si usano femmine, dovrebbero esse nullipare e non gravide. Nel caso siano disponibili informazioni che domostrano che un sesso è nettamente più sensibile, si dovrebbero usare animali di questo sesso.Nota: nei saggi di tossicità acuta con animali di ordine superiore ai roditori, si dovrà prendere in considerazione l'uso di un numero minore di animali. Le dosi devono essere accuratamente scelte e si deve fare ogni sforzo possibile per non sperare dosi moderatamente tossiche. In tali prove si dovrebbe evitare la somministrazione di dosi letali della sostanza in esame.

1.6.2.3. Livelli di dosaggio

Questi dovranno essere in numero sufficiente, almeno 3, e adeguatamente intervallati per produrre uno spettro di effetti tossici e di tassi di mortalità. Nel decidere i dosaggi occorre tener presente qualsiasi effetto irritante o corrosivo. I dati dovrebbero essere sufficienti per ottenere una curva dose-risposta e, quando possibile, permettere una determinazione accettabile della DL50.

1.6.2.4. Saggio limite

Si può eseguire un saggio limite ad un livello di dosaggio di almeno 2 000 mg/kg peso corporeo su un gruppo di 5 animali maschi e 5 femmine usando le procedure sopra descritte. Se si produce una mortalità dovuta al composto, può essere necessario considerare uno studio completo.

1.6.2.5. Periodo di osservazione

Il periodo di osservazione dovrebbe essere almeno di 14 giorni. Tuttavia tale durata non è tassativa. Essa dovrebbe dipendere dalla natura delle reazioni tossiche, dalla velocità della loro insorgenza e dalla lunghezza del periodo di guarigione; se necessario, quindi, essa potrà essere prolungata. Il momento in cui compaiono e spariscono i sintomi di tossicità, la loro durata e il momento in cui interviene il decesso, sono importanti soprattutto nel caso in cui la sostanza tenda a causare mortalità ritardata.

1.6.3. Procedimento

Ogni gabbia deve contenere un solo animale. La sostanza in esame dovrà essere applicata uniformemente su una superficie pari a circa il 10 % della superficie corporea totale. Per le sostanze altamente tossiche, la superficie può essere inferiore, ma dovrà essere ricoperta da uno strato per quanto possibile sottile e uniforme.

Durante il periodo di esposizione di 24 ore, le sostanze in esame dovranno essere tenute a contatto diretto della cute mediante una garza porosa e un cerotto non irritante. La parte su cui viene applicata la sostanza dovrebbe essere ulteriormente coperta in modo opportuno per tenere ferma la garza e la sostanza in esame e assicurare che gli nimali non ingeriscano la sostanza stessa. Dispositivi per la limitazione dei movimenti possono essere usati per impedire agli animali di ingerire la sostanza in esame, ma l'immobilizzazione completa non è consigliabile.

Alla fine del periodo di esposizione si dovrà rimuovere la sostanza residua utilizzando acqua, se possibile, o altri prodotti idonei per la pulizia della pelle.Le osservazioni dovranno essere registrate sistematicamente non appena fatte, badando a tenere separati i dati per ciascun animale. Durante il primo giorno le osservazioni dovranno essere frequenti. Un attento esame clinico dovrà essere effettuato almeno una volta al giorno per 5 giorni per settimana. Le altre osservazioni dovrebbero essere effettuate quotidianamente, agendo appropriatamente per minimizzare la perdita di animali da studiare, ad esempio necroscopia o refrigerazione degli animali trovati morti e isolamento o sacrificio degli animali deboli o moribondi.

Le osservazioni dovrebbero tener conto delle alterazioni riscontrate nel pelo, nella cute trattata, negli occhi e nelle membrane mucose e anche nel sistema respiratorio, circolatorio, nel sistema nervoso autonomo e centrale, nell'attività somatomotoria e nel comportamento dell'animale. Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta all'osservazione di tremori, convulsioni, salivazione, diarrea, letargia, sonno e coma. Il momento in cui sopraggiunge il decesso deve essere registrato con la massima precisione possibile. Gli animali che muoiono durante il saggio e quelli che sopravvivono alla fine del saggio sono sottoposti a necroscopia. Tutte le variazioni patologiche macroscopiche dovranno essere registrate. Ove del caso, dovrebbero essere prelevati tessuti per l'esame istopatologico.

Valutazione della tossicità nell'altro sesso

Dopo il completamento dello studio su un sesso, si somministra almeno un intervallo di dose ad un gruppo di 5 animali dell'altro sesso per controllare che gli animali di questo sesso non siano nettamente più sensibili alla sostanza in esame. In circostanze particolari può essere giustificato l'uso di un minor numero di animali. Nel caso in cui siano disponibili informazioni adeguate che dimostrano che gli animali del sesso controllato sono nettamente più sensibili, si può fare a meno di effettuare la prova su animali dell'altro sesso.

2. DATI

I risultati dovranno essere riassunti in forma tabellare indicante per ogni singolo gruppo di saggio il numero di animali presenti all'inizio del saggio, il momento del decesso di ciascun animale, il numero di animali che presentano altri segni di tossicità, la descrizione degli effetti tossici e i risultati della necroscopia. Il peso di ciascun animale dovrà essere determinato e registrato poco prima dell'applicazione della sostanza, poi settimanalmente e al momento del decesso; le variazioni ponderali dovranno essere calcolate e registrate quando la sopravvivenza sia superiore a un giorno.Gli animali che vengono sottoposti ad eutanasia in conseguenza di sofferenza e dolore dovuti al composto vengono registrati come morti in conseguenza del composto. La DL50 può essere determinata con un metodo riconosciuto.La valutazione dei dati dovrebbe includere il rapporto, se esistente, tra l'esposizione degli animali alla sostanza in esame e l'incidenza e gravità di tutte le alterazioni, incluse quelle comportamentali e cliniche, le lesioni macroscopiche, le variazioni del peso corporeo, la mortalità e qualsiasi altro effetto tossico.

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- specie, ceppo, origine degli animali, condizioni ambientali, dieta, ecc.;

- condizioni sperimentali (inclusa la tecnica di pulizia della cute e il tipo di medicazione; occlusiva o non occlusiva);

- livelli di dosaggio (col veicolo, se usato, e concentrazione);

- sesso degli animali sottoposti a somministrazione;

- tabulato dei dati di risposta per dose e livello di dosaggio (cioè il numero di animali morti o sacrificati durante la prova; numero di animali che presentano sintomi di tossicità; numero di animali esposti);

- tempo intercorso tra la somministrazione della sostanza e la morte, ragioni e criteri usati per la eutanasia di animali;

- tutte le osservazioni;

- valore della DL50 per il sesso sottoposto ad uno studio completo, determinato dopo 14 giorni, specificando il metodo di determinazione;

- intervallo di confidenza statistica del 95 % per la DL50 (se può essere fornito);

- curva dose-mortalità e relativo coefficiente angolare (se il metodo di determinazione lo consente);

- risultati necroscopici;

- qualsiasi altro reperto istopatologico;

- risultati di eventuali saggi sull'altro sesso;

- discussione dei risultati (occorre dedicare una particolare attenzione all'effetto che la eutanasia di animali durante la prova può avere sul valore calcolato della DL50);

- interpretazione dei risultati.

3.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto D).

4. BIBLIOGRAFIA

Vedi introduzione generale, parte B (punto E).

B.4. TOSSICITÀ ACUTA (IRRITAZIONE CUTANEA)

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto A).

1.2. DEFINIZIONI

Vedi introduzione generale, parte B (punto B)

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Nessuna

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Considerazioni iniziali

Una attenta considerazione deve essere dedicata a tutte le informazioni disponibili su una sostanza per minimizzare i controlli su sostanze in condizioni che hanno elevate probabilità di produrre gravi reazioni. Nella valutazione se sia pertinente un saggio completo, uno studio su animale singolo o la non esecuzione di ulteriori prove, possono essere utili le seguenti informazioni.

i) Proprietà chimico-fisiche e reattività chimica. Le sostanze fortemente acide o alcaline (pH dimostrato minore o uguale a 2 o maggiore o uguale a 11,5, per esempio) possono non richiedere il controllo dell'irritazione cutanea primaria se ci si possono attendere proprietà corrosive. Deve essere tenuta presente inoltre la riserva alcalina o acida.ii) Se sono disponibili prove convincenti di effetti gravi in prove convalidate in vitro, può non essere necessario un saggio completo.

iii) Risultati di studi di tossicità acuta. Se è stata condotta una prova della tossicità acuta per via cutanea con la sostanza al livello di dosaggio della prova limite (2 000 mg/kg di peso corporeo), e non si è osservata irritazione cutanea, possono essere superflue ulteriori prove. In aggiunta, è superfluo eseguire le prove su materiali che si sono dimostrati fortemente tossici per via cutanea.

La sostanza da saggiare viene applicata in dose unica sulla cute di alcuni animali da esperimento, ognuno dei quali funge come proprio controllo. Dopo un determinato intervallo, si osserva e valuta il grado di irritazione, che viene ulteriormente descritto per fornire una completa valutazione degli effetti. La durata delle osservazioni dovrebbe essere sufficiente per valutare completamente la reversibilità degli effetti osservati.Può essere necessario sopprimere umanitariamente animali che presentino segni gravi e perduranti di sofferenza e dolore.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Nessuno.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI SAGGIO

1.6.1. Preparazioni

Circa 24 ore prima del saggio, si dovrebbe effettuare il taglio o la rasatura del pelo nella parte dorsale del corpo dell'animale.Durante le operazioni di taglio o rasatura, si dovrebbe badare a non ledere la cute dell'animale. Si dovrebbero utilizzare soltanto animali con cute sana e intatta.Alcuni ceppi di coniglio hanno delle isolette di pelo dense che sporgono maggiormente in certi periodi dell'anno. Le sostanze in esame non devono essere applicate a queste zone di crescita densa del pelo.

Le sostanze da saggiare che sono solide (che potranno essere eventualmente ridotte in polvere, se necessario), dovranno essere inumidite con acqua o, se necessario, con un veicolo adatto per assicurare un buon contatto con la cute. Nell'utilizzare un veicolo, si dovrà tener conto dell'influenza dello stesso sull'irritazione cutanea causata dalla sostanza in esame. Di norma, le sostanze liquide sono usate senza diluizione.

1.6.2. Condizioni di saggio

1.6.2.1. Animali da esperimento

Sebbene si possano usare parecchie specie di mammiferi, il coniglio albino è la specie preferibile.

1.6.2.2. Numero di animali

Se dai risultati di saggi di preselezione in vitro o sulla base di altre considerazioni si sospetta che la sostanza possa produrre necrosi (cioè essere corrosiva), si dovrebbe prendere in considerazione l'esecuzione della prova su un animale singolo. Se i risultati di questo saggio non indicano corrosività, il saggio deve essere completato utilizzando almeno due animali addizionali.Per il saggio completo, si utilizzano almeno 3 animali adulti sani. Non sono richiesti animali separati per un gruppo testimone non trattato. Animali addizionali possono essere necessari per chiarire risposte dubbie.

1.6.2.3. Livelli di dosaggio

Salvo controindicazioni, sulla parte prescelta si applicano 0,5 ml di sostanza liquida oppure 0,5 g di sostanza solida o semisolida. Le zone cutanee adiacenti non trattate di ciascun animale servono come controllo per il saggio.

1.6.2.4. Periodo di osservazione

Il periodo di osservazione non va fissato in modo rigido. Esso dovrebbe essere sufficiente per valutare completamente la reversibilità degli effetti osservati, ma normalmente non è necessario superare i 14 giorni dall'applicazione.

1.6.3. Procedimento

Ogni gabbia dovrà contenere un solo animale. La ostanza da saggiare dovrà essere applicata su una piccola area (di circa 6 cm2) della cute e ricoperta da una garza assicurata con un cerotto non irritante. In caso di sostanze liquide o di alcune paste può essere necessario applicare la sostanza sulla garza e successivamente applicare questa sulla cute. Per tutto il periodo di esposizione, la garza deve essere mantenuta blandamente a contatto con la cute mediante un'apposita medicazione occlusiva o semi-occlusiva. Si deve impedire l'accesso dell'animale alla garza e la risultante ingestione/inalazione della sostanza in esame.Al termine del periodo di esposizione, la sostanza in esame residua deve essere rimossa, se possibile, usando acqua o un solvente appropriato senza alterare la risposta esistente né l'integrità dell'epidermide.La durata normale dell'esposizione è 4 ore.Se si sospetta che la sostanza possa produrre necrosi (cioè che sia corrosiva), la durata dell'esposizione dovrebbe essere ridotta (per esempio a 1 ora o 3 minuti). Per tale prova, si può anche impiegare in primo luogo un animale singolo e, salvo che ciò sia impedito dalla tossicità cutanea acuta del composto in esame, si possono applicare simultaneamente tre garze a questo animale. La prima garza viene rimossa dopo 3 minuti. Se non si osservano reazioni cutanee gravi, si rimuova la seconda garza dopo un ora. Se le osservazioni a questo stadio indicano che è necessaria un esposizione di 4 ore e che questa esposizione può essere condotta umanamente, la terza garza viene rimossa dopo 4 ore, e le risposte vengono valutata. In questo caso (cioè quando è stata possibile un esposizione di 4 ore), la prova dovrebbe poi essere completata usando almeno 2 animali ulteriori, salvo che ciò non sia considerato umano (per esempio se dopo l'esposizione di 4 ore si osserva necrosi).

Se si osserva una grave reazione cutanea (per esempio necrosi) dopo 3 minuti o dopo 1 ora, la prova viene immediatemente interrotta.In determinate condizioni, per esempio in funzione di previste utilizzazioni ed esposizioni umane, può essere opportuno prolungare l'esposizione.

1.6.3.1. Osservazione e valutazione

Dopo la rimozione della garza, gli animali dovranno essere osservati per cercare eventuali manifestazioni di eritema o edema e i risultati valutati dopo 60 minuti e poi dopo 24, 48 e 72 ore. L'irritazione cutanea viene valutata e registrata secondo il sistema della tabella 1. Ulteriori osservazioni possono essere necessarie se la reversibilità non è completamente accertata entro 72 ore. In aggiunta all'osservazione di irritazioni, devono essere descritti in modo completo eventuali gravi lesioni, come corrosione (distruzione irreversibile di tessuto cutaneo) e altri effetti tossici.

È possibile usare tecniche come l'esame istopatologico o la misura dello spessore delle pieghe cutanee per chiarire reazioni o risposte dubbie mascherate dalla colorazione della pelle da parte della sostanza in esame.

2. DATI

I risultati dovrebbero essere riassunti in forma tabellare indicante per ogni singolo animale il grado di irritazione per l'eritema e l'edema durante tutto il periodo di osservazione. Si dovrebbe procedere anche alla registrazione di qualsiasi lesione grave, alla descrizione del grado e del tipo di irritazione, della reversibilità o corrosività e di qualsiasi altro effetto tossico osservato.

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- specie, ceppo, origine degli animali usati, condizioni ambientali, dieta, ecc.)

- condizioni sperimentali (incluse le proprietà chimico- fisiche pertinenti della sostanza chimica, la tecnica di preparazione e pulizia della cute e il tipo di medicazione: occlusiva o semi-occlusiva);

- per ciascun animale e per ogni periodo di osservazione il tabulato dei dati delle risposte relative all'irritazione (ad esempio 1, 24, 48 e 72 ore, ecc., dopo l'eliminazione della garza);

- descrizione di qualsiasi lesione grave osservata, inclusa la corrosività;

- descrizione del grado e della natura dell'irritazione osservata e di qualsiasi rilevamento istopatologico;

- descrizione di qualsiasi effetto tossico diverso dall'irritazione cutanea;

- discussione dei risultati;

- interpretazione dei risultati;

3.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto D).

4. BIBLIOGRAFIA

Vedi introduzione generale, parte B (punto D).

Appendice

>SPAZIO PER TABELLA>

B.5. TOSSICITÀ ACUTA (IRRITAZIONE OCULARE)

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto A).

1.2. DEFINIZIONI

Vedi introduzione generale, parte B (punto B).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Nessuna

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Considerazioni iniziali

Attenta considerazione deve essere dedicata a tutte le informazioni disponibili su una sostanza per minimizzare l'esecuzione di prove in condizioni in cui le sostanze hanno elevate probabilità di produrre gravi reazioni. Le seguenti informazioni possono essere utili a questo proposito.i) Proprietà chimico-fisiche e reattività chimica. Può non essere necessario eseguire la prova con sostanze fortemente acide o alcaline, che per esempio ci si possa aspettare diano nell'occhio un pH di 2 o meno o di 11,5 o più, se ci si possono attendere gravi lesioni. Si deve tenere in considerazione anche la riserva alcalina o acida.

ii) Risultati di studi alternativi ben convalidati; l'irritazione oculare non dovrebbe essere esaminata ulteriormente in materiali che hanno già dimostrato di avere potenziali proprietà corrosive o gravemente irritanti, in quanto si presume che tali sostanze possano produrre effetti gravi sugli occhi in un saggio che utilizzi il metodo qui descritto.

iii) Risultati di studi di irritazione cutanea. I materiali che hanno presentato una capacità corrosiva definita o una grave capacità di irritazione cutanea in uno studio di irritazione cutanea non devono essere sottoposte ad ulteriore controllo della capacità irritante oculare, in quanto si presume che tali sostanze possano produrre gravi effetti sugli occhi.La sostanza da saggiare viene applicata in dose unica su un solo occhio di ognuno di alcuni animali da esperimento; l'occhio non trattato serve da controllo, Il grado i irritazione è valutato secondo una opportuna scala a determinati intervalli e ulteriormente descritto per fornire una completa valutazione degli effetti. La durata delle osservazioni dovrebbe essere sufficiente per valutare completamente la reversibilità o l'irreversibilità degli effetti osservati.

Può essere necessario sopprimere umanitariamente animali che presentano segni gravi e perduranti di sofferenza e dolore.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Nessuno

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI SAGGIO

1.6.1. Preparazioni

Durante le 24 ore precedenti l'inizio dell'esperimento, si devono esaminare entrambi gli occhi degli animali provvisoriamente selezionati per il saggio. Gli animali che presentano irritazioni agli occhi, difetti oculari o lesioni preesistenti alla cornea non devono essere utilizzati.

1.6.2. Condizioni per il saggio

1.6.2.1. Animali da esperimento

Sebbene siano stati utilizzati vari animali, si raccomanda di effettuare il saggio con conigli albini adulti e sani.

1.6.2.2. Numero di animali

Se si prevedono effetti marcati, si dovrebbe prendere in considerazione un saggio su animale singolo. Se i risultati di questo saggio su un solo coniglio fanno pensare che la sostanza sia gravemente irritante (effetto reversibile) o corrosiva (effetto irreversibile) nei confronti dell'occhio con l'utilizzo della procedura descritta, può non essere necessario controllare ulteriormente il potere di irritazione oculare in animali successivi. Occasionalmente, saggi ulteriori su animali addizionali possono essere opportuni per studiare aspetti specifici.Nei casi differenti dal saggio su animale singolo, si devono usare almeno 3 animali. Animali addizionali possono essere necessari per chiarire risposte equivoche.

1.6.2.3. Livelli di dosaggio

Per saggiare le sostanze liquide si impiega una dose di 0,1 ml. Per le sostanze solide, le paste e le sostanze particellate, la quantità utilizzata dovrebbe avere il volume di 0,1 ml o il peso approssimativo di 0,1 g (il peso deve sempre essere registrato). Se la sostanza in esame è solida o granulare, dovrà essere ridotta in polvere fine. Il volume delle particelle dovrebbe essere misurato dopo averle leggermente compattate ad esempio battendo leggermente il contenitore usato per la misurazione.

Per le sostanze contenute in spruzzatori a pompa o contenitori di aerosol pressurizzati, si deve espellere il liquido e raccoglierne 0,1 ml, e instillarli nell'occhio come descritto per i liquidi.

1.6.2.4. Periodo di osservazione

La durata del periodo di osservazione non dovrebbe essere fissata rigidamente. Essa dovrà essere sufficiente per valutare la reversibilità o l'irreversibilità degli effetti osservati, ma normalmente non supererà i 21 giorni dall'instillazione.

1.6.3. Procedimento

Ogni gabbia dovrebbe contenere un solo animale. La sostanza da saggiare dovrebbe essere applicata nella sacca congiuntivale di un occhio di ciascun animale, dopo aver leggermente distaccato la palpebra inferiore dal bulbo oculare. Per evitare la fuoriuscita del materiale, le palpebre devono essere tenute delicatamente chiuse per circa un secondo. L'occhio non trattato serve da controllo.Se si ritiene che la sostanza possa provocare un dolore non tollerabile si può usare un anestetico locale prima dell'instillazione della sostanza in esame. Il tipo, la concentrazione e il momento di applicazione dell'anestetico locale devono essere scelti accuratamente per assicurare che il suo uso non dia luogo a differenze significative di reazione alla sostanza in esame. L'occhio di controllo deve essere anestetizzato in modo simile.

Per 24 ore dopo l'instillazione della sostanza in esame, gli occhi degli animali non dovrebbero essere lavati. Se appropriato, dopo 24 ore si può effettuare un lavaggio.Per alcune sostanze che da questo saggio risultano irritanti, può essere opportuno eseguire prove addizionali utilizzando dei conigli i cui occhi vengono lavati poco dopo l'instillazione della sostanza. In questi casi si raccomanda di usare 3 conigli. Mezzo minuto dopo l'instillazione, gli occhi dei conigli vengono lavati per mezzo minuto usando un volume e una velocitè di flusso tali da non provocare lesioni.

1.6.3.1. Osservazione e valutazione

Gli occhi dovrebbero essere esaminati dopo 1, 24, 48 e 72 ore. Se dopo 72 ore non si notano lesioni oculari, lo studio può essere interrotto.In caso di complicazioni persistenti alla cornea o di altre irritazioni oculari, può risultare necessario proseguire l'osservazione per determinare l'evoluzione delle lesioni e la loro reversibilità o irreversibilità. Oltre all'esame della cornea, dell'iride e della congiuntiva, si dovrà registrare e includere nella relazione ogni altra eventuale lesione. Per ogni esame si deve registrare il livello di reazione oculare (vedi tabella in appendice). (La valutazione delle reazioni oculari è soggetta a varie interpretazioni. Per assistere il laboratorio di saggio e coloro che fanno ed interpretano le osservazioni, può essere usata una guida illustrata dell'irritazione oculare.

L'utilizzazione di una lente binoculare, di una lampada a fessura, di un biomicroscopio o di un altro ausilio idoneo, può facilitare l'esame delle reazioni. Dopo la registrazione delle osservazioni effettuate dopo 24 ore, gli occhi di una parte o di tutti i conigli possono ancora essere esaminati con l'ausilio della fluoresceina.

2. DATI

I risultati dovrebbero essere riassunti in un tabulato indicante per ogni animale la valutazione dell'irritazione ai tempi di osservazione prescritti. Una descrizione del grado e del tipo di irritazione, la presenza di lesioni gravi e qualsiasi effetto rilevato, diverso dagli effetti oculari, dovranno essere riportati.

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- informazioni relative agli animali (specie, ceppo, origine degli animali, condizioni ambientali, dieta ecc.);

- condizioni dell'esperimento (comprese le caratteristiche fisico-chimiche significative della sostanza in esame);

- tabulato degli effetti irritanti corrosivi per ogni singolo animale ad ogni tempo a cui viene effettuata l'osservazione (ad esempio 1, 24, 48 e 72 ore);

- descrizione di eventuali lesioni gravi osservate;

- descrizione narrativa del grado e della natura dell'irritazione o corrosione osservata, inclusa l'area di cornea interessata e la reversibilità;

- descrizione del metodo adottato per classificare l'irritazione a 1, 24, 48 e 72 ore (ad esempio lampada manuale a fessura, biomicroscopio, fluoresceina);

- descrizione di qualsiasi effetto topico non oculare riscontrato;

- discussione dei risultati;

- interpretazione dei risultati.

3.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto D).

4. BIBLIOGRAFIA

Vedi introduzione generale, parte B (punto E).

Appendice

>SPAZIO PER TABELLA>

B.6. SENSIBILIZZAZIONE CUTANEA

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Note:

La sensibilità e capacità dei saggi a evidenziare potenziali sensibilizzatori della cute umana sono considerate importanti in un sistema di classificazione della tossicità che voglia essere significativo per la salute pubblica.

Non esiste alcun metodo di saggio singolo che identifichi adeguatamente tutte le sostanze dotate di potenziale sensibilizzante per la cute umana e che sia pertinente per tutte le sostanze.Nella scelta di un saggio bisogna considerare fattori come le caratteristiche fisiche di una sostanza, inclusa la sua capacità di penetrare nella cute.I saggi che utilizzano porcellini d'India possono essere suddivisi in saggi del tipo con utilizzo di coadiuvanti, nei quali uno stato allergico viene potenziato sciogliendo o sospendendo la sostanza in esame in adiuvante completo di Freund (FCA), e i saggi senza utilizzo di adiuvante.

I saggi del tipo con l'uso di adiuvante hanno buone probabilità di essere più accurati nel predire un probabile effetto sensibilizzante cutaneo di una sostanza nell'uomo rispetto ai metodi che non utilizzano l'adiuvante completo di Freund, e pertanto sono i metodi preferiti.Il «Guinea-Pig Maximization Test» (GPMT) è un saggio del tipo con adiuvante ampiamente usato. Benché si possano usare parecchi altri metodi per individuare la capacità potenziale di una sostanza di provocare reazioni di sensibilizzazioni cutane, il GPMT è considerato la tecnica con adiuvante preferita.

Con molte classi chimiche, i saggi senza uso di coadiuvante (dei quali il preferito è il saggio di Buehler) sono considerati meno sensibili.In certi casi possono esserci buone ragioni per scegliere il saggio di Buehler, che implica la somministrazione topica invece dell'iniezione intradermica usata nel Guinea-Pig Maximization Test. Quando si utilizza il saggio di Buehler si dovrà fornire una giustificazione scientifica.In questo metodo sono descritti il Guinea-Pig Maximization Test (GPMT) e il saggio di Buehler. Si possono usare altri metodi a condizione che siano ben convalidati e che sia fornita una giustificazione scientifica.

Indipendentemente dai metodi usati, la sensibilità del ceppo di porcellino d'India usato per le prove di sensibilizzazione cutanea deve essere controllata ad intervalli regolari (6 mesi) utilizzando un sensibilizzante noto, da blando a moderato, e si deve ottenere un numero soddisfacente di risposte positive.

Vedi anche introduzione generale, parte B (punto A).

1.2. DEFINIZIONI

Vedi introduzione generale, parte B (punto B).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Sono raccomandate le seguenti sostanze, se necessario diluite, oltre a qualsiasi altra sostanza sensibilizzante attiva nota o dalla letteratura od appartenente al gruppo della sostanza esaminata.

- p-fenilendiamminaCAS 106-50-3

- 2,4-dinitroclorobenzeneCAS 97-00-7

- potassio dicromatoCAS 7778-50-9

- nichel solfatoCAS 1405-10-3

- nichel solfatoCAS 7786-81-4

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

A seguito di esposizioni iniziali alla sostanza in esame (periodo di «induzione»), gli animali dopo circa due settimane dall'ultima esposizione di induzione, sono sottoposti ad una «esposizione di provocazione» (challenge exposure) alla sostanza in esame, al fine di determinare se sia stato indotto uno stato di ipersensibilità. La sensibilizzazione è valutata tramite l'esame della reazione cutanea all'esposizione di provocazione.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Nessuno

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI SAGGIO

1.6.1. Guinea-Pig Maximization Test (GPMT)

1.6.1.1. Preparazioni

Porcellini d'India albini giovani e sani vengono suddivisi con metodo casuale e assegnati al gruppo di trattamento e al gruppo di controllo. Prima della somministrazione delle sostanze, si rimuove il pelo per taglio o rasatura dalla zona della spalla. Occorre porre attenzione a non danneggiare la cute.

1.6.1.2. Condizioni sperimentali

1.6.1.2.1. Animali da esperimento

Si utilizzano porcellini d'India albini di ceppi comunemente usati in laboratorio e del peso inferiore a 500 g.

1.6.1.2.2. Numero e sesso

Si possono usare animali di sesso maschile e/o femminile. Se si usano delle femmine, dovranno essere nullipare e non gravide. Si utilizza un minimo di 10 animali nel gruppo sottoposto a trattamento e almeno 5 nel gruppo di controllo. L'uso di un numero inferiore di animali deve essere giustificato. In caso di risultati equivoci, può essere utile un esame istopatologico per decidere se il saggio debba essere ripetuto usando un'altra serie di animali. Qualora non sia possibile concludere in modo definitivo che la sostanza in esame è o non è un sensibilizzante, si consiglia di effettuare saggi su ulteriori animali per disporre in totale di almeno 20 animali saggiati e 10 di controllo.

1.6.1.2.3. Livelli di dosaggio

La concentrazione della sostanza in esame viene stabilita ad un livello che produca qualche sintomo di irritazione cutanea ma che sia ben tollerato dagli animali in ogni fase dell'induzione.La concentrazione usata per il «challenge» dovrebbe essere la concentrazione massima che non produce alcun sintomo di irritazione cutanea in animali non sensibilizzati.Queste concentrazioni possono essere determinate mediante uno studio pilota su piccola scala (due o tre animali).

1.6.1.2.4. Periodo di osservazione

Durante il periodo di induzione, si effettuano osservazioni per controllare eventuali effetti irritanti. Dopo il «challenge», le reazioni cutanee sono registrate 24 e 48 ore dopo la rimozione del cerotto.

1.6.1.3. Procedimento

Gli animali vengono pesati prima dell'inizio della prova e al termine della prova. La regione della spalla viene liberata dal pelo. Il procedimento comprende due fasi:

1.6.1.3.1. Induzione

Giorno 0 - Gruppo trattato

Nella zona della spalla si somministrano le seguenti coppie di iniezioni intradermiche, 0,1 ml ciascuna, in modo che le due iniezioni di ciascuna coppia siano su un lato ciascuna della linea mediana:

iniezione 1:0,1 ml di adiuvante completo di Freund (FCA) miscelato con acqua o soluzione salina fisiologica 1:1,

iniezione 2:0,1 ml di sostanze in esame, se necessario in un veicolo adatto,

iniezione 3:0,1 ml di sostanza in esame in FCA.

Nell'iniezione 3, le sostanze solubili in acqua sono sciolte in 0,05 ml d'acqua e 0,05 ml di FCA non diluito. Se si devono esaminare sostanze liposolubili o nsolubili, queste vengono miscelate con FCA non diluito.

Nell'iniezione 3, la concentrazione finale della sostanza in esame deve essere uguale a quella dell'iniezione 2.

Le iniezioni 1 e 2 sono praticate molto vicine una all'altra e più verso la testa, mentre la 3 è praticata verso la parte caudale della zona d'esame.

Giorno 0 - Gruppo di controllo

Le seguenti coppie di iniezioni intradermiche sono praticate nelle stesse zone di cui sopra.Iniezione 1:0,1 ml di adiuvante completo di Freund (FCA) miscelato con acqua o soluzione salina

fisiologica 1:1,

iniezione 2:0,1 ml di veicolo da solo,

iniezione 3:0,1 ml di veicolo in FCA.

Giorno 6 - Gruppo di controllo e gruppo trattato

Se la sostanza non è un irritante cutaneo, l'area d prova, dopo taglio e/o rasatura, viene tinta con 0,5 ml di laurilsolfato di sodio al 10 % in vasellina allo scopo di creare un'irritazione locale.

Giorno 7 - Gruppo trattato

Si procede nuovamente alla rimozione del pelo dalla zona di prova. La sostanza in esame in un veicolo adatto (la scelta del veicolo dovrebbe essere giustificata; le sostanze solide sono ridotte in polvere e incorporate in un veicolo adatto; i liquidi, se del caso, possono essere applicati direttamente) viene spalmata su ua carta da filtro (2 × 4 cm) e applicata all'area di prova e tenuta in contatto mediante una medicazione occlusiva per 48 ore.

Giorno 7 - Gruppo di controllo

Si procede nuovamente alla rimozione del pelo dall'area di prova. Il veicolo da solo viene applicato in maniera simile all'area di prova e tenuto in contatto mediante una medicazione occlusiva per 48 ore.

1.6.1.3.2. Challenge

Giorno 21

Si rimuove il pelo dai fianchi degli animali trattati e di controllo. Su un fianco degli animali trattati si applica una garza o una camera contenente la sostanza in esame, e sull'altro fianco si applica una garza o una camera con il solo veicolo.Le garze vengono tenute in contatto mediante una medicazione occlusiva per 24 ore.Il gruppo di controllo viene esposto in maniera identica.

Giorni 23 e 24

- 21 ore dopo aver tolto la garza, la zona sottoposta al «challenge» viene pulita e, se necessario, liberata del pelo,

- 3 ore più tardi (48 ore dall'inizio dell'applicazione di provocazione) si esamina e si registra la reazione cutanea,

- 24 ore dopo questa osservazione si effettua e si registra un secondo esame (72 ore).Per chiarire i risultati ottenuti nel primo «challenge», l'esposizione a un secondo «challenge» dovrebbe essere presa in considerazione, se necessario con un nuovo gruppo di controllo, approssimativamente una settimana dopo la prima.

1.6.1.3.3. Osservazione e valutazione

Si devono registrare e includere nella relazione tutte le reazioni cutanee e qualsiasi risultato insolito derivante dai procedimenti di induzione e provocazione.Per chiarire reazioni dubbie o risposte mascherate dalla colorazione della cute dovuta alla sostanza in esame, si possono usare tecniche come l'esame istopatologico o la misura dello spessore delle pieghe cutanee.

1.6.2. Saggio di Buehler

1.6.2.1. Preparazione

Porcellini d'India albini giovani e sani vengono suddivisi con metodo casuale e assegnati al gruppo di trattamento e al gruppo di controllo. Prima della somministrazione delle sostanze, si rimuove il pelo per taglio e/o rasatura di un fianco. Occorre porre attenzione a non danneggiare la cute.

1.6.2.2. Condizioni sperimentali

1.6.2.2.1. Animali per l'esperimento

Si utilizzano porcellini d'India albini di ceppi comunemente usati in laboratorio e del peso inferiore a 500 g.

1.6.2.2.2. Numero e sesso

Si possono usare animali di sesso maschile e/o femminile. Se si usano delle femmine, dovranno essere nullipare e non gravide. Si utilizzano almeno 20 animali nel gruppo sottoposto a trattamento e almeno 10 nel gruppo di controllo. L'uso di un numero inferiore di animali deve essere giustificato. In caso di risultati equivoci, può essere utile un esame istopatologico per decidere se il saggio debba essere ripetuto usando un'altra serie di animali.

1.6.2.2.3. Livello di dosaggio

Per ciascuna fase di induzione, la concentrazione della sostanza in esame viene stabilita al livello massimo che può essere ben tollerato sistemicamente e che, per sostanze irritanti, produce una irritazione da debole a moderata nella maggior parte degli animali da esperimento. La concentrazione di «challenge» deve essere la massima che non produce dimostrazioni di irritazione cutanea in animali non sensibilizzati. Questa concentrazione può essere determinata mediante uno studio su piccola scala (da 2 a 3 animali).

1.6.2.2.4. Periodo di osservazione

Durante il periodo di induzione, si eseguono sservazioni per controllare eventuali effetti irritanti. Dopo l'esposizione di «challenge», le reazioni cutanee sono registrate 24 e 48 ore dopo la rimozione del cerotto, cioè 30 e 54 ore dopo l'inizio della applicazione.

1.6.2.3. Procedimento

Gli animali vengono pesati prima dell'inizio della prova e al termine della prova.Il procedimento comprende due fasi:

1.6.2.3.1. Induzione

Giorno 0 - Gruppo trattato

Un fianco viene liberato dal pelo. 0,5 ml della sostanza in esame in un veicolo adatto (la scelta del veicolo deve essere giustificata; i liquidi, se del caso, possono essere applicati direttamente) vengono spalmati su un tampone cotone. Il tampone viene applicato all'area di prova e tenuto in contatto con la pelle mediante un cerotto occlusivo o una camera e una adatta fasciatura per 6 ore.

Giorno 0 - Gruppo di controllo

Un fianco viene liberato dal pelo. Il solo veicolo viene applicato in maniera simile all'area di prova e viene tenuto in contatto con la pelle mediante un cerotto occlusivo o una camera e una adatta fasciatura per 6 ore.

Giorni 7 e 14

Si esegue la stessa applicazione del giorno 0 sulla stessa area di prova (liberata dal pelo se necessario) il giorno 7 e il giorno 14.

1.6.2.3.2. Challenge

Giorno 28

L'altro fianco degli animali trattati e di controllo viene liberato dal pelo. Un cerotto occlusivo o una camera contenente 0,5 ml della sostanza in esame viene applicato, alla massima concentrazione non irritante, al fianco posteriore degli animali trattati. Si applica anche un cerotto occlusivo o una camera con solo veicolo al fianco anteriore.I cerotti occlusivi vengono tenuti in contatto mediante una adatta medicazione per 6 ore.Il gruppo di controllo viene esposto in maniera identica.

Giorni 29 e 30

- 21 ore dopo aver tolto la garza, la zona sottoposta al «challenge» viene pulita e, se necessario, liberata del pelo,

- 3 ore più tardi (30 ore dall'inizio dell'applicazione di provocazione) si esamina e si registra la reazione cutanea,

- 24 ore dopo questa osservazione si effettua e si registra un secondo esame (54 ore).

1.6.2.3.3. Osservazione e valutazione

Si devono registrare e includere nella relazione tutte le reazioni cutanee e qualsiasi risultato insolito derivante dai procedimenti di induzione e «challenge».Per chiarire reazioni dubbie o risposte mascherate alla colorazione della pelle dovuta alla sostanza in esame, si possono usare tecniche come l'esame istopatologico o la misura dello spessore delle pieghe cutanee.

2. DATI (GPMT e saggio di Buehler)

I dati devono essere raccolti in forma tabellare indicante per ogni animale le reazioni cutanee

rilevate ad ogni osservazione.

3. RELAZIONE (GPMT e saggio di Buehler)

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO (GPMT E SAGGIO DI BUEHLER)

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- ceppo di porcellino d'India usato;

- condizioni sperimentali, veicolo e concentrazione della sostanza in esame usati per l'induzione e la provocazione;

- numero, età e sesso degli animali;

- peso di ogni singola cavia all'inizio e al termine dell'esperimento;

- ciascuna osservazione effettuata su ogni singolo animale, compreso il sistema di classificazione degli effetti, qualora usato;

- discussione dei risultati;

- interpretazione dei risultati.

3.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE (GPMT E SAGGIO DI BUEHLER)

Vedi introduzione generale, parte B (punto D).

4. BIBLIOGRAFIA

Vedi introduzione generale, parte B (punto E).

B.7. TOSSICITÀ A DOSE RIPETUTA (28 GIORNI) PER VIA ORALE

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto A).

1.2. DEFINIZIONI

Vedi introduzione generale, parte B (punto B).

1.3. SOSTANZA DI RIFERIMENTO

Nessuna.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

La sostanza in esame viene somministrata per via orale in dosi giornaliere ad alcuni gruppi di animali da esperimento, un livello di dose per gruppo, per un periodo di 28 giorni. Durante la somministrazione gli animali vengono osservati ogni giorno per la rilevazione di eventuali segni di tossicità. Gli animali deceduti durante l'esperimento vanno sottoposti a necroscopia. Al termine del saggio gli animali sopravvissuti vengono sottoposti a necroscopia.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Nessuno.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI SAGGIO

1.6.1. Preparazioni

Per un periodo di almeno 5 giorni prima della prova, gli animali sono mantenuti nelle condizioni di stabulazione e di alimentazione del saggio. Prima del saggio, gli animali, che dovranno essere giovani e sani, sono scelti con metodo casuale e assegnati ai gruppi sperimentali. Le sostanze in esame possono essere somministrate con la dieta, a mezzo di sonda gastrica, in capsule, oppure nell'acqua da bere. Per tutta la durata dell'esperimento, la sostanza in esame deve essere somministrata a tutti gli animali seguendo lo stesso metodo. Se per facilitare il dosaggio si utilizza un veicolo o altri additivi, questi non devono produrre effetti tossici. Ove appropriato, è possibile avvalersi di dati storici.

1.6.2. Condizioni per il saggio

1.6.2.1. Animali per l'esperimento

Salvo controindicazioni, il ratto è la specie d'elezione. Si dovranno utilizzare animali giovani e sani di ceppi di laboratorio comunemente usati e la somministrazione della sostanza in esame dovrebbe iniziare da un punto di vista ottimale prima che i ratti raggiungano l'età di 6 settimane, e comunque prima che abbiano superato le 8 settimane d'età.All'inizio dello studio, l'intervallo di variazione del peso degli animali usati non dovrebbe essere superiore a ± 20 % del valore medio.

1.6.2.2. Numero e sesso

Per ciascun livello di dosaggio dovranno essere utilizzati almeno 10 animali (5 di sesso femminile e 5 di sesso maschile). Le femmine dovranno essere nullipare non gravide. Nei casi in cui siano programmati sacrifici intermedi di alcuni animali, il numero degli animali dovrà essere aumentato per includere quello degli animali da sacrificare prima del termine della prova. Inoltre, un gruppo satellite di 10 animali (5 per sesso) può essere sottoposto ad un trattamento di 28 giorni con il livello massimo di dosaggio e tenuto sotto osservazione per valutare, durante 14 giorni dopo il trattamento, la reversibilità, la persistenza oppure l'insorgenza ritardata di effetti tossici. Si utilizza anche un gruppo satellite di 10 animali di controllo (5 animali per sesso).

1.6.2.3. Livelli di dosaggio

Almeno 3 livelli di dose e un gruppo di controllo dovranno essere usati. Quest'ultimo, fatta eccezione per la somministrazione della sostanza in esame, sarà trattato in modo identico ai gruppi trattati. Allorquando per facilitare il dosaggio si utilizza un veicolo, quest'ultimo dovrà essere somministrato agli animali del gruppo di controllo con le stesse modalità dei gruppi trattati e utilizzando la quantità massima di veicolo somministrata a qualsiasi gruppo trattato. Il livello di dosaggio della sostanza in esame più alto dovrebbe produrre effetti tossici senza causare alcuna mortalità o almeno causando solo una piccola percentuale di decessi. Il livello di dose più basso non dovrebbe causare alcun sintomo di tossicità. Nei casi in cui sia possibile stimare l'esposizione umana prevista, il livello di dosaggio più basso dovrebbe superare questo livello di esposizione. Dal punto di vista ottimale, la dose intermedia dovrebbe causare effetti tossici osservabili minimi. Nel caso in cui siano utilizzati più dosaggi intermedi, i loro livelli dovrebbero essere intervallati in modo da produrre una graduazione di effetti tossici.Nei gruppi a livello di dosaggio basso e medio e in quello di controllo, l'incidenza dei decessi dovrebbe essere bassa per consentire una valutazione significativa dei risultati.Se la sostanza in esame è somministrata con la dieta, si può utilizzare sia una concentrazione dietetica costante (ppm o mg/kg di alimento), sia un livello di dosaggio costante in funzione del peso degli animali; l'alternativa prescelta deve essere specificata.Se la sostanza è somministrata tramite gavaggio, la dose dovrà essere somministrata ogni giorno alla stessa ora e i livelli di dosaggio dovranno essere modificati ad intervalli regolari (settimanalmente o bisettimanalmente), al fine di mantenere un livello di dosaggio costante in funzione del peso corporeo dell'animale.

1.6.2.4. Saggio limite

Qualora il saggio della durata di 28 giorni, effettuato in conformità del metodo qui di seguito dettagliato, con un livello di dosaggio di 1 000 mg/kg peso corporeo/giorno, oppure con un livello di dosaggio superiore in relazione all'eventuale esposizione umana, ove nota, non causi evidenza di effetti tossici, ulteriori saggi possono esere considerati non necessari. Per le sostanze a bassa tossicità somministrate con la dieta, è importante assicurarsi che la loro quantità e le altre caratteristiche della sostanza in esame non interferiscano con i normali fabbisogni nutrizionali degli animali di saggio.

1.6.2.5. Periodo di osservazione

Tutti gli animali dovranno essere esaminati quotidianamente e tutti i segni di tossicità vanno registrati, compresi il momento della loro insorgenza, il loro grado e la loro durata. Dovranno, inoltre, essere registrati il momento del decesso e il momento in cui i segni di tossicità appaiono e scompaiono.

1.6.3. Procedimento

La sostanza in esame va somministrata per un periodo di 28 giorni, dal punto di vista ottimale, per 7 giorni alla settimana. Gli animali in qualsiasi gruppo satellite previsto per proseguire le osservazioni dovranno essere osservati per altri 14 giorni, senza alcun trattamento al fine di rilevare la scomparsa o la persistenza degli effetti tossici.

Le osservazioni dovrebbero comprendere le alterazioni intervenute nella cute e nel pelo, negli occhi e nelle membrane mucose, e anche nei sistemi respiratoio, circolatorio, nervoso autonomo e centrale, nell'attività somatomotoria e nel comportamento dell'animale. Ogni settimana si dovrebbe misurare il consumo di alimento (e il consumo d'acqua, qualora la sostanza in esame sia somministrata nell'acqua da bere) e il peso degli animali. L'esame regolare degli animali è necessario per impedire, per quanto possibile, la perdita di animali dallo studio dovuta a cause come cannibalismo, autolisi dei tessuti, oppure a errata collocazione. Al termine della prova tutti gli animali sopravvissuti nei gruppi trattati, ad eccezione del gruppo satellite, vengono sottoposti a necroscopia. Gli animali moribondi e gli animali in condizione di grave sofferenza o dolore dovranno essere rimossi al momento in cui sono notati, soppressi umanamente e sottoposti a necroscopia.

Al termine del saggio tutti gli animali, compresi quelli di controllo, saranno sottoposti ai seguenti esami:

1. ematologia, comprendente almeno l'ematocrito, la concentrazione di emoglobina, la conta degli eritrociti, la conta totale e differenziale dei leucociti e una misura del potenziale di coagulazione;

2. biochimica clinica del sangue, comprendente almeno un parametro della funzionalità epatica e renale nel siero: alanina aminotransferasi (prima conosciuta come glutammico-piruvico transaminasi), aspartato aminotransferasi (prima conosciuta come glutammico-ossalacetico transaminasi), azoto ureico, albumina, creatinina ematica, bilirubina totale e proteine seriche totali.

Altre determinazioni, che possono risultare necessarie per un'adeguata valutazione tossicologica, comprendono il calcio, il fosforo, il cloruro, il sodio, il potassio, il glucosio a digiuno, l'analisi dei lipidi, gli ormoni, l'equilibrio acido/base, la metaemoglobina, l'attività colinesterasica.

Per estendere l'indagine degli effetti osservati, se necessa rio, si possono utilizzare ulteriori esami biochimico-clinici.

1.6.3.1. Necroscopia

Tutti gli animali dello studio dovrebbero essere sottoposti a necroscopia completa. Per evitare la disidratazione, il fegato, i reni, le ghiandole surrenali e i testicoli dovrebbero essere pesati umidi al più presto possibile dopo la dissezione. Gli organi e i tessuti (fegato, reni, milza, testicoli, ghiandole surrenali, cuore e qualsiasi altro organo che presenti lesioni macroscopiche o variazioni delle dimensioni) dovranno essere conservati in un mezzo adatto per un eventuale futuro esame istopatologico.

1.6.3.2. Esame istopatologico

Gli organi e i tessuti degli animali del gruppo ad alto dosaggio e del gruppo di controllo opportunamente preservati dovranno essere sottoposti ad esame istologico. Gli organi e i tessuti che presentano alterazioni attribuibili alla sostanza in esame somministrata al dosaggio più elevato dovrebbero essere esaminati anche per i gruppi a dosaggio inferiore. Gli animali dell'eventuale gruppo satellite dovranno essere sottoposti ad esame istologico, in particolare per gli organi e i tessuti che risultano colpiti da effetti tossici negli altri gruppi trattati.

2. DATI

I risultati dovrebbero essere riassunti in una tabella indicante, per ogni gruppo trattato, il numero di animali all'inizio del saggio e il numero di animali che mostra ciascun tipo di lesione.Tutti i risultati osservati dovrebbero essere valutati con un adeguato metodo statistico. Può essere utilizzato qualsiasi metodo statistico riconosciuto.

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- specie, ceppo, origine degli animali, condizioni ambientali, dieta, ecc.;

- condizioni del saggio;

- livelli di dosaggio (con eventuale veicolo, se usato) e concentrazioni;

- dati relativi agli effetti tossici per sesso e livello di dosaggio;

- livello senza effetti, ove possibile;

- il momento in cui è intervenuto il decesso durante il saggio oppure se gli animali sono sopravvissuti sino al termine;

- effetti tossici o altri effetti;

- momento in cui è stato rilevato qualsiasi sintomo anormale e suo decorso;

- dati relativi al consumo di alimenti e al peso corporeo;

- esami ematologici effettuati e tutti i risultati relativi;

- esami biochimico-clinici effettuati e tutti i risultati relativi;

- risultati della necroscopia;

- descrizione dettagliata di tutti i risultati istopatologici;

- elaborazione statistica dei risultati, ove appropriato;

- discussione dei risultati;

- interpretazione dei risultati.

3.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto D).

4. BIBLIOGRAFIA

Vedi introduzione generale, parte B (punto E).

B.8. TOSSICITÀ A DOSE RIPETUTA (28 GIORNI) PER INALAZIONE

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

È utile avere informazioni preliminari sulla distribuzione delle dimensioni delle particelle, la tensione di vapore, il punto di fusione, il punto di ebollizione, il punto di infiammabilità e la esplosività (se del caso) della sostanza.

Vedi anche introduzione generale, parte B (punto A).

1.2. DEFINIZIONI

Vedi introduzione generale, parte B (punto B).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Nessuna.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Diversi gruppi di animali da esperimento sono esposti quotidianamente per un periodo determinato a concentrazioni graduate della sostanza in esame; si utilizza una concentrazione per gruppo, somministrata per 28 giorni. Se si fa uso di un veicolo per ottenere una concentrazione appropriata della sostanza in esame nell'atmosfera, si dovrà prevedere anche un gruppo di animali di controllo trattati con il veicolo. Durante il periodo di trattamento, gli animali vengono esaminati quotidianamente per rilevare i sintomi di tossicità. Gli animali che muoiono durante il saggio e quelli che sopravvivono sono sottoposti a necroscopia alla fine del saggio.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Nessuno.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI SAGGIO

1.6.1. Preparazioni

Per almeno 5 giorni prima dell'esperimento gli animali sono mantenuti nelle stesse condizioni di stabulazione e di alimentazione dell'esperimento. Prima del saggio, gli animali, che dovranno essere giovani e sani, sono scelti con metodo casuale e assegnati ai vari gruppi previsti. Se necessario, alla sostanza in esame può essere aggiunto un veicolo idoneo per facilitare la generazione di una concentrazione appropriata della sostanza in esame nell'atmosfera. Se per facilitare il dosaggio si utilizza un veicolo o altri additivi, questi dovranno non produrre effetti tossici. Se appropriato, possono essere utilizzati i dati storici.

1.6.2. Condizioni per il saggio

1.6.2.1. Animali da esperimento

Salvo controindicazione, il ratto è la specie d'elezione. Si dovranno utilizzare animali giovani e sani da ceppi di laboratorio comunemente usati.All'inizio dello studio, l'intervallo di variazione ponderale degli animali usati non dovrebbe superare ± 20 % del valore medio.

1.6.2.2. Numero e sesso

Per ogni gruppo in esame dovranno essere utilizzati almeno 10 animali (5 di sesso maschile e 5 di sesso femminile). Le femmine dovrebbero essere nullipare e non gravide. Ove siano programmati sacrifici intermedi, il numero degli animali dovrà essere aumentato per includere quello degli animali da sacrificare prima del termine della prova. Inoltre, un gruppo satellite di 10 animali (5 animali per sesso) può essere sottoposto al trattamento con il livello superiore di dosaggio per 28 giorni ed esaminato, nei seguenti 14 giorni, per quanto riguarda la reversibilità o la persistenza o l'insorgenza ritardata degli effetti tossici. Inoltre si userà in tale caso, un gruppo satellite pure di 10 animali di controllo (5 animali per sesso).

1.6.2.3. Concentrazioni di esposizione

Sono richieste almeno tre concentrazioni con un controllo, oppure, se viene utilizzato un veicolo, un controllo del veicolo (corrispondente alla massima concentrazione del veicolo). Gli animali del gruppo di controllo dovranno essere trattati in modo identico agli animali dei gruppi trattati, ad eccezione del trattamento con la sostanza in esame. La massima concentrazione dovrebbe produrre effetti tossici, ma senza causare mortalità, o almeno causando una mortalità molto bassa. La concentrazione più bassa non dovrebbe causare alcun sintomo di tossicità. Nei casi in cui sia possibile stimare l'esposizione umana prevista, il livello di dosaggio più basso dovrebbe superare questo livello. Dal punto di vista ottimale la concentrazione intermedia dovrebbe produrre effetti tossici minimi. Nel caso in cui siano utilizzate più concentrazioni intermedie, queste dovrebbero essere intervallate in modo tale da produrre una graduazione di effetti tossici. Nei gruppi esposti alle concentrazioni bassa e intermedia e nei controlli, l'incidenza dei decessi dovrebbe essere bassa al fine di consentire una valutazione significativa dei risultati.

1.6.2.4. Tempo di esposizione

La durata dell'esposizione giornaliera dovrà essere di 6 ore. Tuttavia, per esigenze specifiche, si possono utilizzare esposizioni di diversa durata.

1.6.2.5. Apparecchiature

Gli animali dovranno essere esposti al composto in dispositivi per l'inalazione appositamente progettati per consentire un flusso dinamico dell'aria di almeno 12 ricambi l'ora per garantire un adeguato contenuto di ossigeno e un'atmosfera uniformemente distribuita. Qualora sia usata una camera, essa deve essere progettata in modo da minimizzare l'affollamento degli animali da esperimento e al tempo stesso rendere massima l'esposizione mediante inalazione alla sostanza in esame. Come regola generale per garantire la stabilità dell'atmosfera della camera, il «volume» complessivo degli animali di saggio non dovrebbe superare il 5 % di quello della camera di saggio. Si può ricorrere ad una esposizione oro-nasale, della sola testa, oppure di tutto il corpo in camera individuale; le prime due modalità d'esposizione renderanno minima l'assunzione delle sostanze attraverso altre vie.

1.6.2.6. Periodo di osservazione

Durante l'intero trattamento e il periodo di recupero, gli animali dovranno essere esaminati quotidianamente per rilevare i segni di tossicità. Il momento del decesso e il momento in cui si manifestano e scompaiono i sintomi di tossicità dovranno essere registrati.

1.6.3. Procedimento

Gli animali vengono esposti giornalmente alla sostanza in esame per 5-7 giorni alla settimana per un periodo di 28 giorni. Gli animali di ogni gruppo satellite, previsto per proseguire le osservazioni, dovranno essere tenuti per altri 14 giorni, senza alcun trattamento, al fine di rilevare la scomparsa oppure la persistenza degli effett tossici. L'esperimento dovrà essere effettuato ad una temperatura di 22 C ± 3 C.

Dal punto di vista ottimale, l'umidità relativa dovrà essere mantenuta tra il 30 e il 70 % ma, in taluni casi (ad esempio prove di alcuni aerosol), ciò può non essere realizzabile. Mantenendo una leggera pressione negativa all'interno della camera (≤ 5 mm d'acqua) si impedirà il trafilamento della sostanza in esame nell'area circostante. Durante l'esposizione, la somministrazione di cibo e acqua dovrebbe essere sospesa.

Dovrà essere realizzato un sistema dinamico d'inalazione con un adeguato sistema analitico di controllo della concentrazione. Si raccomanda di effettuare un esperimento di prova per stabilire le concentrazioni idonee di esposizione. La velocità di flusso dell'aria dovrà essere regolata in modo da rendere uniformi le condizioni nella camera di esposizione. Il sistema dovrebbe consentire di raggiungere al più presto possibile le condizioni d'esposizione stabili.

Dovranno essere misurati o controllati:

(a) la velocità del flusso d'aria (in continuo);

(b) la concentrazione effettiva della sostanza in esame nella zona di respirazione. Durante il periodo giornaliero di esposizione, la concentrazione non dovrà variare oltre il ± 15 % del valore medio. Tuttavia, nel caso di alcuni aerosol, questo livello di controllo potrebbe non essere realizzabile, e sarebbe quindi accettabile un intervallo più ampio. Per tutta la durata dello studio, le concentrazioni dovranno essere mantenute per quanto possibile costanti da un giorno all'altro. Per gli aerosol, si dovrà eseguire almeno un'analisi delle dimensioni di particelle per gruppo di prova e per settimana.

(c) Temperatura e umidità, in continuo se possibile.

Durante e dopo l'esposizione si procede all'effettuazione e alla registrazione sistematica delle osservazioni; registri individuali dovranno essere mantenuti per ciascun animale. Tutti gli animali dovranno essere esaminati giornalmente e dovranno essere registrati i sintomi di tossicità, compresi il momento del loro insorgere, il loro grado e la loro durata. Le osservazioni effettuate dovrebbero comprendere le alterazioni della cute e del pelo, degli occhi, delle membrane mucose e dei sistemi respiratorio, circolatorio, nervoso utonomo e centrale, dell'attività somatomotoria e del comportamento dell'animale, La misura del peso degli animali dovrà essere effettuata ogni settimana. Si raccomanda, inoltre, che anche il consumo di alimento sia misurato ogni settimana. L'osservazione regolare degli animali è necessaria per minimizzare la perdita di animali da studiare causata da cannibalismo, autolisi dei tessuti o errata collocazione. Al termine dello studio, gli animali sopravvissuti, esclusi quelli del gruppo satellite, vengono sottoposti ad esame necroscopico. Gli animali moribondi e gli animali in stato di grave sofferenza o dolore dovrebbero essere rimossi appena notati, soppressi umanamente e sottoposti a necroscopia.Al termine del saggio tutti gli animali, compresi quelli di controllo, saranno sottoposti ai seguenti esami:

1. ematologia, comprendente almeno l'ematocrito, la concentrazione di emoglobina, la conta degli eritrociti, la conta totale e differenziale dei leucociti e una misura del potenziale di coagulazione;

2. biochimica clinica del sangue, comprendente almeno un parametro della funzionalità epatica e renale nel siero: alanina aminotransferasi (prima conosciuta come glutammico-piruvico transaminasi), aspartato aminotransferasi (prima conosciuta come glutammico-ossalacetico transaminasi), azoto ureico, albumina, creatinina ematica, bilirubina totale e proteine seriche totali.

Altre determinazioni che possono risultare necessarie per una adeguata valutazione tossicologica, comprendono il calcio, il fosforo, il cloruro, il sodio, il potassio, il glucosio a digiuno, l'analisi dei lipidi, gli ormoni, l'equilibrio acido/base, la metaemoglobina, l'attivitè colinesterasica.

Ove necessario, si possono effettuare altre analisi biochimico-cliniche per estendere l'indagine degli effetti osservati.

1.6.3.1. Necroscopia

Tutti gli animali usati nello studio dovrebbero esser sottoposti a necroscopia completa. Per evitare la disidratazione, almeno il fegato, i reni, le ghiandole surrenali, i polmoni e i testicoli dovrebbero essere pesati a umido appena possibile dopo la dissezione. Organi e tessuti (il tratto respiratorio, fegato, reni, milza, testicoli, ghiandole surrenali, cuore e qualsiasi organo presentante lesioni macroscopiche o variazioni delle dimensioni) dovrebbero essere conservati in un materiale idoneo per un eventuale futuro esame istopatologico. I polmoni dovrebbero essere asportati intatti, pesati e trattati con un fissatore idoneo ad assicurare che la struttura dei polmoni venga mantenuta.

1.6.3.2. Esame istopatologico

Gli organi e i tessuti degli animali del gruppo trattato con la concentrazione più elevata e del gruppo di controllo dovranno essere sottoposti ad esame istologico. Gli organi e i tessuti che presentano alterazioni attribuibili alla sostanza in esame, somministrata al più alto livello di dosaggio, dovranno essere esaminati in tutti i gruppi trattati con i dosaggi inferiori. Gli animali di ogni gruppo satellite dovranno essere sottoposti ad esame istologico, in particolare per gli organi e i tessuti che risultano colpiti da effetti tossici negli altri gruppi trattati.

2. DATI

I risultati dovranno essere riassunti sotto forma tabellare indicante, per ogni gruppo trattato, il numero di animali all'inizio e il numero di animali che presentano ciascun tipo di lesione.Tutti i risultati osservati dovrebbero essere valutati secondo un adeguato metodo statistico. Può essere utilizzato qualsiasi metodo statistico riconosciuto.

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- specie, ceppo, origine degli animali, condizioni ambientali, dieta, ecc.;

- condizioni del saggio:

Descrizione dell'apparecchiatura di esposizione, incluso il disegno, tipo, dimensioni, la fonte d'aria, il sistema per la formazione degli aerosol, il metodo di condizionamento dell'aria, il trattamento dell'aria di scarico e il metodo di stabulazione degli animali in una camera sperimentale, quando questa venga usata. Dovrebbe essere fornita una descrizione della strumentazione usata per misurare la temperatura, l'umidità e, se del caso, la stabilità delle concentrazioni di aerosol o la distribuzione delle dimensioni delle particelle.Dati relativi all'esposizione:

Essi dovrebbero essere tabulati e presentati con valori medi e con una misura della variabilità (ad esempio deviazione standard) e dovrebbero includere:

a) velocità del flusso d'aria attraverso l'apparecchiatura di inalazione;

b) temperatura e umidità dell'aria;

c) concentrazioni nominali (quantitativo globale della sostanza in esame introdotta nel dispositivo di inalazione diviso per il volume dell'aria);

d) tipo di veicolo, se usato;

e) concentrazioni effettive nella zona di respirazione;

f) diametro aerodinamico mediano in massa (DAMM) e deviazione standard geometrica (DSG);

- dati relativi agli effetti tossici per sesso e per concentrazione;

- momento del decesso durante lo studio, o se gli animali sono sopravvissuti sino al suo termine;

- descrizione di effetti tossici o altri effetti; livello senza effetti;

- momento in cui è stato rilevato ciascun sintomo anormale e suo decorso;

- dati relativi al consumo di alimento e al peso corporeo;

- analisi ematologiche effettuate e loro risultati;

- analisi biochimiche-cliniche effettuate e loro risultati;

- risultati della necroscopia;

- descrizione dettagliata di tutti i risultati istopatologici;

- elaborazione statistica dei risultati, ove possibile;

- discussione dei risultati;

- interpretazione dei risultati.

3.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto D).

4. BIBLIOGRAFIA

Vedi introduzione generale, parte B (punto E)

B.9 TOSSICITÀ A DOSE RIPETUTA (28 GIORNI) PER VIA CUTANEA

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto A).

1.2. DEFINIZIONI

Vedi introduzione generale, parte B (punto B).

1.3. SOSTANZA DI RIFERIMENTO

Nessuna.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

La sostanza in esame è applicata ogni giorno sulla pelle di alcuni gruppi di animali da esperimento, in dosi graduate, un livello di dose per gruppo, per un periodo di 28 giorni. Durante il periodo di applicazione, gli animali vengono osservati quotidianamente per rilevare i sintomi di tossicità. Si sottopongono a necroscopia gli animali morti durante la prova e al termine del saggio vengono sottoposti a necroscopia gli animali sopravvissuti.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Nessuno.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI SAGGIO

1.6.1. Preparazioni

Per un periodo di almeno 5 giorni prima della prova gli animali sono mantenuti nelle stesse condizioni di stabulazione e di alimentazione del saggio. Prima del saggio gli animali, che dovranno essere giovani e sani, sono scelti con metodo casuale e assegnati ai gruppi previsti per il trattamento e per il controllo. Poco prima dell'esperimento si effettua il taglio del pelo nella parte dorsale del corpo degli animali. Si può procedere alla rasatura, ma essa dovrebbe essere effettuata circa 24 ore prima dell'esperimento. Di norma è necessario ripetere il taglio o la rasatura a intervalli di circa una settimana. Durante il taglio o la rasatura si dovrà badare a non ledere la cute dell'animale. Per l'applicazione della sostanza in esame, si dovrebbe preparare almeno il 10 % della superficie corporea. Nel determinare l'entità dell'area da preparare e le dimensioni della copertura è opportuno tenere presente il peso dell'animale. Le sostanze solide, che possono essere ridotte in polvere se appropriato, dovranno essere inumidite sufficientemente con acqua o, se necessario, con un veicolo adatto ad assicurare un buon contatto con la pelle. In generale le sostanze liquide sono saggiae in forma non diluita. Dal punto di vista ottimale, applicazioni quotidiane vengono effettuate sulla base di 5-7 giorni per settimana.

1.6.2. Condizioni per il saggio

1.6.2.1. Animali per l'esperimento

Possono essere utilizzati ratti adulti, conigli o porcellini d'India. Si possono utilizzare altre specie animali, ma il loro uso dovrà essere giustificato.All'inizio dello studio l'intervallo di variazione di eso degli animali non dovrebbe superare ± 20 % del valore medio.

1.6.2.2. Numero e sesso

Per ciascun livello di dosaggio dovrebbero essere utilizzati almeno 10 animali (5 di sesso femminile e 5 di sesso maschile) con cute sana. Le femmine dovrebbero essere nullipare e non gravide. Qualora siano stati programmati sacrifici intermedi di alcuni animali, il numero degli animali dovrà essere aumentato per includere quello degli animali da sacrificare prima del termine della prova. Inoltre, un altro gruppo (gruppo satellite) di 10 animali (5 animali per sesso) può essere sottoposto al trattamento con il livello massimo di dosaggio per 28 giorni e tenuto in osservazione per 14 giorni dopo il trattamento per rilevare la reversibilità, la persistenza o l'insorgenza ritardata degli effetti tossici. Inoltre si utilizzerà in tale caso pure un gruppo satellite di 10 animali di controllo (5 animali per sesso).

1.6.2.3. Livelli di dosaggio

Sono richiesti almeno 3 livelli di dosaggio, almeno 6 ore al giorno, con un gruppo di controllo oppure, nel caso venga usato un veicolo, con un gruppo di controllo del veicolo. L'applicazione della sostanza in esame dovrebbe essere effettuata ogni giorno alla stessa ora e modificata ad intervalli (settimanali e bisettimanali) al fine di mantenere un livello di dosaggio costante in funzione del peso dell'animale. Gli animali del gruppo i controllo dovranno essere trattati in modo identico agli animali del saggio, ad eccezione che per l'applicazione delle sostanze da saggiare.

Se, per facilitare il dosaggio, viene utilizzato un veicolo, al gruppo di controllo dovrà essere somministrato il veicolo allo stesso modo che ai gruppi trattati e nella stessa quantità somministrata al gruppo con il dosaggio più elevato. Il livello di dosaggio più elevato della sostanza in esame dovrebbe causare effetti tossici ma senza causare mortalità oppure causando una mortalità molto limitata. Il livello di dosaggio più basso non dovrebbe provocare alcun sintomo di tossicità. Nei casi in cui vi sia una stima utilizzabile dell'esposizione umana, il livello di dosaggio più basso dovrebbe superarla. Dal punto di vista ottimale, il livello intermedio dovrebbe provocare effetti tossici osservabili minimi. Nei casi in cui siano usati più livelli di dosaggio intermedi, essi dovrebbero essere intervallati al fine di causare una graduazione di effetti tossici. Nei gruppi a livello di dosaggio basso e medio e di controllo, l'incidenza dei decessi dovrebbe essere bassa per consentire una valutazione significativa dei risultati.Se l'applicazione della sostanza in esame dovesse causare una grave irritazione della cute, sarà opportuno ridurne le concentrazioni, e ciò può causare una diminuzione oppure l'assenza degli altri effetti tossici al livello di dosaggio più elevato. Inoltre, se la cute à stata gravemente danneggiata, può essere necessario interrompere il saggio e iniziarne uno nuovo a concentrazioni più basse.

1.6.2.4. Saggio limite

Qualora un saggio preliminare, effettuato con un livello di dosaggio di 1 000 mg/kg di peso corporeo, oppure con una dose superiore in relazione all'eventuale esposizione umana, se nota, non causi effetti tossici, ulteriori saggi possono essere considerati non necessari.

1.6.2.5. Periodo di osservazione

Gli animali da esperimento dovrebbero essere esaminati quotidianamente al fine di rilevare i segni della tossicità. Il momento del decesso e quello in cui appaiono e scompaiono i sintomi di tossicità dovrebbero essere registrati.

1.6.3. Procedimento

Ogni gabbia dovrebbe contenere un solo animale. Da un punto di vista ottimale, la sostanza in esame viene applicata agli animali 7 giorni la settimana per un periodo di 28 giorni. Gli animali di ogni eventuale gruppo satellite previsto per proseguire le osservazioni dovrebbero essere tenuti per altri 14 giorni, senza subire trattamenti, al fine di rilevare l'eventuale guarigione o la persistenza degli effetti tossici, La durata dell'esposizione dovrebbe essere almeno di 6 ore/giorno.

La sostanza in esame dovrebbe essere applicata uniformemente su un'area pari a circa il 10 % della superficie corporea totale. Per le sostanze altamente tossiche, la superficie coperta può essere inferiore, ma la maggior parte dell'area trattata dovrebbe essere ricoperta da uno strato per quanto possibile sottile e uniforme.Durante il periodo di esposizione, la sostanza in esame viene tenuta a contatto della cute mediante una garza porosa e un cerotto non irritante. La parte su cui viene applicata la sostanza dovrà essere ulteriormente coperta in modo opportuno per tenere ferma la garza e la sostanza in esame e affinchà gli animali non possano ingerire la sostanza stessa. Dispositivi per la limitazione dei movimenti possono essere utilizzati per impedire agli animali di ingerire la sostanza in esame, ma non à consigliabile l'immobilizzazione completa dell'animale. Come alternativa si può usare un «dispositivo protettivo a collare».

Alla fine del periodo di esposizione, la sostanza residua dovrà essere rimossa utilizzando acqua, se possibile, o altri prodotti idonei per la pulizia della pelle.Tutti gli animali dovranno essere esaminati quotidianamente e dovranno essere registrati i segni di tossicità, inclusi il momento dell'insorgenza, il loro grado e durata.Le osservazioni dovrebbero includere le alterazioni della cute e del pelo, degli occhi e delle membrane mucose, e anche dei sistemi respiratorio, circolatorio, nervoso autonomo e centrale, dell'attività somatomotoria e del comportamento dell'animale. La misura del peso degli animali dovrà essere effettuata ogni settimana. Si raccomanda, inoltre, che il consumo sia anche misurato ogni settimana. L'esame periodico degli animali à necessario per impedire la perdita degli animali dello studio, dovuta a cause come cannibalismo, autolisi deitessuti o errata collocazione. Al termine del saggio, tutti gli animali sopravvissuti, ad eccezione del gruppo satellite, sono sottoposti a necroscopia. Gli animali moribondi e gli animali in condizioni di grave sofferenza o dolore dovranno essere rimossi appena notati, soppressi umanamente e sottoposti a necroscopia.Al termine del saggio tutti gli animali, compresi quelli di controllo, saranno sottoposti ai seguenti esami:

(i) ematologia, comprendente almeno l'ematocrito, la concentrazione di emoglobina, la conta degli eritrociti, la conta totale e differenziale dei leucociti e una misura del potenziale di coagulazione;

(ii) biochimica clinica del sangue, comprendente almeno un parametro della funzionalità epatica e renale nel siero: alanina aminotransferasi (prima conoscita come glutammico-piruvico transaminasi), aspartato aminotransferasi (prima conosciuta come glutammico-ossalacetico transaminasi), azoto ureico, albumina, creatinina ematica, bilirubina totale e proteine seriche totali.

Altre determinazioni, che possono risultare necessarie per un'adeguata valutazione tossicologica, comprendono il calcio, il fosforo, il cloruro, il sodio, il potassio, il glucosio a digiuno, l'analisi dei lipidi, gli ormoni, l'equilibrio acido/base, la metaemoglobina, l'attività colinesterasica.

Per estendere l'indagine degli effetti osservati, se necessario, si possono utilizzare ulteriori esami biochimico-clinici.

1.6.4. Necroscopia

Tutti gli animali dello studio dovranno essere sottoposti a necroscopia completa. Per evitare la disidratazione, il fegato, i reni, le ghiandole surrenali e i testicoli dovrebbero essere pesati umidi al più presto possibile dopo la dissezione. Gli organi e i tessuti, cioè la cute normale e trattata, il fegato, i reni, la milza, i testicoli, le ghiandole surrenali, il cuore e gli organi bersaglio (cioè gli organi che presentano lesioni macroscopiche o variazioni di dimensioni) dovranno essere conservati in un mezzo adatto per l'eventuale futuro esame istopatologico.

1.6.5. Esame istopatologico

Gli organi e i tessuti degli animali del gruppo ad alto dosaggio e del gruppo di controllo opportunamente preservati dovranno essere sottoposti ad esame istologico. Gli organi e i tessuti che presentano lesioni attribuibili alla sostanza in esame somministrata al dosaggio più elevato dovranno essere esaminati anche per i gruppi a dosaggio inferiore. Gli animali dell'eventuale gruppo satellite dovranno essere sottoposti ad esame istologico, in particolare per gli organi e i tessuti che risultano colpiti da effetti tossici negli altri gruppi trattati.

2. DATI

I risultati dovranno essere riassunti in una tabella indicante, per ogni gruppo trattato, il numero di animali all'inizio del saggio e il numero di animali che mostra ciascun tipo di lesione.Tutti i risultati osservati dovranno essere valutati con un adeguato metodo statistico. Può essere utilizzato qualsiasi metodo statistico riconosciuto.

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione di prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- dati sugli animali (specie, ceppo, origine, condizioni ambientali, dieta, ecc.);

- condizioni di prova (incluso il tipo di medicazione: occlusiva o non occlusiva);

- livello di dosaggio (incluso il veicolo, se usato) e concentrazioni;

- livello senza effetti, dove possibile;

- effetti tossici per sesso e dosaggio;

- il momento del decesso durante il saggio, oppure se gli animali sono sopravvissuti sino al termine;

- effetti tossici o altri effetti;

- momento dell'osservazione di ciascun sintomo anomalo e suo successivo decorso;

- dati relativi al consumo di alimenti e al peso corporeo;

- esami ematologici effettuati e loro risultati;

- esami biochimico-clinici effettuati e loro risultati;

- risultati della necroscopia;

- descrizione dettagliata di tutti i risultati istopatologici;

- elaborazione statistica dei risultati, ove possibile;

- discussione dei risultati;

- interpretazione dei risultati.

3.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto D).

4. BIBLIOGRAFIA

Vedi introduzione generale, parte B (punto E)

B.10. MUTAGENICITÀ (MAMMIFERI: SAGGIO CITOGENETICO «IN VITRO»)

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto A).

1.2. DEFINIZIONI

Vedi introduzione generale, parte B (punto C).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Nessuna

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Il test citogenetico in vitro è un test di mutagenesi a breve termine per la rivelazione di aberrazioni cromosomiche strutturali nelle cellule di mammifero in coltura. Possono essere utilizzate sia colture di linee cellulari stabilizzate che colture cellulari primarie. Dopo esposizione alle sostanze chimiche d'esame con e senza sistema di attivazione metabolica appropriato, le colture cellulari vengono trattate con inibitori del fuso, come colchichina, per accumulare le cellule allo stadio di metafase della mitosi (metafase c). Le cellule sono raccolte in tempi adeguati e vengono allestiti dei preparati cromosomici. Le preparazioni sono colorate e le metafasi sono analizzate per individuarne le anomalie cromosomiche.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Nessuno.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI SAGGIO

1.6.1. Preparazioni

1.6.1.1. Cellule

Si utilizzano linee cellulari stabilizzate o colture di cellule primarie, per esempio cellule di criceto cinese e linfociti umani. Le sostanze chimiche da esaminare vengono preparate in terreno di coltura o sciolte in veicoli appropriati prima del trattamento delle cellule.

1.6.1.2. Sistema di attivazione metabolica

Le cellule vanno esposte alla sostanza in esame sia in presenza che in assenza di un sistema appropriato di attivazione metabolica. Il sistema più comunemente usato è una frazione post-mitocondriale integrata di cofattori, preparata partendo da fegati di roditori trattati con agenti induttori di enzimi.

1.6.2. Condizioni per il saggio

Numero di colture:

Per ogni punto dell'esperimento si usano almeno due colture.

Uso di controlli negativi e positivi:

Come controlli negativi si impiegano solvente (quando il solvente non è costituito dal terreno di coltura o dall'acqua), miscela di attivazione con enzimi epatici, miscela di attivazione con enzimi epatici e solvente, e controlli non trattati. Ogni esperimento comporta anche un controllo positivo; quando viene impiegata la miscela di attivazione con enzimi epatici per attivare la sostanza in esame, si deve usare come controllo positivo un composto noto per richiedere attivazione metabolica.

Dosi:

Si usano almeno 3 dosi del composto in esame con almeno un intervallo d'un fattore logaritmico tra di esse; la dose più elevata deve inibire l'attività mitotica del 50 % circa o presentare qualche altro segno di citotossicità. Se non è tossica, la sostanza in esame deve esser saggiata fino al limite di solubilità, o fino ad una concentrazione massima di 5 mg/ml.

Condizioni di coltura:

Vanno impiegati terreno di coltura e condizioni d'incubazione (per esempio temperatura, recipienti di coltura, concentrazione di CO2 e l'umidità) appropriate.

1.6.3. Procedimento

1.6.3.1. Preparazione delle colture

Linee cellulari stabilizzate: le cellule sono generate da colture di riserva (per esempio mediante tripsinizzazione o «scuotimento»), seminate in recipienti di coltura in densità appropriate e messe in incubazione a 37 C.

Linfociti umani: un quantitativo di sangue intero eparinizzato à aggiunto a un terreno di coltura contenente fitoemoagglutinina, siero fetale bovino e antibiotici e viene posto in incubazione a 37 C.

1.6.3.2. Trattamento delle colture con il composto in esame

(i) Trattamento senza miscela di attivazione con enzimi epatici

Se possibile, tutti i trattamenti devono coprire almeno il periodo di un intero ciclo cellulare e gli schemi di fissazione devono assicurare l'analisi delle prime mitosi post-trattamento di cellule trattate a differenti stadi del ciclo.Quando il trattamento non copre la durata di un intero ciclo cellulare, i tempi di fissazione sono scelti in modo de campionare cellule a stadi diversi del ciclo cellulare durante il trattamento, per esempio G1, S e G2. La sostanza in esame è aggiunta a colture di linee cellulari stabilizzate quando sono nella fase di crescita esponenziale. Le colture di linfociti umani vengono trattate quando si trovano ancora in una condizine semisincrona.

(ii) Trattamento con miscela di attivazione di enzimi epatici

Per il trattamento, il composto in esame, combinato con il sistema di attivazione, deve essere presente il più a lungo possibile senza esercitare un effetto tossico sulle cellule. Se, per motivi di tossicità, questo trattamento non copre la durata di un intero ciclo cellulare, si scelgono molteplici tempi di fissazione in modo da campionare cellule a diversi stadi del ciclo cellulare nel corso del trattamento, ossia G1, S e G2.

Raccolta delle cellule:

Le colture cellulari sono trattate con l'inibitore del fuso per un tempo adeguato prima della raccolta. Ciascuna coltura è raccolta e trattata separatamente per la preparazione di cromosomi.Sono necessari almeno due tempi di raccolta. Si raccomanda che uno coincida approssimativamente con un ciclo cellulare, e l'altro sia effettuato più tardi. Ciò serve a far si che siano coperti tutti gli stadi del ciclo cellulare e a tener conto di ritardi del ciclo cellulare.

1.6.3.3. Preparazione di cromosomi

Le preparazioni di cromosomi comportano il trattamento ipotonico delle cellule, la fissazione, la disseminazione su vetrini e la colorazione.

Analisi:

Almeno 100 metafasi ben distribuite per coltura vengono analizzate per individuarne le aberrazioni cromosomiche. I vetrini ricevono, prima dell'analisi, un numero di codice. Nei linfociti umani si analizzano soltanto metafasi contenenti 46 centromeri. Nelle line cellulari stabilizzate si analizzano solo metafasi contenenti un numero di centromeri pari al numero modale ± 2.In aggiunta, va valutato l'indice mitotico o qualche altro indice di citotossicità, ove appropriato, per ciascun livello di dosaggio durante la prova.

2. DATI

I dati sono presentati sotto forma di tabelle. Aberrazioni di tipo cromatidico («gaps», rotture, interscambi), cromosomico («gaps», rotture, «minutes», anelli, dicentrici, policentrici) e il numero di metafasi aberranti (con e senza «gaps») vengono registrati separatamente per tutte le colture trattate e di controllo.I dati vengono valutati con metodi statistici appropriati.I risultati sperimentali devono essere confrontati con controlli negativi provati in parallelo.Si conducono almeno due esperimenti indipendenti. Tuttavia, se ciò può essere giustificato scientificamente, può essere sufficiente un esperimento singolo. Non è necessario eseguire il secondo in maniera identica all'esperimento iniziale. Al contrario può essere preferibile modificare certe condizioni sperimentali allo scopo di ottenere dati più utili.

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione sul saggio deve, se possible, includere le seguenti informazioni:

- cellule utilizzate;

- condizioni nelle quali è stato effettuato il test: composizione del terreno, concentrazione di CO2, temperature d'incubazione, dosi, tempo di trattamento, durata del trattamento con l'inibitore del fuso mitotico e loro concentrazione, tipo di miscela d'attivazione di enzimi epatici usata, controlli positivi e negativi;

- numero di colture cellulari;

- numero di metafasi analizzate (dati indicati separatamente per ogni coltura);

- indice mitotico, o altra indicazione di citotossicità;

- tipo e numero di aberrazioni indicato separamente per ogni coltura trattata e di controllo, numero modale di cromosomi nelle linee cellulari stabilizzate usate;

- valutazione statistica;

- discussione dei risultati;

- interpretazione dei risultati.

3.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto D).

4. BIBLIOGRAFIA

Vedi introduzione generale, parte B (punto E).

B.11. MUTAGENICITÁ (MAMMIFERI: MIDOLLO OSSEO - SAGGIO CITOGENETICO IN VIVO - ANALISI CROMOSOMICA)

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto A).

1.2. DEFINIZIONI

Vedi introduzione generale, parte B (punto C).

1.3. SOSTANZA DI RIFERIMENTO

Nessuna.

1.4. PRINCIPI DEL METODO DI SAGGIO

Questo test citogenetico in vivo è un test di mutagenesi a breve termine per l'individuazione di aberrazioni cromosomiche strutturali. Dette aberrazioni cromosomiche vengono generalmente valutate nelle prime mitosi successive al trattamento. Cn i mutageni chimici la maggior parte delle aberrazioni provocate sono di tipo cromatidico.Il test utilizza cellule di midllo osseo di mammiferi esposti a sostanze chimiche attraverso adeguate vie di somministrazione e successivamente sacrificati ad intervalli sequenziali. Gli animali vengono ulteriormente trattati, prima el sacrificio, con inibitori del fuso, quali la colchicina, per accumulare cellule allo stadio mitotico della metafase (c-metafase). A partire dalle cellule vengono ricavate preparazioni cromosomiche essiccate che vengono poi colorate; le metafasi vengono poi sottoposte ad analisi microscopica per individuare le aberrazioni cromosomiche.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Nessuno.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI SAGGIO

1.6.1. Preparazioni

Le sostanze chimiche in esame vengono disciolte in soluzione fisiologica. Qualora non siano solubili, vengono disciolte o messe in sospensione in solventi adatti.Vengono utilizzate soluzioni fresche del composto in esame. Qualora venga utilizzato un solvente per facilitare il dosaggio, esso non deve interferire con il composto, né produrre effetti tossici.

1.6.2. Condizioni per il saggio

1.6.2.1. Animali sperimentali

Vengono utilizzati roditori quali ratti, topi o criceti cinesi. Vengono scelti a caso soggetti giovani adulti, che vengono poi assegnati ai gruppi di trattamento e di controllo.

1.6.2.2. Numero e sesso

Si impiegano almeno 5 animali di sesso femminile e 5 di sesso maschile per ogni gruppo sperimentale e di controllo. Pertanto vanno sacrificati 10 animali per gruppo per tempo, se si includono nel programma sperimentale vari tempi di controllo del saggio dopo il trattamento. Per il gruppo di controllo positivo è sufficiente un singolo tempo di campionamento.

1.6.2.3. Via di somministrazione

In genere le sostanze in esame vanno somministrate in un'unico trattamento. Il trattamento può essere ripetuto a intervalli regolari sulla base di dati tossicologici. Tuttavia lo schema di trattamento ripetuto può essere applicato soltanto se la sostanza in esame non ha effetti citotossici sul midollo osseo. La somministrazione avviene in genere per via orale o mediante iniezione intraperitoneale. Altre vie di somministrazione possono essere adatte.

1.6.2.4. Controlli positivi e negativi

Come controllo positivo viene utilizzata una sostanza di cui è nota la capacità di produrre aberrazioni cromosomiche in vivo; inoltre anche un gruppo di controllo negativo (solvente) deve essere incluso nel piano di ogni esperimento.

1.6.2.5. Dosi

Per il «dossier» di base viene utilizzata una dose della sostanza in esame, che consiste nella dose massima tollerata o in quella che produce qualche indicazione di citotossicità come, ad esempio, la parziale inibizione della mitosi.

Per composti «non tossici» la dose massima (limite) da saggiare nel caso di singola somministrazione è di 2 000 mg/kg di peso corporeo.Se si impiega un programma a dosi ripetute, la dose limite è 1 000 mg/kg di peso corporeo per giorno.

Possono essere utilizzate dosi addizionali qualora siano indicate da motivazioni scientifiche.Qualora il test sia usato come prova di verifica vanno utilizzate almeno altre due dosi.

1.6.3. Procedimento

Il test può essere eseguito in due modi:

(i) gli animali vengono trattati con il composto in esame una volta alla dose tollerata più elevata. In prima istanza, i campioni vengono prelevati 24 ore dopo il trattamento. Se a questo punto, i risultati sono chiaramente positivi può non essere necessario un ulteriore campionamento. Se tuttavia i risultati sono negativi o dubbi, poichè la cinetica del ciclo cellulare può essere influenzata dal composto chimico in esame, si effettuano un campionamento più precoce e uno più tardivo, adeguatamente distanziati in un intervallo che va da 6 a 48 ore.Quando vengono usati livelli di dosaggio addizionali, si dovrebbero prelevare campioni ad intervalli particolarmente sensibili ovvero, se questi non sono noti, 24 ore dopo il trattamento.

PER LA CONTINUAZIONE DEL TESTO VEDI SOTTO NUMERO: 392L0069.4

(ii) Se informazioni farmacocinetiche e metaboliche suggeri scono un programma di trattamento ripetuto, si può utilizzare la somministrazione di dosi ripetute e i campioni dovrebbero essere prelevati 6 e 24 ore dopo l'ultimo trattamento.

Preparazione del midollo osseo:

Prima di venire sacrificati, agli animali viene iniettata per via intraperitoneale un'adeguata dose di inibitore del fuso mitotico in modo da ottenere un adeguato numero di cellule in c-metafase. Si ottengono campioni di midollo osseo da ambedue i femori degli animali appena sacrificati, dopo applicazione di una soluzione isotonica. Dopo un adeguato trattamento ipotonico le cellule vengono fissate e quindi strisciate su vetrini. Dopo l'essiccazione si procede alla colorazione.

Analisi:

Prima dell'analisi microscopica, ai vetrini viene attribuito un numero di codice. Per l'individuazione delle aberrazioni cromosomiche strutturali vengono analizzati, per ciascun animale, almeno 50 metafasi ben «aperte» con un numero completo di centromeri. In aggiunta, l'indice mitotico può essere determinato per ciascun animale.

2. DATI

I dati sono presentati sotto forma di tabelle. Le aberrazioni di tipo cromatidico e isocromatidico («gaps», rotture, interscambi), il numero di metafasi aberranti (con o senza «gaps») e gli indici mitotici, ove determinati, vengono registrati separatamente per tutti gli animali trattati e per quelli di controllo. Vengono inoltre registrate per ogni gruppo trattato e di controllo le medie e le deviazioni standard. I dati vengono valutati con metodi statistici appropriati.

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione sul saggio deve, se possible, includere le seguenti informazioni:

- specie, ceppo ed età degli animali utilizzati;

- numero di animali di ciascun sesso nei gruppi trattati e di controllo;

- condizioni del saggio: descrizione dettagliata dello schema di trattamento e di campionamento, livelli di dosaggio, durata del trattamento con l'inibitore del fuso usato e relativa concentrazione;

- numero di metafasi analizzate per animale;

- indici mitotici, ove determinati;

- tipo e numero di aberrazioni, indicate separatamente per ogni animale trattato e per ogni animale di controllo;

- sintomi di tossicità nel corso dello studio;

- valutazione statistica;

- discussione dei risultati;

- interpretazione dei risultati.

3.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto D).

4. BIBLIOGRAFIA

Vedi introduzione generale, parte B (punto E).

B.12. MUTAGENICITÀ, SAGGIO DEL MICRONUCLEO

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto A).

1.2. DEFINIZIONI

Vedi introduzione generale, parte B (punto C).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Nessuna.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Il saggio del micronucleo è un saggio in vivo, a breve termine, effettuato su mammiferi, per individuare danno cromosomico o dell'apparato mitotico ad opera di sostanze chimiche. Questo saggio si basa sulla constatazione di un aumento dei micronuclei negli eritrociti policromatci degli animali sottoposti al trattamento rispetto a quelli osservati negli animali di controllo.I micronuclei sono formati da frammenti di cromosomi o da cromosomi interi perduti durante la mitosi. Quando gli eritroblasti si trasformano in eritrociti, il nucleo principale viene espulso, mentre il micronucleo può rimanere nel citoplasma. Per questo saggio vengono analizzati eritrociti policromatici del midollo osseo di animali opportunamente esposti alle sostanze in esame attraverso vie di somministrazione adatte. Il midollo osseo viene prelevato e vengono effettuati strisci, successivamente colorati. Gli eritrociti policromatici vengono esaminati al microscopio per individuare i micronuclei e viene stabilita la proporzione fra eritrociti policromatici e normocromatici.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Nessuno

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI SAGGIO

1.6.1. Preparazioni

Le sostanze chimiche vengono disciolte in soluzione fisiologica. Qualora non siano solubili, vengono disciolte o sospese in solventi adatti. Se viene utilizzato un solvente per facilitare il dosaggio, esso non deve interferire con il composto né produrre effetti tossici. Normalmente, vengono impiegate soluzioni fresche del composto in esame.

1.6.2. Condizioni del saggio

1.6.2.1. Animali sperimentali

Si raccomanda l'uso di topi, ma è possibile usare altri mammiferi. Vengono scelti a caso soggetti giovani adulti destinati ai gruppi di trattamento e ai gruppi di controllo.

1.6.2.2. Numero e sesso

Si impiegano almeno 5 animali di sesso femminile e 5 di sesso maschile per ogni gruppo sperimentale e di controllo. Pertanto vanno sacrificati 10 animali per ciascun intervallo di tempo se si includono nel programma sperimentale diversi tempi di saggio dopo il trattamento. Per il gruppo di controllo positivo è sufficiente un singolo tempo di campionamento.

1.6.2.3. Via di somministrazione

In genere le sostanze in esame dovrebbero essere somministrate un'unica volta, Il trattamento può essere ripetuto a intervalli regolari sulla base di dati tossicologici. Tuttavia lo schema di trattamento ripetuto può essere applicato soltanto se la sostanza in esame non ha effetti citotossici sul midollo osseo. La somministrazione avviene in genere per via orale o mediante iniezione intraperitoneale. Anche altre vie di somministrazione possono essere adeguate.

1.6.2.4. Controlli positivi e negativi

Per ogni esperimento vengono usati controlli positivi e negativi (solvente).

1.6.2.5. Dosi

Per il dossier di base viene utilizzata una dose della sostanza in esame che consiste nella dose massima tollerata o in quella che produce qualche indicazione di citotossicità come, ad esempio, un cambiamento del rapporto fra eritrociti policromatici e normocromatici.Per composti «non tossici» la dose massima (limite) da studiare dopo somministrazione di una dose singola è di 2 000 mg/kg di peso corporeo.Se si impiega un protocollo a dosi ripetute, la dose limite è 1 000 mg/kg di peso corporeo per giorno.

Possono essere utilizzate dosi addizionali qualora siano giustificate da motivazioni scientifiche.Qualora il saggio sia usato come prova di verifica dovrebbero essere utilizzate almeno altre due dosi.

1.6.3. Procedimento

Il saggio può essere eseguito in due modi:

(i) gli animali vengono trattati con il composto in esame una sola volta. I tempi di campionamento dovrebbero coincidere con la risposta massima del saggio, che varia con il composto in esame. Pertanto, si prelevano campioni di midollo osseo almeno due volte iniziando non prima di 12 ore dopo il trattamento e non oltre le 48 ore.

Quando vengono usati livelli di dosaggio addizionali, si dovrebbero prelevare campioni ad intervalli particolarmente sensibili ovvero, se questi non sono noti, 24 ore dopo il trattamento.

(ii) Se informazioni farmacocinetiche e metaboliche suggeriscono un protocollo di trattamento ripetuto, si può utilizzare la somministrazione di dosi ripetute e i campioni dovrebbero essere prelevati una volta, non prima di 12 ore dopo l'ultimo trattamento.

Preparazione del midollo osseo:

Si ottengono campioni di midollo osseo da ambedue i femori di animali appena sacrificati e si sospendono in siero fetale di vitello. Le cellule vengono sedimentate mediante centrifugazione ed il surnatante viene scartato. Gocce della sospensione omogenea vengono disposte su vetrini e strisciate. Dopo l'essiccazione si procede alla colorazione.

Analisi:

Prima dell'analisi microscopica, ai vetrini viene attribuito un numero di codice. Vengono osservati almeno 1 000 eritrociti policromatici per animale, per determinare l'incidenza dei micronuclei.Il rapporto fra eritrociti policromatici e ormocromatici viene determinato per ciascun animale contando un totale di 1 000 eritrociti.

2. DATI

I dati sono presentati sotto forma di tabelle. Il numero di eritrociti policromatici osservati, il numero di eritrociti che presentano micronuclei e la percentuale delle cellule con micronuclei vengono elencati separatamente per ogni animale trattato e per ogni animale di controllo, come pure il rapporto fra eritrociti policromatici e normocromatici. Vengono inoltre elencate, per ogni gruppo di sperimentazione e di controllo, le medie e le deviazioni standard. I dati vengono valutati con metodi statistici appropriati.

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione sul saggio deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- specie, ceppo ed età degli animali utilizzati;

- numero di animali di ciascun sesso nei gruppi trattati e di controllo;

- condizioni del test: descrizione dettagliata dello schema del trattamento e del prelievo di campioni, dosi, dati relativi alla tossicità, controlli negativi e positivi;

- criteri adottati per il conteggio dei micronuclei;

- rapporto dose/effetto, ove possibile;

- sintomi di tossicità nel corso dello studio;

- valutazione statistica;

- discussione dei risultati;

- interpretazione dei risultati.

3.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto D).

4. BIBLIOGRAFIA

Vedi introduzione generale, parte B (punto E).

B.13. MUTAGENICITÀ - BATTERI - ESCHERICHIA COLI - SAGGIO DI REVERSIONE

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto A).

1.2. DEFINIZIONI

Vedi introduzione generale, parte B (punto C).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Nessuna.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Il sistema di reversione del triptofano (trp) in Escherichia coli è un test microbiologico che misura la reversione trp . trp+ indotta da sostanze chimiche che causano mutazioni del tipo «sostituzione di base» nel genoma del microorganismo.I batteri sono esposti alla sostanza chimica in esame con e senza attivazione metabolica. Dopo un adeguato periodo d'incubazioe in terreno minimo, le colonie revertanti vengono contate e confrontate con il numero di revertanti spontanei presenti in una coltura di controllo non trattata e/o trattata con solvente.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Nessuno.

1.6. DESCRIZIONE DEL SAGGIO

Per l'analisi possono essere utilizzati i seguenti metodi: 1) il metodo della preincubazione: 2) il metodo della incorporazione diretta, in cui i batteri e la sostanza saggiata sono mescolati in uno strato di agar molle e versati sulla superficie di una piastra di terreno selettivo agarizzato.

1.6.1. Preparazioni

1.6.1.1. Batteri

I batteri vengono coltivati a 37 C fin quasi al termine della fase di crescita esponenziale o all'inizio della fase stazionaria. La densità approssimativa delle cellule dovrebbe essere di 108-109 cellule per ml.

1.6.1.2. Attivazione metabolica

I batteri dovrebbero essere esposti alla sostanza in esame in presenza e assenza di un adeguato sistema di attivazione metabolica. Il sistema più comunemente usato è una frazione post-mitocondriale integrata di co-fattori preparata dal fegato di roditori trattati con agenti induttori di enzimi.

1.6.2. Condizioni del saggio

1.6.2.1. Ceppi

Si dovrebbero usare tre ceppi, WP2, WP2 uvr A e WP2 uvr A pKM 101. Si debbono usare metodi noti per la preparazione e per la conservazione delle colture. Debbono essere oggetto di controlli le richieste nutrizionali e l'identità genetica dei ceppi, la loro sensibilità alle radiazioni ultraviolette o alla mitomicina C e la resistenza all'ampicillina del ceppo WP2 uvr A pKM 101. I vari ceppi debbono anche produrre revertanti spontanei entro i valori limite attesi per ogni ceppo.

1.6.2.2. Terreni

Viene utilizzato un terreno adeguato per l'espressione e la selezione dei mutanti, con uno strato adeguato di agar molle sovrastante.

1.6.2.3. Controlli negativi e positivi

Vanno eseguiti controlli concomitanti del non trattato e del solvente. I controlli positivi vanno eseguiti per due motivi:

(i) Per confermare la sensibilità dei ceppi batterici.

Metilmetan solfonato, 4-nitrochinolina ossido o etilnitrosourea possono essere utilizzati come controlli positivi per i test in assenza di attivazione metabolica.

(ii) Per garantire l'attività di un adeguato sistema metabolico.

Un controllo positivo dell'attività di un sistema metabolico per tutti i ceppi consiste nell'utilizzazione di 2-amminoantracene. Quando possibile sarebbe opportuno effettuare un controllo positivo con una sostanza della stessa classe chimica del composto in esame.

1.6.2.4. Quantità di sostanza in esame per piastra

Vengono effettuati esperimenti con almeno 5 dosi diverse, con intervalli semilogaritmici tra di loro. Le sostanze sono saggiate fino al limite di solubilità o tossicità. La tossicità è evidenziata da una riduzione del numero di revertanti spontanei, da una diminuzione del fondo di crescita ovvero dal grado di sopravvivenza delle colture trattate. Le sostanze non tossiche dovrebbero essere saggiate fino alla concentrazione di 5 mg per piastra prima di essere considerate negative.

1.6.2.5. Condizioni d'incubazione

Le piastre vengono esposte in incubazione per un periodo variante da 48 a 72 ore a 37 C.

1.6.3. Procedimento

Per il metodo di incorporazione diretta in piastra, senza attivazione enzimatica, la sostanza in esame viene aggiunta a 0,1 ml di coltura fresca e a 2,0 ml di agar molle. Per quanto riguarda quello con attivazione metabolica, si aggiungono all'agar molle 0,5 ml di miscela di attivazione di enzimi epatici, contenente un'adeguata quantità di frazione postmitocondriale, dopo l'aggiunta della sostanza in esame e dei batteri. Il contenuto di ogni tubo viene agitato e versato sulla superficie di una piastra con terreno selettivo agarizzato. Si lascia solidificare l'agar e le piastre vengono messe in incubazione a 37 C per un periodo che va dalle 48 alle 72 ore.Alla fine del periodo d'incubazione vengono contate le colonie revertanti per ciascuna piastra. Per quanto riguarda il metodo di preincubazione, una miscela contenente sostanza saggiata, 0,1 ml di coltura batterica fresca e un'adeguata quantità di miscela di attivazione di enzimi epatici o la stessa quantità di tampone viene preincubata prima di aggiungere 2,0 ml di agar molle. Tutte le altre fasi del procedimento sono uguali a quelle relative al metodo i incorporazione diretta.Per ambedue i metodi ogni piastramento viene fatt almeno in triplicato.

2. DATI

Il numero di colonie revertanti per piastra viene riportato sia per la serie di controllo che per le serie trattate. Sia per la serie trattata che per quella di controllo si dovrebbe riportare il valore della conta di ogni singola piastra, il numero medio di colone revertanti per piastra e le deviazioni standard.

I dati dovrebbero essere valutati con adeguati metodi statistici.

Si eseguono almeno due esperimenti indipendenti. Non è necessario eseguire il secondo in un modo identico all'esperimento iniziale. Al contrario può essere preferibile modificare certe condizioni sperimentali allo scopo di ottenere dati più utili.

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione sul saggio deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- batteri, ceppo usato;

- condizioni usate nell'esperimento: dosi, tossicità, composizione dei terreni; procedure di trattamento (preincubazione, incubazione); sistema di attivazione metabolica; sostanze di riferimento, controlli negativi;

- conta per piastre singole, numero medio di colonie revertanti per piastra, deviazione standard, rapporto dose/effetto se possibile;

- discussione dei risultati;

- interpretazione dei risultati.

3.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto D).

4. BIBLIOGRAFIA

Vedi introduzione generale, parte B (punto E).

B.14. MUTAGENICITÀ - SALMONELLA TYPHIMURIUM - SAGGIO DI REVERSIONE

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto A).

1.2. DEFINIZIONI

Vedi introduzione generale, parte B (punto C).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Nessuna.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Il sistema di reversione dell'istidina (his) in Salmonella typhimurium è un test microbiologico che misura la reversione his . his+ indotta da sostanze chimiche che causano mutazioni di tipo «sostituzione di base» o mutazioni di tipo «inserzione-delezione» (frame-shift) nel genoma del microorganismo.

I batteri sono esposti alla sostanza chimica in esame con e senza attivazione metabolica e inoculati su piastre di terreno minimo. Dopo un adeguato periodo 'incubazione, le colonie revertanti vengono contate e confrontate con il numero di revertanti spontanei presenti in una coltura di controllo non trattata e/o trattata con il solvente.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

Nessuno.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI SAGGIO

1.6.1. Preparazioni

1.6.1.1. Batteri

Sono utilizzate colture batteriche fresche fatte crescere a 37 C sino alla tarda fase di crescita esponenziale o all'inizio di quella stazionaria. La densità delle cellule dovrebbe essere di circa 108-109 cellule per ml.

1.6.1.2. Attivazione metabolica

I batteri dovrebbero essere esposti alla sostanza in esame in presenza e assenza di un adeguato sistema di attivazione metabolica. Il sistema più comnemente usato è una frazione postmitacondriale integrata di cofattori preparata da fegato di roditori trattati con agenti induttori enzimatici.

1.6.2. Condizioni per il saggio

1.6.2.1. Ceppi

Debbono essere usati almeno quattro ceppi: TA 1535, TA 1537 o TA 97, TA 98 e TA 100; possono inoltre essere usati anche altri ceppi, quali il TA 1538 e TA 102. Debbono inoltre essere usati metodi noti per la preparazione per la conservazione delle colture. Debbono essere oggetti di controlli le richieste nutrizionali e l'identità genetica dei ceppi, nonchè la loro sensibilità alle radiazioni ultraviolette e al cristal violetto e la resistenza all'ampicillina. I vari ceppi debbono anche produrre revertanti spontanei entro i valori limite attesi per ogni ceppo.

1.6.2.2. Terreni

Viene usato un adeguato terreno selettivo con uno strato adeguato di agar molle sovrastante.

1.6.2.3. Controlli positivi e negativi

Vanno effettuati controlli paralleli non trattati e trattati col solvente. I controlli positivi vanno eseguiti per due motivi:

(i) per confermare le sensibilità dei ceppi batterici.I seguenti composti possono essere utilizzati per i saggi che non comportano attivazione metabolica:

Ceppo

Reversione in presenza di TA 1535, TA 100sodio azide

TA 1538, TA 98, TA 972-nitrofluorene

TA 15379-amminoacridina

TA 102idroperossido di cumene

(ii) Per garantire l'attività di un adeguato sistema metabolico.Un controllo positivo dell'attività di un sistema metabolico per tutti i ceppi consiste nell'utilizzazione di 2-amminoantracene. Possibilmente sarebbe opportuno effettuare un controllo positivo con una sostanza della stessa classe chimica di quella del composto in esame.

1.6.2.4. Quantità di sostanza in esame per piastra

Vengono effettuati esperimenti con almeno 5 dosi diverse, con intervalli semilogaritmici tra di loro. Le sostanze sono saggiate fino al limite di solubilità o tossicità. La tossicità è evidenziata da una riduzione del numero di revertanti spontanei, da una riduzione del fondo di crescita ovvero dal grado di sopravvivenza delle colture trattate. Le sostanze non tossiche dovrebbero essere saggiate fino alla concentrazione di 5 mg per piastra prima di essere considerate negative.

1.6.2.5. Condizioni d'incubazione

Le piastre vengono esposte in incubazione per un periodo variante da 48 a 72 ore a 37 C.

1.6.3. Procedimento

Per il metodo di incorporazione diretta in piastra, senza attivazione enzimatica, la sostanza in esame viene aggiunta a 0,1 ml di coltura fresca e a 2,0 ml di agar molle. Per quanto riguarda quello con attivazione metabolica, si aggiungono all'agar molle 0,5 ml di miscela di attivazione di enzimi epatici, contenente un'adeguata quantità di frazione postmitocondriale, dopo l'aggiunta della sostanza in esame e dei batteri. Il contenuto di ogni tubo viene agitato e versato sulla superficie di una piastra con terreno selettivo garizzato. Si lascia solidificare l'agar e le piastre vengono messe in incubazione a 37 C per un periodo che va dalle 48 alle 72 ore. Alla fine del periodo d'incubazione vengono contate le colonie revertanti per ciascuna piastra. Per quanto riguarda il metodo di preincubazione, una miscela contenente la sostanza saggiata, 0,1 ml di coltura batterica fresca e un'adeguata quantità di miscela di attivazione di enzimi epatici o la stessa quantità di tampone viene preincubata prima di aggiungere 2,0 ml di agar molle. Tutte le altre fasi del procedimento sono uguali a quelle relative al metodo di incorporazione diretta. Per ambedue i metodi ogni piastramento viene fatto almeno in triplicato.

2. DATI

Il numero di colonie revertanti per ciascuna piastra viene riportato sia per la serie di controllo che per le serie trattate. Sia per la serie trattata che per quella di controllo vanno riportati il valore della conta di ogni singola piastra, il numero medio di colonie revertanti per piastra e le deviazioni standard.

I dati vanno valutati con adeguati metodi statistici.

Si eseguono almeno due esperimenti indipendenti. Non è necessario eseguire il secondo in un modo identico all'esperimento iniziale. Al contrario può essere preferibile modificare certe condizioni sperimentali allo scopo di ottenere dati più utili.

3. RELAZIONE

3.1. RELAZIONE SUL SAGGIO

La relazione sul saggio deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- batteri, ceppo usato;

- condizioni usate nell'esperimento: dosi, tossicità, composizione dei terreni; procedure di trattamento (preincubazione, incubazione); sistema di attivazione metabolica; sostanze di riferimento, controlli negativi;

- conta per piastre singole, numero medio di colonie revertanti per piastra, deviazione standard, relazione dose/effetto se possibile;

- discussione dei risultati;

- interpretazione dei risultati.

3.2. VALUTAZIONE E INTERPRETAZIONE

Vedi introduzione generale, parte B (punto D).

4. BIBLIOGRAFIA

Vedi introduzione generale, parte B (punto E).

PARTE C: METODI PER LA DETERMINAZIONE DELL'ECOTOSSICITÀ

C.1. TOSSICITÀ ACUTA PER I PESCI

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Lo scopo di questo saggio è di determinare la tossicità letale acuta di una sostanza nei confronti di pesci in acqua dolce.

Per poter scegliere il metodo di saggio (statico, semistatico o a flusso continuo) più idoneo a garantire che le concentrazioni della sostanza in esame si mantengano soddisfacentemente costanti per tutta la durata del saggio, è desiderabile disporre, per quanto possibile, di dati concernenti la solubilità in acqua, la tensione di vapore, la stabilità chimica, le costanti di dissociazione e la biodegradabilità della sostanza in esame.

Sia per la programmazione della prova che per l'interpretazione dei risultati si dovrebbero tenere in considerazione anche altre informazioni (per esempio formula di struttura, grado di purezza, natura e percentuale delle impurezze significative, presenza e quantità di additivi e coefficiente di ripartizione n-ottanolo/acqua).

1.2. DEFINIZIONE E UNITÀ

La tossicità acuta è l'effetto avverso osservabile indotto in un organismo entro un breve tempo (giorni) di esposizione ad una data sostanza. Nel presente saggio, la tossicità acuta viene espressa come concentrazione letale media (CL50), che è la concentrazione di una sostanza nell'acqua capace di uccidere il 50 % di un gruppo di pesci entro un periodo continuo di esposizione, la cui durata deve essere precisata.Tutte le concentrazioni delle sostanze in esame sono espresse in peso/volume (mg/l). Esse possono anche venire espresse in peso/peso (mg.kg 1).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Per dimostrare che, nelle condizioni sperimentali di laboratorio, la risposta della specie usata per il saggio non è variata in modo significativo, può essere saggiata una sostanza di riferimento.Per il presente saggio non vengono specificate sostanze di riferimento.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Si può eseguire un saggio limite a 100 mg per litro allo scopo di dimostrare che la CL50 è maggiore di questa concentrazione.

I pesci sono esposti alla sostanza (alle sostanze) in esame, aggiunta all'acqua in varie concentrazioni, per un periodo di 96 ore. Le mortalità vengono registrate almeno ad intervalli di 24 ore, quando possibile, per ciascun tempo di osservazione si calcola la concentrazione (CL50) alla quale muore il 50 % dei pesci.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

I criteri di qualità dovranno essere applicati sia per il saggio limite che per il metodo di saggio completo.

La mortalità negli animali di controllo usati non deve essere superiore al 10 % (o 1 pesce se se ne usano meno di 10) al termine della prova.

La concentrazione dell'ossigeno deve rimanere per tutta la prova al di sopra del 60 % del valore di saturazione dell'aria.

La concentrazione della sostanza in esame deve essere mantenuta entro l'80 % della concentrazione iniziale per tutta la durata della prova.Per sostanze che si sciolgono facilmente nel mezzo di saggio producendo soluzioni stabili, cioè quelle che non presentano un grado significativo di volatilizzazione, degradazione, idrolisi o adsorbimento, la concentrazione iniziale può essere presa equivalente alla concentrazione nominale. Deve essere fornita la documentazione che la concentrazione si è mantenuta costante per tutta la durata del saggio e che sono stati soddisfatti i criteri di qualità.

Per sostanze che sono:

(i) scarsamente solubili nel mezzo di saggio,

o

(ii) in grado di formare emulsioni o dispersioni stabili,

o

(iii) non stabili in soluzione acquosa,come concentrazione iniziale si dovrà prendere la concentrazione misurata in soluzione (o, se non è possibile tecnicamente, misurata nella colonna d'acqua) all'inizio della prova. La concentrazione sarà determinata dopo un periodo di equilibrazione, ma prima dell'introduzione dei pesci di prova.In ciascuno di questi casi, ulteriori misure devono essere effettuate durante il saggio per confermare che la concentrazione di sposizione effettiva o i criteri di qualità sono stati Il pH non dovrebbe variare più di una unità.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI SAGGIO

Tre diversi procedimenti possono essere usati.

Prova statica:

Prova di tossicità su pesci nel corso della quale non ha luogo alcun flusso della soluzione di saggio (le soluzioni non vengono cambiate per tutta la durata della prova).

Prova semistatica:

Prova senza alcun flusso della soluzione ma nella quale le soluzioni di saggio vengono rinnovate ad intervalli regolari e prolungati (ad esempio 24 ore).

Prova a flusso continuo:

Prova di tossicità nella quale l'acqua è rinnovata costantemente nelle vasche di saggio e la sostanza in esame viene trasportata insieme all'acqua usata per rinnovare l'ambiente del saggio.

1.6.1. Reattivi

1.6.1.1. Soluzioni delle sostanze da esaminare

Si preparano soluzioni di riserva alla concentrazione richiesta, sciogliendo la sostanza in acqua deionizzata o comunque rispondente alle caratteristiche descritte al punto 1.6.1.2.Le concentrazioni di prova scelte vengono preparate per diluizione della soluzione di riserva. Se si saggiano concentrazioni elevate, la sostanza può essere disciolta direttamente nell'acqua di diluizione.

Le sostanze devono normalmente essere saggiate solo fino al limite di solubilità. Per alcune sostanze (per esempio sostanze che hanno una scarsa solubiltà in acqua o un elevato Pow, o quelle che formano dispersioni stabili piuttosto che soluzioni vere in acqua), è accettabile preparare un livello di concentrazione al di sopra del limite di solubilità della sostanza per garantire di raggiungere la massima concentrazione solubile/stabile. È importante tuttavia che questa concentrazione non disturbi altrimenti il sistema di saggio (per esempio una pellicola della sostanza sulla superficie dell'acqua che impedisca l'ossigenazione dell'acqua, ecc.).Si può ricorrere a dispersione ultrasonica, solventi organici, emulsionanti o disperdenti come aiuto per preparare le soluzioni concentrate di riserva delle sostanze di scarsa solubilità in acqua o per disperdere queste sostanze nell'ambiente di prova. Quao si utilizzano tali sostanzend ausiliarie, tutte le concentrazioni da saggiare dovrebbero contenere la stessa quantità di sostanza ausiliaria, e pesci di controllo addizionali dovrebbero essere esposti alla stessa concentrazione della sostanza ausiliaria usata nella serie di concentrazioni da saggiare. La concentrazione di tali sostanze ausiliarie deve essere minimizzata, e in nessun caso deve superare i 100 mg per litro nell'ambiente di prova.

La prova dovrebbe essere effettuata senza aggiustamento del pH. Se esiste evidenza di variazioni pronunciate del pH, si consiglia di ripetere la prova procedendo all'opportuna regolazione del pH e riportando i risultati. In questo caso, il valore del pH della soluzione di riserva dovrebbe essere aggiustato a quello dell'acqua di diluizione, a meno che non esistano specifiche ragioni per agire diversamente. A tal fine sono da preferirsi HCl ed NaOH. Questa egolazione del pH dovrebbe essere effettuata in modo che la concentrazione della sostanza in esame nella soluzione di riserva non cambi in modo significativo. Qualora la regolazione dovesse provocare reazioni chimiche o la precipitazione fisica del composto in same, ciò dovrebbe essere riportato.

1.6.1.2. Acqua di stabulazione e di diluizione

Si possono impiegare acqua potabile (non contaminata da concentrazioni potenzialmente pericolose di cloro, metalli pesanti od altre sostanze), acqua naturale di buona qualità od acqua ricostituita (vedi Appendice 1). Sono da preferirsi acque con una durezza totale compresa tra 10 e 250 mg/l (come CaCO3) e con pH fra 6,0 e 8,5.

1.6.2. Attrezzatura

Tutte le attrezzature devono essere costruite in materiale chimicamente inerte.- sistema di diluizione automatico (per le prove a flusso continuo),

- misuratore di ossigeno,

- apparecchiatura per la determinazione della durezza dell'acqua,

- apparecchiatura adeguata per il controllo della temperatura,

- pH-metro.

1.6.3. Pesci per il saggio

I pesci devono essere in buona salute e non presentare evidenti malformazioni.Le specie usate devono essere scelte sulla base di criteri pratici, come la loro facile disponibilità per tutto l'anno, la facilità di mantenimento, la idoneità per il saggio, sensibilità relativa e qualsiasi fattore economico, biologico o ecologico avente qualche rilevanza. Nella scelta della specie di pesce si deve tenere presente anche la necessità di poter confrontare i dati ottenuti e l'armonizzazione internazionale esistente (riferimento 1).Un elenco di specie ittiche che sono raccomandate per l'esecuzione di questo saggio è presentato in Appendice 2. Le specie preferite sono il danio zebrato e la trota.

1.6.3.1. Stabulazione

I pesci dovrebbero provenire di preferenza da un singolo gruppo con lunghezza ed età simili. Essi devono essere mantenuti per almeno 12 giorni nelle seguenti condizioni:

densità degli animali:

appropriata al sistema (riciclo o flusso continuo) e alla specie di pesce;

acqua:

vedi punto 1.6.1.2;

illuminazione:

fotoperiodo da 12 a 16 ore al giorno;

concentrazione dell'ossigeno disciolto:

almeno l'80 % del valore di saturazione dell'aria;

alimentazione:

tre volte alla settimana o quotidianamente con sospensione 24 ore prima dell'inizio della prova.

1.6.3.2. Mortalità

Dopo un periodo di adattamento di 48 ore, si procede a registrare la mortalità e si applicano i seguenti criteri:

- mortalità superiore al 10 % della popolazione in sette giorni:

l'intera partita viene respinta;

- mortalità tra il 5 e il 10 % della popolazione:il periodo di adattamento prosegue per altri sette giorni. Se non si verificano ulteriori mortalità, la partita è accettabile, in caso contrario essa deve essere respinta;

- mortalità inferiore al 5 % della popolazione:

la partita è accettabile.

1.6.4. Adattamento

Prima dell'impiego, tutti i pesci debbono essere posti per almeno sette giorni in acqua della qualità e temperatura da impiegare per il saggio.

1.6.5. Procedimento del saggio

Al saggio definitivo si può far precedere una prova orientativa allo scopo di ottenere informazioni per definire l'intervallo di concentrazioni da impiegare.In aggiunta alla serie di concentrazioni da saggiare, si esegue anche una esposizione di controllo senza la sostanza in esame e, se pertinente, una esposzione di controllo contenente la sostanza ausiliaria.

A seconda delle proprietà fisiche e chimiche del composto in esame, si deve scegliere una prova statica, semistatica o a flusso continuo, secondo quanto più appropriato per soddisfare i criteri di qualità.

I pesci vengono esposti alla sostanza nel modo indicato di seguito:

- durata: 96 ore;

- numero di animali: almeno 7 per concentrazione;

- vasche: di capacità opportuna secondo il carico raccomandato;

- densità dei pesci: per i saggi statici e semistatici si raccomanda un carico di biomassa massimo di 1,0 g/l; per i sistemi a flusso continuo può essere accettabile un carico più elevato;

- concentrazioni di saggio: almeno cinque concentrazioni, differenti per un fattore costante non superiore a 2,2, e che, nel limite del possibile, coprano l'intervallo di mortalità dallo 0 al 100 %;

- acqua: vedi punto 1.6.1.2;

- illuminazione: fotoperiodo quotidiano: da 12 a 16 ore al giorno;

- temperatura: appropriata alla specie (vedi appendice 2) ma con variazioni entro ± 1 C per ciascuna prova;

- concentrazione dell'ossigeno disciolto: non meno del 60 % del valore di saturazione dell'aria alla temperatura prescelta;

- alimentazione: nessuna.

I pesci sono esaminati dopo le prime 2-4 ore ed almeno a intervalli di 24 ore. Essi sono considerati morti se toccando il peduncolo caudale non si ha alcuna reazione e non sono visibili movimenti respiratori. I pesci morti sono allontanati al momento in cui vengono osservati e le mortalità devono essere registrate.

Va presa nota delle anormalità visibili (come la perdita di equilibrio, cambiamento di comportamento alla natazione, funzione respiratoria, pigmentazione, ecc.).Il pH, l'ossigeno disciolto e la temperatura devono essere misurati quotidianamente.

Saggio limite

Usando le procedure descritte in questo metodo di saggio, si può eseguire un saggio limite a 100 mg per litro allo scopo di dimostrare che la CL50 è più elevata di questa concentrazione.Se la natura della sostanza è tale che non si possa raggiungere una concentrazione di 100 mg per litro nel mezzo di saggio, il saggio limite eve essere eseguito ad una concentrazione uguale alla solubilità della sostanza (o alla concentrazione massima formante una dispersione stabile) nell'ambiente usato (vedi anche 1.6.1.1.).

Il saggio limite deve essere eseguito usando da 7 a 10 pesci, con lo stesso numero nel saggio (nei saggi) di controllo. (La teoria binomiale stabilisce che quando si utilizzano 10 pesci con mortalità 0, c'è il 99,9 % di confidenza che la CL50 sia maggiore della concentrazione usata nel saggio limite. Con 7, 8 o 9 pesci l'assenza di mortalità assicura una confidenza di almeno il 99 % che la CL50 sia maggiore della concentrazione usata.)Se si verifica mortalità, occorre eseguire uno studio completo. Se si osservano effetti sub-letali, questi devono essere registrati.

2. DATI E VALUTAZIONE

Per ciascun periodo in cui sono registrate osservazioni (24, 48, 72 e 96 ore) riportare su carta logaritmico-probabilistica la mortalità percentuale per ciascun periodo di esposizione raccomandato in funzione della concentrazione.

Dove è possibile, e per ciascun tempo di osservazione, si dovrebbero stimare la CL50 e i limiti di confidenza statistica (p = 0,05) con l'uso di procedure standard; questi valori devono essere arrotondati ad una (o al massimo due) cifre significative (esempi di arrotondamento a due cifre: 170 per 173,5; 0,13 per 0,127; 1,2 per 1,21).Nei casi in cui il coefficiente angolare della curva di concentrazione/risposta percentuale è troppo alto per permettere il calcolo della CL50, è sufficiente una stima grafica di questo valore.

Quando due concentrazioni consecutive in un rapporto di 2,2 danno solo 0 e 100 % di mortalità, questi due valori sono sufficienti per indicare l'intervallo in cui cade la CL50.Qualora si osservasse che la stabilità o l'omogeneità della sostanza in esame non può essere mantenuta, tale fatto dovrebbe essere indicato nella relazione e l'interpretazione dei risultati dovrebbe essere fatta con prudenza.

3. RELAZIONE

La relazione sulla prova deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- informazioni sul pesce impiegato per la prova (nome scientifico, ceppo, fornitore, eventuali pretrattamenti, grandezza e numero impiegato a ciascuna concentrazione di saggio);

- fonte dell'acqua di diluizione e principali caratteristiche chimiche (pH, durezza, temperatura);

- nel caso di una sostanza di scarsa solubilità in acqua, il metodo di preparazione della soluzione concentrata di riserva e della soluzione di saggio;

- concentrazione di eventuali sostanze ausiliarie;

- elenco delle concentrazioni usate e qualsiasi informazione disponibile relativa alla stabilità, alle concentrazioni della sostanza chimica provata nella soluzione di saggio;

- se si eseguono analisi chimiche, metodi usati e risultati ottenuti;

- risultati dell'eventuale saggio limite;

- ragioni della scelta e dettagli del procedimento usato nel saggio (per esempio statico, semistatico, tasso di dosaggio, portata nel caso di flusso continuo, eventuale aereazione, densità dei pesci, ecc.);

- descrizione dell'apparecchiatura sperimentale;

- regime di illuminazione;

- concentrazione dell'ossigeno disciolto, pH e temperatura delle soluzioni di saggio ogni 24 ore;

- evidenze del fatto che sono stati soddisfatti i criteri di qualità;

- una tabella che presenti la mortalità cumulativa a ciascuna concentrazione e nel controllo (e controllo con la sostanza ausiliaria, se richiesto) a ciascuno dei tempi di osservazione raccomandati;

- grafico della curva di concentrazione/risposta percentuale al termine del saggio;

- se possibile, i valori di CL50 a ciascuno dei tempi di osservazione raccomandati (con limiti di confidenza statistica al 95 %);

- procedure statistiche usate per determinare i valori della CL50;

- se si usa una sostanza di riferimento, risultati ottenuti;

- concentrazione di saggio massima che non ha causato mortalità nel periodo di saggio;

- concentrazione di saggio minima che ha provocato il 100 % di mortalità nel periodo del saggio.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) OECD, Paris, 1981, Test Guideline 203, Decision of the Council C(81) 30 final and updates.(2) AFNOR - Determination of the acute toxicity of a substance to Brachydanio rerio - Static and Flow Through methods - NFT 90-303 June 1985.

(3) AFNOR - Determination of the acute toxicity of a substance to Salmo gairdneri - Static and Flow Through methods - NFT 90-305 June 1985.

(4) ISO 7346/1, /2 and /3 - Water Quality - Determination of the acute lethal toxicity of substances to a fresh water fish (Brachydanio rerio Hamilton-Buchanan - Teleostei, Cyprinidae). Part 1: Static method. Part 2: Semi-static method. Part 3: Flow-through method.

(5) Eidgenössisches Department des Innern, Schweiz: Richtlinien für Probenahme und Normung von Wasseruntersuchungsmethoden - Part II 1974.

(6) DIN Testverfahren mit Wasserorganismen, 38 412 (L1) und L (15).

(7) JIS K 0102, Acute toxicity test for fish.

(8) NEN 6506 - Water - Bepaling van de akute toxiciteit met behulp van Poecilia recticulata - 1980.

(9) Environmental Protection Agency, Methods for the acute toxicity tests with fish, macroinvertebrates and amphibians. The Committee on Methods for Toxicity tests with Aquatic Organisms, Ecological Research Series EPA-660-75-009, 1975.

(10) Environmental Protection Agency, Environmental monitoring and support laboratory, Office of Research and Development, EPA-600/4-78-012, January 1978.

(11) Environmental Protection Agency, Toxic Substance Control, Part IV, 16 March 1979.

(12) Standard methods for the examination of water and wastewater, 14th edition, APHA-AWWA-WPCF, 1975.

(13) Commission of the European Communities, Inter-Laboratory test programme concerning the study of the ecotoxicity of a chemical substance with respect to the fish. EEC Study D.8368, 22 March 1979.

(14) Verfahrensvorschlag des Umweltbundesamte zum akuten Fisch-test. Rudolph, P. und Boje, R. Ökotoxikologie, Grundlagen für die ökotoxikologische Bewertung von Umweltchemikalien nach dem Chemikaliengesetz, ecomed 1986.

(15) Litchfield, J.T. and Wilcoxon, F., A simplified method for evaluating dose effects experiments, J. Pharm, Exp. Therap., 1949, vol. 96, 99.

(16) Finney, D.J. Statistical Methods in Biological Assay. Griffin, Weycombe, U.K., 1978.

(17) Sprague, J.B. Measurement of pollutant toxicity to fish. I Bioassay methods for acute toxicity. Water Res. 1969, vol. 3, 793-821.

(18) Sprague, J.B. Measurement of pollutant toxicity to fish. II Utilising and applying bioassay results. Water Res. 1970, vol. 4, 3-32.

(19) Stephan, C.E. Methods for calculating an LC50. In Aquatic Toxicology and Hazard Evaluation (edited by F.I. Mayer and J.L. Hamelinck). American Society for Testing and Materials. ASTM STP 634, 1977, 65-84.

(20) Stephan, C.E., Busch, K.A., Smith, R., Burke, J. and Andrews, R.W. A computer program for calculating an LC50. US EPA.

Appendice 1

Acqua ricostituita

Esempio di acqua di diluizione appropriata Tutti i prodotti chimici devono avere purezza analitica.Dovrebbe essere impiegata acqua distillata di buona qualità oppure acqua deionizzata, di conduttività, inferiore a 5 ìScm 1

L'apparecchio per la distillazione dell'acqua non deve contenere parti in rame.

Soluzioni di riserva

CaCl2. 2H2O (calcio cloruro diidrato): 11,76 g

Sciogliere e portare ad un litro con acqua.

MgSO4. 7H2O (magnesio solfato eptaidrato): 4,93 g

Sciogliere e portare ad un litro con acqua.

NaHCO3 (sodio bicarbonato): 2,59 g

Sciogliere e portare ad un litro con acqua.

KCl (potassio cloruro): 0,23 g

Sciogliere e portare ad un litro con acqua.

Acqua di diluizione ricostituita

Mescolare 25 ml di ciascuna delle quattro soluzioni di riserva e portare ad un litro con acqua.Aerare finchè la concentrazione dell'ossigeno disciolto uguagli il valore di saturazione per l'aria.

Il pH dovrebbe essere di 7,8 ± 0,2.Se necessario regolare il pH mediante aggiunte di NaOH (sodio idrossido) o HCl (acido cloridrico).L'acqua di diluizione così preparata viene lasciata da parte per circa 12 ore e non richiede alcuna ulteriore aerazione.

La somma degli ioni Ca e Mg in questa soluzione è di 2,5 mmol/l. Il rapporto degli ioni Ca e Mg è di 4:1 e quello degli ioni Na e K è di 10:1. L'alcalinità totale di questa soluzione è 0,8 mmol/l.

Eventuali deviazioni nel modo di preparare l'acqua di diluizione non devono modificarne la composizione e le proprietà.

Appendice 2

>SPAZIO PER TABELLA>

Raccolta

I pesci suelencati sono allevabili facilmente e/o sono largamente disponibili per tutto l'anno. Possono riprodursi e essere mantenuti sia in stabilimenti di acquicoltura sia in laboratorio, sotto condizioni di controllo delle malattie e dei parassiti, in modo che gli animali di saggio saranno sani e geneticamente controllati. Questi pesci sono disponibili in molte parti del mondo.

Appendice 3

Esempio di curva concentrazione/percento di mortalità

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Esempio di determinazione della CL50 usando carta log-probit.

C.2. TOSSICITÀ ACUTA PER LE DAPHNIA

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Lo scopo di questo saggio è di determinare la concentrazione efficace mediana di immobilizzazione (CE50) di una sostanza nei confronti di Daphnia in acqua dolce.Prima di iniziare il saggio è desiderabile disporre per quanto è possibile di informazioni aggiuntive concernenti la solubilità in acqua, la tensione di vapore, la stabilità chimica, le costanti di dissociazione e la biodegradabilità della sostanza in esame.Sia per la programmazione della prova che per l'interpretazione dei risultati si dovrebbero tenere in considerazione anche altre informazioni (per esempio formula di struttura, grado di purezza, natura e percentuale delle impurezze significative, presenza e quantità di additivi e coefficiente di ripartizione n-ottanolo/acqua).

1.2. DEFINIZIONE E UNITÀ

Il disposto della direttiva concernete la CL50 per Daphnia è da considerarsi soddisfatto dalla determinazione della CE50 come descritto nel presente metodo.Ai fini di questa prova, la tossicità acuta viene espressa come concentrazione effettiva mediana (CE50) per l'immobilizzazione. Essa è la concentrazione (come valori iniziali) che immobilizza il 50 % delle daphnie in un gruppo di prova entro un certo periodo di esposizione continua, che deve essere definito.

Immobilizzazione:

Sono considerati immobili gli animali che, dopo lieve agitazione del contenitore usato per il saggio, non sono in grado di nuotare entro 15 secondi.Tutte le concentrazioni delle sostanze in esame sono espresse in peso/volume (mg/l). Esse possono anche venire espresse in peso/peso (mg.kg 1).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Per dimostrare che, nelle condizioni sperimentali di laboratorio, la sensibilità della risposta della specie usata per il saggio non è variata in modo significativo, può essere saggiata una sostanza di riferimento.

In appendice 2 è presentato il sommario dei risultati ottenuti in una prova d'intercalibrazione tra laboratori nell'ambito della CEE con l'uso di 4 differenti sostanze.

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Si può eseguire un saggio limite a 100 mg per litro allo scopo di dimostrare che la CE50 è più elevata di questa concentrazione.

Le daphnie sono esposte alla sostanza in esame aggiunta ad acqua in un certo intervallo di concentrazioni per 48 ore; se si utilizza un saggio più breve, nella relazione di prova deve essere fornita una giustificazione.

In condizioni sperimentali per il resto identiche e in un campo adeguato di concentrazioni della sostanza in esame, concentrazioni diverse di una data sostanza in esame esercitano di solito effetti diversi sulla capacità natatoria della Daphnia. A concentrazioni diverse, si ottengono differenti percentuali di daphnie che alla fine della prova non sono più in grado di nuotare. Le concentrazioni che provocano un'immobilizzazione dello 0 o del 100 % vengono derivate direttamente dalle osservazioni sperimentali, mentre la CE50 a 48 ore viene determinata, se possibile, per calcolo.

Per il presente metodo si usa un sistema statico, quindi le soluzioni non vengono rinnovate durante il periodo di esposizione.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

I criteri di qualità valgono sia per il saggio limite che per il metodo di saggio completo.L'immobilizzazione negli animali di controllo non deve superare il 10 % al termine della prova.Le daphnie usate per la prova nei gruppi di controllo non devono essere state intrappolate alla superficie dell'acqua.

Preferibilmente, la concentrazione dell'ossigeno disciolto nei contenitori usati nel saggio dovrebbe mantenersi al di sopra di 3 mg l 1 per tutta la durata del saggio. In nessuna circostanza, comunque la concentrazione dell'ossigeno disciolto deve scendere al di sotto di 2 mg l 1.La concentrazione della sostanza in esame deve essere mantenuta con variabilità ammissibile con limite inferiore dell'80 % della concentrazione iniziale per tutta la durata della prova.Per le sostanze che si sciolgono facilmente nell'ambiente di saggio e che forniscono soluzioni stabili, ossia che non presentano in grado significativo volatilizzazione, degradazione, idrolisi o adsorbimento, la concentrazione iniziale può essere considerata come equivalente alla concentrazione nominale. Deve essere fornita la prova che la concentrazione si è mantenuta costante per tutta la durata del saggio e che sono stati soddisfatti i criteri di qualità.

Per le sostanze che sono:

(i) scarsamente solubili nel mezzo liquido del saggio, o

(ii) in grado di formare emulsioni o dispersioni stabili, o

(iii) non stabili in soluzione acquosa,come concentrazione iniziale si dovrà prendere la concentrazione misurata in soluzione (o, se non è possibile tecnicamente, misurata nella colonna d'acqua) all'inizio della prova. La concentrazione sarà determinata dopo un periodo concesso per il raggiungimento dell'equilibrio, ma prima dell'introduzione degli organismi di prova.

In ciascuno di questi casi, ulteriori misure devono essere effettuate durante il saggio per confermare la concentrazione di esposizione effettiva o i criteri di qualità sono stati rispettati.

Il pH deve variare di non più di una unità.

1.6. DESCRIZIONE DEL METODO DI SAGGIO

1.6.1. Reattivi

1.6.1.1. Soluzioni delle sostanze da esaminare

Si preparano soluzioni di riserva opportunamente concentrate, sciogliendo la sostanza in acqua deionizzata o comunque rispondente alle caratteristiche descrtte al punto 1.6.1.2.Le concentrazioni del saggio scelte vengono preparate per diluizione della soluzione di riserva (concentrata). Se si provano concentrazioni elevate, la sostanza può essere disciolta direttamente nell'acqua di diluizione.

Le sostanze devono normalmente essere sottoposte ad esame solo fino al limite di solubilità. Per alcune sostanze (per esempio sostanze che hanno una scarsa solubilità in acqua o un elevato Poa, o quelle che formano dispersioni stabili piuttosto che soluzioni vere in acqua), è accettabile eseguire una prova a concentrazione superiore al limite di solubilità della sostanza per garantire di raggiungere la massima concentrazione solubile/stabile. È importante tuttavia che questa concentrazione non disturbi altrimenti il sistema di saggio (per esempio una pellicola della sostanza sulla superficie dell'acqua che impedisca l'ossigenazione dell'acqua, ecc.).Si può ricorrere alla dispersione ultrasonica, solventi organici, emulsionanti o disperdenti come iuto per preparare le soluzioni concentrate di riserva delle sostanze di scarsa solubilità in acqua o per disperdere queste sostanze nel ezzo liquido del saggio. Quando si utilizzano tali sostanze ausiliari, tutte le concentrazioni di saggio devono contenere la stessa quantità di sostanza ausiliare, e devono essere esposte alla stessa concentrazione della sostanza ausiliare usata nella serie di prove del saggio Daphnia di un gruppo di controllo addizionale. La concentrazione di tali ausiliari deve essere minimizzata, e in nessun caso deve superare i 100 mg per litro nel mezzo liquido del saggio.Il saggio deve essere effettuato senza regolazione del pH. Se quest'ultimo manifestasse notevoli variazioni, si consiglia di ripetere il saggio procedendo all'opportuna regolazione del pH e riportando i risultati. In questo caso, il pH della soluzione di riserva deve essere portato al valore del pH dell'acqua di diluizione, a meno che non esistano specifiche ragioni per agire diversamente. A tal fine sono da preferirsi HCl ed NaOH. Questa regolazione del pH deve essere effettuata in modo che la concentrazione della sostanza in esame nella soluzione di riserva non cambi in modo significativo. Qualora la regolazione dovesse provocare reazioni chimiche o la precipitazione fisica del composto in esame, ciò andrebbe riferito.

1.6.1.2. Acqua usata per le prove

In questa prova si utilizza acqua ricostituita (vedi appendice 1 e riferimento (2): ISO 6341). Per evitare la necessità di acclimatazione prima della prova, si raccomanda che l'acqua usata per l'allevamento sia di qualità simile (pH, durezza) all'acqua usata per il saggio.

1.6.2. Apparecchiatura

Devono essere utilizzate normali apparecchiature e strumentazioni di laboratorio. Gli apparecchi destinati a venire a contatto con le soluzioni del saggio dovrebbero essere preferibilmente completamente in vetro:

- misuratore di ossigeno (con microelettrodo od altro apparecchio adatto per la misurazione dell'ossigeno in campioni di piccolo volume);

- adeguata apparecchiatura per il controllo della temperatura;

- pH-metro;

- apparecchiatura per la determinazione della durezza dell'acqua.

1.6.3. Organismi per il saggio

Daphnia magna è la specie sperimentale preferita, è però ammessa anche la Daphnia pulex. Gli animali sperimentali dovranno avere un'età minore di 24 ore all'inizio della prova, essere allevati in laboratorio, esenti da malattie palesi e la loro storia deve essere nota (per esempio allevamento - eventuali pre-trattamenti, ecc.).

1.6.4. Procedura del saggio

Al saggio definitivo si può far precedere una prova orientativa allo scopo di ottenere informazioni per definire l'intervallo di concentrazioni da impiegare.In aggiunta alla serie di prove del saggio, si devono eseguire una prova di controllo senza la sostanza in esame e, se pertinente, anche una prova di controllo contenente la sostanza ausiliare.

Le daphnie sono esposte alla sostanza come descritto nel seguito:

- durata: preferibilmente 48 ore,

- numero di animali: almeno 20 animali per ciascuna concentrazione di saggio, di preferenza divisi in 4 gruppi di 5 individui ciascuno o in 2 gruppi di 10;

- carico: per le daphnie deve esserci una disponibilità della soluzione in esame in ragione di almeno 2 ml per ciascun animale;

- concentrazione di saggio: la soluzione da esaminare dovrebbe essere preparata immediatamente prima dell'introduzione delle daphnie, preferbilmente senza impiegare solventi diversi dall'acqua. Le concentrazioni si preparano in una serie che segue una progressione geometrica con un rapporto tra due concentrazioni immediatamente consecutive non superiore a 2,2. Si dovrebbero sperimentare, insieme alle prove di controllo, concentrazioni sufficienti a dare lo 0 e il 100 % di immobilizzazione dopo 48 ore e un campo di percentuali di immobilizzazione intermedie, che permetta il calcolo della CE50 a 48 ore.

- acqua: vedi punto 1.6.1.2.;

- illuminazione: è facoltativo un ciclo luce-oscurità;

- temperatura: la temperatura del saggio dev'essere compresa tra 18 e 22 C, ma una volta scelta deve mantenersi costante con variazione ammissibilie di ± 1 C;

- aerazione: le soluzioni del saggio non devono essere aerate con gorgogliamento d'aria;

- alimentazione: nessuna.

Alla fine della prova devono essere misurati il pH e la concentrazione di ossigeno dei controlli e di tutte le concentrazioni della sostanza in esame: il pH delle soluzioni della sostanza in esame non deve essere modificato.

I composti volatili devono essere saggiati in contenitori chiusi e riempiti per intero, abbastanza grandi da evitare che l'ossigeno venga a mancare.Le daphnie vengono esaminate dopo almeno 24 ore di esposizione, e di nuovo dopo 48 ore.

Saggio limite

Usando le procedure descritte in questo metodo di saggio, si può eseguire un saggio limite a 100 mg per litro allo scopo di dimostrare che la CE50 si colloca al disopra di questa concentrazione.Se la natura della sostanza è tale che non si possa raggiungere una concentrazione di 100 mg per litro nell'acqua di esecuzione della prova, il saggio limite deve essere eseguito ad una concentrazione uguale alla solubilità della sostanza (o alla concentrazione massima formante una dispersione stabile) nel mezzo liquido usato (vedi anche 1.6.1.1.).

Il saggio limite deve essere eseguito usando 20 daphnie divise in 2 o 4 gruppi, con un ugual numero nel gruppo (nei gruppi) di controllo. Se si verifica immobilizzazione, si deve eseguire uno studio completo.

2. DATI E VALUTAZIONE

Per ciascun periodo in cui si sono registrate le osservazioni (24 e 48 ore) riportare su carta probit-semilogaritmica la mortalità percentuale in funzione della concentrazione.Dove è possibile, e per ciascun tempo di osservazione, si dovrebbero stimare la CE50 e i limiti di confidenza (p = 0,05) con l'uso di procedimenti tandard; questi valori devono essere arrotondati ad una (o al massimo due) cifre significative (esempi i arrotondamento a due cifre: 170 per 173,5; 0,13 per 0,127; 1,2 per 1,21).

Nei casi in cui la pendenza della curva di concentrazione/risposta in percentuali di immobilizzazione è troppo ripida per permettere il calcolo della CL50, è sufficiente una stima grafica di questo valore.

Nel caso in cui due concentrazioni immediatamente consecutive in un rapporto di 2,2 diano solo 0 e 100 % di immobilizzazione, questi due valori sarabbero sufficienti come indicazione dell'intervallo in cui cade la CE50.

Qualora si osservasse che la stabilità o l'omogeneità della sostanza in esame non possa essere mantenuta, il fatto va riferito nella relazione e si raccomanda cautela nell'interpretazione dei risultati.

3. RELAZIONE

La relazione sul saggio deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- informazioni sull'organismo impiegato per il saggio (nome scientifico, ceppo, fornitore o origine, eventuali pre-trattamenti, metodo di allevamento - inclusa la fonte, il tipo e la quantità di alimento e la frequenza di alimentazione);

- origine dell'acqua di diluizione e principali caratteristiche chimiche (pH, durezza, temperatura);

- nel caso di una sostanza di scarsa solubilità in acqua, il metodo di preparazione della soluzione concentrata di riserva e della soluzione di saggio;

- concentrazione di eventuali sostanze ausiliari;

- elenco delle concentrazioni usate e qualsiasi informazione disponibile relativa alla stabilità alle concentrazioni della sostanza chimica provata nella soluzione di saggio;

- se si eseguono analisi chimiche, metodi usati e risultati ottenuti;

- risultati dell'eventuale saggio limite;

- descrizione dell'apparecchiatura sperimentale;

- regime di illuminazione;

- concentrazione dell'ossigeno disciolto, pH e temperatura delle soluzioni di saggio;

- prova che sono stati soddisfatti i criteri di qualità;

- una tabella riportante l'immobilizzazione cumulativa ottenuta a ciascuna concentrazione e al gruppo controllo (e al gruppo controllo con la sostanza ausiliare quando questo sia necessario) in corrispondenza di ciascuno dei tempi di osservazione raccomandati (24 e 48 ore);

- grafico della curva di concentrazione/risposta in percentuale di immobilizzazione al termine del saggio;

- se possibile, i valori di CE50 a ciascuno dei tempi di osservazione raccomandati (con limiti di confidenza al 95 %);

- procedimenti statistici usati per determinare i valori della CE50;

- se si usa una sostanza di riferimento, risultati ottenuti;

- la maggior concentrazione sperimentata che non ha causato immobilizzazione nel periodo di saggio;

- la minore concentrazione sperimentata che ha rovocato il 100 % di immobilizzazione nel periodo del saggio.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) OECD, Paris, 1981, Test Guidelines 202, Decision of the Council C(81) 30 final and updates.

(2) International Standard ISO, Water Quality - Determination of inhibition of mobility of Daphnia magna Straus, ISO6341-1989.

(3) AFNOR Inhibition of mobility of Daphnia magna Straus (Cladocera - crustacea) NFT 90 301 (January 1983).

(4) Verfahrensvorschlag des Umweltbundesamtes zum akuten Daphnien-Test. Rudolph, P. und Boje, R. Ökotoxikologie, Grundlagen für die Ökotoxikologische Bewertung von Umweltchemikalien nach dem Chemikaliengesetz, ecomed 1986.

(5) DIN Testverfahren mit Wasserorganismen 38412 (L1) und (L11).

(6) Finney, D.J. Statistical Methods in Biological Assay. Griffin, Weycombe, U.K., 1978.

(7) Litchfield, J.T. and Wilcoxon, F. A simplified method of evaluating dose-effect experiments. J. Pharmacol. and Exper. Ther., 1949, vol. 96, 99-113.

(8) Sprague, J.B. Measurement of pollutant toxicity to fish. I Bioassay methods for acute toxicity. Water Res., 1969, vol. 3, 793-821.

(9) Sprague, J.B. Measurement of pollutant toxicity to fish. II Utilising and applying bioassay results. Water Res., 1970, vol. 4, 3-32.

(10) Stephan, C.E. Methods for calculating an LC50. In Aquatic Toxicology and Hazard Evaluation (edited by F.I. Mayer and J.L. Hamelink. American Society for Testing and Materials. ASTM, 1977, STP 634, 65-84.

(11) Stephan, C.E., Busch, K.A., Smith, R., Burke, J. and Andrews, R.W. A computer program for calculating an LC50. US EPA.

Appendice 1

Acqua ricostituita

Esempio di una acqua di diluizione adatta (secondo la norma ISO 6341)

Tutti i prodotti chimici devono avere purezza analitica.Deve essere impiegata acqua distillata di buona qualità oppure acqua deionizzata, di conduttività inferiore a 5 ìScm 1.

L'apparecchio per la distillazione dell'acqua non deve contenere parti in rame.

Soluzioni di riserva

CaCl2 72 H2O (cloruro di calcio diidrato): 11,76 g

Sciogliere e portare ad un litro con acqua.

MgSO4 77 H2O (solfato di magnesio eptaidrato): 4,93 g

Sciogliere e portare ad un litro con acqua.

NaHCO3 (bicarbonato di sodio): 2,59 g

Sciogliere e portare ad un litro con acqua.

KCl (cloruro di potassio): 0,23 g

Sciogliere e portare ad un litro con acqua.

Acqua di diluizione ricostituita

Mescolare 25 ml di ciascuna delle quattro soluzioni di riserva e portare ad un litro con acqua.

Aerare finchè la concentrazione dell'ossigeno disciolto uguagli il valore di saturazione per l'aria.

Il pH deve essere di 7,8 ± 0,2.

Se necessario regolare il pH mediante aggiunte di NaOH (idrossido di sodio) o HCl (acido cloridrico).

L'acqua di diluizione così preparata viene lasciata da parte per circa 12 ore e non richiede alcuna ulteriore aerazione.

La somma degli ioni Ca e Mg in questa soluzione è di 2,5 mmol/l. Il rapporto ioni Ca:Mg è di 4:1 e quello degli ioni Na:K è di 10:1. L'alcalinità totale di questa soluzione è 0,8 mmol/l.

Eventuali deviazioni nel modo di preparare l'acqua di diluizione non devono modificarne la composizione e le proprietà.

Appendice 2

Sommario dei risultati di una prova d'intercalibrazionetra laboratori nell'ambito della CEE eseguita nel 1978(citato anche nel riferimento 2)

Nota: lo scopo di questa prova era di determinare la CE50 a 24 ore.

Sostanze usate:

1) dicromato di potassio

2) acido tetrapropilbenzensolfonico

3) acido tetrapropilbenzensolfonico, sale di sodio

4) acido tricloro-2,4,5-fenossiacetico, sale di potassio

>SPAZIO PER TABELLA>

Appendice 3

Esempio di rappresentazione grafica: concentrazione corrispondente percentuale di immobilizzazione

>INIZIO DI UN GRAFICO>

>FINE DI UN GRAFICO>

Esempio di determinazione della CE50 con l'utilizzo di carta probit-semilogaritmica

Immobilizzazione in %

3. SAGGIO DI INIBIZIONE DELLA CRESCITA DELLE ALGHE

1. METODO

1.1. INTRODUZIONE

Lo scopo di questo saggio è di determinare gli effetti di una sostanza sulla crescita di una specie di alga verde unicellulare. Con saggi relativamente brevi (72 ore) si possono valutare gli effetti su varie generazioni. Questo metodo può essere adattato all'uso di parecchie specie di alghe unicellulari, nel qual caso nella relazione sul saggio deve essere fornita una descrizione del metodo usato.

Questo metodo viene applicato con particolare facilità a sostanze solubili in acqua che, nelle condizioni del saggio, hanno buone probabilità di rimanere nell'acqua.

Il metodo può essere usato per sostanze che non interferiscano direttamente con la misura della crescita delle alghe.

Prima di iniziare il saggio è desiderabile disporre, per quanto è possibile, di informazioni concernenti la solubilità in acqua, la tensione di vapore, la stabilità chimica, le costanti di dissociazione e la biodegradabilità della sostanza in esame.

Sia per la programmazione della prova che per l'interpretazione dei risultati si dovrebbero tenere in considerazione anche altre informazioni (per esempio formula di struttura, grado di purezza, natura e percentuale delle impurezze significative, presenza e quantità di additivi e coefficiente di ripartizione n-ottanolo/acqua).

1.2. DEFINIZIONI E UNITÀ

Densità delle cellule: numero di cellule per millilitro;

Crescita: aumento della densità delle cellule lungo il periodo sperimentale;

Tasso di crescita: aumento di densità delle cellule per unità di tempo;

CE50: in questo metodo, la concentrazione della sostanza in esame che provoca una riduzione del 50 % della crescita (CbE50) o del tasso di crescita (CrE50) rispetto al controllo;

NOEC (concentrazione senza effetti osservabili): in questo metodo, la maggiore concentrazione sperimentata alla quale non si osserva alcuna inibizione significativa della crescita rispetto al controllo.

Tutte le concentrazioni delle sostanze in esame sono espresse in peso/volume (mg/l). Esse possono anche venire espresse in peso/peso (mg.kg 1).

1.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

Per dimostrare che, nelle condizioni sperimentali di laboratorio, la sensibilità della risposta della specie usata per il saggio non è variata in modo significativo, può essere saggiata una sostanza di riferimento.Se si usa una sostanza di riferimento, i risultati ottenuti devono essere presentati nella relazione sul saggio. Come sostanza di riferimento si può usare dicromato di potassio, ma il suo colore può interferire con la qualità della luce e la sua intensità disponibile per le cellule e inoltre con le determinazioni spettrofotometriche, nel caso vangano usate. Il dicromato di potassio è stato usato in un saggio interlaboratorio internazionale (vedi riferimento (3) e appendice 2).

1.4. PRINCIPIO DEL METODO DI SAGGIO

Si può eseguire un saggio limite a 100 mg per litro della sostanza in esame allo scopo di dimostrare che la CE50 si pone al di sopra di questa concentrazione.Colture in crescita esponenziale di alghe verdi selezionate sono esposte a varie concentrazioni della sostanza in esame su varie generazioni in condizioni definite.

Le soluzioni di prova sono incubate per un periodo di 72 ore, durante cui la densità delle cellule in ciascuna viene misurata almeno ogni 24 ore. Si determina l'inibizione della crescita rispetto ad una coltura di controllo.

1.5. CRITERI DI QUALITÀ

I criteri di qualità valgono sia per il saggio limite che per il metodo di saggio completo.La densità delle cellule nelle colture di controllo deve aumentare di un fattore di almeno 16 entro 3 giorni.

La concentrazione della sostanza in esame deve essere mantenuta in modo da non scendere al di sotto dell'80 % della concentrazione iniziale per tutta la durata della prova.

Per le sostanze che si sciolgono facilmente nel mezzo liquido del saggio e che forniscono soluzioni stabili, ossia che non presentano in grado significativo volatilizzazione, degradazione, idrolisi o adsorbimento, la concentrazione iniziale può essere considerata come equivalente alla concentrazione nominale. Deve essere fornita la prova che la concentrazione si è mantenuta costante per tutta la durata del saggio e che sono stati soddisfatti i criteri di qualità.

Per le sostanze che sono:

(i) scarsamente solubili nel mezzo liquido del saggio, o

(ii) in grado di formare emulsioni o dispersioni stabili, o

(iii) non stabili in soluzione acquosa,come concentrazione iniziale si assume la concentrazione misurata all'inizio del saggio. La concentrazione deve essere determinata dopo un periodo concesso per il raggiungimento dell'equilibrio.

In ciascuno di questi casi, ulteriori misure devono essere effettuate durante il saggio per confermare la concentrazione di esposizione effettiva o i criteri di qualità sono stati rispettati.

È certo che quantità significative della sostanza in esame saranno incorporate nella biomassa delle alghe nel periodo di esecuzione del saggio. Pertanto, allo scopo di dimostrare la conformità coi criteri di qualità visti sopra, si deve prendere in considerazione sia la sostanza incorporata nella biomassa algale che la sostanza in soluzione (o, se ciò non è tecnicamente possibile, misurata nella colonna d'acqua). Tuttavia, poichè la determinazione della concentrazione di sostanza nella biomassa delle alghe può presentare dei problemi tecnici significativi, il rispetto dei criteri di qualità può essere dimostrato eseguendo una prova in un recipiente alla concentrazione massima della sostanza ma senza alghe e misurando la concentrazione in soluzione (o, se ciò non è tecnicamente possibile nella colonna d'acqua) all'inizio e al termine del periodo di prova.

1.6. DESCRIZIONE DEL PROCEDIMENTO SPERIMENTALE

1.6.1. Reagenti

1.6.1.1. Soluzioni di sostanze in esame

Soluzioni di riserva opportunamente concentrate vengono preparate sciogliendo la sostanza in acqua deionizzata o in acqua secondo il punto 1.6.1.2.

Si preparano le concentrazioni scelte per il saggio. Aggiungendone adatte aliquote a precolture di alghe (vedi appendice 1).Normalmente le sostanze devono essere sottoposte al saggio solo fino al limite di solubilità. Per alcune sostanze (per esempio sostanze che hanno una scarsa solubilità in acqua o un elevato Poa, o quelle che formano dispersioni stabili piuttosto che soluzioni vere in acqua), è accettabile includere nel saggio una concentrazione che superi il limite di solubilità della sostanza al fine di garantire di raggiungere la massima concentrazione solubile/stabile. È importante tuttavia che questa concentrazione non disturbi altrimenti il sistema di saggio (per esempio una pellicola della sostanza sulla superficie dell'acqua che impedisca l'ossigenazione dell'acqua, ecc.).

Si può ricorrere alla dispersione ultrasonica, solventi organici, emulsionanti o disperdenti come aiuto per preparare le soluzioni concentrate di riserva delle sostanze di scarsa solubilità in acqua o per disperdere queste sostanze nel mezzo liquido del saggio. Quando si utilizzano tali sostanze ausiliari, tutte le concentrazioni di saggio devono contenere la stessa quantità di sostanza ausiliare, e devono essere esposte colture di controllo aggiuntive alla stessa concentrazione della sostanza ausiliare usata nella serie di prove del saggio. La concentrazione di tali ausiliari deve essere minimizzata, e in nessun caso deve superare i 100 mg per litro nel mezzo liquido del saggio.

La prova deve essere effettuata senza regolazione del pH. Se quest'ultimo presentasse notevoli variazioni, si consiglia di ripetere la prova procedendo all'opportuna regolazione del pH e riportando i risultati. In questo caso, il valore del pH della soluzione di riserva deve essere portato al valore di quello dell'acqua di diluizione, a meno che non esistano specifiche ragioni per agire diversamente. A tal fine sono da preferirsi HCl ed NaOH. Questa regolazione del pH dovrebbe essere effettuata in modo che la concentrazione della sostanza in esame nella soluzione di riserva non cambi in modo significativo. Qualora la regolazione dovesse provocare reazioni chimiche o la precipitazione fisica del composto in esame, ciò andrebbe riferito.

1.6.1.2. Terreno di coltura del saggio

L'acqua deve essere acqua distillata di buona qualità o acqua deionizzata con una conducibilità minore di 5 ìS.cm 1. L'apparecchio per la distillazione dell'acqua non deve contenere parti in rame.Si raccomanda il seguente terreno di coltura.Si preparano quattro soluzioni madri secondo la tabella seguente. Le soluzioni madri sono sterilizzate per filtrazione su membrana oppure in autoclave e conservate al buio a 4 C. La soluzione madre numero 4 deve essere sterilizzata esclusivamente per filtrazione su membrana. Queste soluzioni madri vanno diluite per ottenere le concentrazioni finali di nutrienti nelle soluzioni sperimentali del saggio.

>SPAZIO PER TABELLA>

Il pH del terreno di coltura, messo in equilibrio con l'aria, è approssimativamente 8.

1.6.2. Apparecchiatura

- normale attrezzatura di laboratorio,

- beute per il saggio di volume adatto (per esempio, quando il volume della soluzione sperimentale è di 100 ml occorrono beute da 250 ml). Tutte le beute devono essere identiche in quanto a materiale e dimensioni.

- Attrezzatura per le colture: cabina o camera in cui è possibile mantenere con una precisione di ± 2 C una temperatura nel campo tra 21 e 25 C e fornire una illuminazione uniforme continua nel campo spettrale da 400 a 700 nm. Se le alghe nelle colture di controllo hanno raggiunto i tassi di crescita raccomandati, si può assumere che le condizioni di crescita, inclusa l'intensità luminosa, siano state adeguate.

Si raccomanda di usare, al livello medio delle soluzioni sperimentali, un'intensità luminosa nel campo da 60 a 120 ìE.m 2.s 1 (da 35 a 70×1018 fotoni.m 2.s 1) quando si effettui la misura nel campo da 400 a 700 nm utilizzando un idoneo sensore. Per gli strumenti di misura della luce calibrati in lux, è accettabile un intervallo equivalente tra 6 000 e 10 000 lux.

L'intensità luminosa occorrente può essere ottenuta usando da 4 a 7 lampade a fluorescenza da 30 W del tipo bianco universale (temperatura di colore approssimativamente 4 300 K), poste ad una distanza di 0,35 m dalla coltura di alghe.

- Le misure della densità delle cellule devono essere effettuate utilizzando un metodo di conta diretto delle cellule viventi, per esempio un microscopio con camere di conteggio. Tuttavia, si possono usare altri metodi (fotometria, torbidimetria) se sono sufficientemente sensibili e se si riscontra una sufficientemente buona correlazione con la densità delle cellule.

1.6.3. Organismi per il saggio

Si consiglia di usare specie di alghe verdi a rapida crescita adatte per la coltura e l'esecuzione del saggio. Sono preferite le seguenti specie:

- Selenastrum capricornutum, p.es. ATCC 22662 o CCAP 278/4,

- Scenedesmus subspicatus, p.es. 86.81 SAG,

Nota:

ATCC = Raccolta Americana di Colture Tipo (U.S.A.)

CCAP = Centro per la Coltura di Alghe e Protozoi (G.B.)

SAG = Raccolta di Colture Algali (Göttingen, R.F.G.)

Se si usano altre specie, la relazione deve indicarne il ceppo.

1.6.4. Procedimento sperimentale

Si determina l'intervallo di concentrazioni nel quale è facile che si verifichino degli effetti sulla base di risultati ottenuti da esperimenti di selezione dell'intervallo.

Le due misure di crescita (biomassa e tasso di crescita) possono dare come risultato misure molto disparate dell'inibizione della crescita; entrambe le misure devono essere usate nella prova di individuazione del campo per assicurare che la progressione geometrica delle concentrazioni permetta una stima sia della CbE50 sia della CrE50.

Densità iniziale delle cellule

Si raccomanda di regolare la densità iniziale delle cellule nelle colture sperimentali ad approssimativamente 104 cellule/ml per Selenastrum capricornutum e Scenedesmus subspicatus. Quando si utilizzano altre specie, la biomassa dovrebbe essere confrontabile.

Concentrazioni della sostanza in esame

Per il saggio, si preparano almeno 5 concentrazioni in serie geometrica con un rapporto tra ogni concentrazione e quella immediatamente successiva non superiore a 2,2. La più bassa concentrazione sperimentata non dovrebbe permettere di osservare effetti sulla crescita delle alghe. La più elevata concentrazione sperimentata dovrebbe inibire la crescita di almeno il 50 % rispetto al controllo o, preferibilmente, arrestare completamente la crescita.

Repliche e controlli

Lo schema sperimentale deve comprendere tre repliche per ogni concentrazione. Sono previsti tre controlli senza sostanza in esame e, se del caso, altri tre controlli contenenti la sostanza ausiliare. Se giustificato, lo schema sperimentale può venire modificato per aumentare il numero di concentrazioni e ridurre il numero di repliche per concentrazione.

Esecuzione del saggio

Le colture del saggio contenenti le concentrazioni desiderate di sostanza in esame e la quantità desiderata di inoculo algale vengono preparate aggiungendo aliquote di soluzioni di riserva della sostanza in esame a quantità adatte di precolture algali (vedi appendice 1). Le beute di coltura vengono agitate e disposte nell'apparecchiatura di coltura. Le cellule algali vengono mantenute in sospensione mediante sbattimento, mescolamento o gorgogliamento d'aria allo scopo di faciltare lo scambio gassoso e di ridurre le variazioni di pH nelle soluzioni del saggio. Le colture devono essere mantenute ad una temperatura con variazione ammissibile di ± 2 C nell'intervallo da 21 a 25 C.

La densità delle cellule in ciascuna beuta viene determinata almeno 24, 48 e 72 ore dopo l'inizio del saggio. Nei casi in cui si utilizza una misura della densità delle cellule diversa del metodo di conteggio diretto, si usa il terreno di coltura algale filtrato contenente la concentrazione appropriata della sostanza chimica in esame per fissare il bianco.

Il pH viene misurato all'inizio del saggio e dopo 72 ore.Normalmente durante il saggio il pH delle colture di controllo non deve variare più di 1,5 unità.

Saggio con sostanze volatili

Fino ad oggi non esiste un metodo accettato in modo generale per saggiare sostanze volatili. Quando è noto che una sostanza ha la tendenza a evaporare, si può far uso nel saggio di beute chiuse con la parte vuota superiore aumentata. Nel calcolare lo spazio vuoto superiore delle beute chiuse occorre tenere in considerazione la possibilità di una scarsità di CO2. Sono state proposte delle modifiche a questo metodo. [Vedi riferimento (4)].

Si dovrebbe tentare di determinare la quantità di sostanza che rimane in soluzione, e si consiglia comunque una estrema cautela nell'interpretazione dei risultati dei saggi con sostanze volatili eseguiti con l'uso di sistemi chiusi.Saggio limite

Utilizzando i procedimenti descritti nel presente metodo, si può eseguire un saggio limite a 100 mg per litro allo scopo di dimostrare che la CE50 si trova al di sopra di questa concentrazione.Se a causa della natura della sostanza non fosse possibile raggiungere una concentrazione di 100 mg per litro nell'acqua usata per il saggio, il saggio limite dovrebbe essere eseguito ad una concentrazione corrispondente alla solubilità della sostanza (o alla concentrazione massima in cui si forma una dispersione stabile) nel terreno di coltura usato (vedi anche punto 1.6.1.1.).

Il saggio limite deve essere eseguito almeno in tre repliche, anche per il controllo. Nel saggio limite devono essere usate ambedue le misure della crescita (biomassa e velocità di crescita).Qualora in un saggio limite si riscontrasse una diminuzione media del 25 % o più nella biomassa o nel tasso di crescita rispetto il controllo, si dovrebbe eseguire un saggio completo.

2. DATI E VALUTAZIONE

La densità delle cellule misurata nelle colture sperimentali e nelle colture di controllo viene tabulata insieme con la concentrazione della sostanza in esame e dei tempi di effettuazione delle misure. Per ciascuna concentrazione della sostanza in esame e i controlli il valore medio della densità delle cellule va graficamente riportato in funzione del tempo (0-72 ) in modo da poter costruire delle curve di crescita.Per determinare la relazione concentrazione/effetto, si ricorre a due metodi descritti qui di seguito. Alcune sostanze possono stimolare la crescita a basse concentrazioni. Devono essere presi in considerazione solamente i dati che indicano un'inibizione compresa tra lo 0 e il 100 %.

2.1. CONFRONTO DELLE AREE SOTTO LE CURVE DI CRESCITA

L'area compresa tra una determinata curva di crescita e la linea orizzontale N = N0 può essere calcolata secondo la formula:

A =N1 N02 × t1 +1 + N2 2N02 × (t2 t1) + . . . +Nn 1 + Nn 2N02× (tn tn 1)in cui

A = area,

N0 = numero di cellule/ml al momento t0 (inizio del saggio),

N1 = numero di cellule/ml determinato a t1,

Nn = numero di cellule/ml determinato al tempo tn,

t1 = tempo di effettuazione della prima misura dopo l'inizio del saggio,

tn = tempo di effettuazione della ennesima misura dopo l'inizio del saggio,

n = numero di misure effettuate dopo l'inizio del saggio.

L'inibizione percentuale della crescita cellulare relativa a ciascuna concentrazione della sostanza in esame (IA) viene calcolata secondo la formula:

IA = Ac AtAc × 100

in cui

Ac = area compresa tra la curva di crescita del controllo e la linea orizzontale N = N0.

At = area compresa tra la curva di crescita alla concentrazione t e la linea orizzontale N = N0.

I valori di IA sono riportati su carta semi-logaritmica o su carta probit semi-logaritmica corrispondentemente alle rispettive concentrazioni. Se vengono tracciati su carta probit, i punti vengono interpolati con una linea retta tracciata a occhio oppure ricavata mediante calcolo di regressione.

La CE50 viene stimata dalla linea di regressione leggendo la concentrazione equivalente al 50 % di inibizione (IA = 50 %). Per identificare in modo univoco questo valore in relazione a questo metodo di calcolo, si propone di usare il simbolo CbE50. È essenziale che la CbE50 sia indicata con il periodo di esposizione pertinente, per esempio CbE50 (0-72h).

2.2. CONFRONTO DEI TASSI DI CRESCITA

Il tasso medio specifico di crescita (ì) per colture in crescita esponenziale può essere calcolato

come

m = ln Nn ln N0tn t0

dove t0 è il tempo all'inizio del saggio.In alternativa, il tasso medio specifico di crescita può essere derivato dal coefficiente angolare della linea di regressione in un grafico ove ln N appare in funzion del tempo.L'inibizione percentuale del tasso specifico di crescita a ciascuna concentrazione della sostanza in esame (Iìt) viene calcolata secondo la formula:

Imt = mc mtmc × 100

in cui

ìc = tasso medio specifico di crescita della coltura di controllo

ìt = tasso medio specifico di crescita per la concentrazione del saggio t

La riduzione percentuale del tasso medio specifico di crescita a ciascuna concentrazione della sostanza in esame calcolata sulla base del confronto con il valore del controllo va graficamente riportata in corrispondenza del logaritmo della concentrazione. La CE50 può essere direttamente ricavata dal grafico che ne risulta. Per indicare in modo univoco la CE50 ottenuta mediante questo metodo si propone di usare il simbolo CrE50. Si deve indicare il tempo di effettuazione della misura, per esempio se il valore riguarda i tempi 0 e 72 ore, il simbolo diventa CrE50 (0-72 h).

Nota: il tasso di crescita specifico è un termine logaritmico, e piccole variazioni del tasso di crescita possono portare a grandi variazioni della biomassa. I valori di CbE e di CrE non possono pertanto essere confrontati numericamente.

2.3. CALCOLO DELLA NOEC

La concentrazione senza effetti osservati è determinata mediante un'adatta procedura statistica per il confronto multicampione (per esempio analisi della varianza e test di Dunnett), utilizzando i valori delle repliche (prese individualmente) appartenenti alle aree che si trovano sotto le curve di crescita A (vedi punto 2.1) oppure i tassi specifico di crescita ì (vedi punto 2.2).

3. RELAZIONE

La relazione sul saggio deve, se possibile, includere le seguenti informazioni:

- sostanze in esame: dati di identificazione chimica;

- organismi sperimentali: origine, coltura di laboratorio, numero del ceppo, metodo di coltura;

- condizioni sperimentali:

- data di inizio e fine del saggio e sua durata,

- temperatura,

- composizione del terreno di coltura,

- apparecchiatura per le colture,

- pH delle soluzioni all'inizio e alla prova del saggio (se si osservano deviazioni del pH superiori a 1,5 unità si devono fornire delle spiegazioni),

- veicolo e metodo usato per solubilizzare la sostanza in esame e concentrazioni del veicolo nelle soluzioni del saggio,

- intensità e qualità dell'illuminazione,

- concentrazioni provate (misurate o nominali);

- risultati:

- densità delle cellule per ciascuna beuta corrispondente ad ogni singola misurazione, e metodo usato per la misura della densità delle cellule,

- valori medi di densità delle cellule,

- curve di crescita,

- rappresentazione grafica della relazione tra concentrazione ed effetto,

- rappresentazione grafica della relazione tra concentrazione ed effetto,

- valori di CE e metodo di calcolo,

- NOEC,

- altri effetti osservati.

4. BIBLIOGRAFIA

(1) OECD, Paris, 1981, Test Guideline 201, Decision of the Council C(81) 30 Final.

(2) Umweltbundesamt, Berlin, 1984, Verfahrensvorschlag «Hemmung der Zellvermehrung bei der Grünalge Scenedesmus subspicatus», in: Rudolph/Boje: Ökotoxikologie, ecomed, Landsberg, 1986.

(3) ISO 8692 - Water quality - Fresh water algal growth inhibition test with Scenedesmus subspicatus and Selenastrum capricornutum.

(4) S. Galassi and M. Vighi - Chemosphere, 1981, vol. 10, 1123-1126.

Appendice 1

Esempio di un procedimento per coltura di alghe

Osservazioni generali

La preparazione di colture sulla base del seguente procedimento ha per scopo di ottenere colture algali per saggi di tossicità.

Si devono usare metodi adatti per assicurare che le colture algali non siano infette da batteri (ISO 4833). Sono desiderabili infatti colture axeniche, e sono essenziali colture unialgali.Tutte le operazioni devono essere eseguite in condizioni sterili allo scopo di evitare una contaminazione con batteri e altre alghe. Le culture contaminate devono essere scartate.

Procedimenti per l'ottenimento di colture algali

Preparazione di soluzioni di nutrienti (terreni di coltura):

Il terreno di coltura può essere preparato diluendo soluzioni di riserva concentrate di elementi nutritivi. Per un terreno solido, si aggiunge lo 0,8 % di agar. Il terreno usato deve essere sterile. La sterilizzazione in autoclave può portare ad una perdita di NH3.

Coltura di riserva:

Le colture di riserva (colture madri) sono piccole colture algali che vengono trasferite con regolarità su terreno di coltura fresco per fungere da materiale di partenza per il saggio. Nel caso in cui le colture non vengano usate con regolarità, esse vanno strisciate su pezzi di agar inclinati entro provette. Questi vengono trasferiti su terreno fresco almeno una volta ogni due mesi.

Le colture di riserva vengono fatte crescere in beute contenenti il terreno appropriato (volume circa 100 ml). Quando le alghe vengono incubate a 20 C con illuminazione continua, è necessario un trasferimento settimanale.

Durante il trasferimento, una certa quantità di coltura «vecchia» viene trasferita con pipette sterili in una beuta di terreno di coltura fresco e la quantità deve essere tale che, nel caso delle specie di crescita veloce, la concentrazione iniziale sia circa 100 volte minore di quella della coltura vecchia.

Il tasso di crescita di una specie può essere determinato dalla curva di crescita. Se questa è nota, è possibile stimare la densità alla quale la coltura deve essere trasferita ad un terreno di coltura nuovo. Ciò deve essere fatto prima che la coltura raggiunga la fase di mortalità.

Precoltura:

La precoltura serve a fornire il quantitativo di alghe adatto per l'inoculo delle colture del saggio. La precoltura viene incubata nelle condizioni del saggio e usata quando è ancora in crescita esponenziale, normalmente dopo un periodo di incubazione di circa 3 giorni. Quando le colture algali contengono cellule deformate o anomale, devono essere scartate.

Appendice 2

Il protocollo «ISO 8692 - Water quality - Fresh water algal growth inhibition test with Scenedesmus subspicatus and Selenastrum capricornutum» riporta i seguenti risultati ottenuti in un saggio interlaboratorio che ha interessato 16 laboratori e nel quale è stato saggiato il dicromato di potassio:

>SPAZIO PER TABELLA>

C.4. BIODEGRADAZIONE

Determinazione della «pronta» (ready) biodegradabilità

PARTE I. CONSIDERAZIONI GENERALI

I.1. INTRODUZIONE

Vengono descritti sei metodi d'analisi che permettono di valutare la pronta biodegradabilità di composti chimici in un mezzo acquoso in condizioni aerobiche:

(a) Carbonio organico disciolto (DOC) - rimozione lenta (Metodo C.4-A)

(b) «Screening» OCSE modificato - rimozione lenta del DOC (Metodo C.4-B)

(c) Sviluppo di biossido di carbonio (CO2) - Saggio di Sturm modificato) (Metodo C.4-C)

(d) Respirometria manometrica (Metodo C.4-D)

(e) Bottiglia chiusa (Metodo C.4-E)

(f) MITI (Ministero del Commercio Internazionale e dell'Industria - Giappone) (Metodo C.4-F)

Nella Parte I del metodo sono date indicazioni di carattere generale nonchè considerazioni comuni per tutti sei i saggi. Gli aspetti specifici dei metodi sono presentati nelle parti da II a VII. Gli allegati contengono definizioni, formul e materiale operativo.

Un saggio di confronto interlaboratori OCSE, effettuato nel 1988, ha mostrato che i metodi forniscono dei risultati coerenti. Tuttavia, secondo le caratteristiche fisiche della sostanza da saggiare, si può preferire l'uno o l'altro metodo.

I.2. SCELTA DEL METODO PIÙ APPROPRIATO

Allo scopo di scegliere il metodo più appropriato, è essenziale disporre di informazioni sulla solubilità, sulla tensione di vapore e sulle caratteristiche di adsorbimento del composto chimico. Dovrebbe essere nota la struttura chimica o la formula bruta per calcolare i valori teorici e/o per controllare i valori dei parametri significativi, per esempio ThOD, ThCO2, DOC, TOD, COD, misurati (si vedano gli allegati I e II).

I composti chimici da esaminare che sono solubili in acqua, ad una concentrazione di almeno 100 mg/l, possono essere valutati con tutti i metodi, a condizione che non siano volatili e non diano luogo a fenomeni di adsorbimento. In tabella n.1 vengono riportati metodi idonei per quei composti chimici, volatili o adsorbibili, scarsamente solubili in acqua. Nell'allegato III è descritto come si possono trattare i composti chimici scarsamente solubili in acqua e quelli volatili. Composti chimici moderatamente volatili possono essere controllati mediante il metodo di rimozione lenta del DOC se nei contenitori di prova si dispone di uno spazio gassoso sufficiente (che dovrebbe opportunamente tappato). In questo caso, è necessario eseguire anche un controllo abiotico per tener conto di eventuali perdite per fenomeni fisici.

>SPAZIO PER TABELLA>

Per interpretare i risultati ottenuti, in particolare quando i valori di biodegradabilità sono bassi o marginali, è necessario acquisire ulteriori informazioni riguardo alla purezza e alle proporzioni relative dei componenti principali del materiale da saggiare.Informazioni sulla tossicità del composto chimico da saggiare, nei confronti dei batteri (vedi allegato IV), possono essere molto utili per una scelta mirata della concentrazione da sottoporre a saggio e per una corretta interpretazione dei bassi valori di biodegradazione.

I.3. SOSTANZE DI RIFERIMENTO

PER LA CONTINUAZIONE DEL TESTO VEDI SOTTO NUMERO: 392L0069.5

Allo scopo di verificare la procedura, si controllano prodotti chimici di riferimento che rispettano i criteri di pronta biodegradabilità installando un pallone apportuno in parallelo come parte delle normali prove sperimentali.

Composti chimici adatti sono anilina (distillata di fresco), acetato di sodio e benzoato di sodio. Questi prodotti chimici di riferimento si degradano tutti in questi metodi anche quando non si aggiunga deliberatamente inoculo.

È stato suggerito che si dovrebbe cercare un prodotto chimico di riferimento che sia facilmente biodegradabile, ma che richieda l'aggiunta di un inoculo, anche nel saggio della bottiglia chiusa. È stato proposto l'idrogenoftalato di potassio, ma mancano le prove per accettare questa sostanza come sostanza di riferimento.

Nei saggi respirometrici, i composti contenenti azoto possono influire sull'assorbimento di ossigeno a causa della nitrificazione (si vedano gli allegati II e V).

I.4. PRINCIPIO DEI METODI DI SAGGIO

Una soluzione, o sospensione, della sostanza in esame in un mezzo minerale viene inoculata e incubata in condizioni aerobiche al buio o a luce diffusa. La quantità di DOC introdotta nella soluzione con l'inoculo dovrebbe essere quanto più bassa possibile in paragone alla quantità di DOC dovuta alla sostanza in esame.

Per valutare l'attività endogena dell'inoculo, si eseguono, in parallelo, dei saggi in bianco con l'inoculo ma senza sostanze in esame, in quanto l'attività endogena delle cellule, in presenza della sostanza, non si concilia esattamente con quella del controllo. Un saggio con una sostanza di riferimento viene eseguito in parallelo per valutare l'efficacia della procedura.In generale, la degradazione viene seguita mediante la determinazione di parametri significativi, come DOC, produzione di CO2 e consumo dell'ossigeno. Le misure vengono effettuate ad intervalli sufficientemente frequenti per permettere l'identificazione della biodegradazione dall'inizio alla fine. Con respirometri automatici, la misurazione è continua. Il DOC viene misurato in aggiunta ad un altro parametro, di solito all'inizio e al termine della prova. Si può anche utilizzare un'analisi chimica specifica per valutare la degradazione primaria della sostanza in esame e per determinare la concentrazione delle eventuali sostanze intermedie formate (questa analisi è obbligatoria nel saggio MITI).

Normalmente la prova dura 28 giorni. Tuttavia è possibile terminare il saggio prima dei 28 giorni, per esempio appena la curva della degradazione iologica ha raggiunto un livello stazionario per almeno tre determinazioni. Le prove possono anche essere prolungate oltre i 28 giorni quando la curva mostra che la biodegradazione è iniziata ma che non si è ancora raggiunto lo stato stazionario al 28 giorno.

I.5. CRITERIO DI QUALITÀ

I.5.1. Riproducibilità

A causa della natura della biodegradazione e delle popolazioni batteriche miste usate come inoculi, le determinazioni devono essere eseguite almeno in doppio.È esperienza comune che quanto più grande è la concentrazione di microorganismi aggiunti inizialmente al mezzo colturale, tanto minori saranno le variazioni tra le repliche. Prove di intercalibrazione tra laboratori hanno mostrato che vi possono essere grandi variazioni tra i risultati ottenuti da differenti laboratori, ma normalmente si ottiene un buon accordo con composti chimici di riferimento facilmente biodegradabili.

I.5.2. Validità del saggio

Il saggio viene considerato valido se la differenza tra i valori estremi delle prove in multiplo di rimozione del composto chimico in esame al «plateau», alla fine del saggio o alla fine della fase di crescita (time window) di 10 giorni, è minore del 20 % e se la degradazione percentuale della sostanza di riferimento ha raggiunto il livello corrispondente alla «pronta» biodegradabilità in 14 giorni. Se non si verifica una di queste condizioni, la prova deve venire ripetuta. Data la rigorosità dei metodi, bassi valori non significano necessariamente che la sostanza in esame non sia biodegradabile nell'ambiente, ma che sarà necessario ulteriore lavoro per definire la biodegradabilità.

Se in un saggio di tossicità, contenente sia la sostanza in esame che un composto chimico di riferimento, in 14 giorni si verifica una degradazione inferiore al 35 % (in base al DOC) o minore del 25 % (in base a ThOD o ThCO2), si deve supporre che i composti chimici in esame siano inibitori (si veda anche l'allegato IV). Le prove dovrebbero essere ripetute, possibilmente con l'uso di una concentrazione minore di sostanza chimica in esame e/o una concentrazione più elevata di inoculo, ma non superiore a 30 mg per litro di solido.

I.6. PROCEDURE GENERALI E PREPARAZIONI

Le condizioni generali che valgono per le prove sono riassunte in Tabella 2. Le apparecchiature e le altre condizioni sperimentali valide per un particolare tipo di saggio sono descritte più avanti al paragrafo «saggio specifico».

>SPAZIO PER TABELLA>

I.6.1. Acqua di diluizione

L'acqua deionizzata o distillata, esente da concentrazioni inibitrici di sostanze tossiche (per esempio ioni Cu++), è usata come solvente. Essa deve contenere non oltre il 10 % del carbonio organico introdotto mediante il materiale in esame. L'elevata purezza dell'acqua per il saggio è necessaria per eliminare valori di bianco elevati. La contaminazione può essere dovuta a impurezze intrinseche, all'impiego di resine a scambio ionico o a materiale lisato proveniente da batteri e alghe. Per ciascuna serie di saggi usare una sola partita d'acqua, controllata preventivamente mediante analisi DOC. Detto controllo non è necessario per il saggio della bottiglia chiusa, perchè il consumo di ossigeno da parte dei microorganismi dell'acqua sia basso.

I.6.2. Soluzioni «stock» dei sali minerali

Per preparare le soluzioni per il saggio, devono essere preventivamente preparate delle soluzioni «stock» di appropriata concentrazione dei sali minerali. Possono essere usate le seguenti soluzioni «stock» (con differenti fattori di diluizione) per i metodi: rimozione lenta DOC, screening OCSE modificato, sviluppo di CO2, respirometria manometrica, saggio della bottiglia chiusa.I fattori di diluizione e, per il saggio MITI, la preparazione specifica del mezzo minerale sono indicati nei saggi specifici.

Soluzioni «stock»:

Preparare le seguenti soluzioni «stock» utilizzando reagenti puri per analisi.

(a) Diidrogenoortofosfato monopotassico, KH2PO4 8,50 g

Monoidrogenoortofosfato dipotassico, K2HPO4 21,75 g

Monoidrogenoortofosfato disodico diidratoNa2HPO4. 2 H2O 33,40 g

Cloruro d'ammonio, NH4Cl 0,50 g

Sciogliere in acqua e portare a 1 litroIl pH della soluzione deve essere 7,4

(b) Cloruro di calcio anidro, CaCl2 27,50 g o cloruro di calcio diidrato, CaCl2. 2 H2O 36,40 g

Sciogliere in acqua e portare a 1 litro

(c) Solfato di magnesio eptaidrato, MgSO4. 7 H2O22,50 g

Sciogliere in acqua e portare a 1 litro

(d) Cloruro di ferro (III) esaidrato, FeCl3. 6 H2O 0,25 g

Sciogliere in acqua e portare a 1 litro.

Nota: allo scopo di evitare di dover preparare questa soluzione immediatamente prima dell'uso, aggiungere una goccia di HCl concentrato o 0,4 g di acido etilendiamminotetra-acetico sale disodico (EDTA) per litro.

I.6.3. Soluzioni «stock» di composti chimici

Per esempio, sciogliere da 1 a 10 g, a seconda della sostanza chimica da saggiare o di riferimento in acqua deionizzata e portare a 1 litro quando la solubilità sia superiore a 1 g/l. Altrimenti, preparare soluzioni «stock» del mezzo minerale, oppure aggiungere la sostanza chimica direttamente al mezzo minerale. Per la solubilizzazione di composti chimici poco solubili, si veda l'allegato III, ma nel saggio MITI (Metodo C.4-F), non si devono usare nè solventi nè emulsionanti.

I.6.4. Inoculi

L'inoculo può essere ottenuto da varie fonti: fango attivo, acque di scarico (non clorate), acque superficiali e terreni, oppure da una miscela di questi. Per i saggi di rimozione lenta del DOC, sviluppo di CO2 e respirometria manometrica, se si usa fango attivo esso dovrebbe essere prelevato da un impianto di trattamento o da una unità su scala di laboratorio che riceva principalmente scarichi domestici. Si è visto che gli inoculi provenienti da altre fonti danno luogo ad una dispersione maggiore dei risultati. Per lo screening OCSE modificato e per il saggio della bottiglia chiusa occorre un inoculo più diluito senza fiocchi di fango; la fonte preferita è un effluente secondario di un impianto di rattamento delle acque di rifiuto domestiche o una rispettiva unità su scala di laboratorio. Per il saggio MITI l'inoculo viene ricavato da una miscela di fanghi di diversa provenienza ed è descritto nel paragrafo di questo saggio specifico.

I.6.4.1. Inoculo da fanghi attivi

Raccogliere un campione di fango attivo fresco dal serbatoio di aereazione di un impianto di trattamento o da una unità pilota di laboratorio per il trattamento delle acque di scarico che tratti prevalentemente acque di origine domestica. Rimuovere, se necessario, le particelle grossolane mediante filtrazione attraverso un setaccio fine, e quindi mantenere il fango in condizioni aerobiche.

In alternativa, decantare o centrifugare (per esempio a 1 100 g per 10 minuti) dopo la rimozione di eventuali particelle grossolane. Scartare il surnatante. Il fango può essere lavato nel mezzo minerale. Sospendere il fango concentrato in mezzo minerale per ottenere una concentrazione di 3-5 g di solidi sospesi/l e aereare fino a quando è necessario.Il fango dovrebbe essere prelevato da un impianto convenzionale ben funzionante. Se il fango è stato preso da un impianto ad alta potenzialità o si ritiene contenga inibitori dovrebbe essere lavato. Decantare o centrifugare il fango risospeso dopo accurata miscelazione, scartare il surnatante e risospendere il fango lavato in un volume ulteriore di terreno minerale. Ripetere questa procedura fino a quando il fango può essere considerato esente da eccesso di substrato e da inibitori.

Dopo avere ottenuto la completa risospensione, con fango non trattato, prelevare un'aliquota prima dell'uso per la determinazione del peso secco dei solidi sospensi.Un'ulteriore alternativa è quella di omogeneizzare il fango attivo (3-5 g di solidi sospesi/l). Trattare il fango in un miscelatore meccanico per due minuti a velocità media. Decantare il fango miscelato per 30 minuti, o più a lungo se necessario, e utilizzare il liquido sovrastante per l'uso come inoculo nel rapporto di 10 ml/l nel mezzo minerale.

I.6.4.2. Altre fonti di inoculo

Esso può essere ottenuto da un effluente secondario di un impianto di trattamento o da una unità pilota di laboratorio che riceve prevalentemente scarichi domestici. Raccogliere un campione fresco e mantenerlo in condizioni aerobiche durante il trasporto. Lasciare decantare per 1 ora o filtrare con carta da filtro grossolana e mantenere l'effluente decantato o il filtrato in condizioni aerobiche fino a quando è necessario. Si possono usare fino a 100 ml di questo tipo di inoculo per litro di mezzo minerale.

Una fonte alternativa per l'inoculo è l'acqua superficiale. In questo caso, raccogliere un'idonea quantità di campione acqua superficiale, per esempio acqua di fiume, di lago, e mantenerla in condizioni aerobiche fino a quando è necessario. Se è il caso, concentrare l'inoculo mediante filtrazione o centrifugazione.

I.6.5. Precondizionamento degli inoculi

Gli inoculi possono essere precondizionati alle condizioni sperimentali, ma non preadattati al composto chimico in esame. Il precondizionamento consiste nell'aereare fango attivo nel mezzo minerale o effluente secondario per 5-7 giorni alla temperatura di prova. Il precondizionamento migliora tavolta la precisione dei metodi sperimentali riducendo i valori del bianco. Si ritiene non necessario precondizionare l'inoculo nel metodo MITI.

I.6.6. Controlli abiotici

Quando è necessario, controllare la possibile degradazione abiotica della sostanza in esame determinando la rimozione di DOC, l'assorbimento di ossigeno o lo sviluppo di biossido di carbonio in controlli sterili che non contengono inoculo. La sterilizzazione può essere fatta mediante filtrazione attraverso una membrana (0,2-0,45 micrometri), mediante l'aggiunta di una sostanza tossica di idonea concentrazione. Se viene usata una membrana filtrante, relevare i campioni in modo asettico per mantenerli sterili. A meno che l'adsorbimento della sostanza chimica saggiata non sia risultato precedentemente assente, i saggi che misurano la biodegradazione come rimozione del DOC (carbonio organico disciolto), specialmente con inoculi a fanghi attivi, dovrebbero includere un controllo abiotico con inoculo tossico.

I.6.7. Numero di contenitori usati in un saggio tipo

Il numero di contenitori usati in una prova tipo è descritto nei rispettivi metodi di ciascun saggio.

Possono essere usati i seguenti tipi di contenitori: sospensione:contenente la sostanza per il saggio e l'inoculobianco:contenente solo l'inoculo controllo:contenente la sostanza di riferimento e l'inoculocontrollo abiotico sterile:contenente la sostanza per il saggio sterile (vedi I.6.6.)controllo dell'adsorbimento:contenente la sostanza per il saggio, l'inoculo e l'agente sterilizzantecontrollo della tossicità:contenente la sostanza per il saggio, la sostanza di riferimento e l'inoculo

Le determinazioni nella sospensione in esame e nel bianco dovrebbero essere fatti in parallelo. È consigliabile effettuare le determinazioni in parallelo negli altri contenitori al meglio.Tuttavia ciò non sempre è possibile. Assicurarsi che vengano prelevati un numero sufficiente di campioni o vengano effettuate un numero sufficiente di letture per permettere di valutare la rimozione percentuale nell'arco di 10 giorni.

I.7. DATI E VALUTAZIONE

Nel calcolo della degradazione percentuale (Dt), si utilizzano i valori medi delle misure in doppio del parametro significativo nei recipienti di prova e nel bianco dell'inoculo. Le formule sono rappresentate nei paragrafi relativi ai saggi specifici. L'andamento della degradazione viene illustrato graficamente e con l'indicazione della fase di crescita (time window) di 10 giorni. Calcolare e riportare la rimozione percentuale ottenuta al termine della fase di crescita (time window) di 10 giorni e il valore raggiunto nella fase di stabilizzazione o al termine della prova, a seconda dei casi.

Nelle prove respirometriche, i composti che contengono azoto possono influire sul consumo di ossigeno a causa della nitrificazione (si vedano gli allegati II e V).

I.7.1. Misura della degradazione mediante determinazione del DOC

La percentuale di degradazione nel tempo (Dt) dovrebbe essere calcolata separatamente nei recipienti contenenti la sostanza da esaminare usando i valori medi della misura in doppio del DOC perché il saggio possa avere significato. Ciò può essere calcolato usando la seguente equazione:

Dt = (1 Ct Cbt Co Cbo) × 100

dove:

Dt = degradazione % al tempo t,

Co = concentrazione iniziale media di DOC nel mezzo di coltura inoculato contenente la sostanza in esame (mg DOC/l),

Ct = concentrazione media di DOC nel mezzo di coltura inoculato contenente la sostanza in esame al tempo t (mg DOC/l),

Cbo = concentrazione media iniziale di DOC nel bianco del mezzo minerale inoculato (mg DOC/l),

Cbt = concentrazione media di DOC nel bianco del mezzo minerale inoculato al tempo t (mg DOC/l).Tutte le concentrazioni sono misurate sperimentalmente.

I.7.2. Misura della degradazione mediante analisi specifica

Quando sono disponibili dati analitici specifici, calcolare la degradazione biologica primaria dalla relazione:

Dt = Sb SaSb × 100

Dt = degradazione % al tempo t, normalmente 28 giorni,

Sa = quantità residua di sostanza in esame nel terreno inoculato al termine della prova (mg),

Sb = quantità residua di sostanza in esame nella prova in bianco con acqua/mezzo minerale a cui è stata aggiunta solo la sostanza in esame (mg).

I.7.3. Degradazione abiotica

Se è usato un controllo abiotico sterile, calcolare la percentuale di degradazione abiotica usando:

% di degradazione abiotica = Cs(o) Cs(t)Cs(o) × 100

dove

Cs(o) = concentrazione del DOC nel controllo sterile al giorno 0,

Cs(t) = concentrazione del DOC nel controllo sterile al giorno t.

I.8. RELAZIONE

La relazione del saggio deve, se possibile, contenere le seguenti informazioni:

- sostanze chimiche sperimentali di riferimento, e loro purezza;

- condizioni del saggio;

- inoculo: natura e località del campionamento, concentrazione ed eventuale trattamento di precondizionamento;

- proporzione e natura degli effluenti industriali presenti nelle acque di scarico, se note;

- tempi di conduzione del saggio e temperatura;

- nel caso di sostanze chimiche scarsamente solubili, il tipo di trattamento adottato;

- metodo di saggio applicato; dovrebbero essere fornite ragioni scientifiche e una spiegazione per eventuali modifiche alla procedura;

- registrazione dei dati;

- dovrebbero essere indicati eventuali fenomeni di inibizione osservati;

- eventuale degradazione abiotica osservata;

- dati analitici chimici specifici, se disponibili;

- dati analitici sugli intermedi, se disponibili;

- grafico della degradazione percentuale in funzione del tempo per le sostanze in esame e per quelle di riferimento; la fase di latenza, la fase di degradazione, la fase di crescita (time window) di 10 giorni e la pendenza devono essere indicate chiaramente (allegato I). Se il saggio ha rispettato il criterio di validità, per il grafico può essere usata la media della percentuale di degradazione dei recipienti contenenti la sostanza da esaminare;

- la rimozione percentuale dopo la fase di crescita (time window) di 10 giorni, nonché la stabilizzazione o il termine della prova.

PARTE II. SAGGIO DI RIMOZIONE LENTA DEL DOC (Metodo C.4-A)

II.1. PRINCIPIO DEL METODO

Un volume misurato del mezzo minerale inoculato, contenente una concentrazione nota della sostanza in esame (10-40 mg DOC/l) come unica fonte nominale di carbonio organico, viene aereato al buio o in luce diffusa a 22 ± 2 C.La degradazione viene seguita mediante analisi del DOC a intervalli regolari in un arco di tempo di oltre 28 giorni. Il grado di biodegradazione viene calcolato esprimendo la concentrazione di DOC rimossa (corretta del bianco di controllo dell'inoculo) in percento di concentrazione presente inizialmente. Il grado di degradazione biologica primaria può anche essere calcolato da una analisi chimica supplementare effettuata all'inizio e al termine dell'incubazione.

II.2. DESCRIZIONE DEL METODO

II.2.1. Apparecchiatura

a) Beute, per esempio, da 250 ml a 2 litri, secondo il volume necessario per l'analisi DOC;

b) tavola di agitazione - in grado di accogliere le beute, con controllo automatico della temperatura oppure disposta in un ambiente a temperatura costante - e di potenza tale da mantenere le condizioni aerobiche in tutte le beute;

c) apparecchio di filtrazione con membrane adatte;

d) analizzatore di DOC;

e) apparecchio per determinare l'ossigeno disciolto;

f) centrifuga.

II.2.2. Preparazione del mezzo minerale

Per la preparazione delle soluzioni concentrate vedi I.6.2.

Miscelare 10 ml di soluzione (a) con 800 ml di acqua di diluizione, aggiungere 1 ml di soluzioni da (b) a (d) e portare a 1 litro con acqua di diluizione.

II.2.3. Preparazione e precondizionamento dell'inoculo

L'inoculo può essere ottenuto da varie fonti: fango attivo, acque di scarico, acque superficiali e terreni, oppure da una miscela di questi.

Vedi I.6.4., I.6.4.1., I.6.4.2. e I.6.5.

II.2.4. Preparazione delle beute

Introdurre, per esempio, porzioni da 800 ml di mezzo minerale in beute da 2 litri e aggiungere volumi sufficienti di soluzioni concentrate delle sostanze in esame e di riferimento a beute separate in modo da ottenere una concentrazione di sostanza chimica equivalente a 10-40 mg DOC/l.

Controllare il valore del pH e correggerlo, se necessario, a pH = 7,4. Inoculare i palloni con fango attivo o altra fonte di inoculo (vedi I.6.4.), in modo da ottenere una concentrazione finale non superiore a 30 mg di solidi sospesi/l. Preparare inoltre controlli di inoculo in mezzo minerale senza il composto chimico in esame nè quello di riferimento.Se necessario, usare un recipiente per controllare il possibile effetto inibitore della sostanza chimica in esame inoculando una soluzione contenente, nel mezzo minerale, concentrazioni confrontabili della sostanza chimica in esame e di quella di riferimento.

Inoltre, se richiesto, preparare un'ulteriore beuta sterile per controllare se la sostanza chimica in esame venga degradata abioticamente utilizzando una soluzione non inoculata della sostanza chimica (vedi 1.6,6.).

In aggiunta, se si sospetta che la sostanza chimica in esame sia adsorbita in modo significativo sul vetro, sul fango etc., effettuare una valutazione preliminare per determinare il grado probabile di adsorbimento e quindi l'idoneità del saggio per il composto chimico (vedi Tabella 1).

Preparazione di un recipiente contenente la sostanza da esaminare, l'inoculo e l'agente sterilizzante.

Portare i volumi in tutte le beute a 1 l con mezz minerale, e, dopo miscelazione, prelevare un campione da ciascuna beuta per determinare la concentrazione iniziale di DOC (vedi allegato II.4). Coprire le aperture delle beute, per esempio, con un foglio di alluminio, in modo da permettere uno scambio libero di aria tra la beuta e l'atmosfera circostante. Inserire poi i contenitori nella tavola di agitazione e avviare il saggio.

II.2.5. Numero di contenitori usati in un saggio tipo

Recipiente 1 e 2: sospensione

Recipiente 3 e 4: bianco con inoculo

Recipiente 5: controllopreferibilmente se è necessario:

Recipiente 6: controllo abiotico sterile

Recipiente 7: controllo per l'adsorbimento

Recipiente 8: controllo per la tossicità

Vedi I.6.7.

II.2.6. Esecuzione del saggio

Durante l'esecuzione del saggio, determinare la oncentrazione di DOC in ciascuna beuta, in doppio, a intervalli di tempo noti, in modo sufficientemente regolare per poter determinare il momento di inizio della fase di crescita (time window) di 10 giorni e la rimozione percentuale al termine della fase di crescita (time window) di 10 giorni. Prelevare solo il volume minimo necessario di sospensione di prova per ciascuna determinazione.Prima del campionamento, compensare le perdite per evaporazione dalle beute mediante l'aggiunta di acqua di diluizione (I.6.1) nella quantità richiesta, se necessario. Miscelare il mezzo di coltura accuratamente prima di prelevare un campione e assicurarsi che il materiale eventualmente aderente alle pareti dei recipienti sia disciolto o sospeso prima del campionamento. Filtrare su membrana o centrifugare (vedi allegato II.4) immediatamente dopo aver prelevato il campione. Analizzare i campioni filtrati e centrifugati lo stesso giorno, altrimenti conservarli a 2-4 C per un massimo di 48 ore o al di sotto di 18 C per un periodo più lungo.

II.3. DATI E RELAZIONE

II.3.1. Modalità di esposizione dei risultati

Calcolare la degradazione percentuale al tempo t come indicato al punto I.7.1. (determinazione del DOC) e (analisi specifica) punto I.7.2. facoltativa.

Trascrivere tutti i risultati su moduli predisposti.

II.3.2. Validità dei risultati

Vedi I.5.2.

II.3.3. RELAZIONE

Vedi I.8.

II.4. MODULARIO

Nel seguito è presentato un esempio di modulo predisposto.SAGGIO DI RIMOZIONE LENTA DEL DOC

1. LABORATORIO

2. DATA DI INIZIO DEL SAGGIO

3. SOSTANZA CHIMICA IN ESAME

Nome: ...

Concentrazione della soluzione stock: ... mg/l come sostanza

Concentrazione iniziale nel mezzo, to: ... mg/l come sostanza

4. INOCULO

Fonte: ...

Trattamento applicato: ...

Eventuale precondizionamento: ...

Concentrazione dei solidi sospesi nella miscela di reazione: ... mg/l

5. DETERMINAZIONI DEL CARBONIO

Analizzatore di carbonio: ...

>SPAZIO PER TABELLA>6. VALUTAZIONE DEI DATI GREZZI

>SPAZIO PER TABELLA>(*) D1 e D2 non dovrebbero essere mediati se c'è notevole differenza tra loro.

Nota: formule simili possono essere usate per i controlli della sostanza chimica di riferimento e di tossicità.

7. CONTROLLO ABIOTICO (facoltativo)

>SPAZIO PER TABELLA>

% di degradazione abiotica = Cs(o) Cs(t)Cs(o) × 100

8. ANALISI SPECIFICA DEL COMPOSTO CHIMICO (facoltativa)

>SPAZIO PER TABELLA>

PARTE III. SAGGIO DI SCREENING OCSE MODIFICATO (Metodo C.4-B)

III.1. PRINCIPIO DEL METODO

Un volume noto di mezzo minerale contenente una concentrazione nota della sostanza in esame (10-40 mg DOC/l) come unica fonte nominale di carbonio organico viene inoculato con 0,5 ml di effluente per litro di mezzo minerale. La miscela viene aerata al buio o in luce diffusa a 22 ± 2 C.La degradazione viene seguita mediante analisi del DOC a intervalli regolari in un arco di tempo di 28 giorni. Il grado di biodegradazione viene calcolato esprimendo la concentrazione di DOC rimossa (corretta del bianco di controllo dell'inoculo) in percento della concentrazione presente inizialmente. Il grado di degradazione biologica primaria può anche essere calcolato mediante analisi chimica supplementare effettuata all'inizio e al termine dell'incubazione.

III.2. DESCRIZIONE DEL METODO

III.2.1. Apparecchiatura

a) Beute, per esempio da 250 ml a 2 litri, secondo il volume necessario per l'analisi del DOC;b) tavola di agitazione - in grado di accogliere le beute, con controllo automatico della temperatura oppure disposta in un ambiente a temperatura costante - e di potenza sufficiente a mantenere le condizioni aerobiche in tutte le beute;

c) apparecchio di filtrazione con membrane adatte;

d) analizzatore di DOC;

e) apparecchio per determinare l'ossigeno disciolto;

f) centrifuga.

III.2.2. Preparazione del mezzo minerale

Per la preparzione delle soluzioni concentrate vedi I.6.2.Miscelare 10 ml di soluzione (a) con 800 ml di acqua di diluizione, aggiungere 1 ml di soluzioni da (b) a (d) e portare a 1 litro con acqua di diluizione.

In questo metodo si utilizzano solo 0,5 ml di effluente/litro come inoculo e pertanto può essere necessario integrare il terreno con oligoelementi e fattori di crescita aggiungendo 1 ml per ciascuna delle seguenti soluzioni per litro di terreno finale.

Soluzione di oligoelementi:

Solfato di manganese tetraidrato, MnSO4. 4H2O 39,9 mg

Acido borico, H3BO3 57,2 mg

Solfato di zinco eptaidrato, ZnSO4. 7H2O 42,8 mg

Eptamolibdato d'ammonio, (NH4)6 Mo7O24 34,7 mg

Chelato di Fe (FeCl3 acido etilendiammino-tetraacetico) 100,0 mg

Sciogliere in un matraccio e portare a 1 000 ml con acqua di diluizione.

Soluzione di vitamine:

Estratto di lievito 15,0 mg

Sciogliere l'estratto di lievito in 100 ml di acqua e sterilizzare attraverso una membrana da 0,2 micron, preparare la soluzione al momento dell'uso.

III.2.3. Preparazione e precondizionamento dell'inoculo

L'inoculo è ottenuto da un effluente secondario di un impianto di trattamento o da un'unità pilota di laboratorio alimentata prevalentemente da scarichi domestici. È usato in ragione di 0,5 ml/l di mezzo minerale. Vedi I.6.4.2. e I.6.5.

III.2.4. Preparazione dei contenitori

Introdurre, per esempio, porzioni da 800 ml di mezzo minerale in beute da 2 litri e aggiungere volumi sufficienti di soluzioni stock delle sostanze in esame e di riferimento a beute separate in modo da ottenere una concentrazione di sostanza chimica equivalente a 10-40 mg DOC/l. Controllare il valore del pH e correggerlo, se necessario, a pH = 7,4. Inoculare le beute con effluente di acque di scarico (0,5 ml/litro) (vedi I.6.4.2.). Preparare inoltre controlli dell'inoculo nel mezzo minerale senza le sostanze chimiche in esame e di riferimento.Se necessario, usare un recipiente per controllare il possibile effetto inibitore della sostanza chimica in esame inoculando una soluzione contenente, nel mezzo minerale, concentrazioni confrontabili della sostanza chimica in esame e di quella di riferimento.Inoltre, se richiesto, preparare un'ulteriore beuta sterile per controllare se la sostanza chimica in esame venga degradata abioticamente utilizzando una soluzione non inoculata della sostanza chimica (vedi I.6.6.).

In aggiunta, se si sospetta che la sostanza chimica in esame sia adsorbita in modo significativo sul vetro, sul fango ecc, effettuare una valutazione preliminare per determinare il grado probabile di adsorbimento e quindi l'idoneità del saggio per il composto chimico (vedi Tabella 1).

Preparazione di un recipiente contenente la sostanza da esaminare, l'inoculo e l'agente sterilizzante.

Portare i volumi in tutte le beute a 1 l con mezzo minerale, e, dopo miscelazione, prelevare un campione da ciascuna beuta per determinare la concentrazione iniziale di DOC (vedi allegato II.4). Coprire le aperture delle beute, per esempio con un foglio di alluminio, in modo da permettere uno scambio libero di aria tra la beuta e l'atmosfera circostante. Inserire poi i recipienti nella tavola di agitazione e avviare il saggio.

III.2.5. Numero di contenitori usati in una prova tipo

Recipiente 1 e 2: sospensione

Recipiente 3 e 4: bianco con inoculo

Recipiente 5: controllo preferibilmente se è necessario:

Recipiente 6: controllo abiotico sterile

Recipiente 7: controllo per l'adsorbimento

Recipiente 8: controllo per la tossicità

Vedi I.6.7.

III.2.6 Esecuzione del saggio

Durante l'esecuzione del saggio, determinare la concentrazione di DOC in ciascuna beuta, in doppio, a intervalli di tempo noti, in modo sufficientemente regolare per poter determinare il momento di inizio della fase di crescita (time window) di 10 giorni e la rimozione percentuale al termine della fase di crescita (time window) di 10 giorni. Prelevare solo il volume minimo necessario di sospensione di prova per ciascuna determinazione.Prima del campionamento, compensare le perdite per evaporazione dalle beute mediante l'aggiunta di acqua di diluizione (I.6.1), se necessario, nella quantità richiesta. Miscelare il mezzo di coltura accuratamente prima di prelevare un campione e assicurarsi che il materiale eventualmente aderente alle pareti dei recipienti sia disciolto o sospeso prima de campionamento. Filtrare su membrana o centrifugare (vedi allegato II.4) immediatamente dopo aver prelevato il campione. Analizzare i campioni filtrati e centrifugati lo stesso giorno, altrimenti conservarli a 2-4 C per un massimo di 48 ore o al di sotto di 18 C per un periodo più lungo.

III.3. DATI E RELAZIONE

III.3.1. Trattamento dei risultati

Calcolare la degradazione percentuale al tempo t come indicato al punto I.7.1. (determinazione del DOC) e, facoltativamente, al punto I.7.2. (analisi specifica).

Trascrivere tutti i risultati su moduli predisposti.

III.3.2. Validità dei risultati

Vedi I.5.2.

III.3.3. RELAZIONE

Vedi I.8.

III.4. MODULARIO

Nel seguito è presentato un esempio di modulo.

SAGGIO DI RIMOZIONE LENTA DEL DOC SCREENING OCSE MODIFICATO

1. LABORATORIO

2. DATA DI INIZIO DEL SAGGIO

3. SOSTANZA IN ESAME

Nome: ...

Concentrazione della soluzione stock: ... mg/l come sostanza

Concentrazione iniziale nel mezzo, to: ... mg/l come sostanza

4. INOCULO

Fonte: ...

Trattamento applicato: ...

Eventuale precondizionamento: ...

Concentrazione dei solidi sospesi nella miscela di reazione: ... mg/l

5. DETERMINAZIONI DEL CARBONIO

Analizzatore di carbonio: ...

>SPAZIO PER TABELLA>

6. VALUTAZIONE DEI DATI GREZZI

>SPAZIO PER TABELLA>(

*) D1 e D2 non dovrebbero essere mediati se c'è notevole differenza tra loro.

Nota: formule simili possono essere usate per i controlli della sostanza chimica di riferimento e di tossicità.

7. CONTROLLO ABIOTICO (facoltativo)

>SPAZIO PER TABELLA>

% di degradazione abiotica = Cs(o) Cs(t)Cs(o) × 100

8. ANALISI SPECIFICA DEL COMPOSTO CHIMICO (facoltativa)

>SPAZIO PER TABELLA>

PARTE IV. SAGGIO DI SVILUPPO DEL CO2 (Metodo C.4-C)

IV.1. PRINCIPIO DEL METODO

Un volume misurato di mezzo minerale inoculato contenente una concentrazione nota della sostanza chimica in esame (10-20 mg DOC o TOC/l) come unica fonte nominale di carbonio organico, viene aerato mediante il passaggio di aria esente da biossido di carbonio ad una portata controllata, al buio o a luce diffusa. La degradazione viene seguita per 28 giorni determinando il biossido di carbonio prodotto, che viene assorbito su idrossido di bario o di sodio e che viene misurato per titolazione dell'idrossido di bario residuo o come carbonio norganico. La quantità di biossido di carbonio prodotta dalla sostanza chimica in esame (corretta, per tener conto di quella derivante dal bianco dell'inoculo) viene espressa come percentuale di ThCO2. Il grado di degradazione biologica può anche essere calcolato da un'analisi DOC supplementare effettuata all'inizio e al termine dell'incubazione.

IV.2. DESCRIZIONE DEL METODO

IV.2.1. Apparecchiatura

a) Palloni, 2-5 litri, dotati ciascuno di un tubo di aerazione che giunge quasi al fondo del recipiente e di una uscita;

b) agitatori magnetici quando la valutazione viene effettuata su sostanze chimiche scarsamente solubili;

c) bottiglie per l'assorbimento di gas;

d) dispositivo per controllare e misurare il flusso d'aria;

e) apparecchio per la rimozione del biossido di carbonio per la preparazione d'aria esente da biossido di carbonio; in alternativa, una miscela di ossigeno esente da CO2 e azoto esente da CO2 prelevata da bombole di gas nelle proporzioni corrette (20 % O2:80 % N2);

f) dispositivo per la determinazione del biossido di carbonio, o per titolazione o mediante qualche tipo di analizzatore del carbonio inorganico;

g) dispositivo di filtrazione su membrana (facoltativo);

h) analizzatore del DOC (facoltativo).

IV.2.2. Preparazione del mezzo minerale

Per la preparazione delle soluzioni concentrate vedi I.6.2.

Miscelare 10 ml di soluzione (a) con 800 ml di acqua di diluizione, aggiungere 1 ml di soluzioni da (b) a (d) e portare a 1 litro con acqua di diluizione.IV.2.3. Preparazione e precondizionamento dell'ioculo

L'inoculo può essere ottenuto da varie fonti: fango attivo, acque di scarico, acque superficiali e terreni, oppure da una miscela di questi.

Vedi I.6.4., I.6.4.1., I.6.4.2. e I.6.5.

IV.2.4. Preparazione dei contenitori

Per esempio, i seguenti volumi e pesi indicano i valori per palloni da 5 litri contenenti 3 litri di sospensione. Se si utilizzano volumi più piccoli, modificare proporzionatamente i valori, ma assicurarsi che il biossido di carbonio formato possa venire misurato on accuratezza.In ciascun pallone da 5 litri introdurre 2 400 ml di mezzo minerale. Aggiungere un volume appropriato del fango attivo preparato (vedi I.6.4.1. e I.6.5.) in modo da ottenere una concentrazione di solidi sospesi non maggiore di 30 mg/l nei 3 litri finali di miscela inoculata. In alternativa, diluire per prima cosa il fango preparato in modo da ottenere una sospensione a 500-1 000 mg/l nel mezzo minerale prima di aggiungerne un'aliquota al contenuto del pallone da 5 litri per realizzare una concentrazione di 30 mg/l; questo assicura una maggior precisione. È possibile usare altre fonti di inoculo (vedi I.6.4.2.).Aerare queste miscele inoculate con aria esente da CO2 per una notte in modo da bonificare il sistema dal biossido di carbonio.

Aggiungere il materiale in esame e la sostanza di riferimento, separatamente, come volumi noti delle soluzioni concentrate ai palloni in multiplo, in modo da ottenere concentrazioni, fornite dalle sostanze chimiche aggiunte, da 10 a 20 mg di DOC o TOC/l; lasciare alcuni palloni senza aggiunta di sostanze chimiche come controlli dell'inoculo. Aggiungere le sostanze chimiche in esame, scarsamente solubili, direttamente nei palloni in una percentuale in peso o in volume, oppure trattarle come descritto nell'allegato III.Se richiesto, usare un pallone per controllare il possibile effetto inibitore della soluzione chimica in esame aggiungendo le sostanze chimiche in esame e di riferimento alle stesse concentrazioni alle quali sono presenti negli altri palloni.Inoltre, se richiesto, utilizzare un pallone sterile per controllare se la sostanza chimica in esame venga degradata abioticamente, utilizzando una soluzione non inoculata della sostanza chimica (vedi I.6.6.). Sterilizzare mediante l'aggiunta di una sostanza tossica ad una idonea concentrazione.

Portare i volumi delle sospensioni in tutti i palloni a 3 l mediante l'aggiunta del mezzo minerale preventivamente aerato con aria esente da CO2. In alternativa, si possono prelevare dei campioni per l'analisi del DOC (vedi allegato II.4.) e/o per l'analisi specifica. Collegare le bottiglie di assorbimento alle uscite dell'aria dei palloni.Se si utilizza idrossido di bario, collegare tre bottiglie di assorbimento, contenenti ciascuna 100 ml di soluzione 0,0125 M di idrossido di bario, in serie con ciascun pallone da 5 l. La soluzione deve essere esente da solfati e carbonati precipitati e la sua concentrazione deve essere determinata immediatamente prima dell'uso. Se si utilizza idrossido di sodio, collegare due recipienti di cattura, dove il secondo agisce da controllo per verificare che tutto il biossido di carbonio è stato assorbito nel primo. Sono adatte bottiglie di ssorbimento con chiusure per bottiglie da siero. Aggiungere 200 ml di idrossido di sodio 0,05 M a ciascuna bottiglia, quantità sufficiente per assorbire la quantità totale di biossido di carbonio sviluppata quando la sostanza chimica in esame è completamente degradata. La soluzione di idrossido di sodio, anche quando è stata preparata di fresco, conterrà tracce di carbonati; questo valore viene corretto sottraendo il carbonato contenuto nel bianco.

IV.2.5. Numero di palloni usati in un saggio tipo

Recipiente 1 e 2: sospensione

Recipiente 3 e 4: bianco con inocuo

Recipiente 5: controllo preferibilmente se è necessario:

Recipiente 6: controllo abiotico sterile

Recipiente 7: controllo per la tossicità

Vedi I.6.7.

IV.2.6. Esecuzione del saggio

Iniziare la prova facendo gorgogliare aria esente da CO2 attraverso le sospensioni ad una portata di 30-100 ml/min. Prelevare periodicamente dei campioni da contenitore che assorbe il biossido di carbonio per l'analisi del contenuto di CO2. Durante i primi 10 giorni si raccomanda di effettuare l'analisi ogni due o tre giorni, poi ogni cinque giorni fino al ventottesimo giorno in modo da poter identificare la fase di crescita (time window) di 10 giorni.Al ventottesimo giorno, prelevare dei campioni (facoltativamente) per l'analisi del DOC e/o l'analisi specifica, misurare il pH delle sospensioni e aggiungere 1 ml di acido cloridrico concentrato a ciascun contenitore; aerare i contenitori per una notte per scacciare il biossido di carbonio presente nelle sospensioni in esame. Al giorno ventinovesimo eseguire l'ultima analisi del biossido di carbonio sviluppato.Nei giorni di misura del CO2, scollegare l'assorbitore dell'idrossido di bario più vicino al pallone e titolare la soluzione di idrossido con HCl 0,05 M utilizzando fenolftaleina come indicatore. Spostare gli assorbitori rimanenti di un posto verso il pallone e porre un nuovo assorbitore contenente 100 ml di idrossido di bario 0,0125 M fresco all'estremità più lontana della serie. Effettuare le titolazioni quando necessario, per esempio quando si vede una sostanziale precipitazione nella prima trappola e prima che sia evidente una precipitazione nella seconda, oppure almeno ogni settimana. In alternativa, con NaOH come assorbente, prelevare con una siringa una piccola aliquota di campione (secondo le caratteristiche dell'analizzatore di carbonio usato) della soluzione di idrossido di sodio nell'assorbitore più vicino al pallone. Iniettare il campione nella parte per il carbonio inorganico dell'analizzatore di carbonio ed effettuare direttamente l'analisi del biossido di carbonio sviluppato.Analizzare il contenuto della seconda trappola solo al termine del saggio per correggere eventuali trascinamenti di biossido di carbonio.

IV.3. DATI E RELAZIONE

IV.3.1. Modalità di esposizione dei risultatiLa quantità di CO2 catturata nell'assorbitore al momento della titolazione è data da:

mg CO2 = (100 × CB 0,5 × V × CA) × 44

in cui:

V = volume di HCl utilizzato per la titolazione dei 100 ml nell'assorbitore (ml),

CB = concentrazione della soluzione di idrossido di bario (M),

CA = concentrazione della soluzione di acido cloridrico (M),se CB è 0,0125 M e CA è 0,05 M, la titolazione per 100 ml di idrossido di bario è 50 ml e il peso di CO2 è dato da:

0,052 × 44 × ml HCl titolato = 1,1 × ml HCl

Così, in questo caso, il fattore di conversione del volume di HCl titolato in mg di CO2 prodotta è 1,1.

Calcolare i pesi di CO2 prodotto dall'inoculo da solo e dall'inoculo più la sostanza chimica in esame utilizzando i rispettivi valori di titolazione; la differenza è il peso di CO2 prodotto dalla sostanza chimica in esame da sola.

Per esempio, se l'inoculo da solo fornisce una titolazione di 48 ml e l'inoculo più sostanza chimica in esame fornisce 45 ml.

CO2 dall'inoculo= 1,1 × (50-48) = 2,2 mg

CO2 dall'inoculo più sostanza chimicain esame= 1,1 × (50-45) = 5,5 mg

e così il peso di CO2 prodotto dalla sostanza chimica in esame è 3,3 mg.

La degradazione biologica percentuale si calcola da:

% degradazione = ThCO2 prodotti × mg di sostanza chimica in esame aggiuntamg CO2 prodotti × 100o,

% degradazione = mg TOC aggiunti nella prova × 3,67mg CO2 prodotti × 100

dove 3,67 è il fattore di conversione (44/12) da carbonio a biossido di carbonio.

Ricavare la degradazione percentuale dopo ogni intervallo di tempo aggiungendo la percentuale dei valori di ThCO2 calcolati per ciascuno dei giorni in cui è stata misurata fino a quel momento.Per gli assorbitori all'idrossido di sodio, calcolare la quantità di biossido di carbonio prodotto, espressa come IC (mg), moltiplicando la concentrazione di IC nell'assorbente per il volume dell'assorbente.

Calcolare la degradazione percentuale dalla:

% ThCO2 = mg TOC aggiunti come sostanza chimica in esamemg IC del pallone di prova mg IC del bianco × 100

Calcolare il grado di rimozione del DOC (facoltativo) come descritto al punto 1.7. Registrare questi risultati, e tutti gli altri, sui registri forniti.

IV.3.2. Validità dei risultati

Il contenuto di carbonio inorganico nella sospensione della sostanza chimica in esame nel mezzo minerale all'inizio della prova deve essere minore del 5 % del carbonio totale e lo sviluppo totale di CO2 nel bianco dell'inoculo al termine della prova non dovrebbe normalmente superare i 40 mg/l di terreno. Se si ottengono valori maggiori di 70 mg CO2/l, si dovrebbero esaminare criticamente i dati e la tecnica sperimentale.

Vedi anche I.5.2.

IV.3.3. Relazione

Vedi I.8.

IV.4. MODULARIO

Nel seguito è presentato un esempio di modulo predisposto.

SAGGIO DI SVILUPPO DEL BIOSSIDO DI CARBONIO

1. LABORATORIO

2. DATA DI INIZIO DEL SAGGIO

3. SOSTANZA IN ESAME

Nome: ...

Concentrazione della soluzione stock: ... mg/l come sostanza

Concentrazione iniziale nel mezzo: ... mg/l come sostanza

C totale aggiunto al contenitore: ... mg CThCO2: ... mg CO2

4. INOCULO

Fonte: ...

Trattamento effettuato: ...

Eventuale precondizionamento: ...

Concentrazione dei solidi sospesi nella miscela di reazione: ... mg/l

5. PRODUZIONE DI BIOSSIDO DI CARBONIO E DEGRADABILITÀ

Metodo: Ba(OH)2/NaOH/altro: ...

>SPAZIO PER TABELLA>

Nota: formati simili possono essere usati per i controlli della sostanza chimica di riferimento e di tossicità.

6. ANALISI DEL CARBONIO (facoltativa)

Analizzatore di carbonio:

>SPAZIO PER TABELLA>

% DOC rimosso = 1 Ct Cb(t) Co Cb(o) × 100

7. DEGRADAZIONE ABIOTICA (facoltativa)

% degradazione abiotica = Formazione di CO2 contenitore sterile dopo 28 giorni (mg)ThCO2 (mg) × 100

PARTE V. SAGGIO RESPIROMETRICO MANOMETRICO (Metodo C.4-D)

V.1. PRINCIPIO DEL METODO

Un volume misurato di mezzo minerale inoculato, contenente una concentrazione nota della sostanza chimica in esame (100 mg/l della sostanza chimica in esame in modo da fornire almeno 50-100 mg ThOD/l) come unica fonte nominale di carbonio organico, viene tenuto sotto agitazione in un contenitore chiuso a temperatura costante (± 1 C o meno) per un tempo fino a 28 giorni. Il consumo di ossigeno viene determinato o misurando la quantità di ossigeno (prodotto elettroliticamente) necessario per mantenere costante il volume di gas nel contenitore del respirometro, oppure dalla variazione di volume o di pressione (o da una combinazione dele due variazioni) nell'apparecchiatura. Il biossido di carbonio sviluppato viene assorbito in una soluzione di idrossido di potassio o un altro assorbente adatto. La quantità di ossigeno consumata dalla sostanza chimica in esame (corretta del consumo del bianco dell'inoculo, controllato in parallelo) viene espressa in percentuale di ThOD o COD. In alternativa, la degradazione primaria può anche essere calcolata mediante analisi specifica supplementare fatta all'inizio e alla fine dell'incubazione e la degradazione ultima mediante analisi del DOC.

V.2. DESCRIZIONE DEL METODO

V.2.1. Apparecchiatura

a) Adatto respirometro;

b) sistema di regolazione della temperatura che mantenga ± 1 C, o miglio;

c) dispositivo di filtrazione su membrana (facoltativo);

d) analizzatore di carbonio (facoltativo).

V.2.2. Preparazione del mezzo minerale

Per la preparazione delle soluzioni concentrate vedi I.6.2.

Miscelare 10 ml di soluzione (a) con 800 ml di acqua di diluizione, aggiungere 1 ml di soluzioni da (b) a (d) e portare a 1 litro con acqua di diluizione.

V.2.3. Preparazione e precondizionamento dell'inoculo

L'inoculo può essere ottenuto da varie fonti: fango attivo, acque di scarico, acque superficiali e terreni, oppure da una miscela di questi.

Vedi I.6.4., I.6.4.1., I.6.4.2. e I.6.5.

V.2.4. Preparazione dei contenitori

Preparare separatamente le soluzioni delle sostanze chimiche in esame e di riferimento nel mezzo minerale, normalmente equivalenti ad una concentrazione di 100 mg di sostanza chimica/l (che forniscono almeno 50-100 mg ThOD/l) utilizzando le soluzioni concentrate (stock).Calcolare la ThOD sulla base della formazione di sali di ammonio, salvo che si preveda una nitrificazione, nel qual caso il calcolo dovrebbe essere basato sulla formazione di nitrati (vedi allegato II.2.).

Determinare i valori di pH e, se necessario, regolare a pH = 7,4 ± 0,2.

Sostanze scarsamente solubili dovrebbero essere aggiunte in una fase più avanzata (vedi nel seguito).

Se si deve determinare la tossicità della sostanza chimica in esame, preparare una ulteriore soluzione nel mezzo minerale contenente sia la sostanza chimica in esame che quella di riferimento alle stesse concentrazioni delle singole soluzioni.Se è richiesta una misura dell'assorbimento chimico-fisico dell'ossigeno, preparare una soluzione sterile della sostanza chimica in esame ad una concentrazione, normalmente, di 100 mg ThOD/l mediante aggiunta di un idonea sostanza tossica (vedi I.6,6.).

Introdurre il volume richiesto di soluzione delle sostanze chimiche rispettivamente in esame e di riferimento, in contenitori almeno in doppio. Aggiungere ad ulteriori contenitori il mezzo minerale da solo (per i controlli dell'inoculo) e, se richiesto, la soluzione mista della sostanza chimica di prova/riferimento e la soluzione sterile.Se la sostanza chimica in esame è scarsamente solubile, aggiungerla direttamente a questo stadio, in ragione del peso o del volume, oppure trattarla come descritto nell'allegato III. Nel comparto di assorbimento della CO2, aggiungere idrossido di potassio, pastiglie di calce sodata o altro assorbente.

V.2.5. Numero di contenitori usati in un saggio tipo

Recipiente 1 e 2: sospensione

Recipiente 3 e 4: bianco con inoculo

Recipiente 5: controllo preferibilmente se è necessario:

Recipiente 6: controllo sterile

Recipiente 7: controllo per la tossicità

Vedi I.6.7.

V.2.6. Esecuzione del saggio

Aspettare che i contenitori abbiano raggiunto la temperatura desiderata, inoculare i recipienti appropriati con fango attivo preparato o altra fonte di inoculo in modo da ottenere una concentrazione di solidi sospesi non superiore a 30 mg/l. Montare l'apparecchiatura, avviare l'agitatore e controllare la tenuta nei confronti dell'aria, e iniziare la misura del consumo di ossigeno. Di solito non sono richieste ulteriori attenzioni a parte quella di effettuare le necessarie letture e i controlli giornalieri per verificare che vengano mantenute la temperatura corretta ed una adeguata agitazione.Calcolare il consumo di ossigeno con letture effettuate ad intervalli regolari e frequenti, utilizzando i metodi forniti dal fabbricante dell'apparecchiatura. Al termine dell'incubazione, normalmente 28 giorni, misurare il pH del contenuto ei contenitori, sopratutto se il consumo di ossigeno è basso o maggiore della ThODNH4 (vedi composti contenenti azoto).Se necessario, prelevare campioni dai contenitori del respirometro, all'inizio e alla fine, per l'analisi del DOC o per l'analisi chimica specifica (vedi allegato II.4.). Al momento del prelievo iniziale, assicurarsi che il volume della sospensione in esame che rimane nel contenitore sia noto. Quando l'ossigeno viene consumato da una sostanza in esame contenente azoto, determinare l'aumento della concentrazione dei nitriti e dei nitrati durante i 28 giorni e calcolare la correzione per l'ossigeno consumato mediante nitrificazione (allegato V).

V.3. DATI E RELAZIONE

V.3.1. Modalità di esposizione dei risultati

Dividere il consumo di ossigeno (mg) da parte della sostanza chimica in esame dopo un tempo stabilito (corretto del controllo del bianco di inoculo dopo lo stesso tempo) per il peso della sostanza chimica in esame usata. Questo fornisce il BOD espresso come mg di ossigeno / mg di sostanza chimica in esame, cioè

BOD = mg O2 consumato dalla sostanza chimica in esame mg O2 consumato dal biancomg sostanza chimica in esame nel contenitore= mg O2 per mg di sostanza chimica in esame.Calcolare la percentuale di degradazione biologica con una delle seguenti relazioni:

% degrad. biologica = % ThOD = ThOD (mg O2/mg sostanza chimica)BOD (mg O2/mg sostanza chimica) × 100o

% COD = BOD (mg O2/mg sostanza chimica) COD (mg O2/mg sostanza chimica) × 100

Si dovrebbe notare che questi due metodi non forniscono necessariamente lo stesso valore; dei due è preferibile usare il primo.

Per le sostanze in esame che contengono azoto, utilizzare il valore appropriato di ThOD (NH4 o NO3) secondo quanto è noto o ci si aspetta per quanto riguarda il verificarsi della nitrificazione (allegato II.2). Se viceversa si verifica una nitrificazione non completa, effettuare una correzione che tenga conto dell'ossigeno consumato dalla nitrificazione in base alle variazioni di concentrazione dei nitriti e dei nitrati (allegato V).

Quando si effettuano determinazioni facoltative del carbonio organico e/o di una sostanza chimica specifica, calcolare la degradazione percentuale come descritto al punto I.7.

V.3.2. Validità dei risultati

Il consumo di ossigeno da parte del bianco dell'inoculo è normalmente di 20-30 mg O2/l e non dovrebbe essere maggiore di 60 mg/l in 28 giorni. Valori più elevati di 60 mg/l richiedono un esame critico dei dati e delle tecniche sperimentali. Se il valore del pH è al di fuori del campo 6-8,5 ed il consumo di ossigeno da parte della sostanza chimica in esame è minore del 60 %, si dovrebbe ripetere la prova con una minore concentrazione della sostanza chimica in esame.

Vedi anche I.5.2.

V.3.3. Relazione

Vedi I.8.

V.4. MODULARIO

Nel seguito è presentato un esempio di modulo predisposto.

SAGGIO RESPIROMETRICO MANOMETRICO

1. LABORATORIO

2. DATA DI INIZIO DEL SAGGIO

3. SOSTANZA IN ESAME

Nome: ...

Concentrazione della soluzione stock: ... mg/l

Concentrazione iniziale nel mezzo, Co: ... mg/l

Volume nel recipiente di saggio (V): ... ml

ThOD o COD: ... mg O2/mg sostanza saggiata (NH4, NO3)

4. INOCULO

Fonte: ...

Trattamento effettuato: ...

Eventuale precondizionamento: ...

Concentrazione dei solidi sospesi nella miscela di reazione: ... mg/l

5. CONSUMO DI OSSIGENO: BIODEGRADABILITÀ

>SPAZIO PER TABELLA>

(*) D1 e D2 non dovrebbero essere mediati se c'è notevole differenza tra loro.

Nota: formule simili possono essere usate per i controlli della sostanza chimica di riferimento e per i controlli di tossicità.

6. CORREZIONE PER LA NITRIFICAZIONE (vedi allegato V)

>SPAZIO PER TABELLA>

7. ANALISI DEL CARBONIO (facoltativa)

Analizzatore di carbonio: ...

>SPAZIO PER TABELLA>

% DOC rimosso = 1 Ct Cblt Co Cblo × 100

8. SOSTANZA CHIMICA SPECIFICA (facoltativa)

Sb = concentrazione nel controllo chimico-fisico (sterile) al ventottesimo giorno.

Sa = concentrazione nel pallone inoculato al ventottesimo giorno.

% biodegradazione = Sb SaSb × 100

9. DEGRADAZIONE ABIOTICA (facoltativa)

a = consumo di ossigeno nei contenitori sterili dopo 28 giorni, (mg).consumo di ossigeno per mg di sostanza chimica in esame = CoVa(vedi sezioni 1 e 3)

% degradazione abiotica = CoV × ThODa × 100

PARTE VI. SAGGIO DELLA BOTTIGLIA CHIUSA (Metodo C.4-E)

VI.1. PRINCIPIO DEL METODO SPERIMENTALE

La soluzione della sostanza chimica in esame nel mezzo minerale, di solito a 2-5 mg/l, viene inoculata con un numero relativamente piccolo di microorganismi provenienti da una popolazione mista e mantenuti in bottiglie chiuse, completamente piene, al buio a temperatura costante. La degradazione viene seguita mediante l'analisi dell'ossigeno disciolto su un arco di tempo di 28 giorni. La quantità di ossigeno consumata dalla sostanza chimica in esame, corretta per tener conto del bianco dell'inoculo controllato in parallelo, è espressa in percentuale di ThOD o COD.

VI.2. DESCRIZIONE DEL METODO

VI.2.1. Apparecchiatura

a) Bottiglie per BOD, con tappi di vetro, per esempio da 250-300 ml;

b) bagno d'acqua o incubatore per mantenere le bottiglie a temperatura costante (± 1 C o meglio) con l'esclusione di luce;

c) bottiglie di vetro grandi (2-5 l) per la preparazione dei terreni e per il riempimento delle bottiglie per BOD:

d) elettrodo a ossigeno e misuratore, o apparecchiatura e reagenti per la titolazione di Winkler.

VI.2.2. Preparazione del mezzo minerale

Per la preparazione della soluzione concentrata, vedi I.6.2.Miscelare 1 ml di soluzioni da (a) a (d) e portare a 1 l con acqua di diluizione.

VI.2.3. Preparazione dell'inoculo

L'inoculo è normalmente proveniente da un effluente secondario di un impianto di trattamento o da una unità pilota di laboratorio alimentata prevalentemente da scarichi domestici. In alternativa una sorgente d'inoculo è un'acqua superficiale. Normalmente si usa da una goccia (0,05 ml) a 5 ml di filtrato per litro di mezzo minerale; è utile eseguire delle prove sperimentali per valutare il volume ottimale per un dato effluente (vedi I.6.4.2 e I.6.5.).

VI.2.4. Preparazione dei contenitori

Aerare fortemente il mezzo minerale per almeno 20 minuti. Eseguire ogni serie di esperimenti con mezzo minerale ottenuto dalla stessa partita. In generale, il mezzo è pronto per l'uso dopo essere stato a riposo per 20 ore alla temperatura di prova. Determinare la concentrazione dell'ossigeno disciolto a scopo di controllo; il valore dovrebbe essere di circa 9 mg/l a 20 C. Eseguire tutte le operazioni di trasferimento e di riempimento del terreno saturato con aria evitando la formazione di bolle, per esempio mediante l'uso di sifoni.Preparare gruppi paralleli di bottiglie per BOD per la determinazione delle sostanze chimiche di prova e di riferimento in serie sperimentali simultanee. Preparare un numero sufficiente di bottiglie per BOD, includendo i bianchi dell'inoculo, per permettere di fare delle misure almeno in doppio del consumo di ossigeno agli intervalli di prova desiderati, per esempio dopo 0, 7, 14, 21 e 28 giorni. Per assicurarsi di poter identificare la fase di crescita di 10 giorni (time window), possono essere necessarie un maggior numero di bottiglie.

Aggiungere mezzo minerale completamente aerato a bottiglie grandi in modo che esse siano riempite per circa un terzo. Aggiungere poi una quantità sufficiente delle soluzioni concentrate della sostanza chimica in esame e della sostanza chimica di riferimento a bottiglie grandi separate in quantità tale che la concentrazione finale delle sostanze chimiche sia normalmente non superiore a 10 mg/l. Non aggiungere sostanze chimiche al terreno di controllo del bianco contenuto in una ulteriore bottiglia grande.Allo scopo di garantire l'attività dell'inoculo che non sia contenuta, la concentrazione dell'ossigeno disciolto non deve scendere al di sotto di 0,5 mg/l nelle bottiglie per BOD. Questo limita la concentrazione della sostanza chimica in esame a circa 2 mg/l. Tuttavia, per composti scarsamente degradabili e per quelli con un basso ThOD, si possono usare 5-10 mg/l. In alcuni casi, è consigliabile eseguire prove su serie in parallelo della sostanza chimica a due differenti concentrazioni, per esempio 2 e 5 mg/l. Normalmente, si calcola il ThOD sulla base della formazione di sali d'ammonio ma, se è prevista la nitrificazione, si calcola sulla base della formazione di nitrato (ThODNO3: vedi allegato II.2). Tuttavia, se si verifica una nitrificazione non completa, si effettua una correzione tenendo conto delle variazioni di concentrazione di nitrito e nitrato determinate mediante analisi (vedi allegato V).

Se si deve studiare la tossicità della sostanza chimica in esame (nel caso per esempio sia stato trovato preventivamente un basso valore di biodegradabilità), è necessaria un'altra serie di bottiglie.

Preparare un'altra bottiglia grande, che deve contenere mezzo minerale aerato (fino a circa un terzo del suo volume) più la sostanza chimica in esame e la sostanza chimica di riferimento alle concentrazioni finali normalmente uguali a quelle usate nelle altre bottiglie grandi.Inoculare le soluzioni contenute nelle bottiglie grandi con effluente secondario (da una goccia, o circa 0,05 ml, a 5 ml/l) o con un'altra fonte, come acqua di fiume (vedi I.6.4.2.). Infine, portare a volume le soluzioni con mezzo minerale aerato utilizzando un tubo flessibile che arrivi fino al fondo della bottiglia per realizzare una adeguata miscelazione.

VI.2.5. Numero di contenitori usati in un saggio tipo

In una prova tipica si usano le seguenti bottiglie:

almeno 10 contenenti la sostanza chimica in esame e l'inoculo (sospensione in esame),almeno 10 contenenti solo l'inoculo (bianco dell'inoculo),almeno 10 contenenti la sostanza chimica di riferimento e l'inoculo (controllo),e, quando sia necessario, 6 bottiglie contenenti la sostanza chimica in esame, la sostanza chimica di riferimento e l'inoculo (controllo di tossicità). Tuttavia, per poter essere sicuri di riuscire a identificare la fase di crescita (time window) di 10 giorni, sarà necessario un numero di bottiglie circa doppio.

VI.2.6. Esecuzione del saggio

Dosare immediatamente ciascuna soluzione preparata nel rispettivo gruppo di bottiglie per BOD mediante un tubo flessibile prelevandola dal quarto inferiore (non dal fondo) dell'opportuna bottiglia grande in modo che tutte le bottiglie per BOD siano completamente riempite. Battere delicatamente per rimuovere eventuali bolle d'aria. Analizzare immediatamente le bottiglie al tempo zero per determinare l'ossigeno disciolto mediante il metodo di Winkler o il metodo all'elettrodo. Il contenuto delle bottiglie può venire conservato per un'analisi successiva mediante il metodo di Winkler aggiungendo solfato di manganese (II) e idrossido di sodio (il primo reagente di Winkler). Conservare le bottiglie, accuratamente tappate, contenenti l'ossigeno fissato in forma di ossido di manganese (III) idrato marrone, al buio a 10-20 C per non oltre 24 ore prima di procedere con le fasi rimanenti del metodo di Winkler. Tappare le bottiglie in multiplo rimanenti assicurandosi che non siano intrappolate bolle d'aria, e incubare a 20 C al buio. Ciascuna serie deve essere accompagnata da una serie parallela completa per la determinazione del bianco del mezzo inoculato. Prelevare bottiglie almeno in doppio di tutte le serie per l'analisi dell'ossigeno disciolto ad intervalli di tempo (almeno settimanali) durante i 28 giorni di incubazione.I campioni settimanali dovrebbero permettere la valutazione della rimozione percentuale in una fase di crescita di 14 giorni, mentre un campionamento ogni 3-4 giorni dovrebbe permettere di identificare la fase di crescita di 10 giorni, il che richiederà un numero di bottiglie circa doppio.

Per sostanze in esame contenenti azoto, si devono apportare delle correzioni per il consumo dell'ossigeno che si verifica nell'eventuale nitrificazione. A questo scopo, usare il metodo dell'elettrodo a O2 per la determinazione della concentrazione di ossigeno disciolto e prelevare poi un campione dalla bottiglia per BOD per analizzare nitriti e nitrati. Dall'aumento di concentrazione dei nitriti e dei nitrati, calcolare l'ossigeno consumato (vedi allegato V).

VI.3. DATI E RELAZIONE

VI.3.1. Modalità di esposizione dei risultati

Calcolare per prima cosa il BOD dopo ciascun periodo di tempo sottraendo il consumo di ossigeno (mg O2/l) del bianco dell'inoculo da quello presentato dalla sostanza chimica in esame. Dividere questo consumo corretto per la concentrazione (mg/l) della sostanza chimica in esame per ottenere il BOD specifico come mg di ossigeno per mg di sostanza chimica in esame. Calcolare la biodegradabilità percentuale dividendo il BOD specifico per il ThOD specifico (calcolato secondo l'allegato II.2) o per il COD (determinato mediante analisi, vedi allegato II.3), come segue:

BOD = mg O2 consumato dalla sostanza chimica in esame mg O2 consumato dal biancomg sostanza chimica in esame nel contenitore

= mg O2 per mg di sostanza chimica in esame

% degradazione = BOD (mg O2/mg sostanza chimica) ThOD (mg O2/mg sostanza chimica) × 100o

% degradazione = BOD (mg O2/mg sostanza chimica) COD (mg O2/mg sostanza chimica) × 100Si noti che questi due metodi non forniscono necessariamente lo stesso valore; è preferibile usare il primo dei due.

Per le sostanze in esame che contengono azoto, utilizzare il valore appropriato di ThOD (NH4 o NO3) secondo quanto è noto o ci si aspetta per quanto rigurda il verificarsi della nitrificazione (allegato II.2). Se si verifica la nitrificazione ma non è completa, calcolare una correzione per tener conto dell'ossigeno consumato dalla nitrificazione in base alle variazioni di concentrazione dei nitriti e dei nitrati (allegato V).

VI.3.2. Validità dei risultati

Il consumo di ossigeno nel bianco dell'inoculo non ovrebbe superare 1,5 mg di ossigeno disciolto/l dopo 28 giorni. Valori più elevati di questo richiedono un esame delle tecniche sperimentali. La concentrazione residua di ossigeno nelle bottiglie di prova non dovrebbe scendere al di sotto di 0,5 mg/l dopo questo tempo. Livelli di ossigeno così bassi sono validi solo se il metodo usato per la determinazione dell'ossigeno disciolto è in grado di misurare accuratamente livelli così bassi.

Vedi anche I.5.2.

VI.3.3. Relazione

Vedi I.8.

VI.4. MODULARIO

Nel seguito è presentato un esempio di modulo predisposto.

SAGGIO DELLA BOTTIGLIA CHIUSA

1. LABORATORIO

2. DATA DI INIZIO DEL SAGGIO

3. SOSTANZA IN ESAME

Nome: ...

Concentrazione della soluzione stock: ... mg/l

Concentrazione iniziale nella bottiglia: ... mg/l

ThOD o COD: ... mg O2/mg sostanza saggiata

4. INOCULO

Fonte: ...

Trattamento effettuato: ...

Eventuale precondizionamento: ...

Concentrazione nella miscela di reazione: ... mg/l

5. DETERMINAZIONE DEL DO

Metodo: Winkler / elettrodo

>SPAZIO PER TABELLA>

Nota: formule simili possono essere usate per i controlli della sostanza chimica di riferimento e per i controlli di tossicità.

>SPAZIO PER TABELLA>

7. CONSUMO DI DO: % DEGRADAZIONE

>SPAZIO PER TABELLA>

(*) Non prendere il valore medio se c'è una notevole differenza tra due dati replicati.

mto = valore nel recipiente di saggio al tempo 0

mtx = valore nel recipiente di saggio al tempo x

mbo = valore medio del bianco al tempo 0

mbx = valore medio del bianco al tempo x

Applicare anche la correzione per la nitrificazione da iii+vi della sezione 6.

8. CONSUMI DI DO DEL BIANCO

Consumo di ossigeno da parte del bianco: (mbo mb28) mg/l. Questo consumo è importante per la validità del saggio. Non deve essere inferiore a 1,5 mg/l.

PARTE VII. SAGGIO MITI (Metodo C.4-F)

VII.1. PRINCIPIO DEL METODO

Il consumo di ossigeno da parte di una soluzione o sospensione agitata della sostanza chimica in esame in un mezzo minerale inoculato con microorganismi non adattati, coltivati in modo speciale, viene misurato in modo automatico in un arco di tempo di 28 giorn in un respirometro tenuto in ambiente chiuso al buio a 25 ± 1 C. Il biossido di carbonio sviluppato viene assorbito mediante calce sodata. La biodegradabilità è espressa come percentuale di ossigeno consumato (corretta del consumo del bianco) rispetto all'assorbimento teorico (ThOD). La percentuale di biodegradanbilità primaria viene inoltre calcolata mediante una analisi chimica specifica supplementare effettuata all'inizio e al termine dell'incubazione e, possibilmente, mediante analisi del DOC.

VII.2. DESCRIZIONE DEL METODO

VII.2.1. Apparecchiatura

a) Misuratore elettrolitico automatico di BOD o respirometro equipaggiato normalmente con 6 bottiglie da 300 ml ciascuna munite di contenitori per l'assorbimento del CO2;

b) camera e/o bagno d'acqua a temperatura costante a 25 C ± 1 C o meglio;

c) dispositivo di filtrazione su membrana (facoltativo);

d) analizzatore di carbonio (facoltativo).

VII.2.2. Preparazione del mezzo minerale

Preparare le seguenti soluzioni concentrate (stock) utilizzando reattivi puri per analisi e acqua (I.6.1.).

(a) Diidrogenoortofosfato monopotassico, KH2PO4 8,50 g

Monoidrogenoortofosfato dipotassico, K2HPO4 21,75 g

Monoidrogenoortofosfato disodico dodecaidratoNa2HPO4.12 H2O 44,60 g

Cloruro d'ammonio, NH4Cl 1,70 g

Sciogliere in acqua e portare a 1 litro

Il pH della soluzione deve essere 7,2

(b) Solfato di magnesio eptaidrato, MgSO4.7 H2O 22,50 g

Sciogliere in acqua e portare a 1 litro

(c) Cloruro di calcio anidro, CaCl2 27,50 g

Sciogliere in acqua e portare a 1 litro

(d) Cloruro di ferro (III) esaidrato, FeCl3.6 H2O 0,25 g

Sciogliere in acqua e portare a 1 litro.

Prelevare 3 ml di ciascuna soluzione (a), (b), (c) e (d) e portare a 1 litro.

VII.2.3. Preparazione dell'inoculo

Raccogliere campioni freschi provenienti da almeno 10 località, principalmente da aree nelle quali vengono usati e scaricati vari prodotti chimici. Raccogliere da località come impianti di trattamento degli scarichi di fognatura, trattamento delle acque di scaric industriali, fiumi, laghi, mari, campioni da 1 litro di fango, terreno superficiale, acqua e così via e miscelare accuratamente insieme. Dopo avere rimosso la sostanza galleggiante e aver lasciato il resto a riposo, regolare il surnatante a pH 7 ± 1 con idrossido di sodio o acido fosforico.Utilizzare un volume appropriato del surnatante filtrato per riempire un recipiente a fango attivo del tipo riempi e preleva e aerare il liquido per circa 23 ore e mezzo. Trenta minuti dopo avere arrestato l'aerazione, scartare circa un terzo del volume totale di surnatante e aggiungere un volume uguale di una soluzione (pH = 7) contenente lo 0,1 % rispettivamente di glucosio, peptone e ortofosfato monopotassico al materiale decantato e ricominciare l'aereazione. Ripetere questa procedura una volta al giorno. L'unità del fango deve essere fatta funzionare secondo la buona pratica di laboratorio: gli effluenti dovrebbero essere limpidi, la temperatura dovrebbe mantenersi a 25 ± 2 C, il pH dovrebbe essere 7 ± 1, il fango ben decantato, una sufficiente aereazione per mantenere la miscela aerobica per tutto il tempo, devono essere presenti protozoi e l'attività del fango deve essere verificata contro una sostanza di riferimento almeno ogni tre mesi. Non usare il fango come inoculo prima di almeno un mese di funzionamento, ma nemmeno dopo più di quattro mesi. Prelevare, quindi, campioni da almeno 10 località ad intervalli regolari, una volta ogni tre mesi.Allo scopo di mantenere il fango fresco e quello vecchio ala stessa attività, miscelare il surnatante filtrato di un fango attivo in uso con un volume uguale del surnatante filtrato di una miscela raccolta di fresco da 10 fonti e coltivare il liquido combinato come visto sopra. Prelevare il fango da usarsi come noculo 18-24 ore dopo che l'unità è stata alimentata.

VII.2.4. Preparazione dei contenitori

Preparare i seguenti sei palloni:

n. 1: sostanza chimica in esame in acqua di diluizione a 100 mg/l

n. 2, 3 e 4: sostanza chimica in esame nel mezzo minerale a 100 mg/l

n. 5: sostanza chimica di riferimento (per esempio anilina) nel mezzo minerale a 100 mg/l

n. 6: mezzo minerale da solo

Aggiungere le sostanze chimiche scarsamente solubili direttamente, in ragione del peso o del volume, o trattarle come descritto nell'allegato III, salvo il fatto che non si devono usare né solventi né agenti emulsionanti. Aggiungere l'assorbente del CO2 in tutti i contenitori in speciali recipienti appositamente previsti. Regolare il pH nei contenitori n. 2, 3 e 4 a 7,0.

VII.2.5. Esecuzione del saggio

Inoculare i palloni n. 2, 3 e 4 (sospensioni in esame), n. 5 (controllo dell'attività) e n. 6 (bianco dell'inoculo) con un piccolo volume dell'inoculo fino ad una concentrazione di 30 mg/l di solidi sospesi. Non si aggiunge inoculo nel contenitore n. 1, che serve da controllo abiotico.

Montare l'apparecchiatura, controllare che sia a tenuta d'aria, avviare gli agitatori e iniziare la misura dell'assorbimento di ossigeno in condizioni di buio. Controllare giornalmente la temperatura, l'agitatore e il registratore del consumo di ossigeno coulometrico e annotare tutte le eventuali variazioni di colore del contenuto dei contenitori. Leggere il consumo di ossigeno per i sei palloni mediante un idoneo metodo, per esempio direttamente dal registratore scrivente a sei punti, che produce una curva di BOD. Al termine dell'incubazione, normalmente 28 giorni, misurare il pH del contenuto nei contenitori e determinare la concentrazione della sostanza chimica in esame residua e di tutti gli eventuali intermedi e, nel caso di sostanze solubili in acqua, la concentrazione di DOC (allegato II.4). Porre una cura particolare nel caso di sostanze chimiche volatili. Se si prevede la nitrificazione, determinare, se possibile, la concentrazione di nitrati e nitriti.

VII.3. DATI E RELAZIONE

VII.3.1. Modalità di esposizione dei risultati

Dividere il consumo di ossigeno (mg) da parte della sostanza chimica in esame dopo un tempo stabilito (corretto del controllo del bianco di inoculo dopo lo stesso tempo) per il peso della sostanza chimica in esame usata. Questo fornisce il BOD espresso come mg di ossigeno / mg di sostanza chimica in esame, cioè

BOD = mg O2 consumato dalla sostanza chimica in esame mg O2 consumato dal biancomg sostanza chimica in esame nel contenitore

= mg O2 per mg di sostanza chimica in esame

La biodegradazione percentuale si ottiene poi da:

% degrad. biologica = % ThOD = BOD (mg O2/mg sostanza chimica) ThOD (mg O2/mg sostanza chimica) × 100

Per le miscele, calcolare il ThOD dall'analisi elementare, come per i composti semplici. Utilizzare il valore appropriato di ThOD (ThODNH4 o ThODNO3) a secondo che la nitrificazione sia assente o completa (allegato II.2). Se, tuttavia, si verifica la nitrificazione ma non è completa, calcolare la correzione, che tenga conto dell'ossigeno consumato per nitrificazione, dalle variazioni di concentrazione di nitriti e nitrati (allegato V).

Calcolare la biodegradazione primaria percentuale dalla perdita del composto chimico (progenitore) specifico (vedi I.7,2.).

Dt = Sb SaSb × 100 %

Se c'è stata una perdita di sostanza chimica in esame nel contenitore n. 1 che misura la rimozione chimico-fisica, riportare questa nella relazione e usare la concentrazione della sostanza chimica in esame (Sb) dopo 28 giorni in questo pallone per calcolare la biodegradazione percentuale.Quando si effettuano misure (facoltative) di DOC, calcolare la biodegradazione finale percentuale da:

Dt = 1 Ct Cbt Co Cbo × 100

come descritto al punto I.7.1. Se c'è stata una perdita di DOC nel pallone n. 1, che misura la rimozione chimico-fisica, utilizzare la concentrazione di DOC in questo pallone per calcolare la biodegradazione percentuale.

Registrare tutti i risultati sui moduli allegati.

VII.3.2. Validità dei risultati

Il consumo di ossigeno da parte del bianco dell'inoculo è normalmente di 20-30 mg O2/l e non dovrebbe essere maggiore di 60 mg/l in 28 giorni. Valori più elevati di 60 mg/l richiedono un esame critico dei dati e delle tecniche sperimentali. Se il valore del pH è al di fuori del campo 6-8,5 e il consumo di ossigeno da parte della sostanza chimica in esame è minore del 60 %, si dovrebbe ripetere la prova con una minore concentrazione della sostanza chimica in esame.Vedi anche I.5.2.

Se la degradazione percentuale dell'anilina, calcolata dal consumo di ossigeno, non supera il 40 % dopo 7 giorni e il 65 % dopo 14 giorni, la prova viene considerata non valida.

VII.3.3. Relazione

Vedi I.8.

VII.4. MODULARIO

Nel seguito è presentato un esempio di modulo predisposto.

SAGGIO MITI (I)

1. LABORATORIO

2. DATA DI INIZIO DEL SAGGIO

3. SOSTANZA IN ESAME

Nome: ...

Concentrazione della soluzione stock: ... mg/l come sostanza

Concentrazione iniziale nel mezzo, Co: ... mg/l come sostanza

Volume della miscela di reazione, V: ... ml

ThOD: ... mg O2/l

4. INOCULO

Località di campionamento del fango:

1) ...

2) ...

3) ...

4) ...

5) ...

6) ...

7) ...

8) ...

9) ...

10) ...

Concentrazione dei solidi sospesi nel fango attivo dopo acclimatazione con liquido fognario sintetico = ... mg/l

Volume di fango attivo per litro di mezzo finale = ... ml

Concentrazione del fango nel mezzo finale = ... mg/l

5. CONSUMO DI OSSIGENO: BIODEGRADABILITÀ

Tipo di respirometro usato: ...

>SPAZIO PER TABELLA>

(*) Non prendere il valore medio se c'è una notevole differenza tra due dati replicati.

Nota: formule simili possono essere usate per i controlli della sostanza chimica di riferimento e per i controlli di tossicità.

6. ANALISI DEL CARBONIO (facoltativa)

Analizzatore di carbonio: ...

>SPAZIO PER TABELLA>

% DOC rimosso: a (b c)a × 100

7. DATI ANALITICI DELLA SOSTANZA CHIMICA SPECIFICA

>SPAZIO PER TABELLA>

% degradazione = Sb SaSb × 100

Calcolare la degradazione % per i contenitori a1, a2 e a3 rispettivamente.

8. NOTE

Se disponibile, allegare la curva del BOD in funzione del tempo.

ALLEGATO I ABBREVIAZIONI E DEFINIZIONI

DO: Ossigeno disciolto (mg/l); è la concentrazione di ossigeno disciolto in un campione acquoso.

BOD: Domanda biochimica di ossigeno (g); è la quantità di ossigeno consumato dai microorganismi nella metabolizzazione di un composto in esame; espressa anche come grammi di ossigeno consumato per grammo di composto in esame (vedi metodo C.5).

COD: Domanda chimica di ossigeno (g); è la quantità di ossigeno consumata durante l'ossidazione di un composto in esame con dicromato acido caldo: fornisce una misura della quantità di materia ossidabile presente; espressa anche come grammi di ossigeno consumati per grammo di sostanza in esame (vedi metodo C.6).

DOC: Carbonio organico disciolto; è il carbonio organico presente in soluzione o che passa attraverso un filtro da 0,45 micrometri o che rimane nel surnatante dopo centrifugazione a 40 000 m/s 2 (± 4 000 g) per 15 minuti.

ThOD: Domanda teorica di ossigeno (mg); è la quantità totale di ossigeno richiesta per ossidare completamente una sostanza chimica; viene calcolata dalla formula molecolare (vedi allegato II.2) ed è espressa anche come mg di ossigeno richiesti per mg di sostanza in esame.ThCO2: Biossido di carbonio teorico (mg); è la quantità di biossido di carbonio prodotto calcolato dal contenuto di carbonio noto o misurato della sostanza in esame quando sia stata completamente mineralizzata; espresso anche come mg di biossido di carbonio sviluppati per mg di sostanza in esame.

TOC: Carbonio organico totale di un campione; è la somma del carbonio organico in soluzione e in sospensione.

IC: Carbonio inorganico.

TC: Carbonio totale; è la somma del carbonio organico e di quello inorganico presenti in un campione.

Biodegradazione primaria:

è l'alterazione della struttura chimica di una sostanza provocata da un'azione biologica, che dà come risultato la perdita delle proprietà specifiche di quella sostanza.

Biodegradazione ultima (aerobica):

è il livello di degradazione realizzato quando la sostanza in esame è completamente utilizzata da microorganismi, con il risultato della produzione di biossido di carbonio, acqua, sali minerali e nuovi costituenti cellulari microbici (biomassa).

Prontamente biodegradabile:

una classificazione arbitraria di sostanze chimiche che hanno superato certe prove specifiche di selezione riguardo alla biodegradabilità ultima; queste prove sono così rigorose che si suppone che tali composti si degraderanno biologicamente in modo rapido e completo in ambienti acquosi in condizioni aerobiche.

Intrinsecamente biodegradabile:

una classificazione di sostanze chimiche er le quali vi è una dimostrazione inequivocabile di biodegradazione (primaria o ultima) in qualsiasi riconosciuto saggio di biodegradabilità.

Trattabilità:

è la capacità di composti di essere rimossi durante il trattamento biologico di acque di scarico senza influire in modo dannoso sul funzionamento normale dei processi di trattamento. In generale, i composti prontamente biodegradabili possono essere trattati, ma non tutti i composti intrinsecamente biodegradabili lo sono. Possono funzionare anche processi abiotici.

Tempo di latenza:

è il tempo che passa dall'inoculazione in un saggio di rimozione lenta a quando la degradazione percentuale è aumentata fino ad almeno il 10 %. Il tempo di latenza è spesso notevolmente variabile e scarsamente riproducibile.

Tempo di degradazione:

è il tempo che passa dal termine del tempo di latenza al momento in cui si raggiunge il 90 % o il massimo livello di degradazione.

Finestra di 10 giorni:

sono i 10 giorni che seguono immediatamente il raggiungimento del 10 % di degradazione.

ALLEGATO II CALCOLO E DETERMINAZIONE DEI PARAMETRI SIGNIFICATIVI

Secondo il metodo scelto, saranno richiesti certi parametri somma. La sezione che segue descrive come ricavare questi valori. L'uso di questi parametri è descritto nei metodi specifici.

1. Contenuto di carbonio

Il contenuto di carbonio viene calcolato dalla composizione elementare nota oppure viene determinato mediante analisi elementare della sostanza in esame.

2. Domanda teorica di ossigeno (ThOD)

La domanda teorica di ossigeno (ThOD) può essere calcolata se è nota la composizione elementare, oppure se questa viene determinata mediante analisi elementare. Per il composto:

CcHhClclNnNanaOoPpSs

senza nitrificazione, si haThODNH4 = 16 (2 c + 1/2 (h cl 3 n) + 3 s + 5/2 p + 1/2 na o)PM mg/mg

oppure, con nitrificazione,

ThODNO3 = 16 (2 c + 1/2 (h cl) + 5/2 n + 3 s + 5/2 p + 1/2 na o)PM mg/mg

3. Domanda chimica di ossigeno (COD)

La domanda chimica di ossigeno (COD) viene determinata secondo il metodo C.6.

4. Carbonio organico disciolto (DOC)

Il carbonio organico disciolto (DOC) è per definizione il carbonio organico di qualsiasi sostanza chimica o miscela in acqua che passa attraverso un filtro da 0,45 micrometri.Campioni estratti dal recipiente di prova vengono prelevati e filtrati immediatamente nell'apparecchiatura di filtrazione utilizzando un appropriato filtro a membrana. I primi 20 ml (quantità che può essere ridotta quando si usino filtri piccoli) del filtrato vengono scartati. Per l'analisi del carbonio si trattengono volumi di 10-20 ml, o minori, nel caso vengano iniettati (il volume dipende dalla quantità richiesta dall'analizzatore del carbonio). La concentrazione di DOC viene determinata mediante un analizzatore di carbonio organico che è in grado di misurare accuratamente una concentrazione di carbonio equivalente o minore del 10 % della concentrazione iniziale di DOC usata nella prova.Campioni filtrati che non possono essere analizzati lo stesso giorno di lavoro possono essere conservati in frigorifero a 2-4 C per 48 ore o al di sotto di 18 C per periodi più lunghi.

Note:

I filtri a membrana sono spesso impregnati di tensioattivi per la idrofilizzazione. Così i filtri possono contenere fino a parecchi mg di carbonio organico solubile che interferirebbe nelle determinazioni di biodegradabilità. I tensioattivi e altri composti organici solubili vengono rimossi dai filtri bollendoli in acqua deionizzata per tre volte di 1 ora ciascuno. I filtri possono poi venire conservati in acqua per una settimana. Se si utilizzano cartucce filtranti a perdere, ciascuna partita deve essere controllata per confermare che non liberi carbonio organico solubile.

Secondo il tipo di filtro a membrana, la sostanza chimica in esame può essere trattenuta per adsorbimento. Pertanto può essere consigliabile assicurarsi che la sostanza chimica in esame non venga trattenuta dal filtro.

Una centrifugazione a 40 000 m/s 2 (4 000 g) per 15 minuti può venire usata al posto della filtrazione per differenziare tra TOC e DOC. Il metodo non è affidabile a una concentrazione iniziale SPAZIO PER TABELLA>

Borace 0,05 M + NaOH 0,1 N

>SPAZIO PER TABELLA>